14 febbraio 2016 – I DOMENICA DI QUARESIMA

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14 febbraio 2016 – I DOMENICA DI QUARESIMA
NELL’ORA DELLA PROVA IL SIGNORE RESTA CON NOI
PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA – LUCA 4,1-13
In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel
deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo.
Nel Giordano Gesù era stato battezzato da Giovanni, immerso nell’acqua. C’è stata la manifestazione del
Padre “Tu sei il mio Figlio, l’Amato: in te ho posto il mio compiacimento” (Lc 3,22). Ha ricevuto la
consacrazione come profeta, è stato unto, ripieno di Spirito Santo. Lo Spirito ora lo spinge nel deserto per
maturare la sua scelta di obbedire al Padre, di salvare l’umanità tramite l’offerta di sé.
Il deserto è il luogo della prova. L’uomo si ritrova con tutta la sua debolezza, con tutta la sua precarietà, alla
mercé dei pericoli, della fame, del freddo, del caldo… È questo il luogo delle grandi decisioni, luogo in cui è
possibile solo l’affidamento a Dio e alla sua misericordia.
Nella solitudine l’uomo è più vulnerabile e così è più soggetto agli inganni, alle perplessità, ai dubbi insinuati
dal nemico. L’avversario riesce a insidiare anche le persone più desiderose di rispondere a Dio,
sorprendendo con nefasti pensieri e tentazioni alla fuga dai propri impegni, all’abbandono delle proprie
scelte, alla ribellione contro tutto e tutti. Il Siracide ammonisce: “Figlio, se ti presenti per servire il Signore,
preparati alla tentazione” (Sir 2,1). È proprio quanto anche Gesù sperimenta nel deserto.
Le tentazioni sono state riassunte in tre da Luca, ma in realtà riassumono tutte le prove che Gesù ha
ricevuto nella sua vita. Non sono la narrazione di ciò che Gesù ha vissuto nel deserto. Questo racconto
rappresenta una meditazione sulle tre tentazioni del popolo ebraico nel deserto: la tentazione del pane,
quando volevano tornare in Egitto; la tentazione di Massa e Meriba, quando misero alla prova Dio, la
tentazione dell’idolatria, quando si costruirono il vitello d’oro dal momento che Mosé tardava a scendere
dal monte. Le tre tentazioni del popolo ebraico vengono prese come simbolo delle diverse difficoltà che
Gesù ha incontrato nella sua vita.
Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame.
Digiunare significa, in questo contesto, ratificare che Dio solo è il tutto della vita, che solo Lui conta. Gesù in
tutto ha provato la realtà umana, segnata dalla precarietà e dalla debolezza.
Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta
scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».
Prima prova secondo Luca: Gesù potrebbe trasformare un sasso in pane e saziarsi dopo un lungo digiuno,
ma verrebbe meno alla scelta di condividere la debolezza umana, spogliandosi delle prerogative divine.
Utilizzare il potere conferito da Dio per il proprio tornaconto è una tentazione che può prendere chi ha
incarichi ad alto livello, ma anche chi nelle piccole scelte quotidiane ha deciso un cammino di sequela. Non
si può colmare il vuoto riempiendolo di droga, sesso, denaro.
Gesù dice di no, con la forza dello Spirito. In Lui anche noi, con la forza dello stesso Spirito, possiamo dire di
no allo strapotere, al calcolo, al tornaconto, all’interesse personale ottenuto a scapito di una moralità
corrotta.
Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo
potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione
dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai
culto”».
Seconda prova: adorare il denaro, accumularlo, asservirsi ad esso può rendere ricchi, famosi, onorati,
applauditi, invidiati… Prostrarsi ad un idolo è il peccato di tutti coloro che sostituiscono il denaro, la gloria
alla pace con Dio, alla relazione d’amore con Lui.
Gesù prova il miraggio di una ricchezza facile, da mettere a servizio della sua missione; ricchezza ottenuta,
però, attraverso la rinunzia alla propria dignità, libertà, interiorità.
Il denaro usato come strumento di bene può essere un dono da condividere con chi ha più bisogno.
Quante persone nella storia hanno dato tutto e si sono donate a Dio: S. Antonio abate, S. Francesco di
Assisi, Marcello Candia, Madre Teresa di Calcutta,….. Quante persone, nel contempo, se ne appropriano
come se potessero vivere per sempre, lo accumulano senza pensare a chi non ha da vivere, anzi sfruttando
il prossimo, uccidendo pur di raggiungere il profitto…
Gesù vince anche questa tentazione: non è venuto per dominare, ma per servire e rinuncia ad affermarsi
con la ricchezza.
Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati
giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche:
“Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato
detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Terza prova: gettarsi dal punto più alto per ottenere di essere salvato dagli angeli. Gesù deve scegliere se
buttarsi in questo baratro oppure fidarsi del Padre, senza pretendere nulla, senza metterlo alla prova. Non
risolve i problemi con prestazioni miracolistiche.
Anche a noi capita questa tentazione quando Dio sembra lontano, quando il fallimento tortura le notti
insonni, quando l’indifferenza attanaglia le viscere e tutto sembra senza senso. Quanti santi l’hanno
sperimentato, quanti comuni fedeli si sono posti la domanda “dov’è Dio in questa situazione?”.
Gesù vince: la sua vittoria è vittoria anche per noi!
Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.
La triplice vittoria riportata da Gesù non è definitiva: ancora dovrà scegliere se salvarsi oppure no al
tribunale che lo condannerà, davanti a Pilato, davanti a Erode. Quante altre tentazioni lo aspettano, ma su
tutte risulta vittorioso grazie all’infinita fiducia nel Padre, alla forza dello Spirito, al fatto che in tutto è
uguale a noi, fuorché nel peccato.
Non siamo abbandonati a noi stessi, il fallimento e la sconfitta non hanno l’ultima parola. La nostra risorsa è
la fiducia riposta in Dio, nel suo Amore, nella sua Provvidenza. Sarà possibile così la vittoria sul male,
riportata a chi rimane unito a Dio.
Sr. Emanuela Biasiolo