Croazia. Esperienze internazionali
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Croazia. Esperienze internazionali
Esperienze internazionali « Spinn - Servizi per l’impiego network nazionale - è il progetto che Italia Lavoro realizza, nell'ambito del PON 2000 - 2006, per conto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali » Croazia* testo di Marina Emiliani Supervisione Marco Caminiti Coordinamento editoriale Alessandro Vaccari 13 I° edizione ottobre 2005 Indice Prefazione di Lea Battistoni pag. Carta d’identità della Croazia Capitolo I Profilo storico e politico-istituzionale 1. Cenni storici 1.1 Le origini 1.2 La prima guerra mondiale e la nascita della prima Iugoslavia 1.3 La Iugoslavia durante la seconda guerra mondiale 1.4 La Iugoslavia di Tito 1.5 La crisi della Federazione e la guerra 2. Organizzazione istituzionale dello Stato 3. Situazione politica attuale Capitolo 2 Verso un'economia di mercato 1. Quadro macroeconomico 2. Struttura dell'economia e settori produttivi Capitolo 3 Mercato del lavoro 1. Occupazione e disoccupazione 2. Regole del mercato del lavoro 2.1 Normativa 2.2 Costo del personale 2.3 Sistema fiscale 2.4 Sistema formativo 2.5 Servizi per l'impiego 7 11 13 13 13 16 18 21 24 30 37 41 41 45 49 49 54 54 58 59 62 65 3. Politiche del lavoro 3.1 La strategia europea per l'occupazione… 3.2 …e le misure adottate dal governo della Croazia Capitolo 4 Relazioni internazionali 68 68 70 "Da Spalato con un pullman siamo andati 79 79 83 85 86 86 verso Mostar. Erano giorni insolitamente chiari, 1. Rapporti con organismi internazionali 1.1 Processo di adesione all'Unione europea 2. Controversie internazionali 3. Rapporti Italia Croazia 3.1 Accordi e convenzioni bilaterali 3.2 L'Italia e il progetto di ricostruzione dei Paesi dell'area balcanica 4. Relazioni commerciali internazionali 4.1 Commercio con l'estero 4.2 Commercio con l'Italia 4.3 Investimenti diretti 5. Flussi migratori 5.1 Libera circolazione delle persone nella nuova Europa 5.2 Migrazioni della popolazione croata 5.3 Immigrazione in Italia 5.4 I frontalieri in Friuli Venezia Giulia 87 88 88 90 95 96 96 99 103 104 Appendice 107 di fronte; il blu molto forte fra le due rive; Bibliografia e pagine web consultate 117 vecchie funi sommerse". come se l'estate li avesse conservati per donarli al primo autunno. Il mare in questa stagione è maturo, per essere stato a lungo esposto al sole. Sono passato molte volte per questi luoghi, mi sembra di conoscere ogni insenatura ai piedi del Mosor e di Biokov, da Spalato fino a Dubrovnik. Ci siamo fermati a Makarska, davanti all'immagine del canale di Lesina: mi scopro a contemplare la lunga punta dell'isola Pedrag Matvejević Prefazione L'allargamento dell'Unione europea – processo che continua con gli ingressi oramai prossimi di Romania e Bulgaria – e le opportunità offerte dalla vicinanza delle economie emergenti del bacino del Mediterraneo e dei Balcani, impongono all'Italia di prepararsi ad affrontare in maniera efficace la mobilità transnazionale dei lavoratori e la delocalizzazione delle imprese. Si fa sempre più pressante la necessità che il nostro sistema produttivo e il mercato del lavoro si dotino degli strumenti per affrontare in maniera costruttiva le sfide poste dalla globalizzazione. In un contesto dove, tra gli obiettivi più importanti, abbiamo il calo della disoccupazione e la capacità di assicurare occasioni lavorative al maggior numero di persone, il nostro Paese deve quindi continuare lungo il cammino intrapreso dell'abbandono dei sostegni al reddito – tipico strumento di politica passiva – per incentivare invece l'ingresso nel mercato del lavoro. Un cammino diretto sempre più verso le politiche per l'occupabilità, che stimoli gli investimenti in capitale umano e innovazione, puntando sugli strumenti di supporto all'orientamento e alla formazione, e sul sostegno alla ricerca per aumentare la qualità dei processi, dei prodotti e dei lavori. L'Italia condivide questa sfida sia con i suoi partner europei sia con il resto del mondo. Ma per posizione geografica e storia, il nostro Paese è al centro di un più vasto processo di integrazione tra i popoli, che investe sia il Vecchio Continente sia i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. .7 In quest'ottica diventa fondamentale la conoscenza delle dimensioni economiche e sociali non solo dei Paesi dell'Unione europea e di quelli che sono prossimi all'ingresso, ma anche della situazione dei Paesi che si trovano nel bacino del Mediterraneo e nell'area dei Balcani. Conoscenza sempre più importante – sia per il Governo centrale e per il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che per i diversi attori del territorio quali Regioni e Province – per avvicinare e far dialogare i Servizi per l'impiego pubblici e privati, i sistemi di inserimento lavorativo e i servizi alla persona e alle imprese, facilitando così la mobilità dei lavoratori nell'Unione o all'interno di altre economie europee o extraeuropee. E' proprio guardando a questi obiettivi che la collana di Esperienze Internazionali di SPINN – Servizi per l'Impiego Network Nazionale – sviluppa la propria missione e si rafforza, affermandosi come strumento indispensabile per conoscere sistemi sociali e realtà economiche e politiche diverse, con particolare riguardo alla politiche per l'occupazione. Nonostante quindi l'entusiasmo dei vari Ministri per lo scioglimento di un nodo importante nell'agenda dei Paesi dell'Unione, che condizionava anche, in certa misura, l'annessione della Turchia, sul versante croato restano ancora aperti tanti problemi: il rispetto del diritto di Stato, i diritti delle minoranze, la questione spinosa del ritorno dei rifugiati, la garanzia dello svolgimento di processi interni giusti ed efficaci per quanto riguarda i crimini di guerra ed altro ancora. Tutte queste promesse, se infrante, potrebbero ancora interrompere il cammino di Zagabria verso Bruxelles. Il governo di Zagabria dovrà approvare riforme impegnative e impopolari ma necessarie: prima fra tutte quella del mercato di lavoro, seguita da quelle della sanità e del settore giudiziario; tali riforme, se realizzate e se accompagnate dall'impegno per la liberalizzazione dell'economia e per la riduzione del tasso di disoccupazione assicureranno alla Croazia un cammino molto più agevole verso l'annessione all'Unione europea. Dopo i dieci nuovi Stati che hanno aderito all'Unione europea il primo maggio del 2004, nella collana vengono affrontati oltre alla Croazia, per la quale sono già stati aperti i negoziati per l'adesione, anche gli altri Paesi dell'area balcanica potenziali candidati e tre Paesi del Nordafrica: Marocco, Tunisia ed Algeria. Un particolare ringraziamento va all'ICE, Istituto per il Commercio Estero, il cui prezioso materiale ci è stato molto utile soprattutto nella parte concernente le relazioni internazionali e l'interscambio commerciale del Paese trattato in questo volume con la nostra nazione. La Croazia, oltre ad essere il primo dei paesi dell'ex federazione jugoslava ad essere trattato dalla nostra collana, è anche il primo di questi ad essersi candidato per l'adesione. Negli ultimi mesi però, l'adesione della Croazia era stata fortemente messa in discussione a causa della scarsa collaborazione del governo croato nella ricerca e nell'arresto del criminale di guerra Ante Gotovina, ricercato appunto perché accusato di aver commesso e ordinato atrocità durante l'ultimo conflitto nell'area dei Balcani. Lea Battistoni Solo recentemente l'Unione europea, dopo il parere positivo della Procuratrice Generale del Tribunale Penale Internazionale sui crimini nella ex Jugoslavia, Carla Del Ponte, ha parlato di piena collaborazione del governo croato nell'individuazione e nella cattura del ricercato, che le autorità sperano poter presto estradare all'Aja affinché venga processato dal Tribunale Internazionale. .8 .9 Carta d’identità della Croazia FIN S EST IRL LV DK Forma di governo Repubblica parlamentare LT GB NL B PL Stemma D L CZ SK F Lingua Croato 96%, altre 4% (tra cui italiano, ungherese, ceco, slovacco e tedesco). A H SLO RO HR SCG P I E BG Bandiera AL GR TN M MA Superficie 56.542 Km2 DZ Popolazione 32.080.000 abitanti (dicembre 2003). Città principali Split (Spalato), Rijeka (Fiume), Zadar (Zara), Osijek, Varaz̆din, Pula (Pola), Dubrovnik. •ZAGABRIA • FIUME Suddivisione amministrativa 20 contee e la capitale Zagreb. • ZARA • SPALATO . 10 Moneta Kuna (HRK), suddivisa in 100 lipa. La nuova moneta è in circolazione dal 1° giugno del 1994 ed ha sostituito il precedente dinaro croato (CRD). Capitale Zagreb (Zagabria) (779.145 abitanti). Composizione etnica Croati 89,6%, serbi 4,5%, bosniaci 0,5%, ungheresi 0,4%, sloveni 0,3%, italiani 0,4 %, cechi 0,2%, albanesi 0,3%, montenegrini 0,1%, rom 0,2%, altri 6,2% (CENSUS 2001). Religione Cattolici 87,8%, ortodossi 4,4%, musulmani 1,3%, protestanti 0,3%, altre religioni e non dichiaratisi 10,8% (CENSUS 2001). Membro di Consiglio d'Europa, ABEDA, BIS, CE, CEI, EAPC, EBRD, FAO, IADB, IAEA, IBRD, ICAO, ICC, ICFTU, ICRM, IDA, IFAD, IFC, IFRCS, IHO, ILO, IMF, IMO, IOC, IOM, ISO, ITU, MIGA, MINURSO, MINUSTAH, NAM (osservatore), OAS (osservatore), OPCW, OSCE, PCA, PFP, UN, UNAMSIL, UNCTAD, UNESCO, UNFICYP, UNIDO, UNMEE, UNMIL, UNMOGIP, UNOCI, UPU, WCO, WHO, WIPO, WMO, WTO. . 11 1. Profilo storico e politico-istituzionale 1. Cenni storici 1.1 Le origini Gli illiri, i primi abitanti del territorio croato di cui si hanno notizie, erano una tribù originaria dell'Europa Centrale, che intorno al 1200 a.C. si sarebbe insediata nei Balcani. Nel IV secolo a.C. agli illiri si unirono i celti, seguiti poi dai greci che si stabilirono nel Sud della Dalmazia. All'inizio del I secolo, con il pretesto di fornire aiuto alle colonie greche in conflitto con gli illiri, i romani s'insediarono sulle coste combattendo e sottomettendo le popolazioni illire. I territori conquistati presero il nome di “Province romane di Pannonia e Dalmazia” e tali rimasero fino alla caduta dell'Impero romano d'Occidente (476 d.C.). Da ricordare che nel 285 d.C. l'imperatore romano Diocleziano fece costruire a Spalato il proprio palazzo fortezza, che è il più grande edificio romano ancora esistente in Europa orientale. In seguito alla caduta dell'Impero romano d'Occidente la regione fu invasa via via dai germani, dai visigoti, dai longobardi e dagli unni; fu annessa da Giustiniano a Bisanzio e conquistata in parte poi, nel 568 d.C., dagli àvari, genti del ceppo mongolo. All'inizio del VII secolo, dal Nord dei Carpazi migrarono verso Sud popolazioni slave, tra cui i croati. Si sa pochissimo delle origini di questo popolo, proveniente forse dal territorio dell'Iran. La tribù dei croati si stanziò principalmente in quelle che un tempo erano state le province romane della Dalmazia e della Pannonia, mentre le popolazioni locali si rifugiarono sulla costa. All'inizio dell'VIII secolo comparvero primitive forme di Stato, con la creazione di tre banati (principati): la Croazia bianca, quella rossa e quella di Pannonia. In questo periodo i croati, per primi tra i popoli slavi, si convertirono al cristianesimo. Costretti a subire l'ostilità degli àvari, i croati finirono per chiedere appoggio ai franchi e a Bisanzio. . 13 Carlo Magno contese il dominio della Dalmazia all'Impero romano d'Oriente e, con l'accordo di Aquisgrana dell'812 d.C., ottenne una parte del territorio, che comprendeva anche i tre banati (così si spiega l'impronta latina e la cattolicità dei croati). Le città litoranee a Sud di Zara rimasero invece sotto il dominio di Bisanzio. Le popolazioni restarono sempre più legate all'influenza germanica che non a quella bizantina e l'elemento religioso della cristianità finì per catalizzare le esigenze di indipendenza dal dominio bizantino. Il principe croato Tomislav (che regnò dal 910 al 928), fu uno dei primi grandi personaggi della storia croata; egli costituì uno Stato croato indipendente ed ebbe, nel 925, il titolo di re di Croazia. Nell'XI secolo lo Stato croato si consolidò e si estese fino alla Dalmazia, grazie al regno di Pietro IV Kresimir (1058-74), considerato il più grande re croato. Ma lotte interne e rivalità delle potenze interessate alla Croazia portarono re Pietro ad appoggiarsi all'Ungheria, finché, nel 1102, la corona di Croazia e Dalmazia passò a Colomanno, re d'Ungheria. I Pacta Conventa firmati in quell'anno sancirono l'Unione personale tra Ungheria e Croazia e di conseguenza il re d'Ungheria veniva riconosciuto sovrano legittimo di Croazia e Dalmazia. L'autonomia croata venne così a spegnersi facendo seguire le sorti della Croazia a quelle dell'Ungheria fino a tutto il XVI secolo. Nel 1205 la Repubblica di Venezia, dopo un lungo guerreggiare con l'Ungheria per il predominio sulla regione, conquistò la costa adriatica e le sue isole. Solo Dubrovnik non fu inglobata nella Repubblica Veneta rimanendo una città libera fino al 1807. Nel 1260, il sovrano di Ungheria Bela IV divise la Croazia, separando il Regno di Croazia e Dalmazia dal Regno di Slavonia. Dal XV secolo la minaccia cominciò a venire da Oriente con l'avanzata dell'Impero ottomano, che conquistò il territorio della Bosnia nel 1463. Gran parte dell'Ungheria passò sotto il dominio ottomano, mentre la Croazia subì perdite territoriali in Slavonia e Dalmazia. Fu così che tra il XVI e la fine del XVII secolo, la parte più orientale del territorio croato fu assoggettata all'Impero ottomano. La Croazia settentrionale per avere protezione si rivolse agli Asburgo d'Austria, e nel 1526, in seguito alla sconfitta delle truppe ungaro-croate da parte dei turchi, nella battaglia di Mohacs, in cui perse la vita il re ungherese Luigi II, la regio- . 14 ne passò sotto gli Asburgo. Il trattato di Carlowitz (1699), che sancì il declino della potenza ottomana in Europa, stabilì la cessione agli Asburgo dei territori croati già occupati dagli ottomani. Ferdinando I di Asburgo divenne re di Ungheria e Croazia, dando inizio a una grande dinastia. Il XVII secolo fu più tranquillo sul piano militare, ma non su quello politico. Infatti, l'assolutismo illuminato degli Asburgo provocò lo scontento della nobiltà croata. Sotto il regno di Maria Teresa (17401780), la politica centralista si tradusse nella soppressione del parlamento croato e nella decisione di “germanizzare” l'amministrazione, dando inizio ad una lunga fase di resistenza linguistica. In questo periodo irruppe sulla scena la Francia di Napoleone Bonaparte, con la sua politica espansionistica. L'arrivo dei francesi nella regione provocò la caduta della Repubblica di Venezia (1797) e poi nel 1808 di Dubrovnik. Napoleone unificò il territorio croato a Sud della Sava sotto il nome di province illiriche. Fu la prima esperienza unitaria dei serbi, croati e sloveni, e questa acquisì una notevole importanza nella storia dei popoli slavi meridionali, rafforzandone la coscienza nazionale. In seguito al Congresso di Vienna (1815), la maggior parte dei territori croati tornò sotto il dominio asburgico. La breve vita delle province illiriche fu caratterizzata da una intensa modernizzazione delle infrastrutture, dalla penetrazione del pensiero politico francese, da riforme economiche e giuridiche, e soprattutto dalla promozione delle lingue locali, in particolare nella scuola. Probabilmente a causa dell'impegno in una continua resistenza ai Turchi e della difesa della propria autonomia nei confronti dei serbi e dell'accentramento asburgico, la popolazione croata fu sollecitata a mantener viva la propria “coscienza illirica” e dopo il dominio napoleonico si sviluppò in Croazia un movimento politico-culturale nazionalista croato, ispirato alla rivoluzione francese, che fu chiamato Movimento illirico. Il Movimento faceva capo allo scrittore Ljudevit Gaj (1809-1872), proponeva l'unione di tutti i popoli slavi del Sud, e promuoveva una fusione delle lingue scritte serba e croata, nonostante le profonde differenze lessicali e sintattiche (cirillico e latino). Le rivendicazioni nazionaliste non si svilupparono solo in Croazia, tutta la regione era in fermento, e la “primavera dei popoli” del 1848 toccò in particolare la vicina Ungheria. . 15 L'imperatore d'Austria, che appoggiava il Movimento illirico per indebolire il partito ungherese, nominò bano (principe) della Croazia il barone Josip Jelac̆ic´, fedele ufficiale austriaco, ma anche uomo di cui erano note le simpatie per il Movimento. Sotto il suo governo il parlamento accolse diverse richieste del popolo: abolì la servitù della gleba, unificò le terre croate di Dalmazia, Croazia e Slavonia, e adottò il croato come lingua ufficiale al posto del latino. Il barone fu considerato dal popolo un eroe nazionale, anche se nello stesso tempo mostrò un aspetto meno glorioso della sua personalità, quando appoggiò Vienna nella sanguinosa repressione della rivoluzione Ungherese. Purtroppo questo episodio di lealtà verso Vienna non fu ricompensato con una maggiore autonomia croata, come lui si aspettava, anzi nel 1850 le istituzioni croate furono addirittura soppresse. Nel quadro della riorganizzazione dello stato asburgico, nel 1867 l'imperatore Francesco Giuseppe sancì il dualismo austro-ungarico, e l'anno seguente definì la posizione giuridica della Croazia come un'entità politica all'interno dell'Ungheria. Ancora una volta le terre croate furono divise: la Dalmazia e le zone di confine sotto l'amministrazione di Vienna, la Slavonia e la Croazia sotto l'Ungheria. 1.2 La prima guerra mondiale e la nascita della prima Iugoslavia Lo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914, rese celebre nel mondo il nome della città di Sarajevo. L'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austriaco, per mano del giovane nazionalista serbo Gavrilo Princip, coinvolse l'intera regione nel conflitto con l'Austria, scatenando la prima guerra mondiale. Nel corso della guerra, molti croati aderirono all'idea di uno stato indipendente formato dall'unione di Serbia, Croazia e Slovenia. La lotta per la propria autonomia continuò a caratterizzare la vita della Croazia fino alla fine della prima guerra mondiale, quando nel 1918, in seguito alla caduta della monarchia austroungarica, la Croazia proclamò la propria indipendenza. Il primo dicembre 1918 il sovrano serbo Aleksander Karagjeorgjevic´, proclamò la nascita del “Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni”. . 16 Nel 1929 il sovrano nominò il regno di Iugoslavia (Terra degli slavi del Sud). La vita della giovane nazione non fu facile: la pesante situazione economica, le rivendicazioni bulgare, il continuo contrasto tra federalismo e centralismo erano i principali motivi di instabilità politica. La costituzione del giugno 1921 che adottò il principio di uno stato unitario e centralizzato con capitale Belgrado, non fu assolutamente ben accettata da croati e sloveni. Tutto il periodo tra le due guerre fu segnato dalla contrapposizione tra Belgrado e Zagabria, tra i partigiani di una concezione unitaria e centralizzata dello stato e i fautori della decentralizzazione e della creazione di un sistema federale. Nel 1929, il re Aleksander instaurò un regime dittatoriale, sopprimendo la costituzione e il parlamento. Il regno di Iugoslavia fu suddiviso in nove grandi regioni amministrative, non corrispondenti ai territori storici. Il 3 settembre 1931 venne approvata una nuova costituzione, accolta con rinnovate critiche, ma che si mantenne fino al 1941. L'opposizione al regime si intensificò, anche aggravata dalla crisi economica del 1931-1933. Sotto l'influenza delle ideologie fascista e nazista, si verificò una radicalizzazione di alcuni gruppi politici. Il movimento ultranazionalista croato, ustascia, scelse l'alternativa terroristica, e fu responsabile insieme all'Organizzazione Rivoluzionaria Interna della Macedonia, dell'assassinio di re Aleksander, durante una visita di stato in Francia, nel 1934. Lo stato passò in reggenza al principe Pavle, il quale, tentando di salvare la Iugoslavia, stabilì un accordo con la Croazia per garantirle una sua autonomia. Il 25 agosto 1939 la Croazia fu costituita in banato (principato) autonomo. Parallelamente, nella speranza di evitare la guerra, allacciò stretti rapporti con i paesi dell'Asse. La definitiva aderenza all'Asse nel marzo del 1941 provocò la reazione dell'esercito e della chiesa ortodossa, con il conseguente colpo di stato di Belgrado in funzione antitedesca, il quale provocò l'invasione tedesca della Iugoslavia, la fuga del reggente e la capitolazione del Paese. Così anche la Iugoslavia partecipò alla seconda guerra mondiale. . 17 1.3 La Iugoslavia durante la seconda guerra mondiale Nel 1941, per effetto delle fulminanti vittorie dell'Asse, il Paese fu smembrato. La Germania conquistò i due terzi della Slovenia e gran parte della Serbia, l'Italia prese la parte meridionale della Slovenia, la Dalmazia e il Montenegro, l'Ungheria si incorporò parte della Vojvodina e della Slavonia, e la Bulgaria si impadronì della Macedonia. La parte del territorio che rimase, il 10 aprile 1941, prese il nome di “Stato indipendente croato”. Hitler e Mussolini decisero di lasciare il controllo del nuovo stato croato al gruppo di ultranazionalisti croati, gli ustascia, con a capo, con il titolo di duce, Ante Pavelic´. La nascita di uno stato croato, che pure d'indipendenza aveva solo il nome, fu salutata con entusiasmo da tutti coloro che aborrivano la dittatura serba della prima Iugoslavia. La seconda organizzazione partigiana, era costituita dai cetnici, guidati da Draza Mihajlovic´. Filomonarchici, anticomunisti e nazionalisti, erano capeggiati da ufficiali del regio esercito iugoslavo, contavano tra i loro aderenti soprattutto serbi e montenegrini, e si resero tristemente noti per i massacri perpetrati sulle altre etnie. Le due organizzazioni, anche se in un primo tempo collegate e unite, presero poi strade divergenti in campo politico e militare. La situazione cambiò poco tempo dopo, quando gli ustascia manifestarono le loro vere intenzioni. Fedele alleato della Germania nazista, Pavelić impose al Paese una ferrea dittatura, sottoponendo serbi, ebrei, zingari e oppositori politici, soprattutto comunisti, ad una feroce persecuzione. Nell'aprile del 1941, furono promulgate le prime leggi razziali, seguite da un decreto mirante a difendere la “razza ariana e l'onore del popolo croato”. Il nuovo stato, comprendeva anche BosniaErzegovina. Vennero riconosciuti come cittadini croati i cattolici e i musulmani della Bosnia; i serbi, invece, si videro proibire l'accesso ai pubblici uffici e, come gli ebrei, furono costretti a portare al braccio una fascia identificativa. Contro serbi, ebrei e zingari rom, fu instaurata oltre ad una politica di segregazione, una sistematica deportazione in campi di concentramento. Nel territorio ne furono creati una ventina, ed ancora a oggi il numero delle vittime è oggetto di accese polemiche. E' doveroso ricordare a questo punto una pagina tremenda e per molti aspetti ancora oscura della storia moderna dell'Italia e dei territori dell'ex Iugoslavia più vicini ad essa: quella delle foibe. Queste sono delle profonde fenditure del territorio carsico, usate, secondo i racconti popolari, per far sparire cose, animali ma anche le vittime di tragedie private, di soprusi e vendette. Le foibe, come pure i pozzi minerari in disuso, furono usati per cercare di nascondere gli eccidi operati in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia alla fine della seconda guerra mondiale – dal settembre 1943 a maggio 1945 e oltre – dalle milizie e dai partigiani di Tito, in parte anche dai partigiani comunisti italiani, a volte dagli uni e dagli altri assieme. Le vittime – non si sa quante con precisione, certo diverse migliaia fra civili e militari – furono in grande maggioranza italiane; ma non mancarono i morti anche tra croati e sloveni, accusati di essersi posti al servizio dei fascisti. Inoltre si deve ricordare che italiani, croati e sloveni furono uccisi in quel periodo, del tutto innocenti, anche per vendette personali. Insieme ai morti vanno ricordate le migliaia e migliaia di persone, di antica origine italiana o immigrate dall'Italia durante il ventennio fascista, che lasciarono di loro volontà, per paura dell'odio dilagante, quei territori. Contro il regime degli ustascia, contro l'occupazione tedesca e quella italiana, si formarono due organizzazioni partigiane, tra loro rivali. Alla prima, di ispirazione comunista e guidata dal capo del partito comunista iugoslavo, il croato Josip Broz detto Tito, aderirono molti croati, ma anche partigiani di altre nazionalità. Con un'abile strategia di guerriglia, gli uomini di Tito riuscirono a creare numerose “zone libere” dove istituirono nuove forme di governo fondate sui comitati di liberazione nazionale che, affidando alla popolazione molti compiti sociali, riuscirono a guadagnarsi un forte consenso popolare. Molte sono le cause, prossime e remote, di questa tragedia. Si è trattato certamente della dura, feroce reazione all'occupazione italiana e tedesca e, assai più risalente nel tempo, alla politica nazionalista seguita dal governo di Roma fin da quando, nel 1920, sulla base dell'esito della grande guerra, vennero assegnate e annesse all'Italia l'Istria, la Dalmazia, la città di Zara, le isole di Cherso, Lussino ed altre, e infine, nel 1927, la città di Fiume. Questa politica nazionalista fu resa via via più drastica durante il regime fascista: venne, infatti, proibito l'uso di tutte le lingue diverse dall'italiano, che furono bandite . 18 . 19 dalle scuole, dagli uffici pubblici, dalle cerimonie civili, dalle funzioni e dalle pratiche religiose, dalle insegne stradali, per non dire dei libri e dei giornali, degli istituti di cultura, delle associazioni professionali. Iniziò in quel periodo, destinata a durare oltre vent'anni, la politica della massiccia immigrazione di italiani da altre regioni, per essere immessi non solo nelle scuole e negli uffici pubblici, ma anche nell'agricoltura e nell'industria (a tutti i livelli: proprietari, dirigenti, tecnici, sottoposti), nei commercio, in tutte le professioni e i mestieri. Si introdussero leggi e tribunali speciali: di qui, per chi cercava di opporsi, le condanne al carcere, al confino, alla distruzione o all'espropriazione di beni, all'interdizione o all'incapacità di assumere uffici e svolgere attività. Questo, che a torto o a ragione venne considerato il tentativo autoritario di privare le popolazioni locali delle proprie radici e della propria identità, del proprio patrimonio storico e linguistico, aprì ferite dolorose e una latente conflittualità fra la parte italiana (d'origine o di recente immigrazione) e quella autoctona, oltre che fra la parte fascista (italiana e no) e la parte antifascista (anche di etnia italiana) della popolazione. Nel 1941 il conflitto etnico si inasprisce e degenera in aperta violenza e guerra civile con l'invasione della Iugoslavia da parte dell'Italia e della Germania. Se una parte della popolazione collabora con l'occupante (va fatto cenno al fascismo croato e alla organizzazione militare degli ustascia), un'altra e più cospicua parte dà vita o sostegno alla resistenza, guidata soprattutto dal movimento comunista. La risposta italiana è molto forte sul piano civile (distruzione o confisca di beni, deportazioni, estensione dei poteri di polizia) e apertamente ostile, cruenta e indiscriminata sul piano militare. Si aggiungano le atrocità commesse dalle truppe tedesche - talvolta guidate sul posto e affiancate da elementi italiani o da fascisti locali - allo scopo di stroncare ogni forma di resistenza e di dissuadére la popolazione civile dal portare aiuto alle formazioni partigiane. Dopo l'8 settembre 1943, col dissolvimento dell'esercito italiano conseguente all'armistizio con le potenze alleate, l'Istria e la Dalmazia vengono di fatto nel potere dei partigiani di Tito e, in misura minore, dei partigiani comunisti italiani; in tale potere di fatto resteranno fino al termine del conflitto (aprile 1945) grazie ad una guerriglia che non conosce tregua né pietà, forte del continuo sostegno delle popolazioni autoctone. Queste forze insurrezionali mettono in atto la reazione, dura e feroce, di cui si è detto. Combattono il fascismo e confondono . 20 col fascismo tutto quello che è italiano. L'odio accumulato in anni e anni si trasforma in un'esasperata spinta nazionalistica e xenofoba. Questa genera la strage. Si direbbe quasi, con un termine attuale, una sorta di pulizia etnica anti italiana. Migliaia sono le vittime prelevate di notte, percosse, torturate, uccise senza alcun giudizio di responsabilità, gettate, a volte ancora vive, nelle foibe senza distinzione di sesso, età, condizioni economiche. Un orrore indicibile, il frutto malvagio di una guerra particolarmente crudele, della pretesa ricorrente di modificare col ferro e col fuoco le caratteristiche della popolazione di un determinato territorio. Alla fine del 1942 Tito aveva riunito 8 divisioni (30-35.000 uomini) in un esercito popolare di liberazione e, insieme, aveva radunato in assemblea i delegati di tutti i territori dove si combatteva, creando un Consiglio antifascista di liberazione popolare della Iugoslavia (AVNOJ). Tito evitò di dare al suo movimento una precisa ideologia comunista proclamando che solo il popolo, a guerra vinta, avrebbe deciso del proprio destino. La situazione bellica intanto precipitava; l'Italia capitolò nel settembre del 1943 e gli alleati tolsero il loro appoggio a Mihajlović. Quando l'Armata Rossa entrò in Romania e Bulgaria, la Iugoslavia fu liberata dai partigiani di Tito, che entrarono il 20 ottobre del 1944 a Belgrado e a Zagabria l'8 maggio del 1945, provocando la fuga di Ante Pavelić e di migliaia di suoi collaboratori, che passarono la frontiera austriaca e si arresero alle truppe di occupazione inglesi. Tito venne riconosciuto come unico capo delle forze di resistenza iugoslave ed il governo del re in esilio lo nominò presidente del governo unitario. 1.4 La Iugoslavia di Tito I partigiani di Tito, liberatori del Paese, organizzarono un governo provvisorio, abolendo il 29 novembre 1945 la monarchia e instaurando la Repubblica popolare federativa di Iugoslavia. Questa seconda Iugoslavia era composta da sei repubbliche federate: la Croazia, la Slovenia, la Bosnia-Erzegovina, il Montenegro, la Macedonia, . 21 la Serbia, cui furono annesse le due regioni autonome del Kosovo e della Vojvodina. L'ideologia transnazionale comunista avrebbe unito i vari popoli in un unico stato, il cui motto era “fraternità e unità”. Il 31 gennaio del 1946 venne approvata la nuova costituzione creata su esempio della costituzione dell'Unione Sovietica del 1936. Negli anni successivi Tito si adoperò a ricostruire il Paese semidistrutto dalla guerra, introducendo profonde riforme sociali ed economiche, orientate alla realizzazione di un modello socialista. Favorito dall'impopolarità della monarchia, dalla debolezza di una borghesia ormai avulsa dalle forze attive del Paese e dall'incapacità delle tre correnti religiose (cattolica, ortodossa e musulmana) di dar vita a un'opposizione organizzata, Tito riuscì facilmente a imporsi non tanto per la riuscita attuazione di un regime di largo impegno sociale quanto per il carattere patriottico delle sue imprese antiche e nuove. L'altro lato della medaglia fu che Tito organizzò fin dall'inizio del suo governo una polizia politica, la UDBA, capeggiata dal serbo Aleksander Ranković, con il compito di reprimere con la forza gli avversari del regime. Il pluralismo politico a poco a poco fu soppresso e tutto il potere passò nelle mani di un partito unico, il partito comunista iugoslavo, che prese il nome nel 1952 di Lega dei comunisti iugoslavi. La politica che Tito portò avanti fu anche di grande contrasto con l'URSS, fino al punto che nel 1948, si ebbe l'espulsione della Iugoslavia dal Cominform (organismo politico internazionale di informazione e collaborazione tra i partiti comunisti europei) e la rottura con Stalin, atto che provocò il boicottaggio della Iugoslavia da parte del blocco sovietico. In questo frangente Tito fu fortemente sostenuto dall'enorme maggioranza del suo popolo e si avviò a modificare la politica della Iugoslavia. Si accentuò così l'esigenza di dare una “via nazionale” al socialismo con una politica interna di autogestione delle attività produttive e una politica estera di non allineamento nonché di non ampliamento dei rapporti economici con i Paesi dell'Occidente. Queste nuove riforme furono statuite nella nuova costituzione del 1953, che nel contempo nominò Tito presidente della repubblica e capo del governo. Morto Stalin nel 1953, Tito si riconciliò parzialmente con Mosca, ma non attenuò l'autonomia del suo socialismo. Nel 1963 fu . 22 approvata una costituzione che introduceva nuovi principi sulla gestione operaia e la partecipazione dei lavoratori ai profitti aziendali, modificava il nome dello stato in Repubblica socialista federativa di Iugoslavia ed eleggeva Tito presidente a vita. Gli anni sessanta sono caratterizzati dalla stabilizzazione della “via iugoslava” al socialismo, con la larga partecipazione del popolo al governo, la politica del non allineamento e la coesistenza internazionale. Nel 1964 la Iugoslavia aderì al Comecon e nel 1972 venne accettata da Mosca la “via iugoslava” al socialismo. Nel 1966, sulla Iugoslavia cominciò a soffiare un vento di libertà: fu destituito il Ministro degli Interni Ranković e sorsero movimenti rivendicativi, come quelli studenteschi del 1968 di Belgrado e del Kosovo. In Croazia le rivendicazioni nazionalistiche riguardavano soprattutto la lingua, che si voleva mantenere distinta dal serbocroato. Nel 1971 il fermento giunse all'apice, con l'avvento della “primavera croata”. Il movimento si sviluppò tra le fila della Lega dei comunisti croati, ma con la mobilitazione studentesca si trasformò rapidamente in un movimento di massa che abbinò rivendicazioni politiche, come il decentramento del potere, ed economiche, come il controllo croato sugli introiti del turismo, alle preoccupazioni per le libertà linguistiche e culturali. La repressione fu violenta: i suoi leader furono espulsi dal partito o imprigionati, ma le loro richieste si radicarono nell'opinione pubblica croata, favorendo la nascita di una nuova generazione di uomini politici, che ancora oggi seguono le sorti dello stato. Il decentramento era inevitabile: la costituzione del 1974 accordò nuove prerogative alle repubbliche della Federazione e alle province autonome del Kosovo e di Vojvodina. Con il piano quinquennale del 1976-1980 si cercò di promuovere lo sviluppo delle depresse regioni meridionali del Kosovo e della Macedonia, mentre nei rapporti internazionali si rinsaldarono i legami con l'Europa fissando un accordo di cooperazione con la CEE nel 1980. Il 4 maggio del 1980 morì, dopo una lunga malattia, il presidente Tito. Tito diresse sempre la Iugoslavia con mano ferma, anche negli ultimi anni di vita. Poté vantare importanti successi nel campo del progresso economico e, in particolare, dell'industrializzazione; riuscì a mantenere sufficientemente unito un Paese continuamente sollecitato . 23 da forze centrifughe; poté anche svolgere una politica estera abbastanza prestigiosa sia nei confronti dei Paesi occidentali sia di quelli non allineati; inoltre serbò intatto lo spirito socialista del suo governo pur nella tenace affermazione della “via nazionale” e della non ingerenza delle grandi potenze nelle questioni interne della Iugoslavia. “Dopo Tito, sarà sempre Tito”, proclamavano gli slogan quando il leader era ancora vivo, ma alla sua morte si presentò il problema della sopravvivenza delle istituzioni federali. Per mantenere l'equilibrio tra le repubbliche fu disposta una presidenza a turno, che si sarebbe dovuta alternare ogni anno. Ma immediatamente scoppiarono rivendicazioni autonomiste, critiche alla predominanza di serbi nella polizia e nell'esercito e una grande crisi economica. A partire dal 1983 gli indici di crescita diventarono negativi, la disoccupazione arrivò al 16%, si dovettero fronteggiare tagli nell'uso dell'energia elettrica e del carburante, e nel 1989 l'inflazione toccò il 2500%. Il Fondo Monetario Internazionale dovette intervenire sempre più frequentemente, mentre si susseguivano scioperi e scandali che coinvolgevano esponenti della lega dei comunisti. Con la morte di Tito la coesione della Federazione iugoslava cominciò ad incrinarsi, il declino dei regimi comunisti nel resto dell'Europa orientale favorì le pressioni per una maggiore democrazia e autonomia, ed in pratica ebbe fine la Repubblica socialista iugoslava. 1.5 La crisi della Federazione e la guerra In una società gravemente disgregata come quella iugoslava degli anni Novanta, in cui i nazionalismi e gli odi etnici ebbero la meglio sulla ragione e sulla solidarietà, la guerra iugoslava fu una guerra di tutti contro tutti che coinvolse sia le etnie che le fedi religiose: sloveni, croati, bosniaci, serbi e montenegrini, macedoni, albanesi, musulmani, cattolici, ortodossi. La crisi economica era diventata ancora più grave e le diversità delle varie repubbliche erano sempre più profonde ed evidenti. Slovenia e Croazia (economicamente più ricche) cominciarono a ribellarsi al potere centralistico di Belgrado, dove stava crescendo il nazionali- . 24 smo di Slobodan Milos̆ević, che eletto presidente della 'grande Serbia' nel 1989, fece adottare una riforma costituzionale che aboliva l'autonomia delle province del Kosovo e della Vojvodina. In Slovenia e Croazia, invece, molti gruppi premevano per una democratizzazione della vita politica; alla fine del 1988 si tennero le prime riunioni finalizzate alla creazione dei partiti politici, e nel 1989 in Croazia fu adottato il pluripartitismo. In occasione del XIV congresso della Lega comunista, il 14 gennaio 1990, varie divergenze determinarono una posizione di stallo. In risposta al rifiuto serbo della proposta di un'organizzazione federalistica della Lega, la delegazione slovena abbandonò il congresso, seguita da quella croata, e il congresso fu aggiornato sine die. Scomparve così una delle istituzioni principali della Iugoslavia. Nell'anno 1990, in date diverse, in Slovenia, Croazia, Macedonia e Bosnia Erzegovina si svolsero libere elezioni pluripartitiche, affermandosi il desiderio in queste repubbliche, che male avevano sopportato il predominio serbo, di dichiararsi indipendenti. In Croazia, alle elezioni, vinse l'Unione Democratica Croata (HDZ) di Franjo Tudjman, e furono sconfitti i comunisti riformatori di Ivica Rac̆an. Fu promulgata una nuova costituzione in base alla quale i serbi della Croazia passarono dalla loro condizione di 'nazione costituente' a quella di minoranza. La nuova costituzione infatti non tutelava i diritti dei serbi e molti di loro, che erano impiegati nella pubblica amministrazione, persero il lavoro. La minoranza serba non accettò le nuove autorità e, sostenuta e armata dal governo di Belgrado, stabilì che la regione della Krajina (territorio croato ai confini con la Bosnia Erzegovina, ex confine militare degli Asburgo) fosse proclamata autonoma e serba. A maggio del 1991, la Slovenia e la Croazia indirono un referendum popolare, proponendo di trasformare la Iugoslavia da federale in una confederazione di stati sovrani. La quasi totalità della popolazione si dimostrò favorevole ed il 25 giugno 1991 la Croazia e la Slovenia si proclamarono indipendenti, mentre le enclavi serbe della Slavonia e della Krajina si dichiaravano a loro volta indipendenti dalla Croazia. Scoppiarono violenti scontri in tutto il Paese e l'esercito federale iugoslavo (JNA), dominato ormai solo dai comunisti serbi (dal . 25 momento che i membri delle altre comunità si erano dimessi o avevano disertato), intervenne a sostegno della minoranza serba della Croazia. Mentre però in Slovenia, repubblica etnicamente omogenea e rapidamente riconosciuta come nuovo Stato dalla comunità internazionale, la Serbia ritirò l'esercito, in Croazia scoppiò una sanguinosa guerra civile che andò avanti fino al 1995, resa ancor più cruenta dagli scontri etnici con l'agguerrita e consistente (600.000 persone) minoranza serba presente in Croazia. L'esercito federale, nell'ottobre 1991, attaccò Dubrovnik e bombardò il palazzo presidenziale di Zagabria: questo gesto indusse l'Unione Europea a decretare una serie di sanzioni a danno della Serbia. Nel novembre del 1991 Vukovar, città plurietnica di 45.000 abitanti, posta sulla riva croata del Danubio al confine con la Serbia, cadde nelle mani dei serbi dopo un assedio durato tre mesi e fu rasa al suolo; migliaia di persone furono uccise e migliaia cacciate dal paese. Dopo la caduta di Vukovar, la Comunità Europea riconobbe gli stati di Slovenia e Croazia, e nel gennaio 1992 le Nazioni Unite dislocarono un contingente di 14.000 caschi blu come forza di protezione nella parte di Croazia controllata dai serbi: l'autoproclamata repubblica della Krajina (RSK). L'esercito federale si ritirò e nel maggio 1992 la Croazia venne ammessa alle Nazioni Unite, dopo aver apportato una modifica alla costituzione al fine di tutelare le minoranze etniche e di garantire il rispetto dei diritti civili. Intanto in Krajina i gruppi paramilitari serbi mantenevano il controllo della situazione e nel gennaio 1993 l'esercito croato sferrò un attacco contro la regione. La Krajina reagì adottando misure repressive molto violente nei confronti dei croati residenti in quella terra. Il 29 marzo 1994 Serbia e Croazia concordarono un “cessate il fuoco” in Krajina e in Slavonia, ma nel maggio 1995 scoppiarono nuovi scontri e l'esercito croato, con un attacco improvviso, la cosiddetta operazione folgore, riconquistò parte della Slavonia occidentale. I serbi della Krajina per ritorsione lanciarono 11 missili su Zagabria, capitale croata. Nell'agosto del 1995 la Croazia mise in atto l'operazione tempesta, per mezzo della quale vennero “liberate” dall'occupazione serba il resto della Slavonia occidentale e la Krajina, provocando un esodo di circa 150.000 serbi, in fuga verso l'Est. All'attacco croato parteciparono anche . 26 aerei della NATO che bombardarono i radar di Knin, capitale della Krajina, per evitare una risposta missilistica come era successo durante l'operazione folgore. Nel frattempo la guerra si era spostata anche in Bosnia. Nel mese di marzo del 1992 i musulmani di Bosnia, etnia non prevalente nella regione, proclamarono l'indipendenza e chiamarono il loro stato Repubblica di Herceg-Bosna. A loro volta i serbi di Bosnia proclamano la Repubblica del Popolo Serbo di Bosnia-Erzegovina dando inizio a una feroce guerra civile che oppose le milizie serbe a quelle mussulmane e croate. La Croazia appoggiò le ambizioni secessionistiche dei croati dell'Erzegovina. L'assedio di Sarajevo da parte dell'esercito serbo diventò il simbolo di una guerra atroce e per certi versi assurda, nella quale il maggior numero delle vittime si contò fra i civili. Fu la più crudele delle guerre civili, nel corso della quale serbi, croati e musulmani di Bosnia tentarono di eliminare qualsiasi presenza estranea nelle zone in cui prevaleva la propria etnia. Ogni mezzo fu ritenuto valido: violenze fisiche sulle persone, distruzione di villaggi, espulsione oltre confine e internamento in campi di concentramento delle popolazioni. Con la decisiva mediazione degli Stati Uniti, nel novembre 1995, il presidente serbo Slobodan Milos̆ević, il presidente bosniaco Alija Izetbegović e il presidente croato Franjo Tudjman firmarono nella cittadina di Dayton (Ohio) un piano di pace che pose fine al conflitto scoppiato in Bosnia nel 1992, dando vita ad un nuovo stato federale bosniaco costituito da una confederazione croato-musulmana, comprendente il 51% del territorio, e da una repubblica serba, sul restante 49%. La Croazia ottenne la restituzione della Slavonia orientale (a partire dal luglio 1997, dopo una tutela provvisoria dell'ONU). Nel 1996 la Croazia venne ammessa al Consiglio d'Europa. Ancora oggi però vi sono migliaia di profughi che vivono in attesa di sapere quale sarà il loro destino mentre il governo deve affrontare i problemi costituiti dagli ex combattenti ormai privi di un'occupazione, dai profughi croati giunti da altre parti della federazione e dai danni gravissimi che il conflitto ha inferto alle infrastrutture. Nonostante queste gravi questioni, la Croazia è riuscita a rimediare a una grande quantità di danni inferti dalla guerra. . 27 La morte del presidente Franjo Tudjman nel dicembre 1999 ha determinato, per la prima volta dopo dieci anni la disfatta del suo partito, l'Unione Democratica Croata e il successo delle opposizioni, sia alle elezioni politiche che alle presidenziali. Il carismatico Stjepan Mesic´, membro del partito popolare croato, è stato eletto presidente e il nuovo governo promette di migliorare le relazioni internazionali, la libertà di stampa e la situazione economica. La nuova dirigenza ha proclamato l'urgenza di un avvicinamento della Croazia all'Unione Europea, dopo dieci anni di isolamento dalla scena internazionale il governo si sforzerà di attuare le condizioni per l'integrazione in Europa nel 2006. Nel luglio 2002 Mesic´ ha incontrato per la prima volta, dalla fine della guerra, i presidenti di Bosnia e Iugoslavia per confrontarsi sul rimpatrio dei rifugiati, sulla lotta contro la criminalità organizzata e per attuare piani di reciproco aiuto economico. La popolazione dopo l'ultimo conflitto Oggi la Croazia ha una popolazione di 4.437.000 di abitanti. Indipendentemente dall'etnia di appartenenza, si è cittadini croati in virtù del passaporto. In occasione dei censimenti è data la facoltà di dichiarare la propria appartenenza nazionale. I croati: nell'ultimo censimento ufficiale della Croazia, che risale al 2001, appaiono 3.977.000 cittadini croati, che formano l'89,6% della popolazione. I serbi di Croazia: dopo la riconquista da parte dell'esercito croato della Slavonia occidentale e della Krajina, territori sotto il controllo dei separatisti serbi fino al 1995, gli abitanti serbi di questi territori sono fuggiti in massa. Le persone di nazionalità serba che hanno abbandonato la Croazia tra il 1991 e il 1995 sono valutate da Human Rights Watch (HRW) tra le 300.000 e le 350.000. Nel 1991 i Serbi rappresentavano infatti il 12,1% della popolazione totale del Paese, mentre il censimento del 2001 ha mostrato che questa percentuale è crollata al 4,5%. Solo 201.600 cittadini croati si sono dichiarati di appartenenza serba. Oggi, quei serbi vivono da profughi in Serbia. La nuova dirigenza politica croata ha apertamente invitato i profughi a tornare in Croazia: intento però ostacolato principalmente dal problema della restituzione dei beni immobili che al tempo furono requisiti. Non esistono statistiche precise su quante siano ad oggi le persone rientra- . 28 te. Secondo l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) la cifra dei ritorni al giugno 2001 sarebbe intorno a 110.000. Il governo croato ha invece registrato un numero corrispondente a 96.500 ritornanti al novembre 2002. È probabile, tuttavia, che entrambe le stime siano gonfiate in quanto molti dei cosiddetti ritornanti, dopo una breve permanenza in Croazia, ripartono per Serbia e Montenegro o per la Bosnia-Erzegovina. I croati-bosniaci: sono cittadini di nazionalità croata che vivono negli stati vicini alla Croazia, in particolare in Bosnia e in Erzegovina. La guerra e la pulizia etnica hanno ridotto a un terzo la popolazione croata della Bosnia-Erzegovina, infatti dei 750.000 (17,3%) croati che vi vivevano prima della guerra, oggi sono solo 300.000 e vivono principalmente nel Sud, in Erzegovina dove costituiscono il 90% della popolazione. Gli emigrati croati: sono circa 2.300.000 i cittadini croati emigrati all'estero per ragioni politiche od economiche. Stati Uniti, Germania, Austria, Canada, Argentina e Cile sono i paesi di maggiore destinazione. Profughi in Croazia In Croazia sono affluite varie ondate di profughi. La prima è stata quella delle popolazioni croate espulse dalle zone occupate dai separatisti serbi nel 1991. Queste popolazioni, rifugiatesi nel proprio paese, sono qualificate dall'UNHCR con il termine di “trasferiti”; alla fine del 1991 erano circa 770.000. La seconda ondata è stata quella dei civili cacciati dalla guerra in Bosnia-Erzegovina e dalla politica di pulizia etnica praticata dalle forze serbe; tra questi 150.000 croati di Bosnia e un alto numero di musulmani. La maggior parte di questi profughi è stata alloggiata negli alberghi della costa dalmata e delle grandi città. . 29 2. Organizzazione istituzionale dello Stato Uscita dal sistema socialista e affermatasi come stato indipendente, la Croazia ha ricostruito il suo ordinamento giuridico; la sua prima Costituzione è del 1990. Essa ha instaurato la democrazia parlamentare e stabilisce che la Croazia è uno stato indivisibile, democratico e sociale. Il potere nella Repubblica di Croazia viene dal popolo ed appartiene al popolo, definito come una comunità di cittadini liberi e di pari diritti. I maggiori valori dell'ordinamento costituzionale della Repubblica croata sono: libertà, parità di diritti, uguaglianza etnica, pace, giustizia sociale, rispetto dei diritti dell'uomo e del diritto di proprietà, tutela della natura e dell'ambiente, democrazia e sistema pluripartitico. La costituzione del 1990 garantisce in modo ufficiale il nome e l'uso della lingua croata. Inoltre, ha abolito la pena di morte per tutti i crimini; infatti all'art. 21, afferma: "Ogni essere umano ha diritto alla vita. Nella Repubblica di Croazia non vi sarà pena di morte". L'art. 17 sub sez. 3 stabilisce che i provvedimenti costituzionali che riguardano il diritto alla vita non sono tra quelli che il Parlamento può sospendere in tempo di guerra o in caso di grave pericolo per il paese. E' interessante notare che la Costituzione del 1990 contiene solenne affermazione di principi fondamentali alcuni dei quali derivano dalla tradizione giuridica romana. Così il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge; così il principio di legalità, per cui nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente previsto come reato dalla legge, né con pene che non siano espressamente stabilite dalla legge (“nullum crimen, nulla poena sin lege”); così ancora il principio di irretroattività delle norme penali e quello di assoluta garanzia per cui nessuno può essere processato più volte per lo stesso reato, quando sia intervenuta una sentenza definitiva di condanna o assoluzione. Si ispirano alla tradizione romanistica anche quelle norme della Costituzione croata del 1990 che riconoscono e tutelano il diritto di proprietà privata e il diritto di trasmettere i propri beni per testamento, diritti assai limitati nel sistema socialista, nonché le norme che assicurano ai minori, ai deboli, agli invalidi e in genere alle persone svantaggiate il diritto di godere di particolari forme di previdenza. . 30 Nell'autunno del 2002, la Croazia ha modificato alcuni articoli della Costituzione del 1990, passando da un regime presidenziale ad un regime parlamentare democratico basato su di un sistema pluripartitico e sulla divisione del potere statale in tre diversi poteri: legislativo (di competenza del Parlamento), esecutivo (spettante al governo e alla pubblica amministrazione), giudiziario (riservato ai diversi uffici giudiziari). Il Presidente della Repubblica Il Presidente della Repubblica (Predsjednik Republike) viene eletto a suffragio universale diretto per un mandato quinquennale rinnovabile. Il presidente indìce le elezioni parlamentari e i referendum, affida il compito di formare il governo a una persona sostenuta dalla maggioranza dei membri del Parlamento e svolge le altre funzioni specificate nella Costituzione. Il presidente collabora inoltre con il governo per la definizione e l'attuazione della politica estera, è il comandante supremo delle forze armate e, in tale veste, nomina e destituisce i comandanti militari. In circostanze ben precise, il presidente può sciogliere il Parlamento se il governo non ottiene la fiducia o se il bilancio pubblico non viene adottato entro 120 giorni dalla presentazione. Il Presidente è responsabile delle violazioni della Costituzione commesse durante lo svolgimento del mandato: la procedura di accertamento della sua responsabilità viene avviata su proposta di due terzi dei membri del Parlamento; la decisione in merito spetta alla Corte Costituzionale che decide a maggioranza dei due terzi dei suoi giudici. Il potere legislativo Il Parlamento croato è organo rappresentativo dei cittadini e, come si è detto, è investito del potere legislativo. Il Parlamento, essendo la più vecchia istituzione dello stato, ha difeso, garantito e protetto gli interessi nazionali della Croazia attraverso i secoli. Fino a metà del diciannovesimo secolo, potevano essere eletti membri del Parlamento esclusivamente i rappresentanti dell'aristocrazia e del clero. Nel 1848 sotto il governo del barone Josip Jelac̆ić, bano di Croazia, fu eletto il primo Parlamento formato oltre che dai rappresentanti del- . 31 l'aristocrazia e del clero anche da cittadini eletti senza riguardo dello stato sociale. Nella primavera del 1990, sulla base dei risultati delle prime elezioni pluraliste viene costituito il Parlamento democratico croato. La nuova Costituzione prevede un'Assemblea bicamerale (Sabor) composta dalla Camera delle Regioni (Zupanijski Dom) costituita da 68 seggi, di cui 63 eletti direttamente con voto popolare e 5 nominati dal Presidente, che dura in carica quattro anni; e una Camera dei Deputati (Zastupnicki Dom), composta da 151 seggi, i cui membri vengono anch'essi eletti per quattro anni. Da quando è diventata uno Stato indipendente, la Croazia ha indetto elezioni parlamentari nel 1992, nel 1995, nel 2000 e nel 2003. Gli emendamenti alla Costituzione, promulgati nel 2000, hanno permesso al sistema semi presidenziale di passare ad un sistema parlamentare puro. Gli emendamenti del marzo 2001, hanno abolito la Camera delle Regioni, trasformando il Parlamento croato in un'Assemblea unicamerale. A norma della Costituzione, la Camera dei rappresentanti è composta da 100-160 membri eletti per quattro anni. La legge elettorale prevede una rappresentanza proporzionale mediante liste di partito in 10 circoscrizioni elettorali. Otto seggi parlamentari sono riservati alle minoranze, che costituiscono l'undicesima circoscrizione. Si garantiscono tre seggi alla minoranza serba e uno ciascuno alle minoranze italiana e ungherese, mentre slovacchi e cechi hanno diritto ad un unico rappresentante. Le altre minoranze sono divise in due gruppi, ciascuno dei quali ha diritto a un rappresentante come la Diaspora croata, che costituisce la dodicesima unità elettorale. Il numero dei rappresentanti eletti della Diaspora dipende dal cosiddetto contingente “non fisso”, che viene calcolato dividendo il numero totale dei voti all'estero per un numero medio di voti necessari per ottenere un mandato in dieci circoscrizioni della Croazia. Il Parlamento croato si riunisce annualmente in due sezioni: 15 gennaio – 15 luglio; 15 settembre – 15 dicembre. Il Parlamento può essere sciolto per autonoma iniziativa dello stesso oppure con decisione del presidente della Repubblica se il governo non ottiene la fiducia o se il bilancio pubblico non viene approvato entro 120 giorni dalla presentazione. I membri del parlamento godono delle immunità parlamentari. Il ruolo dell'opposizione è riconosciuto, così come la sua partecipazione al funzionamento delle istituzioni nazionali. La minoranza parlamentare può proporre il suo candidato alla vicepresidenza del Parlamento. I rappre- . 32 sentanti dell'opposizione in Parlamento sono anche membri delle 25 commissioni parlamentari, 12 delle quali sono presiedute dall'HDZ e 13 dagli altri partiti. La Croazia ha un sistema multipartitico, con 94 partiti politici registrati. Non vi sono ostacoli alla costituzione dei partiti, che ricevono finanziamenti pubblici proporzionali al numero di seggi ottenuti nelle elezioni precedenti. Il Parlamento esercita il potere legislativo e condivide il diritto d'iniziativa legislativa con il governo. Di norma, tutte le leggi sono soggette a tre letture consecutive in Parlamento, ma ultimamente molte leggi sono state adottate mediante una procedura d'urgenza di due letture autorizzata dalla Costituzione. Un quinto dei rappresentanti parlamentari può avviare la procedura per il voto di fiducia al governo. Il Parlamento può indire referendum sulle proposte di modifica della Costituzione, su qualsiasi proposta legislativa o su tutte le questioni giudicate importanti. Attualmente il Parlamento è composto da 152 deputati eletti nelle elezioni del 23 Novembre 2003: 140 dalle liste dei partiti politici, 4 rappresentanti della diaspora e 8 delle minoranze etniche. Il potere esecutivo Il governo (Vlada) è l'organo che esercita il potere esecutivo in conformità della Costituzione e delle altre leggi dello stato. Compito del governo è di dare esecuzione e far rispettare le leggi e i regolamenti emanati dal Parlamento, presentare a questo progetti di legge e in particolare proporre le leggi di bilancio, dirigere la pubblica amministrazione, adottare strategie di sviluppo economico e sociale, seguire la politica interna ed estera del Paese. Il governo ha facoltà di emanare decreti legislativi, che devono essere approvati dal Parlamento o che sono stati delegati dal Parlamento. La Costituzione conferisce al governo poteri normativi autonomi che gli consentono di emanare decreti per l'applicazione delle leggi. Il governo può essere autorizzato dal Parlamento a regolamentare mediante decreto questioni diverse da diritti umani e libertà, diritti delle minoranze, . 33 sistema elettorale, organizzazione e funzionamento dell'autogoverno locale e regionale. La durata di questi decreti, tuttavia, è limitata a un anno. Il governo è inoltre autorizzato ad adottare decreti con forza di legge riguardanti la politica economica, che originariamente è di competenza del Parlamento, negli intervalli fra una sessione parlamentare e l'altra o dopo lo scioglimento del Parlamento a causa delle elezioni. Questi decreti, tuttavia, devono essere sottoposti al Parlamento per approvazione alla sua prima sessione. Il governo ha il suo capo nella persona del Primo Ministro, il quale ha due vice primi ministri e 14 ministri veri e propri, con mansioni relative a particolari settori o attività. Il primo Ministro e i Ministri sono unitamente responsabili per le decisioni approvate dal governo e individualmente responsabili per il proprio rispettivo portafoglio. Il governo è responsabile dell'operato di tutti gli organi dell'amministrazione statale, vale a dire i ministeri, gli enti amministrativi pubblici e gli uffici della pubblica amministrazione. I ministeri e gli enti amministrativi pubblici sono organi centrali dell'amministrazione statale, che possiede comunque uffici anche presso le unità di autogoverno locali (regionali). Per determinati compiti, inoltre, possono essere aperti uffici locali a livello di contea, comune o città. La Costituzione definisce la struttura dell'amministrazione locale. Le unità dell'autogoverno locale sono i “comuni” e le “città”, mentre le unità dell'autogoverno regionale vengono denominate “contee”. La legge ha creato 426 comuni, 121 città e 20 contee (compresa la città di Zagabria, che ha uno status di contea). A norma della legge del 2001, i governi locali sono competenti in materia di approvvigionamento idrico e rete fognaria, assistenza sanitaria di base, istruzione prescolare ed elementare. I finanziamenti dei governi locali sono regolamentati da una legge specifica e consistono prevalentemente nella condivisione delle imposte e in diversi introiti non fiscali. Il reddito dell'autogoverno locale proviene dalle sue entrate (reddito delle sue attività, tasse di contea e comunali, multe, diritti e oneri), dalle imposte condivise (imposta sul reddito, imposta sugli utili, imposta sulle transazioni immobiliari, introiti fiscali provenienti dal gioco d'azzardo) e dalle sovvenzioni. . 34 Il sistema giudiziario E' bene premettere che ad oggi la Croazia non ha ancora un codice civile, l'elaborazione del quale rappresenta, senza dubbio, il progetto legislativo più importante dell'attuale governo. Al posto di un codice civile esistono temporaneamente alcune leggi settoriali. Alcune fra queste sono state riprese dalla Iugoslavia socialista e riviste a fondo; altre invece sono nuove, e per alcuni settori del diritto civile (ad esempio: diritti reali), sono già state approvate. Lo scopo della riforma giuridica è quello di un avvicinamento del diritto civile croato agli standard europei. L'ordinamento giudiziario è regolato dalla Legge delle Corti ed è ispirato all'idea di Corti indipendenti. Il sistema giudiziario croato ha una struttura gerarchica a tre livelli. 122 tribunali comunali, 114 tribunali per i reati minori, 12 tribunali di commercio e 21 tribunali di contea fungono da tribunali di primo grado. I tribunali di contea si pronunciano anche sui ricorsi contro le decisioni dei tribunali municipali. Organi del giudizio di secondo grado sono, oltre ai tribunali di contea, l'Alta Corte per i reati minori e l'Alta Corte commerciale. Infine, al terzo livello, la Corte suprema che è il massimo organo giudiziario della Croazia. Il tribunale amministrativo garantisce la tutela giudiziaria contro le decisioni amministrative finali. La Corte costituzionale – che secondo il sistema croato non fa parte dell'apparato giudiziario, ma rappresenta piuttosto, in un certo senso, un quarto potere dello stato – valuta sia la conformità delle leggi con la Costituzione sia la conformità dei regolamenti con la Costituzione e con le leggi. A lato di questa giurisdizione fondamentale, la Corte Costituzionale verifica la validità e i risultati delle elezioni politiche, risolve i conflitti fra i diversi poteri dello stato, decide il grado di appello delle decisioni del Consiglio della Magistratura di Stato sull'incriminazione e la condanna dei giudici per violazioni disciplinari, sulla revoca e sulla responsabilità dei giudici. Rientrano inoltre nella sua giurisdizione le vertenze per violazione dei diritti dell'uomo garantiti dalla Costituzione. La Corte si pronuncia infatti sulle istanze presentate da privati quando ritengano che i loro diritti costituzionali siano stati violati dagli atti finali delle autorità dello Stato o degli organi dell'autogoverno locale o regionale. . 35 Il numero di petizioni presentate alla Corte costituzionale è in continuo aumento. L'indipendenza del sistema giudiziario croato è garantita dalla Costituzione e dalla legge sui tribunali. Il Presidente della Corte suprema e il procuratore dello Stato sono eletti dal Parlamento e nominati dal Presidente della Repubblica. I giudici ordinari sono nominati dal Consiglio giudiziario dello Stato in base ai pareri ricevuti dai consigli giudiziari costituiti presso ciascun tribunale. Vengono confermati nella carica dopo un periodo di prova di cinque anni. Il loro status permanente è garantito dalla Costituzione. Il Ministero della Giustizia valuta i requisiti formali e l'idoneità dei candidati, ma anche la commissione parlamentare competente e il Presidente del tribunale possono esprimere il loro parere. I Procuratori di Stato (pubblici ministeri) sono nominati dal Consiglio della Procura di Stato secondo una procedura analoga. Entrambi i consigli sono autonomi e indipendenti. Non vengono organizzati concorsi per la selezione dei giudici: per diventare giudici, i candidati devono superare l'esame di avvocatura e avere diversi anni di esperienza lavorativa a seconda del tipo di tribunale per il quale si presentano. Conformemente alla legge sui tribunali, i giudici non possono essere iscritti a partiti politici né svolgere altre attività che incidano sulla loro autonomia, imparzialità o indipendenza. L'immunità dei giudici è sancita sia dalla Costituzione che dalla legge sui tribunali. Per poter revocare l'immunità di un giudice e approvare l'avvio di un'azione penale nei suoi confronti è necessario che l'Ufficio della Procura di Stato presenti una proposta in tal senso al Consiglio giudiziario dello Stato, il quale si pronuncia sulla responsabilità dei giudici in caso di mancanze o di violazioni dell'etica professionale nei procedimenti disciplinari. La valutazione dell'operato dei giudici da parte del Consiglio giudiziario dello Stato rimane tuttavia molto teorica. A parte un caso pendente a seguito di una denuncia per corruzione, infatti, il Consiglio giudiziario dello Stato ha preso poche decisioni nei procedimenti disciplinari contro i giudici. Non esiste un codice deontologico vincolante per tutti i funzionari giudiziari, ma l'Associazione dei giudici croati (una ONG locale) ha adottato un codice deontologico per i suoi membri. La Croazia dispone di un numero di giudici per abitante piuttosto elevato rispetto alla media Ue ed a quella dei paesi in via di adesione. . 36 Alla fine del 2003 il paese contava 1868 giudici, 513 procuratori di Stato, 378 consiglieri giudiziari e 6023 commessi o funzionari di cancelleria (2,8 per ogni magistrato). 3. Situazione politica attuale Le elezioni politiche del novembre 2003, segnando il ritorno al potere dell'Unione Democratica Croata (HDZ), partito fondato nel 1990 dal defunto presidente Franjo Tudjman, in passato molto criticato per una politica autoritaria e per lo scarso rispetto dei diritti umani, avevano portato la Croazia all'isolamento internazionale. Nei quattro anni passati in opposizione, l'attuale premier Ivo Sanader ha estromesso dalle file dell'HDZ i falchi nazionalisti di Tudjman, proponendo un partito pronto ad adeguarsi agli standard europei, a collaborare con il Tribunale internazionale dell'Aja (TPI) e a incoraggiare il ritorno dei profughi serbi. L'obiettivo principale del governo Sanader è proseguire l'avvicinamento all'Unione europea e alla Nato, iniziato dal precedente governo di centro-sinistra (2000-2003). Grazie alla politica di collaborazione con il TPI, a cui nel 2004 sono stati consegnati nove alti ufficiali e politici croati e croato-bosniaci, e al rispetto dei diritti delle minoranze, in particolare quella serba, Sanader ha conquistato la fiducia dei partner europei. Nel giugno 2004 la Croazia ha ottenuto lo status di candidato all'Ue, ma il Tribunale dell'Aja insiste sulla consegna dell'ultimo ricercato di etnia croata, il generale Ante Gotovina, latitante dal 2001. Sull'adesione del paese all'Ue è stato raggiunto un consenso tra tutti i partiti rappresentati in Parlamento e il governo esprime il desiderio di voler chiudere i negoziati in due anni, nel 2007, per essere pronto ad entrare nell'Unione nel 2008 o 2009. In vista di tale obiettivo, tutto il processo di riforma del paese dovrebbe godere di una sostanziale accelerazione nei prossimi anni. In questa linea, è stato approvato a fine 2004 un programma economico di preaccesso che condurrà all'implementazione di significativi aggiustamenti fiscali negli anni 2005-2006, con l'obiettivo del mantenimento di un deficit non superiore al 3% per il 2007. . 37 In Parlamento il governo presieduto da Sanader conta sull'appoggio esterno di alcuni partiti minori di centro (Partito socialliberale HSLS, Centro democratico DC, Partito dei pensionati HSU) e di tutti i rappresentati delle minoranze etniche, inclusa quella serba e italiana. Particolarmente importante è l'accordo con il Partito democratico indipendente serbo (SDSS) per il ritorno dei serbi fuggiti durante la guerra (19911995) che prevede anche la restituzione e ricostruzione delle loro case. La competizione politica si è rianimata per la campagna elettorale per le presidenziali del gennaio 2005 e le amministrative di maggio 2005. Le presidenziali – dopo un turno di ballottaggio – hanno portato alla riconferma di Stipe Mesic´, nella carica di capo dello stato. Stipe Mesic´, liberale di centro, uno dei fondatori con Franjo Tudjman, nel 1990, dell'Unione Democratica Croata (HDZ), è stato, fino al dicembre 1991, l'ultimo Presidente di turno della Federazione iugoslava. Nel 1994 è uscito dall'HDZ per protesta contro la politica croata in Bosnia quando Tudjman non nascondeva più le sue mire territoriali. Proveniente dall'area politica dell'opposizione di sinistra, Mesic´ rappresenta il contrappeso al governo di Sanader. I risultati delle elezioni amministrative, invece, hanno confermato l'HDZ, il partito di centro-destra del premier Ivo Sanader, come primo partito croato. L'HDZ ha perso però terreno in quasi tutte le regioni, a beneficio della destra nazionalista, mentre il centro-sinistra mantiene il potere nei maggiori centri urbani, in primo luogo nella capitale Zagabria. Sembra che la politica europeista di Sanader e la rinuncia a molti dei punti saldi della vecchia politica nazionalista dell'HDZ, abbia spostato più a destra una parte del suo fedele elettorato. Presidente Il Presidente della Repubblica, eletto a un secondo mandato di cinque anni il 16 gennaio 2005, è Stipe Mesic´, liberale di centro. Governo Primo ministro: Ivo Sanader (HDZ) . 38 Vice premier: Damir Plolanc̆ec´ (HDZ) Vice premier e Ministro per la famiglia e veterani di guerra: Jadranka Kosor (HDZ) Ministro degli esteri e delle integrazioni europee: Kolinda Grabar-Kitarovic´ (HDZ) Ministro delle finanze: Ivan S̆uker (HDZ) Ministro della difesa: Berislav Ronc̆evic´ (HDZ) Ministro degli interni: Marijan Mlinaric´ (HDZ) Ministro della giustizia: Vesna S̆kare-Oz̆bolt (DC) Ministro dell'economia, lavoro: Branko Vukelic´ (HDZ) Ministro del mare, trasporti, e turismo: Boz̆idar Kalmeta (HDZ Ministro dell'ambiente ed edilizia: Marina Matulovic´-Dropulic´ (HDZ) Ministro dell'agricoltura: Petar Cobankovic´ (HDZ) Ministro della sanità e previdenza sociale: Neven Jurc̆ic´ (HDZ) Ministro della cultura: Boz̆o Bis̆kupic´ (HDZ) Ministro delle scienze, istruzione e sport: Dragan Primorac´ (Indipendente) Parlamento Presidente: Vladimir Seks (HDZ) La Camera dei deputati è composta da 152 rappresentanti eletti il 23 novembre del 2003: 140 dalle liste dei partiti politici. 4 sono i rappresentanti della diaspora e 8 delle minoranze etniche. Prossime elezioni nel 2007. . 39 2. Verso un’economia di mercato Suddivisione dei seggi Unione democratica croata (HDZ): 66 Partito socialdemocratico (SDP): 34 Partito popolare (HNS): 12 Partito dei contadini (HSS): 9 Partito del diritto (HSP): 8 Dieta democratica istriana (IDS): 4 Partito dei pensionati (HSU): 3 Partito social-liberale (HSLS): 2 Partito liberale (LS): 1 Centro democratico (DC): 1 Partito littorale montano (PGS): 1 Partito democratico dei contadini (HDSS): 1 Indipendenti: 2 I deputati delle minoranze sono otto: 3 sono i rappresentanti della minoranza serba (Partito indipendente democratico serbo, SDSS), 1 di quella italiana (Furio Radin, ind.), 1 della minoranza ungherese (ind.), 1 di quella ceca e slovacca (HSS, di etnia ceca), 1 delle minoranze austriaca, bulgara, tedesca, polacca, rom, romena, russa, turca e ucraina (di etnia tedesca, ind.), 1 delle minoranze valacca, ebrea albanese, bosniaca, macedone, montenegrina e slovena (di etnia bosniaca, ind.). 1. Quadro macroeconomico L'economia croata, nell'affrontare la transizione dal sistema centralizzato comunista verso un sistema ad economia di mercato, ha subito il peso e le conseguenze della guerra, che ne hanno accentuato i problemi e le difficoltà nello sviluppo. Tuttavia, in seguito ad un severo piano di stabilizzazione varato nel 1993 dal Primo Ministro Nikica Valentic´, la situazione economica, grazie anche ad una ritrovata stabilità sul fronte dei prezzi, ha favorito buone prospettive di crescita, guidate da una forte incidenza del settore manifatturiero e dei servizi. Buone prospettive si sono delineate per la ripresa economica già con l'avvio degli anni 2000, grazie anche al rinnovamento delle principali istituzioni del Paese, oggi maggiormente orientate alla riforma dell'intero sistema economico, dopo l'immobilismo del passato. Il processo di integrazione con l'Unione Europea agisce infine da stimolo per rendere più veloci le riforme economiche e per il rafforzamento delle strutture proprie di una funzionante economia di mercato. Le previsioni dell'economia croata per l'anno 2005 si presentano stabili e in costante crescita. La liberalizzazione del mercato e l'avvicinamento all'Unione europea hanno fatto della Croazia un paese sempre più interessante per investire, comprare immobili, passare le vacanze o semplicemente fare shopping. Un altro mondo rispetto all'era nazionalista degli anni Novanta, quando la Croazia era in isolamento internazionale, mentre la corruzione e il nepotismo, accanto alla privatizzazione esasperata e alla guerra, misero in ginocchio l'economia. Il governo croato, al potere fino alle elezioni svoltesi alla fine del novembre 2003, era riuscito a far uscire il Paese dalla stagflazione con un lieve ulteriore e graduale sblocco della recessione e un lieve miglioramento della situazione macroeconomica ma con un debito estero molto alto (circa l'82% del PIL) e con difficoltà connesse alla disoccupazione. . 40 . 41 Gli investimenti stranieri nel 2003 hanno raggiunto i 2 miliardi di dollari, quasi il doppio dell'anno precedente e pari a quanto hanno attirato tutti insieme gli altri paesi dei Balcani occidentali. Gli investimenti sono stati minori nel 2004 (877 milioni nei primi nove mesi), probabilmente perché sono mancate le privatizzazioni delle grandi imprese di Stato, annunciate per i prossimi due o tre anni. I dati relativi all'anno 2004 confermano un rallentamento della crescita economica, già iniziato nel 2003. Non sono disponibili ancora i dati definitivi circa il PIL del 2004 ma le stime preliminari parlano di un aumento, in termini reali, al massimo del 3,5% (nell'anno 2003 l'aumento, invece, è stato del 4,3%). La crescita rallentata del PIL è in primo luogo dovuta all'attenuarsi della domanda interna a causa di una più ferrea politica macroeconomica, il cui intento è quello di ridurre gli squilibri economici del Paese, in particolare per quanto concerne il debito estero e il saldo della bilancia commerciale. Uno dei principali strumenti volti alla realizzazione della politica economica governativa per il 2004 è stato l'adeguamento fiscale. L'attenuarsi della domanda interna verificatasi nel 2004 è dovuta anche ad una minor crescita degli investimenti nelle attività fisse (il 6% circa nel 2004 contro il 16,8% nel 2003); si deve però considerare che la crescita realizzata negli anni precedenti era primariamente indirizzata a consistenti investimenti governativi nell'infrastruttura stradale per cui il successivo rallentamento va analizzato anche in tale ottica. Anche i consumi privati nel 2004 hanno segnato un aumento più contenuto (3,2%) rispetto al 2003 (4,1%). L'adeguamento fiscale del 2004 potrebbe dare buoni risultati considerando che sono state apportate anche restrizioni alla crescita dei salari nel settore pubblico, sono stati ridotti gli investimenti nell'infrastruttura stradale e sono state maggiorate alcune imposte (per esempio sugli autoveicoli e sui consumi di tabacco). È da rilevare inoltre che il predetto programma governativo è stato appoggiato anche da un accordo di stand-by di 20 mesi siglato dal governo con il FMI nell'agosto 2004. Come risultato dell'implementazione del programma è prevedibile a breve una diminuzione del deficit a circa il 5,5% ed una stabilizzazione del debito estero al di sotto dell'80% del PIL. . 42 Nel 2003 il valore del PIL (prezzi correnti) è stato di 28,8 miliardi di dollari (+4,3% in termini reali; stima - dati revisionati), ovvero 6.484 dollari pro capite. Le stime preliminari per il 2004 parlano di un aumento in termini reali al massimo del 3,5%. Per tutto l'anno 2004 l'aumento della produzione industriale conseguito è stato del 3,7% (del 4,1% nel 2003). Il valore totale degli scambi commerciali della Croazia con il resto del mondo è in continuo aumento. Nel 2004 l'interscambio commerciale croato è stato alquanto più intenso (+20,6%) rispetto a quello realizzato nel 2003 ed è risultato pari a 24,606 miliardi di dollari. Le importazioni hanno raggiunto 16,6 miliardi di dollari (+16,7%); sono aumentate anche le esportazioni che da 6,2 miliardi di dollari (dati definitivi 2003) a fine dicembre 2004 si sono portate a 8 miliardi di dollari (+30% circa). L'andamento dei prezzi al dettaglio nel corso del 2004 è stato abbastanza oscillante ma l'aumento è stato, comunque, piuttosto contenuto. Per il primo trimestre il tasso d'inflazione è stato dell'1,8%, per il secondo del 2,3%, per il terzo dell'1,8%; gli andamenti verificatisi nel corso dell'anno hanno portato il tasso d'inflazione per tutto l'anno 2004 al 2,7%. Il tasso di disoccupazione, sebbene in lieve diminuzione e sempre oscillante, rimane tuttora abbastanza preoccupante: a fine dicembre del 2003 è stato del 19,2%, si è portato al 19,5% alla fine di dicembre 2004. A fine giugno 2004 le riserve valutarie erano di 12,37 miliardi di dollari; a fine dicembre hanno raggiunto 14,529 miliardi di dollari. Il debito estero è più che raddoppiato in cinque anni. L'eccessiva crescita dei consumi rispetto al reddito, unitamente ad una politica fiscale e monetaria non sempre lungimirante, ha portato a fine dicembre del 2003 il debito estero a 23,6 miliardi di dollari; anche se per il 2004 era questo uno dei principali problemi da risolvere gradualmente, i dati di fine anno denunciano un debito estero pari a 30,2 miliardi di dollari. L'economia croata vive ancora le contraddizioni proprie di un paese in transizione: da un lato vi sono grandi potenzialità e risultati iniziali promettenti; dall'altro, c'è la necessità di liberarsi di retaggi del passato, non disgiunta da una perdurante difficoltà a decollare. Per gli investitori esteri, la miglior assicurazione di lungo periodo sulla stabilità economica della Croazia – intesa anche in termini di trasformazione dell'ordinamento giuridico – è essenzialmente data dall'ambizione del Paese di diventare membro dell'Ue nel 2007. All'inizio del terzo millennio la . 43 Croazia offre quindi agli investitori esteri straordinarie opportunità di guadagno, che, d'altro canto non sono totalmente esenti da rischi. Il credit rating a lungo termine infatti (che indica il cosiddetto rischio paese), fissato dalle principali agenzie internazionali, pur oscillante, classifica la Croazia tra i paesi a rischio moderato per gli investitori esteri. Principali indicatori macroeconomici Cambio: 1 euro = 7,56 kune (media 2003) Inflazione: 2,3% (2002), 1,8% (2003), 2,7% (2004) Tasso disoccupazione: 18,7% (2004) PIL: 33 miliardi di dollari (stima dicembre 2004) Crescita PIL: +5,2% (2002), +4,3% (stima 2003), +3,5% (stima 2004) PIL pro capite: 6.484 dollari (2003) Struttura del PIL: Agricoltura 7,2%; Industria 17,6%, Servizi 75,2% Debito estero: 30,2 miliardi di dollari (dicembre 2004) Produzione industriale: +3,7% (nel 2004 rispetto all'anno precedente) Commercio estero 2004: Importazioni: 16,6 miliardi di dollari, di cui 2,4 dall'Italia Esportazioni: 8 miliardi di dollari, di cui 1,8 verso l'Italia C'è comunque fiducia in un miglioramento delle condizioni di crescita economica nell'Ue, che porteranno effetti positivi nella crescita economica della Croazia nel 2005, stimolando in particolar modo il settore delle esportazioni. Inoltre, sempre su questa linea, a fine 2004 la Croazia ha approvato un programma economico di preaccesso che condurrà all'implementazione di significativi aggiustamenti fiscali negli anni 2005-2006, con l'obiettivo di arrivare ad ottenere un deficit non superiore al 3% per il 2007. PREVISIONI PER ALCUNI INDICATORI MACROECONOMICI E PER L'INTERSCAMBIO COMMERCIALE 2005 2006 3,7 4,2 2,4 2,6 ESPORTAZIONI 9.600 10.400 IMPORTAZIONI 19.500 20.100 SALDO -9.900 -9.700 PIL ( VAR . %) INFLAZIONE BILANCIA COMMERCIALE FONTE : EIU (ECONOMIST (MILIONI DI DOLLARI ) INTELLIGENCE UNIT ), COUNTRY REPORT, SETTEMBRE 2004. 2. Struttura dell'economia e settori produttivi Secondo alcuni esperti la crescita economica è basata sugli investimenti pubblici e sull'indebitamento all'estero e non sulle reali potenzialità produttive del Paese, e sia i cittadini che lo Stato stanno spendendo molto di più di quello che guadagnano. La produzione industriale è in crescita, ma non abbastanza da dare una spinta all'occupazione e alle esportazioni che riescono a coprire a malapena la metà dei beni importati. Il tenore di vita e le condizioni sociali della popolazione sono infatti ancora difficili. Il PIL pro capite è di circa 8.000 euro, meno della metà della media europea. Peraltro, le previsioni di aumento del PIL - in termini reali parlano, per il 2005, di un incremento poco superiore al 3,5%. . 44 L'industria manifatturiera e l'attività mineraria rappresentano circa un quarto del PIL, l'agricoltura l'8% circa, mentre il settore terziario (in continua crescita) circa il 67%. Importanti settori orientati all'esportazione sono quello del legname, il tessile, la cantieristica, il chimico e farmaceutico e l'alimentare. Tutta la struttura produttiva croata, oltre a risentire dei vincoli strutturali comuni a molti paesi in transizione, è stata anche interessata dalle conseguenze del conflitto iugoslavo. L'industria è concentrata in particolare attorno alla capitale. Le regioni costiere dell'Istria e della Dalmazia sono importanti poli turistici, e proprio il turismo ha avuto, in seguito alla ripresa cominciata nel '95, un ruolo rilevante nella crescita del Paese, assicurando peraltro un afflusso consistente di divise estere. La fase della ricostruzione, sia nell'edilizia abitativa che infrastrutturale, è stata un elemento di impulso chiave per tutte le attività economiche. . 45 L'agricoltura, compresa la pesca ed il settore forestale, attualmente partecipa al PIL con il 7% circa (10% nel 1990). In Croazia esistono tre aree geografiche e climatiche (pianura a clima continentale nella parte settentrionale; zona litoranea con clima mediterraneo sulla costa e nelle isole; zona montuosa nella parte centrale) che determinano il tipo e l'orientamento della produzione agricola. Il Paese dispone di una superficie agricola di circa 3,2 milioni di ettari, di cui circa 2 milioni di area coltivabile (circa l'82% di proprietà privata). Una legge speciale stabilisce la possibilità di utilizzo di terreni agricoli di proprietà statale tramite concessioni. La coltivazione di cereali e barbabietole da zucchero soddisfa i fabbisogni del mercato locale come pure, fino ad un certo punto, la coltivazione di piante industriali. I vigneti si estendono su una superficie di circa 58.000 ettari; la produzione di vino è svolta da circa una trentina di grandi aziende, da una quarantina di cooperative agricole e da circa 250 piccoli produttori a livello familiare. L'allevamento e la zootecnia hanno sempre avuto notevole importanza, in modo particolare l'allevamento di suini e bovini. La pesca e la lavorazione del pescato sono le attività “agricole” primarie nella zona costiera e sulle isole. Su un totale di circa 2 milioni di ettari di foreste circa l'80% è di proprietà statale; quasi il 13% del patrimonio forestale è rappresentato da conifere; faggio e rovere sono le latifoglie più diffuse. L'industria manifatturiera ed il settore edile rappresentano circa un quarto del PIL. Il settore industriale è stato fortemente colpito dagli eventi bellici verificatisi all'inizio degli anni Novanta per cui l'output industriale alla fine del decennio scorso è sceso al 60% rispetto a quello realizzato nel 1990. Nell'anno 2001 si è verificato un miglioramento più consistente della produzione industriale del Paese (+6% rispetto all'anno 2000); sembra però che tale trend di crescita abbia subito un nuovo rallentamento in quanto la produzione industriale per tutto l'anno 2002 è risultata del 5,4% superiore rispetto al 2001 mentre nel 2003 l'aumento è stato soltanto del 4,1% rispetto al 2002. L'andamento futuro del settore industriale sarà senz'altro subordinato all'introduzione di nuove tecnologie e all'ammodernamento del parco macchinari dato che quelli esistenti, nella gran parte dei casi, sono piuttosto obsoleti; infatti, negli ultimi periodi la scarsa liquidità di molte aziende locali non ha consentito massicci investimenti in macchinari. L'introduzione di nuove tecnologie, gli investimenti nello sviluppo tecnologico e nell'ammodernamento del parco macchine sono conditio sine qua non per un ulteriore sviluppo del settore industriale. L'edilizia ha avuto un notevole incremento soprattutto grazie agli investimenti dello Stato nell'edilizia civile e nella costruzione di una moderna rete autostradale e partecipa al PIL con il 5-6% circa. Il settore terziario è di gran lunga quello più importante nell'economia del Paese ed è in continua crescita, rappresentando oltre i due terzi del PIL. Il turismo, concentrato maggiormente lungo la costa Adriatica e sulle isole è un segmento estremamente importante di questo settore, partecipando con il 5% circa al PIL e con oltre il 6% al totale degli occupati. Motore trainante dell'economia del Paese, questo settore ha avuto nel 2004 un anno da record raggiungendo in numero di visitatori e di pernottamenti il 1990, la migliore stagione turistica prima dello scoppio della guerra, con un introito di valuta straniera pari a più di 5 miliardi di euro. L'attività relativa alla distribuzione commerciale (commercio all'ingrosso, compreso il commercio con l'estero, al dettaglio ed intermediazione commerciale) è un altro ramo molto importante dell'economia croata; il settore della distribuzione commerciale partecipa con il 10% circa al PIL del Paese e con il 15% circa al totale degli occupati. Da notare che questi ultimi anni in Croazia sono sorte moltissime nuove catene di supermercati e diversi nuovi centri commerciali, molti dei quali gestiti da italiani. I tradizionali e i più importanti rami trainanti dell'industria croata sono l'industria alimentare (circa il 20% del totale della produzione industriale), chimica (9% circa), metalmeccanica (5%), costruzioni macchine e costruzioni navali, nonché l'industria del legno. . 46 . 47 3. Mercato del lavoro 1. Occupazione e disoccupazione Secondo i dati forniti dall'Ufficio Nazionale di Statistica croato, la popolazione totale della Croazia a fine 2004 risultava essere di 4.496.869 abitanti, registrando un tasso di crescita rispetto al 2003 dello 0,02%, e la popolazione economicamente attiva di 1.692.308 persone. La distribuzione della popolazione in base all’età è la seguente: 0-14 anni, 16,4% (maschi 378.615/femmine 359.231); 15-64 anni, 67% (maschi 1.497.355/femmine 1.514.993); 65 anni e oltre, 16,6% (maschi 283.460/femmine 462.250). Il tasso di alfabetizzazione, stabilito sul totale della popolazione di età superiore ai 15 anni che sappia leggere e scrivere, è del 98,5%, di cui maschi 99,4% e femmine 97,8%. Secondo i dati forniti dall'Ufficio Nazionale di Statistica, l'11% della popolazione (dati 2003) vive sotto la soglia della povertà. Il fattore economico che causa maggiori preoccupazioni al governo croato è senza dubbio il tasso di disoccupazione che ancora sfiora il 20%. In base ai dati forniti dall'Ufficio Nazionale di Statistica riguardanti i numeri sull'occupazione e disoccupazione della popolazione attiva durante gli anni dal 2001 al 2003 possiamo notare, nella tabella che segue, come il totale della popolazione occupata abbia continuato fino al 2003 la sua leggera tendenza di crescita. La media annuale delle persone impiegate è aumentata del 2,5% se comparata all'anno 2002, e si può dire che l'aumento dell'occupazione è il risultato dell'intensificazione delle attività dei settori delle costruzioni, del commercio, del turismo, ed immobiliare. Vediamo inoltre come nel 2003 il tasso di disoccupazione abbia segnato una lieve diminuzione rispetto al 2001 e 2002, passando dal 22% al 19,2%; 329.000 persone erano disoccupate nel 2003, 59.000 in meno rispetto al 2002. . 49 OCCUPAZIONE E DISOCCUPAZIONE 2001/2003 2001 2002 2003 POPOLAZIONE ATTIVA 1.728.503 1.748.756 1.722.313 POPOLAZIONE IMPIEGATA 1.348.308 1.359.015 1.393.514 POPOLAZIONE DISOCCUPATA 380.195 389.741 329.799 TASSO DI DISOCCUPAZIONE 22 22,3 19,2 FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA CROATO (DZS), 2004. Secondo i dati risalenti al dicembre 2004 però la disoccupazione sarebbe stata di nuovo in crescita, raggiungendo il 19,5% della popolazione attiva. Bisogna tenere presente che la disoccupazione in Croazia in genere aumenta durante i mesi invernali a causa della stagionalità di molte occupazioni, quali quelle legate al turismo, alle costruzioni di strade, all'edilizia e all'agricoltura. Si può vedere dalla tabella che segue come l'occupazione aumenti gradualmente da aprile fino ad agosto, per poi calare ed arrivare al minimo durante i mesi di dicembre e gennaio. TASSO DI OCCUPAZIONE MENSILE 2002 e 2003 La tabella seguente, invece, mostra come sia suddiviso il totale della popolazione impiegata nei vari settori di attività. Il settore dei servizi in forte crescita durante gli ultimi anni è anche quello che impiega maggior forza lavoro. OCCUPAZIONE PER SETTORI DI ATTIVITÀ TOTALE POPOLAZIONE IMPIEGATA 2001 2002 2003 1.348.308 1.359.015 1.392.514 AGRICOLTURA 111.233 105.456 99.046 INDUSTRIA 412.640 417.572 431.332 SERVIZI 821.330 833.165 859.504 3.105 2.822 2.632 ALTRA ATTIVITÀ NON CLASSIFICABILI FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA CROATO (DZS), 2004. Altro elemento da considerare è che il tasso di disoccupazione varia molto anche in base alla regione. Infatti, le differenze economiche tra regione e regione in Croazia sono notevoli. Nel 2002 il più alto numero di disoccupati si è registrato a Spalato, nella contea della Dalmazia, con 42.829 persone in cerca di occupazione (cifra che rappresenta circa il 13,4% del totale dei disoccupati croati) seguita dalla città di Zagabria con 39.573 disoccupati (12,4% circa del totale). Considerando invece il tasso di disoccupazione in base al grado di istruzione, in generale si è osservato che, ad un basso grado di istruzione corrisponde un basso tasso di disoccupazione. Per esempio, nel 2003 il tasso di laureati disoccupati è stato del 41%, mentre quello di operai non qualificati del 13,6% (cfr. tabella). Considerando l'età delle persone disoccupate, invece, possiamo notare come la popolazione attiva di età inferiore ai 24 anni abbia un tasso di disoccupazione del 21,3%, molto alto rispetto alle altre categorie. Confrontata con l'anno 2002 la disoccupazione del gruppo di persone più anziano, gli over 50, ha visto un aumento del 6,6%, e ciò sembra essere dovuto al verificarsi di fallimenti o messa in liquidazione di attività commerciali. FONTE : SERVIZI PER L’ IMPIEGO CROATI , . 50 2004. . 51 DISOCCUPAZIONE IN BASE AL GRADO DI ISTRUZIONE 2002 e 2003 Gli ultimi dati aggiornati relativi al 2005, forniti dall'Ufficio Nazionale di Statistica, riferiscono che a maggio 2005 le persone in cerca di un lavoro fisso erano 308.000, il 18% della popolazione attiva, mentre i croati con un'occupazione fissa sono 1.403.404 su un totale di popolazione attiva di 1.711.715. È interessante notare che comparando i dati con marzo 2005 il numero delle persone impiegate, sia uomini che donne, è aumentato considerevolmente, facendo scendere i relativi tassi. OCCUPAZIONE E DISOCCUPAZIONE SECONDO BIMESTRE 2005 MARZO 2005 TOTALE DONNE 1.713.174 814.856 1.711.715 814.581 PERSONE IMPIEGATE 1.384.154 624.892 1.403.404 634.340 329.020 189.964 308.311 180.241 19,2 23,3 18 22,1 TASSO DI DISOCCUPAZIONE 2004. TOTALE POPOLAZIONE ATTIVA PERSONE DISOCCUPATE FONTE : SERVIZI PER L’ IMPIEGO CROATI , MAGGIO 2005 DONNE FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA CROATO (DZS), MAGGIO 2005. DISOCCUPAZIONE IN BASE ALL'ETÀ 2002 e 2003 FONTE : SERVIZI PER L’ IMPIEGO CROATI , . 52 2004. . 53 2. Regole del mercato del lavoro 2.1 Normativa Il diritto del lavoro croato trova le sue fonti nella Costituzione, in una serie di leggi sul lavoro (incluso quello che riguarda cittadini stranieri) emanate tra il 1995 e il 2003, nonché sui contratti collettivi e individuali di lavoro, sui regolamenti emanati dai datori di lavoro e da una riforma generale del Codice del Lavoro attuata alla fine del 2003. La normativa rispetta le direttive dell'OIL (l'Organizzazione Internazionale del Lavoro). A livello costituzionale vengono proclamati il diritto al lavoro, la libertà di scelta della propria occupazione, l'accessibilità di ciascuno, alle stesse condizioni, a tutti gli impieghi e le funzioni, il diritto ad una retribuzione in grado di assicurare al dipendente e alla sua famiglia una vita libera e dignitosa, al riposo settimanale, alle ferie annuali retribuite e alla partecipazione, in conformità alle disposizioni di legge, alle decisioni del datore di lavoro, il diritto alla sicurezza sociale, il diritto di associazione sindacale e di sciopero. Le leggi regolano: il divieto di forme di discriminazione fra dipendenti e la definizione dei fondamentali diritti ed obblighi; la forma e i contenuti obbligatori del contratto di lavoro come base giuridica del rapporto; l'orario di lavoro, le ferie e altri permessi consentiti; le tutele nei casi di maternità o di lavoratori permanentemente o temporaneamente disabili; la misura minima dei salari e la protezione dei dipendenti in caso di fallimento; la procedura per lo scioglimento del rapporto di lavoro ed i casi di licenziamento giustificato e non; il diritto di partecipazione dei lavoratori alle decisioni riguardanti i loro diritti sociali ed economici ed i loro interessi; le funzioni dei Consigli dei lavoratori. Tra gli aspetti principali possiamo vedere come la normativa consente al datore di lavoro la libera scelta delle modalità di reclutamento del personale e della forma di conclusione del contratto. In assenza di un contratto scritto, il datore di lavoro deve rilasciare al neodipendente un'attestazione scritta che istituisce il rapporto di lavoro; . 54 in mancanza di uno dei due documenti, la legge considera il rapporto instaurato a tempo indeterminato, salvo prova contraria entro 1 anno da parte del datore di lavoro. Non possono essere assunti lavoratori di età inferiore ai 15 anni e, in ogni caso, è vietato l'impiego di minorenni nel lavoro notturno. Circa gli elementi del rapporto, il contratto individuale di lavoro non può prevedere salari inferiori rispetto ai livelli stabiliti nei contratti collettivi. L'orario di lavoro ordinario non supera le 42 ore settimanali ed i dipendenti hanno diritto: ad un periodo minimo di ferie; ad un periodo di aspettativa, per cure mediche proprie o di familiari, per corsi di studio o di specializzazione; nel caso delle lavoratrici, ad un periodo di puerperio di 45 giorni precedenti il parto; se occupati in un'impresa che impiega regolarmente almeno 20 dipendenti, di eleggere uno o più rappresentanti – riuniti in un Consiglio dei lavoratori – incaricati di difenderne gli interessi nei confronti del datore di lavoro. Al momento della conclusione del contratto, il neodipendente è tenuto a notificare al datore di lavoro ogni circostanza legata alle proprie condizioni di salute che possa influenzare la prestazione professionale e il datore di lavoro può richiedere al dipendente di sottoporsi ad esami clinici per accertarne l'idoneità allo svolgimento di determinati compiti. Iniziato il rapporto, il datore di lavoro non deve richiedere al dipendente di svolgere attività diverse da quella per la quale è stato assunto; la legge pone inoltre al datore di lavoro l'obbligo di curare l'organizzazione dell'ambiente di lavoro in maniera idonea a salvaguardare la salute dei dipendenti e di rispettarne la privacy. Il datore di lavoro ha l'obbligo di fornire la necessaria formazione professionale; può impiegare un neoassunto in mansioni coerenti con la sua formazione scolastica, mediante un rapporto di apprendistato della durata massima di regola non superiore ad un anno. Soltanto in casi di forza maggiore o circostanze che determinino una necessità immediata, possono venire richiesti ai dipendenti orari di lavoro straordinari. . 55 Il rapporto può cessare: per morte del dipendente; per scadenza del periodo concordato nel caso di rapporto a tempo determinato; al raggiungimento del 65° anno da parte del dipendente e di 20 anni di servizio assicurati a fini pensionistici; per dimissioni dovute a sopravvenuta disabilità al lavoro; per accordo fra datore di lavoro e dipendente; per decisione dell'autorità giudiziaria competente. In materia di licenziamenti, la legge distingue sostanzialmente tre casi. La prima ipotesi, “preavviso regolare”, ricorre in caso di valide ragioni, dovute al venir meno della necessità di determinate prestazioni in seguito a motivi tecnici, economici od organizzativi, ed obbliga il datore al rispetto dei termini di preavviso concordati o resi obbligatori dalla legge o dai contratti collettivi. La seconda, “cessazione ordinaria”, può verificarsi nei casi di colpa non grave o cattiva condotta del dipendente nei rapporti a tempo indeterminato e, se espressamente previsto dal contratto, in quelli a tempo determinato. L'ultima, definita “cessazione straordinaria”, può ricorrere per i rapporti di lavoro instaurati a tempo determinato od indeterminato nei casi di giusta causa, riconducibili a violazioni estremamente gravi di un'obbligazione derivante dal contratto di lavoro o ad altre importanti evenienze che, in considerazione di tutte le circostanze e degli interessi di entrambe le parti, non rendono possibile la continuazione del rapporto. La normativa esclude espressamente, dalle possibili ipotesi di giusta causa di licenziamento, l'assenza temporanea dal lavoro per malattia ed il ricorso intentato dal dipendente contro supposte violazioni di norme di legge, dei contratti collettivi o di regolamenti da parte del datore di lavoro. La decisione di cessare il rapporto, che deve essere notificata al dipendente in forma scritta, con l'indicazione delle sue ragioni, impone al datore di lavoro determinate procedure. In caso di cessazione ordinaria e straordinaria, il datore di lavoro deve di norma offrire al dipendente la possibilità di fornire spiegazioni della propria condotta; la possibilità di cessazione ordinaria richiede inoltre al datore di illustrare al dipendente, in forma scritta, le proprie obbligazioni ed i comportamenti contestati, mentre, in caso di cessazione straordinaria, il datore di lavoro deve dimostrare l'esistenza del presupposto della giusta causa. Diverse risultano, d'altra parte, le implicazioni della decisione di licenziamento e le tutele per il lavoratore. La normativa prevede che, salvo i casi di licenziamenti derivanti da cattiva condotta (cessazione or- . 56 dinaria o, per la sua gravità, straordinaria), il licenziamento di un dipendente con contratto a tempo indeterminato che abbia prestato servizio continuativo per 2 anni, consente allo stesso di acquisire il diritto ad un'indennità il cui ammontare può essere concordato in misura non inferiore, per ciascun anno di servizio, alla metà della retribuzione media mensile nei 3 mesi precedenti la conclusione del rapporto. La legge indica una procedura obbligatoria per i licenziamenti, da parte dei datori di lavoro con più di 20 occupati, derivanti da cambiamenti nell'organizzazione aziendale o di natura economica e sociale, che coinvolgano oltre il 10% della forza lavoro o almeno 5 dipendenti nell'arco di 6 mesi. Tale procedura,consiste nella fissazione di un piano di collocamento, redatto in collaborazione con il Consiglio dei lavoratori interno e con un'Agenzia per l'impiego. Come accennato, il Codice del lavoro croato è stato riformato significativamente durante l'anno 2003, dopo due anni di intensi negoziati. Scopo del dibattito sviluppatosi in Croazia sul mercato del lavoro durante il periodo 2001-2003 era quello di arrivare ad una forma ottimale di legislazione del settore. Intenzione del governo era quella di riformare la rigida regolamentazione del mercato del lavoro avvicinandola sempre più a quella degli altri paesi in transizione. Il processo di riforma si è concluso nell'estate 2003 con l'introduzione di un nuovo Codice del lavoro. Anche se i sindacati e le associazioni dei datori di lavoro che hanno partecipato alle trattative hanno espresso pubblicamente il loro scontento per il risultato finale, nessuno ha intrapreso azioni atte ad impedire l'entrata in vigore della legge. Il cambiamento del Codice ha trasformato la Croazia da uno dei paesi europei con la disciplina più rigorosa del mercato del lavoro, come rilevato da EPL (Employment protection legislation), ad un paese con un indice di EPL vicino alla media dei paesi dell'Ue. I cambiamenti effettuati nella legislazione hanno causato una diminuzione del 23% dell'indice di EPL, cioè si è passati da un 3,59% ad un 2,76%. Più flessibilità è stata introdotta in tutte e tre le componenti importanti dell'indice di EPL, cioè l'occupazione permanente, l'occupazione temporanea e i licenziamenti collettivi. . 57 Le versioni iniziali della riforma del Codice del lavoro avevano incluso cambiamenti che avrebbero portato l'indice di EPL al 2,25%, sotto la media dei paesi Ue in transizione, ma il processo di trattativa fra i partner sociali ha limitato la portata delle riforme. Di conseguenza, rispetto a tali Paesi, la Croazia ha ancora una regolamentazione del mercato del lavoro piuttosto pesante. 2.2 Costo del personale A partire dal 1 aprile 2002 il salario minimo stabilito per legge, esclusi incentivi e altre indennità è di 1.700 kune. Secondo gli ultimi dati dell'Ufficio Nazionale di Statistica croato, ad aprile 2005 il salario medio mensile netto per un impiego in attività legalmente riconosciute è stato di 4.287 kune: comparato allo stesso salario di aprile 2004 ha subito un aumento reale dello 0,3%. Il salario medio lordo ammonta a 6.112 kune che rappresenta un decremento reale dello 0,4% rispetto al 2004. Ovviamente questi sono dati statistici medi, in quanto nella realtà esistono notevoli differenze tra i vari settori di attività, nonché tra aziende dello stesso settore. Nella tabella che segue sono riportati i salari medi mensili netti e lordi dal 2001 al 2003, divisi anche per settori di attività, pubblicati dall'Ufficio Nazionale di Statistica croato. SALARIO MEDIO MENSILE 2001 e 2003 (HRK) 2001 2002 2003 LORDO NETTO LORDO NETTO LORDO NETTO TOTALE 5.061 3.541 5.366 3.720 5.623 3.940 AGRICOLTURA 4.083 3.006 4.383 3.204 4.477 3.287 INDUSTRIA 4.522 3.209 4.864 3.409 5.130 3.635 SERVIZI 5.480 3.796 5.757 3.955 5.999 4.170 FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA CROATO , . 58 2004. Il versamento degli oneri previdenziali quali fondo pensione e fondo malattia è obbligatorio per tutte le categorie di lavoratori. Gli oneri vengono calcolati sul lordo e sono a carico del datore di lavoro. L'Act on Job Placement and Unemployment Insurance regola l'accesso all'indennità di disoccupazione oltre a regolamentare altri temi concernenti il lavoro. Per avere diritto all'indennità di disoccupazione, al termine del contratto di lavoro, la persona disoccupata deve aver lavorato in modo continuato per almeno nove mesi (o dodici mesi ad intermittenza) su un periodo di diciotto mesi. Nel 2003, i destinatari dell'indennità di disoccupazione sono stati 68.000, cioè 12.800 persone, il 15,9% in meno rispetto al 2002. In conformità con la più recente risoluzione sull'indennità di disoccupazione del 1 giugno 2005, l'indennità di disoccupazione più bassa ammonta a 878.00 HRK e la più alta a 1.000.00 HRK. La durata dell'indennità di disoccupazione dipende dagli anni di servizio e può durare dai 78 (per coloro che raggiungono le condizioni minime) e 390 giorni (per coloro che hanno più di 20 anni di servizio). 2.3 Sistema fiscale Sia i residenti che i non residenti che lavorano in Croazia sono soggetti all'imposta sul reddito delle persone fisiche per i redditi da lavoro dipendente (salari e stipendi), da attività autonoma (artigianato, libere professioni, agricoltura, silvicoltura), da patrimonio e diritti patrimoniali e da capitale. Per quanto riguarda i redditi da lavoro dipendente non sono invece soggetti ad imposta i sussidi ed assistenza sociale; i compensi percepiti durante il periodo di disoccupazione temporanea, le entrate dei dipendenti a seguito di compensi, sussidi, premi, trattamenti di fine rapporto ecc. versati dal datore di lavoro entro un certo importo. Le aliquote applicate variano dal 15% al 35% sulla base di scaglioni di reddito che vanno dalle 2.500 kune al mese alle 6.250 kune. La normativa fiscale inoltre prevede la possibilità per le amministrazioni comunali con oltre 40.000 abitanti di applicare una tassa aggiuntiva che va dal 5% al 18% sul totale importo delle imposte a carico del contribuente. . 59 Il governo stabilisce soltanto lo stipendio minimo lordo (attualmente pari a kune 1.700) quale base per il calcolo ed il versamento dei contributi al Fondo pensione e Fondo malattia, per l'acquisizione dei relativi diritti. Tale importo minimo si riferisce ai dipendenti non qualificati, mentre per le altre categorie di dipendenti la base minima per il versamento dei contributi viene calcolata con l'ausilio di appositi coefficienti, a seconda del grado di istruzione e qualifica. VOCI CHE COMPONGONO LO STIPENDIO DI UN DIPENDENTE % ONERI PREVIDENZIALI DAL LORDO A CARICO DEL DATORE DI LAVORO • FONDO PENSIONE • FONDO MALATTIE • FONDO DISOCCUPAZIONE Nella scala retributiva vengono di solito riportate le professioni distinte in classi in base alla complessità e alle condizioni lavorative, mentre per i tipi di lavoro non previsti dalla scala retributiva le parti contraenti concordano l'ammontare degli stipendi con la trattativa diretta. I criteri che regolano la parte riguardante gli incentivi (premi) prendono in considerazione le norme relative a determinati tipi di lavoro; i dipendenti devono essere precedentemente informati sui criteri che verranno applicati per la valutazione dei risultati del lavoro da loro svolto. Lo stipendio base, di regola, viene aumentato dello 0,5% per ogni anno di servizio effettivamente prestato, indipendentemente dal datore di lavoro presso cui è stato prestato. Inoltre, dovrebbe essere aumentato per le ore di lavoro in cui le condizioni del servizio prestato siano più difficili di quelle abituali, che forniscono il criterio per la definizione dello stipendio base. HRK 10.400,00 STIPENDIO LORDO TOTALE ONERI PREVIDENZIALI DAL LORDO A CARICO DEL DATORE DI LAVORO 10,75% 9,00% 0,85% 20,60% 1.118,00 936,00 88,40 2.142,40 8.257,60 REDDITO RITENUTE ERARIALI A CARICO DEL DIPENDENTE: QUOTA NON IMPONIBILE = 1.250 KUNE BASE PER IL CALCOLO DELLE RITENUTE ERARIALI : (8.257,60 – 1.250) 2.500 15,00% 1.250; CIOÈ 2 VOLTE L’IMPORTO NON IMPONIBILE ) • KUNE 3.750 (6.250 – 2.500,00; CIOÈ DIFFERENZA 25,00% TRA L’ IMPORTO QUINTUPLO E L’ IMPORTO DOPPIO NON IMPONIBILE ) • KUNE 757,600 (7.007,60– 6.250,00; 35,00% • KUNE (2 1.250,00 7.007,60 375,00 X KUNE 937,50 265,16 CIOÈ DIFFERENZA TRA LA BASE PER IL CALCOLO E QUINTUPLO IMPORTO NON IMPONIBILE ) 1.577,66 TOTALE RITENUTE ERARIALI A CARICO DEL DIPENDENTE (375,00 +937,50 +265,16) 18,00% SOVRATTASSA SUL REDDITO (18% 1.577,66 KUNE) STIPENDIO NETTO (8.257,60-1.577,60-283,98) 283,98 DI 6.395,96 ONERI PREVIDENZIALI SUL LORDO A CARICO DEL DATORE DI LAVORO: • FONDO PENSIONE • FONDO MALATTIE • FONDO DISOCCUPAZIONE • CAMERA COMMERCIO TOTALE ONERI PREVIDENZIALI SUL LORDO A CARICO DEL DATORE DI LAVORO 8,75% 7,00% 0,85% 0,36% 16,96% 910,00 728,00 88,44 37,44 1.763,84 RIEPILOGO • STIPENDIO LORDO • TOTALE ONERI PREVIDENZIALI A CARICO DEL DATORE DI LAVORO (37,56% DI 10.400,00 3.906,24 10.400,00) 6.395,96 • STIPENDIO NETTO • COSTO DEL LAVORO SPESA TOTALE DEL DATORE DI LAVORO : FONTE : EUROINFOCENTRE , MARZO . 60 (8.257,60+2.142,40+1.763,84) 12.163,84 2005. . 61 2.4 Sistema formativo La struttura del sistema formativo croato prevede la seguente suddivisione. Scuola dell'infanzia: età 2-7 anni; tasso di partecipazione 34,9%. Scuola di base obbligatoria: età 7-15 anni; la struttura corrente è 4 + 4 anni; tasso di partecipazione 98%. Formazione secondaria: età 15-19, programmi da 2 a 4 anni; tasso di partecipazione 63%. L'insegnamento universitario include la formazione di studi professionali parauniversitari (2-4 anni) e la formazione universitaria (4-6 anni); tasso di partecipazione 31,3%, di cui 22,9% nella formazione universitaria. La formazione in Croazia è ancora molto centralizzata con diversi elementi ereditati dal sistema iugoslavo che prevedeva che questa “scienza” fosse gestita dal governo. Durante la guerra molte strutture scolastiche hanno subito seri danni, ed ancora oggi non ci sono i fondi necessari per coprire i costi di ristrutturazione. Gli stipendi del personale docente sono bassi, come pure il loro status. In Croazia il controllo della formazione di terzo livello, cioè universitaria o parauniversitaria, è esercitato dal Ministero della Scienza e della Tecnologia (MOST), mentre il Ministero della Formazione e dello Sport (MOES) è responsabile del livello preterziario. Il MOES è responsabile dei progetti di legge sullA formazione, della definizione dei programmi di studi per tutte le scuole, della scelta dei testi, della nomina degli insegnanti, del budget scolastico, del numero degli alunni per ogni scuola, nonché di tutti i pagamenti, inclusi stipendi e spese per gli investimenti. Il problema maggiore del sistema formativo croato è rappresentato dal fatto che i contatti tra i due ministeri responsabili del sistema di istruzione sono piuttosto limitati. Anche se sono stati creati gruppi di lavoro tra le due istituzioni, non esiste ancora una strategia o una politica comune. Non solo, la formazione professionale secondaria e terziaria dovrebbe essere studiata, valutata, programmata non solo dai ministeri, ma anche dai partner sociali coinvolti. Attualmente, per esempio, la Camera per l'Artigianato sta partecipando ai programmi per l'apprendistato, ma né la Camera di Commercio, né i Sindacati partecipano attivamente con il governo a questo programma formativo. Questa mancanza di una strategia comune porta a far sì che il sistema formativo croato non abbia sviluppato una coerenza fra le scuole elementari e l'istruzione superiore. . 62 SISTEMA SCOLASTICO IN CROAZIA FONTE : SERVIZI PER L’ IMPIEGO CROATI , 2004. Vale la pena ricordare in questo paragrafo, che la Croazia, assieme ad altri paesi dell'area dei Balcani, è destinataria di alcuni progetti di assistenza in campo formativo finalizzati alla rimozione di quelli che vengono considerati i principali ostacoli alla stabilizzazione dei Balcani occidentali: alto livello di disoccupazione e formazione professionale obsoleta. Nella fattispecie l'European Training Foundation (ETF) sostiene i governi, gli istituti di formazione e i partner socio-economici della regione nello sviluppo di sistemi innovativi di formazione professionale, idonei a fornire una risposta alle istanze provenienti dal mercato del lavoro e dalla società. La cooperazione è ripartita fra le seguenti aree chiave: ristrutturazione del mercato del lavoro e formazione dei disoccupati, riforma dei sistemi d'istruzione e formazione professionale, decentralizzazione dell'insegnamento, istruzione degli adulti, quadri nazionali di qualificazione, forma- . 63 zione degli insegnanti e dei formatori nonché strategie locali di formazione e sviluppo delle competenze per le piccole e medie imprese (PMI). I cardini dell'attività dell'ETF sono sintetizzabili come segue: • Sostenere la Commissione europea nell'attuazione del programma CARDS dell'Ue nel campo della formazione professionale e dell'occupazione. La Fondazione si occupa segnatamente dell'individuazione e ideazione dei progetti CARDS, del monitoraggio e della valutazione di progetto nonché della divulgazione dei relativi risultati. • Promuovere, all'interno della regione, la qualità dello sviluppo e dell'attuazione delle politiche di formazione professionale, predisponendo consulenza sulle politiche, formazione per i responsabili delle medesime e fornitura ed analisi d'informazioni. • Assecondare la cooperazione a livello regionale tra i responsabili delle politiche, formando esperti, insegnanti e formatori di formatori. • Divulgare nella regione modelli di buona prassi dell'Ue e dei suoi futuri stati membri. ha avuto come partner estero il Ministero per l'Integrazione europea della Repubblica di Croazia – Dipartimento della Formazione. Il percorso formativo è suddiviso in una Sezione generale e in una Sezione specialistica per un totale di 140 ore di formazione. La Sezione generale si è svolta Zagabria nel mese di giugno 2004 e ha approfondito l'aspetto istituzionale e giuridico, la strategia dell'Unione per i Paesi dell'Europa Sud-Orientale, il futuro dell'Unione e la Costituzione europea. La Sezione specialistica si è svolta a Roma nel mese di luglio 2004 ed ha approfondito gli aspetti relativi alla gestione dei complessi strumenti finanziari dell'Unione Europea al fine di facilitare il necessario adeguamento delle strutture amministrative per l'adesione all'Unione europea, le relazioni esterne dell'Unione, le politiche che mirano a rafforzare il processo di democratizzazione, la competitività, la coesione economica e sociale e la cooperazione tra Paesi membri. 2.5 Servizi per l'impiego Nel 2002, l'ETF ha avviato una serie di valutazioni inter pares sull'attuazione della riforma dell'istruzione e formazione professionale volte ad offrire un apprezzamento esterno e formulare raccomandazioni circa le politiche in Albania, Croazia, Kosovo, Serbia e Montenegro. Il progetto è finalizzato ad arricchire la reciproca comprensione del sistema di istruzione e formazione professionale, come pure degli sviluppi della regione nonché a promuovere la rete di contatti tra esperti e responsabili delle politiche di settore. Nel 2003, il progetto è stato allargato alla Bosnia-Erzegovina, alla Bulgaria, all'ex Repubblica Iugoslava di Macedonia, alla Romania ed alla Turchia. Il 5 novembre del 1906, si tenne a Zagabria l'ottava Assemblea dei Delegati della Reale e Libera Capitale di Zagabria, ed uno dei punti in discussione era la creazione di una istituzione che operasse come mediatore tra coloro che cercano lavoro e coloro che lo offrono. A seguito delle decisioni prese durante quell'Assemblea, il 23 novembre 1907, fu fondato a Zagabria l'Istituto dell'Intermediazione e della Protezione della Città, destinato alla mediazione nell'impiego e alla protezione delle persone senza tetto. Questo Istituto può essere considerato il primo organo destinato all'attività di servizio all'impiego in Croazia, e probabilmente anche il primo dell'est europeo. Altra iniziativa è quella della Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale, la quale ha avviato nel 2004 un corso di formazione per 20 funzionari pubblici della Repubblica di Croazia. La Direzione generale per i Paesi dell'Europa del Ministero degli Affari Esteri, ha apposto il visto sul decreto ministeriale n. 060/297 relativo alla concessione di un contributo secondo quanto stabilito dalla legge n. 212/92 per la realizzazione del corso. Il progetto della durata di 8 mesi Oggi, in Croazia, esiste ed opera il Servizio Croato per l'Impiego (CES), entità statale ma legalmente indipendente. Il Servizio svolge un ruolo chiave nel mercato del lavoro croato, interagendo con tutti gli aspetti attuali della politica pubblica. Molte delle attività del CES sono portate avanti grazie ad una stretta collaborazione con le autorità locali e i sindacati. Gli obiettivi prioritari del Servizio Croato per l'Impiego sono: agire in maniera efficace da mediatori tra le oppor- . 64 . 65 tunità di impiego offerte dal mercato e i vari soggetti in cerca di una occupazione; fornire un supporto finanziario alle persone disoccupate, promuovere l'adattabilità delle imprese facilitando la ricollocazione; consigliare sulla scelta di un impiego o su cambi di carriera; facilitare la creazione di nuovi posti di lavoro tramite l'intervento di iniziative di sviluppo locali. Il servizio prioritario che l'Istituto fornisce è quello quindi di agenzia di collocamento. Tale servizio viene svolto tramite una procedura professionale ove un consulente del CES aiuta la persona disoccupata ad identificare l'attività lavorativa che meglio corrisponda alle sue conoscenze, abilità e competenze. La procedura inizia con interviste al candidato, condotte da professionisti in maniera approfondita al fine di ottenere tutti i dati rilevanti sulla persona. Il candidato, inoltre, viene informato sulle condizioni del mercato del lavoro, sulle possibilità offerte dal mercato in quel momento e sulle possibilità di sviluppo di carriera. Nello stesso tempo il CES svolge lo stesso servizio anche per i datori di lavoro, aiutandoli ad identificare i profili professionali più adeguati a soddisfare le loro richieste di personale. Scopo di questo servizio è collegare le richieste dei lavoratori a quelle dei datori di lavoro, accertandosi che la persona giusta assuma l'impiego giusto. Il CES regola il diritto di accesso all'indennità di disoccupazione e gli importi relativi tramite l'“Act on Job Placement and Unemployment Insurance” come già illustrato nel paragrafo precedente (2.2) Costo del Personale. Il CES, inoltre, sviluppa diverse attività di insegnamento che includono la formazione professionale, la specializzazione, l'aggiornamento, permettendo così a coloro che sono disoccupati, ma non solo, di acquisire le capacità e le conoscenze necessarie per l'ottenimento di un nuovo posto di lavoro. Scopo principale di questo servizio è fornire al mercato del lavoro, personale specializzato in quelle attività che sono maggiormente richieste e dove è più difficile reperire personale. A gennaio 2002, il governo croato ha approvato un programma destinato alle politiche del mercato del lavoro: l' “Active Labour Market Policy Programme”; il CES è l'organo esecutivo di tale programma. A marzo 2002, quando il programma è stato avviato, il governo ha nominato una Commissione per la supervisione e il controllo della esatta esecuzione del programma. . 66 Lo scopo del programma è quello di aumentare l'occupazione tramite sussidi e sovvenzioni per l'impiego ai datori di lavoro. Il programma è suddiviso in sei sottoprogrammi destinati a utenti diversi. Uno di questi è il programma denominato “dall'Università all'Impiego”. Il programma è destinato a tutte le persone laureate, con non più di 27 anni e che abbiano terminato i loro studi in un periodo di tempo regolare, che siano iscritti al CES come disoccupati o che siano studenti che si laureeranno durante l'anno in corso. Le sovvenzioni destinate a chi assume questi laureati vengono erogate sia agli uffici del governo e alle imprese pubbliche, sia alle imprese del settore privato. Le sovvenzioni variano a seconda del programma e del periodo in cui una persona è tenuta in organico. Una sovvenzione particolare è destinata a quelle imprese che hanno sede nelle aree geografiche economicamente arretrate e destinatarie quindi di politiche e misure particolari da parte del governo. Un altro programma è rivolto all'assunzione di quelle persone che sono qualificate o altamente qualificate in termini di formazione professionale ma ancora senza alcuna esperienza lavorativa. Requisito necessario è che siano registrate come disoccupate da almeno 6 mesi, o che completeranno la loro istruzione durante l'anno in corso. Il sussidio per il datore di lavoro in caso di assunzione di tali categorie di persone sarà pari al 100% dello stipendio lordo per i primi sei mesi, e intorno al 37% per i successivi 18 mesi. Condizione per il datore di lavoro è di mantenere l'impiegato fino alla conclusione del periodo della sovvenzione. Il programma "Creare profitto dall'esperienza maturata", invece, si rivolge a disoccupati iscritti al CES da almeno sei mesi, che abbiano una età superiore ai 45 anni per le donne e di 50 per gli uomini. Il datore di lavoro ottiene un sussidio pari al 100% dello stipendio lordo per i primi sei mesi e un rimborso sui contributi per i successivi 12 mesi. Anche qui il datore di lavoro è tenuto a mantenere impiegata la persona fino alla conclusione del periodo della sovvenzione. Un ulteriore interessante programma concerne la promozione dell'assunzione di persone disabili. La sovvenzione ai datori di lavoro comprende i costi di istruzione e di addestramento per almeno 12 mesi, e, in alcuni casi, include una quota per impiegare una persona per ulteriori 12 mesi. Il programma “Un lavoro per i Veterani di guerra” riguarda i veterani di guerra e le mogli o i figli di quei veterani che sono morti o risultano dispersi in seguito al conflitto dello scorso decennio. . 67 La sovvenzione al datore di lavoro in caso di assunzione è del 70% dello stipendio lordo durante il primo anno, del 50% durante il secondo, e di una percentuale inferiore e variabile se il datore di lavoro impiega la persona per ulteriori 12 mesi. lavoro ben addestrata, qualificata e adattabile svolge infatti un ruolo importante nella crescita economica e costituisce al tempo stesso una risposta a tre grandi problematiche che l'Ue deve affrontare: disoccupazione, povertà ed esclusione sociale. Dal 1° Marzo 2002 al 31 Luglio 2005, grazie a questo programma sono state impiegate 78.749 persone. Non si tratta di una cifra elevata ed è comunque inferiore alle aspettative del governo. Le cause di ciò possono essere diverse, riconducibili in parte ad una non troppo trasparente gestione dei fondi, o al fatto che i datori di lavoro allo scadere del finanziamento non rinnovavano il contratto al dipendente, ma ne assumevano uno nuovo per ottenere un nuovo sussidio. Attualmente le misure adottate dal governo croato per questo programma sono state abolite, e quelle annunciate per settembre 2005 non sono ancora state varate. La Strategia Europea per l'Occupazione (SEO), introdotta con il summit di Lussemburgo del 1997, ha come obiettivo quello di mettere l'Unione nelle condizioni di trovare la piena occupazione rafforzando, entro il 2010, la coesione sociale. Traducendo questo in cifre, le misure che i singoli Stati membri adotteranno, dovranno portare, entro tale data, il tasso di occupazione dell'Unione dall'attuale 64% al 70%, mentre più recentemente (Consiglio Europeo di Stoccolma del marzo 2001) sono stati fissati gli obiettivi intermedi per l'anno 2005, del 67% globale e 57% per le donne. Raggiungere questo traguardo significa creare, sempre entro il 2010, 20 milioni di posti di lavoro nell'Ue dei 25 (tra il 1999 e il 2003 nell'Ue dei 15 ne sono stati creati sei milioni). Al di là delle linee di orientamento generale, gli sforzi dell'Ue mirano al rafforzamento dei seguenti punti: 3. Politiche del lavoro 3.1 La strategia europea per l'occupazione… Le priorità assolute della politica europea per l'occupazione ed altresì della politica sociale dei Paesi membri in tema di aggiornamento e modernizzazione della propria legislazione in materia di mercato del lavoro sono fondamentalmente tre: più lavoro, migliori condizioni e pari opportunità. Questo per raggiungere l'obiettivo delineato durante il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000, il quale auspica che quella dell'Ue diventi l'economia fondata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo. • • • • • • • • • • Tale ambizioso obiettivo deve essere raggiunto senza che nessuno degli attuali 25 membri rimanga indietro rispetto agli altri e per questo l'Agenda per la politica sociale mira a collegare tra loro le politiche economica, occupazionale e sociale. Saranno necessari ancora ingenti investimenti in risorse umane, al fine di accrescere il numero di persone in possesso delle competenze professionali di cui l'economia ha bisogno, migliorare la qualità della formazione e la capacità delle persone di adattarsi ai cambiamenti. Una forza Con le decisioni prese nel Consiglio di Barcellona del 2002 si conferma l'obiettivo fondamentale della piena occupazione e si raccomanda il rafforzamento della SEO come strumento della strategia di Lisbona nell'Unione allargata. Sulla base di tali direttive ogni anno il Consiglio europeo definisce le priorità comuni e gli obiettivi individuali delle politiche occupazionali degli Stati membri. Le strategie perseguite hanno come finalità la creazione di posti di lavoro, la loro qualità, un migliore equilibrio tra le esigenze dell'attività professionale e quelle del- . 68 strategia coordinata per l'occupazione; qualità del lavoro; ruolo del FSE; formazione e l'apprendimento per tutto l'arco della vita; mobilità; rapporto tra politica di immigrazione e occupazione; coinvolgimento maggiore dei lavoratori nella gestione dei cambiamenti; salute e sicurezza sul lavoro; ambiente di lavoro e i rapporti di lavoro; responsabilità sociale delle imprese. . 69 la vita privata, un invecchiamento attivo, nonché di garantire che l'origine etnica, il sesso o le disabilità non limitino le possibilità di trovare un impiego. Ogni governo dell'Unione europea elabora così ogni anno il proprio Piano d'Azione Nazionale (NAP) che precisa le modalità di tali orientamenti. Nel NAP, ogni Paese descrive in quali misure le linee direttrici della SEO vengono adottate a livello nazionale. Descrive inoltre i progressi realizzati negli ultimi 12 mesi e le misure previste per i 12 successivi, risultando così al contempo documenti di monitoraggio e pianificazione di politiche per l'occupazione. 3.2 …e le misure adottate dal governo della Croazia Nel mese di maggio 2004 la Croazia ha approvato il suo primo Piano d'Azione Nazionale per l'impiego (NAP), che verrà realizzato durante i prossimi tre o cinque anni. Prodotto attraverso un processo di ampia consultazione che ha coinvolto persone ed istituzioni diverse (si va dai ministeri all'Ufficio Nazionale del Lavoro, fino ad arrivare alle proposte degli organi rappresentativi locali), questo documento sintetizza in termini programmatici l'orientamento e le riforme che il Paese intende adottare in tema di occupazione. Anche il NAP croato, come quello degli altri Paesi, presenta una sintesi di passato, presente e futuro nel senso che offre un quadro della situazione nazionale più recente e formula, a partire da essa, il programma delle realizzazioni possibili a breve termine. Il programma è in tre volumi. Il volume 1 precisa le misure che devono essere adottate per migliorare il funzionamento del mercato del lavoro e per ridurre la disoccupazione; il volume 2 contiene una sintesi del passato, le argomentazioni attuali e la spiegazione delle misure da adottare; il volume 3 fornisce il materiale statistico utilizzato nell'analisi. Il programma classifica le misure da adottare in tre gruppi: misure chiave; misure altamente desiderabili; misure desiderabili. Le misure chiave sono quelle strategicamente più importanti e richiedono l'attenzione iniziale. Le misure altamente desiderabili sono meno urgenti ma sostengono le misure chiave. Le misure desiderabili sono non urgenti o strategiche ma sono provata componente del processo di sviluppo politico. Le misure stabilite nel documento dovrebbero essere realizzate tramite un piano d'azione della durata di tre o cinque anni. . 70 Non è previsto che il programma spenda denaro pubblico supplementare. Alcune delle misure da adottare non richiedono fondi monetari supplementari, altre invece richiedono che i fondi pubblici esistenti siano orientati in maniera diversa. Tra i principali obiettivi del governo croato espressi nel NAP, troviamo al primo posto la disoccupazione e quindi le misure atte a risolverla e prevenirla, e a promuovere un efficace inserimento delle popolazione disoccupata e inattiva nel mondo del lavoro. Preoccupazione principale del governo croato è quella di ridurre la disoccupazione di lungo periodo. In Croazia, molto spesso, i disoccupati restano iscritti sul registro della disoccupazione per lunghi periodi. Nei mercati del lavoro occidentali più dinamici intorno all' 80% di coloro che si iscrivono al registro della disoccupazione dopo circa sei mesi lo lasciano. Questa cifra in Croazia è del 50%. È nota l'esistenza di un legame tra la durata della disoccupazione e la prospettiva di ottenere un nuovo lavoro: più a lungo qualcuno resta disoccupato più grande è la probabilità che rimarrà disoccupato. Di conseguenza, una priorità chiave per la politica del mercato del lavoro in Croazia dovrà essere quella di ridurre il flusso della disoccupazione di lunga durata. Altro aspetto molto importante da combattere è la disoccupazione giovanile. Infatti, a causa di risparmi fiscali, di sovente alle persone giovani vengono offerti contratti provvisori e quasi mai permanenti. È importante sottolineare che la Croazia possiede un organismo statale, il Servizio per l'Impiego croato (CES), che è uno strumento chiave della politica di governo nello sviluppo del mercato del lavoro. Il Servizio ha una considerevole conoscenza sul mercato del lavoro croato e dei dati della disoccupazione. È stato da poco modernizzato e trasformato grazie all'introduzione di tecniche di gestione e amministrazione moderne, tecnologia e formazione avanzata del suo personale. Tra le misure chiave da adottare: a) sarà compito del Servizio per l'Impiego croato (CES) stabilire un chiaro sistema integrato che sia efficacemente operativo per gli iscritti al registro della disoccupazione. Tale sistema dovrà includere: la preparazione di un piano di reinserimento nel mercato del lavoro entro due mesi dall'inizio della disoccupazione; un controllo addizionale a quel- . 71 lo già esistente, sull'impegno degli individui a cercare e trovare un lavoro; la preparazione di dettagliate interviste approfondite per tutte le persone disoccupate da almeno sei mesi. b) Sarà compito dell'Istituto “Programmi Attivi del Mercato del Lavoro” (ALPMS) verificare che una persona abbia i requisiti necessari per essere iscritta al registro dei disoccupati; successivamente aiutare gli iscritti con programmi di aiuto volti alla ricerca di un nuovo lavoro, alla compilazione di curricula vitae personali, alla preparazione alle interviste, nonché con corsi di preparazione generica, come per esempio di alfabetizzazione di base (comprensione alla lettura, capacità di scrittura e di calcolo aritmetico), presentazioni personali, lavoro di squadra ecc. Altro obiettivo fondamentale del governo croato espresso nel NAP è la creazione di nuove opportunità di lavoro attraverso lo sviluppo di nuove attività imprenditoriali. La Croazia ha un tasso di “creazione del lavoro” fra i più bassi di tutti i paesi in via di transizione. Anche se sempre in misura minore rispetto ad altri paesi in via di transizione, anche in Croazia le piccole aziende private ed il settore dell'artigianato sono i soggetti più dinamici dell'imprenditoria. Le aziende private createsi recentemente appartengono soprattutto al settore dei servizi ed hanno il potenziale di crescita più alto. Tuttavia le procedure per avviare un'attività commerciale privata in Croazia sono complesse e la gestione piuttosto costosa. Rispetto ad altri paesi, la Croazia ha anche tempi amministrativi più lunghi per avviare una nuova attività, circa 50 giorni rispetto ai 20 della media europea. Altre problematiche che rallentano lo sviluppo di piccole imprese, sono per esempio la difficoltà ad assumere e licenziare forza lavoro, così come le difficoltà ad ottenere finanziamenti da creditori istituzionali. Vi sono poi preoccupazioni che riguardano più in generale il grado di efficienza del settore pubblico sia a livello nazionale che regionale e locale, l'efficienza del sistema legislativo, la frequente promulgazione di nuove leggi e le continue correzioni delle stesse, e la partecipazione diretta ed indiretta dello stato nella conduzione delle operazioni commerciali. . 72 Per cercare quindi di superare tali difficoltà e facilitare la nascita e la crescita delle piccole imprese sono state previste nel NAP le seguenti misure chiave: a) rivedere i regolamenti che disciplinano le iscrizioni al registro imprenditoriale e dell'artigianato. Ridurre i tempi medi necessari per la registrazione da 50 a 20 giorni; b) perseguire le misure necessarie affinché siano sollecitati i processi legali che riguardano dispute sul commercio e sul lavoro; c) creare le condizioni che rendano le opportunità imprenditoriali in Croazia competitive rispetto ai paesi limitrofi, quindi una maggiore flessibilità nell'assunzione e licenziamento del personale; maggiore sicurezza nel far rispettare i contratti; maggiori opportunità di finanziamento dal settore bancario; procedure più snelle nella liquidazione e fallimento. Successivo punto preso in considerazione nel NAP è quello relativo alla promozione dello sviluppo del capitale umano, attraverso il miglioramento della qualità e dell'efficienza del sistema di formazione ed istruzione. Il sistema di istruzione in Croazia presenta diverse lacune e avrebbe bisogno di una riforma sostanziale. La percentuale della popolazione con alto grado di istruzione in Croazia è comparativamente bassa rispetto alla media europea (13% contro il 20%). Un numero significativo di giovani abbandona gli studi prematuramente, prima di completare il ciclo previsto. Il sistema di studi universitari non è ben sviluppato, né sufficientemente interdisciplinare e tutto il sistema formativo dovrebbe essere più flessibile ed accessibile. Le misure ritenute necessarie ed inserite nel NAP per l'istruzione scolastica sono: a) adeguamento delle scuole superiori, che vada verso una formazione più ampia e generale al fine di preparare a scelte occupazionali più ricche e flessibili; b) revisione delle attività atte a preparare gli alunni della scuola elementare ai più alti gradi della formazione superiore; c) miglioramento della conoscenza delle lingue straniere. Per quanto riguarda, invece, l'istruzione e formazione non formale (postscolastica e/o per adulti) bisogna ricordare che i corsi per adulti in Croazia . 73 sono la parte più trascurata e più arretrata del sistema di istruzione anche se recentemente, istituti privati di formazione hanno fornito addestramento professionale di buon livello per attività legate al commercio. Le misure introdotte in questo settore dal NAP sono: a) inclusione dei corsi per adulti nei piani delle politiche per la formazione dei lavoratori; b) riforma della formazione professionale e del sistema di istruzione in modo che siano conformi con gli standard del sistema europeo di istruzione scolastica; c) creazione di una struttura istituzionale coerente per la suddetta riforma. Il successivo punto affrontato nel NAP è la parità di genere nel mercato del lavoro. Nella decade della transizione, lo stato di disoccupazione femminile in Croazia ha sofferto meno di quello maschile. Ciò è dipeso dal declino delle attività industriali, che usualmente impiegano più uomini, e da un maggior sviluppo delle attività dei servizi ove esiste una preponderanza di impiegate femminili. Nella pubblica amministrazione e in aziende statali, però, donne con lo stesso livello di formazione di colleghi uomini occupano posizioni impiegatizie di livelli più bassi. Inoltre, le donne sono scarsamente rappresentate nella categoria degli imprenditori e dei lavoratori autonomi, mentre sono sovrarappresentate nei lavori di più basso livello nelle attività commerciali, amministrative e industriali. Una corretta legislazione in tale ambito è stata attuata da poco; si tratta dell'Employment Act, Legge sull'occupazione (OG 114/03) che proibisce ogni discriminazione in base a colore, genere, età, origine etnica e orientamento sessuale. La legge garantisce l'uguaglianza di tutti i cittadini riguardo ad occupazione, lavoro, salario, promozioni ecc. Il governo croato ritiene che sarà necessario un certo periodo di tempo prima che l'effetto del provvedimento dia i suoi frutti. L'Employment Act prevede le seguenti misure: a) assicurare la possibilità di ricorrere legalmente in tutti i casi di violazione del diritto di uguaglianza di trattamento sui luoghi e nei mercati del lavoro; . 74 b) introdurre degli standard per l'identificazione delle varie forme di discriminazione nell'impiego e i relativi meccanismi per ovviare e proteggersi; c) sviluppare una strategia efficace per l'armonizzazione della legge nazionale. È necessario estendere la legge di occupazione anche al campo della previdenza sociale. Altro tema affrontato nel NAP è quello relativo alla promozione dell'integrazione e alla lotta alla discriminazione, nel mondo del lavoro, di persone con particolari difficoltà, come coloro che hanno lasciato troppo presto gli studi e che conseguentemente non hanno nessuna particolare specializzazione, gli invalidi, gli immigrati e le minoranze etniche. Il censimento del 2001 ha indicato che il 9,7% della popolazione è costituito da disabili e di questi, il 2,5% circa, è disoccupato. Recentemente la legislazione ha introdotto un sistema di quote per cui i datori di lavoro sono tenuti ad impiegare almeno il 2% di disabili nella propria impresa. La Croazia ha la più bassa percentuale in Europa di persone disabili con un impiego permanente (7%). Misure inserite nel NAP: a) identificare i consulenti che si specializzeranno nell'assistenza dei disoccupati disabili e svilupperanno i rapporti tra questi e i datori di lavoro; b) valutare l'efficacia del sistema delle quote di cui sopra. Il lavoro sommerso è un altro importante nodo affrontato dal governo croato. L'istituto Pubblico di Finanza ha effettuato una ricerca per stimare l'economia sommersa in Croazia negli anni 1990 - 2000; è risultata una percentuale di lavoro non dichiarato del 7% sul PIL nazionale. Sebbene l'economia sommersa abbia subito un rallentamento durante gli anni Novanta, essa ha ancora un valore superiore agli 11 miliardi di kune. Causa principale del lavoro sommerso e della mancata dichiarazione di attività imprenditoriale è la volontà di evadere il carico fiscale. In altri paesi europei le pene previste per questo tipo di pratica illegale e i controlli effettuati sono molto più severi che in Croazia, quindi gli obiettivi descritti nel NAP prevedono il rafforzamento del sistema legislativo e la sua applicazione, nonché un alleggerimento degli oneri fiscali con semplificazioni delle procedure amministrative. Saranno necessari . 75 miglioramenti nella trasparenza e nella precisione dei regolamenti, nell'efficienza del controllo pubblico, nell'efficacia delle corti di giustizia, nella professionalità dell'amministrazione civile. Sarà inoltre necessario realizzare un valido sistema anticorruzione e di riduzione del clientelismo, particolarmente delle istituzioni pubbliche. Le misure chiave stabilite nel NAP sono: a) un controllo regolare e costante sulla valutazione della portata, delle cause e delle conseguenze del lavoro sommerso; b) lo scoraggiamento di tale pratica attraverso incentivi economici, amnistie e aumenti di sanzioni e pene legali; c) il conferimento di maggior autorità agli ispettori del lavoro. Ultimo, ma non meno importante argomento preso in considerazione nel NAP, è quello relativo alla riduzione delle disparità regionali nell'ambito di creazione e sviluppo di opportunità di lavoro. In Croazia infatti, esistono aree geografiche economicamente arretrate. Non si tratta solo delle aree rurali, ma anche di alcune zone di frontiera, isole e altopiani. Alcune sono state indicate come “zone di preoccupazione particolare” e sono destinatarie di politiche e misure particolari. Lo sviluppo di queste zone dipenderà sostanzialmente dalla possibilità di creazione di nuovi lavori e opportunità d'impiego. Le disparità regionali sono enormi: la capitale Zagabria e tutta l'area intorno ad essa offre molte opportunità di lavoro per il fatto di essere la capitale, in Istria le opportunità occupazionali e lo sviluppo economico sono collegati al settore turistico, alla pesca e ad una cultura imprenditoriale consolidata. La Dalmazia centrale, invece, soffre ancora delle conseguenze della guerra. Le isole in genere sono scarsamente popolate, economicamente molto deboli e sostenute dal budget statale mentre nel Sud del Paese l'economia sta recuperando grazie ad uno sviluppo del turismo. Il mercato del lavoro è generalmente più depresso nelle zone rurali rispetto a quelle urbane e in alcune di esse la percentuale di popolazione economicamente attiva raggiunge soltanto il 37% (per esempio contea Zadarska) rispetto ad un 43% nelle aree urbane della stessa contea. Inoltre ci sono differenze importanti per quanto riguarda la situazione del lavoro delle donne che vivono nelle zone rurali e di quelle che vivono nelle aree urbane: la quota di donne della popolazione economicamente attiva che vive in area rurale è molto più bassa (35-42%) di quel- . 76 la che vive nelle aree urbane (45 47%). Infine, una percentuale elevata della popolazione agricola (fino al 47%) è economicamente inattiva. Molte aree affrontano rilevanti problemi demografici e sociali, per esempio alte percentuali di persone anziane, disoccupazione sommersa e una vasta popolazione di agricoltori che non si vogliono muovere o spostare dalle loro terre. In questo campo, le misure adottate sono: a) sviluppo una strategia che preveda più azioni che portino allo sviluppo di tutte le zone economicamente arretrate; b) utilizzo di strategie “ad hoc”, tenendo presente che una strategia valida per una regione non necessariamente avrà successo in altre aree. Andranno sempre esaminate le specificità dell'area quanto a istituzioni, procedure amministrative, operative e finanziarie; c) trasferimento, per quanto possibile, nella realtà croata delle politiche di sviluppo usate con successo negli altri Stati membri. . 77 4. Relazioni internazionali 1. Rapporti con organismi internazionali La Repubblica Federale Socialista della Iugoslavia è stata Membro fondatore delle Nazioni Unite, avendo firmato lo Statuto il 26 giugno 1945 poi ratificato il 19 ottobre 1945. Alla sua dissoluzione, sono stati ammessi come membri i singoli stati nati dalla sua dissoluzione: BosniaErzegovina, Repubblica di Croazia, Repubblica di Slovenia, ex Repubblica Iugoslava di Macedonia e Repubblica Federale di Iugoslavia. La Repubblica di Croazia è stata ammessa come Membro delle Nazioni Unite mediante risoluzione dell’Assemblea Generale il 22 maggio 1992, e da quella data ha sempre svolto un ruolo attivo nelle Nazioni Unite. Nel 2002 ha presieduto il Consiglio economico e sociale (ECOSOC) ed ha presieduto vari comitati e commissioni ONU. A seguito degli accordi di pace di Dayton e di Parigi del 1995, cinque missioni delle Nazioni Unite hanno contribuito a far rispettare la pace in territorio croato, ma nel 1999 la Croazia da paese destinatario delle operazioni è divenuta un paese contribuente, inviando le sue truppe a partecipare all’operazione di pace in Sierra Leone (UNAMSIL). Al momento la Croazia sta partecipando a dodici missioni di pace nel mondo e la polizia militare croata è presente nella missione di ricostruzione post-guerra in Afghanistan. È divenuta paese membro dell’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa (OSCE) il 24 marzo 1992, e da quel momento ha partecipato al lavoro dell’organizzazione in condizioni paritarie agli altri paesi. All’inizio degli anni Novanta, la Croazia era un paese vittima di una guerra e quindi rappresentava spesso una priorità sull’agenda delle missioni di aiuti dell’OSCE. Il 18 aprile 1996, il Consiglio Permanente dell’OSCE attivò a favore della Croazia una missione a lungo termine, che è ancora in atto, con il mandato di aiutare il governo croato nel processo di normalizzazione del dopoguerra. Nello scopo della missione si legge: “La Missione fornirà assistenza e competenza alle autorità croate a tutti i livelli, così come a individui, gruppi e organizzazioni interessati nel cam- . 79 po della protezione dei diritti umani e dei diritti delle persone appartenenti a minoranze nazionali. In tale contesto e al fine di promuovere la riconciliazione, lo stato di diritto e la conformità ai più alti standard internazionalmente riconosciuti, la Missione assisterà la completa attuazione della legislazione e verificherà il corretto funzionamento e lo sviluppo delle istituzioni democratiche ed i relativi processi e meccanismi”. La Croazia è divenuta membro del Consiglio d’Europa il 6 novembre 1996. In seguito alla sua annessione, il 5 novembre 1997, ha ratificato la Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo e ha riconosciuto il diritto al ricorso individuale. Ad oggi ha firmato e ratificato ben 74 trattati e firmato ma non ancora ratificato 13 trattati. All’interno del Consiglio d’Europa è partecipe dei seguenti programmi di cooperazione: • assistenza giuridica: si tratta di programmi disegnati per aiutare i nuovi Stati membri ad attuare le loro riforme istituzionali, legislative e amministrative. Alcuni programmi specifici, finanziati congiuntamente dalla Commissione europea e dal Consiglio d’Europa, sono stati attuati o sono in corso di attuazione in alcuni paesi, con l’obiettivo di stabilire una cornice giuridico-istituzionale conforme alle norme europee. • Libertà di espressione e media: sono programmi atti a promuovere il funzionamento professionale, indipendente e pluralista dei media in Europa. Il Consiglio d’Europa offre, dal 1989, programmi di assistenza agli attuali o potenziali Stati membri. Il programma di assistenza e cooperazione tecnica nel settore dei media (ATCM) copre un’ampia gamma di questioni, quali i diritti e le responsabilità dei giornalisti, il regolamento della stampa, del settore radio-televisivo, l’accesso all’informazione ecc. ORGANISMI INTERNAZIONALI DI CUI LA CROAZIA È MEMBRO E RELATIVA DATA DI ANNESSIONE 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. WIPO WORLD INTELLECTUAL PROPERTY ORGANIZATION 08.10.1991 ICAO INTERNATIONAL CIVIL AVIATION ORGANIZATION 09.05.1992 ONU ORGANIZATION OF THE UNITED NATIONS 22.05.1992 UNIDO UNITED NATIONS INDUSTRIAL DEVELOPMENT ORGANIZATION 02.06.1992 WHO WORLD HEALTH ORGANIZATION 11.06.1992 UNESCO UNITED NATIONS EDUCATIONAL, SCIENTIFIC AND CULTURAL ORGANIZATION 07.07.1992 UPU UNIVERSAL POSTAL UNION 20.07.1992 ILO INTERNATIONAL LABOUR ORGANIZATION 06.08.1992 IMO INTERNATIONAL MARITIME ORGANIZATION 08.10.1992 INTERPOL INTERNATIONAL CRIMINAL POLICE ORGANIZATION 04.11.1992 WMO WORLD METEOROLOGICAL ORGANIZATION 08.11.1992 IMF INTERNATIONAL MONETARY FUND 14.12.1992 INTELSAT INTERNATIONAL TELECOMMUNICATIONS SATELLITE ORGANIZATION 14.12.1992 IMSO INTERNATIONAL MOBILE SATELLITE ORGANIZATION 1992 IAEA INTERNATIONAL ATOMIC ENERGY AGENCY 12.02.1993 ISO INTERNATIONAL ORGANIZATION FOR STANDARDIZATION 01.01.1993 MIGA, ICSID THE WORLD BANK GROUP – MULTILATERAL INVESTMENT GUARANTEE AGENCY – INTERNATIONAL CENTRE FOR THE SETTLEMENT OF INVESTMENT DISPUTES 19.05.1993 – 16.06.1997 WCO WORLD CUSTOMS ORGANIZATION 01.07.1993 WTO WORLD TOURISM ORGANIZATION (MADRID) 04.10.1993 FAO FOOD AND AGRICULTURE ORGANIZATION 06.11.1993 IOM INTERNATIONAL ORGANIZATION FOR MIGRATION 23.11.1993 ICCROM INTERNATIONAL CENTRE FOR THE STUDY OF THE PRESERVATION AND RESTORATION OF CULTURAL PROPERTY 1994 ITLS INTERNATIONAL TRIBUNAL FOR THE LAW OF THE SEA 05.04.1995 OPCW ORGANISATION FOR THE PROHIBITION OF CHEMICAL WEAPONS 13.04.1995 IIAS INTERNATIONAL INSTITUTE OF ADMINISTRATIVE SCIENCES 01.07.1995 IHO INTERNATIONAL HYDROGRAPHIC ORGANISATION 23.11. 1995 UNIDROIT INTERNATIONAL INSTITUTE FOR THE UNIFICATION OF PRIVATE LAW 01.01.1996 ISBA INTERNATIONAL SEABED AUTHORITY 28.07.1996 IIR INTERNATIONAL INSTITUTE OF REFRIGERATION 02.07.1998 PCA PERMANENT COURT OF ARBITRATION 02.10.1998 OIML INTERNATIONAL ORGANIZATION FOR LEGAL METROLOGY 24.01.1999 WTO WORLD TRADE ORGANIZATION 30.11.2000 FONTE : MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI DI CROAZIA . La Croazia, inoltre, è Membro di alcuni dei principali organismi economici internazionali tra cui il FMI, l’IBRD, l’ILO, l’UNCTAD, l’IDA, la BERS e la BEI. Collabora con l’OCSE nell’ambito del CCNM (Centre for Co-Operation with Non-Members). Nel maggio del 2000, si è unita al Partenariato per la Pace della NATO. Al vertice di Praga per l’allargamento della NATO ai paesi della ex cortina di ferro, tenutosi il 21 novembre 2002, la Croazia non ha presentato in . 80 . 81 tempo la propria candidatura che, quindi, non è stata presa in considerazione. Ma non rimarrà esclusa perché con la firma della “Carta di partenariato dell’Adriatico”, siglata dal segretario di stato americano Colin Powell a Tirana il 2 maggio 2003, si è concluso il negoziato tra Washington e le tre nazioni balcaniche rimaste fuori dall’allargamento della NATO definito a Praga. La Carta accompagnerà Croazia, Albania e Macedonia verso l’ammissione a pieno titolo nell’Alleanza Atlantica. Trade Area), con cui il vagone croato, in linea con la propria politica di “fuga dai Balcani”, si è agganciato al treno centro-europeo. Per quanto riguarda le relazioni commerciali con l’Ue, la Croazia già da anni godeva del regime preferenziale autonomo previsto per le repubbliche dell’ex Iugoslavia, che riprendeva le concessioni commerciali previste dall’accordo di cooperazione CEE – Iugoslavia del 1980. In termini di apertura internazionale, la Croazia procede a grandi passi verso l’integrazione con il mercato europeo e quello mondiale. Le principali tappe finora raggiunte sono le seguenti: 1.1 Processo di adesione all’Unione europea a) accordo di Libero Scambio (FTA) con i Paesi dell’EFTA (European Free Trade Area) il 22 giugno 2001; b) firma dell’Accordo di Stabilizzazione ed Associazione (ASA) con l’Unione Europea, il 29 ottobre 2001, ratificato dal Parlamento già nel dicembre 2001; c) adesione al WTO (World Trade Organisation) il 30 novembre 2000. Per quanto attiene al WTO, occorre dire che in pochi anni la Croazia ha eliminato o abbattuto dazi e quote all’importazione, al punto che, come afferma il Ministero dell’Economia, quasi l’80% del commercio estero croato è ormai regolato dai principi di libero scambio sanciti dall’organizzazione ginevrina. Quanto all’ASA, si osserva che in attesa delle necessarie ratifiche l’accordo è applicato attraverso un interim agreement, la cui applicazione è attentamente tenuta sotto osservazione dalla Commissione. Sul piano economico, l’ASA prevede la creazione di una zona di libero scambio con l’Ue dopo un periodo transitorio di sei anni nonché un allineamento sostanziale della legislazione croata al diritto comunitario; vi sono inoltre clausole sulla libertà di stabilimento, sulla libera prestazione dei servizi e sulla libera circolazione dei capitali. Grazie all’interim agreement, sono stati aboliti i numerosi dazi che prima gravavano sulla maggior parte dei prodotti industriali provenienti dall’Ue. Il 21 febbraio 2003 ad Atene, la Croazia ha presentato la propria domanda di adesione all’Ue, e quasi contestualmente, il 1° marzo 2003, è entrato in vigore l’accordo di adesione al CEFTA (Central European Free . 82 Il 29 ottobre 2001 la Croazia ha sottoscritto con l'Unione europea l'Accordo di stabilizzazione ed annessione. Il 21 febbraio 2003 ha presentato ufficialmente la richiesta per l'adesione all'Unione europea. Sarà il Consiglio dei Ministri (Ue), in base all'articolo 49 del protocollo unitario, l'organo incaricato di valutare detta richiesta. Nell'aprile 2004 la Commissione europea ha emesso un avviso favorevole che ha spianato la strada per una decisione del Consiglio europeo (giugno dello stesso anno) sul via libera all'apertura dei negoziati in vista di una futura adesione della Croazia all'Ue. Il primo passo giuridicamente importante verso la strada dell'ingresso è stato la completa entrata in vigore dell'Accordo di Stabilizzazione ed Associazione (ASA) avvenuta il 1° febbraio 2005, che provvede a definire in maniera puntuale il quadro delle relazioni tra lo Stato e l'Unione. L'ASA è la cornice nella quale si rende operativa la collaborazione tra la Croazia e le strutture comunitarie in tutta una serie di settori che vanno dal dialogo politico e regionale alla creazione di un'economia di mercato competitiva per i prodotti industriali, in misura minore per quelli agricoli, che dovrebbe essere completata entro il 2007. In aggiunta ai suddetti elementi, però, come già accennato in prefazione, la Commissione europea ritiene assolutamente necessario proseguire un dialogo politico intensificato con la Croazia per discutere dei rapporti dello Stato con il Tribunale penale dell'Aia per i crimini commessi nell'ex Iugoslavia e per verificare il rispetto delle minoranze, il rimpatrio dei profughi, la riforma giudiziaria, la cooperazione regionale e la lotta contro la corruzione, nonché la risoluzione della disputa territoriale con la vicina Repubblica di Slovenia. Il primo e in assoluto più importante di questi problemi da risolvere è la cattura del latitante Ante . 83 Gotovina, il generale croato che prese parte alla guerra di Bosnia e dal 2000 ricercato dal Tribunale Penale Internazionale dell'Aia (TPI) con l'accusa di crimini contro l'umanità. La scarsa collaborazione del governo croato con il TPI in questa vicenda è stato il motivo per cui il 16 marzo 2005 il Consiglio europeo aveva rinviato sine die l'avvio dei negoziati per l'adesione; solo recentissimamente (il 3 ottobre 2005) l'Ue, dopo il parere positivo della Procuratrice Generale del Tribunale Penale Internazionale, Carla Del Ponte, ha parlato di piena collaborazione del governo croato nell'individuazione e nella cattura dell'ex criminale di guerra, che le autorità sperano poter presto estradare all'Aja affinché venga processato dal Tribunale internazionale. Tale cambiamento di atteggiamento da parte di Zagabria ha dato l'avvio ai negoziati, sbloccando una situazione che stava rischiando di impantanarsi trascinando con se anche la Turchia, i cui negoziati pure erano stati congelati. Il Consiglio ha constatato, poi, i progressi compiuti dalla Croazia nel quadro delle procedure di stabilizzazione e associazione e ha salutato con piacere l'adozione da parte di Zagabria del piano d'azione per l'integrazione europea. Importanti progressi sono stati compiuti per il ritorno dei rifugiati, e il Consiglio si augura che ogni questione possa essere risolta prima della fine del 2005. Lo stesso vale per il settore giudiziario, la cui riforma rappresenta un grande obiettivo. Per quel che riguarda l'economia, il Consiglio ha apprezzato i successi in termini di stabilità macroeconomica, seppur ritenga che la consolidazione fiscale abbia bisogno di essere perseguita con più determinazione. L'obiettivo dell'ingresso rende necessario al governo croato un massiccio intervento nell'economia per essere in grado di rispettare gli stringenti parametri europei. Il problema maggiore del Paese è il forte debito estero che si attesta sull'80% del PIL e che deve scendere, secondo le indicazioni del Fondo Monetario Internazionale, di 3 punti percentuali alla fine del 2005. Secondo gli analisti del FMI la Croazia dovrebbe intraprendere significativi aggiustamenti fiscali e tagliare la spesa pubblica in un momento in cui, al contrario, ciò è reso molto difficoltoso dai negoziati in corso con l'Unione che prevedono il conseguimento di obiettivi che non possono essere raggiunti soltanto . 84 con i fondi comunitari, ma che necessitano l'intervento statale. Tra l'altro la Banca Centrale Croata (BCC) in vista dell'ingresso nell'Unione vede ridursi la possibilità di incidere sull'economia del Paese attraverso la politica monetaria che potrebbe stabilizzare l'economia nel breve periodo. Si ricorda, che la Croazia ha già beneficiato di una serie di aiuti contenuti nei programmi comunitari: il programma PHARE per lo sviluppo delle istituzioni democratiche, l'ISPA per lo sviluppo dell'ambiente e delle infrastrutture legate al trasporto, e il SAPARD per il settore agricolo per un totale di 550,33 milioni di euro di fondi concessi dal 1993 al 2003. È da menzionare, inoltre, che la Commissione europea ha varato a maggio del 2000 il Regolamento sulle linee guida e sulle modalità di applicazione degli aiuti comunitari destinati ai paesi del Sud Est europeo (Albania, Bosnia Erzegovina, Croazia, Macedonia e Iugoslavia), relativi al periodo 2000 - 2006. Il Programma CARDS (Community Assistance for Reconstruction, Development and Stabilization) unificherà gli attuali programmi e gli strumenti di aiuto (PHARE e OBNOVA) e concentrerà l'attività della Commissione nella regione interessata. L'assistenza comunitaria consiste nel finanziare programmi d'investimento e di rafforzamento istituzionale nei suddetti paesi. L'importo finanziario per l'esecuzione di questo programma per il periodo 2000 - 2006 sarà pari a 4.650 milioni di euro. 2. Controversie internazionali Nei rapporti con la Slovenia deve ancora essere risolta la questione della definizione dei confini marittimi nel golfo di Pirano. La Slovenia e la Croazia dichiararono l’indipendenza con reciproco riconoscimento diplomatico il 25 giugno del 1991. Nel farlo dichiararono di non avere contenziosi di frontiera e di riconoscere il proprio confine – fino allora interrepubblicano – quale nuova frontiera interstatale, fatto che suggellarono in entrambi i parlamenti con la rispettiva “Carta costituzionale di fondazione e indipendenza della repubblica”. Il mutuo riconoscimento del confine venne giudicato dalla commissione internazionale di arbitrato per l’ex Iugoslavia, elemento fondamentale per il riconoscimento internazionale di Slovenia e Croazia, sia da parte dell’Ue che dell’ONU. Ma se il confine di terra tra i due nuovi stati era grosso . 85 modo definito, lo stesso non si può dire per quello di mare, non essendoci mai stata una delimitazione di acque tra le diverse repubbliche iugoslave, bensì solo tra zone e settori di controllo delle diverse polizie. A 14 anni dall’indipendenza Slovenia e Croazia si trovano ad affrontare con reciproche accuse, che vanno assumendo una dimensione europea ed internazionale, uno dei contenziosi territoriali più insidiosi nell’area dell’ex Iugoslavia. Il problema, alimentato da frequenti “incidenti di frontiera” e dal contenzioso di pesca, è di grande rilievo per la Slovenia che ha interesse ad allargare la sua limitatissima zona di giurisdizione marittima nel Golfo di Trieste. La Slovenia, essendo circondata interamente dalle acque territoriali di Italia e Croazia, come definite nel Golfo di Trieste dal Trattato di Osimo del 1975, nutre preoccupazioni per essere priva di un accesso diretto alle acque internazionali del Mare Adriatico e per le conseguenti limitazioni derivanti dalla necessità di accedere al porto di Capodistria in regime di transito inoffensivo tenendo anche conto che la Croazia prevede, nella propria normativa (art. 10 del Codice Marittimo approvato con legge del 27 gennaio 1994) l’obbligo di preventiva notifica del transito delle navi da guerra straniere. 3. Rapporti Italia Croazia 3.1 Accordi e convenzioni bilaterali Tra i numerosi accordi e convenzioni stipulati tra Croazia e Italia si possono citare: • accordo per la promozione e la protezione degli investimenti firmato a Zagabria il 05.11.1996; ratificato con la legge n. 214 del 02.03.1998 (S.O. n. 45/L G.U. n. 63 del 17.03.1998); in vigore dal 12.06.1998; • Convenzione per evitare la doppia imposizione firmata in data 27 ottobre 1999; • convenzione per l’assistenza giudiziaria e il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze in materia civile e commerciale, firmata a Roma il 3.12.1960; • accordo in materia di cooperazione turistica. Firmato il 26 giugno 1997 a Roma, ratificato dal Presidente della Repubblica il 7 ottobre 1997; . 86 • accordo per la promozione degli investimenti stranieri. È un accordo tra l’Istituto del Commercio Estero (ICE) e l’Agenzia croata per la promozione degli investimenti (CIPA) che prevede un monitoraggio comune delle opportunità di investimenti italiani in Croazia. 3.2 L’Italia e il progetto di ricostruzione dei Paesi dell’area balcanica La legge italiana n. 84 del 21 marzo 2001 disciplina le forme di partecipazione della Repubblica italiana al processo di stabilizzazione, ricostruzione e sviluppo dei Paesi dell’area balcanica; in quest’ottica, essa persegue anche l’obiettivo di coordinare gli interventi nazionali con le iniziative assunte in sede comunitaria e multilaterale dall’Italia. La legge 84 risponde dunque alla priorità di coordinare gli interventi italiani nei paesi della regione e di inquadrare l’Italia come “sistema paese” laddove, grazie ad una presenza massiccia e consolidata nel tempo, essa gode di relazioni economiche preferenziali e può ricoprire un ruolo determinante nella ricostruzione e nella pacificazione duratura dell’area balcanica. È stato istituito un Fondo (di competenza MAE-MINCOMES) destinato ad attività di promozione e sviluppo delle imprese e, in parte, ad attività di cooperazione allo sviluppo. Un ulteriore fondo, di cui sarà competente il Ministero dell’Ambiente, sarà destinato alle attività di monitoraggio dell’inquinamento chimico, fisico e radioattivo nelle zone interessate. La quota del Fondo principale destinata alla realizzazione delle attività di promozione e di sviluppo alle imprese sarà utilizzata dal Ministero del Commercio Estero per un ampio ventaglio di finalità, che, oltre alla concessione di finanziamenti agevolati senza interessi per una serie di interventi connessi all’internazionalizzazione delle imprese, include varie attività che saranno realizzate da enti operanti nel sostegno all’internazionalizzazione, quali la SIMEST, l’ICE, il Centro Servizi Informest, l’Unione Italiana delle Camere di Commercio, la FINEST. In particolare, per SIMEST e FINEST, è stato rafforzato lo strumento del venture capital, con possibilità di assumere partecipazioni fino al 40% del capitale. . 87 4. Relazioni commerciali internazionali 4.1 Commercio con l’estero Oltre il 90% degli scambi commerciali della Croazia con il resto del mondo è ormai regolato da principi di libero scambio o scambio a condizioni agevolate (paesi dell’Ue; paesi EFTA, rimanenti paesi CEFTA, Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia, Moldova, Turchia, Serbia e Montenegro). Il valore dell’interscambio commerciale cresce ad un ritmo molto sostenuto, e nel quinquennio 2000-2004 si è praticamente raddoppiato, passando in termini assoluti da 12,3 a 24,6 miliardi di dollari. Le importazioni nel 2004 sono ammontate a 16,6 miliardi di dollari, le esportazioni continuano a registrare i tassi di crescita a due cifre superando, nel 2004, gli 8 miliardi di dollari. cente, gli scambi commerciali sono diventati più vivaci, specialmente per quanto concerne l’import croato. Nel corso del 2004 aumenta notevolmente l’interscambio con i Paesi in via di sviluppo, in particolare Bosnia-Erzegovina e Russia, la quale ha nuovamente guadagnato posizioni nelle importazioni croate. In netta ripresa sono anche gli scambi con Serbia e Montenegro. ESPORTAZIONI CROATE. PRINCIPALI PAESI PARTNER (MILIONI DI DOLLARI) PAESI ITALIA BOSNIA - ERZEGOVINA GERMANIA SLOVENIA AUSTRIA SERBIA E MONTENEGRO FRANCIA STATI UNITI LIBERIA BILANCIA COMMERCIALE (MILIONI DI DOLLARI) MALTA 2000 2001 2002 2003 2004* REGNO UNITO ESPORTAZIONI 4.432 4.666 4.904 6.187 8.022 GIBILTERRA VARIAZIONE ANNUA 3,0% 5,3% 5,1% 26,1% 29,7% IMPORTAZIONI 7.887 9.147 10.722 14.209 16.583 RUSSIA ( FEDERAZIONE DI ) VARIAZIONE ANNUA 1,1% 16,1% 17,2% 32,5% 16,7% EX REPUBBLICA IUGOSLAVA DI MACEDONIA INTERSCAMBIO 12.318 13.813 15.626 20.396 24.606 PAESI BASSI VARIAZIONE ANNUA 1,8% 12,1% 13,1% 30,5% 20,6% TOTALE - 3.491 - 4.481 - 5.818 - 8.022 - 8.561 UNGHERIA GIAPPONE REPUBBLICA CECA SVEZIA *ANNO 2004 DATI PRELIMINARI FONTE : ICE ZAGABRIA , SVIZZERA MONDO 1999 773 547 673 453 265 27 104 103 169 99 80 39 6 69 2000 990 495 632 480 292 107 126 109 224 48 76 4 60 15 57 2001 1.106 560 689 426 268 153 163 120 115 56 67 6 57 36 83 2002 1.113 704 611 427 365 174 159 102 180 1 63 36 83 46 84 2003 1.651 895 734 513 480 262 175 164 100 93 90 85 81 74 74 64 50 31 23 34 4.280 59 50 29 36 40 4.432 52 46 34 28 43 4.659 59 42 40 23 33 4.899 70 49 46 46 45 6.203 2004. FONTE : ELABORAZIONI ICE SU DATI ONU - COMTRADE , Anche se gli scambi commerciali della Croazia riguardano un vasto numero di paesi, oltre la metà dell’interscambio commerciale totale è stato realizzato con i paesi dell’Ue; infatti, l’orientamento ufficiale del Paese è di favorire il commercio con l’Europa occidentale (mediterranea e continentale) nonché con l’Europa centro-orientale. Nell’ambito dei Paesi dell’Ue che partecipano all’interscambio commerciale croato, vanno senz’altro menzionate l’Italia e la Germania, come pure l’Austria e la Slovenia. È da ricordare anche la Francia con la quale, appena di re- . 88 2004. Fra i principali prodotti importati in Croazia, in termini di valore, prevalgono macchinari, attrezzature e impianti per vari tipi d’industria nonché mezzi di trasporto, in particolare autoveicoli. La struttura merceologica delle importazioni evidenzia comunque una vasta gamma di prodotti – partendo da quelli agro-alimentari fino ai beni durevoli di largo consumo e non. Tra i principali comparti merceologici e/o prodotti nell’import croato figurano il petrolio greggio ed altri prodotti . 89 dell’industria petrolchimica, prodotti intermedi e quelli per ulteriore uso industriale, veicoli stradali e loro parti, macchinari vari, nonché numerosi prodotti di largo consumo. Nell’anno 2004 il ritmo di crescita delle importazioni è stato inferiore rispetto a quello delle esportazioni ed è stato registrato un aumento notevole delle importazioni di prodotti alimentari e di largo consumo, mentre meno accentuata è stata la crescita dell’import di beni d’investimento. Tra i principali prodotti esportati figurano le materie prime ed i prodotti intermedi, tra cui specialmente vari tipi di legname e segati, petrolio e derivati nonché materie plastiche in forme primarie. In termini di valore prevalgono i beni d’investimento come mezzi di trasporto, in particolare navi, motori elettrici, macchine ed apparecchi elettrici. Sono da menzionare anche i prodotti dell’industria chimica, in particolare i prodotti per uso medicale ed i farmaci. Per quanto riguarda invece i beni di largo consumo, nell’export croato prevalgono i prodotti dell’industria tessile, le calzature, i mobili e loro parti. La crescita del valore delle esportazioni nel 2004 è conseguenza dell’aumento dei prezzi di alcuni dei principali prodotti d’esportazione croati, in particolare navi, sul mercato internazionale. 4.2 Commercio con l’Italia Le statistiche relative all’interscambio commerciale tra Italia e Balcani e quelle relative al numero di imprese italiane che investono nell’Europa Sud-Orientale dimostrano con chiarezza un dato geoeconomico certo: oggi l’Italia è il soggetto più dinamico e attivo in questa importante area geografica, crocevia, nei prossimi decenni, di fondamentali processi di integrazione, sviluppo e ricostruzione. Se in molti dei paesi balcanici c’è oggi una forte spinta verso l’Europa, dobbiamo dire che molto spesso questa “voglia” d’Europa si concretizza in una forte “domanda d’Italia”. Pressoché ovunque si registra una predisposizione estremamente positiva verso il nostro caratteristico modello di sviluppo locale, rappresentato da numerose piccole e medie imprese molto dinamiche. In particolare, è il modello tipicamente italiano dei distretti industriali che si tenta di studiare e di riprodurre. Dalla Croazia alla Russia, pas- . 90 sando per l’esperimento-modello di Timisoara, c’è un enorme domanda di esportazione del “know how” imprenditoriale, culturale e sociale che ha reso possibile in Italia la storica evoluzione dei distretti industriali. Questo nuovo ruolo da protagonista che l’Italia è chiamata a giocare nei Balcani, rappresenta un ritorno storico del nostro paese nell’area geopolitica più rilevante e significativa per le nostre relazioni internazionali. È un ritorno che avviene lungo le stesse rotte adriatiche che per secoli – anzi per millenni – hanno unito le economie delle città italiane con quelle delle città e delle regioni dell’Europa Orientale. Anche l’attività del governo italiano mira a rafforzare tale presenza economica e culturale, affiancandola e sostenendola con un’adeguata e rilevante presenza politica, sia a livello bilaterale che a livello multilaterale. Varie sono le motivazioni che rendono l’area dei Balcani così importante dal punto di vista politico ed economico: • motivazioni connesse alla stabilità politica dell’area. Dopo il decennio della conflittualità, l’area balcanica sembra oggi avviata verso una progressiva pacificazione e verso una progressiva integrazione sia “verticale” (con le istituzioni europee ed internazionali) sia “orizzontale” con la creazione di un’area di libero scambio intrabalcanica; • motivazioni connesse alla vicinanza geografica, che fanno sì che l’area venga eletta dalle imprese italiane quale zona preferenziale di proiezione estera; • motivazioni connesse all’incremento delle esportazioni italiane verso l’area. Da un’analisi dei dati statistici di fonte ISTAT, si rileva che, nel quinquennio 1997-2001, le esportazioni italiane verso i sette paesi dell’area sono aumentate del 71,2 %, contro una percentuale di aumento del 27,8 % delle esportazioni italiane verso il resto del mondo. Anche gli investimenti nell’area registrano incrementi legati al sempre più positivo coinvolgimento delle imprese italiane nei processi di privatizzazione e ristrutturazione in corso in questi paesi, arrivando nel 2000 alla cifra totale di 536 milioni di euro, di cui 349,5 milioni in Bulgaria, 134 milioni in Croazia e 50 milioni in Romania. . 91 BILANCIA COMMERCIALE CROAZIA – ITALIA (MILIONI DI DOLLARI) 2000 2001 2002 2003 2004* ESPORTAZIONI 4.432 4.666 4.904 6.187 8.022 DI CUI CON L’ ITALIA 989 1.105 1.114 1.650 1.831 IMPORTAZIONI 7.887 9.147 10.722 14.209 16.583 DI CUI CON L’ ITALIA 1.311 1.657 1.850 2.581 2.482 INTERSCAMBIO 12.318 13.813 15.626 20.396 24.606 DI CUI CON L’ ITALIA 2.300 2.762 2.964 4.231 4.673 SALDO -3.491 -4.481 -5.818 -8.022 -8.561 DI CUI CON L’ ITALIA -465 -552 -737 -931 -1.011 *ANNO 2004 DATI PRELIMINARI FONTE : ICE ZAGABRIA , 2004. Già da cinque anni, l’Italia è in assoluto il più importante partner commerciale della Croazia, detenendo la prima posizione sia nell’interscambio totale che negli acquisti e forniture croate. Risulta molto difficile definire con esattezza i comparti che maggiormente interessano gli scambi bilaterali tra i due Paesi considerando che, come emerge dalla struttura delle importazioni e delle esportazioni, tutti i settori sono rappresentati abbastanza uniformemente. Dall’Italia si importa di tutto, il prodotto italiano è ben noto sul mercato, gode di norma di una buona immagine e la produzione italiana è presente in quasi tutti i settori. Anche se dal punto di vista del consumatore locale il made in Italy è prevalentemente collegato ai prodotti di largo consumo, in particolare quelli legati alla moda e al design, come abbigliamento, calzature, mobili e prodotti per allestimento e arredamento di interni, le forniture italiane verso la Croazia riguardano una gamma abbastanza varia di prodotti. Negli ultimi tempi infatti, si sta verificando un cambiamento di tendenza che ha reso il quadro commerciale molto più diversificato anche in considerazione della sempre maggiore industrializzazione della Croazia. Mentre in passato i macchinari venivano importati di norma dalla Germania, negli ultimi anni l’importazione dall’Italia di beni strumentali sta aumentando, anche perché il prodotto italiano gode di un buon rapporto qualità prezzo. I settori dove si verifica la maggior presenza di . 92 macchinari italiani sono quelli della lavorazione del legno, della plastica, macchine agricole, macchine alimentari e macchine per confezionamento e imballaggio. Prendendo in considerazione il valore dell’import croato di alcuni comparti/prodotti realizzato nell’ultimo periodo si può rilevare che sul prodotto italiano ricade: • quasi l’80% dell’import croato di piastrelle ceramiche e quasi l’80% delle importazioni di pietre da taglio o da costruzioni (marmi, travertini, graniti); • il 43-45% delle importazioni croate di pellame e prodotti di pelli; • il 35-40% dell’import di calzature; • il 30-35% dell’import di abbigliamento, maglieria e biancheria; • il 35% dell’import di mobili e loro parti; • il 13% delle importazioni croate di generi alimentari (escluse le bevande); • il 17-18% dell’import realizzato nel comparto “macchine e mezzi di trasporto”. Quanto alle forniture croate verso l’Italia è da sottolineare nuovamente che l’Italia è il primo acquirente di prodotti croati. Nelle esportazioni croate in Italia – oltre alle forniture di alcuni prodotti di largo consumo (specialmente abbigliamento e calzature a seguito di lavorazioni per conto terzi) prevalgono tuttora le materie prime quali per esempio legno grezzo o legno di prima lavorazione, pelli grezze non conciate, prodotti chimici ed alcune materie plastiche; tuttavia, ultimamente si verifica un aumento della presenza di prodotti finiti, aventi maggior valore aggiunto; in gran parte dei casi si tratta anche di esportazioni di manufatti di aziende italiane con stabilimenti in Croazia o di società miste italo-croate. . 93 4.3 Investimenti diretti PRINCIPALI PRODOTTI DELL’INTERSCAMBIO ITALIA - CROAZIA. PERIODO: GENNAIO – MARZO 2005 (MIGLIAIA DI EURO) IMPORTAZIONI ATTIVITÀ ECONOMICHE- GRUPPI METALLI DI BASE NON FERROSI ARTICOLI DI ABBIGLIAMENTO IN TESSUTO E ACCESSORI (ESCLUSI QUELLI IN PELLE ) 2004 GEN - MAR GEN - MAR 23.333 35.776 29.633 2005 ESPORTAZIONI VAR . % 2004 GEN - MAR GEN - MAR 2005 VAR . % 53,33 7.367 14.026 90,40 31.142 5,09 32.342 33.395 3,25 PRODOTTI CHIMICI DI BASE 17.508 26.239 49,87 16.497 30.677 85,95 ALTRE MACCHINE PER IMPIEGHI SPECIALI 19.883 19.219 -3,34 1.799 2.543 CALZATURE 17.643 18.617 5,52 11.002 13.125 19,30 ALTRE MACCHINE DI IMPIEGO GENERALE 15.544 18.494 18,97 694 757 MOBILI 18.416 17.368 -5,69 7.838 5.844 -25,44 ARTICOLI IN MATERIE PLASTICHE 15.152 17.098 12,84 4.364 4.100 -6,03 AUTOVEICOLI 23.513 16.730 -28,85 77 354 361,51 PRODOTTI DELLA SIDERURGIA 11.941 14.327 19,98 5.787 6.458 11,60 ALTRI PRODOTTI IN METALLO 11.261 12.943 14,93 3.433 3.466 0,95 PETROLIO GREGGIO E GAS NATURALE 10.256 12.712 23,95 20.175 31.678 57,02 ARTICOLI DI MAGLIERIA 18.356 11.547 -37,09 22.035 19.770 -10,28 PRODOTTI DELL’ AGRICOLTURA , DELL’ ORTICOLTURA E DELLA FLORICOLTURA 8.553 10.903 27,47 948 1.524 60,77 TESSUTI 12.599 10.775 -14,48 2.579 427 -83,43 ALTRI PRODOTTI ALIMENTARI 8.175 9.814 20,05 10.921 24.447 123,85 PIASTRELLE IN CERAMICA PER PAVIMENTI E RIVESTIMENTI 10.389 9.019 -13,19 323 152 -52,83 PARTI ED ACCESSORI PER AUTOVEICOLI E LORO MOTORI 9.059 8.542 -5,71 431 431 -0,21 APPARECCHI PER USO DOMESTICO 7.847 8.413 7,21 3.663 3.017 -17,64 MACCHINE E APPARECCHI PER LA PRODUZIONE E L’ IMPIEGO DI ENERGIA MECCANICA 8.219 7.767 -5,51 2.258 940 -58,37 TOTALE 480.622 486.162 1,15 257.874 308.341 19,57 41,37 9,10 Conformemente alle disposizioni vigenti relative alla costituzione di società in Croazia, l’investitore straniero è equiparato all’investitore locale e la società costituita in loco viene considerata, a tutti gli effetti, persona giuridica di diritto croato. Considerando che non è necessario effettuare alcun tipo di registrazione particolare dell’investimento straniero, risulta praticamente impossibile quantificare il numero totale ed il valore degli investimenti stranieri effettuati in Croazia, e di conseguenza anche quelli italiani. Al riguardo è da sottolineare che i dati ufficiali disponibili (rilevazioni della Banca Nazionale della Croazia) non consentono di effettuare un’analisi completa e precisa del quadro degli investimenti esteri, per quanto concerne sia il valore sia la provenienza effettiva. Possiamo però evidenziare che in base alle rilevazioni della BNC, nel periodo fra 1993 ed il terzo trimestre del 2004 (ultimi dati disponibili) l’ammontare totale degli IDE effettuati in Croazia è stato di circa 10,4 miliardi di dollari. Nello stesso periodo il principale investitore risulterebbe essere l’Austria (25,64%) seguita dalla Germania (20,42%) e dagli USA (14,46%) che, in base a questi dati, supererebbero di gran lunga l’Italia, la quale si collocherebbe al sesto posto (5,56%). Per quanto riguarda la distribuzione per settori, si evidenzia la relativa concentrazione degli investimenti diretti esteri netti in settori ad elevata intensità tecnologica nonché nei servizi bancari e finanziari che, a fine settembre 2004, hanno rappresentato il 20% circa degli investimenti totali. Mentre l’Austria, la Germania e l’Ungheria sono state particolarmente presenti nelle operazioni di privatizzazione, gli USA privilegiano gli investimenti di tipo greenfield. Per l’Italia, invece, si tratta soprattutto di investimenti nel settore finanziario (banche, assicurazioni), nella grande distribuzione organizzata ed in alcuni settori industriali. I settori di concentrazione degli IDE netti italiani in Croazia sono i seguenti: l’intermediazione finanziaria (settore bancario ed assicurazioni), le varie attività commerciali (dalla grande distribuzione al commercio al dettaglio e/o all’ingrosso), attività turistico-alberghiere e di ristorazione, la produzione di gas industriali e la distribuzione di gas ad uso domestico, il settore tessile e quello del legno, l’industria del vetro e meccanica. Ma non manca la diffusa presenza, tra l’altro impossibile da rilevare, di FONTE : ELABORAZIONI ICE SU DATI ISTAT. . 94 . 95 piccole partecipazioni di ditte – anche individuali e spesso del Nord-Est o delle Marche – in microimprese che si sostanziano in società di diritto croate sparse su tutto il territorio. 5. Flussi migratori 5.1 Libera circolazione delle persone nella nuova Europa Nel corso dei negoziati con i paesi candidati, la libera circolazione dei lavoratori nel quadro dell’allargamento a Est dell’Unione europea è stato un argomento estremamente controverso. L’apertura delle frontiere – vale a dire la possibilità di attraversarle con un semplice passaporto, senza bisogno di un visto d’ingresso – è una prerogativa di tutti i cittadini dell’Unione, ma questo non significherà, per un certo numero di anni, che i cittadini dei nuovi Stati membri possano liberamente cercare un lavoro dipendente nei vecchi Stati membri. Avremo, in altri termini, la libera circolazione delle merci e dei capitali ma, per una fase più o meno lunga, non quella del lavoro. L’allargamento comprende paesi con grandi differenze economiche in termini di reddito nazionale, di potere d’acquisto e di salari medi. A un primo sguardo, sembra evidente che queste differenze così marcate, con la possibilità di attraversare liberamente le frontiere, tenderanno ad ampliare i processi migratori; quello che è difficile da prevedere è la misura di questi processi. Le previsioni, infatti, presentano un ampio margine di oscillazione. Le incertezze sulla valutazione quantitativa del fenomeno migratorio conseguente all’allargamento, insieme alla disparità di vedute sul suo possibile impatto, hanno portato l’Unione europea a stabilire un quadro elastico di “salvaguardia”, per il quale per una fase di cinque anni (due più tre), estensibile sotto certe condizioni a sette, gli Stati membri potranno continuare a regolare autonomamente i flussi immigratori. Una scelta che è stata considerata, nei paesi della vecchia Unione, prudente e diretta a stemperare i timori e la diffidenza verso il processo di allargamento diffusi in una parte importante della popolazione; ma considerata dai nuovi Stati membri contraddittoria con i principi dell’integrazione e dell’eguaglianza dei diritti. . 96 L’acquis communautaire dell’Unione europea sulla libera circolazione delle persone sancisce il trattamento non discriminatorio dei lavoratori legalmente occupati in un paese diverso da quello di origine. Per agevolare l’esercizio di determinate professioni, l’acquis comprende anche norme specifiche sul riconoscimento reciproco delle qualifiche e dei diplomi; per determinate professioni, si deve seguire un programma di formazione armonizzato affinché la qualifica sia automaticamente riconosciuta negli Stati membri dell’Ue. In questo settore rientrano anche i diritti di residenza e di voto dei cittadini dell’Ue in qualsiasi Stato membro. Il sistema croato di reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali impone l’adesione obbligatoria alle associazioni (camere) professionali stesse in modo da disciplinare e controllare le attività professionali e proteggere le qualifiche. I membri delle camere professionali sono iscritti al regime previdenziale secondo le stesse modalità degli altri cittadini. La legislazione croata vigente prevede solo un riconoscimento accademico. La nuova legge entrata in vigore nel corso del 2004 definisce una procedura simile a quella contemplata dalle direttive riguardanti il sistema generale, che tuttavia è limitata all’istruzione superiore e non riprende le direttive specifiche basate sul coordinamento della formazione e sul riconoscimento automatico. Le procedure previste dalla legislazione croata, inoltre, non soddisfano tutti i requisiti dell’acquis, ad esempio per quanto riguarda le scadenze, la motivazione e il diritto di ricorso. Il sistema croato è sostanzialmente diverso da quello dell’Ue per quanto riguarda i requisiti inerenti la formazione, specie nel settore sanitario. I requisiti croati per determinate professioni mediche (compresi i medici generici e gli infermieri) non corrispondono ai requisiti minimi fissati dall’acquis, il che preclude il riconoscimento automatico dei titoli corrispondenti nell’Ue. Per quanto riguarda l’accesso all’istruzione superiore nell’ambito dei diritti dei cittadini, i cittadini stranieri a cui non sia stata concessa la residenza permanente in Croazia devono soddisfare requisiti specifici per potersi iscrivere a questo tipo di insegnamento e pagano tasse diverse da quelle degli studenti croati. La Croazia dovrà modificare la sua legislazione per allinearla con l’acquis. Conformemente al principio del trattamento non discriminatorio dei lavoratori, la Croazia dovrà autorizza- . 97 re i cittadini dell’Ue ad iscriversi nei suoi istituti di istruzione superiore alle stesse condizioni dei cittadini croati, senza bisogno della residenza permanente in Croazia e senza dover pagare tasse diverse. Per quanto riguarda i diritti di residenza, per ottenere un permesso di residenza di durata superiore a tre mesi i cittadini dell’Ue che non svolgono un’attività economica devono chiedere un prolungamento della residenza oppure, a determinate condizioni, la residenza permanente. La Croazia dovrà modificare la sua legislazione per garantirne la compatibilità con l’acquis sulla libera circolazione delle persone, specie per quanto riguarda le formalità e le condizioni per l’ingresso e il soggiorno dei cittadini dell’Ue nel suo territorio. Per quanto concerne la libera circolazione dei lavoratori, la legge in vigore dal gennaio 2004 impone agli stranieri di procurarsi un permesso di lavoro che può essere rilasciato, su richiesta del datore di lavoro, entro un contingente fissato di anno in anno dal governo croato. La Croazia dovrà modificare la sua legislazione per allinearla con la normativa Ue abolendo, fra l’altro, il permesso di lavoro obbligatorio per i cittadini dell’Ue e le discriminazioni per motivi di nazionalità nei loro confronti, anche se non risiedono ancora in Croazia. La conoscenza della lingua croata è obbligatoria per lavorare nei settori sanitario e farmaceutico e per esercitare la professione notarile. A norma dell’acquis, i requisiti obbligatori riguardanti le conoscenze linguistiche possono essere applicati solo in circostanze del tutto eccezionali. I requisiti in questione vanno applicati in modo da rispettare l’interesse pubblico giustificato, la non discriminazione e la proporzionalità. Per quanto riguarda l’accesso al settore pubblico, possono essere riservati ai cittadini croati solo i posti di lavoro direttamente connessi ad attività specifiche del servizio pubblico, segnatamente quelli che comportano l’esercizio della pubblica autorità e la salvaguardia dell’interesse generale dello Stato. La Croazia dovrà inoltre adottare misure in linea con l’acquis, specie per quanto riguarda le prestazioni pensionistiche integrative, in modo da coprire tutti i regimi pensionistici integrativi, obbligatori o volontari, connessi all’attività professionale dei dipendenti o dei lavoratori autonomi. Le strutture amministrative incaricate di applicare le disposizioni comunitarie in materia sono il Fondo croato di assicurazione sanitaria, il Fon- . 98 do croato di assicurazione pensione e l’Ufficio croato per l’occupazione. In materia di immigrazione, sono già in vigore le normative sui permessi di soggiorno, il ricongiungimento familiare e le questioni connesse. Una nuova legge sui cittadini stranieri, che ha sostituito la normativa precedente, è in vigore dal gennaio 2004. Nel primo semestre del 2003 in Croazia erano registrati 34.279 stranieri muniti di un permesso di soggiorno permanente, 10.038 con una proroga di un permesso di soggiorno temporaneo e infine 1.197 con visti commerciali; molti di questi residenti stranieri provenivano dai paesi limitrofi. Sebbene non siano previste disposizioni specifiche per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi, essi godono degli stessi diritti fondamentali dei cittadini croati. La Croazia è tuttora considerata principalmente un paese di transito per i migranti clandestini diretti verso l’area Schengen piuttosto che un paese di destinazione. Nei primi nove mesi del 2003, 2.915 persone, provenienti soprattutto dai paesi limitrofi, sono state fermate mentre tentavano di varcare illegalmente la frontiera croata. Si tratta di cifre in calo rispetto agli anni precedenti, il che può essere attribuito al generale processo di stabilizzazione della regione. Sono stati firmati accordi di riammissione dei clandestini con 24 paesi. 5.2 Migrazioni della popolazione croata Secondo i dati dell’Ufficio Nazionale di Statistica croato, la Croazia dal 1995 al 2004 ha avuto un bilancio di migrazione positivo, cioè il numero degli immigranti è stato maggiore del numero degli emigranti. Nell’anno 2004 ci sono state 18.383 persone che sono immigrate in Croazia, e 6.812 persone che sono emigrate dalla Croazia verso altri paesi. Sempre nel 2004, sul totale di cittadini immigrati in Croazia ci sono stati il 91,7% di cittadini croati e l’8,3% di stranieri, mentre l’86,2% di cittadini croati e il 2,6% di stranieri sono emigrati dalla Croazia all’estero. Sul numero totale di immigranti, il 60,6% proveniva dalla Bosnia-Erzegovina. Sul numero totale di emigranti dalla Repubblica Croata, il 27,6% delle persone ha avuto come destinazione la Serbia e il Montenegro, mentre il 18,3% la Bosnia-Erzegovina. . 99 Durante tutto il periodo 1995-2004, il maggior numero di persone che sono immigrate nella Repubblica croata si è registrato nella città di Zagabria e nella contea di Spalato in Dalmazia. Il maggior numero di emigranti dalla Repubblica di Croazia verso paesi esteri provenivano invece dalla città di Zagabria, seguita dalla contea di Virovitica-Podravina e dalla contea di Osijek- Baranja. MIGRAZIONI INTERNAZIONALI PER CITTADINANZA DI PROVENIENZA/PAESE DI DESTINAZIONE - EUROPA 2002 PAESE IMMIGRATI 2003 EMIGRATI IMMIGRATI 2004 EMIGRATI IMMIGRATI MIGRAZIONI INTERNAZIONALI PER CITTADINANZA DI PROVENIENZA/PAESE DI DESTINAZIONE - ALTRI CONTINENTI 2002 PAESE 20.365 11.767 18.455 6.534 18.383 6.812 CROAZIA 18.368 11.120 16.355 6.114 16.857 5.871 EUROPA : 1.762 325 2.006 186 1.442 177 AUSTRIA 27 1 21 - 19 2 1 - 3 - 1 - 678 203 782 95 570 95 1 34 - 31 3 37 1 11 - 6 - 3 - 19 1 35 4 23 1 7 1 3 1 5 - 11 - 25 3 18 1 AMERICA CENTRALE E DEL NORD 1 - 7 - - - 12 - 7 - 12 - OCEANIA 4 - 6 - 6 - AUSTRALIA 1 - 6 - 6 - 155 321 9 227 3 762 NON CONOSCIUTI FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA CROATO ( DZS ), ITALIA - 15 1 5 EMIGRATI 39 AFRICA SUD AMERICA 12 IMMIGRATI 3 ASIA ALTRI PAESI FRANCIA 2004 EMIGRATI EMIGRATI TOTALE BOSNIA - ERZEGOVINA IMMIGRATI 58 54 CANADA 2003 EMIGRATI 1 ALTRI PAESI EUROPEI USA BELGIO IMMIGRATI 2004. 1 48 - 72 1 41 - 341 80 462 53 320 53 7 - 9 1 5 - IMMIGRATI ED EMIGRATI DALLA CROAZIA SERBIA E MONTENEGRO UNGHERIA MACEDONIA OLANDA GERMANIA POLONIA 224 20 215 10 146 8 13 1 10 - 6 1 100 5 116 5 98 9 17 2 21 - 18 - RUSSIA 46 1 34 1 19 1 ROMANIA 21 - 24 2 8 - 98 8 103 10 98 6 3 - 7 - 4 - SVIZZERA 18 - 15 2 14 - UCRAINA 39 3 27 2 21 - REGNO UNITO 15 - 12 - 10 - SLOVENIA SVEZIA FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA CROATO ( DZS ), . 100 ANNI IMMIGRATI EMIGRATI SALDO 1998 51.784 7.592 44.192 1999 32.910 14.285 18.625 2000 29.385 5.953 23.432 2001 24.415 7.488 16.927 2002 20.365 11.767 8.598 2003 18.455 6.534 11.921 2004 18.383 FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA CROATO ( DZS ), 6.812 11.571 2004. 2004. . 101 MIGRAZIONI INTERNAZIONALI PER ETÀ E SESSO - 2004 IMMIGRATI ETÀ EMIGRATI TOTALE UOMINI DONNE TOTALE UOMINI DONNE TOTALE 18.383 9.381 9.002 6.812 3.446 3.366 0–4 848 434 414 98 42 56 5–9 887 470 417 165 95 70 10 – 14 846 444 402 188 94 94 15 – 19 1.202 617 585 387 229 158 20 – 24 2.322 1.120 1.202 588 310 278 25 – 29 2.207 1.026 1.181 742 385 357 30 – 34 1.787 913 874 655 328 327 35 – 39 1.618 941 677 587 314 273 40 – 44 1.353 788 565 507 278 229 45 – 49 1.141 623 518 403 232 171 50 – 54 1.097 560 537 332 170 162 55 – 59 834 392 442 321 125 196 60 – 64 814 386 428 357 147 210 65 – 69 692 341 351 528 260 268 70 – 74 441 218 223 477 241 236 75 294 108 186 477 196 281 E OLTRE FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA CROATO ( DZS ), 2004. Secondo un sondaggio intitolato “I problemi e i bisogni dei giovani” realizzato nel 2002 dal dipartimento di psicologia della Facoltà di Filosofia di Zagabria, il 51% dei giovani intervistati vedono nel loro futuro l’emigrazione per problemi di lavoro. Realizzato su un campione di 1.905 giovani, con un’età tra il 13 e i 25 anni, il sondaggio è uno dei più completi realizzati nell’ultimo decennio. Il dato più preoccupante è senza dubbio quello relativo ad una possibile emigrazione. Il 51% dei giovani dichiara di aver l’intenzione di emigrare non appena si presenterà l’occasione, oltre ad un altro 15% che “probabilmente emigrerà”, lasciando solo un misero 21% indeciso e un 12% sicuro che resterà a casa. I motivi di questa visione negativa del proprio . 102 futuro possono essere sicuramente riassunti sia nella paura di non avere prospettive di lavoro certo, che di non trovare un impiego adatto una volta conseguita la laurea o comunque di non trovare un lavoro idoneo agli studi fatti. Il censimento svoltosi nel 2001 ha confermato che gli italiani sono ancora una presenza viva in Croazia. Sono infatti 19.636 i censiti che si sono dichiarati connazionali, mentre ben 20.521 hanno indicato l’italiano come propria lingua madre. Anche se la guerra, assieme ad una politica di etnocentrismo e ad altri fattori hanno contribuito a fare della Croazia un paese etnicamente quasi puro – in dieci anni i croati sono passati dal 79 al 90% della popolazione – gli italiani rispetto al censimento del 1991 sono solamente 1.600 in meno. Gli italiani costituiscono la terza realtà minoritaria in Croazia dopo serbi e musulmani. 5.3 Immigrazione in Italia L’Italia è un paese ad alto tasso di immigrazione dall’Europa dell’Est, e la tendenza è senz’altro in aumento. Il nostro paese è ormai il secondo nell’Ue per numero di immigrati provenienti da quest’area (quasi 900.000 unità, dopo la regolarizzazione), preceduto solo dalla Germania (poco oltre due milioni di persone) ma davanti all’Austria (quasi mezzo milione di immigrati). I soggiornanti in Italia originari dei nuovi paesi membri dell’Est europa, Malta e Cipro incluse, erano appena 53.543 al 31 dicembre 2002 e, tenendo conto delle provenienze dagli altri 14 Stati membri dell’Unione (154.076) si arrivava a 207.619 persone (13,7% dell’intera presenza straniera). La Polonia (35.077, escludendo dal conteggio i regolarizzati) affianca la Germania al primo posto in graduatoria (37.667), mentre i gruppi più consistenti degli altri nuovi Stati membri si collocano tra i 3.000 e i 4.000 soggiornanti (Slovenia, Slovacchia, Repubblica Ceca e Ungheria, sempre senza tener conto dei regolarizzati e anche dei lavoratori stagionali, dei quali questi paesi sono fornitori). Se si prendono poi in considerazione gli immigrati dalla Romania (98.834) e dalla Bulgaria (8.552), paesi candidati ad aderire successivamente, la presenza risulta ben più consistente (315.005 persone, pari al 20,8% di tutta la presenza immigrata). Inserendo nel conteggio anche i 264.464 immigrati dai paesi balcanici, a partire dall’Albania (168.973), . 103 seguita nell’ordine da Serbia e Montenegro, Macedonia, Croazia e Bosnia-Erzegovina, la presenza europea arriva sino a 579.469 unità, con un’incidenza del 38,3% sulla presenza immigrata totale di fine 2002. Se analizziamo la ripartizione territoriale degli immigrati in Italia, possiamo notare come fino alla regolarizzazione del 2002 l’Albania è risultato il primo gruppo in ogni regione, salvo che nel Friuli Venezia Giulia, regione in cui prevalgono i croati. Il Lazio, la Lombardia e le regioni del Nord-Est, sono le aree di maggiore concentrazione degli immigrati dell’Est Europa. Anche a livello provinciale, l’insediamento degli albanesi è stato prevalente sul resto degli immigrati originari dell’Est Europa, con queste eccezioni: • i romeni sono il primo gruppo a Torino, Padova, Verona, Arezzo, Latina, Roma, Viterbo, Isernia, Agrigento, Enna, Cagliari e Nuoro; • i polacchi sono il primo gruppo a Napoli, Catanzaro, Reggio Calabria, Vibo Valentia, Siracusa; • gli sloveni sono il primo gruppo a Gorizia; • i croati sono il primo gruppo a Trieste. LE PROVINCE ITALIANE CON MAGGIOR CONCENTRAZIONE DEI GRUPPI DELL’EST EUROPA ROMA BULGARIA , LETTONIA , LITUANIA , POLONIA , REPUBBLICA CECA , ROMANIA , ARMENIA , AZERBAIDJAN , BIELORUSSIA , GEORGIA , MOLDAVIA E UCRAINA MILANO ALBANIA , ESTONIA , RUSSIA , UNGHERIA VICENZA BOSNIA - ERZEGOVINA E IUGOSLAVIA BOLZANO SLOVACCHIA TRIESTE CROAZIA TREVISO MACEDONIA GORIZIA SLOVENIA 5.4 I frontalieri in Friuli Venezia Giulia Si stima che le lavoratrici e i lavoratori frontalieri croati e sloveni che ogni giorno vengono a lavorare nelle confinanti regioni italiane siano circa 10.000-15.000 e rappresentano una componente importante del mercato del lavoro nonché una risorsa per lo sviluppo dei territori in cui risiedono. Questi lavoratori entrano giornalmente e settimanalmente nelle regioni del Friuli Venezia Giulia, del Veneto ed in altre regioni del Nord-Est per svolgere diverse attività lavorative, quali lavori nei cantieri navali, nei cantieri edili, in segherie e falegnamerie, per eseguire lavori domestici, infermieristici, ma anche come addetti all’informatica o al commercio. SOGGIORNI CROATI IN ITALIA DUE PERIODI : 1. 2. 2002 (DA DOSSIER STATISTICO 2003); 2003 (DOPO ULTIMA REGOLARIZZAZIONE). 1. CARITAS , IMMIGRAZIONE . DOSSIER STATISTICO 2003, NUOVA ANTEREM , ROMA 2003 NEL 2002 LA COMUNITÀ CROATA È LA VENTISEIESIMA COMUNITÀ STRANIERA PER DIMENSIONI. SOGGIORNANTI CROATI AL 31.12.2002 TOTALE : 16.852 PERCENTUALE SUL TOTALE DEI SOGGIORNANTI STRANIERI : 1,1 DONNE : 7.614 PERCENTUALE DI DONNE SUL TOTALE : 45,2 INGRESSI DI IMMIGRATI CROATI NEL 2002: 3.919 INCIDENZA PERCENTUALE DEGLI INGRESSI 2002 SUL TOTALE : NUMERO DI SOGGIORNANTI PER MOTIVI DI LAVORO : 10.351 NUMERO DI SOGGIORNANTI PER MOTIVI FAMILIARI : 4.357 23,3 PERCENTUALI PER MOTIVO DELLA PRESENZA TOTALE MOTIVI DI LAVORO : 61,4 DI CUI LAVORO SUBORDINATO : 52,4 DI CUI LAVORO AUTONOMO : 6,5 MOTIVI FAMILIARI : 25,9 SOMMA MOTIVI DI LAVORO E FAMILIARI : 87,3 MOTIVI DI STUDIO : 8,3 – MOTIVI RELIGIOSI : 1,5 – ALTRI MOTIVI : 3,0 2. FONTE : DOSSIER STATISTICO IMMIGRAZIONE CARITAS , 2002. LA COMUNITÀ CROATA IN ITALIA PRIMA E DOPO LA REGOLARIZZAZIONE (1.1.2003) NUMERO DI DOMANDE PER LA REGOLARIZZAZIONE : 4.239 SOGGIORNANTI AL 31.12.2002: 16.852 TOTALE SOGGIORNANTI E DOMANDE: 21.091 AUMENTO PERCENTUALE A SEGUITO DELLA REGOLARIZZAZIONE : 25,2 NUOVA GRADUATORIA DOPO LA REGOLARIZZAZIONE ( SOGGIORNANTI + DOMANDE ) IL TOTALE QUI RIPORTATO E LA NUOVA GRADUATORIA SONO PROVVISORI: RESTA ESCLUSA GRAN PARTE DEI MINORI; NON TUTTE LE DOMANDE DI REGOLARIZZAZIONE SONO STATE ACCETTATE. TUTTAVIA QUESTI DATI SONO SIGNIFICATIVI PERCHÉ EVIDENZIANO IL RUOLO CHE L’ULTIMA REGOLARIZZAZIONE HA AVUTO NEL RIDEFINIRE LA COMPOSIZIONE DELLA POPOLAZIONE IMMIGRATA IN ITALIA, DETERMINANDO NOTEVOLI CAMBIAMENTI. FONTE : DOSSIER STATISTICO IMMIGRAZIONE CARITAS / MIGRANTES . ELABORAZIONI SU DATI DEL MINISTERO DELL’ INTERNO . . 104 . 105 Appendice Per la tutela dei diritti di questi lavoratori è ormai convinzione comune che occorra una particolare iniziativa, ed è per questo motivo che la regione Friuli Venezia Giulia e la Regione Istria hanno siglato a Trieste, il 4 dicembre 2003, un’Intesa Operativa atta a sollecitare i rispettivi governi di Roma e Zagabria a definire un accordo bilaterale per disciplinare il lavoro frontaliero tra i due Paesi. L’obiettivo è quello di far sì che i cittadini dell’Istria che si recano quotidianamente o settimanalmente a lavorare in Italia non siano più considerati all’interno dei contingenti di extracomunitari previsti dalla legislazione italiana, bensì al di fuori delle quote dei flussi migratori. Altri punti dell’intesa riguardano il rafforzamento dei controlli sulle imprese affinché sia garantita la piena applicazione dei contratti collettivi nazionali e locali, delle norme italiane e comunitarie in materia di lavoro e di sicurezza sociale, nonché di quelle relative alla sicurezza del lavoro. È importante evidenziare che nella fase di realizzazione dei diversi punti previsti dall’intesa saranno coinvolte le organizzazioni sindacali italiane e quelle croate dell’Istria. INDIRIZZI UTILI IN CROAZIA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA MINISTERO DELLA SCIENZA E TECNOLOGIA (www.predsjednik.hr) (www.mzt.hr) Pantovc̆ak 241 Strossmayerov trg 4 10000 Zagreb 10000 Zagreb Tel.: +385 1 4565 191 Tel.: +385 1 459 4444 Fax: +385 1 4565 299 Fax: +385 1 459 4469 E-mail: [email protected] E-mail: [email protected] MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI MINISTERO DELLE FINANZE (www.mvp.hr) (www.mfin.hr) Trg Nikole S̆ubića Zrinjskog 7 Katanc̆ićeva 5 10000 Zagreb 10000 Zagreb Tel.: +385 1 456 9964 Tel.: +385 1 459 1333 Fax: +385 1 455 1795 Fax: +385 1 492 2586 E-mail: [email protected] MINISTERO DELLO SPORT E EDUCAZIONE MINISTERO DEGLI INTERNI (www.prosvjeta.hinet.hr) (www.mup.hr) Trg hrvatskih velikana 6 Savska 39 10000 Zagreb 10000 Zagreb Tel.: +385 1 456 9000 Tel.: +385 1 612 2111 Fax: +385 1 456 9087 E-mail: [email protected] MINISTERO DELLA DIFESA (www.morh.hr) MINISTERO DELL’ECONOMIA Trg Petra Kres̆imira 1 (www.mingo.hr) 10000 Zagreb Ulica grada Vukovara 78 Tel.: +385 1 456 7111 10000 Zagreb Tel.: +385 1 610 6111 Fax: +385 1 610 9111 . 106 . 107 MINISTERO DELLA CULTURA MINISTERO DEL TURISMO MINISTERO DELL’AGRICOLTURA, FORESTE CONSOLATO D’ITALIA IN DALMAZIA (www.min-kulture.hr) (www.mint.hr) E GESTIONE DELLE ACQUE (www.consolatospalato.org) Trg hrvatskih velikana 6 Ulica grada Vukovara 78 (www.mps.hr) CONS . MARCO NOBILI 10000 Zagreb 10000 Zagreb Ulica grada Vukovara 78 Obala Hrvatskog Narodnog Preporoda 10/3 Tel.: +385 1 456 9000 Tel.: +385 1 610 6111 10000 Zagreb 21000 Split Fax: +385 1 461 0489 Fax: +385 1 610 9300 Tel.: +385 1 610 6111 Tel.: +385 21 348155 - 344577 E-mail: [email protected] E-mail: [email protected] Fax: +385 1 610 9201 Fax: +385 21 361268 E-mail: [email protected] E-mail: [email protected] MINISTERO DEL LAVORO MINISTERO DELLA SALUTE (www.mrss.hr) (www.tel.hr/mzr) MINISTERO DELLA FAMIGLIA, VETERANI DI DZS Prisavlje 14 Ksaver 200 GUERRA E SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE (www.dzs.hr) 10000 Zagreb 10000 Zagreb (www.mhbdr.hr) Ilica 3 Tel.: +385 1 616 9111 Tel.: +385 1 460 7555 Park Stara Tres̆njevka 4 10000 Zagreb Fax: +385 1 484 8959 Fax: +385 1 467 7076 10000 Zagreb E-mail: [email protected] - UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA Tel.: +385 1 365 7800 E-mail: [email protected] MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI Fax: +385 1 365 7852 SUPREMA CORTE DI GIUSTIZIA MINISTERO DELL’AMBIENTE (www.mjr.hr) E-mail: [email protected] Trg Nikole S̆ubića Zrinjskog 3 (www.mzopu.hr) Vladimira Nazora 61 Republike Austrije 20 10000 Zagreb AMBASCIATA D'ITALIA Tel.: +385 1 486 2239 10 000 Zagreb Tel.: +385 1 378 4500 (www.ambitalia.hr) Fax: +385 1 486 2254 Tel.: +385 1 378 2444 Fax: +385 1 378 4518 AMB . ALESSANDRO GRAFINI E-mail: [email protected] 10000 Zagreb Medulic̆eva Ulica 22 Fax: +385 1 378 2555 MINISTERO PER L’INTEGRAZIONE EUROPEA 41000 Zagreb ALTA CORTE COMMERCIALE (www.mei.hr) Tel.: +385 1 4846386 Berislavićeva 11 MINISTERO DELLA MARINA, TRASPORTI E Ulica grada Vukovara 62 Fax: +385 1 4846384 10000 Zagreb COMUNICAZIONI 10000 Zagreb E-mail: [email protected] Tel.: + 385 1 489 6888 (www.pomorstvo.hr) Tel.: +385 1 456 9335 Prisavlje 14 Fax: +385 1 456 9336 CONSOLATO GENERALE A FIUME ALTA CORTE DI POLIZIA 10000 Zagreb E-mail: [email protected] (www.confium.htnet.hr/) Dukljanova 3 CONS . GEN . ROBERTO PIETROSANTO 10000 Zagreb MINISTERO DELL’ARTIGIANATO, Riva 16 Tel.: +385 1 461 1333 MINISTERO GIUSTIZIA, AMMINISTRAZIONE, PICCOLE E MEDIE IMPRESE 51000 Rijeka GOVERNI LOCALI (www.momsp.hr) Tel.: +385 51 212454 CORTE AMMINISTRATIVA (www.vlada.hr/min-pravo.html) Ksaver 200 Fax: +385 51 214308 Trg Nikole S̆ubića Zrinskog 3 Ulica Republike Austrije 10000 Zagreb E-mail: [email protected] 10000 Zagreb 10000 Zagreb Tel.: +385 1 469 8300 Tel.: +385 1 371 0666 Fax: +385 1 469 8308 Fax: +385 1 371 0602 E-mail: [email protected] E-mail: [email protected] Tel.: +385 1 616 9070 Tel.: +385 1 481 0022 E-mail: [email protected] . 108 . 109 HINA CAMERA DI COMMERCIO DELLA CROAZIA BANCA EUROPEA PER LA RICOSTRUZIONE ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA A ZAGABRIA (www.hina.hr) HRVATSKA GOSPODARSKA KOMORA E SVILUPPO (B.E.R.S.) (www.italcult.hr) Agenzia di stampa ufficiale (www.hgk.hr) Ufficio di Zagabria DIRETTORE: DOTT. FLAVIO ANDREIS Marulićev trg 16 Rooseveltov TRG 2 Petrinjska 59, V piano Preobraz̆enska 4 10000 Zagreb 10000 Zagreb 10000 Zagreb 10000 Zagreb Tel.: +385 1 4808700 Tel.: +385 1 4561555 Tel.: +385 1 4878 700 Tel.: +385 1 4830 208/209 Fax: +385 1 4828380 Fax: +385 1 4819 468 Fax: +385 1 4830 207 E-mail: [email protected] Direttore: Andrew Krapotkin E-mail: [email protected] STINA (www.stina.hr) Agenzia di stampa indipendente CAMERA DI COMMERCIO DI FIUME S̆etaliste Bac̆vice 10 HRVATSKA GOSPODARSKA KOMORA 21000 Split ZUPANIJSKA KOMORA RIJEKA Tel.: +385 21 591581 Bulevar osloboo†enja 23 FORUM CAMERE DI COMMERCIO ADRIATICO CONSOLATO GENERALE DI MILANO 51000 Rijeka E JONIO ASSOCIAZIONE ITALO-CROATA PER CONS. GEN. VESNA TERZIĆ Via Dante 9 E-mail: [email protected] INDIRIZZI UTILI IN ITALIA Tel.: +385 1 209 111, 209 107, 209 108 GLI SCAMBI ECONOMICI E COMMERCIALI (AIEC) IKA Fax: +385 1 216 033 TALIJANSKO-HRVATSKA UDRUGA ZA EKONOMSKU 20123 Milano (www.ika.hr) E-mail: [email protected] I TRGOVAC̆KU SURADNJU Tel.: 02 8051772 CAMERA DI COMMERCIO DI ANCONA Fax: 02 8051541 Agenzia di stampa cattolica Kaptol 4 DELEGAZIONE DELLA COMMISSIONE EUROPEA (www.an.camcom.it/balcani) Ufficio Commerciale - Resp. Sig.ra Sneider 10000 Zagreb IN CROAZIA Piazza XXIV Maggio 1 E-mail: [email protected] Tel.: +385 1 4814951 (www.delhrv.cec.eu.int/hr) 60124 Ancona E-mail: [email protected] Masarykova 1 Tel.: 071 5898249 - 5898266 CONSOLATO GENERALE DI TRIESTE 10000 Zagreb Fax: 071 5898265 CONS. GEN. MARKO ILIĆ Tel.: +385 1 4896 500 E-mail: [email protected] Piazza Goldoni 9 ICE ZAGABRIA - TALIJANSKI INSTITUT ZA VANJSKU TRGOVINU VLADINA USTANOVA Fax: +385 1 4896 555 (www.ice.it/estero2/zagabria/defaultuff.htm) E-mail: [email protected] Masarykova 24 34122 Trieste AMBASCIATA DELLA CROAZIA IN ITALIA Tel.: 040 773968 - 775142 AMB. DRAGO KRALJEVIĆ Fax: 040 773959 P.O. BOX 288 CASA EUROPEA DI ZAGABRIA Via Bodio 74/76 CONSOLATO A PESCARA 10000 10000 (www.europe-house-zagreb.hr) 00191 Roma CONS. ON. PIETRO SCIBILIA Tel.: +385 1 4830711 Juris̆ieva 1/I Tel.: 06 3630 7650/7300/7704 Piazza della Rinascita 74 Fax: +385 1 4830740 10000 Zagreb Fax: 06 3630 3405 65122 Pescara E-mail: [email protected], Tel.: +385 1 4816 414 - 4813 960 Uff. Cons. - Tel.: 06 36304630 Tel.: 085 4212345 [email protected] Fax: +385 1 4816 419 - 4813 956 Fax: 06 36303269 E-mail: [email protected], E-mail: [email protected] ENTE NAZIONALE CROATO PER IL TURISMO [email protected] [email protected] IN ITALIA Via dell'Oca 48 00186 Roma Tel.: 06 32110396 Fax: 06 32111462 . 110 . 111 UFFICIO TURISTICO FINEST (SOCIETÀ FINANZIARIA DI PROMOZIONE (http://it.croatia.hr/index.php) DELLA COOPERAZIONE ECONOMICA CON I PAESI PRESENZA ITALIANA NEL SETTORE INDUSTRIALE Piazzetta Pattari 1/3 DELL'EST EUROPEO) ADRIANO CORSI 20122 Milano (www.finest.it) Ventilatorska 5b Preradovoceva 18 Tel.: 02 86454443 Via dei Molini 4 10250 Luc̆ko (Zagreb) 10000 Zagreb Fax: 02 86454574 33170 Pordenone Macchine edili e stradali Costruzioni stradali E-mail: [email protected] Tel.: 0434 229811 Fax: 0434 20704 AGIP CROATIA BV BENETTON CROATIA D.O.O. E-mail: [email protected] S̆ubieva 29 Vukovarska cesta 219/A MISTE ALL'ESTERO) 10000 Zagreb 31000 Osijek (www.simest.it) Tel.: +385 1 4640716 Tel.: +385 31 514514 Corso Vittorio Emanuele II 323 Fax: +385 1 4592219 Fax: +385 31 509001 00186 Roma Sfruttamento/produzione gas Produzione abbigliamento Tel.: 06 686351 e prodotti petroliferi SIMEST (SOCIETÀ ITALIANA PER LE IMPRESE - GRA-PO DOO Fax: 06 68635220 ASTALDI - ASTALDI D.O.O. CAFFÈ COLONIALE ITALIA E-mail: [email protected] ALBERICI SRL PRESENZA ITALIANA NEL SETTORE BANCARIO - PRIVREDNA BANKA ZAGREB - ALCA D.O.O. - BONFANTI D.O.O. Vojvodii 11 Pjes̆ana uvala 6, Ogranak br. 16 10431 Novaki 52203 Pula Tel.: +385 1 3224939 prenderà il 3327222 Tel.: +385 52 379139 Fax: +385 1 3327221 Fax: +385 52 397348 E-mail: [email protected] E-mail: [email protected] Lavorazione tè e caffè Progettazione e produzione GRUPPO UNICREDITO ITALIANO SPA GRUPPO INTESA ZAGREBAC̆KA BANKA (www.pbz.hr) (www.zaba.hr) Rac̆koga 6 Paromlinska 2 10000 Zagreb API 10000 Zagreb Tel.: +385 1 472 3 344 Velebitska 12b Tel.: +385 1 6104 000 Fax: +385 1 4723275 23000 Zadar Fax: +385 1 6305274 E-mail: [email protected] Prodotti petroliferi di apparecchiature elettroniche CAFFÈ HAUSBRANDT - HAUSBRANDT D.O.O. Veprenic̆ki put 30 - APIBENZIN D.O.O. 51410 Opatija Torrefazione e commercio caffè CALLIGARIS - D.O.O. I.G.Kovaia 178 SANPAOLO IMI S.P.A AS SABBADIN S.R.L. (www.grupposanpaoloimi.com) Josipa Benaka 5 - SABBADIN D.O.O. Tel.: +385 51 818 337 Rac̆koga 10 10360 Sesvete Fax: +385 51 818 476 10000 Zagreb Tel.: +385 1 2007578 E-mail: [email protected] Tel.: +385 1 4610336 Fax: +385 1 2007775 Mobili Fax: +385 1 4623474 Attività commerciale 51314 Ravna Gora E-mail: [email protected] . 112 . 113 CALZEDONIA SPA - TUBLA D.O.O. DUCATI ENERGIA - DUCATI KOMPONENTI D.O.O. ISOCLIMA SPA - LIPIK- GLAS D.O.O. PITTARELLO EAST D.O.O. Ulica Republike Italije Svac̆ic´ev trg 1 Staklanska bb Rovinjs̆ka 9 40000 C̆akovec 10000 Zagreb 34551 Lipik 52000 Pula E-mail: [email protected] Fax: +385 1 4577693 Tel.: +385 34 311222 Tel.: +385 52 216806 Produzione calze, collant, biancheria intima Produzione trasformatori, generatori, Fax: +385 34 311257/258 Fax: +385 52 216806 attrezzature elettriche E-mail: [email protected] E-mail: [email protected] Produzione vetro Commercio calzature CREMCAFFE - KAVAIMPEX D.O.O. - - AUTOCOMMERCE D. Boljun 35 FIAT 51434 Boljun (Pisino) Cesarica bb ITALCOGIM 10430 Samobor Trg Ante Starc̆evića 2 Sisac̆ka 16 Settore automobilistico 10431 Sveta Nedjelja 10020 Novi Zagreb Tel.: +385 1 3373 743 Tel.: +385 1 6261150 Torrefazione e commercio caffè COIMPREDIL - AUTO CIRCULUS REGIS D.O.O. - MONTCOGIM PLINARA D.O.O. AGRICOLA VALDARNO - S̆korpikova 24 GENERALI Z̆IVOTNO OSIGURANJE D.D. Fax: +385 1 3373 744 Fax: +385 1 6261043 10000 Zagreb Rac̆koga 8 E-mail: [email protected] Azienda agricola Tel.: +385 1 3499 228, 229 10000 Zagreb Gestione reti distributive gas Fax: +385 1 3475 180 Tel.: + 385 1 4501144 E-mail: [email protected]; [email protected] Edilizia RURIS JASKA D.O.O. MERCATONE EMMEZETA SALZAM Fax: + 385 1 4550468 LA DISTRIBUTRICE SRL FLIBA D.O.O. E-mail: [email protected] DALMATINKA NOVA D.D. Gospodarska 5 Assicurazioni Domovinskog rata 86 10255 Gornji Stupnik 21230 Sinj Tel.: +385 1 6595 555 Tel.: +385 21 821 744 Fax: +385 1 6531 414 Grandi magazzini COMPAGNIA MERCANTILE D.O.O. GLOBUS EAST SPA Kuhac´eva 13 Mandićeva 2 Fax: +385 21 821 782 10000 Zagreb 10000 Zagreb Fabbrica filati Tel.: +385 1 2338 720 Tel.: +385 1 3636400 Fax: +385 1 2338 720 Fax: +385 1 3636800 METANIFERA PREALPINA SRL Podpican bb Accessori e calzature per jeans E-mail: [email protected] PLIN PROJEKT D.O.O. 52333 Podpican Commercio articoli casalinghi Gajeva 89 Produzione abbigliamento (in vetro, metallo) Nova Gradis̆ka CONCERIA - – ITAL INVEST D.O.O. PELLIS D.O.O. SETA - GRUPPO BONAZZI - - - UNITED CLOTHING Tel.: +385 35 361999 SICAD Industrijska cesta bb HIPERMARKETI COOP D.O.O. Fax: +385 35 362756 Ungarija bb 10361 Sesvetski Kraljevec´ Priobalna bb E-mail: [email protected] 52470 Umag Tel.: +385 1 2040 333 10000 Zagreb-Jankomir Produzione gas, distr. carburanti gassosi Produzione e vendita nastri adesivi Fax: +385 1 2040 315 Tel.: +385 1 3441700 Lavorazione pelli Fax: +385 1 3457143 MASTROTTO ARZIGNANO SIPRO Supermercati . 114 . 115 Bibliografia e pagine web consultate TOMMASINI D.O.O. VIPP LAVORI SPA - T.B.S. D.O.O. Velika cesta 48 Novaki Petrovinski 100 10000 Zagreb-Odra 10450 Jastrebarsko Tel.: +385 1 6261779 Tel.: +385 1 6284 517 Fax: +385 1 6261878 Fax: +385 1 6284 517 E-mail: [email protected] Edilizia Commercio macchine per la lavorazione del legno TOMASO PRIOGLIO SPA OTPREMA ZAGRE D.O.O. Caritas/Migrantes, Dossier Statistico Immigrazione 2004, XIV Rapporto sull’immigrazione, Caritas/Migrantes, 2004. Caritas/Migrantes, I flussi di immigrazione in Italia alla luce dell’ultima regolarizzazione, Dossier Statistico Immigrazione, Caritas/Migrantes, 2004. Radnic̆ka cesta 1A 10000 Zagreb Tel.: +385 1 6184520 CNEL, Ue: con l’allargamento 1,1 milioni di immigrati permanenti dall’est, Comunicato Stampa del CNEL, Roma, 27 Aprile 2004. Fax: +385 1 6184538 E-mail: [email protected] Trasporti, spedizioni, operazioni doganali CNEL - Caritas, Europa allargamento ad Est, Dossier statistico immigrazione, 2004. 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