Storie di straordinaria imprenditorialità
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Storie di straordinaria imprenditorialità
0130.imprendo_413_0130.imprendo_413.qxd 11/07/13 10.12 Pagina 119 Storie di straordinaria imprenditorialità a cura di p. preti e m. puricelli Tracce di futuro: nascere e rinascere in agricoltura Tre esperienze, tra le molte esistenti, per indicare una strada possibile, un percorso che funziona, una traccia per un futuro che può dare soddisfazione. Sono imprese agricole che non sono solo ambiti di produzione ma anche luoghi di relazione. Sono aziende in cui non sono premiate solo le competenze ma anche l’umanità delle persone. Sono realtà in cui la terra non è più solo una risorsa da sfruttare ma territorio e paesaggio da tutelare. Marina Puricelli [email protected] C’ è fiducia a dispetto della disoccupazione ai massimi storici, del PIL in decrescita, del debito pubblico che pare incontenibile e dell’incertezza politica. C’è positività nonostante tutto. L’ho percepita incontrando decine di giovani, approfondendo alcune delle loro storie in netta controtendenza rispetto al quadro negativo e alle lamentele cui, da tempo, si è quasi quotidianamente esposti. Mi sono imbattuta in ragazzi che avviano o danno nuova linfa alle imprese di chi li ha preceduti, le sviluppano e le fanno crescere, decidono di restare a produrre in Italia, lavorano senza sosta e creano, a loro volta, posti di lavoro. Sono giovani accomunati da una appartenenza forte: sono impren- rubrica ditori legati a Coldiretti, l’associazione delle aziende del settore agroalimentare, protagonista – con le sue riconoscibili bandiere gialle e verdi – di molte battaglie a vantaggio dei consumatori. Sono persone che hanno scelto di condividere il loro percorso professionale con altri soggetti, che hanno colto la valenza dello stare insieme. Presento tre esperienze, tra le molte esistenti, per indicare una strada possibile, un percorso che funziona, una traccia per un futuro che può dare soddisfazione. Sono realtà molto diverse che si trovano anche in stadi evolutivi differenti: la prima è pressoché neonata, la seconda esiste da quattro anni e l’ultima è un’impresa agricola di terza generazione. Oltre alle differenze, presentano alcune caratteristiche comuni, basilari per innescare quel circuito virtuoso che le fa emergere come alternative al clima depressivo che imperversa. Sono imprese agricole che non sono concepite solo come ambiti di produzione ma anche come luoghi di relazione. Sono aziende in cui non sono premiate solo le competenze ma anche l’umanità delle persone. Sono realtà, infine, in cui la terra non è più solo una risorsa da sfruttare al massimo ma diventa territorio e paesaggio da tutelare come un bene comune di ordine superiore all’utilità individuale. Il valore dell’appartenenza unito a un certo modo di fare impresa. Non solo produzione ma anche relazione. Non solo competenze ma anche umanità. Non solo terra ma paesaggio. π Bambù in Langa Potrebbe sembrare l’inizio di una barzelletta e invece si tratta dell’avvio di una nuova impresa, di una start-up, per usare un termine molto in voga. Un fotografo tedesco di mezza età, un giovane architetto e un laureato in scienze dell’educazione si conoscono e, insieme, nel 2012 de- 119 © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI economia & management 4 - 2013 0130.imprendo_413_0130.imprendo_413.qxd 11/07/13 10.12 Pagina 120 Storie di straordinaria imprenditorialità economia & management 4 - 2013 rubrica cidono di dar vita a una società: L’essenza del Bambù. Nelle Langhe. La scintilla scatta quando i due italiani, appassionati di paesaggio e di agricoltura, vengono a scoprire, da un articolo sulla Gazzetta di Alba, che nelle Langhe dei noccioleti e dei vigneti si è insediato un personaggio che, in una conca di qualche ettaro di terreno scosceso, ha creato una coltivazione che raccoglie più di un centinaio di specie diverse di bambù. Decidono di conoscerlo e, incontrandolo, restano contaminati dalla sua stessa passione, affascinati dalla sua storia e dalla sua profonda esperienza nella coltivazione di queste piante. Thomas Froese ha deciso di trasferirsi nel 1992 in Piemonte, nei pressi di Alba, e di acquistare una tenuta per dedicarsi alla coltura del bambù. Pur non avendo trovato un posto ideale, è riuscito a impiantare e far proliferare qualità provenienti dall’Asia non presenti prima di allora in Italia. Il “tedesco” si presenta loro, fin da subito, come un super-tecnico, un esperto di botanica che però, da solo, fa fatica a standardizzare la produzione e a trovare il tempo di lavorare sul versante commerciale. Insieme intuiscono che, unendo le loro diverse competenze, possono conquistare uno spazio per fare impresa: col bambù nelle Langhe, utilizzando per la produzione terreni pianeggianti (di proprietà di uno dei due soci italiani) ben serviti da canali d’acqua e da strade di collegamento. La loro idea imprenditoriale, nata sostanzialmente da questo incontro, si è classificata al primo posto del concorso nazionale per giovani imprenditori Oscar Green 2012, indetto dalla Coldiretti, nella sezione Ideando. Il riconoscimento, che ha dato loro una visibilità altrimenti inim- © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI andrea demagistris 120 maginabile, ha voluto premiare lo sforzo nell’introduzione di colture innovative per il territorio italiano. Così, con alcune chiare convinzioni, i tre soci si sono presentati ai giurati di Oscar Green: “Il nostro è un progetto pilota che riguarda la realizzazione dei primi bambuseti in Italia condotti secondo metodi di agricoltura biologica. Stiamo per realizzare una vera e propria filiera per creare prodotti innovativi ottenuti dalla coltivazione agricola del bambù. La società è formata da Thomas Froese, 58 anni, fotografo professionista e imprenditore agricolo, Fabio Chiarla, 38 anni, architetto e Andrea Demagistris, 39 anni, laureato in scienze dell’educazione e imprenditore agricolo. Ci siamo conosciuti grazie alle nostre comuni passioni per l’Oriente, l’estetica del paesaggio, l’agricoltura ‘non convenzionale’ e, naturalmente, per il bambù e abbiamo deciso di unirci in una società che, mettendo insieme tutte queste passioni, le concretizzasse in un progetto imprenditoriale. Il perno della società è senz’altro Thomas, uno dei massimi esperti della coltivazione biologica del bambù in Italia, con un’esperienza ventennale maturata nella selezione, produzione e coltivazione delle piante in un territorio difficile come l’Alta Langa; membro dell’Associazione Bambù Italia e dell’Associazione culturale Maestri di Giardino, scrittore nei mesi più freddi dell’anno (Il manuale dei bambù ornamentali, Blu Edizioni). La medicina tradizionale cinese e quella giapponese conoscono da secoli gli effetti benefici e corroboranti del bambù e ne raccomandano l’uso in diversi ambiti: alimentare, farmaceutico e infine cosmetico. È un prodotto eccellente proprio per la sua versatilità (ricco di antiossidanti e di silicio organico, di flavonoidi, antibatterico, rimineralizzante) e per il suo ampio spettro di utilizzo (salute, cura del corpo, alimentazione, conservazione dei cibi). A questo interesse però non è ancora stata associata un’adeguata e seria offerta di prodotto certificato e di qualità. Da qui è nata la provocazione che ha mosso tutto il nostro progetto: ‘Se in Asia il bambù è considerato una pianta agricola, perché non potrebbe esserlo anche da noi e se la vite, dalla lontana Persia, si è ben adattata nelle Langhe, allora perché non potrebbe riuscirci anche il bambù?’. Questo progetto potrebbe includere anche gli utilizzi alternativi del bambù: dal consolidamento di terreni franosi (dato l’alto potere compattante sul suolo dei rizomi) all’utilizzo del legname per la bioedilizia, 0130.imprendo_413_0130.imprendo_413.qxd 11/07/13 10.12 Pagina 121 Storie di straordinaria imprenditorialità economia & management 4 - 2013 rubrica π Erbe per la mente dall’uso delle fibre per i tessuti a quello farmaceutico e alimentare. La coltivazione del bambù prevede un basso impatto ambientale, in quanto l’uso di fitofarmaci è pressoché nullo, l’apporto idrico è sostenibile e può crescere in quasi tutta Italia senza grossi problemi legati al clima. Il focus dell’azienda si concentra sulla produzione di germogli e di estratto di bambù per scopo alimentare e cosmetico. Puntiamo sulla qualità, sulla tracciabilità e sulla certificazione biologica dell’intero processo produttivo. La nostra produzione sperimentale, lanciata sul mercato con un ottimo riscontro, al momento è composta da germogli freschi e conserve (germoglio sottolio e crema di germoglio spalmabile). Inoltre con le foglie prepariamo una tisana di bambù dal gusto delicato e con sentori leggermente erbacei, ottima come bevanda tonificante e rimineralizzante (il bambù è la pianta che in natura contiene la percentuale più alta di silicio organico). Il progetto non è esclusivamente alimentare: stiamo già fornendo aziende italiane e straniere, che si occupano di cosmesi naturale, di materiale vegetale per ricavarne un estratto ricco di proprietà antiossidanti e conservative, che trova utilizzo nella produzione di creme idratanti, detergenti intimi, dentifrici e collutori naturali. A noi piace pensare il territorio che abitiamo come un sistema aperto e non chiuso, come un ambiente in movimento, in cui è meglio intervenire aumentandone la biodiversità, piuttosto che il numero di capannoni e villette a schiera. E naturalmente ci auguriamo che il nostro bambù incontri lo stesso successo che nelle Langhe ha avuto la vite!”. La storia imprenditoriale di Cinzia Dutto, 37 anni, è il frutto di una caparbietà assoluta che riesce a fare breccia nelle istituzioni locali e nello spirito delle persone. Cinzia, con un diploma di perito aziendale, inizia la sua carriera professionale nell’ufficio acquisti di una multinazionale in provincia di Cuneo. L’infanzia trascorsa con i nonni montanari in un paesino di pochi abitanti nel verde della valle Stura, i ricordi di quegli anni, favolosi come solo possono essere quelli legati alla fanciullezza, e il suo amore quasi incondizionato per la natura e gli animali, le fanno ben presto rifiutare i ritmi che la vita impiegatizia impone. Trova allora una valida alternativa dedicandosi prima allo studio e poi alla pratica della pet therapy. Avvia così, in parallelo alla sua attività da dipendente, un servizio di terapia individuale per bambini Down, disabili o autistici, basata sugli stimoli motori ed emotivi che gli animali sono in grado di trasmettere a soggetti portatori di tali handicap. Nel 2000 decide di lasciare il “posto fisso” e di aprire la classica partita IVA per dedicarsi come professionista alla pet therapy. Inizia una fase di intensa collaborazione con le ASL, le scuole e le famiglie. L’incremento del lavoro porta però Cinzia a passare gran parte delle sue giornate in ambienti chiusi; pur potendo mettere in pratica la sua grande passione per gli animali e per le persone, vede preclusa la possibilità di lavorare all’aperto e di rivivere quelle sensazioni positive che avevano caratterizzato la sua infanzia sui monti. Il passaggio successivo nel percorso imprenditoriale di questa giovane donna risponde esattamente al soddisfaci- cinzia dutto con uno dei suoi asini © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI tè di bambù 121 0130.imprendo_413_0130.imprendo_413.qxd 11/07/13 10.12 Pagina 122 Storie di straordinaria imprenditorialità economia & management 4 - 2013 rubrica © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI la pulitura delle erbe officinali mento di questa esigenza personale. Matura l’idea di dar vita ad una piccola azienda agrituristica specializzata nel recupero di disturbi psicofisici attraverso l’utilizzo di animali. Cinzia torna nei luoghi cari della sua infanzia e, a 1100 metri di altezza, a 4 km dal più vicino centro abitato, trova il luogo ideale dove insediare la sua piccola impresa e gli animali per la terapia: un branco di ben undici asinelli che viene a formarsi progressivamente accogliendo anche capi maltrattati. Nel 2009, dopo un paio di anni di lavoro per la costruzione degli edifici e delle stalle, con il supporto costante della Coldiretti Cuneo e tramite un finanziamento regionale a fondo perduto, viene inaugurata l’azienda agricola L’Impronta. Grazie ai solidi legami maturati nei dieci anni precedenti con le ASL locali, Cinzia avvia un progetto di recupero per ragazze affette da disturbi patologici nel comportamento alimentare. Un gruppo di cinque pazienti, con gravi forme di anoressia e di bulimia, viene settimanalmente accompagnato nell’agriturismo. Oltre al contatto con gli animali, Cinzia decide di proporre alle ragazze anche la raccolta delle erbe officinali, attività che lei conosce bene rientrando in uno dei tanti insegnamenti ricevuti dai suoi nonni nelle estati passate con loro in montagna. Inizia così un lavoro di reciproca utilità. Da un lato, le ragazze hanno modo di 122 impiegare il tempo svolgendo un compito non particolarmente faticoso che permette loro di dare un senso alla giornata trascorsa in agriturismo e di essere – pur con un contributo minimo – retribuite; dall’altro, valorizzando la loro meticolosità nelle fasi di selezione e di pulizia delle erbe – atteggiamento che caratterizza, seppur in forma ossessiva, le persone affette da anoressia – si giunge a una qualità del raccolto nettamente superiore alla media. I collaboratori ci sono, tramite loro si perviene a un prodotto eccellente ma, per poter parlare di piccola impresa, manca ancora “il mercato”, la clientela. La quadratura del cerchio non tarda ad arrivare, provocata dalla caparbietà di Cinzia, che si spende per incontrare l’imprenditore Michele Fasano, da anni alla guida di Valverbe, un’importante azienda specializzata nella produzione di tisane. Grazie alla sua determinazione lo acquisisce come cliente. L’azienda agricola L’impronta passa così dai 9 chili di raccolto essiccato del 2010, ai 200 chili del 2012. Essendo le richieste per il 2013 in ulteriore incremento, anche per via della vendita al pubblico delle erbe officinali, Cinzia ha coinvolto nella società una delle sue ex pazienti, Anna Mascianà. Anna ha deciso di fermarsi nel luogo che, da un certo punto di vista – anche, ma non solo, attraverso l’opera della raccolta delle erbe officinali – le ha restituito il senso della vita. Oltre alle ragazze del centro per i disturbi alimentari sono stati cooptati nell’attività produttiva anche i pazienti di una comunità limitrofa – La Rocca di Rocca Sparvera – che raccoglie persone affette da disturbi mentali e gli ospiti di due case di riposo. Insomma i “dipendenti” crescono e la produzione anche. Accanto all’attività di raccolta per Valverbe, le due socie hanno iniziato a mettere a punto una linea di prodotti dall’evocativo marchio “Erbe per la mente” per la vendita al dettaglio, proseguono con le terapie utilizzando gli animali, stanno sperimentando una gamma di cosmetici a base di latte di asino e nel week-end o su prenotazione aprono al pubblico l’agriturismo offrendo un servizio di ristorazione casalinga oltre a uno spazio ricreativo per le famiglie. Insomma Cinzia e Anna, in tempi di crisi, guardano al futuro con la sola preoccupazione di riuscire a soddisfare la molteplicità di richieste in continuo aumento, avendo maturato la convinzione di impegnarsi sempre più nel loro progetto di agricoltura sociale che impiega le risorse della terra per promuovere o accompagnare azioni terapeutiche, di riabilitazione e d’inclusione lavorativa di persone svantaggiate. 0130.imprendo_413_0130.imprendo_413.qxd 11/07/13 10.12 Pagina 123 Storie di straordinaria imprenditorialità π La carne “diversa” Dario Perucco, 33 anni, non ha fondato l’azienda agricola di famiglia che oggi porta il nome di sua madre – Cerutti Laura Maria – ma, in un certo senso, la sta ri-creando. Dai genitori ha assorbito l’amore per “le cose fatte bene”. Insieme alla mamma e al papà Dario alleva bovini da macellazione con i “tempi e i metodi” che le logiche industriali moderne porterebbero a escludere per calcoli di pura convenienza economica. Come loro, conosce il sacrificio legato allo svolgimento di un’attività in cui i tempi di riposo sono ridotti al minimo e le festività possono essere inesistenti, dovendo seguire sempre in prima persona i cicli vitali dei loro animali. Giorno o notte, feriale o festivo non fa differenza, soprattutto quando le mucche gravide devono partorire. Un po’ di tecnologia, introdotta da Dario, può giovare – una telecamera resta accesa durante la notte in modo da poter seguire il travaglio dal salotto dell’abitazione vicina alla stalla – ma non consente di evitare di dover accorrere nelle fasi finali del parto. Come chi lo ha preceduto sa che, per avere carne di qualità dai suoi animali, è fondamentale curare prima l’allattamento e poi la tipologia dei mangimi utilizzati: alimenti come il fioccato naturale ai tre cereali (orzo, avena e granoturco), la carruba o il fieno raccolto dai prati dell’azienda agricola con diverse tipologie d’erba. Si è scelto di evitare la soia e gli insilati del mais. Per dimostrarlo, con un gesto un po’ estremo, Dario non si fa problemi nel prendere una manciata di mangime e la famiglia perucco in stalla rubrica portarselo alla bocca: “Quello che do alle mie bestie lo posso mangiare anch’io”. Ogni animale ha un nome, è conosciuto per nome e accudito con una dedizione sorprendente. I tori, le mucche e i vitelli vengono descritti come si trattasse di individui. Dario sembra preoccuparsi anche della forma, oltre che della loro salute e del loro benessere: “Troppo grasso non è mai ideale, la bestia deve apparire armonica”. A differenza dei genitori, Dario sta cercando di rendere visibile la qualità della carne prodotta, di distribuirla a una clientela in grado di apprezzare e valorizzare la loro particolare modalità di allevamento. I primi risultati ci sono: la carne dell’azienda agricola piemontese Cerutti Laura Maria è presente in locali che propongono le eccellenze eno-gastronomiche a Cuneo, Fossano, Torino e Milano. Dario sta cercando di far conoscere il marchio e anche di arrivare al consumatore finale con un prodotto finito mediante la trovata, quasi giocosa, di mettere la carne cotta in vasetti di vetro, pronta per essere consumata. Così, oltre a sughi con il ragù di castrato, sono nati due prodotti sotto vetro, un bollito, e la “Diversa”, una proposta di carne in gelatina da servire con le insalate, realmente alternativa nel gusto e nella consistenza rispetto alla classica carne in scatola, tipo Simmenthal. Queste idee di marketing sono maturate anche grazie alla formazione e ai molti stimoli ricevuti in ambito associativo: Dario ha scelto di vivere appieno l’esperienza offerta da Coldiretti Cuneo, partecipando attivamente fino a diventare presidente dei giovani imprenditori piemontesi. Per comunicare con i clienti, a differenza delle generazioni che l’hanno preceduto, Dario usa la rete: con la dimestichezza di un giovane della sua età si è improvvisato web designer e ha realizzato un sito nel quale ha messo tutto il suo entusiasmo e la sua semplicità, a partire dalla ricostruzione della storia della sua azienda: “Nata nel 1986, prima la nostra azienda era solo una modesta cascina. Prendeva dai primi del Novecento il soprannome piemontese di Bènaja. Ci vivevano due famiglie, circa undici persone con una decina di vacche piemontesi e qualche gallina. Nonno Giuseppe tramandò la passione al figlio Francesco sposato con Laura. Furono loro due, i miei genitori, a costruire con molti sacrifici la prima stalla nel 1986. Finita la costruzione, nel 1987, dissero entrambi: ‘Se glia fuma a riempila sta stala suma apost!’ (‘Se riusciamo a riempirla di mucche siamo bravi!’). Poi, nel giro di tre, quat- 123 © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI economia & management 4 - 2013 0130.imprendo_413_0130.imprendo_413.qxd 11/07/13 10.12 Pagina 124 Storie di straordinaria imprenditorialità economia & management 4 - 2013 rubrica © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI un esemplare dell’allevamento cerutti l. m. tro anni la stalla fu satura e fu allora che Francesco pensò di costruire un capannone da adibire per le derrate agricole, i macchinari e la parte per l’ingrasso a stabulazione fissa. Negli anni novanta i capi in stalla erano circa 110. Si faceva la linea vacca-vitello con 50 fattrici. Tutti i vitellini crescevano in azienda. Il mangime era prodotto internamente e i capi venivano venduti al lunedì mattina all’ex foro boario in centro Cuneo. Francesco partiva alle cinque con il trattore e la biga e uno o due capi sopra. Alle sette iniziava il mercato, suonava la sirena e i macellai e i commercianti partivano di corsa a comprare i capi più belli. Ricordo che andavo volentieri con mio padre sul trattore (con un bel panino per colazione!) perché così evitavo la scuola. Ho vissuto molto intensamente questi momenti belli e sani che non torneranno più! Si contrattava, si prendevano le lire e magari mio padre riusciva a strappare qualche soldino anche per me al macellaio di turno (si incassavano i soldi subito dopo la vendita degli animali) e nel viaggio di ritorno si pensava già a come investirli! Vita da contadini di sogni, passioni e fatica! Nel 1995 la costruzione del primo paddock per 124 le fattrici. Come azienda già si cercava il benessere animale. Nel 1996 il fenomeno della ‘mucca pazza’, uno schiaffo forte per tutti gli allevatori di bovini. I prezzi crollano. Grazie alla qualità che già cercavamo prima, riuscivamo a continuare a vendere gli animali ai nostri macellai più fidelizzati. Però il fenomeno mucca pazza era sentito dai consumatori che persero fiducia nella filiera. Grazie ad un amico, Tomatis Guglielmo, mio padre ricevette una proposta: ‘Vuma fè na carn diversa… tiè sarii? (Perché non proviamo a fare una carne diversa?)’. Nel 1996 mio padre appoggia l’idea di altri cinque allevatori di fare una carne che riesca a uscire da quel periodo tragico in cui eravamo. Siamo agli inizi del nuovo corso: nel 1999 la costruzione di un capannone per riporre le derrate agricole per alimentare i bovini. Nel 2004 una nuova struttura per l’ingrasso per 40 castrati in box. Nel 2006 un terzo lotto per 70 fattrici composto da tre box grandi. Collegati a questa struttura, tramite un enorme corridoio, due grossi paddock esterni su terra, dove gli animali d’estate si possono muovere con la massima tranquillità e libertà. Nel 2010 iniziamo il distacco dai consorzi e prende il via la commercializzazione diretta della carne, avviando in parallelo una fase di trasformazione in sughi e prodotti già cucinati. La nostra azienda ora vanta 240 capi e 20 ettari di terreno proprio più 40 in affitto. I prodotti che oggi andiamo a commercializzare sono molteplici, tutti fatti con cura e passione. In due anni siamo riusciti a commercializzare quattromila vasetti con dentro la nostra pregiata carne. Sono cambiate molte cose nella nostra realtà, ma non la voglia e la fiducia di poter esaltare sempre di più la nostra carne, curando ogni aspetto della nostra filiera per renderla qualitativamente insuperabile! La carne da noi prodotta è lenta per il metodo che utilizziamo per crescere i nostri castrati ma è ‘onorosa’ per noi che la alleviamo perché ci dà soddisfazioni immense nel distinguerci dalla massa degli allevatori industriali”. π