UN TEMPO E UN METODO PER CAPIRE Un
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UN TEMPO E UN METODO PER CAPIRE Un
“C’E’ SOLO UNA STRADA: LA CASA” Incontro tra Caritas italiana e delegazione regionale Caritas Sicilia Enna, 16 – 17 febbraio 2017 UN TEMPO E UN METODO PER CAPIRE IL METODO DELLA CHIESA ITALIANA DOPO FIRENZE E IL SERVIZIO PASTORALE DELLE CARITAS DIOCESANE Un tempo e un metodo per capire Quest’anno per gli incontri con le Delegazioni regionali abbiamo proposto di sviluppare il confronto tra Caritas Italiana e le Delegazioni regionali, soprattutto a partire da alcuni dati su cui esercitare un comune discernimento, nella consapevolezza che il paese e le nostre comunità continuano a cambiare. E questo cambiamento è pervasivo, penetrando nei nostri comportamenti in maniera tale da modificarne profondamente la struttura, a volte senza averne la piena consapevolezza. Le povertà, le migrazioni, il mondo giovanile, le nostre comunità si stanno modificando progressivamente, ma spesso le nostre parole, gli schemi entro i quali noi agiamo rimangono ancorati a categorie interpretative che non sono del tutto in grado di capire il presente, non consentendoci di guardare la realtà per quella che è. Alcuni elementi del Magistero di Papa Francesco Invito a leggere lo statuto del nuovo Dicastero istituito recentemente da Papa Francesco – denominato “per il servizio dello sviluppo umano integrale”- all’articolo 3 stabilisce come suo compito quello di raccogliere “notizie e risultati di indagini”, valutando “questi dati” per rendere “partecipi gli organismi episcopali delle conclusioni che ne trae, perché essi, secondo opportunità, intervengano direttamente.” Ma le novità presenti nel motu proprio e nello Statuto relativo al nuovo Dicastero sono molte altre. La prima è certamente metodologica, è propedeutica a quanto già detto e ricorda l’intuizione di Paolo VI presente nello Statuto di Caritas italiana: il principio di “consonanza ai tempi ed ai bisogni”, che nella lettera in forma di motu proprio si esprime nella affermazione “Il Successore dell’apostolo Pietro, nella Sua opera in favore dell’affermazione di tali valori, adatta continuamente gli organismi che collaborano con Lui, affinché possano meglio venire incontro alle esigenze degli uomini e delle donne che essi sono chiamati a servire”. Un percorso di continuo rinnovamento che non è solo delle forme organizzative, ma della natura del servizio da offrire. La seconda, evidente, è l’idea di una comune radice delle attenzioni sulle condizioni di fragilità e di bisogno delle donne e degli uomini, che si realizza certo in strutture dedicate, ma connesse e collegate. Un’idea strutturalmente integrata di pastorale e di servizio ecclesiale. Tutto questo come interroga il nostro operare quotidiano, la natura del nostro servizio ecclesiale, la nostra relazione con le altre realtà con le quali ci incontriamo sul terreno dell’azione solidale? È utile anche ricordare le parole di Papa Francesco a Firenze: In ogni comunità, in ogni parrocchia e istituzione, in ogni Diocesi e circoscrizione, in ogni regione, cercate di avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni, specialmente sulle tre o quattro priorità che avete individuato in questo convegno. Ma per definire priorità si deve avere uno sguardo largo sul proprio territorio e sul proprio tempo, tale da consentirne una lettura nel contempo sociale e sapienziale. 1 Dati nazionali e dati diocesani Caritas Italiana ha solo alcuni sguardi sul lavoro delle Caritas diocesane. Per questo sarebbe utile incrociare ricerche locali e regionali, il patrimonio conoscitivo che ogni Delegazione riesce, pur tra le tante difficoltà, a produrre, per comporre un primo mosaico da costruire nel tempo. Senza nessuna pretesa di assolutizzare il nostro sguardo sulle Caritas diocesane, se si analizza l’utilizzo dei dati di contesto nella progettazione sociale delle diverse realtà territoriali non infrequentemente si nota uno scollamento, una distonia o una giustapposizione tra osservazioni e scelte, consapevolezze fattuali e piste di lavoro indicate. Ridirci oggi quanto l’ascolto e l’osservazione pesino – o meno – nel favorire un discernimento propedeutico alle scelte pastorali, non è quindi esercizio teorico, ma necessità di un onesto confronto su quali sono i metodi e i percorsi che – ad esempio – conducono alla progettazione sociale, ma più in generale all’orientamento delle nostre Caritas. Se ad esempio sono vincoli esterni o interni, piuttosto che l’analisi della realtà, a predeterminare gli esiti delle scelte. Discernere, scegliere, rendere sostenibile I dati, peraltro, sono fondamentali nella lettura del proprio territorio, ma anche nella autolettura delle Caritas rispetto alla sostenibilità futura delle scelte che si sono stratificate nel tempo. Non si tratta di giudicare il passato o di sviluppare confronti, non si tratta di valutare se chi ci ha preceduti abbia commesso o meno errori di valutazione e operato scelte che pesano sul presente. Ma inserirsi in processi complessi, quali sono quelli della promozione della carità in un territorio, innanzitutto avendone consapevolezza e cogliendo contestualmente tendenze e spazi di miglioramento. Questo non significa minimizzare o ignorare il peso delle scelte assunte – ad esempio – rispetto alle strutture, al personale, ai progetti avviati, alle scelte organizzative. Si tratta di guardare il futuro a partire certamente dai vincoli che sono posti al nostro agire, ma i vincoli sono, nel contempo, limite e risorsa, perché ci danno comunque i confini di un lavoro che non ricomincia ogni giorno, ma che ogni giorno cerchiamo di rendere sempre più aderente “ai tempi e ai bisogni”. Dare sostanza al metodo Caritas Non si tratta neanche di ripetere i principi fondamentali del metodo Caritas, quasi per esorcizzare le difficoltà del presente, ma di incarnarli dentro i vissuti concreti territoriali ed ecclesiali, le dinamiche organizzative e relazionali, gestionali e progettuali, imparando dalla esperienza e stratificando competenze e sensibilità, orientando tutto quello che abbiamo (Piano integrato di formazione, progettazione sociale, lavoro regionale, …) in una direzione processuale ed evolutiva. Non ci salva evocare astrattamente i grandi temi del nostro servizio, come ad esempio la dimensione fondativa dell’animazione pastorale, se non la incarniamo nei vissuti concreti delle nostre comunità, attraversate da fenomeni di infragilimento e da processi di modifica della loro composizione socio-anagrafica, da una minore presenza presbiterale, da azioni di riforma diocesane che ridisegnano il volto ecclesiale dei territori. Non ci salva neanche riproporre gli schemi del passato senza una loro verifica e discernimento. Un esempio: carità e parrocchia Altrimenti il rischio più frequente è di usare un linguaggio inadeguato e di porre le domande sbagliate, di cercare oggetti di ricerca la cui definizione non è più adeguata. Se in un ipotetico questionario rivolto alle parrocchie chiedessimo solo “Esiste la Caritas parrocchiale?”, otterremo o una risposta negativa o una risposta che costringe le pratiche caritative reali dentro una definizione forse inadeguata a descriverla. 2 Forse dobbiamo chiederci ancora insieme se sono ancora del tutto efficaci le categorie con cui abbiamo cercato di catalogare o ordinare la carità in parrocchia (laboratori, cda, Caritas parrocchiali). O farci con forza domande nuove o che sono già emerse nel nostro agire a cui non abbiamo dato piena risposta. Ci sono forme inedite, più o meno condivisibili, di testimonianza della carità nei nostri territori? Intercettiamo effettivamente i bisogni di accoglienza dei fenomeni locali più rilevanti? Si riesce a coniugare pastorale ordinaria e accoglienza alle fragilità (come nel caso delle questioni connesse al mondo minorile – disagio, dispersione,etc. – e la loro accoglienza nei percorsi di pastorale ordinaria)? Come interagisce con tutto questo la presenza sempre più consistente di clero non autoctono? Alcune acquisizioni delle scienze sociali ed economiche Inoltre le scienze sociali stanno illuminando con nuovi sguardi il tema della povertà. Appare sempre più con maggiore chiarezza che il tema della povertà è da leggersi nella scarsità di capitali – non solo economici – piuttosto che solo dei flussi (Bruni 2007; Frey 2009). Il capitale è una dotazione di partenza non solo finanziaria: il capitale carente – nel caso della povertà – è di tipo educativo, comunitario, relazionale, familiare, sanitario, narrativo e spirituale (che riduce la resilienza alle difficoltà esistenziali) nonché simbolico. Se i flussi non hanno la capacità di rafforzare la persona in queste dimensioni, rischiano di non essere trattenuti all’interno di traiettorie esistenziali dotate di prospettiva e di senso. D’altro canto le scienze sociali ci ricordano che la dimensione della sussidiarietà in termini di relazione di aiuto si traduce in un ascolto che sa cogliere e valorizzare le capacità delle persone in difficoltà, che posseggono solo loro le risorse – da sostenere – per uscire dalla condizione di bisogno. La sussidiarietà è creare le condizioni affinché i poveri possano uscire “da soli” dalle difficoltà in cui sono immersi, in quanto sono loro i più competenti in assoluto riguardo alla loro condizione. Come tutto questo ci aiuta a orientare o verificare la nostra azione di contrasto alle povertà? Le nostre realtà parrocchiali non rischiano di reiterare schemi di intervento suggeriti più da modelli caritativi tradizionali, che da un discernimento sulle povertà incontrate? Il Piano integrato Diocesano Nella stessa direzione va la proposta di utilizzare, nella progettazione sociale, uno strumento di lavoro introduttivo alla presentazione dei progetti CEI 8xmille, il Piano Integrato diocesano. Il Pid ha lo scopo di collocare i singoli interventi in un orizzonte progettuale e temporale più ampio (quello appunto di un Piano e non di un singolo Progetto), come parte di un insieme più numeroso di attività comunque realizzate in Diocesi. Lo schema del PID intende fornire un rapido quadro sinottico per: collocare la progettazione sociale nel contesto della vita diocesana (il piano diocesano, le indicazioni episcopali, la riflessione degli organi partecipativi diocesani…) partire da una analisi territoriale fondata e condivisa, per rifuggire soggettivismi o sguardi limitati o occasionali sulla realtà promuovere un discernimento comunitario sulle scelte da assumere e sviluppare una parresia comunicativa che chiarisca da quali elementi effettivi si è sviluppata la riflessione diocesana, rifuggendo approcci teorici o confusivi agevolare così la comprensione e l’accompagnamento da parte di Caritas Italiana. Don Francesco Soddu Direttore di Caritas Italiana 3