Analisi degli effetti sulla salute delle emissioni

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Analisi degli effetti sulla salute delle emissioni
Atti del X Convegno Nazionale della Società Italiana di Ecologia (S.It.E.), 11-14 Settembre 2001, Sabaudia, Roma. In Press
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MARIO GROSSO1, GIANLUCA CRAPANZANO 2 , PAOLO GRECO3, GIULIO A. DE LEO3,4
DIIAR – Sez. Ambientale, Politecnico di Milano, p.zza Leonardo da Vinci 32, Milano. [email protected]
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Etaconsult Srl, via Cicognara 2, Milano. [email protected]
3
Dipartimento di Scienze Ambientali, Università di Parma, Parco area delle Scienze. [email protected]
4
Servizio Promozione e Sviluppo, ARPA Lombardia, Via Restelli 1, 20124 Milano.
ANALISI DEGLI EFFETTI SULLA SALUTE DELLE EMISSIONI ATMOSFERICHE DI
UN IMPIANTO DI TERMOUTILIZZAZIONE DI RSU: DUE METODOLOGIE A CONFRONTO
RIASSUNTO
Il presente lavoro mette a confronto due differenti metodologie di stima dei danni prodotti da un impianto di
termoutilizzazione di Rifiuti Solidi Urbani (RSU), ovvero la valutazione dei costi esterni e l’analisi del rischio per la
salute della popolazione esposta. L’obiettivo è quello di analizzarne l’efficacia, la significatività, la complessità e il
costo di applicazione nell’ambito degli Studi di Impatto Ambientale, e di mettere in luce i punti in comune e le
differenze, per quanto riguarda in particolare la definizione della base informativa necessaria, l’incertezza associata ai
vari elementi del percorso degli impatti, la facilità di comunicazione dei risultati. Per non rimanere ad un livello di
discussione generico, le prestazioni delle due metodologie sono state analizzate con riferimento ad un caso di studio
specifico, quello relativo al termoutilizzatore di Trezzo sull'Adda (MI). Questo impianto, attualmente in fase di
realizzazione, è attrezzato secondo le indicazioni della Miglior Tecnologia Disponibile (MTD) per il controllo delle
emissioni gassose. Da entrambe le valutazioni risulta l’assenza di elementi di particolare criticità per quanto riguarda le
emissioni dell’impianto, in quanto sia i danni monetari che il rischio calcolato risultano compresi all’interno di valori
ritenuti ampiamente accettabili. Il confronto tra le due tecniche mostra una forte complementarietà, che suggerisce
l’opportunità dell’applicazione di entrambe per lo studio di compatibilità ambientale di impianti industriali di questo
tipo. Tuttavia, dato il limitato spettro dei settori di impatto considerati, si ritiene che questo tipo di valutazioni debbano
essere affiancate da altri indicatori in grado di mettere in luce impatti altrimenti trascurati, orientando quindi il processo
decisionale verso un approccio di “Analisi a Molti Attributi” capace di garantire un’ampia partecipazione del pubblico e
una trasparente gestione del conflitto, come nei migliori e più avanzati studi di Valutazione di Impatto Ambientale.
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INTRODUZIONE
La localizzazione di un nuovo impianto di termoutilizzazione di rifiuti solidi urbani (RSU) risulta spesso critica, per via
delle problematiche che tale tipo di installazioni possono comportare per l'ambiente e la popolazione locale. La
termoutilizzazione dei rifiuti è infatti un processo che può generare uno spettro piuttosto ampio di impatti, fra i quali i
più importanti sono le emissioni in atmosfera di macro- e microinquinanti (tra questi ultimi, in particolare, metalli
pesanti e sostanze organiche clorurate quali le diossine), la produzione di odori, la produzione di scorie incombuste e
ceneri (queste ultime classificate come rifiuti pericolosi), lo scarico di acque provenienti dal lavaggio dei fumi,
l’aumento dei flussi di traffico nel sistema viario circostante e, infine, l’impatto visivo o paesaggistico.
In particolare, a destare le maggiori preoccupazioni nelle comunità locali sono generalmente gli effetti sulla salute legati
alle emissioni di inquinanti in atmosfera, sia per quanto riguarda i macroinquinanti, che vanno ad aggiungersi a valori di
fondo già elevati nelle aree ad intensa urbanizzazione o a carattere fortemente industriale, sia per quanto riguarda i
microinquinanti, che possono avere effetti significativi già a basse concentrazioni.
La normativa vigente, per tenere sotto controllo il fenomeno, adotta due strategie complementari: il controllo delle
emissioni (fissando dei limiti alle concentrazioni di inquinanti nei fumi emessi al camino) e il controllo delle immissioni
(fissando valori limite, valori guida, soglie di attenzione e di allarme relative alla concentrazione di inquinanti nell'aria
ambiente). La valutazione della compatibilità ambientale di un impianto che produce emissioni atmosferiche viene di
norma condotta mediante l’utilizzo di un modello di diffusione che, partendo dai dati relativi all’emissione al camino e
da quelli meteorologici, consente di quantificare il contributo atteso dall’impianto in termini di concentrazioni in aria;
sommando tale contributo alle concentrazioni di fondo (valutate mediante l’analisi statistica delle serie storiche dei dati
forniti da centraline esistenti) si ottengono le concentrazioni previste, che vengono confrontate con i valori limite o,
meglio, con i valori guida di qualità dell'aria. Tale approccio presuppone che i valori guida di qualità dell'aria siano stati
definiti in base a un criterio di tutela della salute della popolazione, e che quindi il rispetto di tali valori sia sufficiente a
garantire l’accettabilità del danno conseguente.
Ai fini di valutare con maggior dettaglio gli effetti delle emissioni è tuttavia opportuno spingere l’analisi ad un grado di
approfondimento più elevato che non si fermi al semplice calcolo delle deposizioni al suolo, ma che tenga in
considerazione anche le ricadute indirette sia per quanto riguarda i macroinquinanti gassosi (ossidi di azoto, zolfo,
carbonio, ecc.) sia, soprattutto, gli effetti dei microinquinanti, per i quali non esistono ancora limiti o valori guida
relativi alla concentrazione nell’aria ambiente. A fianco dei sistemi di indicatori cosiddetti “di comparto”, fortemente
disaggregati, si sono sviluppati negli ultimi anni un certo numero di indicatori sintetici fortemente aggregati, in grado di
informare rapidamente i vari portatori di interesse sulla sostenibilità o meno di una certa opera. Tra questi indicatori
fortemente aggregati - fra i quali si citano a titolo di esempio l’Emergia di Odum (1983, 1988) e l’Impronta Ecologica
di Wackernagle e Rees (1996) - stanno acquistando una crescente popolarità negli studi di impatto ambientale la
Valutazione Monetaria delle Esternalità Ambientali e l’Analisi del Rischio. Tali metodologie non si limitano al calcolo
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delle ricadute al suolo degli inquinanti o alla stima delle concentrazioni complessive che ne risultano, ma analizzano
tutti i possibili percorsi d'impatto, andando a valutare direttamente gli effetti dell'inquinamento sul recettore finale, in
questo caso la popolazione e i manufatti. I metodi di valutazione economica delle esternalità ambientali traducono gli
impatti in unità monetarie, mentre l’analisi del rischio, analizzando la catena degli impatti diretti ed indiretti, fornisce
una valutazione dei tassi di mortalità incrementali legati alla realizzazione di una certa opera.
Lo scopo di questo lavoro è di mettere a confronto le due metodologie per evidenziarne in termini comparativi l’ambito
di applicabilità, la complessità delle metodologie di calcolo, l’efficacia, la significatività e robustezza e, naturalmente, i
limiti. Per evitare di rimanere ad un livello di discussione troppo generico, le prestazioni e la significatività delle due
metodologie sono state analizzate con riferimento ad un caso di studio specifico, quello relativo al termoutilizzatore di
Trezzo sull'Adda (MI); questo impianto, attualmente in costruzione, rappresenta infatti un ottimo banco di prova perché
dotato della Miglior Tecnologia Disponibile (MTD) per la combustione dei rifiuti e per il trattamento degli effluenti
gassosi (Cernuschi et al., 2000), ed è situato tuttavia in un’area densamente urbanizzata e soggetta ad un forte carico
ambientale preesistente. La presente analisi si inquadra nell'ambito dell'incarico che il Comune di Trezzo sull'Adda ha
affidato all'Università di Parma e alla Etaconsult S.r.l. per la revisione dello studio di compatibilità ambientale e per
l'esecuzione di alcuni approfondimenti di tipo scientifico.
Il lavoro è strutturato nel modo seguente: dopo una breve descrizione dell’impianto e dell’area di studio, vengono
descritte le caratteristiche principali della metodologia di calcolo dei danni monetari, la base informativa richiesta e
vengono mostrati i risultati relativi al caso specifico di Trezzo. Nella sezione successiva viene poi analizzata la
metodologia dell’analisi del rischio e vengono quindi illustrati i risultati relativi all’applicazione al caso di studio.
Nell’ultima sezione vengono messe a confronto le due metodologie, sia da un punto di vista strettamente tecnico, che
dal punto di vista della significatività e facilità di comunicazione dei risultati.
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DESCRIZIONE DELL’IMPIANTO
L’impianto di termoutilizzazione oggetto di studio è situato nel comune di Trezzo sull'Adda, in prossimità del confine
orientale della Provincia di Milano; l'area è caratterizzata dalla presenza del fiume Adda, dell'autostrada MilanoVenezia e di numerosi centri abitati. L’impianto è strutturato su due linee, della potenzialità complessiva di
500 t/giorno, dotate di tecnologia di combustione a griglia mobile raffreddata ad acqua. La linea di trattamento degli
effluenti gassosi, sostanzialmente allineata con le indicazioni della Miglior Tecnologia Disponibile (MTD) del settore,
comprende, a valle della caldaia di recupero, una torre evaporativa, un sistema a secco con introduzione di calce e
carbone attivo, un filtro a maniche e una colonna di lavaggio a doppio stadio. Gli ossidi d’azoto vengono invece
abbattuti mediante un sistema SNCR (Selective Non Catalytic Reduction), che prevede l’introduzione di urea in camera
di combustione. I fumi vengono emessi in atmosfera per mezzo di un camino alto 100 m. I valori emissivi attesi sono,
per tutti gli inquinanti, ampiamente al di sotto dei limiti di legge (DM 503/97), mentre la produzione di residui tossici di
processo è limitata alle sole polveri del filtro a maniche in quanto gli spurghi della colonna di lavaggio vengono
evaporati nella torre di condizionamento dei fumi prima del trattamento di neutralizzazione a secco.
L’impianto è dotato di una caldaia per il recupero del calore contenuto nei fumi di combustione; il vapore prodotto
alimenta un ciclo termico che fornisce una potenza elettrica netta pari a 18 MW.
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3.1
LA METODOLOGIA DI CALCOLO DEI DANNI MONETARI
Aspetti metodologici
Per il calcolo dei costi esterni è stata utilizzata la metodologia sviluppata nell’ambito del progetto ExternE (European
Commission, 1999). Questo progetto, avviato nel 1991 come frutto di una collaborazione tra la Commissione Europea e
il Department of Energy degli Stati Uniti, con l’intento di proporre il primo approccio sistematico per la valutazione
monetaria dei costi esterni di una vasta gamma di cicli di produzione di energia elettrica, è proseguito nel 1996 a livello
europeo (ExternE National Implementation) con l’applicazione sistematica della metodologia a un ampio numero di
casi di studio, relativi a diverse modalità di produzione e a diverse località dell’Unione Europea.
Il percorso degli impatti nel calcolo delle esternalità
L’approccio al calcolo delle esternalità si basa sullo studio del percorso degli impatti (“Impact Pathway”): l’analisi
procede in maniera sequenziale dalla quantificazione dei fattori d’impatto (emissioni in atmosfera, scarichi idrici,
produzione di rifiuti, ecc.) alla stima delle modificazioni ambientali, alla valutazione degli impatti fisici, per giungere
infine alla loro quantificazione in termini monetari.
Nell'ambito del progetto ExternE è stato sviluppato il programma Ecosense, un software integrato per la valutazione
delle esternalità ambientali legate alle emissioni atmosferiche, che contiene al suo interno tutti gli strumenti necessari
per la monetizzazione dei danni causati da un impianto su diverse categorie di recettori. Ciò non toglie che la stessa
metodologia possa essere applicata utilizzando altri strumenti, più o meno integrati, adattandoli alla situazione da
esaminare.
Gli inquinanti primari considerati dal programma per il calcolo dei danni sono: biossido di zolfo, ossidi di azoto,
monossido di carbonio, polveri. I microinquinanti, invece, non vengono considerati.
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I modelli di diffusione
Le concentrazioni al suolo vengono valutate mediante due modelli di dispersione, con diverso dettaglio spaziale: il
primo, per le valutazioni a livello locale (in un'area di 100x100 km2 centrata sull'impianto), è ISC3, un modello di tipo
gaussiano ampiamente diffuso, utilizzato nella versione climatologica, cioè in termini di concentrazioni medie annue; il
secondo, per le valutazioni sulla scala europea, è WTM (Windrose Trajectory Model), un modello a traiettorie che
calcola l'evoluzione delle concentrazioni di inquinanti in un box che viene trasportato in base alla velocità e direzione
del vento; all'interno del box, lungo il tragitto, vengono introdotti i contributi emissivi (relativi all’impianto in questione
o preesistenti), la reattività degli inquinanti (trasformazioni chimiche di tipo lineare) e il deposito al suolo; tutte le
informazioni necessarie al funzionamento di questo modello (dati meteorologici, emissioni preesistenti, concentrazioni
di fondo, ecc.) sono già contenute in Ecosense. In definitiva vengono considerati, oltre agli inquinanti primari emessi,
anche inquinanti secondari quali solfati e nitrati, nonché le deposizioni acide secche e umide e le deposizione di azoto.
La determinazione degli impatti
Per il calcolo degli impatti fisici sui vari recettori vengono utilizzate opportune funzioni esposizione-risposta, ciascuna
relativa ad uno specifico impatto e ad un inquinante. Queste funzioni sono il risultato di elaborazioni statistiche che
consentono di evidenziare delle correlazioni significative tra i valori di concentrazioni di inquinanti in aria e gli impatti
conseguenti.
L’impatto marginale dovuto alla presenza dell’impianto in esame viene calcolato per differenza tra quello ottenuto
applicando le funzioni alle concentrazioni fornite dai modelli e quello ottenuto applicandole alle concentrazioni di
fondo, in assenza dell’impianto.
I recettori considerati sono la popolazione, alcune coltivazioni e alcuni materiali da costruzione.
Per quanto riguarda la popolazione, gli impatti considerati sono la mortalità cronica e acuta (espresse in anni di vita
persa, per tenere conto del fatto che gli effetti dell’inquinamento si riscontrano tendenzialmente in soggetti predisposti o
in anziani, per cui trattare il problema in termini di numero assoluto di decessi avrebbe portato probabilmente ad una
sovrastima del danno) e la morbilità, che comprende numerose tipologie d’impatto (ricoveri ospedalieri, attacchi di
asma, casi di bronchite cronica, giorni di inattività, ecc.). Gli impatti sulle coltivazioni vengono quantificati in termini di
diminuzione dei raccolti o di utilizzo aggiuntivo (o in alcuni casi ridotto) di prodotti fertilizzanti. L’impatto sui materiali
è quantificato in termini di superficie danneggiata.
Dai diversi impatti fisici vengono calcolati i danni economici utilizzando opportuni valori monetari, stimati utilizzando
diverse tecniche (valori di mercato per le coltivazioni, costi di ripristino per i materiali, spese sanitarie per alcuni impatti
sulla popolazione, valutazione contingente per gli impatti sulla popolazione - come la mortalità - per cui non è possibile
desumere altrimenti un valore monetario).
3.2
Il calcolo delle esternalità per l’inceneritore di Trezzo
I dati di input
I dati richiesti per l’applicazione della metodologia sono le caratteristiche emissive dell’impianto e, limitatamente alla
valutazione su scala locale, i parametri meteorologici.
Per quanto riguarda le caratteristiche dell’emissione, sono state utilizzate le informazioni contenute nello studio di
compatibilità ambientale dell’impianto, presentato ai fini autorizzativi nel 1996, aggiornate ove necessario in base ai
successivi sviluppi. In particolare sono stati forniti al modello la portata dei fumi al camino, le concentrazioni di tutti gli
inquinanti considerati, la temperatura allo sbocco, l’altezza, il diametro e le coordinate geografiche del camino, le
potenze elettriche lorda e netta, le ore annue di funzionamento. Per quanto riguarda i dati meteorologici, sono stati
utilizzati per il funzionamento del modello gaussiano quelli relativi alla vicina stazione di Cassano d’Adda (quota di 60
m s.p.c.).
Il software Ecosense non richiede nessun altro dato di input, poiché contiene al suo interno tutte le informazioni
necessarie per effettuare le valutazioni. Se invece si volessero utilizzare modelli di diffusione e valutazione differenti da
quelli già inclusi in Ecosense, o se fosse necessario ottenere i risultati su una scala spaziale diversa da quella proposta
da Ecosense, oltre ai parametri meteorologici, emissioni di fondo, condizioni al contorno, concentrazioni di fondo, ecc.,
necessari per il funzionamento di un eventuale modello di dispersione differente, sarebbe necessario reperire, per
l’applicazione delle funzioni esposizione-risposta, le seguenti informazioni, con un dettaglio spaziale adeguato ai
risultati desiderati:
- popolazione totale, percentuale con età maggiore di 18 anni, percentuale con età maggiore di 65 anni, percentuale
sofferente di asma di età maggiore e minore di 18 anni;
- superficie totale coltivata (in ettari); produzione delle singole coltivazioni considerate (in tonnellate annue);
- concentrazioni di fondo di SO2;
- superficie rivestita nei diversi materiali considerati.
Risultati
Nella Tab. 1 si riportano i risultati ottenuti, suddivisi per scala geografica e per categoria di impatti e recettori. Il danno
economico prodotto dalle emissioni dell’impianto su scala locale ammonta a circa 384.000 Euro/anno, di cui oltre il
99% è relativo al recettore popolazione, mentre il danno su coltivazioni e materiali risulta trascurabile. Su scala europea
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il danno complessivo ammonta a circa 1.800.000 Euro/anno, anche in questo caso relativo quasi esclusivamente alla
popolazione. A livello nazionale, intermedio tra i due precedenti, il danno è valutato in circa 876.000 Euro/anno, il che
significa che circa la metà del danno complessivo generato dall’impianto riguarda il territorio italiano, ovvero il 2,6%
della superficie e il 12% circa della popolazione su scala europea. L’aver riscontrato comunque, a livello europeo al di
fuori del territorio nazionale, un danno non nullo (circa 2 Euro/anno pro capite al di fuori dell'Italia, verosimilmente
concentrati nelle zone più prossime all’Italia, contro i 13 a livello nazionale e i 76 su scala locale) è dovuto al fatto che
alla diminuzione rilevante del contributo dell’impianto corrisponde un aumento significativo della superficie interessata
dalle ricadute e quindi della popolazione esposta.
Se si analizza il danno sulla popolazione, si vede come a livello locale circa l’80% del danno è rappresentato dalla
mortalità (68% da mortalità cronica e 12% da mortalità acuta); a livello europeo la percentuale dovuta alla mortalità
scende al 77%, quasi interamente da mortalità cronica. Il contributo della morbilità al danno complessivo sulla
popolazione è dunque basso ma non trascurabile.
Per quanto riguarda il contributo dei diversi inquinanti al danno sulla salute (Tab. 2), si trova che a livello locale il 53%
circa del danno è dovuto alle polveri, il 26% all’SO2 (in parte direttamente, in parte tramite la formazione di solfati), il
21% agli NOx (tramite la formazione di nitrati) e una frazione trascurabile al CO. A livello europeo i rapporti cambiano
notevolmente, a causa della maggiore influenza delle trasformazioni chimiche degli inquinanti e del minor contributo
delle polveri, il cui raggio di influenza è inferiore rispetto agli inquinanti gassosi a causa dei fenomeni di deposizione
gravitazionale. Il contributo delle polveri scende infatti al 16%, quello dell’SO2 si mantiene circa costante (24%) mentre
quello degli NOx sale al 59%, a causa della loro consistente trasformazione in nitrati. Infatti, mentre per questi ultimi
sono presenti funzioni esposizione-risposta relative alla mortalità, per gli NOx non ve ne sono.
Oltre ai danni assoluti è possibile calcolare il danno per tonnellata di rifiuto trattato, che, considerando la potenzialità di
smaltimento prevista, pari a 165.000 t/anno, ammonta a circa 2,3 Euro/t a livello locale e a circa 11 Euro/t a livello
regionale.
Tabella 1: Riepilogo dei danni monetari calcolati su scala locale (area di 10.000 km2 centrata sull'impianto), nazionale
(Italia) e regionale (Europa); valori espressi in Euro/anno, salvo dove diversamente indicato.
Mortalità acuta
Mortalità cronica
Morbilità
Totale salute pubblica
Coltivazioni
Materiali
Danno complessivo
Danno pro capite (mEuro/anno*ab.)
Danno specifico per lo smaltimento dei RSU (Euro/t)
Danno specifico per la produzione di energia
(mEuro/kWh)
SO2
NOx
Polveri
CO
Scala locale
45.347
258.435
77.500
381.282
Italia
58.393
613.687
189.097
861.177
Europa
68.545
1.305.200
407.036
1.780.781
- 1.426
3.784
383.640
- 2.786
17.150
875.541
- 4.921
24.775
1.800.636
76
2,3
2,9
13
5,3
6,5
3
10,9
13,4
Tabella 2: Contributo percentuale dei diversi inquinanti al danno totale sulla salute.
Scala locale
Italia
Europa
26 %
24 %
24 %
21 %
46 %
59 %
53 %
30 %
16 %
0%
1%
1%
Per una corretta valutazione del danno economico dell’impianto è tuttavia necessario considerare che l’energia elettrica
prodotta dal termoutilizzatore mediante il recupero del calore contenuto nei fumi di combustione consente la
sostituzione di una certa quantità di energia prodotta da fonti convenzionali. Il danno economico relativo a tale quantità
va dunque sottratto al danno totale calcolato. Nello specifico, considerando una produzione di energia elettrica del
termoutilizzatore pari a 135.000 MWh/anno, il danno prodotto dall'impianto a livello regionale corrisponde a circa 13
mEuro/kWh. Questo valore può essere confrontato con il danno medio derivante dalla produzione di energia elettrica in
Italia. Applicando la metodologia descritta al settore termoelettrico ENEL, basandosi sui dati di emissioni riportati sul
Rapporto Ambientale 2000, si può calcolare il relativo danno specifico medio, pari a circa 31 mEuro/kWh; ipotizzando
cautelativamente per gli altri produttori un danno paragonabile a quello degli impianti a gas naturale ENEL (pari a circa
7 mEuro/kWh), e un danno nullo per tutte le tecnologie rinnovabili, si trova a livello nazionale un danno medio di circa
19,5 mEuro/kWh. Ciò significa che la produzione di energia elettrica mediante l'impianto di termoutilizzazione
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consente di evitare un danno pari a circa 19,5 x 135.000 = 2.630.000 Euro/anno, per cui si ha in realtà, su scala
regionale, addirittura un beneficio netto dovuto al termoutilizzatore di circa 830.000 Euro/anno. Il motivo di questo
risultato per certi versi sorprendente è da ricercare nel fatto che l'emissione di macroinquinanti (NOx, SO2, CO, polveri)
dai moderni impianti di termoutilizzazione risulta molto più bassa di quella delle centrali termoelettriche convenzionali
a causa dei limiti al camino fortemente restrittivi, che vengono inoltre rispettati con ampio margine nelle installazioni
dotate di MTD (Cernuschi et al., 2000).
Come già detto, questo confronto è limitato alle emissioni in atmosfera di macroinquinanti e, per essere completo,
dovrebbe essere esteso anche ad altri fattori d’impatto, come inquinamento acustico, impatto visivo, odori e ed
emissione di gas climalteranti, nonché a tutto il comparto dei microinquinanti, generalmente trascurabili per una
centrale termoelettrica, ma potenzialmente significativi per un inceneritore.
4
4.1
LA METODOLOGIA DELL’ANALISI DEL RISCHIO PER LA SALUTE
Aspetti metodologici
Gli effetti delle emissioni di inquinanti atmosferici sulla salute della popolazione esposta costituiscono un elemento di
evidente interesse nel dibattito sulla compatibilità ambientale di molte attività umane. Negli ultimi anni valutazioni di
questo tipo hanno assunto particolare significato negli studi sull’accettabilità e la localizzazione di sorgenti, quali la
termodistruzione di rifiuti, caratterizzati da emissioni potenzialmente significative di inquinanti atmosferici tossici e
persistenti (IATP) (Levin et al., 1991). In tale contesto numerosi sono stati i tentativi di quantificare in modo il più
possibile rigoroso sul piano scientifico il rischio per la salute dei soggetti esposti, con approcci metodologici anche
molto differenti, in continua discussione ed evoluzione (Paustenbach et al., 1990; USEPA, 1993). Grande attenzione, ad
esempio, ha richiamato recentemente una prima conclusione della lunga ricerca avviata nel 1992 dall’agenzia per
l’ambiente americana (US-EPA) per valutare e riconsiderare, dopo le prime stime degli anni '80, il rischio per la salute
causato dalle diossine, sia negli aspetti tossicologici sia nelle metodologie di stima dell’esposizione (USEPA-SAB,
1995). Le acquisizioni del vivace dibattito scientifico hanno già avuto ripercussioni a livello legislativo, con
l’introduzione delle analisi di rischio in procedimenti normativi per la regolamentazione delle emissioni di inquinanti
tossici e l’accettabilità degli impianti (Clean Air Act, 1990). Tra i casi di applicazione della metodologia di analisi del
rischio alle emissioni da impianti di incenerimento si citano i lavori di Cullen (1995), Hattemer-Frey e Travis (1991),
Thompson et al. (1992).
Il percorso degli impatti nell’analisi del rischio
Dal punto di vista metodologico lo studio dell’impatto sulla salute di IATP (composti inorganici in traccia quali metalli
pesanti, organici, aromatici e poliaromatici, alogenati e non, quali diossine, PCB, clorobenzeni e clorofenoli) non può
prescindere dalla valutazione dei percorsi multipli d’impatto con i quali queste sostanze sviluppano effetti sui soggetti
esposti. Da un punto di vista concettuale, l’analisi dei percorsi multipli di impatto è del tutto simile a quella già vista per
il metodo delle esternalità nella sezione precedente. Tuttavia, questa fase risulta particolarmente critica e articolata nel
caso specifico dell’analisi del rischio, proprio perché questa metodologia si concentra sui microinquinanti. Le proprietà
di persistenza e cumulabilità e le capacità di trasferimento nell’ambiente che li caratterizzano rendono infatti assai
significativi quei percorsi di esposizione indiretta (ingestione di terreno contaminato e contatto dermico con esso,
assunzione con la dieta) che presentano, viceversa, scarsa rilevanza per i macroinquinanti convenzionali (SO2, NOx,
CO, COV reattivi), di norma trasformati e rimossi dall’atmosfera senza che si attivino nuovi percorsi di impatto diversi
dall’inalazione.
La base informativa e il processo di calcolo
Sulla base di tali premesse, l’approccio metodologico per l’analisi quantitativa dei rischi per la salute è articolato su un
insieme di valutazioni in serie, riconducibili allo schema di Fig. 1, che comprende essenzialmente:
• identificazione degli IATP emessi dalla sorgente;
• definizione del regime di emissione e delle principali caratteristiche in grado di influenzare il trasporto e la
diffusione atmosferica (ripartizione gas/polveri, distribuzioni granulometriche per inquinanti veicolati dal
particolato emesso);
• valutazione della diffusione atmosferica e del deposito al suolo degli inquinanti;
• valutazione, a partire dalla presenza nel suolo, del trasporto e della diffusione nei comparti ambientali di potenziale
interesse per l’interazione con il soggetto esposto (acqua, catena alimentare, terreno);
• identificazione dei percorsi di esposizione dei soggetti esposti e quantificazione dell’esposizione stessa e della dose
di inquinante assunta;
• stima del rischio per la salute tramite modelli tossicologici dose-risposta che, sulla base delle caratteristiche del
singolo IATP, correlano la dose complessivamente assunta con gli effetti sanitari attesi.
Rispetto al calcolo delle esternalità, che può avvalersi di un pacchetto integrato come Ecosense, contenente un’ampia
base di dati a livello Europeo, la definizione della base informativa nell’analisi del rischio risulta molto più complessa
ed onerosa. Non esistono infatti pacchetti software commerciali che consentano di effettuare un’analisi, a livello di
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screening, che quantifichi il ruolo di tutti i percorsi indiretti di esposizione senza la necessità di un’indagine territoriale
specifica. E’ stato dunque necessario ripercorrere tutti i passaggi della catena degli impatti, effettuando una puntuale
raccolta dei dati territoriali dell’area.
SORGENTE
Identificazione di inquinanti
atmosferici tossici e
persistenti (IATP)
Definizione del regime delle emissioni
Caratteristiche meteo-climatologiche
e orografiche dell'area
Diffusione degli inquinanti
in aria e deposizione al suolo
Caratteristiche del suolo
e dell'ecosistema
Trasporto e diffusione nei
comparti ambientali acqua,
suolo e nella catena alimentare
Definizione delle abitudini
di vita dei soggetti esposti
Stima dell'esposizione umana
attraverso percorsi multipli di impatto
Caratteristiche
tossicologiche degli IATP
Stima del rischio per la salute
Fig. 1: Schema generale della metodologia di stima del rischio
La valutazione degli impatti nell’analisi del rischio
I risultati della valutazione sono differenti a seconda che si considerino microinquinanti cancerogeni o non cancerogeni.
Nel primo caso sono espressi in termini di rischio individuale, ovvero la probabilità per ciascuna persona esposta per
tutta la durata dell’emissione di contrarre la malattia; il rischio individuale, moltiplicato per il numero di soggetti
esposti, fornisce poi il numero di casi di cancro attesi, che va confrontato con la situazione di mortalità “di fondo”
dell’area. Diverso è il discorso per quanto concerne gli inquinanti non cancerogeni, per i quali si assume l’esistenza di
una soglia di esposizione (Reference Dose) al di sotto della quale non si registrano effetti nocivi; la valutazione
consente allora di esprimere il rischio come rapporto tra l’esposizione effettiva e la Reference Dose.
Nel caso specifico dell’incenerimento di rifiuti, è prassi comune considerare il cadmio e le diossine (espresse in termini
di tossicità equivalente, I-TEQ, e indicate nel seguito anche come PCDD/F) tra gli inquinanti cancerogeni, il piombo e il
mercurio tra i non cancerogeni.
4.2
Il calcolo del rischio per l’inceneritore di Trezzo
I dati di input
La base di dati necessaria per implementare un’analisi del rischio dall’emissione di IATP deve essere necessariamente
molto estesa, e tanto più ampia quanto maggiore è la precisione che si vuole ottenere. E’ innanzitutto necessario definire
l’area di studio, centrata intorno all’impianto, e la dimensione delle maglie unitarie di indagine. La sorgente emissiva
deve essere caratterizzata in termini di flussi di inquinanti al camino e di parametri geometrici dello stesso, e deve
essere nota la situazione meteorologica del sito in termini di frequenze congiunte stabilità atmosferica – direzione e
velocità del vento. I dati territoriali relativi all’area di studio comprendono, per ciascuna maglia, almeno le seguenti
informazioni:
• tipologia di uso del suolo (urbanizzato, agricolo, boschivo ecc.);
• numero di abitanti;
• presenza di capi di bestiame destinati alla produzione di latte e/o di carne e, possibilmente, loro numero.
Oltre ai dati puntuali (relativi cioè a ciascuna maglia), è fondamentale acquisire una serie di altre informazioni relative
alle caratteristiche e alle abitudini della popolazione dell’area, ad esempio la ripartizione per classi di età, la presenza di
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Atti del X Convegno Nazionale della Società Italiana di Ecologia (S.It.E.), 11-14 Settembre 2001, Sabaudia, Roma. In Press
attività di coltivazione anche nelle aree urbanizzate (es. orti), la percentuale di consumo di prodotti agricoli e di carni
locali ecc.
Infine sono necessari una serie di altri parametri relativi alle caratteristiche dei singoli inquinanti considerati, quali i
fattori di bioconcentrazione e di biotrasferimento, le proprietà tossicologiche ecc. Tali parametri possono essere
considerati, con buona approssimazione, indipendenti dal sito di indagine, pertanto vengono generalmente utilizzati
quelli forniti dalla letteratura specifica (in particolare dall’US-EPA - USEPA-SAB, 1995).
Risultati
L’applicazione della metodologia di analisi del rischio al caso di studio dell’impianto di termoutilizzazione di Trezzo ha
interessato un’area di 10 km per 10 km, centrata sull’impianto. Tale area è stata discretizzata per mezzo di maglie
quadrate, di lato 250 m, ad ognuna della quali è stato associato un singolo valore di concentrazione in aria degli
inquinanti (calcolato mediante l'utilizzo del modello gaussiano di diffusione ISC3), un singolo valore di deposizione al
suolo, un uso del suolo prevalente ecc. A tale scopo è stata effettuata una dettagliata indagine cartografica/territoriale
presso i comuni ricadenti nell’area di studio. Il calcolo del rischio è stato dunque effettuato per ciascuna maglia,
ottenendo così, oltre ai valori assoluti, le distribuzioni spaziali dello stesso all’interno dell’area.
I valori di rischio individuale per inquinanti cancerogeni ricavati per l’area di studio (Tab. 3) sono dell’ordine di 10-8,
con un contributo sostanzialmente analogo di cadmio e diossine. Diverso appare invece il ruolo dei differenti percorsi di
impatto, che mostrano un contributo dominante dell’esposizione attraverso la catena alimentare per le diossine e
attraverso l’inalazione per il cadmio. Il risultato è che in termini totali (cadmio + diossine) questi due percorsi assumono
un peso analogo e responsabile, in totale, di oltre il 90 % del rischio. Per quanto riguarda il rischio globale (Tab. 4)
valgono considerazioni analoghe relativamente alle ripartizioni tra i due inquinanti e tra i diversi percorsi di impatto,
mentre il numero di casi di cancro attesi nell’area a causa dell’esposizione alle emissioni dell’impianto per 20 anni
risulta pari a 0,0009, ovvero un valore ragionevolmente assimilabile a zero, a fronte dei circa 270 casi all’anno di
mortalità per tumore osservati nella stessa area di indagine (Regione Lombardia, 1999).
Anche per quanto riguarda gli inquinanti non cancerogeni (piombo e mercurio) i valori di rischio stimati per l’area
appaiono estremamente contenuti (Tab. 5). Nel caso del piombo, l’impatto diretto per inalazione rappresenta il
contributo dominante (53 %), seguito dall’ingestione di suolo (44 %); per il mercurio, come già accennato, il percorso
dell’inalazione è stato l’unico considerato nella valutazione, data la natura essenzialmente gassosa dell’emissione che lo
caratterizza
Tabella 3: Rischio individuale per inquinanti cancerogeni stimato per l’area di studio (incremento di probabilità,
rispetto a quella di base già esistente, che nel soggetto, esposto per tutto il corso della vita media alle emissioni
dell’impianto, si sviluppi il fenomeno tumorale). Con PCDD/F (TEQ) si indicano le diossine.
Rischio individuale
Inquinante
Valore medio per l’area
Valore
massimo
Inalazione
Assorbimento
cutaneo
Ingestione di
suolo
Catena
alimentare
Totale
PCDD/F
(TEQ)
2,2E-10
(5,2 %)
5,4E-11
(1,3 %)
4,7E-10
(11,1 %)
3,5E-09
(82,3 %)
4,2E-09
(100 %)
3,7E-08
Cadmio
4,5E-09
(72,4 %)
5,0E-12
(0,1 %)
1,2E-10
(2,0 %)
1,6E-09
(25,5 %)
6,2E-09
(100 %)
8,5E-08
Totale
4,7E-09
(45,2 %)
5,9E-11
(0,6 %)
5,9E-10
(5,7 %)
5,1E-09
(48,6 %)
1,0E-08
(100 %)
1,0E-07
Tabella 4: Rischio globale per inquinanti cancerogeni stimato nell’area di studio (casi di sviluppo della malattia attesi
relativamente ad una popolazione esposta di 82.100 abitanti)
Rischio globale
Inquinante
Inalazione
Assorbimento
cutaneo
Ingestione di suolo Catena alimentare
PCDD/F
(TEQ)
1,9E-05
(5,3 %)
5,0E-06
(1,4 %)
4,3E-05
(12 %)
2,9E-04
(81,2 %)
3,6E-04
Cadmio
3,9E-04
(72,2 %)
4,6E-07
(0,1 %)
1,1E-05
(2,1 %)
1,4E-04
(25,6 %)
5,4E-04
Totale
4,1E-04
(45,5 %)
5,4E-06
(0,6 %)
5,4E-05
(6,1 %)
4,3E-04
(47,8 %)
9,0E-04
 De Leo, et al., Effetti sulla salute di Impianti di Termovalorizzazione, 2002
Totale
Atti del X Convegno Nazionale della Società Italiana di Ecologia (S.It.E.), 11-14 Settembre 2001, Sabaudia, Roma. In Press
Tabella 5: Rischio per inquinanti non cancerogeni (rapporto tra l’esposizione effettiva e la Reference Dose, definita
come il valore di esposizione al di sotto del quale non esiste rischio)
Inquinante
Piombo
Mercurio
Inalazione
1,7E-05
(53%)
1,5E-06
Valore medio per l’area
Assorbimento
Ingestione di
cutaneo
suolo
5,9E-07
1,4E-05
(3%)
(44%)
-
Totale
Valore
massimo
3,2E-05
8,7E-04
1,5E-06
4,6E-06
5
DISCUSSIONE
Calcolo dei danni monetari
La metodologia di calcolo dei danni monetari risulta relativamente semplice da applicare, almeno se si fa uso del
programma Ecosense per effettuare le valutazioni; in tal modo, a parte il file di dati meteorologici per il calcolo della
dispersione degli inquinanti a livello locale, non è necessario fornire al programma altri dati, se non quelli relativi alle
caratteristiche del camino e dell'emissione.
Anche il tempo necessario per la preparazione delle simulazioni e per l'elaborazione dei risultati risulta abbastanza
ridotto. Questa semplicità nell'applicazione, per contro, fa sì che i passaggi intermedi del processo siano difficilmente
controllabili dall'utente.
Il risultato finale viene fornito in termini monetari, quindi in una grandezza immediatamente e facilmente interpretabile
da chiunque, anche se la percezione del valore economico può variare notevolmente in funzione del destinatario del
messaggio. D'altra parte, la notevole incertezza intrinseca delle valutazioni finali, dovuta ai contributi dell'incertezza
legata ai singoli passaggi della valutazione, ma soprattutto a quello finale della monetizzazione degli impatti, rende
problematico l'utilizzo dei valori assoluti del danno e il loro confronto con altre grandezze economiche, sia
macroeconomiche, come il PIL, sia microeconomiche, come costi industriali, tasse ambientali, costi di abbattimento
degli inquinanti, ecc.
Viceversa risulta più praticabile la strada del confronto tra i valori di danno, calcolati con la stessa metodologia, relativi
a diversi possibili scenari (tecnologici o di localizzazione degli impianti), per stabilire degli ordinamenti tra diverse
opzioni; in tal caso, il fatto di ottenere un indicatore sintetico come il valore economico può risultare utile per avere
un'idea immediata della posizione relativa di un'opzione rispetto a un'altra.
Un altro vantaggio della valutazione economica è la possibilità di analizzare il danno dal punto di vista della
distribuzione geografica, del peso dei diversi inquinanti emessi, della rilevanza dei contributi sui diversi recettori. Per
questo tipo di valutazioni, infatti, il peso dell'incertezza risulta minore, in quanto presente allo stesso modo in tutti i
risultati messi a confronto.
E’ vero d’altro canto che i metodi di valutazione economica non sono affatto esenti da critiche (si veda ad esempio
Gatto e De Leo, 2000). Questi metodi tendono infatti a concentrare l’attenzione solo sugli elementi facilmente
monetizzabili, quelli che hanno già un prezzo di mercato, ed a trascurare quasi tutto il resto, assegnando implicitamente
un valore monetario pari a zero ad importanti servizi ecologici che offre la biodiversità. La metodologia non tiene conto
di fenomeni di irreversibilità che caratterizzano molti sistemi naturali, e neppure del fatto che molti servizi ecologici che
rendono il nostro pianeta abitabile non possono essere sostituiti con equivalenti alternative tecnologiche. I risultati,
anche da un punto di vista tecnico, dipendono da molte assunzioni spesso non palesi, come la definizione del tasso di
sconto, o l’individuazione dei portatori di interesse; l’efficacia delle interviste e dei questionari, gli strumenti usati dai
metodi di valutazione contingente su cui è basato Externe, è fortemente sensibile alle modalità con cui sono svolte le
interviste e formulati i questionari; le risposte sono fortemente soggettive e parte di questa soggettività non è comunque
eliminabile.
Con questo non si vuole negare l’efficacia dei metodi di valutazione economica sul fronte della comunicazione e la loro
validità anche da un punto di vista tecnico, purché se ne conoscano i limiti e si sia sempre coscienti delle assunzioni.
Altrimenti, un uso indiscriminato e superficiale di questa metodologia può portare anche ad una forte manipolazione
dell’informazione e della comunicazione ed alla falsa sicurezza che tutti gli impatti sono stati monetizzati, quando
invece solo una parte degli stessi trovano effettivamente una valutazione rigorosa e quindi accettabile da un punto di
vista scientifico.
Analisi del rischio
La metodologia di stima del rischio per la salute si presta ad una forte personalizzazione in funzione delle caratteristiche
specifiche del sito di indagine. Tale aspetto, se da un lato consente di ottenere risultati ben “tarati” sull’area di studio,
dall’altro implica l’effettuazione di una dettagliata e onerosa analisi territoriale. Anche il meccanismo di calcolo è
difficilmente standardizzabile, in quanto, oltre ad una struttura di base adattabile a tutti i casi, richiede una
personalizzazione di alcuni passi in funzione del singolo caso a cui viene applicato.
 De Leo, et al., Effetti sulla salute di Impianti di Termovalorizzazione, 2002
Atti del X Convegno Nazionale della Società Italiana di Ecologia (S.It.E.), 11-14 Settembre 2001, Sabaudia, Roma. In Press
I risultati forniti, relativi alla sola area di indagine, consentono di ottenere un livello di dettaglio molto accurato, in
quanto è possibile conoscere, per ciascuna maglia, il contributo dei diversi inquinanti e dei diversi percorsi di
esposizione. I risultati finali della valutazione sono espressi in termini sia probabilistici (probabilità di contrarre la
malattia) che assoluti (numero di casi di cancro attesi), sia come valori globali medi sull’area che come distribuzione
spaziale all’interno dell’area stessa. Tali valori (e soprattutto la mortalità aggiuntiva attesa) sono facilmente percepibili
in maniera oggettiva dall’opinione pubblica, anche se la loro diffusione va effettuata con tutte le dovute cautele ai fini di
evitare il diffondersi di allarmismi ingiustificati. A tale scopo si utilizza generalmente la tecnica di un confronto con la
mortalità di fondo dell’area e con i livelli di rischio associati ad attività abituali (e quindi accettate), quali il fumo di
sigaretta, gli spostamenti in auto, treno o aereo ecc.
Naturalmente anche questa metodologia è soggetta ad un forte livello di incertezza a causa delle ipotesi semplificative,
dei numerosi passaggi concatenati che conducono al risultato finale (che amplificano eventuali errori nelle stime),
dell’incertezza comunque associata alle funzioni di bioaccumulo, biotrasferimento, dose-risposta ecc.
Le due metodologie a confronto
La Tab. 6 riporta un confronto qualitativo tra le due metodologie. Va detto innanzitutto che i due approcci sono da
ritenersi fortemente complementari, dal momento che l’analisi delle esternalità riguarda essenzialmente i
macroinquinanti, mentre l’analisi del rischio i microinquinanti. Pertanto, sarebbe auspicabile che in uno Studio di
Impatto Ambientale entrambi gli aspetti fossero esplicitamente considerati. Un altro elemento in comune è l'aspetto
metodologico, ovvero l’analisi condotta seguendo il percorso degli impatti degli inquinanti, dalla sorgente di emissione,
alla diffusione nell’ambiente, la ricaduta al suolo e gli impatti diretti e indiretti. In questo senso entrambi gli approcci
sono caratterizzati da problemi simili, dal momento che ogni elemento della catena degli impatti è affetto da un certo
livello di incertezza che può dipendere sia dagli strumenti di calcolo utilizzati (ad esempio i modelli di diffusione) sia
dall’intrinseca complessità del fenomeno che rende difficile tradurre le deposizione al suolo in impatti fisici, diretti o
indiretti (ovvero attraverso percorsi multipli di impatto).
Tabella 6: Confronto tra le due metodologie di analisi
Calcolo esternalità (Ecosense)
Analisi del rischio
Solo macroinquinanti
Solo microinquinanti
Inalazione degli inquinanti presenti in
Inalazione, assorbimento cutaneo,
aria
ingestione di suolo, catena alimentare
Formato del risultato finale
Valore economico del danno,
Probabilità di contrarre una malattia a
eventualmente scomposto per
seguito dell’esposizione alle emissioni
recettori, inquinanti emessi
nocive
Componenti ambientali
Principalmente inquinamento
Inquinamento atmosferico,
atmosferico
contaminazione delle acque
superficiali e sotterranee,
contaminazione dei suoli
Scala spaziale
Locale (area di 100x100 km2) o
Libera
regionale (tutto il territorio europeo)
Dettaglio spaziale
Un unico valore per ciascuna delle
Libero
due scale spaziali
Complessità dei dati di input necessari
Bassa
Alta
Tempi di esecuzione (operatore)
Bassi
Alti
Tempi di esecuzione (macchina)
Medi
Bassi
Copertura dei fattori d'impatto
Bassa
Medio-alta
Copertura dei percorsi d'impatto
Bassa
Alta
Applicabilità
Alta a livello regionale; medio/bassa a Medio-alta; adattabile comunque alla
livello locale per problemi di scala di
scala spaziale in esame
dettaglio dei risultati
Possibilità di controllo sui singoli
Bassa
Alta
passaggi della valutazione
Possibilità di utilizzo dei risultati
Media
Media
assoluti
Oggettività nella percezione del
Media (valore economico)
Alta (vita umana)
risultato finale da parte dell’opinione
pubblica
Diffusione dei risultati presso il
Mediamente critica
Molto critica
pubblico
Inquinanti
Percorsi d'impatto
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Atti del X Convegno Nazionale della Società Italiana di Ecologia (S.It.E.), 11-14 Settembre 2001, Sabaudia, Roma. In Press
L’analisi delle esternalità richiede anche un ulteriore passaggio, rispetto all’analisi del rischio, ovvero la traduzione
degli impatti da unità fisiche ad unità monetarie, operazione che viene fatta utilizzando dati di mercato, laddove
disponibili (ad esempio per i danni ai manufatti e alla produzione agricola), oppure i metodi di valutazione contingente,
tipicamente basati su questionari e utilizzati per la valutazione della salute umana. In questo senso, l’approccio
dell’analisi del rischio sembra essere leggermente più robusto, in quanto evita la monetizzazione, si ferma alla
valutazione dei tassi di mortalità incrementali dovuti alla realizzazione di una certa opera e rinuncia a valutare i danni
generati alle infrastrutture e alla produzione agricola. Nondimeno bisogna riconoscere che quello della monetizzazione
risulta uno strumento estremamente efficace sia in termini di comunicazione con i decisori pubblici e i portatori di
interesse diffusi, sia nell’ambito di studi di analisi Costi-Benefici per individuare ordinamenti fra varie alternative ed
eventuali vie di compensazione monetaria agli impatti generati da una certa opera.
Anche l’unità di misura usata nell’analisi del rischio (mortalità attesa) risulta molto efficace in un ambito di
comunicazione. Anzi, l’impatto psicologico sull’opinione pubblica, essendo i risultati espressi in termini di vite umane
perdute, può essere devastante: infatti la perdita anche solo di poche vite umane può risultare eticamente inaccettabile al
di là di qualsiasi beneficio materiale. Il rischio è che, se non inserito nel contesto adeguato, questo metodo finirebbe per
portare inevitabilmente ad una paralisi del processo decisionale, visto che quasi nessuna attività produttiva è in genere
esente da impatti. Un modo per evitare questi problemi e informare comunque correttamente la popolazione e i decisori
pubblici potrebbe essere quello di esprimere i risultati in termini relativi (ad esempio incremento percentuale del tasso
di mortalità rispetto ai valori di fondo) invece che in termini assoluti. Questa soluzione può valere anche nel caso della
valutazione monetaria delle esternalità, ovvero esprimendo costi e benefici marginali in termini percentuali invece che
con valori assoluti.
Dal punto di vista applicativo, l’uso del software Ecosense rende molto più rapido e immediato il calcolo delle
esternalità, in quanto dotato di una banca dati sull’uso del suolo e la popolazione residente, nonché dei modelli di
diffusione, delle funzioni dose-risposta e dei coefficienti per le valutazioni economiche. Grazie a questo pacchetto la
metodologia del calcolo delle esternalità viene in qualche modo standardizzata, risulta più semplice ripetere il
procedimento di calcolo a partire dai (pochi) dati di input necessari, pertanto si può affermare che i risultati vengono
ottenuti con uno strumento certificato, per quanto non esente da limiti e da critiche. La maggiore affidabilità e facilità
dell’uso dello strumento di calcolo si paga però su altri fronti. In primo luogo la scala spaziale è molto ampia, e mentre
questo può essere accettabile per studi su scala regionale europea, il livello di dettaglio può risultare insoddisfacente per
una valutazione degli impatti di un’opera su una scala molto più circoscritta, ovvero delle poche decine di km2. Inoltre
l’utente di Ecosense non ha praticamente controllo sulla procedura di calcolo, e non può quindi apportare correzioni o
miglioramenti negli strumenti utilizzati, se non uscendo dall’ambiente di calcolo di Ecosense per ricostruirsi tutti i
passaggi del percorso degli impatti in modo autonomo. Questo è invece proprio quello che bisogna fare nell’Analisi del
Rischio, dove è responsabilità dell’utente l’implementazione dei vari modelli di diffusione e il calcolo degli impatti
fisici e del rischio. Ne consegue che l’utente ha un grande controllo su tutta la procedura di calcolo e può tarare i
modelli in funzione della specifica scala spaziale oggetto di studio, determinata dalla tipologia delle fonti emissive e
dalla eventuale presenza di ricettori sensibili (così come per altro esplicitamente richiesto dall’Atto di Indirizzo e
Coordinamento per la VIA, DPR 12 Aprile’96). L’Analisi del Rischio può quindi essere utilizzata anche per esaminare
diverse alternative di localizzazione di un impianto nel raggio di poche decine di km, cosa che non è invece possibile
fare con l’Analisi delle Esternalità basata su Ecosense, dal momento che questo pacchetto lavora su scale geografiche
molto più ampie e risulta quindi adatto a confrontare alternative tecnologiche piuttosto che di localizzazione. D’altro
canto, la grande flessibilità dell’Analisi del Rischio comporta che la procedura di calcolo sia fortemente manipolabile a
vari livelli e in modo spesso poco, o per nulla, trasparente. Di fatto, i risultati ottenuti da equipe diverse per diversi
scenari non sono direttamente confrontabili se non vengono dichiarate esplicitamente tutte le ipotesi e le assunzioni
della procedura di calcolo, in termini di modelli di diffusione utilizzati e loro taratura, funzioni dose risposta, assunzioni
sulle abitudini alimentari della popolazione locale, ecc. Una conseguenza della necessità di definire tutti questi aspetti è
che in termini operativi i tempi tecnici richiesti per l’analisi del rischio sono molto più lunghi e la base informativa
molto più ampia e onerosa che nel caso della valutazione economica delle esternalità ambientali.
Infine si sottolinea, come del resto chiaramente mostrato nel caso di studio di Trezzo sull’Adda, che entrambe le
metodologie sono in pratica polarizzate fortemente solo sul comparto della salute umana e non considerano del tutto
(come nell’Analisi del Rischio) o in buona parte (come nel calcolo delle esternalità) altri fattori e settori di impatto. Il
calcolo delle esternalità permette di distinguere mortalità acuta da mortalità cronica e da morbilità; inoltre, se pur in
misura di gran lunga inferiore, considera anche i danni alle infrastrutture e all’agricoltura. L’Analisi del Rischio invece
considera di fatto solo la mortalità tout court, ma non dice niente su morbilità e su altri pur fondamentali settori di
impatto. Entrambe le metodologie non forniscono alcuna informazione sul disagio generato da rumore, odori,
congestione e impatto visivo/paesaggistico, sulla perdita di integrità ecologica dei nostri sistemi naturali, nonché sugli
eventuali impatti strettamente socio-economici che richiedono così di essere trattati separatamente. Per concludere è
quindi necessario ricordare che nessuna delle due metodologie fornisce una valutazione assoluta di sostenibilità, ma si
limita ad informare i decisori riguardo ad alcuni - per altro importanti - aspetti del problema.
 De Leo, et al., Effetti sulla salute di Impianti di Termovalorizzazione, 2002
Atti del X Convegno Nazionale della Società Italiana di Ecologia (S.It.E.), 11-14 Settembre 2001, Sabaudia, Roma. In Press
6
CONCLUSIONI
Le due metodologie proposte rappresentano un approccio più sofisticato alla quantificazione del danno causato dalla
presenza di un impianto industriale rispetto alle procedure comuni di valutazione di impatto ambientale. La filosofia che
sta alla base di entrambe è quella di non limitarsi ai percorsi diretti di esposizione ma di esplorare anche alcuni possibili
percorsi indiretti. Lo sviluppo delle valutazioni monetarie e di mortalità, la scala spaziale, il tipo di inquinanti e il tipo di
risultato finale differiscono sensibilmente, ma sono tali da rendere i due approcci complementari e quindi entrambi utili
al fine di fornire un quadro di riferimento più esaustivo e di individuare eventuali elementi di criticità nella
localizzazione dell’impianto.
L'applicazione delle due metodologie al caso di studio del nuovo termoutilizzatore di Trezzo ha mostrato l’assenza di
elementi di particolare criticità per quanto riguarda le emissioni dell’impianto, in quanto sia i danni monetari che il
rischio calcolato risultano compresi all’interno di valori ritenuti ampiamente accettabili. Naturalmente la garanzia sul
rispetto di tali valori è subordinata ad una corretta gestione dell’impianto durante tutto il corso della sua vita operativa, e
comunque le previsioni modellistiche dovranno essere verificate per mezzo di opportune campagne di monitoraggio
ambientale.
Dato il livello di complementarietà delle due metodologie, si ritiene che entrambe debbano essere utilizzate negli studi
di Valutazione di Impatto Ambientale. I due approcci sono però caratterizzati da una serie di limiti che ne inficiano
l’uso come indicatori assoluti di sostenibilità. In entrambi i casi, infatti, l’incertezza nelle valutazioni risulta ancora
piuttosto elevata, molti settori di impatto non vengono considerati o sono toccati solo marginalmente. Se pur
estremamente efficaci in termini di comunicazione dei risultati per la semplicità dell’unità di misura adottate, le due
metodologie devono necessariamente essere affiancate da altre analisi in grado di mettere in luce impatti altrimenti
trascurati, orientando quindi il processo decisionale verso un approccio di Analisi a Molti Attributi capace di garantire
un’ampia partecipazione del pubblico e una trasparente gestione del conflitto, come nei migliori e più avanzati studi di
Valutazione di Impatto Ambientale.
7
RINGRAZIAMENTI
Questo lavoro è stato in parte finanziato nell'ambito della convenzione "Valutazione della Compatibilità Ambientale
dell'impianto di termodistruzione della ditta Prima-TTR in Trezzo sull'Adda" stipulata fra l'Università degli Studi di
Parma e il Comune di Trezzo sull'Adda.
8
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