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Gli aspetti finanziari
FEDERICO MEROLA
Tra il 1993 e il 1999 Federico Merola ha maturato una
diretta esperienza operativa nell’attività di Project
Financing e finanza strutturata internazionale, presso la
Schroders a Londra e il Mediocredito Centrale in Italia,
lavorando con crescente responsabilità alla strutturazione
e sindacazione di operazioni di finanziamento come
Oman LNG (Oman, US$2mld), Blue Stream (RussiaTurchia, US$2mld) e Kafko (Bangladesh, US$440mln).
Oltre ad aver operato nel settore delle infrastrutture e,
in modo particolare, del PFI inglese, ha acquisito nel
tempo una specializzazione in campo energetico, con
particolare riferimento al comparto del petrolio e del gas
naturale. In tale veste ha operato con istituzioni
finanziarie sovranazionali come la Banca Mondiale, l’IFC,
la BEI e la BERS.
Dal 1999 al 2002, in veste di Direttore della Fimit SGR,
ha dato vita al primo fondo comune di investimento
immobiliare costituito con apporto di beni pubblici
(“Fondo Alpha”).
Dal 2002 svolge attività di consulenza ed è attualmente
Amministratore Delegato della Sfm&Partners, società di
advisory in finanza d’impresa e di progetto, nonché
membro del Comitato Scientifico di Assoimmobiliare.
Autore di articoli e pubblicazioni in materia di fondi
pensione, Project Financing, fondi immobiliari e mercati
finanziari, è attualmente docente di Statistica Economica
presso Economia e Commercio dell’Università di Viterbo e
ha insegnato “Project Financing e finanza strutturata
internazionale” al MBA della LUISS (anno accademico
2003).
Project Financing e mercati finanziari
1. Il rischio come elemento fondamentale di differenziazione tra diverse
operazioni di PF
Qualunque sia la definizione di Project Financing che si intende adottare
(cfr. al riguardo si veda il primo editoriale), non vi è dubbio che con
questo termine vengono correntemente indicate una vasta gamma di
operazioni strutturate in funzione dello specifico progetto che si intende
realizzare. Tali operazioni possono avere numerosi elementi comuni ed
essere realizzate con le medesime metodologie, ma presentano sempre
delle specifiche caratteristiche distintive che le differenziano l’una
dall’altra. Per loro natura, insomma, sono delle operazioni uniche, così
come i progetti che vanno a finanziare.
Del resto, anche se la base metodologica “di finanzia di progetto” resta
la medesima, è intuitivamente cosa ben diversa finanziare lo sviluppo di
un campo petrolifero oppure la costruzione di un’autostrada o ancora la
realizzazione di un impianto petrolchimico o, infine, quella di un satellite
spaziale.
In questa teorica vastità di soluzioni, due sono gli elementi essenziali che
forse più degli altri determinano la struttura di ogni operazione di PF:
la sintesi tra gli interessi legittimi dei protagonisti dell’operazione e la
particolare articolazione e natura dei rischi dell’iniziativa.
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L’elemento del rischio, in particolare, ci consente di effettuare una prima
importante considerazione di carattere generale, utile a dissipare
numerosi equivoci e malintesi che hanno pesato non poco nel ritardo
italiano in materia di PF: non è la forma del finanziamento – corporate o
project – che determina il contenuto complessivo di rischio di
un’operazione ma le caratteristiche dell’iniziativa che si va a realizzare.
Un PF, quindi, può essere più o meno rischioso di un finanziamento su
basi corporate, e viceversa, a seconda della struttura sottostante
dell’operazione e del merito di credito dei principali protagonisti.
Un classico esempio può chiarire immediatamente questo concetto:
quello del Tunnel sotto la Manica che collega la Francia alla Gran
Bretagna. Spesso questo progetto, che per chi non lo sapesse è stato
sotto il profilo dei finanziatori un vero disastro per i continui aggravi di
costo e le prolungate delusioni in materia di traffico, è stato richiamato
nell’ambito del dibattito italiano in materia di PF quale esempio della
chiara evidenza della maggiore rischiosità del PF rispetto ad altre tecniche
finanziare. L’equivoco sta nell’aver confuso la metodologia adottata per
finanziare l’operazione con gli elementi sostanziali del rischio sottostante.
Non è il PF in sé ad essere rischioso ma certamente quella operazione era
per molti versi una vera e propria avventura, piena di rischi unici e
incalcolabili. Per questo enormemente distribuiti sul mercato.
In generale, dunque, la realizzazione del Tunnel sotto la Manica o
la realizzazione – per esempio – di un impianto di produzione di energia
elettrica, sono progetti tra loro estremamente diverse sotto il profilo
fondamentale del rischio, nonostante le similitudini nella struttura
formale dell’operazione. La realizzazione di un impianto di produzione
di energia elettrica, infatti, fa riferimento a tecnologie mature e consolidate
e ad un contesto di approvvigionamenti e forniture solitamente
caratterizzati da contratti stabili di medio lungo periodo. Il Tunnel sotto
la Manica, invece, si identifica come un’avventura imprenditoriale,
inizialmente piena di incognite tecnologiche e, nel corso del tempo,
con forti rischi di mercato.
Questo semplice esempio, ci chiarisce innanzitutto che la struttura
del PF può essere utilizzata per realizzare operazioni nella sostanza
profondamente diverse tra loro, sebbene assimilabili nella forma. Ma ci
introduce anche ad ulteriori importanti distinzioni utili per dare conto
della correttezza di alcuni accostamenti spesso impropriamente effettuati
quando si parla di PF.
2. Finanza di progetto, Venture Capital e Private Equity
Il contenuto di “avventura” presente in un progetto arcinoto come quello
del Tunnel sotto la Manica potrebbe indurre ad un accostamento tanto
impreciso quanto generalizzato tra PF e Venture Capital, genericamente
inteso come attività di investimento finalizzata all'avvio di nuove imprese
o al sostegno di progetti di sviluppo di imprese già esistenti1.
In senso tecnico, invece, col termine Venture Capital, ci si riferisce
soprattutto alla rischiosità di fornire equity per lo start-up di una nuova
iniziativa, con tutte le incognite che questo comporta.
Non c’è necessariamente un riferimento al rischio tecnologico o di mercato
della nuova iniziativa anche se spesso entrambi i rischi sono ravvisabili
nelle operazioni di Venture Capital, in misura più o meno ampia. Una
certa corrispondenza concettuale tra Venture Capital e PF – ad esempio
lo start-up di una nuova società – non deve quindi trarre in inganno
sotto il profilo del corretto inquadramento di queste due fattispecie.
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Solitamente il termine Venture Capital in senso stretto è riconducibile ai soli investimenti in capitale
di rischio o equity, realizzati da operatori professionali. Senza riferimento quindi alla parte di
finanziamento eventualmente associata allo start-up di nuovi progetti. Questa, tuttavia, benché
possa avere particolari garanzie reali e mantenga una priorità nel rimborso rispetto all’equity,
risente inevitabilmente dei rischi complessivi delle diverse operazioni che si riflettono in durate e
margini sostanzialmente diversi da caso a caso.
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Infatti, se è vero che nell’ambito di un’operazione di PF può essere
realizzata anche un’attività di Venture Capital, la coesistenza tra le due
attività è solo eventuale dato che il Venture Capital può essere realizzato
anche in un contesto di finanza d’impresa, come peraltro comunemente
avviene.
In definitiva, quindi, mentre il PF è una tecnica di finanziamento
nell’ambito della quale i flussi di cassa acquistano particolare importanza,
anche per coloro che apportano capitale di rischio, il Venture Capital
è una forma di finanziamento alla costituzione di nuove società
o società già esistenti, volta all’avvio di particolari progetti. Se questo
finanziamento riguarda il capitale di rischio di una SPV dedicata alla
realizzazione di un nuovo progetto finanziato con una struttura di PF,
allora il PF include anche una componente di Venture Capital e i due
termini possono nell’occasione essere reciprocamente accostati tra loro.
E questo a prescindere dalla più o meno accentuata rischiosità tecnologica
o di mercato del progetto in sé2.
Più netta e marcata, invece, è la differenza tra PF e Private Equity,
“termine utilizzato più frequentemente per indicare, in modo generale,
il mestiere dell'investitore nel capitale di rischio, facendo specifico
riferimento alle operazioni di investimento realizzate in fasi del ciclo di
vita delle aziende successive a quella iniziale”3. In questo caso, infatti,
si tratta di accompagnare un’impresa già esistente in un percorso di
crescita particolarmente importante e significativo che, tipicamente, può
preludere alla quotazione in Borsa.
3. L’origine storica della moderna attività di Project Financing e la sua
caratterizzazione rispetto al finanziamento di progetti avvenuto in
epoche precedenti o contesti diversi
In senso molto generale, il ricorso alla finanza di progetto non è una
novità assoluta della nostra epoca. Esempi di questo tipo sono
ampiamente presenti nella storia economica. Basti pensare ai viaggi
commerciali o alle imprese coloniali degli ultimi secoli nonché alla stagione
delle grandi infrastrutture in Europa nel corso del XIX secolo, legata
soprattutto allo sviluppo della rete ferroviaria o di servizi pubblici quali il
telegrafo, gli acquedotti e l’illuminazione a gas. I capitali richiesti per la
realizzazione di questi investimenti furono di una mole senza precedenti
e non potevano essere ad esclusivo carico dei governi nazionali, molto
spesso ancora troppo giovani per avere finanze sufficientemente
consolidate. Per la raccolta di capitali così ingenti, oltre alla fiducia spesso
troppo incondizionata del pubblico, fu necessaria un’opera efficace e
autorevole di intermediazione fra i risparmiatori e le imprese, esercitata
dalle grandi famiglie di banchieri privati, che affermarono proprio in
questo periodo la loro enorme potenza (si pensi ai Rothschild di
Francoforte, ai Baring di Londra, agli Hope di Amsterdam e ai Parish
di Amburgo).
Il rilievo spesso assunto dai capitali privati nella realizzazione di questi
investimenti non vuol dire però che da un punto di vista sostanziale le
metodologie di finanziamento adottate fossero le stesse correntemente
utilizzate oggi nella prassi internazionale del PF. E questo non solo
perché in passato il finanziamento delle iniziative commerciali e
industriali e degli investimenti infrastrutturali avveniva attraverso prestiti
o cointeressenze azionarie direttamente riferite alle imprese piuttosto
che allo specifico progetto, ma soprattutto perché anche quando tale
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E’ da sottolineare in proposito come per contenere i rischi associati ad ogni singola iniziativa di
Venture Capital gli intermediari specializzati in questa attività adottino politiche di diversificazione
calibrata dei loro investimenti. Così come, peraltro, tipicamente fanno i promotori di operazioni di
PF. In questa particolare ottica, l’intermediazione del pubblico risparmio da convogliare in attività di
Venture Capital viene solitamente realizzata attraverso lo strumento del fondo comune di
investimento di tipo chiuso. Analogamente, questa formula viene utilizzata in altri paesi, e
recentemente comincia ad essere considerata anche in Italia, per veicolare pubblico risparmio nella
realizzazione di operazioni di PF.
Secondo la definizione accolta dall’AIFI.
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finanziamento si riferiva ad un determinato progetto, esso aveva luogo
con modalità assai diverse da quanto si verifica oggi sui mercati finanziari
internazionali. Basti pensare, ad esempio:
• alle diverse modalità di analisi e ripartizione dei rischi;
• all’identificazione relativamente recente da parte delle banche di
particolari indicatori come quelli comunemente denominati
“coefficienti di copertura del debito”;
• all’assenza in passato di regole internazionali condivise in materia
di coefficienti patrimoniali delle banche;
• alla complessa e particolare struttura dei moderni contratti di
finanziamento;
• all’attuale sofisticato collegamento tra i contratti finanziari e
i principali accordi relativi alla costruzione degli impianti e delle
opere nonché alla fornitura delle materie prime e alla
commercializzazione dei prodotti finali.
Il tutto, naturalmente, in un contesto generale di evoluzione dei mercati
finanziari che non ha alcun termine di paragone con quelli del passato.
Ne deriva che anche se il finanziamento di singoli progetti d’investimento
non costituisce di per sé un fenomeno assolutamente nuovo, esso
tuttavia sta oggi assumendo connotati che non ha mai avuto in
precedenza.
Solitamente, la nascita del PF nell’accezione che attualmente assume sui
mercati finanziari internazionali viene fatta risalire all’inizio del XX secolo,
quando sarebbe stata sperimentata nel settore dell’energia e,
in particolare, dell’estrazione petrolifera negli Stati Uniti d’America.
La maggior parte delle società nate per lo sfruttamento dei giacimenti
petroliferi del Texas e dell’Oklahoma non possedevano né le risorse
finanziarie per uno sfruttamento di tipo industriale dei pozzi petroliferi
né la solidità patrimoniale per accedere ai tradizionali finanziamenti
bancari. Peraltro, lo scarso valore commerciale e la natura stessa dei beni
oggetto del finanziamento, ovvero il pozzo petrolifero e i macchinari
utilizzati per l’estrazione del petrolio, rendevano difficilmente praticabile
il ricorso al credito bancario con garanzie reali. Tuttavia, era evidente che
il flusso di reddito che le società petrolifere avrebbero ricavato da uno
sfruttamento industriale dei giacimenti poteva diventare il punto di
riferimento per l’erogazione di crediti. Sia la solidità patrimoniale della
società sia la natura dei beni oggetto del finanziamento erano di fatto di
secondaria importanza per i finanziatori. Seguendo tale impostazione,
ovvero considerando come principale “garanzia” del credito erogato il
valore commerciale del petrolio che si sarebbe estratto, le banche
dovevano però accettare alcuni rischi, come per esempio:
• il rischio tecnologico sui nuovi macchinari;
• il rischio che il giacimento si rivelasse di piccole dimensioni
o comunque che il suo sfruttamento non fosse economicamente
vantaggioso (rischio di disponibilità);
• il rischio che la domanda e il prezzo di vendita del petrolio potessero
ridursi sensibilmente durante il periodo di rimborso del credito
(rischio di mercato).
L’evoluzione delle tecniche di PF fino alle forme attuali rappresenta,
appunto, l’evoluzione delle risposte che le banche hanno saputo dare a
questi problemi. Non tanto nel senso di assumersi rischi indeterminati
ma, al contrario, nel senso di individuare con sempre maggiore precisione
i rischi associati a ogni operazione e contribuire così alla loro ripartizione
tra tutti i partecipanti al progetto, assumendo direttamente solo una
quota di rischio limitata e comunque definita.
Seguendo questo percorso, il PF si è ulteriormente sviluppato e affermato
a livello internazionale dopo la seconda guerra mondiale, sempre nel
settore energetico e minerario. Più recente, invece, è l’utilizzo del PF per
investimenti industriali, soprattutto in paesi non appartenenti all’OCSE, e
nel settore delle infrastrutture economiche diverse da quelle energetiche
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(aeroporti, reti di distribuzione idrica, opere viarie quali ferrovie,
metropolitane, ponti, strade a pedaggio nonché infrastrutture per
le telecomunicazioni, ospedali, carceri, ecc.). Un utilizzo, quest’ultimo,
cresciuto man mano che il fabbisogno di investimenti in questo settore è
diventato sistematicamente superiore alle disponibilità dei bilanci pubblici.
In definitiva, il vero e proprio decollo del PF sui mercati finanziari
internazionali è un fatto degli ultimi 20 anni, legato ai processi di
privatizzazione da un lato e di globalizzazione degli investimenti diretti
dall’altro.
4. I fattori che hanno favorito il recente sviluppo del PF sui mercati
finanziari internazionali
Tutti i Paesi industrializzati hanno affrontato nel corso degli ultimi
20 anni una profonda trasformazione dei rispettivi sistemi economici.
Il fenomeno forse più emblematico di questa trasformazione è stato
quello delle privatizzazioni di imprese e attività in precedenza gestite
da soggetti pubblici, direttamente o attraverso società controllate.
All’origine di questo processo massiccio di privatizzazioni si possono
individuare, in estrema sintesi, la ricerca di una maggiore efficienza nei
settori tradizionalmente gestiti dallo Stato e il livello elevato raggiunto
in quasi tutti questi Paesi dal debito pubblico rispetto al prodotto
nazionale.
Parallelamente al processo di cessione delle imprese pubbliche, tutti i
Paesi hanno disciplinato la concorrenza e privatizzato la gestione di molti
servizi di pubblica utilità. In particolare, questo fenomeno ha interessato
la produzione e la somministrazione di energia e gli altri principali servizi
pubblici a tariffa destinati a un vasto mercato di utenti (ciclo dell’acqua,
trasporti, reti varie, recupero dei rifiuti, telecomunicazioni).
In Italia, si è cominciato a parlare di privatizzazioni dopo il D.L. 11 luglio
1992, n. 333 (convertito nella L. 8 agosto 1992, n. 359), che ha disposto la
trasformazione di IRI, ENI, ENEL ed INA in società per azioni. Nel 1993 è
stato soppresso il Ministero delle Partecipazioni Statali. Con la direttiva
del Presidente del Consiglio del 30 giugno 1993 è stato quindi disposto
l'avvio delle procedure di dismissione per Enel, Ina, Comit, Credit, Imi,
Stet, Agip, tramite offerta pubblica e sotto il controllo di un Comitato
permanente di consulenza globale, presieduto dal direttore generale
dell’allora Ministero del Tesoro. Il periodo che va dal 1993 fino ai primi
mesi del 2001 vede la concreta attuazione di importanti dismissioni
pubbliche. Si pensi alle cessioni azionarie effettuate in questi anni da
parte di imprese di proprietà del Ministero del Tesoro (ad es. Telecom,
Seat, Ina, Imi, Eni, Enel, Mediocredito Centrale, Bnl), dell'Iri (ad es.
Finmeccanica, Aeroporti di Roma, Cofiri, Autostrade, Comit, Credit),
dell'Eni (ad es. Nuovo Pignone, Enichem, Saipem) e degli altri enti a
precedente controllo pubblico (ad es. l’Istituto Bancario S. Paolo di
Torino e la Banca Monte dei Paschi di Siena).
Le privatizzazioni hanno avuto riflessi importanti per i sistemi finanziari
dei Paesi interessati da questo fenomeno. Hanno infatti portato sul
mercato imprese e attività in precedenza gestite e finanziate dallo Stato
e a carico dei bilanci pubblici, riducendo in questo modo il ruolo di
intermediario finanziario esercitato dal soggetto pubblico ampliando,
invece, gli spazi per la finanza privata. Sotto un altro profilo,
la realizzazione degli investimenti infrastrutturali necessari all’erogazione
dei servizi di pubblica utilità ha gradualmente subito in molti settori un
progressivo spostamento dal pubblico al privato. È pertanto aumentata
la domanda di capitali delle imprese private per il finanziamento di
attività in precedenza a carico dell’imposizione fiscale e del debito
pubblico. Non solo. La rilevanza delle attività portate sul mercato ha
favorito in molti casi processi di integrazione o alleanza industriale.
Il rischio elevato associato a molte iniziative, i rilevanti capitali necessari
per il loro finanziamento e la necessità di mettere insieme esperienze
imprenditoriali diverse, ha fatto sì che per la realizzazione di nuovi
investimenti si affermasse nelle comuni esperienze internazionali
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la formula della società di progetto. Ed è proprio questo “isolamento”
giuridico ed economico di un progetto – perseguito dai promotori anche
al fine di limitare l’impatto di una determinata iniziativa sul proprio
bilancio – che impone la ricerca di un finanziamento accordato
principalmente sulla base del flusso di cassa generato dall’investimento e
delle capacità imprenditoriali dei gestori dell’iniziativa, anziché
sull’equilibrio economico-finanziario delle imprese che danno luogo al
progetto stesso.
In molti casi, peraltro, tanto i processi di privatizzazione quanto
i successivi programmi di investimento si sono verificati partendo da
situazioni nelle quali sia il settore pubblico che quello privato registravano
elevati livelli di indebitamento e quindi ridotte capacità di nuovo ricorso
diretto al mercato sulla base del tradizionale finanziamento d’impresa.
Questa circostanza ha ulteriormente spinto le imprese, pubbliche e private,
a finanziare i nuovi investimenti in consorzio con altri operatori e “fuori
bilancio”, valorizzando cioè nelle forme e nei modi possibili un approccio
finanziario che ponesse maggiore enfasi sui flussi di cassa del progetto e
sui contratti commerciali sottostanti che non sul loro stato patrimoniale.
In definitiva, possiamo dire che i processi di privatizzazione abbiano
favorito il ricorso al PF in quanto:
• liberalizzano numerose attività economiche prima gestite a carico
della finanza pubblica;
• ampliano il ruolo della finanza privata;
• portano sul mercato imprese con elevato indebitamento;
• sollecitano la ricerca di efficienza.
Un altro forte stimolo allo sviluppo del PF sui mercati finanziari
internazionali è arrivato dal forte processo di internazionalizzazione
dell’economia e globalizzazione dei mercati. Non si è trattato
solo dell’espansione lineare di un modello di sviluppo economico –
il capitalismo – ad aree che fino a pochi anni fa ne erano rimaste sottratte.
Si tratta, invece, di qualcosa di più vasto, che agisce in profondità e che,
di conseguenza, genera grandi trasformazioni ma anche forti resistenze,
nuove opportunità ma anche nuovi rischi, rinnovate fonti di ricchezza ma
anche ulteriori cause di povertà.
Uno degli elementi più importanti di questo complesso processo di
internazionalizzazione è costituito dagli investimenti diretti all’estero
(IDE), che realizzano progetti reali in paesi diversi da quelli di provenienza
dei capitali e delle tecnologie. Ebbene, è stato proprio questo vasto e
crescente fenomeno di internazionalizzazione che ha dato grande impulso
al PF sui mercati finanziari internazionali degli ultimi 15 anni. Infatti, la
realizzazione di IDE (industriali o in infrastrutture) spesso si realizza
proprio attraverso lo strumento della Joint Venture, in associazione con
altre imprese. La dimensione rilevante di queste iniziative; il rischio
associato alla presenza per lungo tempo in un Paese diverso da quello di
origine; la necessità di concludere alleanze; sono tutti elementi che
determinano la ricerca di indipendenza economica, giuridica e funzionale
del progetto realizzato rispetto alle imprese che lo promuovono,
favorendo il ricorso al PF e rendendo meno conveniente, se non
addirittura impossibile, il ricorso al tradizionale finanziamento d’impresa.
Un ultimo elemento determinante nella forte crescita del PF sui mercati
finanziari internazionali è direttamente correlata al problema critico
della dotazione di infrastrutture, settore nel quale si va consolidando un
mercato internazionale sempre più aperto e concorrenziale.
Storicamente imprese e Stati hanno vinto la competizione economica con
i concorrenti se possedevano più risorse naturali, disponevano di più
capitale pro-capite e impiegavano tecnologie superiori. Oggi le ricchezze
naturali rappresentano un vantaggio sempre minore rispetto al passato
mentre le tecnologie di prodotto si trasferiscono con grande rapidità e i
capitali sono ormai liberi di muoversi. In questo contesto, la competizione
diventa più una partita tra “sistemi”, che si gioca sull’insieme delle
convenienze all’investimento in una data area piuttosto che in un’altra.
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Se a competere fra loro non sono più soltanto le imprese ma anche i
sistemi-paese e gli ordinamenti nazionali, il vantaggio comparato si
realizza nella presenza di chiare e vantaggiose “regole del gioco”; nelle
caratteristiche di elementi di competitività generale come il fisco o il
costo del lavoro e nella presenza delle cosiddette esternalità, riconducibili
soprattutto all’efficienza delle burocrazie e alla presenza di infrastrutture
moderne e funzionali.
Anche per effetto di questa circostanza, le esigenze di investimento in
infrastrutture sono diventate generalmente eccessive rispetto alle
possibilità dei governi di provvedervi. Per questo motivo tutti i Paesi
hanno cercato, e stanno ancora cercando, nuove modalità per finanziare
e gestire le loro infrastrutture, stimolando i capitali e le capacità
imprenditoriali dei privati. Questa circostanza, unitamente alle altre che
abbiamo già brevemente richiamato, ha quindi ulteriormente contribuito
allo sviluppo internazionale del PF, soprattutto nel campo delle
infrastrutture economiche. Anzi, in questo specifico settore il PF si è
dimostrato uno strumento particolarmente efficace in quanto:
• la domanda internazionale di grandi lavori è aumentata velocemente
negli anni ‘90;
• la dimensione degli investimenti e il fabbisogno finanziario sono in
questi casi estremamente elevati;
• la realizzazione di infrastrutture economiche richiede generalmente
la presenza di competenze diverse in Joint Venture;
• la possibilità di separazione economica e giuridica dell’iniziativa è
immediata;
• la possibilità di offrire garanzie reali sufficienti a coprire
gli investimenti è in molti casi ridotta;
• i rischi economici e finanziari sono rilevanti rispetto ai bilanci delle
imprese che realizzano e gestiscono le opere;
• il PF consente il ricorso a forme più moderne ed efficaci di sostegno
finanziario pubblico alle infrastrutture.
Il tema delle infrastrutture economiche è particolarmente sentito nel
nostro paese, dove la dotazione infrastrutturale è molto inferiore rispetto
alla media europea e, nonostante ciò, negli ultimi dieci anni gli
investimenti in opere pubbliche (o ex-pubbliche) sono fortemente
diminuiti. In tale contesto è ormai convincimento comune, espresso
anche nei documenti di programmazione economico-finanziaria degli
ultimi anni, che per recuperare le risorse da investire nel settore delle
infrastrutture debba farsi ampio ricorso a capitali privati. Il che, tuttavia,
per poter produrre gli effetti sperati richiede una normativa in grado di
equilibrare al meglio il rapporto tra interesse privato e interesse pubblico.
5. Il contesto europeo e il più ampio concetto di PPP
Prima di esaurire il tema relativo alla nozione e all’inquadramento
generale del PF può essere utile un veloce richiamo al quadro
dell’Unione Europea, che ha avviato di recente una nuova iniziativa volta
a favorire la creazione di un mercato europeo dei lavori pubblici e, in
questo ambito, la realizzazione di una nuova rete di infrastrutture tra i
25 paesi dell’Unione. Il tutto nell’ambito di uno schema generale
condiviso di regole del gioco.
L’iniziativa è costituita da un Libro Verde sul Partenariato Pubblico
Privato (di seguito “PPP”) che intende avviare attraverso la raccolta di
informazioni e opinioni dai vari paesi, l’elaborazione di un Libro Bianco
e, quindi, di specifiche direttive e regolamenti comunitari. In questo
contesto non è ancora chiaro se ci sarà una definizione giuridica di PF e,
in questo caso, quale potrà essere. Né si può oggi dire quali saranno le
eventuali procedure individuate per l’utilizzo di questa forma di
finanziamento delle infrastrutture in un contesto quanto più ampio ed
aperto di libero mercato concorrenziale. Quello che invece traspare
chiaramente dal Libro Verde, è che il PF viene incluso nell’ambito di una
più ampia categoria, appunto quella del PPP, unitamente a numerose
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altre fattispecie attualmente esistenti all’interno dei singoli stati nazionali
per il finanziamento - con capitali pubblici e privati - e la realizzazione
di opere e infrastrutture. Tutte riunite in un’unica grande categoria
caratterizzata dall’elemento comune di prevedere una qualsiasi forma
di rapporto contrattuale di medio-lungo periodo con la pubblica
amministrazione.
Federico Merola
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