Croazia. Esperienze internazionali

Transcript

Croazia. Esperienze internazionali
Esperienze
internazionali
«
Spinn - Servizi per l’impiego network nazionale - è il progetto
che Italia Lavoro realizza, nell'ambito del PON 2000 - 2006,
per conto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
»
Croazia*
testo di
Marina Emiliani
Supervisione
Marco Caminiti
Coordinamento editoriale
Alessandro Vaccari
13
I° edizione ottobre 2005
Indice
Prefazione
di Lea Battistoni
pag.
Carta d’identità della Croazia
Capitolo I
Profilo storico e politico-istituzionale
1. Cenni storici
1.1 Le origini
1.2 La prima guerra mondiale e la nascita della prima Iugoslavia
1.3 La Iugoslavia durante la seconda guerra mondiale
1.4 La Iugoslavia di Tito
1.5 La crisi della Federazione e la guerra
2. Organizzazione istituzionale dello Stato
3. Situazione politica attuale
Capitolo 2
Verso un'economia di mercato
1. Quadro macroeconomico
2. Struttura dell'economia e settori produttivi
Capitolo 3
Mercato del lavoro
1. Occupazione e disoccupazione
2. Regole del mercato del lavoro
2.1 Normativa
2.2 Costo del personale
2.3 Sistema fiscale
2.4 Sistema formativo
2.5 Servizi per l'impiego
7
11
13
13
13
16
18
21
24
30
37
41
41
45
49
49
54
54
58
59
62
65
3. Politiche del lavoro
3.1 La strategia europea per l'occupazione…
3.2 …e le misure adottate dal governo della Croazia
Capitolo 4
Relazioni internazionali
68
68
70
"Da Spalato con un pullman siamo andati
79
79
83
85
86
86
verso Mostar. Erano giorni insolitamente chiari,
1. Rapporti con organismi internazionali
1.1 Processo di adesione all'Unione europea
2. Controversie internazionali
3. Rapporti Italia Croazia
3.1 Accordi e convenzioni bilaterali
3.2 L'Italia e il progetto di ricostruzione
dei Paesi dell'area balcanica
4. Relazioni commerciali internazionali
4.1 Commercio con l'estero
4.2 Commercio con l'Italia
4.3 Investimenti diretti
5. Flussi migratori
5.1 Libera circolazione delle persone nella nuova Europa
5.2 Migrazioni della popolazione croata
5.3 Immigrazione in Italia
5.4 I frontalieri in Friuli Venezia Giulia
87
88
88
90
95
96
96
99
103
104
Appendice
107
di fronte; il blu molto forte fra le due rive;
Bibliografia e pagine web consultate
117
vecchie funi sommerse".
come se l'estate li avesse conservati per donarli
al primo autunno. Il mare in questa stagione
è maturo, per essere stato a lungo esposto al sole.
Sono passato molte volte per questi luoghi,
mi sembra di conoscere ogni insenatura ai piedi
del Mosor e di Biokov, da Spalato fino
a Dubrovnik. Ci siamo fermati a Makarska,
davanti all'immagine del canale di Lesina:
mi scopro a contemplare la lunga punta dell'isola
Pedrag Matvejević
Prefazione
L'allargamento dell'Unione europea – processo che continua
con gli ingressi oramai prossimi di Romania e Bulgaria – e le opportunità offerte dalla vicinanza delle economie emergenti del bacino del
Mediterraneo e dei Balcani, impongono all'Italia di prepararsi ad affrontare in maniera efficace la mobilità transnazionale dei lavoratori e la
delocalizzazione delle imprese. Si fa sempre più pressante la necessità
che il nostro sistema produttivo e il mercato del lavoro si dotino degli
strumenti per affrontare in maniera costruttiva le sfide poste dalla globalizzazione.
In un contesto dove, tra gli obiettivi più importanti, abbiamo il
calo della disoccupazione e la capacità di assicurare occasioni lavorative
al maggior numero di persone, il nostro Paese deve quindi continuare
lungo il cammino intrapreso dell'abbandono dei sostegni al reddito – tipico strumento di politica passiva – per incentivare invece l'ingresso nel
mercato del lavoro. Un cammino diretto sempre più verso le politiche
per l'occupabilità, che stimoli gli investimenti in capitale umano e innovazione, puntando sugli strumenti di supporto all'orientamento e alla
formazione, e sul sostegno alla ricerca per aumentare la qualità dei processi, dei prodotti e dei lavori.
L'Italia condivide questa sfida sia con i suoi partner europei
sia con il resto del mondo. Ma per posizione geografica e storia, il nostro Paese è al centro di un più vasto processo di integrazione tra i
popoli, che investe sia il Vecchio Continente sia i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
.7
In quest'ottica diventa fondamentale la conoscenza delle dimensioni economiche e sociali non solo dei Paesi dell'Unione europea
e di quelli che sono prossimi all'ingresso, ma anche della situazione
dei Paesi che si trovano nel bacino del Mediterraneo e nell'area dei
Balcani. Conoscenza sempre più importante – sia per il Governo centrale e per il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che per i
diversi attori del territorio quali Regioni e Province – per avvicinare e
far dialogare i Servizi per l'impiego pubblici e privati, i sistemi di inserimento lavorativo e i servizi alla persona e alle imprese, facilitando
così la mobilità dei lavoratori nell'Unione o all'interno di altre economie europee o extraeuropee.
E' proprio guardando a questi obiettivi che la collana di Esperienze Internazionali di SPINN – Servizi per l'Impiego Network Nazionale –
sviluppa la propria missione e si rafforza, affermandosi come strumento
indispensabile per conoscere sistemi sociali e realtà economiche e politiche diverse, con particolare riguardo alla politiche per l'occupazione.
Nonostante quindi l'entusiasmo dei vari Ministri per lo scioglimento di un nodo importante nell'agenda dei Paesi dell'Unione, che
condizionava anche, in certa misura, l'annessione della Turchia, sul versante croato restano ancora aperti tanti problemi: il rispetto del diritto
di Stato, i diritti delle minoranze, la questione spinosa del ritorno dei rifugiati, la garanzia dello svolgimento di processi interni giusti ed efficaci
per quanto riguarda i crimini di guerra ed altro ancora. Tutte queste promesse, se infrante, potrebbero ancora interrompere il cammino di
Zagabria verso Bruxelles.
Il governo di Zagabria dovrà approvare riforme impegnative e
impopolari ma necessarie: prima fra tutte quella del mercato di lavoro,
seguita da quelle della sanità e del settore giudiziario; tali riforme, se
realizzate e se accompagnate dall'impegno per la liberalizzazione dell'economia e per la riduzione del tasso di disoccupazione assicureranno
alla Croazia un cammino molto più agevole verso l'annessione all'Unione europea.
Dopo i dieci nuovi Stati che hanno aderito all'Unione europea
il primo maggio del 2004, nella collana vengono affrontati oltre alla
Croazia, per la quale sono già stati aperti i negoziati per l'adesione, anche gli altri Paesi dell'area balcanica potenziali candidati e tre Paesi del
Nordafrica: Marocco, Tunisia ed Algeria.
Un particolare ringraziamento va all'ICE, Istituto per il Commercio Estero, il cui prezioso materiale ci è stato molto utile soprattutto
nella parte concernente le relazioni internazionali e l'interscambio commerciale del Paese trattato in questo volume con la nostra nazione.
La Croazia, oltre ad essere il primo dei paesi dell'ex federazione
jugoslava ad essere trattato dalla nostra collana, è anche il primo di questi
ad essersi candidato per l'adesione. Negli ultimi mesi però, l'adesione della Croazia era stata fortemente messa in discussione a causa della scarsa
collaborazione del governo croato nella ricerca e nell'arresto del criminale
di guerra Ante Gotovina, ricercato appunto perché accusato di aver commesso e ordinato atrocità durante l'ultimo conflitto nell'area dei Balcani.
Lea Battistoni
Solo recentemente l'Unione europea, dopo il parere positivo
della Procuratrice Generale del Tribunale Penale Internazionale sui crimini nella ex Jugoslavia, Carla Del Ponte, ha parlato di piena
collaborazione del governo croato nell'individuazione e nella cattura del
ricercato, che le autorità sperano poter presto estradare all'Aja affinché
venga processato dal Tribunale Internazionale.
.8
.9
Carta d’identità della Croazia
FIN
S
EST
IRL
LV
DK
Forma di governo
Repubblica parlamentare
LT
GB
NL
B
PL
Stemma
D
L
CZ
SK
F
Lingua
Croato 96%, altre 4% (tra cui italiano, ungherese, ceco, slovacco e
tedesco).
A
H
SLO
RO
HR
SCG
P
I
E
BG
Bandiera
AL
GR
TN
M
MA
Superficie
56.542 Km2
DZ
Popolazione
32.080.000 abitanti
(dicembre 2003).
Città principali
Split (Spalato), Rijeka (Fiume),
Zadar (Zara), Osijek, Varaz̆din,
Pula (Pola), Dubrovnik.
•ZAGABRIA
•
FIUME
Suddivisione amministrativa
20 contee e la capitale Zagreb.
•
ZARA
•
SPALATO
. 10
Moneta
Kuna (HRK), suddivisa in 100 lipa. La
nuova moneta è in circolazione dal
1° giugno del 1994 ed ha sostituito
il precedente dinaro croato (CRD).
Capitale
Zagreb (Zagabria)
(779.145 abitanti).
Composizione etnica
Croati 89,6%, serbi 4,5%, bosniaci
0,5%, ungheresi 0,4%, sloveni 0,3%,
italiani 0,4 %, cechi 0,2%, albanesi
0,3%, montenegrini 0,1%, rom 0,2%,
altri 6,2% (CENSUS 2001).
Religione
Cattolici 87,8%, ortodossi 4,4%,
musulmani 1,3%, protestanti 0,3%,
altre religioni e non dichiaratisi
10,8% (CENSUS 2001).
Membro di
Consiglio d'Europa, ABEDA, BIS, CE,
CEI, EAPC, EBRD, FAO, IADB, IAEA,
IBRD, ICAO, ICC, ICFTU, ICRM, IDA,
IFAD, IFC, IFRCS, IHO, ILO, IMF, IMO,
IOC, IOM, ISO, ITU, MIGA, MINURSO,
MINUSTAH, NAM (osservatore), OAS
(osservatore), OPCW, OSCE, PCA,
PFP, UN, UNAMSIL, UNCTAD, UNESCO, UNFICYP, UNIDO, UNMEE,
UNMIL, UNMOGIP, UNOCI, UPU,
WCO, WHO, WIPO, WMO, WTO.
. 11
1. Profilo storico e politico-istituzionale
1. Cenni storici
1.1 Le origini
Gli illiri, i primi abitanti del territorio croato di cui si hanno notizie, erano una tribù originaria dell'Europa Centrale, che intorno al 1200
a.C. si sarebbe insediata nei Balcani. Nel IV secolo a.C. agli illiri si unirono i celti, seguiti poi dai greci che si stabilirono nel Sud della Dalmazia.
All'inizio del I secolo, con il pretesto di fornire aiuto alle colonie greche
in conflitto con gli illiri, i romani s'insediarono sulle coste combattendo
e sottomettendo le popolazioni illire. I territori conquistati presero il nome di “Province romane di Pannonia e Dalmazia” e tali rimasero fino
alla caduta dell'Impero romano d'Occidente (476 d.C.). Da ricordare che
nel 285 d.C. l'imperatore romano Diocleziano fece costruire a Spalato il
proprio palazzo fortezza, che è il più grande edificio romano ancora esistente in Europa orientale.
In seguito alla caduta dell'Impero romano d'Occidente la regione fu invasa via via dai germani, dai visigoti, dai longobardi e dagli
unni; fu annessa da Giustiniano a Bisanzio e conquistata in parte poi,
nel 568 d.C., dagli àvari, genti del ceppo mongolo. All'inizio del VII secolo, dal Nord dei Carpazi migrarono verso Sud popolazioni slave, tra
cui i croati. Si sa pochissimo delle origini di questo popolo, proveniente
forse dal territorio dell'Iran. La tribù dei croati si stanziò principalmente
in quelle che un tempo erano state le province romane della Dalmazia e
della Pannonia, mentre le popolazioni locali si rifugiarono sulla costa.
All'inizio dell'VIII secolo comparvero primitive forme di Stato, con la
creazione di tre banati (principati): la Croazia bianca, quella rossa e
quella di Pannonia. In questo periodo i croati, per primi tra i popoli slavi, si convertirono al cristianesimo. Costretti a subire l'ostilità degli
àvari, i croati finirono per chiedere appoggio ai franchi e a Bisanzio.
. 13
Carlo Magno contese il dominio della Dalmazia all'Impero romano d'Oriente e, con l'accordo di Aquisgrana dell'812 d.C., ottenne
una parte del territorio, che comprendeva anche i tre banati (così si
spiega l'impronta latina e la cattolicità dei croati). Le città litoranee a
Sud di Zara rimasero invece sotto il dominio di Bisanzio. Le popolazioni
restarono sempre più legate all'influenza germanica che non a quella bizantina e l'elemento religioso della cristianità finì per catalizzare le
esigenze di indipendenza dal dominio bizantino.
Il principe croato Tomislav (che regnò dal 910 al 928), fu uno dei primi
grandi personaggi della storia croata; egli costituì uno Stato croato indipendente ed ebbe, nel 925, il titolo di re di Croazia.
Nell'XI secolo lo Stato croato si consolidò e si estese fino alla Dalmazia, grazie al regno di Pietro IV Kresimir (1058-74),
considerato il più grande re croato. Ma lotte interne e rivalità delle
potenze interessate alla Croazia portarono re Pietro ad appoggiarsi all'Ungheria, finché, nel 1102, la corona di Croazia e Dalmazia passò a
Colomanno, re d'Ungheria. I Pacta Conventa firmati in quell'anno sancirono l'Unione personale tra Ungheria e Croazia e di conseguenza il re
d'Ungheria veniva riconosciuto sovrano legittimo di Croazia e Dalmazia. L'autonomia croata venne così a spegnersi facendo seguire le
sorti della Croazia a quelle dell'Ungheria fino a tutto il XVI secolo. Nel
1205 la Repubblica di Venezia, dopo un lungo guerreggiare con l'Ungheria per il predominio sulla regione, conquistò la costa adriatica e
le sue isole. Solo Dubrovnik non fu inglobata nella Repubblica Veneta
rimanendo una città libera fino al 1807. Nel 1260, il sovrano di Ungheria Bela IV divise la Croazia, separando il Regno di Croazia e Dalmazia
dal Regno di Slavonia.
Dal XV secolo la minaccia cominciò a venire da Oriente con
l'avanzata dell'Impero ottomano, che conquistò il territorio della Bosnia
nel 1463. Gran parte dell'Ungheria passò sotto il dominio ottomano,
mentre la Croazia subì perdite territoriali in Slavonia e Dalmazia. Fu così
che tra il XVI e la fine del XVII secolo, la parte più orientale del territorio croato fu assoggettata all'Impero ottomano. La Croazia settentrionale
per avere protezione si rivolse agli Asburgo d'Austria, e nel 1526, in seguito alla sconfitta delle truppe ungaro-croate da parte dei turchi, nella
battaglia di Mohacs, in cui perse la vita il re ungherese Luigi II, la regio-
. 14
ne passò sotto gli Asburgo. Il trattato di Carlowitz (1699), che sancì il
declino della potenza ottomana in Europa, stabilì la cessione agli Asburgo dei territori croati già occupati dagli ottomani. Ferdinando I di
Asburgo divenne re di Ungheria e Croazia, dando inizio a una grande dinastia.
Il XVII secolo fu più tranquillo sul piano militare, ma non su
quello politico. Infatti, l'assolutismo illuminato degli Asburgo provocò lo
scontento della nobiltà croata. Sotto il regno di Maria Teresa (17401780), la politica centralista si tradusse nella soppressione del
parlamento croato e nella decisione di “germanizzare” l'amministrazione, dando inizio ad una lunga fase di resistenza linguistica.
In questo periodo irruppe sulla scena la Francia di Napoleone
Bonaparte, con la sua politica espansionistica. L'arrivo dei francesi nella
regione provocò la caduta della Repubblica di Venezia (1797) e poi nel
1808 di Dubrovnik. Napoleone unificò il territorio croato a Sud della Sava sotto il nome di province illiriche. Fu la prima esperienza unitaria dei
serbi, croati e sloveni, e questa acquisì una notevole importanza nella
storia dei popoli slavi meridionali, rafforzandone la coscienza nazionale.
In seguito al Congresso di Vienna (1815), la maggior parte dei territori
croati tornò sotto il dominio asburgico. La breve vita delle province illiriche fu caratterizzata da una intensa modernizzazione delle infrastrutture,
dalla penetrazione del pensiero politico francese, da riforme economiche
e giuridiche, e soprattutto dalla promozione delle lingue locali, in particolare nella scuola.
Probabilmente a causa dell'impegno in una continua resistenza ai Turchi
e della difesa della propria autonomia nei confronti dei serbi e dell'accentramento asburgico, la popolazione croata fu sollecitata a mantener
viva la propria “coscienza illirica” e dopo il dominio napoleonico si sviluppò in Croazia un movimento politico-culturale nazionalista croato,
ispirato alla rivoluzione francese, che fu chiamato Movimento illirico.
Il Movimento faceva capo allo scrittore Ljudevit Gaj (1809-1872), proponeva l'unione di tutti i popoli slavi del Sud, e promuoveva una fusione
delle lingue scritte serba e croata, nonostante le profonde differenze lessicali e sintattiche (cirillico e latino). Le rivendicazioni nazionaliste non si
svilupparono solo in Croazia, tutta la regione era in fermento, e la “primavera dei popoli” del 1848 toccò in particolare la vicina Ungheria.
. 15
L'imperatore d'Austria, che appoggiava il Movimento illirico per indebolire il partito ungherese, nominò bano (principe) della Croazia il barone
Josip Jelac̆ic´, fedele ufficiale austriaco, ma anche uomo di cui erano note
le simpatie per il Movimento. Sotto il suo governo il parlamento accolse
diverse richieste del popolo: abolì la servitù della gleba, unificò le terre
croate di Dalmazia, Croazia e Slavonia, e adottò il croato come lingua
ufficiale al posto del latino. Il barone fu considerato dal popolo un eroe
nazionale, anche se nello stesso tempo mostrò un aspetto meno glorioso della sua personalità, quando appoggiò Vienna nella sanguinosa
repressione della rivoluzione Ungherese. Purtroppo questo episodio di
lealtà verso Vienna non fu ricompensato con una maggiore autonomia
croata, come lui si aspettava, anzi nel 1850 le istituzioni croate furono
addirittura soppresse.
Nel quadro della riorganizzazione dello stato asburgico, nel
1867 l'imperatore Francesco Giuseppe sancì il dualismo austro-ungarico,
e l'anno seguente definì la posizione giuridica della Croazia come
un'entità politica all'interno dell'Ungheria. Ancora una volta le terre
croate furono divise: la Dalmazia e le zone di confine sotto l'amministrazione di Vienna, la Slavonia e la Croazia sotto l'Ungheria.
1.2 La prima guerra mondiale e la nascita della prima Iugoslavia
Lo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914, rese celebre
nel mondo il nome della città di Sarajevo. L'assassinio dell'arciduca
Francesco Ferdinando, erede al trono austriaco, per mano del giovane
nazionalista serbo Gavrilo Princip, coinvolse l'intera regione nel conflitto
con l'Austria, scatenando la prima guerra mondiale. Nel corso della
guerra, molti croati aderirono all'idea di uno stato indipendente formato
dall'unione di Serbia, Croazia e Slovenia.
La lotta per la propria autonomia continuò a caratterizzare la vita della
Croazia fino alla fine della prima guerra mondiale, quando nel 1918, in
seguito alla caduta della monarchia austroungarica, la Croazia proclamò
la propria indipendenza. Il primo dicembre 1918 il sovrano serbo
Aleksander Karagjeorgjevic´, proclamò la nascita del “Regno dei Serbi, dei
Croati e degli Sloveni”.
. 16
Nel 1929 il sovrano nominò il regno di Iugoslavia (Terra degli
slavi del Sud). La vita della giovane nazione non fu facile: la pesante situazione economica, le rivendicazioni bulgare, il continuo contrasto tra
federalismo e centralismo erano i principali motivi di instabilità politica.
La costituzione del giugno 1921 che adottò il principio di uno stato unitario e centralizzato con capitale Belgrado, non fu assolutamente ben
accettata da croati e sloveni. Tutto il periodo tra le due guerre fu segnato dalla contrapposizione tra Belgrado e Zagabria, tra i partigiani di una
concezione unitaria e centralizzata dello stato e i fautori della decentralizzazione e della creazione di un sistema federale.
Nel 1929, il re Aleksander instaurò un regime dittatoriale, sopprimendo la costituzione e il parlamento. Il regno di Iugoslavia fu
suddiviso in nove grandi regioni amministrative, non corrispondenti ai
territori storici.
Il 3 settembre 1931 venne approvata una nuova costituzione, accolta con
rinnovate critiche, ma che si mantenne fino al 1941. L'opposizione al regime si intensificò, anche aggravata dalla crisi economica del 1931-1933.
Sotto l'influenza delle ideologie fascista e nazista, si verificò una radicalizzazione di alcuni gruppi politici. Il movimento ultranazionalista croato,
ustascia, scelse l'alternativa terroristica, e fu responsabile insieme
all'Organizzazione Rivoluzionaria Interna della Macedonia, dell'assassinio
di re Aleksander, durante una visita di stato in Francia, nel 1934.
Lo stato passò in reggenza al principe Pavle, il quale, tentando di salvare la Iugoslavia, stabilì un accordo con la Croazia per
garantirle una sua autonomia.
Il 25 agosto 1939 la Croazia fu costituita in banato (principato) autonomo.
Parallelamente, nella speranza di evitare la guerra, allacciò stretti rapporti con i paesi dell'Asse. La definitiva aderenza all'Asse nel marzo del 1941
provocò la reazione dell'esercito e della chiesa ortodossa, con il conseguente colpo di stato di Belgrado in funzione antitedesca, il quale provocò l'invasione tedesca della Iugoslavia, la fuga del reggente e la capitolazione del Paese.
Così anche la Iugoslavia partecipò alla seconda guerra mondiale.
. 17
1.3 La Iugoslavia durante la seconda guerra mondiale
Nel 1941, per effetto delle fulminanti vittorie dell'Asse, il Paese
fu smembrato. La Germania conquistò i due terzi della Slovenia e gran
parte della Serbia, l'Italia prese la parte meridionale della Slovenia, la
Dalmazia e il Montenegro, l'Ungheria si incorporò parte della Vojvodina
e della Slavonia, e la Bulgaria si impadronì della Macedonia. La parte
del territorio che rimase, il 10 aprile 1941, prese il nome di “Stato indipendente croato”. Hitler e Mussolini decisero di lasciare il controllo del
nuovo stato croato al gruppo di ultranazionalisti croati, gli ustascia, con
a capo, con il titolo di duce, Ante Pavelic´. La nascita di uno stato croato,
che pure d'indipendenza aveva solo il nome, fu salutata con entusiasmo
da tutti coloro che aborrivano la dittatura serba della prima Iugoslavia.
La seconda organizzazione partigiana, era costituita dai cetnici, guidati da Draza Mihajlovic´. Filomonarchici, anticomunisti e
nazionalisti, erano capeggiati da ufficiali del regio esercito iugoslavo,
contavano tra i loro aderenti soprattutto serbi e montenegrini, e si resero tristemente noti per i massacri perpetrati sulle altre etnie. Le due
organizzazioni, anche se in un primo tempo collegate e unite, presero
poi strade divergenti in campo politico e militare.
La situazione cambiò poco tempo dopo, quando gli ustascia
manifestarono le loro vere intenzioni. Fedele alleato della Germania nazista, Pavelić impose al Paese una ferrea dittatura, sottoponendo serbi,
ebrei, zingari e oppositori politici, soprattutto comunisti, ad una feroce
persecuzione. Nell'aprile del 1941, furono promulgate le prime leggi razziali, seguite da un decreto mirante a difendere la “razza ariana e
l'onore del popolo croato”. Il nuovo stato, comprendeva anche BosniaErzegovina. Vennero riconosciuti come cittadini croati i cattolici e i
musulmani della Bosnia; i serbi, invece, si videro proibire l'accesso ai
pubblici uffici e, come gli ebrei, furono costretti a portare al braccio una
fascia identificativa. Contro serbi, ebrei e zingari rom, fu instaurata oltre
ad una politica di segregazione, una sistematica deportazione in campi
di concentramento. Nel territorio ne furono creati una ventina, ed ancora a oggi il numero delle vittime è oggetto di accese polemiche.
E' doveroso ricordare a questo punto una pagina tremenda e
per molti aspetti ancora oscura della storia moderna dell'Italia e dei territori dell'ex Iugoslavia più vicini ad essa: quella delle foibe. Queste
sono delle profonde fenditure del territorio carsico, usate, secondo i
racconti popolari, per far sparire cose, animali ma anche le vittime di
tragedie private, di soprusi e vendette. Le foibe, come pure i pozzi minerari in disuso, furono usati
per cercare di nascondere gli eccidi
operati in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia alla fine della seconda guerra
mondiale – dal settembre 1943 a maggio 1945 e oltre – dalle milizie e
dai partigiani di Tito, in parte anche dai partigiani comunisti italiani, a
volte dagli uni e dagli altri assieme.
Le vittime – non si sa quante con precisione, certo diverse migliaia fra
civili e militari – furono in grande maggioranza italiane; ma non mancarono i morti anche tra croati e sloveni, accusati di essersi posti al servizio dei fascisti.
Inoltre si deve ricordare che italiani, croati e sloveni furono uccisi in quel
periodo, del tutto innocenti, anche per vendette personali. Insieme ai
morti vanno ricordate le migliaia e migliaia di persone, di antica origine
italiana o immigrate dall'Italia durante il ventennio fascista, che lasciarono di loro volontà, per paura dell'odio dilagante, quei territori.
Contro il regime degli ustascia, contro l'occupazione tedesca e
quella italiana, si formarono due organizzazioni partigiane, tra loro rivali. Alla prima, di ispirazione comunista e guidata dal capo del partito
comunista iugoslavo, il croato Josip Broz detto Tito, aderirono molti
croati, ma anche partigiani di altre nazionalità. Con un'abile strategia di
guerriglia, gli uomini di Tito riuscirono a creare numerose “zone libere”
dove istituirono nuove forme di governo fondate sui comitati di liberazione nazionale che, affidando alla popolazione molti compiti sociali,
riuscirono a guadagnarsi un forte consenso popolare.
Molte sono le cause, prossime e remote, di questa tragedia.
Si è trattato certamente della dura, feroce reazione all'occupazione italiana e tedesca e, assai più risalente nel tempo, alla politica
nazionalista seguita dal governo di Roma fin da quando, nel 1920, sulla
base dell'esito della grande guerra, vennero assegnate e annesse all'Italia l'Istria, la Dalmazia, la città di Zara, le isole di Cherso, Lussino ed
altre, e infine, nel 1927, la città di Fiume. Questa politica nazionalista fu
resa via via più drastica durante il regime fascista: venne, infatti, proibito l'uso di tutte le lingue diverse dall'italiano, che furono bandite
. 18
. 19
dalle scuole, dagli uffici pubblici, dalle cerimonie civili, dalle funzioni e
dalle pratiche religiose, dalle insegne stradali, per non dire dei libri e
dei giornali, degli istituti di cultura, delle associazioni professionali. Iniziò in quel periodo, destinata a durare oltre vent'anni, la politica della
massiccia immigrazione di italiani da altre regioni, per essere immessi
non solo nelle scuole e negli uffici pubblici, ma anche nell'agricoltura e
nell'industria (a tutti i livelli: proprietari, dirigenti, tecnici, sottoposti),
nei commercio, in tutte le professioni e i mestieri. Si introdussero leggi
e tribunali speciali: di qui, per chi cercava di opporsi, le condanne al
carcere, al confino, alla distruzione o all'espropriazione di beni, all'interdizione o all'incapacità di assumere uffici e svolgere attività. Questo,
che a torto o a ragione venne considerato il tentativo autoritario di privare le popolazioni locali delle proprie radici e della propria identità,
del proprio patrimonio storico e linguistico, aprì ferite dolorose e una
latente conflittualità fra la parte italiana (d'origine o di recente immigrazione) e quella autoctona, oltre che fra la parte fascista (italiana e no) e
la parte antifascista (anche di etnia italiana) della popolazione.
Nel 1941 il conflitto etnico si inasprisce e degenera in aperta violenza e
guerra civile con l'invasione della Iugoslavia da parte dell'Italia e della
Germania. Se una parte della popolazione collabora con l'occupante (va
fatto cenno al fascismo croato e alla organizzazione militare degli ustascia), un'altra e più cospicua parte dà vita o sostegno alla resistenza,
guidata soprattutto dal movimento comunista. La risposta italiana è
molto forte sul piano civile (distruzione o confisca di beni, deportazioni,
estensione dei poteri di polizia) e apertamente ostile, cruenta e indiscriminata sul piano militare. Si aggiungano le atrocità commesse dalle truppe tedesche - talvolta guidate sul posto e affiancate da elementi italiani o
da fascisti locali - allo scopo di stroncare ogni forma di resistenza e di dissuadére la popolazione civile dal portare aiuto alle formazioni partigiane.
Dopo l'8 settembre 1943, col dissolvimento dell'esercito italiano conseguente all'armistizio con le potenze alleate, l'Istria e la
Dalmazia vengono di fatto nel potere dei partigiani di Tito e, in misura
minore, dei partigiani comunisti italiani; in tale potere di fatto resteranno fino al termine del conflitto (aprile 1945) grazie ad una guerriglia che
non conosce tregua né pietà, forte del continuo sostegno delle popolazioni autoctone. Queste forze insurrezionali mettono in atto la reazione,
dura e feroce, di cui si è detto. Combattono il fascismo e confondono
. 20
col fascismo tutto quello che è italiano. L'odio accumulato in anni e anni si trasforma in un'esasperata spinta nazionalistica e xenofoba.
Questa genera la strage. Si direbbe quasi, con un termine attuale, una
sorta di pulizia etnica anti italiana.
Migliaia sono le vittime prelevate di notte, percosse, torturate, uccise
senza alcun giudizio di responsabilità, gettate, a volte ancora vive, nelle
foibe senza distinzione di sesso, età, condizioni economiche.
Un orrore indicibile, il frutto malvagio di una guerra particolarmente crudele, della pretesa ricorrente di modificare col ferro e col fuoco le caratteristiche della popolazione di un determinato territorio.
Alla fine del 1942 Tito aveva riunito 8 divisioni (30-35.000 uomini) in un esercito popolare di liberazione e, insieme, aveva radunato
in assemblea i delegati di tutti i territori dove si combatteva, creando
un Consiglio antifascista di liberazione popolare della Iugoslavia (AVNOJ). Tito evitò di dare al suo movimento una precisa ideologia
comunista proclamando che solo il popolo, a guerra vinta, avrebbe deciso del proprio destino.
La situazione bellica intanto precipitava; l'Italia capitolò nel
settembre del 1943 e gli alleati tolsero il loro appoggio a Mihajlović.
Quando l'Armata Rossa entrò in Romania e Bulgaria, la Iugoslavia fu liberata dai partigiani di Tito, che entrarono il 20 ottobre del 1944 a
Belgrado e a Zagabria l'8 maggio del 1945, provocando la fuga di Ante
Pavelić e di migliaia di suoi collaboratori, che passarono la frontiera
austriaca e si arresero alle truppe di occupazione inglesi.
Tito venne riconosciuto come unico capo delle forze di resistenza iugoslave ed il governo del re in esilio lo nominò presidente del governo
unitario.
1.4 La Iugoslavia di Tito
I partigiani di Tito, liberatori del Paese, organizzarono un governo provvisorio, abolendo il 29 novembre 1945 la monarchia e
instaurando la Repubblica popolare federativa di Iugoslavia.
Questa seconda Iugoslavia era composta da sei repubbliche federate: la
Croazia, la Slovenia, la Bosnia-Erzegovina, il Montenegro, la Macedonia,
. 21
la Serbia, cui furono annesse le due regioni autonome del Kosovo e della
Vojvodina. L'ideologia transnazionale comunista avrebbe unito i vari
popoli in un unico stato, il cui motto era “fraternità e unità”.
Il 31 gennaio del 1946 venne approvata la nuova costituzione
creata su esempio della costituzione dell'Unione Sovietica del 1936. Negli anni successivi Tito si adoperò a ricostruire il Paese semidistrutto
dalla guerra, introducendo profonde riforme sociali ed economiche,
orientate alla realizzazione di un modello socialista. Favorito dall'impopolarità della monarchia, dalla debolezza di una borghesia ormai avulsa
dalle forze attive del Paese e dall'incapacità delle tre correnti religiose
(cattolica, ortodossa e musulmana) di dar vita a un'opposizione organizzata, Tito riuscì facilmente a imporsi non tanto per la riuscita attuazione
di un regime di largo impegno sociale quanto per il carattere patriottico
delle sue imprese antiche e nuove.
L'altro lato della medaglia fu che Tito organizzò fin dall'inizio
del suo governo una polizia politica, la UDBA, capeggiata dal serbo
Aleksander Ranković, con il compito di reprimere con la forza gli avversari del regime. Il pluralismo politico a poco a poco fu soppresso e
tutto il potere passò nelle mani di un partito unico, il partito comunista
iugoslavo, che prese il nome nel 1952 di Lega dei comunisti iugoslavi.
La politica che Tito portò avanti fu anche di grande contrasto con l'URSS,
fino al punto che nel 1948, si ebbe l'espulsione della Iugoslavia dal
Cominform (organismo politico internazionale di informazione e collaborazione tra i partiti comunisti europei) e la rottura con Stalin, atto che
provocò il boicottaggio della Iugoslavia da parte del blocco sovietico. In
questo frangente Tito fu fortemente sostenuto dall'enorme maggioranza
del suo popolo e si avviò a modificare la politica della Iugoslavia.
Si accentuò così l'esigenza di dare una “via nazionale” al socialismo con
una politica interna di autogestione delle attività produttive e una politica estera di non allineamento nonché di non ampliamento dei rapporti economici con i Paesi dell'Occidente. Queste nuove riforme furono statuite nella nuova costituzione del 1953, che nel contempo nominò Tito
presidente della repubblica e capo del governo.
Morto Stalin nel 1953, Tito si riconciliò parzialmente con Mosca, ma non attenuò l'autonomia del suo socialismo. Nel 1963 fu
. 22
approvata una costituzione che introduceva nuovi principi sulla gestione
operaia e la partecipazione dei lavoratori ai profitti aziendali, modificava
il nome dello stato in Repubblica socialista federativa di Iugoslavia ed
eleggeva Tito presidente a vita. Gli anni sessanta sono caratterizzati dalla stabilizzazione della “via iugoslava” al socialismo, con la larga
partecipazione del popolo al governo, la politica del non allineamento e
la coesistenza internazionale. Nel 1964 la Iugoslavia aderì al Comecon e
nel 1972 venne accettata da Mosca la “via iugoslava” al socialismo.
Nel 1966, sulla Iugoslavia cominciò a soffiare un vento di libertà: fu destituito il Ministro degli Interni Ranković e sorsero movimenti
rivendicativi, come quelli studenteschi del 1968 di Belgrado e del Kosovo. In Croazia le rivendicazioni nazionalistiche riguardavano soprattutto
la lingua, che si voleva mantenere distinta dal serbocroato. Nel 1971 il
fermento giunse all'apice, con l'avvento della “primavera croata”. Il movimento si sviluppò tra le fila della Lega dei comunisti croati, ma con la
mobilitazione studentesca si trasformò rapidamente in un movimento di
massa che abbinò rivendicazioni politiche, come il decentramento del
potere, ed economiche, come il controllo croato sugli introiti del turismo, alle preoccupazioni per le libertà linguistiche e culturali. La
repressione fu violenta: i suoi leader furono espulsi dal partito o imprigionati, ma le loro richieste si radicarono nell'opinione pubblica croata,
favorendo la nascita di una nuova generazione di uomini politici, che
ancora oggi seguono le sorti dello stato.
Il decentramento era inevitabile: la costituzione del 1974 accordò nuove prerogative alle repubbliche della Federazione e alle
province autonome del Kosovo e di Vojvodina.
Con il piano quinquennale del 1976-1980 si cercò di promuovere lo sviluppo delle depresse regioni meridionali del Kosovo e della Macedonia,
mentre nei rapporti internazionali si rinsaldarono i legami con l'Europa
fissando un accordo di cooperazione con la CEE nel 1980.
Il 4 maggio del 1980 morì, dopo una lunga malattia, il presidente Tito.
Tito diresse sempre la Iugoslavia con mano ferma, anche negli
ultimi anni di vita. Poté vantare importanti successi nel campo del progresso economico e, in particolare, dell'industrializzazione; riuscì a
mantenere sufficientemente unito un Paese continuamente sollecitato
. 23
da forze centrifughe; poté anche svolgere una politica estera abbastanza prestigiosa sia nei confronti dei Paesi occidentali sia di quelli non
allineati; inoltre serbò intatto lo spirito socialista del suo governo pur
nella tenace affermazione della “via nazionale” e della non ingerenza
delle grandi potenze nelle questioni interne della Iugoslavia.
“Dopo Tito, sarà sempre Tito”, proclamavano gli slogan quando il leader era ancora vivo, ma alla sua morte si presentò il problema
della sopravvivenza delle istituzioni federali. Per mantenere l'equilibrio
tra le repubbliche fu disposta una presidenza a turno, che si sarebbe
dovuta alternare ogni anno. Ma immediatamente scoppiarono rivendicazioni autonomiste, critiche alla predominanza di serbi nella polizia e
nell'esercito e una grande crisi economica. A partire dal 1983 gli indici
di crescita diventarono negativi, la disoccupazione arrivò al 16%, si dovettero fronteggiare tagli nell'uso dell'energia elettrica e del carburante,
e nel 1989 l'inflazione toccò il 2500%.
Il Fondo Monetario Internazionale dovette intervenire sempre più frequentemente, mentre si susseguivano scioperi e scandali che coinvolgevano esponenti della lega dei comunisti.
Con la morte di Tito la coesione della Federazione iugoslava cominciò ad
incrinarsi, il declino dei regimi comunisti nel resto dell'Europa orientale
favorì le pressioni per una maggiore democrazia e autonomia, ed in pratica ebbe fine la Repubblica socialista iugoslava.
1.5 La crisi della Federazione e la guerra
In una società gravemente disgregata come quella iugoslava
degli anni Novanta, in cui i nazionalismi e gli odi etnici ebbero la meglio
sulla ragione e sulla solidarietà, la guerra iugoslava fu una guerra di tutti
contro tutti che coinvolse sia le etnie che le fedi religiose: sloveni, croati, bosniaci, serbi e montenegrini, macedoni, albanesi, musulmani, cattolici, ortodossi.
La crisi economica era diventata ancora più grave e le diversità delle varie repubbliche erano sempre più profonde ed evidenti.
Slovenia e Croazia (economicamente più ricche) cominciarono a ribellarsi al potere centralistico di Belgrado, dove stava crescendo il nazionali-
. 24
smo di Slobodan Milos̆ević, che eletto presidente della 'grande Serbia'
nel 1989, fece adottare una riforma costituzionale che aboliva l'autonomia
delle province del Kosovo e della Vojvodina. In Slovenia e Croazia, invece, molti gruppi premevano per una democratizzazione della vita politica;
alla fine del 1988 si tennero le prime riunioni finalizzate alla creazione dei
partiti politici, e nel 1989 in Croazia fu adottato il pluripartitismo.
In occasione del XIV congresso della Lega comunista, il 14 gennaio 1990, varie divergenze determinarono una posizione di stallo. In
risposta al rifiuto serbo della proposta di un'organizzazione federalistica
della Lega, la delegazione slovena abbandonò il congresso, seguita da
quella croata, e il congresso fu aggiornato sine die. Scomparve così una
delle istituzioni principali della Iugoslavia.
Nell'anno 1990, in date diverse, in Slovenia, Croazia, Macedonia e Bosnia
Erzegovina si svolsero libere elezioni pluripartitiche, affermandosi il desiderio in queste repubbliche, che male avevano sopportato il predominio
serbo, di dichiararsi indipendenti.
In Croazia, alle elezioni, vinse l'Unione Democratica Croata
(HDZ) di Franjo Tudjman, e furono sconfitti i comunisti riformatori di Ivica Rac̆an. Fu promulgata una nuova costituzione in base alla quale i
serbi della Croazia passarono dalla loro condizione di 'nazione costituente' a quella di minoranza. La nuova costituzione infatti non tutelava i
diritti dei serbi e molti di loro, che erano impiegati nella pubblica amministrazione, persero il lavoro. La minoranza serba non accettò le nuove
autorità e, sostenuta e armata dal governo di Belgrado, stabilì che la regione della Krajina (territorio croato ai confini con la Bosnia Erzegovina,
ex confine militare degli Asburgo) fosse proclamata autonoma e serba.
A maggio del 1991, la Slovenia e la Croazia indirono un referendum popolare, proponendo di trasformare la Iugoslavia da federale
in una confederazione di stati sovrani. La quasi totalità della popolazione si dimostrò favorevole ed il 25 giugno 1991 la Croazia e la Slovenia
si proclamarono indipendenti, mentre le enclavi serbe della Slavonia e
della Krajina si dichiaravano a loro volta indipendenti dalla Croazia.
Scoppiarono violenti scontri in tutto il Paese e l'esercito federale iugoslavo (JNA), dominato ormai solo dai comunisti serbi (dal
. 25
momento che i membri delle altre comunità si erano dimessi o avevano
disertato), intervenne a sostegno della minoranza serba della Croazia.
Mentre però in Slovenia, repubblica etnicamente omogenea e rapidamente riconosciuta come nuovo Stato dalla comunità internazionale, la
Serbia ritirò l'esercito, in Croazia scoppiò una sanguinosa guerra civile
che andò avanti fino al 1995, resa ancor più cruenta dagli scontri etnici
con l'agguerrita e consistente (600.000 persone) minoranza serba presente in Croazia.
L'esercito federale, nell'ottobre 1991, attaccò Dubrovnik e bombardò il palazzo presidenziale di Zagabria: questo gesto indusse l'Unione
Europea a decretare una serie di sanzioni a danno della Serbia. Nel novembre del 1991 Vukovar, città plurietnica di 45.000 abitanti, posta sulla
riva croata del Danubio al confine con la Serbia, cadde nelle mani dei serbi
dopo un assedio durato tre mesi e fu rasa al suolo; migliaia di persone furono uccise e migliaia cacciate dal paese. Dopo la caduta di Vukovar, la
Comunità Europea riconobbe gli stati di Slovenia e Croazia, e nel gennaio
1992 le Nazioni Unite dislocarono un contingente di 14.000 caschi blu come forza di protezione nella parte di Croazia controllata dai serbi:
l'autoproclamata repubblica della Krajina (RSK). L'esercito federale si ritirò
e nel maggio 1992 la Croazia venne ammessa alle Nazioni Unite, dopo aver
apportato una modifica alla costituzione al fine di tutelare le minoranze etniche e di garantire il rispetto dei diritti civili.
Intanto in Krajina i gruppi paramilitari serbi mantenevano il
controllo della situazione e nel gennaio 1993 l'esercito croato sferrò un
attacco contro la regione. La Krajina reagì adottando misure repressive
molto violente nei confronti dei croati residenti in quella terra.
Il 29 marzo 1994 Serbia e Croazia concordarono un “cessate il
fuoco” in Krajina e in Slavonia, ma nel maggio 1995 scoppiarono nuovi
scontri e l'esercito croato, con un attacco improvviso, la cosiddetta operazione folgore, riconquistò parte della Slavonia occidentale. I serbi della
Krajina per ritorsione lanciarono 11 missili su Zagabria, capitale croata.
Nell'agosto del 1995 la Croazia mise in atto l'operazione tempesta, per
mezzo della quale vennero “liberate” dall'occupazione serba il resto
della Slavonia occidentale e la Krajina, provocando un esodo di circa
150.000 serbi, in fuga verso l'Est. All'attacco croato parteciparono anche
. 26
aerei della NATO che bombardarono i radar di Knin, capitale della
Krajina, per evitare una risposta missilistica come era successo durante
l'operazione folgore.
Nel frattempo la guerra si era spostata anche in Bosnia. Nel
mese di marzo del 1992 i musulmani di Bosnia, etnia non prevalente
nella regione, proclamarono l'indipendenza e chiamarono il loro stato
Repubblica di Herceg-Bosna.
A loro volta i serbi di Bosnia proclamano la Repubblica del Popolo Serbo
di Bosnia-Erzegovina dando inizio a una feroce guerra civile che oppose
le milizie serbe a quelle mussulmane e croate.
La Croazia appoggiò le ambizioni secessionistiche dei croati
dell'Erzegovina. L'assedio di Sarajevo da parte dell'esercito serbo diventò il simbolo di una guerra atroce e per certi versi assurda, nella quale
il maggior numero delle vittime si contò fra i civili.
Fu la più crudele delle guerre civili, nel corso della quale serbi, croati e
musulmani di Bosnia tentarono di eliminare qualsiasi presenza estranea
nelle zone in cui prevaleva la propria etnia. Ogni mezzo fu ritenuto valido: violenze fisiche sulle persone, distruzione di villaggi, espulsione oltre
confine e internamento in campi di concentramento delle popolazioni.
Con la decisiva mediazione degli Stati Uniti, nel novembre
1995, il presidente serbo Slobodan Milos̆ević, il presidente bosniaco Alija Izetbegović e il presidente croato Franjo Tudjman firmarono nella
cittadina di Dayton (Ohio) un piano di pace che pose fine al conflitto
scoppiato in Bosnia nel 1992, dando vita ad un nuovo stato federale
bosniaco costituito da una confederazione croato-musulmana, comprendente il 51% del territorio, e da una repubblica serba, sul restante 49%.
La Croazia ottenne la restituzione della Slavonia orientale (a partire dal
luglio 1997, dopo una tutela provvisoria dell'ONU).
Nel 1996 la Croazia venne ammessa al Consiglio d'Europa. Ancora oggi
però vi sono migliaia di profughi che vivono in attesa di sapere quale
sarà il loro destino mentre il governo deve affrontare i problemi costituiti dagli ex combattenti ormai privi di un'occupazione, dai profughi croati giunti da altre parti della federazione e dai danni gravissimi che il conflitto ha inferto alle infrastrutture.
Nonostante queste gravi questioni, la Croazia è riuscita a rimediare a una
grande quantità di danni inferti dalla guerra.
. 27
La morte del presidente Franjo Tudjman nel dicembre 1999 ha
determinato, per la prima volta dopo dieci anni la disfatta del suo partito, l'Unione Democratica Croata e il successo delle opposizioni, sia alle
elezioni politiche che alle presidenziali. Il carismatico Stjepan Mesic´,
membro del partito popolare croato, è stato eletto presidente e il nuovo
governo promette di migliorare le relazioni internazionali, la libertà di
stampa e la situazione economica. La nuova dirigenza ha proclamato
l'urgenza di un avvicinamento della Croazia all'Unione Europea, dopo
dieci anni di isolamento dalla scena internazionale il governo si sforzerà
di attuare le condizioni per l'integrazione in Europa nel 2006. Nel luglio
2002 Mesic´ ha incontrato per la prima volta, dalla fine della guerra, i
presidenti di Bosnia e Iugoslavia per confrontarsi sul rimpatrio dei rifugiati, sulla lotta contro la criminalità organizzata e per attuare piani di
reciproco aiuto economico.
La popolazione dopo l'ultimo conflitto
Oggi la Croazia ha una popolazione di 4.437.000 di abitanti. Indipendentemente dall'etnia di appartenenza, si è cittadini croati
in virtù del passaporto. In occasione dei censimenti è data la facoltà
di dichiarare la propria appartenenza nazionale.
I croati: nell'ultimo censimento ufficiale della Croazia, che risale al
2001, appaiono 3.977.000 cittadini croati, che formano l'89,6% della
popolazione.
I serbi di Croazia: dopo la riconquista da parte dell'esercito croato
della Slavonia occidentale e della Krajina, territori sotto il controllo
dei separatisti serbi fino al 1995, gli abitanti serbi di questi territori
sono fuggiti in massa. Le persone di nazionalità serba che hanno
abbandonato la Croazia tra il 1991 e il 1995 sono valutate da Human
Rights Watch (HRW) tra le 300.000 e le 350.000. Nel 1991 i Serbi rappresentavano infatti il 12,1% della popolazione totale del Paese, mentre il censimento del 2001 ha mostrato che questa percentuale è crollata al 4,5%. Solo 201.600 cittadini croati si sono dichiarati di appartenenza serba. Oggi, quei serbi vivono da profughi in Serbia. La nuova
dirigenza politica croata ha apertamente invitato i profughi a tornare
in Croazia: intento però ostacolato principalmente dal problema della
restituzione dei beni immobili che al tempo furono requisiti. Non esistono statistiche precise su quante siano ad oggi le persone rientra-
. 28
te. Secondo l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati
(UNHCR) la cifra dei ritorni al giugno 2001 sarebbe intorno a 110.000.
Il governo croato ha invece registrato un numero corrispondente a
96.500 ritornanti al novembre 2002. È probabile, tuttavia, che entrambe le stime siano gonfiate in quanto molti dei cosiddetti ritornanti,
dopo una breve permanenza in Croazia, ripartono per Serbia e
Montenegro o per la Bosnia-Erzegovina.
I croati-bosniaci: sono cittadini di nazionalità croata che vivono negli
stati vicini alla Croazia, in particolare in Bosnia e in Erzegovina. La
guerra e la pulizia etnica hanno ridotto a un terzo la popolazione croata della Bosnia-Erzegovina, infatti dei 750.000 (17,3%) croati che vi
vivevano prima della guerra, oggi sono solo 300.000 e vivono principalmente nel Sud, in Erzegovina dove costituiscono il 90% della
popolazione.
Gli emigrati croati: sono circa 2.300.000 i cittadini croati emigrati all'estero per ragioni politiche od economiche. Stati Uniti, Germania, Austria,
Canada, Argentina e Cile sono i paesi di maggiore destinazione.
Profughi in Croazia
In Croazia sono affluite varie ondate di profughi. La prima
è stata quella delle popolazioni croate espulse dalle zone occupate
dai separatisti serbi nel 1991. Queste popolazioni, rifugiatesi nel
proprio paese, sono qualificate dall'UNHCR con il termine di “trasferiti”; alla fine del 1991 erano circa 770.000. La seconda ondata è
stata quella dei civili cacciati dalla guerra in Bosnia-Erzegovina e
dalla politica di pulizia etnica praticata dalle forze serbe; tra questi
150.000 croati di Bosnia e un alto numero di musulmani. La maggior parte di questi profughi è stata alloggiata negli alberghi della
costa dalmata e delle grandi città.
. 29
2. Organizzazione istituzionale dello Stato
Uscita dal sistema socialista e affermatasi come stato indipendente, la Croazia ha ricostruito il suo ordinamento giuridico; la sua prima
Costituzione è del 1990. Essa ha instaurato la democrazia parlamentare e
stabilisce che la Croazia è uno stato indivisibile, democratico e sociale.
Il potere nella Repubblica di Croazia viene dal popolo ed appartiene al popolo, definito come una comunità di cittadini liberi e di pari
diritti. I maggiori valori dell'ordinamento costituzionale della Repubblica
croata sono: libertà, parità di diritti, uguaglianza etnica, pace, giustizia
sociale, rispetto dei diritti dell'uomo e del diritto di proprietà, tutela della
natura e dell'ambiente, democrazia e sistema pluripartitico. La costituzione del 1990 garantisce in modo ufficiale il nome e l'uso della lingua croata. Inoltre, ha abolito la pena di morte per tutti i crimini; infatti all'art.
21, afferma: "Ogni essere umano ha diritto alla vita. Nella Repubblica di
Croazia non vi sarà pena di morte". L'art. 17 sub sez. 3 stabilisce che i
provvedimenti costituzionali che riguardano il diritto alla vita non sono
tra quelli che il Parlamento può sospendere in tempo di guerra o in caso
di grave pericolo per il paese.
E' interessante notare che la Costituzione del 1990 contiene
solenne affermazione di principi fondamentali alcuni dei quali derivano
dalla tradizione giuridica romana. Così il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge; così il principio di legalità, per cui nessuno può
essere punito per un fatto che non sia espressamente previsto come
reato dalla legge, né con pene che non siano espressamente stabilite
dalla legge (“nullum crimen, nulla poena sin lege”); così ancora il principio di irretroattività delle norme penali e quello di assoluta garanzia per
cui nessuno può essere processato più volte per lo stesso reato, quando sia intervenuta una sentenza definitiva di condanna o assoluzione. Si
ispirano alla tradizione romanistica anche quelle norme della
Costituzione croata del 1990 che riconoscono e tutelano il diritto di proprietà privata e il diritto di trasmettere i propri beni per testamento, diritti assai limitati nel sistema socialista, nonché le norme che assicurano ai
minori, ai deboli, agli invalidi e in genere alle persone svantaggiate il
diritto di godere di particolari forme di previdenza.
. 30
Nell'autunno del 2002, la Croazia ha modificato alcuni articoli
della Costituzione del 1990, passando da un regime presidenziale ad un
regime parlamentare democratico basato su di un sistema pluripartitico
e sulla divisione del potere statale in tre diversi poteri: legislativo (di
competenza del Parlamento), esecutivo (spettante al governo e alla pubblica amministrazione), giudiziario (riservato ai diversi uffici giudiziari).
Il Presidente della Repubblica
Il Presidente della Repubblica (Predsjednik Republike) viene
eletto a suffragio universale diretto per un mandato quinquennale rinnovabile. Il presidente indìce le elezioni parlamentari e i referendum,
affida il compito di formare il governo a una persona sostenuta dalla
maggioranza dei membri del Parlamento e svolge le altre funzioni specificate nella Costituzione. Il presidente collabora inoltre con il governo
per la definizione e l'attuazione della politica estera, è il comandante
supremo delle forze armate e, in tale veste, nomina e destituisce i comandanti militari. In circostanze ben precise, il presidente può sciogliere
il Parlamento se il governo non ottiene la fiducia o se il bilancio pubblico non viene adottato entro 120 giorni dalla presentazione. Il Presidente
è responsabile delle violazioni della Costituzione commesse durante lo
svolgimento del mandato: la procedura di accertamento della sua responsabilità viene avviata su proposta di due terzi dei membri del
Parlamento; la decisione in merito spetta alla Corte Costituzionale che
decide a maggioranza dei due terzi dei suoi giudici.
Il potere legislativo
Il Parlamento croato è organo rappresentativo dei cittadini e,
come si è detto, è investito del potere legislativo. Il Parlamento, essendo la più vecchia istituzione dello stato, ha difeso, garantito e protetto
gli interessi nazionali della Croazia attraverso i secoli.
Fino a metà del diciannovesimo secolo, potevano essere eletti membri
del Parlamento esclusivamente i rappresentanti dell'aristocrazia e del
clero. Nel 1848 sotto il governo del barone Josip Jelac̆ić, bano di Croazia,
fu eletto il primo Parlamento formato oltre che dai rappresentanti del-
. 31
l'aristocrazia e del clero anche da cittadini eletti senza riguardo dello
stato sociale. Nella primavera del 1990, sulla base dei risultati delle
prime elezioni pluraliste viene costituito il Parlamento democratico
croato. La nuova Costituzione prevede un'Assemblea bicamerale
(Sabor) composta dalla Camera delle Regioni (Zupanijski Dom) costituita da 68 seggi, di cui 63 eletti direttamente con voto popolare e 5
nominati dal Presidente, che dura in carica quattro anni; e una Camera
dei Deputati (Zastupnicki Dom), composta da 151 seggi, i cui membri
vengono anch'essi eletti per quattro anni. Da quando è diventata uno
Stato indipendente, la Croazia ha indetto elezioni parlamentari nel
1992, nel 1995, nel 2000 e nel 2003.
Gli emendamenti alla Costituzione, promulgati nel 2000, hanno permesso
al sistema semi presidenziale di passare ad un sistema parlamentare puro.
Gli emendamenti del marzo 2001, hanno abolito la Camera delle Regioni,
trasformando il Parlamento croato in un'Assemblea unicamerale.
A norma della Costituzione, la Camera dei rappresentanti è composta da
100-160 membri eletti per quattro anni. La legge elettorale prevede una
rappresentanza proporzionale mediante liste di partito in 10 circoscrizioni elettorali. Otto seggi parlamentari sono riservati alle minoranze, che
costituiscono l'undicesima circoscrizione. Si garantiscono tre seggi alla
minoranza serba e uno ciascuno alle minoranze italiana e ungherese,
mentre slovacchi e cechi hanno diritto ad un unico rappresentante. Le
altre minoranze sono divise in due gruppi, ciascuno dei quali ha diritto
a un rappresentante come la Diaspora croata, che costituisce la dodicesima unità elettorale. Il numero dei rappresentanti eletti della Diaspora
dipende dal cosiddetto contingente “non fisso”, che viene calcolato dividendo il numero totale dei voti all'estero per un numero medio di voti
necessari per ottenere un mandato in dieci circoscrizioni della Croazia. Il
Parlamento croato si riunisce annualmente in due sezioni: 15 gennaio –
15 luglio; 15 settembre – 15 dicembre.
Il Parlamento può essere sciolto per autonoma iniziativa dello stesso
oppure con decisione del presidente della Repubblica se il governo non
ottiene la fiducia o se il bilancio pubblico non viene approvato entro 120
giorni dalla presentazione.
I membri del parlamento godono delle immunità parlamentari. Il ruolo
dell'opposizione è riconosciuto, così come la sua partecipazione al funzionamento delle istituzioni nazionali. La minoranza parlamentare può
proporre il suo candidato alla vicepresidenza del Parlamento. I rappre-
. 32
sentanti dell'opposizione in Parlamento sono anche membri delle 25
commissioni parlamentari, 12 delle quali sono presiedute dall'HDZ e 13
dagli altri partiti.
La Croazia ha un sistema multipartitico, con 94 partiti politici registrati.
Non vi sono ostacoli alla costituzione dei partiti, che ricevono finanziamenti pubblici proporzionali al numero di seggi ottenuti nelle elezioni
precedenti.
Il Parlamento esercita il potere legislativo e condivide il diritto d'iniziativa legislativa con il governo. Di norma, tutte le leggi sono soggette a tre
letture consecutive in Parlamento, ma ultimamente molte leggi sono
state adottate mediante una procedura d'urgenza di due letture autorizzata dalla Costituzione.
Un quinto dei rappresentanti parlamentari può avviare la procedura per
il voto di fiducia al governo.
Il Parlamento può indire referendum sulle proposte di modifica della
Costituzione, su qualsiasi proposta legislativa o su tutte le questioni giudicate importanti.
Attualmente il Parlamento è composto da 152 deputati eletti
nelle elezioni del 23 Novembre 2003: 140 dalle liste dei partiti politici, 4
rappresentanti della diaspora e 8 delle minoranze etniche.
Il potere esecutivo
Il governo (Vlada) è l'organo che esercita il potere esecutivo in
conformità della Costituzione e delle altre leggi dello stato.
Compito del governo è di dare esecuzione e far rispettare le leggi e i
regolamenti emanati dal Parlamento, presentare a questo progetti di
legge e in particolare proporre le leggi di bilancio, dirigere la pubblica
amministrazione, adottare strategie di sviluppo economico e sociale,
seguire la politica interna ed estera del Paese. Il governo ha facoltà di
emanare decreti legislativi, che devono essere approvati dal Parlamento
o che sono stati delegati dal Parlamento.
La Costituzione conferisce al governo poteri normativi autonomi che gli
consentono di emanare decreti per l'applicazione delle leggi. Il governo
può essere autorizzato dal Parlamento a regolamentare mediante decreto questioni diverse da diritti umani e libertà, diritti delle minoranze,
. 33
sistema elettorale, organizzazione e funzionamento dell'autogoverno
locale e regionale. La durata di questi decreti, tuttavia, è limitata a un
anno. Il governo è inoltre autorizzato ad adottare decreti con forza di
legge riguardanti la politica economica, che originariamente è di competenza del Parlamento, negli intervalli fra una sessione parlamentare e l'altra o dopo lo scioglimento del Parlamento a causa delle elezioni. Questi
decreti, tuttavia, devono essere sottoposti al Parlamento per approvazione alla sua prima sessione.
Il governo ha il suo capo nella persona del Primo Ministro, il
quale ha due vice primi ministri e 14 ministri veri e propri, con mansioni
relative a particolari settori o attività. Il primo Ministro e i Ministri sono
unitamente responsabili per le decisioni approvate dal governo e individualmente responsabili per il proprio rispettivo portafoglio. Il governo è
responsabile dell'operato di tutti gli organi dell'amministrazione statale,
vale a dire i ministeri, gli enti amministrativi pubblici e gli uffici della
pubblica amministrazione. I ministeri e gli enti amministrativi pubblici
sono organi centrali dell'amministrazione statale, che possiede comunque uffici anche presso le unità di autogoverno locali (regionali). Per
determinati compiti, inoltre, possono essere aperti uffici locali a livello
di contea, comune o città.
La Costituzione definisce la struttura dell'amministrazione locale. Le unità dell'autogoverno locale sono i “comuni” e le “città”,
mentre le unità dell'autogoverno regionale vengono denominate “contee”. La legge ha creato 426 comuni, 121 città e 20 contee (compresa la
città di Zagabria, che ha uno status di contea). A norma della legge del
2001, i governi locali sono competenti in materia di approvvigionamento
idrico e rete fognaria, assistenza sanitaria di base, istruzione prescolare
ed elementare. I finanziamenti dei governi locali sono regolamentati da
una legge specifica e consistono prevalentemente nella condivisione
delle imposte e in diversi introiti non fiscali. Il reddito dell'autogoverno
locale proviene dalle sue entrate (reddito delle sue attività, tasse di
contea e comunali, multe, diritti e oneri), dalle imposte condivise (imposta sul reddito, imposta sugli utili, imposta sulle transazioni immobiliari,
introiti fiscali provenienti dal gioco d'azzardo) e dalle sovvenzioni.
. 34
Il sistema giudiziario
E' bene premettere che ad oggi la Croazia non ha ancora un
codice civile, l'elaborazione del quale rappresenta, senza dubbio, il progetto legislativo più importante dell'attuale governo. Al posto di un
codice civile esistono temporaneamente alcune leggi settoriali. Alcune
fra queste sono state riprese dalla Iugoslavia socialista e riviste a fondo; altre invece sono nuove, e per alcuni settori del diritto civile (ad
esempio: diritti reali), sono già state approvate. Lo scopo della riforma
giuridica è quello di un avvicinamento del diritto civile croato agli standard europei.
L'ordinamento giudiziario è regolato dalla Legge delle Corti ed è ispirato all'idea di Corti indipendenti.
Il sistema giudiziario croato ha una struttura gerarchica a tre livelli. 122
tribunali comunali, 114 tribunali per i reati minori, 12 tribunali di commercio e 21 tribunali di contea fungono da tribunali di primo grado. I tribunali di contea si pronunciano anche sui ricorsi contro le decisioni dei tribunali municipali. Organi del giudizio di secondo grado sono, oltre ai tribunali di contea, l'Alta Corte per i reati minori e l'Alta Corte commerciale. Infine, al terzo livello, la Corte suprema che è il massimo organo giudiziario della Croazia.
Il tribunale amministrativo garantisce la tutela giudiziaria contro le decisioni amministrative finali.
La Corte costituzionale – che secondo il sistema croato non fa parte dell'apparato giudiziario, ma rappresenta piuttosto, in un certo senso, un quarto
potere dello stato – valuta sia la conformità delle leggi con la Costituzione
sia la conformità dei regolamenti con la Costituzione e con le leggi.
A lato di questa giurisdizione fondamentale, la Corte Costituzionale verifica la validità e i risultati delle elezioni politiche, risolve i conflitti fra i
diversi poteri dello stato, decide il grado di appello delle decisioni del
Consiglio della Magistratura di Stato sull'incriminazione e la condanna
dei giudici per violazioni disciplinari, sulla revoca e sulla responsabilità
dei giudici.
Rientrano inoltre nella sua giurisdizione le vertenze per violazione dei diritti dell'uomo garantiti dalla Costituzione.
La Corte si pronuncia infatti sulle istanze presentate da privati quando ritengano che i loro diritti costituzionali siano stati violati dagli atti finali delle
autorità dello Stato o degli organi dell'autogoverno locale o regionale.
. 35
Il numero di petizioni presentate alla Corte costituzionale è in continuo
aumento. L'indipendenza del sistema giudiziario croato è garantita dalla
Costituzione e dalla legge sui tribunali. Il Presidente della Corte suprema e il procuratore dello Stato sono eletti dal Parlamento e nominati
dal Presidente della Repubblica. I giudici ordinari sono nominati dal
Consiglio giudiziario dello Stato in base ai pareri ricevuti dai consigli
giudiziari costituiti presso ciascun tribunale. Vengono confermati nella
carica dopo un periodo di prova di cinque anni. Il loro status permanente è garantito dalla Costituzione. Il Ministero della Giustizia valuta
i requisiti formali e l'idoneità dei candidati, ma anche la commissione
parlamentare competente e il Presidente del tribunale possono esprimere il loro parere.
I Procuratori di Stato (pubblici ministeri) sono nominati dal
Consiglio della Procura di Stato secondo una procedura analoga. Entrambi i consigli sono autonomi e indipendenti. Non vengono
organizzati concorsi per la selezione dei giudici: per diventare giudici,
i candidati devono superare l'esame di avvocatura e avere diversi anni
di esperienza lavorativa a seconda del tipo di tribunale per il quale si
presentano. Conformemente alla legge sui tribunali, i giudici non possono essere iscritti a partiti politici né svolgere altre attività che
incidano sulla loro autonomia, imparzialità o indipendenza.
L'immunità dei giudici è sancita sia dalla Costituzione che dalla legge
sui tribunali. Per poter revocare l'immunità di un giudice e approvare
l'avvio di un'azione penale nei suoi confronti è necessario che l'Ufficio
della Procura di Stato presenti una proposta in tal senso al Consiglio
giudiziario dello Stato, il quale si pronuncia sulla responsabilità dei
giudici in caso di mancanze o di violazioni dell'etica professionale nei
procedimenti disciplinari. La valutazione dell'operato dei giudici da
parte del Consiglio giudiziario dello Stato rimane tuttavia molto teorica. A parte un caso pendente a seguito di una denuncia per corruzione, infatti, il Consiglio giudiziario dello Stato ha preso poche decisioni
nei procedimenti disciplinari contro i giudici. Non esiste un codice
deontologico vincolante per tutti i funzionari giudiziari, ma
l'Associazione dei giudici croati (una ONG locale) ha adottato un codice deontologico per i suoi membri.
La Croazia dispone di un numero di giudici per abitante piuttosto elevato rispetto alla media Ue ed a quella dei paesi in via di adesione.
. 36
Alla fine del 2003 il paese contava 1868 giudici, 513 procuratori di
Stato, 378 consiglieri giudiziari e 6023 commessi o funzionari di cancelleria (2,8 per ogni magistrato).
3. Situazione politica attuale
Le elezioni politiche del novembre 2003, segnando il ritorno al
potere dell'Unione Democratica Croata (HDZ), partito fondato nel 1990
dal defunto presidente Franjo Tudjman, in passato molto criticato per una
politica autoritaria e per lo scarso rispetto dei diritti umani, avevano portato la Croazia all'isolamento internazionale.
Nei quattro anni passati in opposizione, l'attuale premier Ivo Sanader ha
estromesso dalle file dell'HDZ i falchi nazionalisti di Tudjman, proponendo un partito pronto ad adeguarsi agli standard europei, a collaborare
con il Tribunale internazionale dell'Aja (TPI) e a incoraggiare il ritorno dei
profughi serbi.
L'obiettivo principale del governo Sanader è proseguire l'avvicinamento
all'Unione europea e alla Nato, iniziato dal precedente governo di centro-sinistra (2000-2003). Grazie alla politica di collaborazione con il TPI,
a cui nel 2004 sono stati consegnati nove alti ufficiali e politici croati e
croato-bosniaci, e al rispetto dei diritti delle minoranze, in particolare
quella serba, Sanader ha conquistato la fiducia dei partner europei. Nel
giugno 2004 la Croazia ha ottenuto lo status di candidato all'Ue, ma il
Tribunale dell'Aja insiste sulla consegna dell'ultimo ricercato di etnia
croata, il generale Ante Gotovina, latitante dal 2001.
Sull'adesione del paese all'Ue è stato raggiunto un consenso
tra tutti i partiti rappresentati in Parlamento e il governo esprime il desiderio di voler chiudere i negoziati in due anni, nel 2007, per essere
pronto ad entrare nell'Unione nel 2008 o 2009. In vista di tale obiettivo, tutto il processo di riforma del paese dovrebbe godere di una
sostanziale accelerazione nei prossimi anni. In questa linea, è stato
approvato a fine 2004 un programma economico di preaccesso che condurrà all'implementazione di significativi aggiustamenti fiscali negli anni
2005-2006, con l'obiettivo del mantenimento di un deficit non superiore al 3% per il 2007.
. 37
In Parlamento il governo presieduto da Sanader conta sull'appoggio esterno di alcuni partiti minori di centro (Partito socialliberale
HSLS, Centro democratico DC, Partito dei pensionati HSU) e di tutti i rappresentati delle minoranze etniche, inclusa quella serba e italiana.
Particolarmente importante è l'accordo con il Partito democratico indipendente serbo (SDSS) per il ritorno dei serbi fuggiti durante la guerra (19911995) che prevede anche la restituzione e ricostruzione delle loro case.
La competizione politica si è rianimata per la campagna elettorale per le presidenziali del gennaio 2005 e le amministrative di
maggio 2005.
Le presidenziali – dopo un turno di ballottaggio – hanno portato alla
riconferma di Stipe Mesic´, nella carica di capo dello stato. Stipe Mesic´,
liberale di centro, uno dei fondatori con Franjo Tudjman, nel 1990,
dell'Unione Democratica Croata (HDZ), è stato, fino al dicembre 1991, l'ultimo Presidente di turno della Federazione iugoslava. Nel 1994 è uscito
dall'HDZ per protesta contro la politica croata in Bosnia quando Tudjman
non nascondeva più le sue mire territoriali. Proveniente dall'area politica dell'opposizione di sinistra, Mesic´ rappresenta il contrappeso al
governo di Sanader.
I risultati delle elezioni amministrative, invece, hanno confermato l'HDZ, il partito di centro-destra del premier Ivo Sanader, come
primo partito croato. L'HDZ ha perso però terreno in quasi tutte le regioni, a beneficio della destra nazionalista, mentre il centro-sinistra
mantiene il potere nei maggiori centri urbani, in primo luogo nella capitale Zagabria. Sembra che la politica europeista di Sanader e la rinuncia
a molti dei punti saldi della vecchia politica nazionalista dell'HDZ, abbia
spostato più a destra una parte del suo fedele elettorato.
Presidente
Il Presidente della Repubblica, eletto a un secondo mandato di cinque
anni il 16 gennaio 2005, è Stipe Mesic´, liberale di centro.
Governo
Primo ministro:
Ivo Sanader (HDZ)
. 38
Vice premier:
Damir Plolanc̆ec´ (HDZ)
Vice premier e Ministro per la famiglia e veterani di guerra:
Jadranka Kosor (HDZ)
Ministro degli esteri e delle integrazioni europee:
Kolinda Grabar-Kitarovic´ (HDZ)
Ministro delle finanze:
Ivan S̆uker (HDZ)
Ministro della difesa:
Berislav Ronc̆evic´ (HDZ)
Ministro degli interni:
Marijan Mlinaric´ (HDZ)
Ministro della giustizia:
Vesna S̆kare-Oz̆bolt (DC)
Ministro dell'economia, lavoro:
Branko Vukelic´ (HDZ)
Ministro del mare, trasporti, e turismo:
Boz̆idar Kalmeta (HDZ
Ministro dell'ambiente ed edilizia:
Marina Matulovic´-Dropulic´ (HDZ)
Ministro dell'agricoltura:
Petar Cobankovic´ (HDZ)
Ministro della sanità e previdenza sociale:
Neven Jurc̆ic´ (HDZ)
Ministro della cultura:
Boz̆o Bis̆kupic´ (HDZ)
Ministro delle scienze, istruzione e sport:
Dragan Primorac´ (Indipendente)
Parlamento
Presidente: Vladimir Seks (HDZ)
La Camera dei deputati è composta da 152 rappresentanti eletti il 23
novembre del 2003: 140 dalle liste dei partiti politici. 4 sono i rappresentanti della diaspora e 8 delle minoranze etniche. Prossime elezioni nel 2007.
. 39
2. Verso un’economia di mercato
Suddivisione dei seggi
Unione democratica croata (HDZ): 66
Partito socialdemocratico (SDP): 34
Partito popolare (HNS): 12
Partito dei contadini (HSS): 9
Partito del diritto (HSP): 8
Dieta democratica istriana (IDS): 4
Partito dei pensionati (HSU): 3
Partito social-liberale (HSLS): 2
Partito liberale (LS): 1
Centro democratico (DC): 1
Partito littorale montano (PGS): 1
Partito democratico dei contadini (HDSS): 1
Indipendenti: 2
I deputati delle minoranze sono otto:
3 sono i rappresentanti della minoranza serba (Partito indipendente
democratico serbo, SDSS), 1 di quella italiana (Furio Radin, ind.), 1
della minoranza ungherese (ind.), 1 di quella ceca e slovacca (HSS, di
etnia ceca), 1 delle minoranze austriaca, bulgara, tedesca, polacca,
rom, romena, russa, turca e ucraina (di etnia tedesca, ind.), 1 delle
minoranze valacca, ebrea albanese, bosniaca, macedone, montenegrina e slovena (di etnia bosniaca, ind.).
1. Quadro macroeconomico
L'economia croata, nell'affrontare la transizione dal sistema
centralizzato comunista verso un sistema ad economia di mercato, ha
subito il peso e le conseguenze della guerra, che ne hanno accentuato i
problemi e le difficoltà nello sviluppo. Tuttavia, in seguito ad un severo
piano di stabilizzazione varato nel 1993 dal Primo Ministro Nikica Valentic´, la situazione economica, grazie anche ad una ritrovata stabilità sul
fronte dei prezzi, ha favorito buone prospettive di crescita, guidate da
una forte incidenza del settore manifatturiero e dei servizi. Buone prospettive si sono delineate per la ripresa economica già con l'avvio degli
anni 2000, grazie anche al rinnovamento delle principali istituzioni del
Paese, oggi maggiormente orientate alla riforma dell'intero sistema economico, dopo l'immobilismo del passato.
Il processo di integrazione con l'Unione Europea agisce infine
da stimolo per rendere più veloci le riforme economiche e per il rafforzamento delle strutture proprie di una funzionante economia di mercato.
Le previsioni dell'economia croata per l'anno 2005 si presentano stabili
e in costante crescita. La liberalizzazione del mercato e l'avvicinamento
all'Unione europea hanno fatto della Croazia un paese sempre più interessante per investire, comprare immobili, passare le vacanze o semplicemente fare shopping. Un altro mondo rispetto all'era nazionalista degli
anni Novanta, quando la Croazia era in isolamento internazionale, mentre la corruzione e il nepotismo, accanto alla privatizzazione esasperata
e alla guerra, misero in ginocchio l'economia.
Il governo croato, al potere fino alle elezioni svoltesi alla fine
del novembre 2003, era riuscito a far uscire il Paese dalla stagflazione con
un lieve ulteriore e graduale sblocco della recessione e un lieve miglioramento della situazione macroeconomica ma con un debito estero molto
alto (circa l'82% del PIL) e con difficoltà connesse alla disoccupazione.
. 40
. 41
Gli investimenti stranieri nel 2003 hanno raggiunto i 2 miliardi
di dollari, quasi il doppio dell'anno precedente e pari a quanto hanno
attirato tutti insieme gli altri paesi dei Balcani occidentali. Gli investimenti sono stati minori nel 2004 (877 milioni nei primi nove mesi),
probabilmente perché sono mancate le privatizzazioni delle grandi imprese di Stato, annunciate per i prossimi due o tre anni.
I dati relativi all'anno 2004 confermano un rallentamento della crescita
economica, già iniziato nel 2003. Non sono disponibili ancora i dati definitivi circa il PIL del 2004 ma le stime preliminari parlano di un aumento, in termini reali, al massimo del 3,5% (nell'anno 2003 l'aumento, invece, è stato del 4,3%).
La crescita rallentata del PIL è in primo luogo dovuta all'attenuarsi della domanda interna a causa di una più ferrea politica macroeconomica, il cui intento è quello di ridurre gli squilibri economici del
Paese, in particolare per quanto concerne il debito estero e il saldo della
bilancia commerciale.
Uno dei principali strumenti volti alla realizzazione della politica economica governativa per il 2004 è stato l'adeguamento fiscale.
L'attenuarsi della domanda interna verificatasi nel 2004 è dovuta anche
ad una minor crescita degli investimenti nelle attività fisse (il 6% circa
nel 2004 contro il 16,8% nel 2003); si deve però considerare che la crescita realizzata negli anni precedenti era primariamente indirizzata a consistenti investimenti governativi nell'infrastruttura stradale per cui il successivo rallentamento va analizzato anche in tale ottica.
Anche i consumi privati nel 2004 hanno segnato un aumento
più contenuto (3,2%) rispetto al 2003 (4,1%).
L'adeguamento fiscale del 2004 potrebbe dare buoni risultati considerando che sono state apportate anche restrizioni alla crescita dei salari nel
settore pubblico, sono stati ridotti gli investimenti nell'infrastruttura stradale e sono state maggiorate alcune imposte (per esempio sugli autoveicoli e sui consumi di tabacco).
È da rilevare inoltre che il predetto programma governativo è stato appoggiato anche da un accordo di stand-by di 20 mesi siglato dal governo con
il FMI nell'agosto 2004. Come risultato dell'implementazione del programma è prevedibile a breve una diminuzione del deficit a circa il 5,5% ed
una stabilizzazione del debito estero al di sotto dell'80% del PIL.
. 42
Nel 2003 il valore del PIL (prezzi correnti) è stato di 28,8 miliardi di dollari (+4,3% in termini reali; stima - dati revisionati), ovvero
6.484 dollari pro capite.
Le stime preliminari per il 2004 parlano di un aumento in termini reali al
massimo del 3,5%.
Per tutto l'anno 2004 l'aumento della produzione industriale conseguito
è stato del 3,7% (del 4,1% nel 2003).
Il valore totale degli scambi commerciali della Croazia con il resto del
mondo è in continuo aumento. Nel 2004 l'interscambio commerciale
croato è stato alquanto più intenso (+20,6%) rispetto a quello realizzato
nel 2003 ed è risultato pari a 24,606 miliardi di dollari. Le importazioni
hanno raggiunto 16,6 miliardi di dollari (+16,7%); sono aumentate anche
le esportazioni che da 6,2 miliardi di dollari (dati definitivi 2003) a fine
dicembre 2004 si sono portate a 8 miliardi di dollari (+30% circa).
L'andamento dei prezzi al dettaglio nel corso del 2004 è stato abbastanza oscillante ma l'aumento è stato, comunque, piuttosto contenuto. Per
il primo trimestre il tasso d'inflazione è stato dell'1,8%, per il secondo
del 2,3%, per il terzo dell'1,8%; gli andamenti verificatisi nel corso dell'anno hanno portato il tasso d'inflazione per tutto l'anno 2004 al 2,7%.
Il tasso di disoccupazione, sebbene in lieve diminuzione e sempre oscillante, rimane tuttora abbastanza preoccupante: a fine dicembre del 2003
è stato del 19,2%, si è portato al 19,5% alla fine di dicembre 2004.
A fine giugno 2004 le riserve valutarie erano di 12,37 miliardi di dollari;
a fine dicembre hanno raggiunto 14,529 miliardi di dollari.
Il debito estero è più che raddoppiato in cinque anni. L'eccessiva crescita dei consumi rispetto al reddito, unitamente ad una politica fiscale e
monetaria non sempre lungimirante, ha portato a fine dicembre del 2003
il debito estero a 23,6 miliardi di dollari; anche se per il 2004 era questo uno dei principali problemi da risolvere gradualmente, i dati di fine
anno denunciano un debito estero pari a 30,2 miliardi di dollari.
L'economia croata vive ancora le contraddizioni proprie di un paese in
transizione: da un lato vi sono grandi potenzialità e risultati iniziali promettenti; dall'altro, c'è la necessità di liberarsi di retaggi del passato,
non disgiunta da una perdurante difficoltà a decollare. Per gli investitori
esteri, la miglior assicurazione di lungo periodo sulla stabilità economica della Croazia – intesa anche in termini di trasformazione dell'ordinamento giuridico – è essenzialmente data dall'ambizione del Paese di
diventare membro dell'Ue nel 2007. All'inizio del terzo millennio la
. 43
Croazia offre quindi agli investitori esteri straordinarie opportunità di
guadagno, che, d'altro canto non sono totalmente esenti da rischi. Il credit rating a lungo termine infatti (che indica il cosiddetto rischio paese),
fissato dalle principali agenzie internazionali, pur oscillante, classifica la
Croazia tra i paesi a rischio moderato per gli investitori esteri.
Principali indicatori macroeconomici
Cambio: 1 euro = 7,56 kune (media 2003)
Inflazione: 2,3% (2002), 1,8% (2003), 2,7% (2004)
Tasso disoccupazione: 18,7% (2004)
PIL: 33 miliardi di dollari (stima dicembre 2004)
Crescita PIL: +5,2% (2002), +4,3% (stima 2003), +3,5% (stima 2004)
PIL pro capite: 6.484 dollari (2003)
Struttura del PIL: Agricoltura 7,2%; Industria 17,6%, Servizi 75,2%
Debito estero: 30,2 miliardi di dollari (dicembre 2004)
Produzione industriale: +3,7% (nel 2004 rispetto all'anno precedente)
Commercio estero 2004:
Importazioni: 16,6 miliardi di dollari, di cui 2,4 dall'Italia
Esportazioni: 8 miliardi di dollari, di cui 1,8 verso l'Italia
C'è comunque fiducia in un miglioramento delle condizioni di crescita
economica nell'Ue, che porteranno effetti positivi nella crescita economica della Croazia nel 2005, stimolando in particolar modo il settore
delle esportazioni. Inoltre, sempre su questa linea, a fine 2004 la
Croazia ha approvato un programma economico di preaccesso che condurrà all'implementazione di significativi aggiustamenti fiscali negli anni
2005-2006, con l'obiettivo di arrivare ad ottenere un deficit non superiore al 3% per il 2007.
PREVISIONI PER ALCUNI INDICATORI MACROECONOMICI E PER L'INTERSCAMBIO COMMERCIALE
2005
2006
3,7
4,2
2,4
2,6
ESPORTAZIONI
9.600
10.400
IMPORTAZIONI
19.500
20.100
SALDO
-9.900
-9.700
PIL ( VAR .
%)
INFLAZIONE
BILANCIA COMMERCIALE
FONTE :
EIU (ECONOMIST
(MILIONI
DI DOLLARI )
INTELLIGENCE UNIT ), COUNTRY REPORT, SETTEMBRE
2004.
2. Struttura dell'economia e settori produttivi
Secondo alcuni esperti la crescita economica è basata sugli investimenti pubblici e sull'indebitamento all'estero e non sulle reali
potenzialità produttive del Paese, e sia i cittadini che lo Stato stanno
spendendo molto di più di quello che guadagnano.
La produzione industriale è in crescita, ma non abbastanza da dare una
spinta all'occupazione e alle esportazioni che riescono a coprire a malapena la metà dei beni importati.
Il tenore di vita e le condizioni sociali della popolazione
sono infatti ancora difficili. Il PIL pro capite è di circa
8.000 euro, meno della metà della media europea.
Peraltro, le previsioni di aumento del PIL - in termini reali parlano, per il 2005, di un incremento poco superiore al 3,5%.
. 44
L'industria manifatturiera e l'attività mineraria rappresentano
circa un quarto del PIL, l'agricoltura l'8% circa, mentre il settore terziario (in continua crescita) circa il 67%. Importanti settori orientati
all'esportazione sono quello del legname, il tessile, la cantieristica, il
chimico e farmaceutico e l'alimentare. Tutta la struttura produttiva croata, oltre a risentire dei vincoli strutturali comuni a molti paesi in
transizione, è stata anche interessata dalle conseguenze del conflitto iugoslavo. L'industria è concentrata in particolare attorno alla capitale. Le
regioni costiere dell'Istria e della Dalmazia sono importanti poli turistici,
e proprio il turismo ha avuto, in seguito alla ripresa cominciata nel '95,
un ruolo rilevante nella crescita del Paese, assicurando peraltro un afflusso consistente di divise estere. La fase della ricostruzione, sia
nell'edilizia abitativa che infrastrutturale, è stata un elemento di impulso chiave per tutte le attività economiche.
. 45
L'agricoltura, compresa la pesca ed il settore forestale, attualmente partecipa al PIL con il 7% circa (10% nel 1990). In Croazia
esistono tre aree geografiche e climatiche (pianura a clima continentale
nella parte settentrionale; zona litoranea con clima mediterraneo sulla
costa e nelle isole; zona montuosa nella parte centrale) che determinano il tipo e l'orientamento della produzione agricola.
Il Paese dispone di una superficie agricola di circa 3,2 milioni di
ettari, di cui circa 2 milioni di area coltivabile (circa l'82% di proprietà privata). Una legge speciale stabilisce la possibilità di utilizzo di terreni agricoli di proprietà statale tramite concessioni. La coltivazione di cereali e
barbabietole da zucchero soddisfa i fabbisogni del mercato locale come
pure, fino ad un certo punto, la coltivazione di piante industriali. I vigneti si estendono su una superficie di circa 58.000 ettari; la produzione di
vino è svolta da circa una trentina di grandi aziende, da una quarantina
di cooperative agricole e da circa 250 piccoli produttori a livello familiare. L'allevamento e la zootecnia hanno sempre avuto notevole importanza, in modo particolare l'allevamento di suini e bovini. La pesca e la lavorazione del pescato sono le attività “agricole” primarie nella zona costiera e sulle isole. Su un totale di circa 2 milioni di ettari di foreste circa
l'80% è di proprietà statale; quasi il 13% del patrimonio forestale è rappresentato da conifere; faggio e rovere sono le latifoglie più diffuse.
L'industria manifatturiera ed il settore edile rappresentano circa
un quarto del PIL. Il settore industriale è stato fortemente colpito dagli
eventi bellici verificatisi all'inizio degli anni Novanta per cui l'output industriale alla fine del decennio scorso è sceso al 60% rispetto a quello realizzato nel 1990. Nell'anno 2001 si è verificato un miglioramento più consistente della produzione industriale del Paese (+6% rispetto all'anno
2000); sembra però che tale trend di crescita abbia subito un nuovo rallentamento in quanto la produzione industriale per tutto l'anno 2002 è
risultata del 5,4% superiore rispetto al 2001 mentre nel 2003 l'aumento
è stato soltanto del 4,1% rispetto al 2002.
L'andamento futuro del settore industriale sarà senz'altro subordinato all'introduzione di nuove tecnologie e all'ammodernamento
del parco macchinari dato che quelli esistenti, nella gran parte dei casi,
sono piuttosto obsoleti; infatti, negli ultimi periodi la scarsa liquidità di
molte aziende locali non ha consentito massicci investimenti in macchinari. L'introduzione di nuove tecnologie, gli investimenti nello sviluppo
tecnologico e nell'ammodernamento del parco macchine sono conditio
sine qua non per un ulteriore sviluppo del settore industriale.
L'edilizia ha avuto un notevole incremento soprattutto grazie
agli investimenti dello Stato nell'edilizia civile e nella costruzione di una
moderna rete autostradale e partecipa al PIL con il 5-6% circa.
Il settore terziario è di gran lunga quello più importante
nell'economia del Paese ed è in continua crescita, rappresentando oltre i due terzi del PIL.
Il turismo, concentrato maggiormente lungo la costa Adriatica
e sulle isole è un segmento estremamente importante di questo settore, partecipando con il 5% circa al PIL e con oltre il 6% al totale degli
occupati. Motore trainante dell'economia del Paese, questo settore ha
avuto nel 2004 un anno da record raggiungendo in numero di visitatori e di pernottamenti il 1990, la migliore stagione turistica prima dello
scoppio della guerra, con un introito di valuta straniera pari a più di 5
miliardi di euro.
L'attività relativa alla distribuzione commerciale (commercio all'ingrosso, compreso il commercio con l'estero, al dettaglio ed
intermediazione commerciale) è un altro ramo molto importante dell'economia croata; il settore della distribuzione commerciale partecipa
con il 10% circa al PIL del Paese e con il 15% circa al totale degli occupati. Da notare che questi ultimi anni in Croazia sono sorte moltissime
nuove catene di supermercati e diversi nuovi centri commerciali, molti
dei quali gestiti da italiani.
I tradizionali e i più importanti rami trainanti dell'industria
croata sono l'industria alimentare (circa il 20% del totale della produzione industriale), chimica (9% circa), metalmeccanica (5%), costruzioni
macchine e costruzioni navali, nonché l'industria del legno.
. 46
. 47
3. Mercato del lavoro
1. Occupazione e disoccupazione
Secondo i dati forniti dall'Ufficio Nazionale di Statistica croato,
la popolazione totale della Croazia a fine 2004 risultava essere di
4.496.869 abitanti, registrando un tasso di crescita rispetto al 2003 dello
0,02%, e la popolazione economicamente attiva di 1.692.308 persone.
La distribuzione della popolazione in base all’età è la seguente:
0-14 anni, 16,4% (maschi 378.615/femmine 359.231);
15-64 anni, 67% (maschi 1.497.355/femmine 1.514.993);
65 anni e oltre, 16,6% (maschi 283.460/femmine 462.250).
Il tasso di alfabetizzazione, stabilito sul totale della popolazione di età
superiore ai 15 anni che sappia leggere e scrivere, è del 98,5%, di cui
maschi 99,4% e femmine 97,8%.
Secondo i dati forniti dall'Ufficio Nazionale di Statistica, l'11% della popolazione (dati 2003) vive sotto la soglia della povertà.
Il fattore economico che causa maggiori preoccupazioni al governo croato è senza dubbio il tasso di disoccupazione che ancora sfiora il 20%.
In base ai dati forniti dall'Ufficio Nazionale di Statistica riguardanti i
numeri sull'occupazione e disoccupazione della popolazione attiva
durante gli anni dal 2001 al 2003 possiamo notare, nella tabella che
segue, come il totale della popolazione occupata abbia continuato fino
al 2003 la sua leggera tendenza di crescita. La media annuale delle persone impiegate è aumentata del 2,5% se comparata all'anno 2002, e si
può dire che l'aumento dell'occupazione è il risultato dell'intensificazione delle attività dei settori delle costruzioni, del commercio, del turismo,
ed immobiliare.
Vediamo inoltre come nel 2003 il tasso di disoccupazione abbia segnato una lieve diminuzione rispetto al 2001 e 2002, passando dal 22% al
19,2%; 329.000 persone erano disoccupate nel 2003, 59.000 in meno
rispetto al 2002.
. 49
OCCUPAZIONE E DISOCCUPAZIONE 2001/2003
2001
2002
2003
POPOLAZIONE ATTIVA
1.728.503
1.748.756
1.722.313
POPOLAZIONE IMPIEGATA
1.348.308
1.359.015
1.393.514
POPOLAZIONE DISOCCUPATA
380.195
389.741
329.799
TASSO DI DISOCCUPAZIONE
22
22,3
19,2
FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA CROATO
(DZS), 2004.
Secondo i dati risalenti al dicembre 2004 però la disoccupazione sarebbe stata di nuovo in crescita, raggiungendo il 19,5% della
popolazione attiva.
Bisogna tenere presente che la disoccupazione in Croazia in genere
aumenta durante i mesi invernali a causa della stagionalità di molte
occupazioni, quali quelle legate al turismo, alle costruzioni di strade,
all'edilizia e all'agricoltura. Si può vedere dalla tabella che segue come
l'occupazione aumenti gradualmente da aprile fino ad agosto, per poi
calare ed arrivare al minimo durante i mesi di dicembre e gennaio.
TASSO DI OCCUPAZIONE MENSILE 2002 e 2003
La tabella seguente, invece, mostra come sia suddiviso il totale della popolazione impiegata nei vari settori di attività. Il settore dei
servizi in forte crescita durante gli ultimi anni è anche quello che impiega maggior forza lavoro.
OCCUPAZIONE PER SETTORI DI ATTIVITÀ
TOTALE POPOLAZIONE IMPIEGATA
2001
2002
2003
1.348.308
1.359.015
1.392.514
AGRICOLTURA
111.233
105.456
99.046
INDUSTRIA
412.640
417.572
431.332
SERVIZI
821.330
833.165
859.504
3.105
2.822
2.632
ALTRA ATTIVITÀ NON CLASSIFICABILI
FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA CROATO
(DZS), 2004.
Altro elemento da considerare è che il tasso di disoccupazione
varia molto anche in base alla regione. Infatti, le differenze economiche
tra regione e regione in Croazia sono notevoli. Nel 2002 il più alto numero di disoccupati si è registrato a Spalato, nella contea della
Dalmazia, con 42.829 persone in cerca di occupazione (cifra che rappresenta circa il 13,4% del totale dei disoccupati croati) seguita dalla città
di Zagabria con 39.573 disoccupati (12,4% circa del totale).
Considerando invece il tasso di disoccupazione in base al grado
di istruzione, in generale si è osservato che, ad un basso grado di istruzione corrisponde un basso tasso di disoccupazione. Per esempio, nel
2003 il tasso di laureati disoccupati è stato del 41%, mentre quello di
operai non qualificati del 13,6% (cfr. tabella).
Considerando l'età delle persone disoccupate, invece, possiamo notare come la popolazione attiva di età inferiore ai 24 anni abbia
un tasso di disoccupazione del 21,3%, molto alto rispetto alle altre categorie. Confrontata con l'anno 2002 la disoccupazione del gruppo di
persone più anziano, gli over 50, ha visto un aumento del 6,6%, e ciò
sembra essere dovuto al verificarsi di fallimenti o messa in liquidazione
di attività commerciali.
FONTE : SERVIZI PER L’ IMPIEGO CROATI ,
. 50
2004.
. 51
DISOCCUPAZIONE IN BASE AL GRADO DI ISTRUZIONE 2002 e 2003
Gli ultimi dati aggiornati relativi al 2005, forniti dall'Ufficio Nazionale di Statistica, riferiscono che a maggio 2005 le persone in cerca
di un lavoro fisso erano 308.000, il 18% della popolazione attiva, mentre i croati con un'occupazione fissa sono 1.403.404 su un totale di
popolazione attiva di 1.711.715. È interessante notare che comparando i
dati con marzo 2005 il numero delle persone impiegate, sia uomini che
donne, è aumentato considerevolmente, facendo scendere i relativi tassi.
OCCUPAZIONE E DISOCCUPAZIONE SECONDO BIMESTRE 2005
MARZO 2005
TOTALE
DONNE
1.713.174
814.856
1.711.715
814.581
PERSONE IMPIEGATE
1.384.154
624.892
1.403.404
634.340
329.020
189.964
308.311
180.241
19,2
23,3
18
22,1
TASSO DI DISOCCUPAZIONE
2004.
TOTALE
POPOLAZIONE ATTIVA
PERSONE DISOCCUPATE
FONTE : SERVIZI PER L’ IMPIEGO CROATI ,
MAGGIO 2005
DONNE
FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA CROATO
(DZS),
MAGGIO
2005.
DISOCCUPAZIONE IN BASE ALL'ETÀ 2002 e 2003
FONTE : SERVIZI PER L’ IMPIEGO CROATI ,
. 52
2004.
. 53
2. Regole del mercato del lavoro
2.1 Normativa
Il diritto del lavoro croato trova le sue fonti nella Costituzione,
in una serie di leggi sul lavoro (incluso quello che riguarda cittadini stranieri) emanate tra il 1995 e il 2003, nonché sui contratti collettivi e individuali di lavoro, sui regolamenti emanati dai datori di lavoro e da una
riforma generale del Codice del Lavoro attuata alla fine del 2003.
La normativa rispetta le direttive dell'OIL (l'Organizzazione
Internazionale del Lavoro).
A livello costituzionale vengono proclamati il diritto al lavoro, la libertà
di scelta della propria occupazione, l'accessibilità di ciascuno, alle stesse condizioni, a tutti gli impieghi e le funzioni, il diritto ad una retribuzione in grado di assicurare al dipendente e alla sua famiglia una vita
libera e dignitosa, al riposo settimanale, alle ferie annuali retribuite e alla
partecipazione, in conformità alle disposizioni di legge, alle decisioni del
datore di lavoro, il diritto alla sicurezza sociale, il diritto di associazione
sindacale e di sciopero.
Le leggi regolano: il divieto di forme di discriminazione fra dipendenti e la definizione dei fondamentali diritti ed obblighi; la forma e
i contenuti obbligatori del contratto di lavoro come base giuridica del
rapporto; l'orario di lavoro, le ferie e altri permessi consentiti; le tutele
nei casi di maternità o di lavoratori permanentemente o temporaneamente disabili; la misura minima dei salari e la protezione dei
dipendenti in caso di fallimento; la procedura per lo scioglimento del
rapporto di lavoro ed i casi di licenziamento giustificato e non; il diritto
di partecipazione dei lavoratori alle decisioni riguardanti i loro diritti sociali ed economici ed i loro interessi; le funzioni dei Consigli dei
lavoratori.
Tra gli aspetti principali possiamo vedere come la normativa
consente al datore di lavoro la libera scelta delle modalità di reclutamento del personale e della forma di conclusione del contratto.
In assenza di un contratto scritto, il datore di lavoro deve rilasciare al
neodipendente un'attestazione scritta che istituisce il rapporto di lavoro;
. 54
in mancanza di uno dei due documenti, la legge considera il rapporto
instaurato a tempo indeterminato, salvo prova contraria entro 1 anno da
parte del datore di lavoro. Non possono essere assunti lavoratori di età
inferiore ai 15 anni e, in ogni caso, è vietato l'impiego di minorenni nel
lavoro notturno.
Circa gli elementi del rapporto, il contratto individuale di lavoro non può prevedere salari inferiori rispetto ai livelli stabiliti nei
contratti collettivi.
L'orario di lavoro ordinario non supera le 42 ore settimanali ed
i dipendenti hanno diritto: ad un periodo minimo di ferie; ad un periodo di aspettativa, per cure mediche proprie o di familiari, per corsi di
studio o di specializzazione; nel caso delle lavoratrici, ad un periodo di
puerperio di 45 giorni precedenti il parto; se occupati in un'impresa che
impiega regolarmente almeno 20 dipendenti, di eleggere uno o più rappresentanti – riuniti in un Consiglio dei lavoratori – incaricati di
difenderne gli interessi nei confronti del datore di lavoro.
Al momento della conclusione del contratto, il neodipendente
è tenuto a notificare al datore di lavoro ogni circostanza legata alle proprie condizioni di salute che possa influenzare la prestazione
professionale e il datore di lavoro può richiedere al dipendente di sottoporsi ad esami clinici per accertarne l'idoneità allo svolgimento di
determinati compiti.
Iniziato il rapporto, il datore di lavoro non deve richiedere al
dipendente di svolgere attività diverse da quella per la quale è stato assunto; la legge pone inoltre al datore di lavoro l'obbligo di curare
l'organizzazione dell'ambiente di lavoro in maniera idonea a salvaguardare la salute dei dipendenti e di rispettarne la privacy. Il datore di
lavoro ha l'obbligo di fornire la necessaria formazione professionale;
può impiegare un neoassunto in mansioni coerenti con la sua formazione scolastica, mediante un rapporto di apprendistato della durata
massima di regola non superiore ad un anno. Soltanto in casi di forza
maggiore o circostanze che determinino una necessità immediata, possono venire richiesti ai dipendenti orari di lavoro straordinari.
. 55
Il rapporto può cessare: per morte del dipendente; per scadenza del periodo concordato nel caso di rapporto a tempo
determinato; al raggiungimento del 65° anno da parte del dipendente e
di 20 anni di servizio assicurati a fini pensionistici; per dimissioni dovute a sopravvenuta disabilità al lavoro; per accordo fra datore di lavoro e
dipendente; per decisione dell'autorità giudiziaria competente. In materia di licenziamenti, la legge distingue sostanzialmente tre casi. La
prima ipotesi, “preavviso regolare”, ricorre in caso di valide ragioni, dovute al venir meno della necessità di determinate prestazioni in seguito
a motivi tecnici, economici od organizzativi, ed obbliga il datore al rispetto dei termini di preavviso concordati o resi obbligatori dalla legge
o dai contratti collettivi. La seconda, “cessazione ordinaria”, può verificarsi nei casi di colpa non grave o cattiva condotta del dipendente nei
rapporti a tempo indeterminato e, se espressamente previsto dal contratto, in quelli a tempo determinato. L'ultima, definita “cessazione
straordinaria”, può ricorrere per i rapporti di lavoro instaurati a tempo
determinato od indeterminato nei casi di giusta causa, riconducibili a
violazioni estremamente gravi di un'obbligazione derivante dal contratto
di lavoro o ad altre importanti evenienze che, in considerazione di tutte
le circostanze e degli interessi di entrambe le parti, non rendono possibile la continuazione del rapporto. La normativa esclude espressamente,
dalle possibili ipotesi di giusta causa di licenziamento, l'assenza temporanea dal lavoro per malattia ed il ricorso intentato dal dipendente
contro supposte violazioni di norme di legge, dei contratti collettivi o di
regolamenti da parte del datore di lavoro. La decisione di cessare il rapporto, che deve essere notificata al dipendente in forma scritta, con
l'indicazione delle sue ragioni, impone al datore di lavoro determinate
procedure. In caso di cessazione ordinaria e straordinaria, il datore di
lavoro deve di norma offrire al dipendente la possibilità di fornire spiegazioni della propria condotta; la possibilità di cessazione ordinaria
richiede inoltre al datore di illustrare al dipendente, in forma scritta, le
proprie obbligazioni ed i comportamenti contestati, mentre, in caso di
cessazione straordinaria, il datore di lavoro deve dimostrare l'esistenza
del presupposto della giusta causa.
Diverse risultano, d'altra parte, le implicazioni della decisione
di licenziamento e le tutele per il lavoratore. La normativa prevede che,
salvo i casi di licenziamenti derivanti da cattiva condotta (cessazione or-
. 56
dinaria o, per la sua gravità, straordinaria), il licenziamento di un dipendente con contratto a tempo indeterminato che abbia prestato servizio
continuativo per 2 anni, consente allo stesso di acquisire il diritto ad
un'indennità il cui ammontare può essere concordato in misura non inferiore, per ciascun anno di servizio, alla metà della retribuzione media
mensile nei 3 mesi precedenti la conclusione del rapporto.
La legge indica una procedura obbligatoria per i licenziamenti, da parte
dei datori di lavoro con più di 20 occupati, derivanti da cambiamenti nell'organizzazione aziendale o di natura economica e sociale, che coinvolgano oltre il 10% della forza lavoro o almeno 5 dipendenti nell'arco di 6
mesi. Tale procedura,consiste nella fissazione di un piano di collocamento, redatto in collaborazione con il Consiglio dei lavoratori interno e con
un'Agenzia per l'impiego.
Come accennato, il Codice del lavoro croato è stato riformato significativamente durante l'anno 2003, dopo due
anni di intensi negoziati.
Scopo del dibattito sviluppatosi in Croazia sul mercato del lavoro
durante il periodo 2001-2003 era quello di arrivare ad una forma ottimale
di legislazione del settore. Intenzione del governo era quella di riformare la
rigida regolamentazione del mercato del lavoro avvicinandola sempre più a
quella degli altri paesi in transizione. Il processo di riforma si è concluso
nell'estate 2003 con l'introduzione di un nuovo Codice del lavoro.
Anche se i sindacati e le associazioni dei datori di lavoro che hanno partecipato alle trattative hanno espresso pubblicamente il loro scontento per il
risultato finale, nessuno ha intrapreso azioni atte ad impedire l'entrata in
vigore della legge.
Il cambiamento del Codice ha trasformato la Croazia da uno
dei paesi europei con la disciplina più rigorosa del mercato del lavoro,
come rilevato da EPL (Employment protection legislation), ad un paese
con un indice di EPL vicino alla media dei paesi dell'Ue. I cambiamenti
effettuati nella legislazione hanno causato una diminuzione del 23%
dell'indice di EPL, cioè si è passati da un 3,59% ad un 2,76%. Più flessibilità è stata introdotta in tutte e tre le componenti importanti
dell'indice di EPL, cioè l'occupazione permanente, l'occupazione temporanea e i licenziamenti collettivi.
. 57
Le versioni iniziali della riforma del Codice del lavoro avevano
incluso cambiamenti che avrebbero portato l'indice di EPL al 2,25%,
sotto la media dei paesi Ue in transizione, ma il processo di trattativa
fra i partner sociali ha limitato la portata delle riforme.
Di conseguenza, rispetto a tali Paesi, la Croazia ha ancora una regolamentazione del mercato del lavoro piuttosto pesante.
2.2 Costo del personale
A partire dal 1 aprile 2002 il salario minimo stabilito per legge,
esclusi incentivi e altre indennità è di 1.700 kune.
Secondo gli ultimi dati dell'Ufficio Nazionale di Statistica croato, ad aprile 2005 il salario medio mensile netto per un impiego in attività legalmente riconosciute è stato di 4.287 kune: comparato allo stesso salario
di aprile 2004 ha subito un aumento reale dello 0,3%. Il salario medio
lordo ammonta a 6.112 kune che rappresenta un decremento reale dello
0,4% rispetto al 2004.
Ovviamente questi sono dati statistici medi, in quanto nella
realtà esistono notevoli differenze tra i vari settori di attività, nonché tra
aziende dello stesso settore.
Nella tabella che segue sono riportati i salari medi mensili netti e lordi
dal 2001 al 2003, divisi anche per settori di attività, pubblicati dall'Ufficio
Nazionale di Statistica croato.
SALARIO MEDIO MENSILE 2001 e 2003 (HRK)
2001
2002
2003
LORDO
NETTO
LORDO
NETTO
LORDO
NETTO
TOTALE
5.061
3.541
5.366
3.720
5.623
3.940
AGRICOLTURA
4.083
3.006
4.383
3.204
4.477
3.287
INDUSTRIA
4.522
3.209
4.864
3.409
5.130
3.635
SERVIZI
5.480
3.796
5.757
3.955
5.999
4.170
FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA CROATO ,
. 58
2004.
Il versamento degli oneri previdenziali quali fondo pensione e
fondo malattia è obbligatorio per tutte le categorie di lavoratori. Gli
oneri vengono calcolati sul lordo e sono a carico del datore di lavoro.
L'Act on Job Placement and Unemployment Insurance regola l'accesso
all'indennità di disoccupazione oltre a regolamentare altri temi concernenti il lavoro.
Per avere diritto all'indennità di disoccupazione, al termine del contratto
di lavoro, la persona disoccupata deve aver lavorato in modo continuato per almeno nove mesi (o dodici mesi ad intermittenza) su un periodo
di diciotto mesi.
Nel 2003, i destinatari dell'indennità di disoccupazione sono stati
68.000, cioè 12.800 persone, il 15,9% in meno rispetto al 2002.
In conformità con la più recente risoluzione sull'indennità di disoccupazione del 1 giugno 2005, l'indennità di disoccupazione più bassa ammonta a 878.00 HRK e la più alta a 1.000.00 HRK. La durata dell'indennità di
disoccupazione dipende dagli anni di servizio e può durare dai 78 (per
coloro che raggiungono le condizioni minime) e 390 giorni (per coloro
che hanno più di 20 anni di servizio).
2.3 Sistema fiscale
Sia i residenti che i non residenti che lavorano in Croazia sono
soggetti all'imposta sul reddito delle persone fisiche per i redditi da lavoro dipendente (salari e stipendi), da attività autonoma (artigianato,
libere professioni, agricoltura, silvicoltura), da patrimonio e diritti patrimoniali e da capitale.
Per quanto riguarda i redditi da lavoro dipendente non sono invece soggetti ad imposta i sussidi ed assistenza sociale; i compensi percepiti
durante il periodo di disoccupazione temporanea, le entrate dei dipendenti a seguito di compensi, sussidi, premi, trattamenti di fine rapporto
ecc. versati dal datore di lavoro entro un certo importo. Le aliquote
applicate variano dal 15% al 35% sulla base di scaglioni di reddito che
vanno dalle 2.500 kune al mese alle 6.250 kune.
La normativa fiscale inoltre prevede la possibilità per le amministrazioni comunali con oltre 40.000 abitanti di applicare una tassa aggiuntiva che va dal 5% al 18% sul totale importo delle imposte a carico
del contribuente.
. 59
Il governo stabilisce soltanto lo stipendio minimo lordo (attualmente pari a kune 1.700) quale base per il calcolo ed il versamento
dei contributi al Fondo pensione e Fondo malattia, per l'acquisizione dei
relativi diritti. Tale importo minimo si riferisce ai dipendenti non qualificati, mentre per le altre categorie di dipendenti la base minima per il
versamento dei contributi viene calcolata con l'ausilio di appositi coefficienti, a seconda del grado di istruzione e qualifica.
VOCI CHE COMPONGONO LO STIPENDIO DI UN DIPENDENTE
%
ONERI PREVIDENZIALI DAL LORDO A CARICO DEL DATORE DI LAVORO
• FONDO PENSIONE
• FONDO MALATTIE
• FONDO DISOCCUPAZIONE
Nella scala retributiva vengono di solito riportate le professioni distinte in classi in base alla complessità e alle condizioni lavorative,
mentre per i tipi di lavoro non previsti dalla scala retributiva le parti
contraenti concordano l'ammontare degli stipendi con la trattativa diretta. I criteri che regolano la parte riguardante gli incentivi (premi)
prendono in considerazione le norme relative a determinati tipi di lavoro; i dipendenti devono essere precedentemente informati sui criteri che
verranno applicati per la valutazione dei risultati del lavoro da loro svolto. Lo stipendio base, di regola, viene aumentato dello 0,5% per ogni
anno di servizio effettivamente prestato, indipendentemente dal datore
di lavoro presso cui è stato prestato. Inoltre, dovrebbe essere aumentato per le ore di lavoro in cui le condizioni del servizio prestato siano più
difficili di quelle abituali, che forniscono il criterio per la definizione dello stipendio base.
HRK
10.400,00
STIPENDIO LORDO
TOTALE ONERI PREVIDENZIALI DAL LORDO A CARICO
DEL DATORE DI LAVORO
10,75%
9,00%
0,85%
20,60%
1.118,00
936,00
88,40
2.142,40
8.257,60
REDDITO
RITENUTE ERARIALI A CARICO DEL DIPENDENTE:
QUOTA NON IMPONIBILE
= 1.250
KUNE
BASE PER IL CALCOLO DELLE RITENUTE ERARIALI :
(8.257,60 – 1.250)
2.500
15,00%
1.250; CIOÈ 2 VOLTE L’IMPORTO NON IMPONIBILE )
• KUNE 3.750 (6.250 – 2.500,00; CIOÈ DIFFERENZA
25,00%
TRA L’ IMPORTO QUINTUPLO E L’ IMPORTO DOPPIO NON IMPONIBILE )
• KUNE 757,600 (7.007,60– 6.250,00;
35,00%
• KUNE
(2
1.250,00
7.007,60
375,00
X KUNE
937,50
265,16
CIOÈ DIFFERENZA TRA LA BASE PER IL CALCOLO
E QUINTUPLO IMPORTO NON IMPONIBILE )
1.577,66
TOTALE RITENUTE ERARIALI A CARICO DEL DIPENDENTE
(375,00 +937,50 +265,16)
18,00%
SOVRATTASSA SUL REDDITO
(18%
1.577,66 KUNE)
STIPENDIO NETTO (8.257,60-1.577,60-283,98)
283,98
DI
6.395,96
ONERI PREVIDENZIALI SUL LORDO A CARICO DEL DATORE DI LAVORO:
• FONDO PENSIONE
• FONDO MALATTIE
• FONDO DISOCCUPAZIONE
• CAMERA COMMERCIO
TOTALE ONERI PREVIDENZIALI SUL LORDO A CARICO DEL DATORE DI LAVORO
8,75%
7,00%
0,85%
0,36%
16,96%
910,00
728,00
88,44
37,44
1.763,84
RIEPILOGO
• STIPENDIO LORDO
• TOTALE ONERI PREVIDENZIALI A CARICO DEL DATORE DI LAVORO
(37,56%
DI
10.400,00
3.906,24
10.400,00)
6.395,96
• STIPENDIO NETTO
• COSTO DEL LAVORO
SPESA TOTALE DEL DATORE DI LAVORO :
FONTE : EUROINFOCENTRE , MARZO
. 60
(8.257,60+2.142,40+1.763,84)
12.163,84
2005.
. 61
2.4 Sistema formativo
La struttura del sistema formativo croato prevede la seguente
suddivisione.
Scuola dell'infanzia: età 2-7 anni; tasso di partecipazione 34,9%.
Scuola di base obbligatoria: età 7-15 anni; la struttura corrente è 4 + 4
anni; tasso di partecipazione 98%.
Formazione secondaria: età 15-19, programmi da 2 a 4 anni; tasso di partecipazione 63%.
L'insegnamento universitario include la formazione di studi professionali
parauniversitari (2-4 anni) e la formazione universitaria (4-6 anni); tasso
di partecipazione 31,3%, di cui 22,9% nella formazione universitaria.
La formazione in Croazia è ancora molto centralizzata con diversi elementi ereditati dal sistema iugoslavo che prevedeva che questa “scienza”
fosse gestita dal governo. Durante la guerra molte strutture scolastiche
hanno subito seri danni, ed ancora oggi non ci sono i fondi necessari per
coprire i costi di ristrutturazione. Gli stipendi del personale docente sono
bassi, come pure il loro status.
In Croazia il controllo della formazione di terzo livello, cioè universitaria o
parauniversitaria, è esercitato dal Ministero della Scienza e della
Tecnologia (MOST), mentre il Ministero della Formazione e dello Sport
(MOES) è responsabile del livello preterziario. Il MOES è responsabile dei
progetti di legge sullA formazione, della definizione dei programmi di studi
per tutte le scuole, della scelta dei testi, della nomina degli insegnanti, del
budget scolastico, del numero degli alunni per ogni scuola, nonché di tutti
i pagamenti, inclusi stipendi e spese per gli investimenti.
Il problema maggiore del sistema formativo croato è rappresentato dal
fatto che i contatti tra i due ministeri responsabili del sistema di istruzione sono piuttosto limitati. Anche se sono stati creati gruppi di lavoro tra
le due istituzioni, non esiste ancora una strategia o una politica comune.
Non solo, la formazione professionale secondaria e terziaria dovrebbe
essere studiata, valutata, programmata non solo dai ministeri, ma anche
dai partner sociali coinvolti. Attualmente, per esempio, la Camera per
l'Artigianato sta partecipando ai programmi per l'apprendistato, ma né la
Camera di Commercio, né i Sindacati partecipano attivamente con il
governo a questo programma formativo. Questa mancanza di una strategia comune porta a far sì che il sistema formativo croato non abbia sviluppato una coerenza fra le scuole elementari e l'istruzione superiore.
. 62
SISTEMA SCOLASTICO IN CROAZIA
FONTE : SERVIZI PER L’ IMPIEGO CROATI ,
2004.
Vale la pena ricordare in questo paragrafo, che la Croazia, assieme ad altri paesi dell'area dei Balcani, è destinataria di alcuni
progetti di assistenza in campo formativo finalizzati alla rimozione di
quelli che vengono considerati i principali ostacoli alla stabilizzazione
dei Balcani occidentali: alto livello di disoccupazione e formazione professionale obsoleta. Nella fattispecie l'European Training Foundation
(ETF) sostiene i governi, gli istituti di formazione e i partner socio-economici della regione nello sviluppo di sistemi innovativi di formazione
professionale, idonei a fornire una risposta alle istanze provenienti dal
mercato del lavoro e dalla società.
La cooperazione è ripartita fra le seguenti aree chiave: ristrutturazione
del mercato del lavoro e formazione dei disoccupati, riforma dei sistemi
d'istruzione e formazione professionale, decentralizzazione dell'insegnamento, istruzione degli adulti, quadri nazionali di qualificazione, forma-
. 63
zione degli insegnanti e dei formatori nonché strategie locali di formazione e sviluppo delle competenze per le piccole e medie imprese (PMI).
I cardini dell'attività dell'ETF sono sintetizzabili come segue:
• Sostenere la Commissione europea nell'attuazione del programma
CARDS dell'Ue nel campo della formazione professionale e dell'occupazione. La Fondazione si occupa segnatamente dell'individuazione e
ideazione dei progetti CARDS, del monitoraggio e della valutazione di
progetto nonché della divulgazione dei relativi risultati.
• Promuovere, all'interno della regione, la qualità dello sviluppo e dell'attuazione delle politiche di formazione professionale, predisponendo
consulenza sulle politiche, formazione per i responsabili delle medesime e fornitura ed analisi d'informazioni.
• Assecondare la cooperazione a livello regionale tra i responsabili delle
politiche, formando esperti, insegnanti e formatori di formatori.
• Divulgare nella regione modelli di buona prassi dell'Ue e dei suoi futuri stati membri.
ha avuto come partner estero il Ministero per l'Integrazione europea
della Repubblica di Croazia – Dipartimento della Formazione.
Il percorso formativo è suddiviso in una Sezione generale e in una
Sezione specialistica per un totale di 140 ore di formazione.
La Sezione generale si è svolta Zagabria nel mese di giugno 2004 e ha
approfondito l'aspetto istituzionale e giuridico, la strategia dell'Unione
per i Paesi dell'Europa Sud-Orientale, il futuro dell'Unione e la
Costituzione europea.
La Sezione specialistica si è svolta a Roma nel mese di luglio 2004 ed
ha approfondito gli aspetti relativi alla gestione dei complessi strumenti
finanziari dell'Unione Europea al fine di facilitare il necessario adeguamento delle strutture amministrative per l'adesione all'Unione europea,
le relazioni esterne dell'Unione, le politiche che mirano a rafforzare il processo di democratizzazione, la competitività, la coesione economica e
sociale e la cooperazione tra Paesi membri.
2.5 Servizi per l'impiego
Nel 2002, l'ETF ha avviato una serie di valutazioni inter pares
sull'attuazione della riforma dell'istruzione e formazione professionale
volte ad offrire un apprezzamento esterno e formulare raccomandazioni
circa le politiche in Albania, Croazia, Kosovo, Serbia e Montenegro. Il progetto è finalizzato ad arricchire la reciproca comprensione del sistema di
istruzione e formazione professionale, come pure degli sviluppi della
regione nonché a promuovere la rete di contatti tra esperti e responsabili delle politiche di settore. Nel 2003, il progetto è stato allargato alla
Bosnia-Erzegovina, alla Bulgaria, all'ex Repubblica Iugoslava di
Macedonia, alla Romania ed alla Turchia.
Il 5 novembre del 1906, si tenne a Zagabria l'ottava Assemblea
dei Delegati della Reale e Libera Capitale di Zagabria, ed uno dei punti
in discussione era la creazione di una istituzione che operasse come
mediatore tra coloro che cercano lavoro e coloro che lo offrono.
A seguito delle decisioni prese durante quell'Assemblea, il 23 novembre
1907, fu fondato a Zagabria l'Istituto dell'Intermediazione e della
Protezione della Città, destinato alla mediazione nell'impiego e alla protezione delle persone senza tetto.
Questo Istituto può essere considerato il primo organo destinato all'attività di servizio all'impiego in Croazia, e probabilmente anche il primo
dell'est europeo.
Altra iniziativa è quella della Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale, la quale ha avviato nel 2004 un corso di
formazione per 20 funzionari pubblici della Repubblica di Croazia.
La Direzione generale per i Paesi dell'Europa del Ministero degli Affari
Esteri, ha apposto il visto sul decreto ministeriale n. 060/297 relativo alla
concessione di un contributo secondo quanto stabilito dalla legge
n. 212/92 per la realizzazione del corso. Il progetto della durata di 8 mesi
Oggi, in Croazia, esiste ed opera il Servizio Croato per l'Impiego (CES), entità statale ma legalmente indipendente.
Il Servizio svolge un ruolo chiave nel mercato del lavoro croato, interagendo con tutti gli aspetti attuali della politica pubblica. Molte delle attività del CES sono portate avanti grazie ad una stretta collaborazione con
le autorità locali e i sindacati. Gli obiettivi prioritari del Servizio Croato
per l'Impiego sono: agire in maniera efficace da mediatori tra le oppor-
. 64
. 65
tunità di impiego offerte dal mercato e i vari soggetti in cerca di una
occupazione; fornire un supporto finanziario alle persone disoccupate,
promuovere l'adattabilità delle imprese facilitando la ricollocazione;
consigliare sulla scelta di un impiego o su cambi di carriera; facilitare
la creazione di nuovi posti di lavoro tramite l'intervento di iniziative di
sviluppo locali.
Il servizio prioritario che l'Istituto fornisce è quello quindi di
agenzia di collocamento. Tale servizio viene svolto tramite una procedura professionale ove un consulente del CES aiuta la persona
disoccupata ad identificare l'attività lavorativa che meglio corrisponda
alle sue conoscenze, abilità e competenze. La procedura inizia con interviste al candidato, condotte da professionisti in maniera approfondita al
fine di ottenere tutti i dati rilevanti sulla persona. Il candidato, inoltre,
viene informato sulle condizioni del mercato del lavoro, sulle possibilità
offerte dal mercato in quel momento e sulle possibilità di sviluppo di
carriera. Nello stesso tempo il CES svolge lo stesso servizio anche per i datori di lavoro, aiutandoli ad identificare i profili professionali più adeguati a
soddisfare le loro richieste di personale. Scopo di questo servizio è collegare le richieste dei lavoratori a quelle dei datori di lavoro, accertandosi
che la persona giusta assuma l'impiego giusto.
Il CES regola il diritto di accesso all'indennità di disoccupazione e gli importi relativi tramite l'“Act on Job Placement and Unemployment Insurance”
come già illustrato nel paragrafo precedente (2.2) Costo del Personale.
Il CES, inoltre, sviluppa diverse attività di insegnamento che includono la
formazione professionale, la specializzazione, l'aggiornamento, permettendo così a coloro che sono disoccupati, ma non solo, di acquisire le
capacità e le conoscenze necessarie per l'ottenimento di un nuovo posto
di lavoro. Scopo principale di questo servizio è fornire al mercato del
lavoro, personale specializzato in quelle attività che sono maggiormente
richieste e dove è più difficile reperire personale.
A gennaio 2002, il governo croato ha approvato un programma destinato alle politiche del mercato del lavoro: l' “Active Labour
Market Policy Programme”; il CES è l'organo esecutivo di tale programma. A marzo 2002, quando il programma è stato avviato, il governo ha
nominato una Commissione per la supervisione e il controllo della esatta esecuzione del programma.
. 66
Lo scopo del programma è quello di aumentare l'occupazione
tramite sussidi e sovvenzioni per l'impiego ai datori di lavoro.
Il programma è suddiviso in sei sottoprogrammi destinati a utenti diversi. Uno di questi è il programma denominato “dall'Università
all'Impiego”. Il programma è destinato a tutte le persone laureate, con
non più di 27 anni e che abbiano terminato i loro studi in un periodo di
tempo regolare, che siano iscritti al CES come disoccupati o che siano
studenti che si laureeranno durante l'anno in corso. Le sovvenzioni destinate a chi assume questi laureati vengono erogate sia agli uffici del
governo e alle imprese pubbliche, sia alle imprese del settore privato. Le
sovvenzioni variano a seconda del programma e del periodo in cui una
persona è tenuta in organico. Una sovvenzione particolare è destinata a
quelle imprese che hanno sede nelle aree geografiche economicamente
arretrate e destinatarie quindi di politiche e misure particolari da parte
del governo.
Un altro programma è rivolto all'assunzione di quelle persone che sono
qualificate o altamente qualificate in termini di formazione professionale
ma ancora senza alcuna esperienza lavorativa. Requisito necessario è che
siano registrate come disoccupate da almeno 6 mesi, o che completeranno la loro istruzione durante l'anno in corso. Il sussidio per il datore di
lavoro in caso di assunzione di tali categorie di persone sarà pari al
100% dello stipendio lordo per i primi sei mesi, e intorno al 37% per i
successivi 18 mesi. Condizione per il datore di lavoro è di mantenere l'impiegato fino alla conclusione del periodo della sovvenzione.
Il programma "Creare profitto dall'esperienza maturata", invece, si rivolge a disoccupati iscritti al CES da almeno sei mesi, che abbiano una età
superiore ai 45 anni per le donne e di 50 per gli uomini. Il datore di lavoro ottiene un sussidio pari al 100% dello stipendio lordo per i primi sei
mesi e un rimborso sui contributi per i successivi 12 mesi. Anche qui il
datore di lavoro è tenuto a mantenere impiegata la persona fino alla conclusione del periodo della sovvenzione.
Un ulteriore interessante programma concerne la promozione dell'assunzione di persone disabili. La sovvenzione ai datori di lavoro comprende
i costi di istruzione e di addestramento per almeno 12 mesi, e, in alcuni
casi, include una quota per impiegare una persona per ulteriori 12 mesi.
Il programma “Un lavoro per i Veterani di guerra” riguarda i veterani di
guerra e le mogli o i figli di quei veterani che sono morti o risultano
dispersi in seguito al conflitto dello scorso decennio.
. 67
La sovvenzione al datore di lavoro in caso di assunzione è del 70% dello
stipendio lordo durante il primo anno, del 50% durante il secondo, e di
una percentuale inferiore e variabile se il datore di lavoro impiega la persona per ulteriori 12 mesi.
lavoro ben addestrata, qualificata e adattabile svolge infatti un ruolo
importante nella crescita economica e costituisce al tempo stesso una
risposta a tre grandi problematiche che l'Ue deve affrontare: disoccupazione, povertà ed esclusione sociale.
Dal 1° Marzo 2002 al 31 Luglio 2005, grazie a questo programma sono state impiegate 78.749 persone. Non si tratta di una cifra elevata ed è comunque inferiore alle aspettative del governo.
Le cause di ciò possono essere diverse, riconducibili in parte ad una non
troppo trasparente gestione dei fondi, o al fatto che i datori di lavoro
allo scadere del finanziamento non rinnovavano il contratto al dipendente, ma ne assumevano uno nuovo per ottenere un nuovo sussidio.
Attualmente le misure adottate dal governo croato per questo programma sono state abolite, e quelle annunciate per settembre 2005 non sono
ancora state varate.
La Strategia Europea per l'Occupazione (SEO), introdotta con il
summit di Lussemburgo del 1997, ha come obiettivo quello di mettere
l'Unione nelle condizioni di trovare la piena occupazione rafforzando,
entro il 2010, la coesione sociale. Traducendo questo in cifre, le misure
che i singoli Stati membri adotteranno, dovranno portare, entro tale data, il tasso di occupazione dell'Unione dall'attuale 64% al 70%, mentre
più recentemente (Consiglio Europeo di Stoccolma del marzo 2001) sono stati fissati gli obiettivi intermedi per l'anno 2005, del 67% globale e
57% per le donne. Raggiungere questo traguardo significa creare, sempre entro il 2010, 20 milioni di posti di lavoro nell'Ue dei 25 (tra il 1999
e il 2003 nell'Ue dei 15 ne sono stati creati sei milioni).
Al di là delle linee di orientamento generale, gli sforzi dell'Ue mirano al
rafforzamento dei seguenti punti:
3. Politiche del lavoro
3.1 La strategia europea per l'occupazione…
Le priorità assolute della politica europea per l'occupazione ed
altresì della politica sociale dei Paesi membri in tema di aggiornamento
e modernizzazione della propria legislazione in materia di mercato del
lavoro sono fondamentalmente tre: più lavoro, migliori condizioni e pari
opportunità. Questo per raggiungere l'obiettivo delineato durante il
Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000, il quale auspica che quella dell'Ue diventi l'economia fondata sulla conoscenza più competitiva e
dinamica del mondo.
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Tale ambizioso obiettivo deve essere raggiunto senza che nessuno degli
attuali 25 membri rimanga indietro rispetto agli altri e per questo
l'Agenda per la politica sociale mira a collegare tra loro le politiche economica, occupazionale e sociale.
Saranno necessari ancora ingenti investimenti in risorse umane, al fine
di accrescere il numero di persone in possesso delle competenze professionali di cui l'economia ha bisogno, migliorare la qualità della formazione e la capacità delle persone di adattarsi ai cambiamenti. Una forza
Con le decisioni prese nel Consiglio di Barcellona del 2002 si
conferma l'obiettivo fondamentale della piena occupazione e si raccomanda il rafforzamento della SEO come strumento della strategia di
Lisbona nell'Unione allargata. Sulla base di tali direttive ogni anno il
Consiglio europeo definisce le priorità comuni e gli obiettivi individuali
delle politiche occupazionali degli Stati membri. Le strategie perseguite
hanno come finalità la creazione di posti di lavoro, la loro qualità, un
migliore equilibrio tra le esigenze dell'attività professionale e quelle del-
. 68
strategia coordinata per l'occupazione;
qualità del lavoro;
ruolo del FSE;
formazione e l'apprendimento per tutto l'arco della vita;
mobilità;
rapporto tra politica di immigrazione e occupazione;
coinvolgimento maggiore dei lavoratori nella gestione dei cambiamenti;
salute e sicurezza sul lavoro;
ambiente di lavoro e i rapporti di lavoro;
responsabilità sociale delle imprese.
. 69
la vita privata, un invecchiamento attivo, nonché di garantire che l'origine etnica, il sesso o le disabilità non limitino le possibilità di trovare un
impiego. Ogni governo dell'Unione europea elabora così ogni anno il
proprio Piano d'Azione Nazionale (NAP) che precisa le modalità di tali
orientamenti. Nel NAP, ogni Paese descrive in quali misure le linee direttrici della SEO vengono adottate a livello nazionale. Descrive inoltre i
progressi realizzati negli ultimi 12 mesi e le misure previste per i 12 successivi, risultando così al contempo documenti di monitoraggio e
pianificazione di politiche per l'occupazione.
3.2 …e le misure adottate dal governo della Croazia
Nel mese di maggio 2004 la Croazia ha approvato il suo primo
Piano d'Azione Nazionale per l'impiego (NAP), che verrà realizzato durante i prossimi tre o cinque anni.
Prodotto attraverso un processo di ampia consultazione che ha coinvolto persone ed istituzioni diverse (si va dai ministeri all'Ufficio Nazionale
del Lavoro, fino ad arrivare alle proposte degli organi rappresentativi
locali), questo documento sintetizza in termini programmatici l'orientamento e le riforme che il Paese intende adottare in tema di occupazione. Anche il NAP croato, come quello degli altri Paesi, presenta una sintesi di passato, presente e futuro nel senso che offre un quadro della
situazione nazionale più recente e formula, a partire da essa, il programma delle realizzazioni possibili a breve termine.
Il programma è in tre volumi. Il volume 1 precisa le misure che devono
essere adottate per migliorare il funzionamento del mercato del lavoro e
per ridurre la disoccupazione; il volume 2 contiene una sintesi del passato, le argomentazioni attuali e la spiegazione delle misure da adottare; il volume 3 fornisce il materiale statistico utilizzato nell'analisi.
Il programma classifica le misure da adottare in tre gruppi: misure chiave; misure altamente desiderabili; misure desiderabili. Le misure chiave
sono quelle strategicamente più importanti e richiedono l'attenzione iniziale. Le misure altamente desiderabili sono meno urgenti ma sostengono le misure chiave. Le misure desiderabili sono non urgenti o strategiche ma sono provata componente del processo di sviluppo politico.
Le misure stabilite nel documento dovrebbero essere realizzate tramite
un piano d'azione della durata di tre o cinque anni.
. 70
Non è previsto che il programma spenda denaro pubblico supplementare. Alcune delle misure da adottare non richiedono fondi monetari supplementari, altre invece richiedono che i fondi pubblici esistenti siano
orientati in maniera diversa.
Tra i principali obiettivi del governo croato espressi nel NAP,
troviamo al primo posto la disoccupazione e quindi le misure atte a risolverla e prevenirla, e a promuovere un efficace inserimento delle
popolazione disoccupata e inattiva nel mondo del lavoro.
Preoccupazione principale del governo croato è quella di ridurre la disoccupazione di lungo periodo. In Croazia, molto spesso, i disoccupati restano iscritti sul registro della disoccupazione per lunghi periodi. Nei mercati del lavoro occidentali più dinamici intorno all' 80% di coloro che si
iscrivono al registro della disoccupazione dopo circa sei mesi lo lasciano. Questa cifra in Croazia è del 50%. È nota l'esistenza di un legame
tra la durata della disoccupazione e la prospettiva di ottenere un nuovo
lavoro: più a lungo qualcuno resta disoccupato più grande è la probabilità che rimarrà disoccupato. Di conseguenza, una priorità chiave per la
politica del mercato del lavoro in Croazia dovrà essere quella di ridurre
il flusso della disoccupazione di lunga durata.
Altro aspetto molto importante da combattere è la disoccupazione giovanile. Infatti, a causa di risparmi fiscali, di sovente alle persone giovani vengono offerti contratti provvisori e quasi mai permanenti.
È importante sottolineare che la Croazia possiede un organismo statale,
il Servizio per l'Impiego croato (CES), che è uno strumento chiave della
politica di governo nello sviluppo del mercato del lavoro. Il Servizio ha
una considerevole conoscenza sul mercato del lavoro croato e dei dati
della disoccupazione. È stato da poco modernizzato e trasformato grazie
all'introduzione di tecniche di gestione e amministrazione moderne, tecnologia e formazione avanzata del suo personale.
Tra le misure chiave da adottare:
a) sarà compito del Servizio per l'Impiego croato (CES) stabilire un chiaro sistema integrato che sia efficacemente operativo per gli iscritti al
registro della disoccupazione. Tale sistema dovrà includere: la preparazione di un piano di reinserimento nel mercato del lavoro entro due
mesi dall'inizio della disoccupazione; un controllo addizionale a quel-
. 71
lo già esistente, sull'impegno degli individui a cercare e trovare un
lavoro; la preparazione di dettagliate interviste approfondite per tutte
le persone disoccupate da almeno sei mesi.
b) Sarà compito dell'Istituto “Programmi Attivi del Mercato del Lavoro”
(ALPMS) verificare che una persona abbia i requisiti necessari per
essere iscritta al registro dei disoccupati; successivamente aiutare gli
iscritti con programmi di aiuto volti alla ricerca di un nuovo lavoro,
alla compilazione di curricula vitae personali, alla preparazione alle
interviste, nonché con corsi di preparazione generica, come per esempio di alfabetizzazione di base (comprensione alla lettura, capacità di
scrittura e di calcolo aritmetico), presentazioni personali, lavoro di
squadra ecc.
Altro obiettivo fondamentale del governo croato espresso nel
NAP è la creazione di nuove opportunità di lavoro attraverso lo sviluppo
di nuove attività imprenditoriali.
La Croazia ha un tasso di “creazione del lavoro” fra i più bassi di tutti i
paesi in via di transizione. Anche se sempre in misura minore rispetto ad
altri paesi in via di transizione, anche in Croazia le piccole aziende private ed il settore dell'artigianato sono i soggetti più dinamici dell'imprenditoria. Le aziende private createsi recentemente appartengono
soprattutto al settore dei servizi ed hanno il potenziale di crescita più
alto. Tuttavia le procedure per avviare un'attività commerciale privata in
Croazia sono complesse e la gestione piuttosto costosa.
Rispetto ad altri paesi, la Croazia ha anche tempi amministrativi più lunghi per avviare una nuova attività, circa 50 giorni rispetto ai 20 della
media europea.
Altre problematiche che rallentano lo sviluppo di piccole imprese, sono per esempio la difficoltà ad assumere e licenziare forza
lavoro, così come le difficoltà ad ottenere finanziamenti da creditori istituzionali. Vi sono poi preoccupazioni che riguardano più in generale il
grado di efficienza del settore pubblico sia a livello nazionale che regionale e locale, l'efficienza del sistema legislativo, la frequente
promulgazione di nuove leggi e le continue correzioni delle stesse, e la
partecipazione diretta ed indiretta dello stato nella conduzione delle
operazioni commerciali.
. 72
Per cercare quindi di superare tali difficoltà e facilitare la nascita e la crescita delle piccole imprese sono state previste nel NAP le
seguenti misure chiave:
a) rivedere i regolamenti che disciplinano le iscrizioni al registro imprenditoriale e dell'artigianato. Ridurre i tempi medi necessari per la registrazione da 50 a 20 giorni;
b) perseguire le misure necessarie affinché siano sollecitati i processi
legali che riguardano dispute sul commercio e sul lavoro;
c) creare le condizioni che rendano le opportunità imprenditoriali in Croazia
competitive rispetto ai paesi limitrofi, quindi una maggiore flessibilità
nell'assunzione e licenziamento del personale; maggiore sicurezza nel far
rispettare i contratti; maggiori opportunità di finanziamento dal settore
bancario; procedure più snelle nella liquidazione e fallimento.
Successivo punto preso in considerazione nel NAP è quello relativo alla promozione dello sviluppo del capitale umano, attraverso il
miglioramento della qualità e dell'efficienza del sistema di formazione
ed istruzione.
Il sistema di istruzione in Croazia presenta diverse lacune e avrebbe bisogno di una riforma sostanziale.
La percentuale della popolazione con alto grado di istruzione in Croazia è
comparativamente bassa rispetto alla media europea (13% contro il 20%).
Un numero significativo di giovani abbandona gli studi prematuramente,
prima di completare il ciclo previsto. Il sistema di studi universitari non
è ben sviluppato, né sufficientemente interdisciplinare e tutto il sistema
formativo dovrebbe essere più flessibile ed accessibile. Le misure ritenute necessarie ed inserite nel NAP per l'istruzione scolastica sono:
a) adeguamento delle scuole superiori, che vada verso una formazione
più ampia e generale al fine di preparare a scelte occupazionali più
ricche e flessibili;
b) revisione delle attività atte a preparare gli alunni della scuola elementare ai più alti gradi della formazione superiore;
c) miglioramento della conoscenza delle lingue straniere.
Per quanto riguarda, invece, l'istruzione e formazione non formale (postscolastica e/o per adulti) bisogna ricordare che i corsi per adulti in Croazia
. 73
sono la parte più trascurata e più arretrata del sistema di istruzione anche
se recentemente, istituti privati di formazione hanno fornito addestramento professionale di buon livello per attività legate al commercio.
Le misure introdotte in questo settore dal NAP sono:
a) inclusione dei corsi per adulti nei piani delle politiche per la formazione dei lavoratori;
b) riforma della formazione professionale e del sistema di istruzione in
modo che siano conformi con gli standard del sistema europeo di
istruzione scolastica;
c) creazione di una struttura istituzionale coerente per la suddetta riforma.
Il successivo punto affrontato nel NAP è la parità di genere nel
mercato del lavoro.
Nella decade della transizione, lo stato di disoccupazione femminile in
Croazia ha sofferto meno di quello maschile. Ciò è dipeso dal declino
delle attività industriali, che usualmente impiegano più uomini, e da un
maggior sviluppo delle attività dei servizi ove esiste una preponderanza
di impiegate femminili.
Nella pubblica amministrazione e in aziende statali, però, donne con lo stesso livello di formazione di colleghi uomini occupano
posizioni impiegatizie di livelli più bassi. Inoltre, le donne sono scarsamente rappresentate nella categoria degli imprenditori e dei lavoratori
autonomi, mentre sono sovrarappresentate nei lavori di più basso livello nelle attività commerciali, amministrative e industriali.
Una corretta legislazione in tale ambito è stata attuata da poco; si tratta dell'Employment Act, Legge sull'occupazione (OG 114/03) che proibisce ogni discriminazione in base a colore, genere, età, origine etnica e
orientamento sessuale. La legge garantisce l'uguaglianza di tutti i cittadini riguardo ad occupazione, lavoro, salario, promozioni ecc. Il governo
croato ritiene che sarà necessario un certo periodo di tempo prima che
l'effetto del provvedimento dia i suoi frutti.
L'Employment Act prevede le seguenti misure:
a) assicurare la possibilità di ricorrere legalmente in tutti i casi di violazione del diritto di uguaglianza di trattamento sui luoghi e nei mercati del lavoro;
. 74
b) introdurre degli standard per l'identificazione delle varie forme di
discriminazione nell'impiego e i relativi meccanismi per ovviare e
proteggersi;
c) sviluppare una strategia efficace per l'armonizzazione della legge
nazionale. È necessario estendere la legge di occupazione anche al
campo della previdenza sociale.
Altro tema affrontato nel NAP è quello relativo alla promozione dell'integrazione e alla lotta alla discriminazione, nel mondo del
lavoro, di persone con particolari difficoltà, come coloro che hanno lasciato troppo presto gli studi e che conseguentemente non hanno
nessuna particolare specializzazione, gli invalidi, gli immigrati e le minoranze etniche.
Il censimento del 2001 ha indicato che il 9,7% della popolazione è costituito da disabili e di questi, il 2,5% circa, è disoccupato. Recentemente
la legislazione ha introdotto un sistema di quote per cui i datori di lavoro sono tenuti ad impiegare almeno il 2% di disabili nella propria impresa. La Croazia ha la più bassa percentuale in Europa di persone disabili
con un impiego permanente (7%). Misure inserite nel NAP:
a) identificare i consulenti che si specializzeranno nell'assistenza dei
disoccupati disabili e svilupperanno i rapporti tra questi e i datori di
lavoro;
b) valutare l'efficacia del sistema delle quote di cui sopra.
Il lavoro sommerso è un altro importante nodo affrontato dal
governo croato. L'istituto Pubblico di Finanza ha effettuato una ricerca
per stimare l'economia sommersa in Croazia negli anni 1990 - 2000; è risultata una percentuale di lavoro non dichiarato del 7% sul PIL nazionale.
Sebbene l'economia sommersa abbia subito un rallentamento durante gli
anni Novanta, essa ha ancora un valore superiore agli 11 miliardi di kune.
Causa principale del lavoro sommerso e della mancata dichiarazione di attività imprenditoriale è la volontà di evadere il carico fiscale.
In altri paesi europei le pene previste per questo tipo di pratica illegale
e i controlli effettuati sono molto più severi che in Croazia, quindi gli
obiettivi descritti nel NAP prevedono il rafforzamento del sistema legislativo e la sua applicazione, nonché un alleggerimento degli oneri fiscali
con semplificazioni delle procedure amministrative. Saranno necessari
. 75
miglioramenti nella trasparenza e nella precisione dei regolamenti, nell'efficienza del controllo pubblico, nell'efficacia delle corti di giustizia,
nella professionalità dell'amministrazione civile. Sarà inoltre necessario
realizzare un valido sistema anticorruzione e di riduzione del clientelismo, particolarmente delle istituzioni pubbliche.
Le misure chiave stabilite nel NAP sono:
a) un controllo regolare e costante sulla valutazione della portata, delle
cause e delle conseguenze del lavoro sommerso;
b) lo scoraggiamento di tale pratica attraverso incentivi economici, amnistie e aumenti di sanzioni e pene legali;
c) il conferimento di maggior autorità agli ispettori del lavoro.
Ultimo, ma non meno importante argomento preso in considerazione nel NAP, è quello relativo alla riduzione delle disparità regionali
nell'ambito di creazione e sviluppo di opportunità di lavoro.
In Croazia infatti, esistono aree geografiche economicamente arretrate.
Non si tratta solo delle aree rurali, ma anche di alcune zone di frontiera,
isole e altopiani. Alcune sono state indicate come “zone di preoccupazione particolare” e sono destinatarie di politiche e misure particolari.
Lo sviluppo di queste zone dipenderà sostanzialmente dalla possibilità
di creazione di nuovi lavori e opportunità d'impiego.
Le disparità regionali sono enormi: la capitale Zagabria e tutta l'area
intorno ad essa offre molte opportunità di lavoro per il fatto di essere la
capitale, in Istria le opportunità occupazionali e lo sviluppo economico
sono collegati al settore turistico, alla pesca e ad una cultura imprenditoriale consolidata. La Dalmazia centrale, invece, soffre ancora delle conseguenze della guerra. Le isole in genere sono scarsamente popolate,
economicamente molto deboli e sostenute dal budget statale mentre nel
Sud del Paese l'economia sta recuperando grazie ad uno sviluppo del
turismo. Il mercato del lavoro è generalmente più depresso nelle zone
rurali rispetto a quelle urbane e in alcune di esse la percentuale di popolazione economicamente attiva raggiunge soltanto il 37% (per esempio
contea Zadarska) rispetto ad un 43% nelle aree urbane della stessa contea. Inoltre ci sono differenze importanti per quanto riguarda la situazione del lavoro delle donne che vivono nelle zone rurali e di quelle che
vivono nelle aree urbane: la quota di donne della popolazione economicamente attiva che vive in area rurale è molto più bassa (35-42%) di quel-
. 76
la che vive nelle aree urbane (45 47%). Infine, una percentuale elevata
della popolazione agricola (fino al 47%) è economicamente inattiva.
Molte aree affrontano rilevanti problemi demografici e sociali, per esempio alte percentuali di persone anziane, disoccupazione sommersa e una
vasta popolazione di agricoltori che non si vogliono muovere o spostare dalle loro terre.
In questo campo, le misure adottate sono:
a) sviluppo una strategia che preveda più azioni che portino allo sviluppo di tutte le zone economicamente arretrate;
b) utilizzo di strategie “ad hoc”, tenendo presente che una strategia valida per una regione non necessariamente avrà successo in altre aree.
Andranno sempre esaminate le specificità dell'area quanto a istituzioni, procedure amministrative, operative e finanziarie;
c) trasferimento, per quanto possibile, nella realtà croata delle politiche
di sviluppo usate con successo negli altri Stati membri.
. 77
4. Relazioni internazionali
1. Rapporti con organismi internazionali
La Repubblica Federale Socialista della Iugoslavia è stata Membro fondatore delle Nazioni Unite, avendo firmato lo Statuto il 26 giugno
1945 poi ratificato il 19 ottobre 1945. Alla sua dissoluzione, sono stati
ammessi come membri i singoli stati nati dalla sua dissoluzione: BosniaErzegovina, Repubblica di Croazia, Repubblica di Slovenia, ex Repubblica
Iugoslava di Macedonia e Repubblica Federale di Iugoslavia.
La Repubblica di Croazia è stata ammessa come Membro delle Nazioni
Unite mediante risoluzione dell’Assemblea Generale il 22 maggio 1992, e
da quella data ha sempre svolto un ruolo attivo nelle Nazioni Unite. Nel
2002 ha presieduto il Consiglio economico e sociale (ECOSOC) ed ha
presieduto vari comitati e commissioni ONU. A seguito degli accordi di
pace di Dayton e di Parigi del 1995, cinque missioni delle Nazioni Unite
hanno contribuito a far rispettare la pace in territorio croato, ma nel
1999 la Croazia da paese destinatario delle operazioni è divenuta un
paese contribuente, inviando le sue truppe a partecipare all’operazione
di pace in Sierra Leone (UNAMSIL). Al momento la Croazia sta partecipando a dodici missioni di pace nel mondo e la polizia militare croata è
presente nella missione di ricostruzione post-guerra in Afghanistan.
È divenuta paese membro dell’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa (OSCE) il 24 marzo 1992, e da quel momento ha partecipato al lavoro dell’organizzazione in condizioni paritarie agli altri paesi.
All’inizio degli anni Novanta, la Croazia era un paese vittima di una guerra e quindi rappresentava spesso una priorità sull’agenda delle missioni
di aiuti dell’OSCE. Il 18 aprile 1996, il Consiglio Permanente dell’OSCE attivò a favore della Croazia una missione a lungo termine, che è ancora in
atto, con il mandato di aiutare il governo croato nel processo di normalizzazione del dopoguerra. Nello scopo della missione si legge:
“La Missione fornirà assistenza e competenza alle autorità croate a tutti i
livelli, così come a individui, gruppi e organizzazioni interessati nel cam-
. 79
po della protezione dei diritti umani e dei diritti delle persone appartenenti a minoranze nazionali. In tale contesto e al fine di promuovere la
riconciliazione, lo stato di diritto e la conformità ai più alti standard internazionalmente riconosciuti, la Missione assisterà la completa attuazione della legislazione e verificherà il corretto funzionamento e lo sviluppo
delle istituzioni democratiche ed i relativi processi e meccanismi”.
La Croazia è divenuta membro del Consiglio d’Europa il 6 novembre
1996. In seguito alla sua annessione, il 5 novembre 1997, ha ratificato la
Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo e ha riconosciuto il diritto al
ricorso individuale.
Ad oggi ha firmato e ratificato ben 74 trattati e firmato ma non ancora
ratificato 13 trattati. All’interno del Consiglio d’Europa è partecipe dei seguenti programmi di cooperazione:
• assistenza giuridica: si tratta di programmi disegnati per aiutare i nuovi
Stati membri ad attuare le loro riforme istituzionali, legislative e amministrative. Alcuni programmi specifici, finanziati congiuntamente dalla
Commissione europea e dal Consiglio d’Europa, sono stati attuati o sono in corso di attuazione in alcuni paesi, con l’obiettivo di stabilire una
cornice giuridico-istituzionale conforme alle norme europee.
• Libertà di espressione e media: sono programmi atti a promuovere il
funzionamento professionale, indipendente e pluralista dei media in
Europa. Il Consiglio d’Europa offre, dal 1989, programmi di assistenza
agli attuali o potenziali Stati membri. Il programma di assistenza e cooperazione tecnica nel settore dei media (ATCM) copre un’ampia gamma
di questioni, quali i diritti e le responsabilità dei giornalisti, il regolamento della stampa, del settore radio-televisivo, l’accesso all’informazione ecc.
ORGANISMI INTERNAZIONALI DI CUI LA CROAZIA È MEMBRO E RELATIVA DATA DI ANNESSIONE
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
22.
23.
24.
25.
26.
27.
28.
29.
30.
31.
32.
WIPO WORLD INTELLECTUAL PROPERTY ORGANIZATION 08.10.1991
ICAO INTERNATIONAL CIVIL AVIATION ORGANIZATION 09.05.1992
ONU ORGANIZATION OF THE UNITED NATIONS 22.05.1992
UNIDO UNITED NATIONS INDUSTRIAL DEVELOPMENT ORGANIZATION 02.06.1992
WHO WORLD HEALTH ORGANIZATION 11.06.1992
UNESCO UNITED NATIONS EDUCATIONAL, SCIENTIFIC AND CULTURAL ORGANIZATION 07.07.1992
UPU UNIVERSAL POSTAL UNION 20.07.1992
ILO INTERNATIONAL LABOUR ORGANIZATION 06.08.1992
IMO INTERNATIONAL MARITIME ORGANIZATION 08.10.1992
INTERPOL INTERNATIONAL CRIMINAL POLICE ORGANIZATION 04.11.1992
WMO WORLD METEOROLOGICAL ORGANIZATION 08.11.1992
IMF INTERNATIONAL MONETARY FUND 14.12.1992
INTELSAT INTERNATIONAL TELECOMMUNICATIONS SATELLITE ORGANIZATION 14.12.1992
IMSO INTERNATIONAL MOBILE SATELLITE ORGANIZATION 1992
IAEA INTERNATIONAL ATOMIC ENERGY AGENCY 12.02.1993
ISO INTERNATIONAL ORGANIZATION FOR STANDARDIZATION 01.01.1993
MIGA, ICSID THE WORLD BANK GROUP – MULTILATERAL INVESTMENT GUARANTEE AGENCY – INTERNATIONAL CENTRE FOR THE SETTLEMENT OF INVESTMENT DISPUTES 19.05.1993 – 16.06.1997
WCO WORLD CUSTOMS ORGANIZATION 01.07.1993
WTO WORLD TOURISM ORGANIZATION (MADRID) 04.10.1993
FAO FOOD AND AGRICULTURE ORGANIZATION 06.11.1993
IOM INTERNATIONAL ORGANIZATION FOR MIGRATION 23.11.1993
ICCROM INTERNATIONAL CENTRE FOR THE STUDY OF THE PRESERVATION AND RESTORATION OF
CULTURAL PROPERTY 1994
ITLS INTERNATIONAL TRIBUNAL FOR THE LAW OF THE SEA 05.04.1995
OPCW ORGANISATION FOR THE PROHIBITION OF CHEMICAL WEAPONS 13.04.1995
IIAS INTERNATIONAL INSTITUTE OF ADMINISTRATIVE SCIENCES 01.07.1995
IHO INTERNATIONAL HYDROGRAPHIC ORGANISATION 23.11. 1995
UNIDROIT INTERNATIONAL INSTITUTE FOR THE UNIFICATION OF PRIVATE LAW 01.01.1996
ISBA INTERNATIONAL SEABED AUTHORITY 28.07.1996
IIR INTERNATIONAL INSTITUTE OF REFRIGERATION 02.07.1998
PCA PERMANENT COURT OF ARBITRATION 02.10.1998
OIML INTERNATIONAL ORGANIZATION FOR LEGAL METROLOGY 24.01.1999
WTO WORLD TRADE ORGANIZATION 30.11.2000
FONTE : MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI DI CROAZIA .
La Croazia, inoltre, è Membro di alcuni dei principali organismi
economici internazionali tra cui il FMI, l’IBRD, l’ILO, l’UNCTAD, l’IDA, la
BERS e la BEI. Collabora con l’OCSE nell’ambito del CCNM (Centre for
Co-Operation with Non-Members).
Nel maggio del 2000, si è unita al Partenariato per la Pace della NATO.
Al vertice di Praga per l’allargamento della NATO ai paesi della ex cortina
di ferro, tenutosi il 21 novembre 2002, la Croazia non ha presentato in
. 80
. 81
tempo la propria candidatura che, quindi, non è stata presa in considerazione. Ma non rimarrà esclusa perché con la firma della “Carta di partenariato dell’Adriatico”, siglata dal segretario di stato americano Colin
Powell a Tirana il 2 maggio 2003, si è concluso il negoziato tra Washington e le tre nazioni balcaniche rimaste fuori dall’allargamento della NATO definito a Praga. La Carta accompagnerà Croazia, Albania e
Macedonia verso l’ammissione a pieno titolo nell’Alleanza Atlantica.
Trade Area), con cui il vagone croato, in linea con la propria politica di
“fuga dai Balcani”, si è agganciato al treno centro-europeo.
Per quanto riguarda le relazioni commerciali con l’Ue, la Croazia già da
anni godeva del regime preferenziale autonomo previsto per le repubbliche dell’ex Iugoslavia, che riprendeva le concessioni commerciali previste
dall’accordo di cooperazione CEE – Iugoslavia del 1980.
In termini di apertura internazionale, la Croazia procede a grandi passi
verso l’integrazione con il mercato europeo e quello mondiale. Le principali tappe finora raggiunte sono le seguenti:
1.1 Processo di adesione all’Unione europea
a) accordo di Libero Scambio (FTA) con i Paesi dell’EFTA (European Free
Trade Area) il 22 giugno 2001;
b) firma dell’Accordo di Stabilizzazione ed Associazione (ASA) con
l’Unione Europea, il 29 ottobre 2001, ratificato dal Parlamento già nel
dicembre 2001;
c) adesione al WTO (World Trade Organisation) il 30 novembre 2000.
Per quanto attiene al WTO, occorre dire che in pochi anni la
Croazia ha eliminato o abbattuto dazi e quote all’importazione, al punto che, come afferma il Ministero dell’Economia, quasi l’80% del
commercio estero croato è ormai regolato dai principi di libero scambio
sanciti dall’organizzazione ginevrina. Quanto all’ASA, si osserva che in
attesa delle necessarie ratifiche l’accordo è applicato attraverso un interim agreement, la cui applicazione è attentamente tenuta sotto
osservazione dalla Commissione. Sul piano economico, l’ASA prevede
la creazione di una zona di libero scambio con l’Ue dopo un periodo
transitorio di sei anni nonché un allineamento sostanziale della legislazione croata al diritto comunitario; vi sono inoltre clausole sulla libertà
di stabilimento, sulla libera prestazione dei servizi e sulla libera circolazione dei capitali. Grazie all’interim agreement, sono stati aboliti i
numerosi dazi che prima gravavano sulla maggior parte dei prodotti industriali provenienti dall’Ue.
Il 21 febbraio 2003 ad Atene, la Croazia ha presentato la propria domanda di adesione all’Ue, e quasi contestualmente, il 1° marzo 2003, è entrato in vigore l’accordo di adesione al CEFTA (Central European Free
. 82
Il 29 ottobre 2001 la Croazia ha sottoscritto con l'Unione europea l'Accordo di stabilizzazione ed annessione. Il 21 febbraio 2003 ha
presentato ufficialmente la richiesta per l'adesione all'Unione europea.
Sarà il Consiglio dei Ministri (Ue), in base all'articolo 49 del protocollo
unitario, l'organo incaricato di valutare detta richiesta.
Nell'aprile 2004 la Commissione europea ha emesso un avviso favorevole che ha spianato la strada per una decisione del Consiglio europeo
(giugno dello stesso anno) sul via libera all'apertura dei negoziati in
vista di una futura adesione della Croazia all'Ue.
Il primo passo giuridicamente importante verso la strada dell'ingresso è
stato la completa entrata in vigore dell'Accordo di Stabilizzazione ed
Associazione (ASA) avvenuta il 1° febbraio 2005, che provvede a definire in maniera puntuale il quadro delle relazioni tra lo Stato e l'Unione.
L'ASA è la cornice nella quale si rende operativa la collaborazione tra la
Croazia e le strutture comunitarie in tutta una serie di settori che vanno
dal dialogo politico e regionale alla creazione di un'economia di mercato competitiva per i prodotti industriali, in misura minore per quelli agricoli, che dovrebbe essere completata entro il 2007.
In aggiunta ai suddetti elementi, però, come già accennato in
prefazione, la Commissione europea ritiene assolutamente necessario
proseguire un dialogo politico intensificato con la Croazia per discutere
dei rapporti dello Stato con il Tribunale penale dell'Aia per i crimini
commessi nell'ex Iugoslavia e per verificare il rispetto delle minoranze,
il rimpatrio dei profughi, la riforma giudiziaria, la cooperazione regionale
e la lotta contro la corruzione, nonché la risoluzione della disputa territoriale con la vicina Repubblica di Slovenia. Il primo e in assoluto più
importante di questi problemi da risolvere è la cattura del latitante Ante
. 83
Gotovina, il generale croato che prese parte alla guerra di Bosnia e dal
2000 ricercato dal Tribunale Penale Internazionale dell'Aia (TPI) con l'accusa di crimini contro l'umanità.
La scarsa collaborazione del governo croato con il TPI in questa vicenda è stato il motivo per cui il 16 marzo 2005 il Consiglio europeo aveva
rinviato sine die l'avvio dei negoziati per l'adesione; solo recentissimamente (il 3 ottobre 2005) l'Ue, dopo il parere positivo della Procuratrice
Generale del Tribunale Penale Internazionale, Carla Del Ponte, ha parlato di piena collaborazione del governo croato nell'individuazione e nella
cattura dell'ex criminale di guerra, che le autorità sperano poter presto
estradare all'Aja affinché venga processato dal Tribunale internazionale.
Tale cambiamento di atteggiamento da parte di Zagabria ha dato l'avvio ai negoziati, sbloccando una situazione che stava rischiando di
impantanarsi trascinando con se anche la Turchia, i cui negoziati pure
erano stati congelati.
Il Consiglio ha constatato, poi, i progressi compiuti dalla
Croazia nel quadro delle procedure di stabilizzazione e associazione e
ha salutato con piacere l'adozione da parte di Zagabria del piano
d'azione per l'integrazione europea. Importanti progressi sono stati
compiuti per il ritorno dei rifugiati, e il Consiglio si augura che ogni
questione possa essere risolta prima della fine del 2005. Lo stesso vale per il settore giudiziario, la cui riforma rappresenta un grande
obiettivo. Per quel che riguarda l'economia, il Consiglio ha apprezzato
i successi in termini di stabilità macroeconomica, seppur ritenga che
la consolidazione fiscale abbia bisogno di essere perseguita con più
determinazione.
L'obiettivo dell'ingresso rende necessario al governo croato un
massiccio intervento nell'economia per essere in grado di rispettare gli
stringenti parametri europei. Il problema maggiore del Paese è il forte
debito estero che si attesta sull'80% del PIL e che deve scendere, secondo le indicazioni del Fondo Monetario Internazionale, di 3 punti
percentuali alla fine del 2005. Secondo gli analisti del FMI la Croazia
dovrebbe intraprendere significativi aggiustamenti fiscali e tagliare la
spesa pubblica in un momento in cui, al contrario, ciò è reso molto difficoltoso dai negoziati in corso con l'Unione che prevedono il
conseguimento di obiettivi che non possono essere raggiunti soltanto
. 84
con i fondi comunitari, ma che necessitano l'intervento statale. Tra l'altro la Banca Centrale Croata (BCC) in vista dell'ingresso nell'Unione
vede ridursi la possibilità di incidere sull'economia del Paese attraverso la politica monetaria che potrebbe stabilizzare l'economia nel
breve periodo.
Si ricorda, che la Croazia ha già beneficiato di una serie di aiuti
contenuti nei programmi comunitari: il programma PHARE per lo sviluppo
delle istituzioni democratiche, l'ISPA per lo sviluppo dell'ambiente e delle
infrastrutture legate al trasporto, e il SAPARD per il settore agricolo per
un totale di 550,33 milioni di euro di fondi concessi dal 1993 al 2003.
È da menzionare, inoltre, che la Commissione europea ha varato a maggio
del 2000 il Regolamento sulle linee guida e sulle modalità di applicazione
degli aiuti comunitari destinati ai paesi del Sud Est europeo (Albania, Bosnia
Erzegovina, Croazia, Macedonia e Iugoslavia), relativi al periodo 2000 - 2006.
Il Programma CARDS (Community Assistance for Reconstruction,
Development and Stabilization) unificherà gli attuali programmi e gli strumenti di aiuto (PHARE e OBNOVA) e concentrerà l'attività della
Commissione nella regione interessata. L'assistenza comunitaria consiste
nel finanziare programmi d'investimento e di rafforzamento istituzionale
nei suddetti paesi. L'importo finanziario per l'esecuzione di questo programma per il periodo 2000 - 2006 sarà pari a 4.650 milioni di euro.
2. Controversie internazionali
Nei rapporti con la Slovenia deve ancora essere risolta la questione della definizione dei confini marittimi nel golfo di Pirano. La
Slovenia e la Croazia dichiararono l’indipendenza con reciproco riconoscimento diplomatico il 25 giugno del 1991. Nel farlo dichiararono di
non avere contenziosi di frontiera e di riconoscere il proprio confine – fino allora interrepubblicano – quale nuova frontiera interstatale, fatto
che suggellarono in entrambi i parlamenti con la rispettiva “Carta costituzionale di fondazione e indipendenza della repubblica”. Il mutuo
riconoscimento del confine venne giudicato dalla commissione internazionale di arbitrato per l’ex Iugoslavia, elemento fondamentale per il
riconoscimento internazionale di Slovenia e Croazia, sia da parte dell’Ue
che dell’ONU. Ma se il confine di terra tra i due nuovi stati era grosso
. 85
modo definito, lo stesso non si può dire per quello di mare, non essendoci mai stata una delimitazione di acque tra le diverse repubbliche
iugoslave, bensì solo tra zone e settori di controllo delle diverse polizie.
A 14 anni dall’indipendenza Slovenia e Croazia si trovano ad
affrontare con reciproche accuse, che vanno assumendo una dimensione
europea ed internazionale, uno dei contenziosi territoriali più insidiosi
nell’area dell’ex Iugoslavia.
Il problema, alimentato da frequenti “incidenti di frontiera” e dal contenzioso di pesca, è di grande rilievo per la Slovenia che ha interesse
ad allargare la sua limitatissima zona di giurisdizione marittima nel Golfo di Trieste. La Slovenia, essendo circondata interamente dalle acque
territoriali di Italia e Croazia, come definite nel Golfo di Trieste dal Trattato di Osimo del 1975, nutre preoccupazioni per essere priva di un accesso diretto alle acque internazionali del Mare Adriatico e per le
conseguenti limitazioni derivanti dalla necessità di accedere al porto di
Capodistria in regime di transito inoffensivo tenendo anche conto che la
Croazia prevede, nella propria normativa (art. 10 del Codice Marittimo
approvato con legge del 27 gennaio 1994) l’obbligo di preventiva notifica del transito delle navi da guerra straniere.
3. Rapporti Italia Croazia
3.1 Accordi e convenzioni bilaterali
Tra i numerosi accordi e convenzioni stipulati tra Croazia e Italia si possono citare:
• accordo per la promozione e la protezione degli investimenti firmato a
Zagabria il 05.11.1996; ratificato con la legge n. 214 del 02.03.1998
(S.O. n. 45/L G.U. n. 63 del 17.03.1998); in vigore dal 12.06.1998;
• Convenzione per evitare la doppia imposizione firmata in data 27 ottobre 1999;
• convenzione per l’assistenza giudiziaria e il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze in materia civile e commerciale, firmata a Roma il
3.12.1960;
• accordo in materia di cooperazione turistica. Firmato il 26 giugno 1997
a Roma, ratificato dal Presidente della Repubblica il 7 ottobre 1997;
. 86
• accordo per la promozione degli investimenti stranieri. È un accordo
tra l’Istituto del Commercio Estero (ICE) e l’Agenzia croata per la promozione degli investimenti (CIPA) che prevede un monitoraggio comune delle opportunità di investimenti italiani in Croazia.
3.2 L’Italia e il progetto di ricostruzione dei Paesi dell’area balcanica
La legge italiana n. 84 del 21 marzo 2001 disciplina le forme di
partecipazione della Repubblica italiana al processo di stabilizzazione,
ricostruzione e sviluppo dei Paesi dell’area balcanica; in quest’ottica,
essa persegue anche l’obiettivo di coordinare gli interventi nazionali con
le iniziative assunte in sede comunitaria e multilaterale dall’Italia.
La legge 84 risponde dunque alla priorità di coordinare gli interventi italiani nei paesi della regione e di inquadrare l’Italia come “sistema paese” laddove, grazie ad una presenza massiccia e consolidata nel tempo,
essa gode di relazioni economiche preferenziali e può ricoprire un ruolo
determinante nella ricostruzione e nella pacificazione duratura dell’area
balcanica.
È stato istituito un Fondo (di competenza MAE-MINCOMES) destinato ad
attività di promozione e sviluppo delle imprese e, in parte, ad attività di
cooperazione allo sviluppo. Un ulteriore fondo, di cui sarà competente il
Ministero dell’Ambiente, sarà destinato alle attività di monitoraggio dell’inquinamento chimico, fisico e radioattivo nelle zone interessate. La
quota del Fondo principale destinata alla realizzazione delle attività di
promozione e di sviluppo alle imprese sarà utilizzata dal Ministero del
Commercio Estero per un ampio ventaglio di finalità, che, oltre alla concessione di finanziamenti agevolati senza interessi per una serie di interventi connessi all’internazionalizzazione delle imprese, include varie
attività che saranno realizzate da enti operanti nel sostegno all’internazionalizzazione, quali la SIMEST, l’ICE, il Centro Servizi Informest, l’Unione Italiana delle Camere di Commercio, la FINEST. In particolare, per
SIMEST e FINEST, è stato rafforzato lo strumento del venture capital, con
possibilità di assumere partecipazioni fino al 40% del capitale.
. 87
4. Relazioni commerciali internazionali
4.1 Commercio con l’estero
Oltre il 90% degli scambi commerciali della Croazia con il resto
del mondo è ormai regolato da principi di libero scambio o scambio a
condizioni agevolate (paesi dell’Ue; paesi EFTA, rimanenti paesi CEFTA,
Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia, Moldova, Turchia, Serbia e Montenegro).
Il valore dell’interscambio commerciale cresce ad un ritmo molto sostenuto, e nel quinquennio 2000-2004 si è praticamente raddoppiato, passando in termini assoluti da 12,3 a 24,6 miliardi di dollari. Le importazioni
nel 2004 sono ammontate a 16,6 miliardi di dollari, le esportazioni continuano a registrare i tassi di crescita a due cifre superando, nel 2004, gli 8
miliardi di dollari.
cente, gli scambi commerciali sono diventati più vivaci, specialmente
per quanto concerne l’import croato. Nel corso del 2004 aumenta notevolmente l’interscambio con i Paesi in via di sviluppo, in particolare
Bosnia-Erzegovina e Russia, la quale ha nuovamente guadagnato posizioni nelle importazioni croate. In netta ripresa sono anche gli scambi
con Serbia e Montenegro.
ESPORTAZIONI CROATE. PRINCIPALI PAESI PARTNER (MILIONI DI DOLLARI)
PAESI
ITALIA
BOSNIA - ERZEGOVINA
GERMANIA
SLOVENIA
AUSTRIA
SERBIA E MONTENEGRO
FRANCIA
STATI UNITI
LIBERIA
BILANCIA COMMERCIALE (MILIONI DI DOLLARI)
MALTA
2000
2001
2002
2003
2004*
REGNO UNITO
ESPORTAZIONI
4.432
4.666
4.904
6.187
8.022
GIBILTERRA
VARIAZIONE ANNUA
3,0%
5,3%
5,1%
26,1%
29,7%
IMPORTAZIONI
7.887
9.147
10.722
14.209
16.583
RUSSIA ( FEDERAZIONE DI )
VARIAZIONE ANNUA
1,1%
16,1%
17,2%
32,5%
16,7%
EX REPUBBLICA IUGOSLAVA
DI MACEDONIA
INTERSCAMBIO
12.318
13.813
15.626
20.396
24.606
PAESI BASSI
VARIAZIONE ANNUA
1,8%
12,1%
13,1%
30,5%
20,6%
TOTALE
- 3.491
- 4.481
- 5.818
- 8.022
- 8.561
UNGHERIA
GIAPPONE
REPUBBLICA CECA
SVEZIA
*ANNO 2004
DATI PRELIMINARI
FONTE : ICE ZAGABRIA ,
SVIZZERA
MONDO
1999
773
547
673
453
265
27
104
103
169
99
80
39
6
69
2000
990
495
632
480
292
107
126
109
224
48
76
4
60
15
57
2001
1.106
560
689
426
268
153
163
120
115
56
67
6
57
36
83
2002
1.113
704
611
427
365
174
159
102
180
1
63
36
83
46
84
2003
1.651
895
734
513
480
262
175
164
100
93
90
85
81
74
74
64
50
31
23
34
4.280
59
50
29
36
40
4.432
52
46
34
28
43
4.659
59
42
40
23
33
4.899
70
49
46
46
45
6.203
2004.
FONTE : ELABORAZIONI ICE SU DATI ONU - COMTRADE ,
Anche se gli scambi commerciali della Croazia riguardano un
vasto numero di paesi, oltre la metà dell’interscambio commerciale totale è stato realizzato con i paesi dell’Ue; infatti, l’orientamento ufficiale
del Paese è di favorire il commercio con l’Europa occidentale (mediterranea e continentale) nonché con l’Europa centro-orientale. Nell’ambito
dei Paesi dell’Ue che partecipano all’interscambio commerciale croato,
vanno senz’altro menzionate l’Italia e la Germania, come pure l’Austria e
la Slovenia. È da ricordare anche la Francia con la quale, appena di re-
. 88
2004.
Fra i principali prodotti importati in Croazia, in termini di valore, prevalgono macchinari, attrezzature e impianti per vari tipi
d’industria nonché mezzi di trasporto, in particolare autoveicoli. La
struttura merceologica delle importazioni evidenzia comunque una vasta
gamma di prodotti – partendo da quelli agro-alimentari fino ai beni durevoli di largo consumo e non. Tra i principali comparti merceologici e/o
prodotti nell’import croato figurano il petrolio greggio ed altri prodotti
. 89
dell’industria petrolchimica, prodotti intermedi e quelli per ulteriore uso
industriale, veicoli stradali e loro parti, macchinari vari, nonché numerosi prodotti di largo consumo. Nell’anno 2004 il ritmo di crescita delle
importazioni è stato inferiore rispetto a quello delle esportazioni ed è
stato registrato un aumento notevole delle importazioni di prodotti alimentari e di largo consumo, mentre meno accentuata è stata la crescita
dell’import di beni d’investimento.
Tra i principali prodotti esportati figurano le materie prime ed i
prodotti intermedi, tra cui specialmente vari tipi di legname e segati,
petrolio e derivati nonché materie plastiche in forme primarie. In termini
di valore prevalgono i beni d’investimento come mezzi di trasporto, in
particolare navi, motori elettrici, macchine ed apparecchi elettrici. Sono
da menzionare anche i prodotti dell’industria chimica, in particolare i
prodotti per uso medicale ed i farmaci. Per quanto riguarda invece i beni di largo consumo, nell’export croato prevalgono i prodotti
dell’industria tessile, le calzature, i mobili e loro parti.
La crescita del valore delle esportazioni nel 2004 è conseguenza dell’aumento dei prezzi di alcuni dei principali prodotti d’esportazione croati,
in particolare navi, sul mercato internazionale.
4.2 Commercio con l’Italia
Le statistiche relative all’interscambio commerciale tra Italia e
Balcani e quelle relative al numero di imprese italiane che investono
nell’Europa Sud-Orientale dimostrano con chiarezza un dato geoeconomico certo: oggi l’Italia è il soggetto più dinamico e attivo in questa
importante area geografica, crocevia, nei prossimi decenni, di fondamentali processi di integrazione, sviluppo e ricostruzione. Se in molti
dei paesi balcanici c’è oggi una forte spinta verso l’Europa, dobbiamo
dire che molto spesso questa “voglia” d’Europa si concretizza in una
forte “domanda d’Italia”. Pressoché ovunque si registra una predisposizione estremamente positiva verso il nostro caratteristico modello di
sviluppo locale, rappresentato da numerose piccole e medie imprese
molto dinamiche.
In particolare, è il modello tipicamente italiano dei distretti industriali
che si tenta di studiare e di riprodurre. Dalla Croazia alla Russia, pas-
. 90
sando per l’esperimento-modello di Timisoara, c’è un enorme domanda
di esportazione del “know how” imprenditoriale, culturale e sociale che
ha reso possibile in Italia la storica evoluzione dei distretti industriali.
Questo nuovo ruolo da protagonista che l’Italia è chiamata a giocare nei
Balcani, rappresenta un ritorno storico del nostro paese nell’area geopolitica più rilevante e significativa per le nostre relazioni internazionali.
È un ritorno che avviene lungo le stesse rotte adriatiche che per secoli –
anzi per millenni – hanno unito le economie delle città italiane con
quelle delle città e delle regioni dell’Europa Orientale. Anche l’attività
del governo italiano mira a rafforzare tale presenza economica e culturale, affiancandola e sostenendola con un’adeguata e rilevante presenza
politica, sia a livello bilaterale che a livello multilaterale.
Varie sono le motivazioni che rendono l’area dei Balcani così importante
dal punto di vista politico ed economico:
• motivazioni connesse alla stabilità politica dell’area. Dopo il decennio
della conflittualità, l’area balcanica sembra oggi avviata verso una
progressiva pacificazione e verso una progressiva integrazione sia
“verticale” (con le istituzioni europee ed internazionali) sia “orizzontale” con la creazione di un’area di libero scambio intrabalcanica;
• motivazioni connesse alla vicinanza geografica, che fanno sì che
l’area venga eletta dalle imprese italiane quale zona preferenziale di
proiezione estera;
• motivazioni connesse all’incremento delle esportazioni italiane verso
l’area. Da un’analisi dei dati statistici di fonte ISTAT, si rileva che, nel
quinquennio 1997-2001, le esportazioni italiane verso i sette paesi
dell’area sono aumentate del 71,2 %, contro una percentuale di aumento del 27,8 % delle esportazioni italiane verso il resto del mondo.
Anche gli investimenti nell’area registrano incrementi legati al sempre
più positivo coinvolgimento delle imprese italiane nei processi di privatizzazione e ristrutturazione in corso in questi paesi, arrivando nel
2000 alla cifra totale di 536 milioni di euro, di cui 349,5 milioni in
Bulgaria, 134 milioni in Croazia e 50 milioni in Romania.
. 91
BILANCIA COMMERCIALE CROAZIA – ITALIA (MILIONI DI DOLLARI)
2000
2001
2002
2003
2004*
ESPORTAZIONI
4.432
4.666
4.904
6.187
8.022
DI CUI CON L’ ITALIA
989
1.105
1.114
1.650
1.831
IMPORTAZIONI
7.887
9.147
10.722
14.209
16.583
DI CUI CON L’ ITALIA
1.311
1.657
1.850
2.581
2.482
INTERSCAMBIO
12.318
13.813
15.626
20.396
24.606
DI CUI CON L’ ITALIA
2.300
2.762
2.964
4.231
4.673
SALDO
-3.491
-4.481
-5.818
-8.022
-8.561
DI CUI CON L’ ITALIA
-465
-552
-737
-931
-1.011
*ANNO 2004
DATI PRELIMINARI
FONTE : ICE ZAGABRIA ,
2004.
Già da cinque anni, l’Italia è in assoluto il più importante partner commerciale della Croazia, detenendo la prima posizione sia
nell’interscambio totale che negli acquisti e forniture croate.
Risulta molto difficile definire con esattezza i comparti che maggiormente interessano gli scambi bilaterali tra i due Paesi considerando che, come emerge dalla struttura delle importazioni e delle esportazioni, tutti i
settori sono rappresentati abbastanza uniformemente.
Dall’Italia si importa di tutto, il prodotto italiano è ben noto sul mercato, gode di norma di una buona immagine e la produzione italiana è
presente in quasi tutti i settori. Anche se dal punto di vista del consumatore locale il made in Italy è prevalentemente collegato ai prodotti di
largo consumo, in particolare quelli legati alla moda e al design, come
abbigliamento, calzature, mobili e prodotti per allestimento e arredamento di interni, le forniture italiane verso la Croazia riguardano una
gamma abbastanza varia di prodotti.
Negli ultimi tempi infatti, si sta verificando un cambiamento di tendenza
che ha reso il quadro commerciale molto più diversificato anche in considerazione della sempre maggiore industrializzazione della Croazia.
Mentre in passato i macchinari venivano importati di norma dalla Germania, negli ultimi anni l’importazione dall’Italia di beni strumentali sta
aumentando, anche perché il prodotto italiano gode di un buon rapporto qualità prezzo. I settori dove si verifica la maggior presenza di
. 92
macchinari italiani sono quelli della lavorazione del legno, della plastica, macchine agricole, macchine alimentari e macchine per confezionamento e imballaggio.
Prendendo in considerazione il valore dell’import croato di alcuni comparti/prodotti realizzato nell’ultimo periodo si può rilevare che sul prodotto italiano ricade:
• quasi l’80% dell’import croato di piastrelle ceramiche e quasi l’80%
delle importazioni di pietre da taglio o da costruzioni (marmi, travertini, graniti);
• il 43-45% delle importazioni croate di pellame e prodotti di pelli;
• il 35-40% dell’import di calzature;
• il 30-35% dell’import di abbigliamento, maglieria e biancheria;
• il 35% dell’import di mobili e loro parti;
• il 13% delle importazioni croate di generi alimentari (escluse le bevande);
• il 17-18% dell’import realizzato nel comparto “macchine e mezzi di
trasporto”.
Quanto alle forniture croate verso l’Italia è da sottolineare
nuovamente che l’Italia è il primo acquirente di prodotti croati. Nelle
esportazioni croate in Italia – oltre alle forniture di alcuni prodotti di largo consumo (specialmente abbigliamento e calzature a seguito di
lavorazioni per conto terzi) prevalgono tuttora le materie prime quali
per esempio legno grezzo o legno di prima lavorazione, pelli grezze non
conciate, prodotti chimici ed alcune materie plastiche; tuttavia, ultimamente si verifica un aumento della presenza di prodotti finiti, aventi
maggior valore aggiunto; in gran parte dei casi si tratta anche di esportazioni di manufatti di aziende italiane con stabilimenti in Croazia o di
società miste italo-croate.
. 93
4.3 Investimenti diretti
PRINCIPALI PRODOTTI DELL’INTERSCAMBIO ITALIA - CROAZIA.
PERIODO: GENNAIO – MARZO 2005 (MIGLIAIA DI EURO)
IMPORTAZIONI
ATTIVITÀ ECONOMICHE- GRUPPI
METALLI DI BASE NON FERROSI
ARTICOLI DI ABBIGLIAMENTO
IN TESSUTO E ACCESSORI
(ESCLUSI QUELLI IN PELLE )
2004
GEN - MAR
GEN - MAR
23.333
35.776
29.633
2005
ESPORTAZIONI
VAR .
%
2004
GEN - MAR
GEN - MAR
2005
VAR .
%
53,33
7.367
14.026 90,40
31.142
5,09
32.342
33.395 3,25
PRODOTTI CHIMICI DI BASE
17.508
26.239
49,87
16.497
30.677 85,95
ALTRE MACCHINE PER
IMPIEGHI SPECIALI
19.883
19.219
-3,34
1.799
2.543
CALZATURE
17.643
18.617
5,52
11.002
13.125 19,30
ALTRE MACCHINE DI
IMPIEGO GENERALE
15.544
18.494
18,97
694
757
MOBILI
18.416
17.368
-5,69
7.838
5.844
-25,44
ARTICOLI IN MATERIE
PLASTICHE
15.152
17.098
12,84
4.364
4.100
-6,03
AUTOVEICOLI
23.513
16.730
-28,85
77
354
361,51
PRODOTTI DELLA SIDERURGIA
11.941
14.327
19,98
5.787
6.458
11,60
ALTRI PRODOTTI IN METALLO
11.261
12.943
14,93
3.433
3.466
0,95
PETROLIO GREGGIO E GAS
NATURALE
10.256
12.712
23,95
20.175
31.678 57,02
ARTICOLI DI MAGLIERIA
18.356
11.547
-37,09
22.035
19.770 -10,28
PRODOTTI DELL’ AGRICOLTURA ,
DELL’ ORTICOLTURA E
DELLA FLORICOLTURA
8.553
10.903
27,47
948
1.524
60,77
TESSUTI
12.599
10.775
-14,48
2.579
427
-83,43
ALTRI PRODOTTI ALIMENTARI
8.175
9.814
20,05
10.921
24.447 123,85
PIASTRELLE IN CERAMICA
PER PAVIMENTI E RIVESTIMENTI
10.389
9.019
-13,19
323
152
-52,83
PARTI ED ACCESSORI PER
AUTOVEICOLI E LORO MOTORI
9.059
8.542
-5,71
431
431
-0,21
APPARECCHI PER USO
DOMESTICO
7.847
8.413
7,21
3.663
3.017
-17,64
MACCHINE E APPARECCHI
PER LA PRODUZIONE E
L’ IMPIEGO DI ENERGIA MECCANICA
8.219
7.767
-5,51
2.258
940
-58,37
TOTALE
480.622 486.162
1,15
257.874 308.341 19,57
41,37
9,10
Conformemente alle disposizioni vigenti relative alla costituzione di società in Croazia, l’investitore straniero è equiparato
all’investitore locale e la società costituita in loco viene considerata, a
tutti gli effetti, persona giuridica di diritto croato. Considerando che
non è necessario effettuare alcun tipo di registrazione particolare dell’investimento straniero, risulta praticamente impossibile quantificare il
numero totale ed il valore degli investimenti stranieri effettuati in Croazia, e di conseguenza anche quelli italiani. Al riguardo è da sottolineare
che i dati ufficiali disponibili (rilevazioni della Banca Nazionale della
Croazia) non consentono di effettuare un’analisi completa e precisa del
quadro degli investimenti esteri, per quanto concerne sia il valore sia
la provenienza effettiva. Possiamo però evidenziare che in base alle rilevazioni della BNC, nel periodo fra 1993 ed il terzo trimestre del 2004
(ultimi dati disponibili) l’ammontare totale degli IDE effettuati in Croazia è stato di circa 10,4 miliardi di dollari.
Nello stesso periodo il principale investitore risulterebbe essere l’Austria (25,64%) seguita dalla Germania (20,42%) e dagli USA (14,46%)
che, in base a questi dati, supererebbero di gran lunga l’Italia, la quale si collocherebbe al sesto posto (5,56%).
Per quanto riguarda la distribuzione per settori, si evidenzia la relativa
concentrazione degli investimenti diretti esteri netti in settori ad elevata intensità tecnologica nonché nei servizi bancari e finanziari che, a
fine settembre 2004, hanno rappresentato il 20% circa degli investimenti totali.
Mentre l’Austria, la Germania e l’Ungheria sono state particolarmente
presenti nelle operazioni di privatizzazione, gli USA privilegiano gli investimenti di tipo greenfield. Per l’Italia, invece, si tratta soprattutto di
investimenti nel settore finanziario (banche, assicurazioni), nella grande
distribuzione organizzata ed in alcuni settori industriali. I settori di concentrazione degli IDE netti italiani in Croazia sono i seguenti: l’intermediazione finanziaria (settore bancario ed assicurazioni), le varie attività
commerciali (dalla grande distribuzione al commercio al dettaglio e/o
all’ingrosso), attività turistico-alberghiere e di ristorazione, la produzione di gas industriali e la distribuzione di gas ad uso domestico, il settore tessile e quello del legno, l’industria del vetro e meccanica. Ma
non manca la diffusa presenza, tra l’altro impossibile da rilevare, di
FONTE : ELABORAZIONI ICE SU DATI ISTAT.
. 94
. 95
piccole partecipazioni di ditte – anche individuali e spesso del Nord-Est
o delle Marche – in microimprese che si sostanziano in società di diritto croate sparse su tutto il territorio.
5. Flussi migratori
5.1 Libera circolazione delle persone nella nuova Europa
Nel corso dei negoziati con i paesi candidati, la libera circolazione dei lavoratori nel quadro dell’allargamento a Est dell’Unione
europea è stato un argomento estremamente controverso. L’apertura
delle frontiere – vale a dire la possibilità di attraversarle con un semplice passaporto, senza bisogno di un visto d’ingresso – è una prerogativa
di tutti i cittadini dell’Unione, ma questo non significherà, per un certo
numero di anni, che i cittadini dei nuovi Stati membri possano liberamente cercare un lavoro dipendente nei vecchi Stati membri.
Avremo, in altri termini, la libera circolazione delle merci e dei capitali
ma, per una fase più o meno lunga, non quella del lavoro.
L’allargamento comprende paesi con grandi differenze economiche in
termini di reddito nazionale, di potere d’acquisto e di salari medi.
A un primo sguardo, sembra evidente che queste differenze così marcate, con la possibilità di attraversare liberamente le frontiere, tenderanno
ad ampliare i processi migratori; quello che è difficile da prevedere è la
misura di questi processi. Le previsioni, infatti, presentano un ampio
margine di oscillazione.
Le incertezze sulla valutazione quantitativa del fenomeno migratorio
conseguente all’allargamento, insieme alla disparità di vedute sul suo
possibile impatto, hanno portato l’Unione europea a stabilire un quadro
elastico di “salvaguardia”, per il quale per una fase di cinque anni (due
più tre), estensibile sotto certe condizioni a sette, gli Stati membri potranno continuare a regolare autonomamente i flussi immigratori. Una
scelta che è stata considerata, nei paesi della vecchia Unione, prudente
e diretta a stemperare i timori e la diffidenza verso il processo di allargamento diffusi in una parte importante della popolazione; ma considerata dai nuovi Stati membri contraddittoria con i principi
dell’integrazione e dell’eguaglianza dei diritti.
. 96
L’acquis communautaire dell’Unione europea sulla libera circolazione delle persone sancisce il trattamento non discriminatorio dei
lavoratori legalmente occupati in un paese diverso da quello di origine.
Per agevolare l’esercizio di determinate professioni, l’acquis comprende anche norme specifiche sul riconoscimento reciproco delle qualifiche e dei diplomi; per determinate professioni, si deve seguire un
programma di formazione armonizzato affinché la qualifica sia automaticamente riconosciuta negli Stati membri dell’Ue. In questo settore
rientrano anche i diritti di residenza e di voto dei cittadini dell’Ue in
qualsiasi Stato membro.
Il sistema croato di reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali impone l’adesione obbligatoria alle associazioni (camere) professionali stesse in modo da disciplinare e controllare le attività
professionali e proteggere le qualifiche. I membri delle camere professionali sono iscritti al regime previdenziale secondo le stesse
modalità degli altri cittadini.
La legislazione croata vigente prevede solo un riconoscimento accademico. La nuova legge entrata in vigore nel corso del 2004 definisce una
procedura simile a quella contemplata dalle direttive riguardanti il sistema generale, che tuttavia è limitata all’istruzione superiore e non riprende le direttive specifiche basate sul coordinamento della formazione e
sul riconoscimento automatico. Le procedure previste dalla legislazione
croata, inoltre, non soddisfano tutti i requisiti dell’acquis, ad esempio
per quanto riguarda le scadenze, la motivazione e il diritto di ricorso. Il
sistema croato è sostanzialmente diverso da quello dell’Ue per quanto
riguarda i requisiti inerenti la formazione, specie nel settore sanitario. I
requisiti croati per determinate professioni mediche (compresi i medici
generici e gli infermieri) non corrispondono ai requisiti minimi fissati
dall’acquis, il che preclude il riconoscimento automatico dei titoli corrispondenti nell’Ue.
Per quanto riguarda l’accesso all’istruzione superiore nell’ambito dei diritti dei cittadini, i cittadini stranieri a cui non sia stata concessa
la residenza permanente in Croazia devono soddisfare requisiti specifici
per potersi iscrivere a questo tipo di insegnamento e pagano tasse diverse da quelle degli studenti croati. La Croazia dovrà modificare la sua
legislazione per allinearla con l’acquis. Conformemente al principio del
trattamento non discriminatorio dei lavoratori, la Croazia dovrà autorizza-
. 97
re i cittadini dell’Ue ad iscriversi nei suoi istituti di istruzione superiore
alle stesse condizioni dei cittadini croati, senza bisogno della residenza
permanente in Croazia e senza dover pagare tasse diverse.
Per quanto riguarda i diritti di residenza, per ottenere un permesso di
residenza di durata superiore a tre mesi i cittadini dell’Ue che non svolgono un’attività economica devono chiedere un prolungamento della residenza oppure, a determinate condizioni, la residenza permanente.
La Croazia dovrà modificare la sua legislazione per garantirne la compatibilità con l’acquis sulla libera circolazione delle persone, specie per
quanto riguarda le formalità e le condizioni per l’ingresso e il soggiorno
dei cittadini dell’Ue nel suo territorio.
Per quanto concerne la libera circolazione dei lavoratori, la
legge in vigore dal gennaio 2004 impone agli stranieri di procurarsi un
permesso di lavoro che può essere rilasciato, su richiesta del datore di
lavoro, entro un contingente fissato di anno in anno dal governo croato.
La Croazia dovrà modificare la sua legislazione per allinearla con la normativa Ue abolendo, fra l’altro, il permesso di lavoro obbligatorio per i
cittadini dell’Ue e le discriminazioni per motivi di nazionalità nei loro
confronti, anche se non risiedono ancora in Croazia. La conoscenza della lingua croata è obbligatoria per lavorare nei settori sanitario e
farmaceutico e per esercitare la professione notarile. A norma dell’acquis, i requisiti obbligatori riguardanti le conoscenze linguistiche
possono essere applicati solo in circostanze del tutto eccezionali. I requisiti in questione vanno applicati in modo da rispettare l’interesse
pubblico giustificato, la non discriminazione e la proporzionalità.
Per quanto riguarda l’accesso al settore pubblico, possono essere riservati ai cittadini croati solo i posti di lavoro direttamente connessi ad attività specifiche del servizio pubblico, segnatamente quelli che
comportano l’esercizio della pubblica autorità e la salvaguardia dell’interesse generale dello Stato.
La Croazia dovrà inoltre adottare misure in linea con l’acquis, specie per
quanto riguarda le prestazioni pensionistiche integrative, in modo da
coprire tutti i regimi pensionistici integrativi, obbligatori o volontari,
connessi all’attività professionale dei dipendenti o dei lavoratori autonomi.
Le strutture amministrative incaricate di applicare le disposizioni comunitarie in materia sono il Fondo croato di assicurazione sanitaria, il Fon-
. 98
do croato di assicurazione pensione e l’Ufficio croato per l’occupazione.
In materia di immigrazione, sono già in vigore le normative sui permessi
di soggiorno, il ricongiungimento familiare e le questioni connesse. Una
nuova legge sui cittadini stranieri, che ha sostituito la normativa precedente, è in vigore dal gennaio 2004. Nel primo semestre del 2003 in
Croazia erano registrati 34.279 stranieri muniti di un permesso di soggiorno permanente, 10.038 con una proroga di un permesso di soggiorno temporaneo e infine 1.197 con visti commerciali; molti di questi
residenti stranieri provenivano dai paesi limitrofi. Sebbene non siano
previste disposizioni specifiche per l’integrazione dei cittadini di paesi
terzi, essi godono degli stessi diritti fondamentali dei cittadini croati. La
Croazia è tuttora considerata principalmente un paese di transito per i
migranti clandestini diretti verso l’area Schengen piuttosto che un paese di destinazione. Nei primi nove mesi del 2003, 2.915 persone, provenienti soprattutto dai paesi limitrofi, sono state fermate mentre
tentavano di varcare illegalmente la frontiera croata. Si tratta di cifre in
calo rispetto agli anni precedenti, il che può essere attribuito al generale processo di stabilizzazione della regione. Sono stati firmati accordi di
riammissione dei clandestini con 24 paesi.
5.2 Migrazioni della popolazione croata
Secondo i dati dell’Ufficio Nazionale di Statistica croato, la
Croazia dal 1995 al 2004 ha avuto un bilancio di migrazione positivo,
cioè il numero degli immigranti è stato maggiore del numero degli
emigranti. Nell’anno 2004 ci sono state 18.383 persone che sono immigrate in Croazia, e 6.812 persone che sono emigrate dalla Croazia
verso altri paesi.
Sempre nel 2004, sul totale di cittadini immigrati in Croazia
ci sono stati il 91,7% di cittadini croati e l’8,3% di stranieri, mentre
l’86,2% di cittadini croati e il 2,6% di stranieri sono emigrati dalla
Croazia all’estero. Sul numero totale di immigranti, il 60,6% proveniva dalla Bosnia-Erzegovina.
Sul numero totale di emigranti dalla Repubblica Croata, il 27,6% delle
persone ha avuto come destinazione la Serbia e il Montenegro, mentre
il 18,3% la Bosnia-Erzegovina.
. 99
Durante tutto il periodo 1995-2004, il maggior numero di persone che
sono immigrate nella Repubblica croata si è registrato nella città di Zagabria e nella contea di Spalato in Dalmazia. Il maggior numero di emigranti dalla Repubblica di Croazia verso paesi esteri provenivano invece
dalla città di Zagabria, seguita dalla contea di Virovitica-Podravina e dalla contea di Osijek- Baranja.
MIGRAZIONI INTERNAZIONALI PER CITTADINANZA DI PROVENIENZA/PAESE
DI DESTINAZIONE - EUROPA
2002
PAESE
IMMIGRATI
2003
EMIGRATI
IMMIGRATI
2004
EMIGRATI
IMMIGRATI
MIGRAZIONI INTERNAZIONALI PER CITTADINANZA DI PROVENIENZA/PAESE
DI DESTINAZIONE - ALTRI CONTINENTI
2002
PAESE
20.365
11.767
18.455
6.534
18.383
6.812
CROAZIA
18.368
11.120
16.355
6.114
16.857
5.871
EUROPA :
1.762
325
2.006
186
1.442
177
AUSTRIA
27
1
21
-
19
2
1
-
3
-
1
-
678
203
782
95
570
95
1
34
-
31
3
37
1
11
-
6
-
3
-
19
1
35
4
23
1
7
1
3
1
5
-
11
-
25
3
18
1
AMERICA CENTRALE
E DEL NORD
1
-
7
-
-
-
12
-
7
-
12
-
OCEANIA
4
-
6
-
6
-
AUSTRALIA
1
-
6
-
6
-
155
321
9
227
3
762
NON CONOSCIUTI
FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA CROATO ( DZS ),
ITALIA
-
15
1
5
EMIGRATI
39
AFRICA
SUD AMERICA
12
IMMIGRATI
3
ASIA
ALTRI PAESI
FRANCIA
2004
EMIGRATI
EMIGRATI
TOTALE
BOSNIA - ERZEGOVINA
IMMIGRATI
58
54
CANADA
2003
EMIGRATI
1
ALTRI PAESI EUROPEI
USA
BELGIO
IMMIGRATI
2004.
1
48
-
72
1
41
-
341
80
462
53
320
53
7
-
9
1
5
-
IMMIGRATI ED EMIGRATI DALLA CROAZIA
SERBIA E MONTENEGRO
UNGHERIA
MACEDONIA
OLANDA
GERMANIA
POLONIA
224
20
215
10
146
8
13
1
10
-
6
1
100
5
116
5
98
9
17
2
21
-
18
-
RUSSIA
46
1
34
1
19
1
ROMANIA
21
-
24
2
8
-
98
8
103
10
98
6
3
-
7
-
4
-
SVIZZERA
18
-
15
2
14
-
UCRAINA
39
3
27
2
21
-
REGNO UNITO
15
-
12
-
10
-
SLOVENIA
SVEZIA
FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA CROATO ( DZS ),
. 100
ANNI
IMMIGRATI
EMIGRATI
SALDO
1998
51.784
7.592
44.192
1999
32.910
14.285
18.625
2000
29.385
5.953
23.432
2001
24.415
7.488
16.927
2002
20.365
11.767
8.598
2003
18.455
6.534
11.921
2004
18.383
FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA CROATO ( DZS ),
6.812
11.571
2004.
2004.
. 101
MIGRAZIONI INTERNAZIONALI PER ETÀ E SESSO - 2004
IMMIGRATI
ETÀ
EMIGRATI
TOTALE
UOMINI
DONNE
TOTALE
UOMINI
DONNE
TOTALE
18.383
9.381
9.002
6.812
3.446
3.366
0–4
848
434
414
98
42
56
5–9
887
470
417
165
95
70
10 – 14
846
444
402
188
94
94
15 – 19
1.202
617
585
387
229
158
20 – 24
2.322
1.120
1.202
588
310
278
25 – 29
2.207
1.026
1.181
742
385
357
30 – 34
1.787
913
874
655
328
327
35 – 39
1.618
941
677
587
314
273
40 – 44
1.353
788
565
507
278
229
45 – 49
1.141
623
518
403
232
171
50 – 54
1.097
560
537
332
170
162
55 – 59
834
392
442
321
125
196
60 – 64
814
386
428
357
147
210
65 – 69
692
341
351
528
260
268
70 – 74
441
218
223
477
241
236
75
294
108
186
477
196
281
E OLTRE
FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA CROATO ( DZS ),
2004.
Secondo un sondaggio intitolato “I problemi e i bisogni dei
giovani” realizzato nel 2002 dal dipartimento di psicologia della Facoltà
di Filosofia di Zagabria, il 51% dei giovani intervistati vedono nel loro
futuro l’emigrazione per problemi di lavoro. Realizzato su un campione
di 1.905 giovani, con un’età tra il 13 e i 25 anni, il sondaggio è uno dei
più completi realizzati nell’ultimo decennio.
Il dato più preoccupante è senza dubbio quello relativo ad una possibile emigrazione. Il 51% dei giovani dichiara di aver l’intenzione di emigrare non appena si presenterà l’occasione, oltre ad un altro 15% che “probabilmente emigrerà”, lasciando solo un misero 21% indeciso e un 12%
sicuro che resterà a casa. I motivi di questa visione negativa del proprio
. 102
futuro possono essere sicuramente riassunti sia nella paura di non avere
prospettive di lavoro certo, che di non trovare un impiego adatto una
volta conseguita la laurea o comunque di non trovare un lavoro idoneo
agli studi fatti.
Il censimento svoltosi nel 2001 ha confermato che gli italiani sono ancora una presenza viva in Croazia. Sono infatti 19.636 i censiti che si sono
dichiarati connazionali, mentre ben 20.521 hanno indicato l’italiano come propria lingua madre.
Anche se la guerra, assieme ad una politica di etnocentrismo e ad altri
fattori hanno contribuito a fare della Croazia un paese etnicamente quasi puro – in dieci anni i croati sono passati dal 79 al 90% della popolazione – gli italiani rispetto al censimento del 1991 sono solamente 1.600
in meno. Gli italiani costituiscono la terza realtà minoritaria in Croazia
dopo serbi e musulmani.
5.3 Immigrazione in Italia
L’Italia è un paese ad alto tasso di immigrazione dall’Europa
dell’Est, e la tendenza è senz’altro in aumento. Il nostro paese è ormai il
secondo nell’Ue per numero di immigrati provenienti da quest’area (quasi 900.000 unità, dopo la regolarizzazione), preceduto solo dalla Germania (poco oltre due milioni di persone) ma davanti all’Austria (quasi
mezzo milione di immigrati). I soggiornanti in Italia originari dei nuovi
paesi membri dell’Est europa, Malta e Cipro incluse, erano appena
53.543 al 31 dicembre 2002 e, tenendo conto delle provenienze dagli altri 14 Stati membri dell’Unione (154.076) si arrivava a 207.619 persone
(13,7% dell’intera presenza straniera). La Polonia (35.077, escludendo
dal conteggio i regolarizzati) affianca la Germania al primo posto in graduatoria (37.667), mentre i gruppi più consistenti degli altri nuovi Stati
membri si collocano tra i 3.000 e i 4.000 soggiornanti (Slovenia, Slovacchia, Repubblica Ceca e Ungheria, sempre senza tener conto dei regolarizzati e anche dei lavoratori stagionali, dei quali questi paesi sono
fornitori). Se si prendono poi in considerazione gli immigrati dalla Romania (98.834) e dalla Bulgaria (8.552), paesi candidati ad aderire successivamente, la presenza risulta ben più consistente (315.005 persone, pari
al 20,8% di tutta la presenza immigrata). Inserendo nel conteggio anche
i 264.464 immigrati dai paesi balcanici, a partire dall’Albania (168.973),
. 103
seguita nell’ordine da Serbia e Montenegro, Macedonia, Croazia e Bosnia-Erzegovina, la presenza europea arriva sino a 579.469 unità, con
un’incidenza del 38,3% sulla presenza immigrata totale di fine 2002.
Se analizziamo la ripartizione territoriale degli immigrati in Italia, possiamo notare come fino alla regolarizzazione del 2002 l’Albania è
risultato il primo gruppo in ogni regione, salvo che nel Friuli Venezia
Giulia, regione in cui prevalgono i croati. Il Lazio, la Lombardia e le regioni del Nord-Est, sono le aree di maggiore concentrazione degli immigrati dell’Est Europa.
Anche a livello provinciale, l’insediamento degli albanesi è stato prevalente sul resto degli immigrati originari dell’Est Europa, con
queste eccezioni:
• i romeni sono il primo gruppo a Torino, Padova, Verona, Arezzo, Latina, Roma, Viterbo, Isernia, Agrigento, Enna, Cagliari e Nuoro;
• i polacchi sono il primo gruppo a Napoli, Catanzaro, Reggio Calabria,
Vibo Valentia, Siracusa;
• gli sloveni sono il primo gruppo a Gorizia;
• i croati sono il primo gruppo a Trieste.
LE PROVINCE ITALIANE CON MAGGIOR CONCENTRAZIONE DEI GRUPPI DELL’EST EUROPA
ROMA
BULGARIA , LETTONIA , LITUANIA , POLONIA , REPUBBLICA CECA ,
ROMANIA , ARMENIA , AZERBAIDJAN , BIELORUSSIA , GEORGIA ,
MOLDAVIA E UCRAINA
MILANO
ALBANIA , ESTONIA , RUSSIA , UNGHERIA
VICENZA
BOSNIA - ERZEGOVINA E IUGOSLAVIA
BOLZANO
SLOVACCHIA
TRIESTE
CROAZIA
TREVISO
MACEDONIA
GORIZIA
SLOVENIA
5.4 I frontalieri in Friuli Venezia Giulia
Si stima che le lavoratrici e i lavoratori frontalieri croati e sloveni che ogni giorno vengono a lavorare nelle confinanti regioni italiane
siano circa 10.000-15.000 e rappresentano una componente importante
del mercato del lavoro nonché una risorsa per lo sviluppo dei territori in
cui risiedono. Questi lavoratori entrano giornalmente e settimanalmente
nelle regioni del Friuli Venezia Giulia, del Veneto ed in altre regioni del
Nord-Est per svolgere diverse attività lavorative, quali lavori nei cantieri
navali, nei cantieri edili, in segherie e falegnamerie, per eseguire lavori
domestici, infermieristici, ma anche come addetti all’informatica o al
commercio.
SOGGIORNI CROATI IN ITALIA
DUE PERIODI :
1.
2.
2002 (DA DOSSIER STATISTICO 2003);
2003 (DOPO ULTIMA REGOLARIZZAZIONE).
1.
CARITAS , IMMIGRAZIONE . DOSSIER STATISTICO 2003, NUOVA ANTEREM , ROMA 2003
NEL 2002 LA COMUNITÀ CROATA È LA VENTISEIESIMA COMUNITÀ STRANIERA PER DIMENSIONI.
SOGGIORNANTI CROATI AL 31.12.2002
TOTALE : 16.852
PERCENTUALE SUL TOTALE DEI SOGGIORNANTI STRANIERI : 1,1
DONNE : 7.614
PERCENTUALE DI DONNE SUL TOTALE : 45,2
INGRESSI DI IMMIGRATI CROATI NEL 2002: 3.919
INCIDENZA PERCENTUALE DEGLI INGRESSI 2002 SUL TOTALE :
NUMERO DI SOGGIORNANTI PER MOTIVI DI LAVORO : 10.351
NUMERO DI SOGGIORNANTI PER MOTIVI FAMILIARI : 4.357
23,3
PERCENTUALI PER MOTIVO DELLA PRESENZA
TOTALE MOTIVI DI LAVORO : 61,4
DI CUI LAVORO SUBORDINATO : 52,4
DI CUI LAVORO AUTONOMO : 6,5
MOTIVI FAMILIARI : 25,9
SOMMA MOTIVI DI LAVORO E FAMILIARI : 87,3
MOTIVI DI STUDIO : 8,3 – MOTIVI RELIGIOSI : 1,5
–
ALTRI MOTIVI :
3,0
2.
FONTE : DOSSIER STATISTICO IMMIGRAZIONE CARITAS ,
2002.
LA COMUNITÀ CROATA IN ITALIA PRIMA E DOPO LA REGOLARIZZAZIONE (1.1.2003)
NUMERO DI DOMANDE PER LA REGOLARIZZAZIONE : 4.239
SOGGIORNANTI AL 31.12.2002: 16.852
TOTALE SOGGIORNANTI E DOMANDE: 21.091
AUMENTO PERCENTUALE A SEGUITO DELLA REGOLARIZZAZIONE : 25,2
NUOVA GRADUATORIA DOPO LA REGOLARIZZAZIONE ( SOGGIORNANTI + DOMANDE )
IL TOTALE QUI RIPORTATO E LA NUOVA GRADUATORIA SONO PROVVISORI: RESTA ESCLUSA GRAN PARTE DEI MINORI; NON
TUTTE LE DOMANDE DI REGOLARIZZAZIONE SONO STATE ACCETTATE. TUTTAVIA QUESTI DATI SONO SIGNIFICATIVI PERCHÉ EVIDENZIANO IL RUOLO CHE L’ULTIMA REGOLARIZZAZIONE HA AVUTO NEL RIDEFINIRE LA COMPOSIZIONE DELLA POPOLAZIONE
IMMIGRATA IN ITALIA, DETERMINANDO NOTEVOLI CAMBIAMENTI.
FONTE : DOSSIER STATISTICO IMMIGRAZIONE CARITAS / MIGRANTES . ELABORAZIONI SU DATI DEL MINISTERO DELL’ INTERNO .
. 104
. 105
Appendice
Per la tutela dei diritti di questi lavoratori è ormai convinzione comune
che occorra una particolare iniziativa, ed è per questo motivo che la regione Friuli Venezia Giulia e la Regione Istria hanno siglato a Trieste, il 4
dicembre 2003, un’Intesa Operativa atta a sollecitare i rispettivi governi
di Roma e Zagabria a definire un accordo bilaterale per disciplinare il lavoro frontaliero tra i due Paesi. L’obiettivo è quello di far sì che i cittadini dell’Istria che si recano quotidianamente o settimanalmente a
lavorare in Italia non siano più considerati all’interno dei contingenti di
extracomunitari previsti dalla legislazione italiana, bensì al di fuori delle
quote dei flussi migratori. Altri punti dell’intesa riguardano il rafforzamento dei controlli sulle imprese affinché sia garantita la piena applicazione dei contratti collettivi nazionali e locali, delle norme italiane e
comunitarie in materia di lavoro e di sicurezza sociale, nonché di quelle
relative alla sicurezza del lavoro. È importante evidenziare che nella fase
di realizzazione dei diversi punti previsti dall’intesa saranno coinvolte le
organizzazioni sindacali italiane e quelle croate dell’Istria.
INDIRIZZI UTILI IN CROAZIA
PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA
MINISTERO DELLA SCIENZA E TECNOLOGIA
(www.predsjednik.hr)
(www.mzt.hr)
Pantovc̆ak 241
Strossmayerov trg 4
10000 Zagreb
10000 Zagreb
Tel.: +385 1 4565 191
Tel.: +385 1 459 4444
Fax: +385 1 4565 299
Fax: +385 1 459 4469
E-mail: [email protected]
E-mail: [email protected]
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
MINISTERO DELLE FINANZE
(www.mvp.hr)
(www.mfin.hr)
Trg Nikole S̆ubića Zrinjskog 7
Katanc̆ićeva 5
10000 Zagreb
10000 Zagreb
Tel.: +385 1 456 9964
Tel.: +385 1 459 1333
Fax: +385 1 455 1795
Fax: +385 1 492 2586
E-mail: [email protected]
MINISTERO DELLO SPORT E EDUCAZIONE
MINISTERO DEGLI INTERNI
(www.prosvjeta.hinet.hr)
(www.mup.hr)
Trg hrvatskih velikana 6
Savska 39
10000 Zagreb
10000 Zagreb
Tel.: +385 1 456 9000
Tel.: +385 1 612 2111
Fax: +385 1 456 9087
E-mail: [email protected]
MINISTERO DELLA DIFESA
(www.morh.hr)
MINISTERO DELL’ECONOMIA
Trg Petra Kres̆imira 1
(www.mingo.hr)
10000 Zagreb
Ulica grada Vukovara 78
Tel.: +385 1 456 7111
10000 Zagreb
Tel.: +385 1 610 6111
Fax: +385 1 610 9111
. 106
. 107
MINISTERO DELLA CULTURA
MINISTERO DEL TURISMO
MINISTERO DELL’AGRICOLTURA, FORESTE
CONSOLATO D’ITALIA IN DALMAZIA
(www.min-kulture.hr)
(www.mint.hr)
E GESTIONE DELLE ACQUE
(www.consolatospalato.org)
Trg hrvatskih velikana 6
Ulica grada Vukovara 78
(www.mps.hr)
CONS . MARCO NOBILI
10000 Zagreb
10000 Zagreb
Ulica grada Vukovara 78
Obala Hrvatskog Narodnog Preporoda 10/3
Tel.: +385 1 456 9000
Tel.: +385 1 610 6111
10000 Zagreb
21000 Split
Fax: +385 1 461 0489
Fax: +385 1 610 9300
Tel.: +385 1 610 6111
Tel.: +385 21 348155 - 344577
E-mail: [email protected]
E-mail: [email protected]
Fax: +385 1 610 9201
Fax: +385 21 361268
E-mail: [email protected]
E-mail: [email protected]
MINISTERO DEL LAVORO
MINISTERO DELLA SALUTE
(www.mrss.hr)
(www.tel.hr/mzr)
MINISTERO DELLA FAMIGLIA, VETERANI DI
DZS
Prisavlje 14
Ksaver 200
GUERRA E SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE
(www.dzs.hr)
10000 Zagreb
10000 Zagreb
(www.mhbdr.hr)
Ilica 3
Tel.: +385 1 616 9111
Tel.: +385 1 460 7555
Park Stara Tres̆njevka 4
10000 Zagreb
Fax: +385 1 484 8959
Fax: +385 1 467 7076
10000 Zagreb
E-mail: [email protected]
-
UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA
Tel.: +385 1 365 7800
E-mail: [email protected]
MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI
Fax: +385 1 365 7852
SUPREMA CORTE DI GIUSTIZIA
MINISTERO DELL’AMBIENTE
(www.mjr.hr)
E-mail: [email protected]
Trg Nikole S̆ubića Zrinjskog 3
(www.mzopu.hr)
Vladimira Nazora 61
Republike Austrije 20
10000 Zagreb
AMBASCIATA D'ITALIA
Tel.: +385 1 486 2239
10 000 Zagreb
Tel.: +385 1 378 4500
(www.ambitalia.hr)
Fax: +385 1 486 2254
Tel.: +385 1 378 2444
Fax: +385 1 378 4518
AMB . ALESSANDRO GRAFINI
E-mail: [email protected]
10000 Zagreb
Medulic̆eva Ulica 22
Fax: +385 1 378 2555
MINISTERO PER L’INTEGRAZIONE EUROPEA
41000 Zagreb
ALTA CORTE COMMERCIALE
(www.mei.hr)
Tel.: +385 1 4846386
Berislavićeva 11
MINISTERO DELLA MARINA, TRASPORTI E
Ulica grada Vukovara 62
Fax: +385 1 4846384
10000 Zagreb
COMUNICAZIONI
10000 Zagreb
E-mail: [email protected]
Tel.: + 385 1 489 6888
(www.pomorstvo.hr)
Tel.: +385 1 456 9335
Prisavlje 14
Fax: +385 1 456 9336
CONSOLATO GENERALE A FIUME
ALTA CORTE DI POLIZIA
10000 Zagreb
E-mail: [email protected]
(www.confium.htnet.hr/)
Dukljanova 3
CONS . GEN . ROBERTO PIETROSANTO
10000 Zagreb
MINISTERO DELL’ARTIGIANATO,
Riva 16
Tel.: +385 1 461 1333
MINISTERO GIUSTIZIA, AMMINISTRAZIONE,
PICCOLE E MEDIE IMPRESE
51000 Rijeka
GOVERNI LOCALI
(www.momsp.hr)
Tel.: +385 51 212454
CORTE AMMINISTRATIVA
(www.vlada.hr/min-pravo.html)
Ksaver 200
Fax: +385 51 214308
Trg Nikole S̆ubića Zrinskog 3
Ulica Republike Austrije
10000 Zagreb
E-mail: [email protected]
10000 Zagreb
10000 Zagreb
Tel.: +385 1 469 8300
Tel.: +385 1 371 0666
Fax: +385 1 469 8308
Fax: +385 1 371 0602
E-mail: [email protected]
E-mail: [email protected]
Tel.: +385 1 616 9070
Tel.: +385 1 481 0022
E-mail: [email protected]
. 108
. 109
HINA
CAMERA DI COMMERCIO DELLA CROAZIA
BANCA EUROPEA PER LA RICOSTRUZIONE
ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA A ZAGABRIA
(www.hina.hr)
HRVATSKA GOSPODARSKA KOMORA
E SVILUPPO (B.E.R.S.)
(www.italcult.hr)
Agenzia di stampa ufficiale
(www.hgk.hr)
Ufficio di Zagabria
DIRETTORE: DOTT. FLAVIO ANDREIS
Marulićev trg 16
Rooseveltov TRG 2
Petrinjska 59, V piano
Preobraz̆enska 4
10000 Zagreb
10000 Zagreb
10000 Zagreb
10000 Zagreb
Tel.: +385 1 4808700
Tel.: +385 1 4561555
Tel.: +385 1 4878 700
Tel.: +385 1 4830 208/209
Fax: +385 1 4828380
Fax: +385 1 4819 468
Fax: +385 1 4830 207
E-mail: [email protected]
Direttore: Andrew Krapotkin
E-mail: [email protected]
STINA
(www.stina.hr)
Agenzia di stampa indipendente
CAMERA DI COMMERCIO DI FIUME
S̆etaliste Bac̆vice 10
HRVATSKA GOSPODARSKA KOMORA
21000 Split
ZUPANIJSKA KOMORA RIJEKA
Tel.: +385 21 591581
Bulevar osloboo†enja 23
FORUM CAMERE DI COMMERCIO ADRIATICO
CONSOLATO GENERALE DI MILANO
51000 Rijeka
E JONIO ASSOCIAZIONE ITALO-CROATA PER
CONS. GEN. VESNA TERZIĆ
Via Dante 9
E-mail: [email protected]
INDIRIZZI UTILI IN ITALIA
Tel.: +385 1 209 111, 209 107, 209 108
GLI SCAMBI ECONOMICI E COMMERCIALI (AIEC)
IKA
Fax: +385 1 216 033
TALIJANSKO-HRVATSKA UDRUGA ZA EKONOMSKU
20123 Milano
(www.ika.hr)
E-mail: [email protected]
I TRGOVAC̆KU SURADNJU
Tel.: 02 8051772
CAMERA DI COMMERCIO DI ANCONA
Fax: 02 8051541
Agenzia di stampa cattolica
Kaptol 4
DELEGAZIONE DELLA COMMISSIONE EUROPEA
(www.an.camcom.it/balcani)
Ufficio Commerciale - Resp. Sig.ra Sneider
10000 Zagreb
IN CROAZIA
Piazza XXIV Maggio 1
E-mail: [email protected]
Tel.: +385 1 4814951
(www.delhrv.cec.eu.int/hr)
60124 Ancona
E-mail: [email protected]
Masarykova 1
Tel.: 071 5898249 - 5898266
CONSOLATO GENERALE DI TRIESTE
10000 Zagreb
Fax: 071 5898265
CONS. GEN. MARKO ILIĆ
Tel.: +385 1 4896 500
E-mail: [email protected]
Piazza Goldoni 9
ICE ZAGABRIA
-
TALIJANSKI INSTITUT ZA
VANJSKU TRGOVINU VLADINA USTANOVA
Fax: +385 1 4896 555
(www.ice.it/estero2/zagabria/defaultuff.htm)
E-mail: [email protected]
Masarykova 24
34122 Trieste
AMBASCIATA DELLA CROAZIA IN ITALIA
Tel.: 040 773968 - 775142
AMB. DRAGO KRALJEVIĆ
Fax: 040 773959
P.O. BOX 288
CASA EUROPEA DI ZAGABRIA
Via Bodio 74/76
CONSOLATO A PESCARA
10000 10000
(www.europe-house-zagreb.hr)
00191 Roma
CONS. ON. PIETRO SCIBILIA
Tel.: +385 1 4830711
Juris̆ieva 1/I
Tel.: 06 3630 7650/7300/7704
Piazza della Rinascita 74
Fax: +385 1 4830740
10000 Zagreb
Fax: 06 3630 3405
65122 Pescara
E-mail: [email protected],
Tel.: +385 1 4816 414 - 4813 960
Uff. Cons. - Tel.: 06 36304630
Tel.: 085 4212345
[email protected]
Fax: +385 1 4816 419 - 4813 956
Fax: 06 36303269
E-mail: [email protected],
E-mail: [email protected]
ENTE NAZIONALE CROATO PER IL TURISMO
[email protected]
[email protected]
IN ITALIA
Via dell'Oca 48
00186 Roma
Tel.: 06 32110396
Fax: 06 32111462
. 110
. 111
UFFICIO TURISTICO
FINEST (SOCIETÀ FINANZIARIA DI PROMOZIONE
(http://it.croatia.hr/index.php)
DELLA COOPERAZIONE ECONOMICA CON I PAESI
PRESENZA ITALIANA NEL SETTORE INDUSTRIALE
Piazzetta Pattari 1/3
DELL'EST EUROPEO)
ADRIANO CORSI
20122 Milano
(www.finest.it)
Ventilatorska 5b
Preradovoceva 18
Tel.: 02 86454443
Via dei Molini 4
10250 Luc̆ko (Zagreb)
10000 Zagreb
Fax: 02 86454574
33170 Pordenone
Macchine edili e stradali
Costruzioni stradali
E-mail: [email protected]
Tel.: 0434 229811
Fax: 0434 20704
AGIP CROATIA BV
BENETTON CROATIA D.O.O.
E-mail: [email protected]
S̆ubieva 29
Vukovarska cesta 219/A
MISTE ALL'ESTERO)
10000 Zagreb
31000 Osijek
(www.simest.it)
Tel.: +385 1 4640716
Tel.: +385 31 514514
Corso Vittorio Emanuele II 323
Fax: +385 1 4592219
Fax: +385 31 509001
00186 Roma
Sfruttamento/produzione gas
Produzione abbigliamento
Tel.: 06 686351
e prodotti petroliferi
SIMEST (SOCIETÀ ITALIANA PER LE IMPRESE
-
GRA-PO DOO
Fax: 06 68635220
ASTALDI
-
ASTALDI D.O.O.
CAFFÈ COLONIALE ITALIA
E-mail: [email protected]
ALBERICI SRL
PRESENZA ITALIANA NEL SETTORE BANCARIO
-
PRIVREDNA BANKA ZAGREB
-
ALCA D.O.O.
-
BONFANTI D.O.O.
Vojvodii 11
Pjes̆ana uvala 6, Ogranak br. 16
10431 Novaki
52203 Pula
Tel.: +385 1 3224939 prenderà il 3327222
Tel.: +385 52 379139
Fax: +385 1 3327221
Fax: +385 52 397348
E-mail: [email protected]
E-mail: [email protected]
Lavorazione tè e caffè
Progettazione e produzione
GRUPPO UNICREDITO ITALIANO SPA
GRUPPO INTESA
ZAGREBAC̆KA BANKA
(www.pbz.hr)
(www.zaba.hr)
Rac̆koga 6
Paromlinska 2
10000 Zagreb
API
10000 Zagreb
Tel.: +385 1 472 3 344
Velebitska 12b
Tel.: +385 1 6104 000
Fax: +385 1 4723275
23000 Zadar
Fax: +385 1 6305274
E-mail: [email protected]
Prodotti petroliferi
di apparecchiature elettroniche
CAFFÈ HAUSBRANDT
-
HAUSBRANDT D.O.O.
Veprenic̆ki put 30
-
APIBENZIN D.O.O.
51410 Opatija
Torrefazione e commercio caffè
CALLIGARIS
- D.O.O.
I.G.Kovaia 178
SANPAOLO IMI S.P.A
AS SABBADIN S.R.L.
(www.grupposanpaoloimi.com)
Josipa Benaka 5
-
SABBADIN D.O.O.
Tel.: +385 51 818 337
Rac̆koga 10
10360 Sesvete
Fax: +385 51 818 476
10000 Zagreb
Tel.: +385 1 2007578
E-mail: [email protected]
Tel.: +385 1 4610336
Fax: +385 1 2007775
Mobili
Fax: +385 1 4623474
Attività commerciale
51314 Ravna Gora
E-mail: [email protected]
. 112
. 113
CALZEDONIA SPA
-
TUBLA D.O.O.
DUCATI ENERGIA
-
DUCATI KOMPONENTI D.O.O.
ISOCLIMA SPA
-
LIPIK- GLAS D.O.O.
PITTARELLO EAST D.O.O.
Ulica Republike Italije
Svac̆ic´ev trg 1
Staklanska bb
Rovinjs̆ka 9
40000 C̆akovec
10000 Zagreb
34551 Lipik
52000 Pula
E-mail: [email protected]
Fax: +385 1 4577693
Tel.: +385 34 311222
Tel.: +385 52 216806
Produzione calze, collant, biancheria intima
Produzione trasformatori, generatori,
Fax: +385 34 311257/258
Fax: +385 52 216806
attrezzature elettriche
E-mail: [email protected]
E-mail: [email protected]
Produzione vetro
Commercio calzature
CREMCAFFE
-
KAVAIMPEX D.O.O.
-
-
AUTOCOMMERCE D.
Boljun 35
FIAT
51434 Boljun (Pisino)
Cesarica bb
ITALCOGIM
10430 Samobor
Trg Ante Starc̆evića 2
Sisac̆ka 16
Settore automobilistico
10431 Sveta Nedjelja
10020 Novi Zagreb
Tel.: +385 1 3373 743
Tel.: +385 1 6261150
Torrefazione e commercio caffè
COIMPREDIL
-
AUTO
CIRCULUS REGIS D.O.O.
-
MONTCOGIM PLINARA D.O.O.
AGRICOLA VALDARNO
-
S̆korpikova 24
GENERALI Z̆IVOTNO OSIGURANJE D.D.
Fax: +385 1 3373 744
Fax: +385 1 6261043
10000 Zagreb
Rac̆koga 8
E-mail: [email protected]
Azienda agricola
Tel.: +385 1 3499 228, 229
10000 Zagreb
Gestione reti distributive gas
Fax: +385 1 3475 180
Tel.: + 385 1 4501144
E-mail: [email protected];
[email protected]
Edilizia
RURIS JASKA D.O.O.
MERCATONE EMMEZETA SALZAM
Fax: + 385 1 4550468
LA DISTRIBUTRICE SRL
FLIBA D.O.O.
E-mail: [email protected]
DALMATINKA NOVA D.D.
Gospodarska 5
Assicurazioni
Domovinskog rata 86
10255 Gornji Stupnik
21230 Sinj
Tel.: +385 1 6595 555
Tel.: +385 21 821 744
Fax: +385 1 6531 414
Grandi magazzini
COMPAGNIA MERCANTILE D.O.O.
GLOBUS EAST SPA
Kuhac´eva 13
Mandićeva 2
Fax: +385 21 821 782
10000 Zagreb
10000 Zagreb
Fabbrica filati
Tel.: +385 1 2338 720
Tel.: +385 1 3636400
Fax: +385 1 2338 720
Fax: +385 1 3636800
METANIFERA PREALPINA SRL
Podpican bb
Accessori e calzature per jeans
E-mail: [email protected]
PLIN PROJEKT D.O.O.
52333 Podpican
Commercio articoli casalinghi
Gajeva 89
Produzione abbigliamento
(in vetro, metallo)
Nova Gradis̆ka
CONCERIA
-
–
ITAL INVEST D.O.O.
PELLIS D.O.O.
SETA
-
GRUPPO BONAZZI
-
-
-
UNITED CLOTHING
Tel.: +385 35 361999
SICAD
Industrijska cesta bb
HIPERMARKETI COOP D.O.O.
Fax: +385 35 362756
Ungarija bb
10361 Sesvetski Kraljevec´
Priobalna bb
E-mail: [email protected]
52470 Umag
Tel.: +385 1 2040 333
10000 Zagreb-Jankomir
Produzione gas, distr. carburanti gassosi
Produzione e vendita nastri adesivi
Fax: +385 1 2040 315
Tel.: +385 1 3441700
Lavorazione pelli
Fax: +385 1 3457143
MASTROTTO ARZIGNANO
SIPRO
Supermercati
. 114
. 115
Bibliografia e pagine web consultate
TOMMASINI D.O.O.
VIPP LAVORI SPA
- T.B.S. D.O.O.
Velika cesta 48
Novaki Petrovinski 100
10000 Zagreb-Odra
10450 Jastrebarsko
Tel.: +385 1 6261779
Tel.: +385 1 6284 517
Fax: +385 1 6261878
Fax: +385 1 6284 517
E-mail: [email protected]
Edilizia
Commercio macchine per la lavorazione
del legno
TOMASO PRIOGLIO SPA
OTPREMA ZAGRE D.O.O.
Caritas/Migrantes, Dossier Statistico Immigrazione 2004, XIV Rapporto
sull’immigrazione, Caritas/Migrantes, 2004.
Caritas/Migrantes, I flussi di immigrazione in Italia alla luce dell’ultima
regolarizzazione, Dossier Statistico Immigrazione, Caritas/Migrantes, 2004.
Radnic̆ka cesta 1A
10000 Zagreb
Tel.: +385 1 6184520
CNEL, Ue: con l’allargamento 1,1 milioni di immigrati permanenti dall’est,
Comunicato Stampa del CNEL, Roma, 27 Aprile 2004.
Fax: +385 1 6184538
E-mail: [email protected]
Trasporti, spedizioni, operazioni doganali
CNEL - Caritas, Europa allargamento ad Est, Dossier statistico immigrazione,
2004.
Commission of the European Communities, Opinion on Croatia’s
Application for the Membership of the European Union, COM(2004) 257
final, Communication from the Commission, Brussels, 20 Aprile 2004.
Croatian Employment Service, Active Labour Market Policy Programme,
Croatian Employment Service, 2002.
Documento presentato dal Vice Ministro Adolfo Urso alla Fiera del
Levante, Bari, 14 settembre 2002, L’Italia e i Balcani, Prospettive e risorse della Legge 84, Ministero delle Attività Produttive Dipartimento per
l’Internazionalizzazione, 2002.
Euroinfocentre, Guida Paese Croazia, Euroinfocentre-Confcommercio network, Marzo 2005.
European Training Foundation, Vocational Education and Training in
Croatia, ETF 2001.
Govern of Croatia, The Program of the Government of the Republic of
Croatia for the 2003-2007 Mandate, 23 Dicembre 2003.
. 116
. 117
ICE Zagabria, Gli investimenti esteri in Croazia, ICE Zagabria, Dicembre 2004.
ICE Zagabria, Rapporti Paese Congiunti Ambasciate/Uffici ICE Estero, ICE
Zagabria, Dicembre 2004.
Joz̆e Pirjevec, Serbi, Croati, Sloveni. Storia di tre nazioni, Il Mulino,
Bologna, 2005.
Luca Cerioni, Affari e commercio con la Croazia, Inserto di “Commercio
Internazionale”, n.11\2003, IPSOA.
Marco Petrak, Il diritto romano nella Croazia contemporanea, Tradizione
Romana N. 2, Marzo 2003, Università di Zagabria, 2003.
Mondimpresa, Croazia scheda paese, Mondimpresa, 2005.
Nikolai Genov, Labour markets and unemployment in south-eastern europe,
Ed. Berlino 2000.
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Intesa Operativa, Al protocollo di
collaborazione tra la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia (Italia) e la
Regione Istria (Croazia) sulla disciplina del lavoro frontaliero, Trieste, 4
Dicembre 2003.
Republic of Croatia – Central Bureau of Statistics, Migration of population
of the Republic of Croatia 2004, Central Bureau of Statistics, Zagreb 2004.
Republic of Croatia – Central Bureau of Statistics, Statistical Information
2004, Central Bureau of Statistics, Zagreb 2004.
Republic of Croatia, National Employment Action Plan 2004, Republic of
Croatia, Maggio 2004.
Segretariato Europa CGIL, I diritti dei lavoratori frontalieri nella nuova
Europa, Convegno Internazionale, Rimini 14 Febbraio 2004.
Vedran S̆os̆ic´, Regulation and Flexibility of the Croatian Labour Market,
Global Development Network Southeast Europe, Giugno 2004.
. 118
Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati
www.unhcr.ch
Ambasciata d’Italia
http://www.ambitalia.hr/
Ansa Balcani
www.ansa.it/balcani/croazia/croazia.html
Archivio delle comunità straniere
www.archiviocomunita.org/scheda_croazia.htm
Banca Europea degli Investimenti
www.eib.org
Banca Mondiale
www.worldbank.org
CIA – The world factbook
www.cia.gov/cia/publications/factbook/geos/hr.htm
Consiglio d’Europa
www.coe.int
Enciclopedia Generale De Agostini
www.sapere.it
Equilibri
www.equilibri.net
European Training Foundation
www.etf.eu.int
Fondo Monetario Internazionale
www.imf.org
Governo croato
www.vlada.hr
Istituto di Studi Economici per l'Occupazione (ISEO)
www.istiseo.org
Istituto Italiano di Cultura
www.italcult.hr
Law Library Resource Xchange
www.llrx.com
Ministero degli Affari Esteri croato
www.mvp.hr
Ministero del Lavoro croato
www.mrss.hr
Ministero dell’Economia croato
www.mingo.hr
. 119
Ministero delle Finanze croato
www.mfin.hr
Ministero per l’integrazione europea croato
www.mei.hr
Mondimpresa
www.mondimpresa.it
Osservatorio sui Balcani
www.osservatoriobalcani.org
Parlamento croato
www.sabor.hr
Servizio per l’Impiego croato
www.hzz.hr
Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale (SIOI)
www.sioi.org
Sistema legale croato
www.llrx.com/features/croatia.htm
The Economist Newspaper
www.economist.com
The Organization for Security and Cooperation in Europe
www.osce.org
Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa (OCSE)
www.osce.org
Ufficio Centrale di Statistica Croato
www.dzs.hr
Unione europea
www.europa.eu.int
Università di Spalato
www.unist.hr
. 120