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RASSEGNE
REVIEWS
Il cortisolo nelle differenti matrici biologiche: dalla biochimica all'analisi di
laboratorio
Rosalba Gatti1,2, Carlo Codemo2, Elio F. De Palo2
Unità Operativa di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche, Università di Padova
2Biochimica Clinica, Dipartimento di Scienze Medico-Diagnostiche e Terapie Speciali, Università di Padova
1
ABSTRACT
From biochemistry to laboratory analysis of cortisol in human body fluids. In this review, immunoassay and
chromatographic methods for cortisol determination in human urine, saliva and plasma specimens are examined in
relation to the different molecular forms (free, bound, and conjugated) in the mentioned body fluids, considering that
cortisol concentrations in different matrices are in relation to physiological and pathological conditions. Different
sample treatments are considered by focusing on different matrices, sampling methods and devices, time of the day
of sample collection, and biorhythms. The variations of cortisol concentrations are also discussed in relation to the
employed analytical procedures.
INTRODUZIONE
L’analisi del cortisolo plasmatico e urinario è utile
nello studio dell’“asse ipotalamo-ipofisi-surrene” (HPA) e
nell’applicazione clinica è un dato di laboratorio
importante nella diagnosi della sindrome di Cushing e
nell’identificazione degli iper e ipocortisolismi. Le
caratteristiche molecolari di questo steroide, la sua
presenza in vari distretti dell’organismo e la capacità di
presentarsi in circolo in forma legata a proteine di
trasporto e libera ha portato ad affrontare la problematica
del significato dalla sua misura in differenti fluidi biologici.
In questi ultimi anni è stata utilizzata anche la saliva per
la semplicità della raccolta e la buona accettazione
(“compliance”) del suo prelievo da parte dei pazienti. E’
quindi necessario affrontare e conoscere le
problematiche e gli eventuali significati della presenza di
questo ormone nei differenti distretti dell’organismo per
confrontarli tra loro e ottenere risultati validi e
interpretabili. In particolare, le analisi eseguite in
campioni di urina sono comunemente considerate in
stretta relazione con la frazione libera circolante
dell’ormone, le analisi sul sangue hanno da sempre
posto il problema di quale sia realmente la frazione del
cortisolo analizzata, mentre la sua determinazione nella
saliva, ultima matrice in ordine di tempo utilizzata nella
storia di questo ormone, non è ancora definitivamente
riferibile alla frazione libera della molecola. In realtà,
considerati i vari distretti dell’organismo, non si deve
trascurare il “turnover”/conversione del cortisolo, ormone
bioattivo, in cortisone, composto inattivo dell’ormone
stesso. L’analisi simultanea di questa coppia di analiti
rappresenta un’utile indagine biochimica che permette di
valutare la presenza e l’effetto di questa conversione,
reazione che può essere reversibile o irreversibile, in
relazione alla sede e alla forma dell’enzima 11β-idrossi
steroido deidrogenasi (11β-HSD) di tipo 1 o 2
responsabile della reazione. Frequentemente, per la
misura della concentrazione di cortisolo nelle tre matrici
sopracitate sono utilizzati metodi immunometrici e, in
genere, l’analisi del cortisone non è richiesta. La
disponibilità di metodi di analisi cromatografici, come
quelli di gas cromatografia/cromatografia liquida–
spettrometria di massa (GC/LC-MS) e HPLC con
rivelatore UV, consente la loro applicazione per la misura
della concentrazione del cortisolo libero, sia salivare che
urinario; queste metodiche non dimostrano la sovrastima
tipica dei metodi immunometrici, in quanto sono prive di
crossreattività con gli interferenti endogeni (anaboliti e
cataboliti dell’ormone steroideo) e/o esogeni
(desametasone, prednisolone, ecc.). In particolare, la
tecnica HPLC-UV permette in maniera semplice l’analisi
simultanea di cortisolo e cortisone e la stima del loro
rapporto. Quest’ultimo dato fornisce utili informazioni
sull’attività dell’enzima 11β-HSD di tipo 2 presente a
livello urinario, ma anche salivare, con la possibilità di
valutare alterazioni congenite che possono causare
assenza di questa attività, come il caso della sindrome
da apparente eccesso di mineralcorticoidi (AME). Infine,
i dati di laboratorio derivati da analisi simultanea nella
stessa o in più matrici biologiche (urine, saliva e siero)
forniscono utili informazioni per lo studio di condizioni
cliniche (sindrome di Cushing) o fisiologiche (stress di
varia natura, come l’esercizio fisico).
CHIMICA, BIOCHIMICA E METABOLISMO DEL
CORTISOLO
Chimica
Gli steroidi, molecole caratterizzate dalla struttura del
ciclopentanoperiidrofenantrene, sono una classe di
composti comprendenti numerose molecole di origine
naturale, come steroli (es. colesterolo), acidi biliari (es.
acido colanico), ormoni sessuali (es. androgeni ed
estrogeni), vitamina D e corticosteroidi. I vari steroidi
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differiscono per la presenza di doppi legami tra carbonii
degli anelli, di sostituenti degli atomi di idrogeno o di
catene laterali specifiche. Per tali caratteristiche
strutturali gli steroidi sono classificati come derivanti da
idrocarburi progenitori chiamati estrani (per gli
estrogeni), androstani (per gli androgeni) e pregnani (per
corticosteroidi e progestinici).
Il cortisolo è costituito da quattro anelli ciclici
condensati: tre esani e un pentano. La molecola planare,
derivata dal pregnano di 21 atomi di carbonio, secondo
la nomenclatura IUPAC ha il nome chimico 11-β, 17-α,
21-triidrossi, Δ-4, pregnene-3,20-dione. La molecola è
denominata con la lettera F secondo la classificazione di
Kendall (scoperta nel 1940 e definita “compound F”). Il
cortisone ha la stessa struttura del cortisolo, ma con un
carbonile in posizione C11 derivante dall’ossidazione del
gruppo idrossilico ed è classificato con la lettera E,
secondo Kendall (1).
Biochimica e sintesi
Come tutti gli ormoni steroidei, il cortisolo è derivato
dal colesterolo, che è trasportato in circolo
principalmente dalle LDL. L’assorbimento delle LDL
avviene attraverso specifici recettori disposti sulla
membrana delle cellule corticali della surrenale che
internalizzano il colesterolo per utilizzarlo come
substrato per la steroidogenesi. La cellula è anche in
grado di sintetizzarne piccole quantità de novo a partire
dall’acetil coenzima A.
Le vie biosintetiche sono comuni per i diversi steroidi
corticosurrenalici; la specificità della sintesi nelle varie
zone del corticosurrene dipende da recettori specifici per
l’ormone adrenocorticotropo (ACTH) o angiotensina,
oltre che dalla distribuzione dei sistemi enzimatici
specifici. Infatti, le cellule della zona glomerulare del
corticosurrene, che non posseggono la 17-α-idrossilasi,
non partecipano alla sintesi del cortisolo e degli
androgeni, per i quali questo enzima è essenziale.
Invece, le cellule della zona fascicolata e reticolare, non
possedendo l’enzima 18-idrossilasi, non possono
sintetizzare l’aldosterone. Tuttavia, le cellule delle tre
zone possono sintetizzare desossicorticosterone, in
quanto le fasi iniziali di sintesi sono comuni ad entrambe
le vie enzimatiche (2).
Secrezione e trasporto
La secrezione dei glucocorticoidi surrenalici, tra cui il
cortisolo, è regolata dall’ACTH, a sua volta controllato
dall’ormone rilasciante la corticotropina (CRH) (1). Le
concentrazioni plasmatiche di cortisolo variano di 3-5
volte nell’arco delle 24 ore, raggiungendo il massimo
nelle prime ore dopo il risveglio e diminuendo nell’arco
della giornata fino a raggiungere il punto più basso nelle
ore notturne (3). Questa riduzione però non è mai lineare
e progressiva, ma è intervallata da picchi di secrezione
che sono quanto mai variabili. Picchi di secrezione
costanti e fissi sono presenti invece dopo circa due ore
dal pasto (2). Stimoli psico-fisici (come stress di vario
tipo) causano il rilascio di glucocorticoidi (3). La
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secrezione circadiana e quella stress-indotta sono
regolate dall’HPA. Quest’ultimo è regolato con
meccanismo a “feedback” cui partecipano CRH,
arginina-vasopressina (AVP) e lo stesso ACTH (3). Il
cortisolo ha effetti diretti di “feedback” negativo,
diminuendo la produzione ipotalamica di CRH, con
conseguente riduzione della secrezione ipofisaria di
ACTH, quando l’organismo si trova sotto stress o
quando la sua concentrazione plasmatica diventa troppo
elevata. Il tempo stimato per l’aumento della
concentrazione di cortisolo plasmatico dall’evento di
stress è di 15-30 min (4).
Il cortisolo, come tutti gli ormoni steroidei, circola nel
sangue come ormone libero e legato ad una proteina
trasportatrice specifica, l’α2-globulina legante i
corticosteroidi (CBG), denominata anche transcortina, e
a una aspecifica, l’albumina. A concentrazioni
fisiologiche, circa il 90-98% del cortisolo circolante è
legato alla proteina trasportatrice CBG, mentre a
concentrazioni più alte anche l’albumina dimostra un
ruolo determinante nel legare l’ormone, pur avendo
un’affinità nettamente minore. Il prendnisolone è l’unico
glucocorticoide sintetico con alta affinità per la CBG,
mentre
desametasone,
metilprednisolone
e
triamcinolone acetonide sono in gran parte trasportati
dall’albumina.
Una delle funzioni principali della CBG è di agire da
riserva funzionale del cortisolo oltre che di prevenirne
l’inattivazione enzimatica. La costante di affinità
dell’ormone rispetto alla proteina trasportatrice è molto
simile a quella per il recettore tissutale. Non è ancora del
tutto chiaro quale sia la frazione biologicamente attiva.
C’è un generale accordo sul fatto che la frazione libera e
quella legata all’albumina siano disponibili al legame con
i recettori tissutali, per cui si definisce questa frazione
come “biodisponibile” o come “frazione libera”; invece, la
frazione dell’ormone legato alla proteina trasportatrice
specifica è considerata non disponibile, a causa della
sua competizione con il recettore.
I metaboliti del cortisolo, che vengono coniugati a
livello epatico con acido glucuronico o solforico,
circolano invece liberi.
Meccanismo d’azione
Il cortisolo, molecola altamente lipofila, può
diffondere attraverso le membrane cellulari per legarsi al
recettore intra-citoplasmatico di natura polipeptidica
(“glucocorticoid receptor”, GR). In assenza di legame
con il cortisolo il GR forma un complesso multimerico
con l’“heat shock protein 90”, con la proteina p23 e una
“tetratricopeptide repeat protein" (TPR). Il legame
recettore–cortisolo nella cellula bersaglio, come
schematizzato nella Figura 1, comporta una mutazione
conformazionale del recettore con migrazione intranucleare e legame a specifiche regioni del genoma con
attivazione della sintesi proteica ed enzimatica (5). Non
è ancora ben noto il destino del cortisolo una volta
indotta la variazione strutturale del recettore, visto che
non sembra essere necessario per il legame del
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50% del cortisolo prodotto appare nell’urine come THF e
THE, mentre una piccola parte del cortisolo prodotto
(fino a circa 150 μg al giorno, 2%) viene escreta come
tale ed è rappresentativa del cortisolo circolante in forma
libera, che viene filtrato dal rene (cortisolo libero urinario)
(2).
Metabolismo pre-recettoriale
Figura 1
Meccanismo del legame del cortisolo con il suo specifico recettore intra-citoplasmatico (GR).
TPR, “tetratricopeptide repeat protein”; Hsp90, “heat shock protein 90”.
recettore attivato con il DNA. Inoltre, non è ancora chiaro
se lo steroide, dopo interazione con il recettore, possa
essere riutilizzato o se invece sia metabolizzato ed
escreto dalla cellula come catabolita (6).
Bioattività
Il cortisolo è il principale glucocorticoide con
importanti funzioni di controllo dell’omeostasi
dell’organismo (1, 2). Nella Tabella 1 sono illustrati gli
effetti dello steroide sui diversi metabolismi, sistemi
endocrino, cardiovascolare, respiratorio, nervoso,
emocoagulativo e immunitario.
Metabolismo ed escrezione
La trasformazione e coniugazione del cortisolo e
cortisone,
suo
metabolita
inattivo,
avviene
principalmente a livello epatico. Il 95% dei loro metaboliti
presenta la coniugazione con l’acido glucuronico
(glucuronidazione) a livello del gruppo idrossilico in
posizione 3α, favorita rispetto alla posizione dell’altro
gruppo idrossilico (in posizione 21), mentre la
solfonazione (aggiunta del gruppo solfonico -SO3H) è
favorita in quest’ultima posizione. I metaboliti
glucuronidati sono più abbondanti rispetto a quelli
solfonati. Per il suo legame con la CBG, il cortisolo è
metabolizzato lentamente (t1/2 ~100 min). Il metabolismo
epatico del cortisolo prevede la riduzione del doppio
legame tra C4 e C5 da parte della Δ4-5β-reduttasi a
diidrocortisolo o da parte della Δ4-5α-reduttasi a
diidrocortisone. In un passaggio successivo, cortisolo e
cortisone formano 5β-tetraidrocortisolo (THF), 5αtetraidrocortisolo (5α-THF) e 5β-tetraidrocortisone (THE)
per giungere poi ad acido cortoico, cortolo e cortolone.
Un metabolita minore del cortisolo è il 6βidrossicortisolo, che si trova nelle urine non coniugato,
derivante dall’idrossilazione in posizione C6. Circa il
90% degli steroidi coniugati è escreto dai reni e circa il
L’attività biologica dei glucocorticoidi è strettamente
legata alla presenza del gruppo idrossilico in posizione
C11 della struttura steroidea; infatti, la trasformazione di
questo gruppo idrossilico in chetogruppo inattiva lo
steroide (7). La conversione del cortisolo in cortisone e
viceversa avviene per intervento dell’enzima 11β-HSD
(8). Di questo si conoscono due isoforme, una con
attività catalitica bidirezionale riduttiva-ossidativa (tipo 1)
e una (tipo 2) che catalizza solo l’attività deidrogenasica
(9). Le 11β-HSD 1 e 2, omologhe per il 21%, sono alcool
deidrogenasi a catena corta (10, 11).
L’isoenzima 11β-HSD 1, bidirezionale e NADPHdipendente, catalizza l’ossidazione/riduzione del gruppo
idrossile del C11 (12, 13). E’ maggiormente espresso nei
Tabella 1
Principali effetti metabolici del cortisolo
Metabolismo
glucidico
↑ glicemia
↑ gluconeogenesi
↓ assorbimento glucosio
Metabolismo
proteico
↑ catabolismo
Metabolismo
lipidico
↑ lipolisi
accumulo di grasso su collo, faccia e tronco
Sistema
endocrino
↑ secrezione paratormone
↓ risposta all’ormone rilasciante la tireotropina
↓ secrezione globulina legante la tiroxina
↓ secrezione testosterone
↓ azione dell’ormone della crescita
Minerali
↓ assorbimento calcio
↑ escrezione renale di calcio e fosfati
Sistema
cardiovascolare
↑ attività catecolamine endogene (vasocostrizione)
Apparato
respiratorio
↑ attività catecolamine endogene (broncodilatazione)
Sistema nervoso euforia, insonnia, iperattività
centrale
Sistema
emocoagulativo
↑ fattore II, V, IX, VIII (“Von Willebrand factor”)
↓ attivatore tissutale del plasminogeno
(ipercoagulabilità e trombofilia)
Sistema
immunitario
↓
↓
↓
↓
↓
linfociti circolanti
sintesi anticorpi
rilascio citochine proinfiammatorie
chemiotassi
risposta cellulo-mediata
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tessuti bersaglio dei glucocorticoidi (fegato, polmoni,
tessuto adiposo, gonadi, cerebello e ipofisi) (14). L’attività
deidrogenasica dell’11β-HSD 2 catalizza esclusivamente
il passaggio del cortisolo a cortisone (13). Questo
isoenzima è presente principalmente nel rene (tubulo
contorto distale e dotto collettore), placenta, colon (cellule
epiteliali), tratto gastrointestinale e ghiandole salivari (12).
L’isoenzima di tipo 2 protegge dal cortisolo i tessuti che
esprimono il recettore per i mineralcorticoidi (MR), per cui
una bassa o assente attività del 11β-HSD 2 può causare
sovrastimolazione del MR da parte del cortisolo, che
agirebbe quindi come un potente mineralcorticoide
provocando ipertensione (13).
Presenza e concentrazioni nei fluidi biologici
Il cortisolo e il suo metabolita inattivo cortisone sono
presenti nei vari fluidi biologici a diverse concentrazioni.
Le variazioni delle loro concentrazioni, messe in relazione
all’esistenza di un bioritmo e dell’attività enzimatica sono
state studiate e verificate in siero, urine e saliva di soggetti
sani (15). Le variazioni delle concentrazioni plasmatiche
del cortisolo, che si riflettono anche a livello urinario e
salivare, dipendono da stimoli fisiologici o da alterazioni
patologiche (Tabella 2) (9, 15-23).
Nel siero le concentrazioni di cortisolo e cortisone
Tabella 2
Cause di variazione delle concentrazioni circolanti di cortisolo
Cause
Variazione
Fisiologiche
Esercizio fisico, in relazione alla
sua durata, al tipo e all’intensità
Aumento
Elevato uso alimentare di liquirizia
Aumento
Digiuno prolungato
Aumento
Stress da freddo, febbre, trauma,
ipotensione e cambiamenti
dell’omeostasi
Aumento
Patologiche
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nell’organismo sano seguono lo stesso ritmo, con un
picco verso le ore 8 del mattino (presumibilmente poco
dopo il risveglio) e una graduale diminuzione fino a
raggiungere concentrazioni minime durante la notte
(Figura 2) (15).
Nella saliva l’andamento delle concentrazioni
rispecchia quello ematico, con un picco secretorio nelle
prime ore del mattino e graduale discesa durante il
giorno fino ai livelli minimi nella notte. Le concentrazioni
sono molto più basse rispetto al siero e la
concentrazione di cortisone è circa il doppio di quella del
cortisolo (Figura 2) (15).
Nelle urine la massima concentrazione si raggiunge
più tardi rispetto alle altre due matrici; infatti, il picco si ha
intorno alle ore 12, per poi diminuire fino alle ore
notturne. Gli andamenti di cortisone e cortisolo sono
simili, anche se il cortisone è sempre in rapporto di circa
2:1 rispetto al cortisolo (Figura 2) (15).
Interessante è anche la misura del rapporto
cortisolo/cortisone, utile nella valutazione dell’attività
dell’enzima 11β-HSD. Nel siero il rapporto è nettamente
sbilanciato a favore del metabolita attivo in quanto le
concentrazioni di quest’ultimo sono circa 8-10 volte
superiori rispetto al cortisone; nella saliva e nelle urine
invece il rapporto è invertito: qui è infatti più concentrato
il metabolita inattivo per la presenza nei reni e nelle
ghiandole salivari della 11β-HSD 2 e per la minore
affinità di legame con la proteina specifica (15, 24).
Considerate le variazioni di cortisolo e cortisone
durante la giornata si deduce come sia essenziale
standardizzare l’orario del prelievo (o di raccolta) del
campione biologico in tutte le matrici al fine di ottenere
una corretta interpretazione e confronto fra i dati ottenuti
nei diversi fluidi biologici (25).
ANALISI DEL CORTISOLO NELLE DIVERSE
MATRICI BIOLOGICHE
Il cortisolo nei fluidi biologici (urina, saliva e plasma)
è presente in forma libera e/o legato a proteine e/o
coniugato ad altre molecole. I metodi di analisi utilizzati
per la sua misurazione sono metodi immunometrici,
cromatografici e in spettrometria di massa. Una recente
rassegna del nostro gruppo ne ha riassunto le principali
caratteristiche (25).
Sindrome di Cushing
Aumento
Sindrome da apparente eccesso
di mineralcorticoidi
Aumento
Ipoglicemia severa
Aumento
Cortisolo urinario
Insufficienza renale cronica
Diminuzione (anche
cortisone)
Stress con sviluppo di disordini
psichiatrici anche gravi
Diminuzione
Alcolismo
Perdita della normale
risposta del cortisolo allo
stress
Stati infiammatori
Aumento
Anoressia nervosa
Aumento
Obesità centrale
Aumento
L’escrezione urinaria di un ormone e dei suoi
metaboliti, se presente, è solo in parte riferibile alla
secrezione da parte della ghiandola endocrina. Fattori
come filtrazione glomerulare, riassorbimento tubulare,
ma anche emivita in circolo e sistemi di trasporto,
influenzano la presenza e la concentrazione dell’ormone
nelle urine. Anche il volume e il tempo di raccolta delle
stesse deve essere tenuto in considerazione per una
migliore interpretazione del dato analitico. Da ciò la
necessità di standardizzare non solo il metodo di analisi,
ma anche condizioni e modalità di raccolta del
campione, senza trascurare i possibili effetti derivanti da
un’alterata funzionalità renale.
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Figura 2
Livelli delle concentrazioni di cortisolo (F) e cortisone (E) nel
siero, saliva e urine di soggetti sani nelle 24 ore (da rif. 15).
Per la misura della concentrazione del cortisolo
urinario, la raccolta raccomandata è quella delle urine
delle 24 ore e il dato ottenuto (130±104 nmol/24 ore, con
un intervallo di 47-417 nmol/24 ore) è rappresentativo
della concentrazione del cortisolo plasmatico libero nelle
24 ore precedenti (16). Il valore misurato si definisce
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cortisolo libero urinario (“urinary free cortisol”, UFC) ed è
un utile esame di screening per la sindrome di Cushing
(26).
I principali metaboliti del cortisolo presenti nelle urine
sono 5α-THF, THF, THE, α-cortolo, β-cortolo e βcortolone, che costituiscono almeno l’80% del cortisolo
secreto dalla ghiandola surrenale. 5α-THF, THF e THE
da soli ne rappresentano il 50% (27, 28). L’analisi dei
metaboliti totali del cortisolo nelle urine delle 24 ore è un
indice integrato della quantità di cortisolo e cortisone non
influenzato dalle fluttuazioni a breve termine di ormone e
metaboliti. La variabilità tra giorni delle concentrazioni
del cortisolo totale sierico risulta compresa tra 20% e
26%, mentre in 10 soggetti sani la variabilità della
concentrazione dei metaboliti nelle urine delle 24 ore si
è dimostrata di circa il 12% più bassa rispetto a quella
del siero (28). Nell’analisi dei metaboliti urinari è
indispensabile la correzione dei risultati con la
concentrazione urinaria di creatinina per una maggiore
accuratezza del dato (28).
Per quanto riguarda l’aspetto analitico, la maggior
parte dei laboratori utilizza metodi immunometrici
automatizzati, con l’uso della procedura di analisi del
siero applicata, dopo modifiche, al campione di urine e
la misura della frazione libera del cortisolo. I metodi
immunometrici però, a causa di interferenze dovute ad
altri steroidi e ai metaboliti del cortisolo, rilevano
concentrazioni spesso più elevate rispetto a quelle
ottenute con metodi più specifici come HPLC. E’ stato
così proposto di usare il termine “corticoidi liberi urinari”,
più che “cortisolo libero urinario”, quando i metodi
immunometrici automatizzati non prevedano per una
maggiore specificità della misura un trattamento
preliminare del campione mediante estrazione dell’urina,
procedimento che eliminerebbe almeno in parte le
eventuali interferenze (29). In uno studio di confronto tra
i risultati del cortisolo urinario di soggetti affetti da
sindrome
di
Cushing
ottenuti
con
metodo
immunometrico (Immulite 2000, Siemens Healthcare
Diagnostics) e HPLC è stato riscontrato che
l'“immunoassay” sovrastimava il cortisolo, con un valore
predittivo per sindrome di Cushing del 56%. Tale valore
predittivo risultava del 81%, accoppiando i risultati di
HPLC e metodo immunometrico (29).
La GC-MS è utilizzata per assegnare i valori ai
materiali di riferimento e di VEQ, oltre che nella
valutazione dei metodi; è tuttavia poco utilizzabile per
analisi cliniche. Wood et al. (30) hanno confrontato i
risultati di UFC ottenuti con LC-MS/MS e GC-MS
evidenziando un buon accordo tra le due tecniche
(r2=0,9937), mentre il confronto tra GC-MS e due kit
immunometrici commerciali (DPC Coat-A-count e Bayer
Centaur) dimostrava una sovrastima di 1,9 e 1,6 volte,
rispettivamente, da parte di questi ultimi. In particolare, i
kit
immunometrici
sovrastimano
il
cortisolo
principalmente per la cross-reattività degli anticorpi con
steroidi strutturalmente simili al cortisolo, come i diidrometaboliti e i tetraidro-metaboliti.
Fenske (31) ha sviluppato un metodo con
separazione cromatografica liquida a strato sottile (TLC)
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e quantificazione densitometrica. Questo metodo usa
l'estrazione liquido-liquido degli steroidi con
diclorometano prima della loro separazione TLC; ciò
elimina numerosi interferenti, ma aumenta la
imprecisione analitica. Utilizzato è anche il
pretrattamento del campione con estrazione in fase
solida (SPE) e tecnica HPLC per l’analisi di cortisolo e
cortisone urinari (17, 32).
Taylor et al. (33) con tecnica LC-MS/MS hanno
determinato cortisolo e cortisone urinari, ottenendo un
limite di sensibilità funzionale (LOQ) di 6 nmol/L e un CV
inter-sedute compreso tra 7,3% e 12% e tra 9,2% e 16%
per cortisolo e cortisone, rispettivamente, a
concentrazioni comprese tra 6 e 726 nmol/L. Le corse
cromatografiche molto brevi (3 min) permettono
l’applicazione di questa procedura analitica anche ad
analisi di routine.
In conclusione, i principali vantaggi dei metodi
immunometrici sono la loro automazione e quindi la
relativa economicità, semplicità di utilizzo e precisione
analitica. Gli svantaggi sono una minore specificità e
accuratezza, se la misura non è preceduta da un
adeguato trattamento del campione. I metodi
cromatografici hanno invece un’eccellente specificità,
con possibile separazione e analisi anche dei metaboliti
steroidei (ad es. cortisone), con però tempi più lunghi di
lavorazione.
Cortisolo salivare
Molti steroidi di interesse clinico possono essere
misurati nella saliva e per molti di questi (tra cui il
cortisolo) la concentrazione salivare è un indicatore
affidabile dei livelli circolanti. Le concentrazioni salivari di
cortisolo, che rispecchiano i livelli plasmatici dell'ormone
libero, cioè la frazione non legata alle proteine
trasportatrici, misurabili in soggetti sani in vari momenti
della giornata oscillano nell’intervallo 2-40 nmol/L.
La raccolta del campione salivare è particolarmente
indicata per la sua non-invasività e per la quasi completa
assenza di influenza sullo stato di stress del paziente;
non richiede inoltre personale specializzato come per il
prelievo di sangue. La misura delle concentrazioni in
campioni di saliva raccolti a 1-2 ore dal risveglio fornisce
una accurata stima delle concentrazioni basali di
cortisolo.
Gli steroidi raggiungono la saliva principalmente
attraverso due meccanismi:
• diffusione intracellulare: le molecole lipofile, e quindi
solubili nelle membrane cellulari, possono diffondere
liberamente dalle cellule e passare nella saliva.
Essendo gli steroidi nel siero in gran parte legati a
proteine, solo la parte non legata potrà passare nella
saliva per diffusione;
• ultrafiltrazione: i componenti del siero con un PM
<1900 Da possono passare attraverso le giunzioni
strette delle cellule acinose; quindi, anche piccole
molecole polari, come steroidi solfati e glucuronati,
possono raggiungere la saliva attraverso questa via.
La concentrazione salivare degli steroidi non coniugati
(come il cortisolo) non è quindi flusso dipendente.
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Le concentrazioni salivari di cortisolo corrispondono
a circa il 50-60% di quelle del cortisolo libero sierico;
inoltre, nel siero il rapporto cortisolo:cortisone è di circa
8:1, mentre nella saliva il rapporto è invertito a circa 1:2.
Questa
marcata
differenza
è
riconducibile
principalmente a due motivi:
• la CGB nel siero lega il cortisone meno di quanto
leghi il cortisolo, con una costante di associazione
dieci volte più bassa; ciò si traduce in concentrazioni
sieriche di cortisone libero nettamente più alte rispetto a quelle di cortisolo libero: la concentrazione salivare riflette questa situazione;
• le ghiandole salivari, bersaglio dei mineralcorticoidi,
contengono la 11β-HSD 2 che converte irreversibilmente il cortisolo a cortisone, proteggendo i MR dall'azione del cortisolo; il cortisone che si forma per
azione di questo enzima passa nella saliva andando
ad aumentare la sua concentrazione a discapito della
concentrazione di cortisolo.
La correlazione fra concentrazioni sieriche e salivari
di cortisolo è stata confermata da diversi Autori, con un
coefficiente di correlazione compreso tra 0,85 e 0,97
(34-39).
Per la raccolta del campione di saliva si possono
seguire procedure differenti che ottengono campioni con
caratteristiche differenti:
“Passive drooling”. Il soggetto deve essere seduto, con la
testa inclinata in avanti, e la saliva viene fatta scendere
dalla bocca per gravità e raccolta per circa 5 min (40);
“Sputo”. La saliva è sputata all’interno della provetta.
Questa tecnica, però, porta ad un campione 14 volte più
ricco di batteri rispetto al “passive drooling”, con effetti
sulla conservazione del campione stesso (40);
“Salivette”. Provetta in polipropilene (Sarstedt) al cui
interno è posizionato un cilindro che può essere di
cotone o polietilene. Il cotone è messo all’interno della
bocca e, a seconda dei protocolli, masticato o meno; al
termine della raccolta, il cotone è riposto all’interno della
provetta contenente un cestello e la saliva è separata
per centrifugazione (41);
“Quantisal (Immunalysis)”. La saliva è raccolta mettendo
un tampone di cellulosa collegato ad un’asta di
polipropilene sotto la lingua all’interno della guancia; la
saliva raccolta viene poi trasferita in una provetta
contenente una soluzione di stoccaggio (41);
“Saliva collection system (Greiner-BioOne)”. Costituito
da una soluzione di estrazione della saliva con cui si
effettuano più risciacqui della cavità orale. Questa
soluzione contiene uno standard interno (non
specificato)
che
permette
di
determinare
spettrofotometricamente il volume effettivo di saliva
estratto. La saliva così ottenuta viene poi posta in una
provetta sotto vuoto contenente una soluzione per la
corretta conservazione del campione (41).
La quantità di saliva che può essere raccolta varia da
circa 100 μL a 1-2 o più mL, a seconda della modalità di
campionamento (stimolato e non stimolato) e del tipo di
dispositivo usato. Per quanto riguarda la misurazione del
cortisolo, il dispositivo di raccolta più adeguato e
utilizzato sembra essere la “Salivette”, in quanto i
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campioni raccolti con tale procedura forniscono i valori
più accurati di cortisolo e cortisone; tale dispositivo è
inoltre preferibile per la sua semplicità di utilizzo (41, 42).
La misura del cortisolo salivare è accettata e
utilizzata come valida alternativa alla misura nel plasma.
Come detto, la raccolta della saliva, a differenza del
prelievo di sangue, non causa stress al paziente e quindi
consente risulati più attendibili (40).
Gli “immunoassay” sono largamente utilizzati per
analizzare gli ormoni salivari, anche perché spesso
usano metodi “trasferiti” dalle procedure in uso per
analisi di siero o plasma; inoltre, hanno una limitata
richiesta di campione (<100 μL). Se da una parte la
sensibilità rimane accettabile, è invece meno garantita la
specificità per la presenza di cross-reattività. La
concentrazione di 1 nmol/L è consigliata come limite di
rivelabilità (LOD) nella saliva, comunque minore di
quella per il siero (20-30 nmol/L).
Simunkova et al. (43) hanno descritto un metodo
radioimmunometrico senza pre-estrazione del campione
con impiego di antisiero policlonale di coniglio ottenuto per
immunizzazione con cortisolo-3-carbossimetilossima
legato ad albumina bovina e l’uso dell’omologo metil
estere derivato con tirosina marcata con I125 come
tracciante. I CV intra e inter-seduta analitica erano
rispettivamente 7,4% e 10,2%. Poll et al. (42) hanno
descritto un metodo ELISA per il cortisolo salivare,
basato sulla competizione fra cortisolo salivare e
cortisolo coniugato a perossidasi di rafano per il legame
ad anticorpi altamente specifici adesi su micropiastra. Il
LOD è risultato di 0,3 nmol/L e il recupero medio del
98%. I CV intra- e inter-seduta erano rispettivamente
3,5% e 4,6%.
Come per il plasma e le urine, anche per la saliva
sono utilizzate tecniche cromatografiche che migliorano
la specificità della misura e permettono anche la stima di
altri metaboliti steroidei. De Palo et al. (44) con SPE e
tecnica HPLC con rivelazione spettrofotometrica hanno
misurato cortisolo e cortisone salivari con CV intraseduta di 5,8%-7,0% e 2,7%-6,6% e inter-sedute di
11,7%-13,1% e 5,0%-7,6%, e un LOD di 0,1 e 0,2 nmol/L
rispettivamente, con sensibilità 10 volte più bassa
rispetto ad alcuni metodi RIA e paragonabile ai metodi
LC-MS/MS (45).
Più Autori hanno proposto metodi LC-MS/MS per
l’analisi di ormoni steroidei nella saliva (46, 47). Il
confronto tra RIA e LC-MS/MS per il cortisolo salivare in
261 soggetti obesi e in 60 volontari sani come esame di
screening per la sindrome di Cushing ha dimostrato
valori confrontabili, ma LC-MS/MS ha dimostrato
maggiore specificità (94% vs. 85%) (45).
Certamente il pretrattamento del campione è
importante e varie sono state le proposte: precipitazione
delle proteine con acetonitrile e acido solfosalicilico,
estrazione con diclorometano (DCM), SPE. Turpeinen et
al. hanno utilizzato l’estrazione con DCM e la tecnica
HPLC/MS per ottenere una curva di calibrazione
nell’intervallo 0,5-20,0 nmol/L; i CV intra-seduta erano
4%-11% ad una concentrazione di 0,6-14,0 nmol/L e il
LOQ 70 pmol/L; il recupero medio era di 95%-106% (46).
Cortisolo sierico
La forma biologicamente attiva del cortisolo è la
molecola libera, come descritto per la prima volta nel
1989 da Mendel et al. (“Free Hormone Hypothesis”) (48).
Gli ormoni steroidei non-polari hanno scarsissima
solubilità nei fluidi acquosi extracellulari e possono
circolare meglio se legati a composti anfoteri, come la
CBG e l'albumina; tuttavia, solo il cortisolo libero può
diffondere attraverso i capillari fino alle cellule e
attraversare le membrane.
Ai fini analitici ci si può riferire alla molecola bioattiva,
verosimilmente rappresentata dalla frazione libera, o a
quella totale, che comprende quindi anche la frazione
legata. I livelli di concentrazione del cortisolo totale nel
siero (libero + legato), che in soggetti sani in vari
momenti della giornata oscillano nell’intervallo di 140700 nmol/L, rappresentano però il parametro
tradizionalmente usato in clinica (42).
Misura del cortisolo libero sierico
La determinazione diretta del cortisolo libero richiede
passaggi sperimentali complessi, lunghi e costosi ed è
anche per questo poco utilizzata nell’applicazione
clinica. Questa analisi comporta infatti tecniche di
ultrafiltrazione o dialisi all’equilibrio del siero non diluito
per almeno 18 ore, seguita poi da gel-filtrazione (49). Il
metodo comunemente usato è allora la stima del
cortisolo libero calcolato prendendo in considerazione
l’analisi del cortisolo totale e la determinazione della
capacità legante della CBG plasmatica mediante
l’equazione di Coolens (16) a partire dalle concentrazioni
di cortisolo totale e CBG:
U2 k(1+N) + U[1 + N + k(G–T)] – T = 0
dove U rappresenta la concentrazione molare del
cortisolo libero in μM, T rappresenta la concentrazione
molare del cortisolo totale (μM), G la concentrazione
della CBG (μM), k è l'affinità della CBG per il cortisolo a
37 °C e N è il rapporto fra albumina legata al cortisolo e
cortisolo libero. In alternativa, alcuni Autori calcolano il
“free cortisol index” (FCI), che è il rapporto tra cortisolo
totale e CBG, la cui concentrazione è misurata con
metodi immunometrici specifici; questo dato possiede
una buona correlazione con i valori ottenuti con gel
filtrazione e dialisi (r2 =0,81) (16). Poll et al. (42) hanno
descritto un metodo per l’analisi del cortisolo totale e
libero, in cui la concentrazione del cortisolo totale è
determinata con “immunoassay” a rivelazione in
chemiluminescenza e la frazione libera è calcolata con
l'equazione di Coolens dai valori di cortisolo totale e della
CBG analizzata con RIA.
Misura del cortisolo totale sierico
La maggior parte dei metodi immunometrici in uso
nei laboratori clinici sono metodi diretti senza estrazione
iniziale degli steroidi dal campione; in questi metodi,
l’analisi del cortisolo sierico totale viene eseguita
utilizzando agenti leganti le proteine, come l’acido 8anilino-1-naftalene-solfonico (ANS), per liberarlo dalle
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proteine trasportatrici endogene (CBG) oppure viene
utilizzato l’abbassamento del pH o il trattamento termico.
L’efficienza dello spiazzamento dello steroide con agenti
che legano le proteine può essere influenzata dalla
concentrazione della proteina legante endogena
presente nel campione. Ad esempio, la quantità di ANS,
se adeguata per il siero di una persona sana, può non
essere sufficiente per una donna in gravidanza (che
possiede concentrazioni di CBG molto superiori); allo
stesso tempo, la concentrazione di ANS necessaria a
liberare tutto il cortisolo dalla CBG di una donna in
gravidanza potrebbe ridurre significativamente la
specificità e la sensibilità dell’antisiero. Nei casi in cui sia
richiesto un LOD più basso e laddove non siano
disponibili antisieri altamente specifici è necessario
estrarre il cortisolo dal siero prima di eseguire l’analisi.
Cohen et al. (50) hanno confrontato tre metodi
immunometrici con la tecnica HPLC, valutando il
cortisolo totale sierico in pazienti con sepsi. I valori
ottenuti con la tecnica HPLC sono risultati
significativamente più bassi (del 95% e del 79%) in
confronto con le tecniche immunologiche Immulite e
TDx. Al contrario, il metodo Centaur non ha dimostrato
differenze significative. I tre kit immunometrici hanno
evidenziato un'elevata variabilità, in parte attribuibile a
cross-reattività con altri steroidi, con una concordanza
tra le misure in solo il 44% dei pazienti e con più del 50%
dei pazienti con una diagnosi incerta, sottolineando
come ciò potrebbe avere un significativo impatto nella
diagnosi della insufficienza surrenalica.
Kawaguchi et al. (51) hanno sviluppato un metodo
candidato di riferimento per la misura del cortisolo totale
nel siero, che usa diluizione isotopica e GC/MS. Il
metodo prevede pretrattamento del campione con SPE
seguita da derivatizzazione del cortisolo con heptafluoron-butyric anhydride (HFBA). Le sue prestazioni
analitiche sono: LOD 5 ng/g (11 nmol/L in etanolo), LOQ
20 ng/g (43 nmol/L in etanolo), CV nella serie 0,7% e
recupero 101%. Per la determinazione simultanea di
prednisolone, prednisone, cortisolo e cortisone,
Shibasaki et al. (52) hanno sviluppato un metodo GCMS che ha dimostrato LOD di 250 pg/μL di iniezione
(0,69 pmol/μL) e un CV di 3,9%. Il campione per l’analisi
è estratto (SPE solido-liquido). Per valutare la frazione
libera e legata di ciascun analita, il campione di siero
viene sottoposto a 12 ore di dialisi.
La maggior parte dei kit commerciali per il cortisolo
hanno evidenziato cross-reattività con analoghi, come il
prednisolone, che è un metabolita che si forma in vivo a
partire dal prednisone, un corticosteroide sintetico;
pertanto, questi kit non possono essere utilizzati in
pazienti in terapia con tale farmaco. Il grado di crossreattività è antisiero-dipendente; ad esempio, la crossreattività con 11-desossicortisone, corticosterone e
prednisone varia dal 1% al 5%. Per disporre
dell’anticorpo idoneo molti metodi immunometrici
utilizzano l’immunizzazione di animali con vari derivati
del cortisolo coniugati a proteine. Gli antisieri prodotti
contro il cortisolo-21-emisuccinato e contro il cortisolo-3carbossimetilossima si sono dimostrati i più adatti e sono
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biochimica clinica, 2010, vol. 34, n. 6
stati largamente usati per metodi immunometrici diretti
senza estrazione del campione.
CONCLUSIONI
La premessa indispensabile per la scelta di un
metodo adeguato nella misura del cortisolo è la
conoscenza delle caratteristiche chimico-fisiche e di
fisiopatologia dello stesso. La misura della sua
concentrazione nelle varie matrici con metodi
immunometrici e/o cromatografici richiede inoltre la
conoscenza delle possibili fonti di errore legate alle
caratteristiche del campione in relazione al metodo
usato, al possibile trattamento del campione e alle
interferenze per il tipo di matrice impiegato.
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