ILLUMINOTECNICA parti 3
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ILLUMINOTECNICA parti 3
ILLUMINOTECNICA parti 3 - 4 1 Il colore Il colore che il cervello umano percepisce è il risultato della combinazione di tre componenti: tonalità legato alla lunghezza d’onda dominante, individua il “colore” fondamentale dell’oggetto saturazione è la vivacità con cui il colore appare definito luminosità esprime l’intensità luminosa nella direzione della visione 2 L’esperienza dimostra inoltre (leggi di Grassmann) che la sensazione di colore, prodotta da un fascio di radiazioni avente una distribuzione spettrale qualsiasi, deriva dalla sintesi additiva o sottrattiva di tre radiazioni monocromatiche corrispondenti alle radiazioni assorbite dai tre tipi di coni presenti nell’occhio umano, sensibili al “rosso”, al “verde” e al “blu”. 3 Per rendere “oggettiva” l’esperienza sopra citata, il CIE definisce “colori” fondamentali (con cui comporre tutti gli altri) i seguenti: ROSSO (R) VERDE (G) BLU (B) λ=700 nm λ=546,1 nm λ=435,8 nm LR=1 nit LG=4,5909 nit LB=0,06012 nit Sono invece considerati colori secondari: - giallo (rosso+verde) - magenta (rosso+blu) - ciano (verde+blu). 4 Un colore primario è detto complementare se “sommandolo” ad un colore secondario si ottiene luce bianca. • rosso + ciano (verde+blu) = bianco • verde + magenta (blu+rosso) = bianco • blu + giallo (rosso+verde) = bianco Sovrapponendo o “sottraendo” opportuni flussi luminosi dei tre colori primari è possibile riprodurre qualunque sensazione di colore percepita dall’occhio umano. 5 Sintesi additiva colori primari Sintesi sottrattiva colori primari 6 La definizione CIE dei colori fondamentali, unita all’esperienza della sovrapposizione dei colori, consentono di rappresentare in forma algebrica la “formazione” di un generico colore Kappa. Kappa = r R + g G + b B dove r, g, b sono i fattori moltiplicativi delle “quantità base”, dette unità tricromatiche, dei colori fondamentali R(rosso; 1 nit), G(verde; 4,5909 nit), B(blu; 0,06012 nit). 7 In particolare se Kappa è assunta pari ad una unità tricromatica di luce bianca (CIE), i fattori r, g, b sono uguali fra loro e quindi pari a 1/3. 1 (W) = 1/3 (R) + 1/3 (G) + 1/3 (B) Il bianco CIE è detto bianco di uguale energia caratterizzato da una distribuzione uniforme di potenza radiante in tutto lo spettro visibile e molto simile alla luce naturale. Più in generale si può dimostrare che vale in ogni caso la relazione (equazione delle unità tricromatiche) : r + g + b = 1 8 Al posto delle unità R, G, B si può introdurre, tramite opportune trasformazioni matematiche, una nuova terna di componenti tricromatiche X, Y, Z e da queste tre corrispondenti coordinate cromatiche x, y, z tali che x+y+z=1 Tali componenti e coordinate consentono di quantificare la sensazione di colore. Si dimostra che x, y “misurano” la tonalità e la saturazione Y “misura” la luminosità. 9 PERCEZIONE DEL COLORE La percezione del colorazione non riguarda soltanto l'aspetto psicologico, ma anche la complessità delle condizioni di osservazione, variando in relazione a: - sorgente luminosa osservatore dimensioni sfondo 10 Sorgente luminosa Poiché lo spettro di emissione varia da una sorgente luminosa all’altra (luce solare, lampade a scarica di gas, lampade ad incandescenza), sorgenti luminose diverse fanno apparire di colore diverso lo stesso oggetto. 11 Osservatore La sensibilità visiva varia leggermente da persona e persona oltre che con l’età. Anche per soggetti che si considera abbiano una "normale” visione del colore possono esistere delle inclinazioni verso il rosso o il blu. Lo stesso oggetto potrà quindi appare di colore diverso ad osservatori diversi. 12 Dimensioni I colori che ricoprono vaste superfici tendono ad apparire più luminosi e vivaci rispetto ai colori che ricoprono aree più piccole: effetto area. La scelta di oggetti aventi un'ampia area basandosi su campioni di piccole dimensioni può produrre un effetto visivo diverso da quello previsto. 13 Sfondo Un oggetto posto davanti a uno sfondo luminoso appare più cupo rispetto a quando è posto davanti a uno sfondo scuro: effetto contrasto. 14 Sorgenti luminose La distribuzione spettrale della radiazione emessa da una sorgente ne quantifica le caratteristiche. Definiamo "continua" una distribuzione in cui sono presenti tutte le lunghezze d'onda dell'intervallo considerato; "discontinua" o "a righe" quella irregolare in cui sono presenti solo linee di radiazioni monocromatiche predominanti. 15 Particolare importanza ai fini di un qualsiasi progetto illuminotecnico hanno le sorgenti luminose sia naturali (il sole in particolare) che artificiali (lampade). Usando un paragone artistico, potremo dire che una sorgente di luce sta ad un progetto di illuminazione come i colori stanno ad un dipinto. 16 Sorgenti luminose artificiali Possono essere classificate in due gruppi principali, contraddistinti dalla diversità del loro principio di funzionamento: - lampade ad incandescenza - lampade a scarica nei gas 17 Lampade ad incandescenza Emettono radiazione luminosa per effetto del riscaldamento di un filamento metallico al passaggio di una corrente elettrica. La loro emissione è assimilabile a quella di un corpo nero. Lampade a scarica nei gas L’emissione luminosa avviene per effetto del processo di de-eccitazione degli atomi ionizzati di un gas indotto da una scarica elettrica tra due elettrodi. La loro emissione si differenzia da quella di un corpo nero. 18 Tipi di lampade ad incandescenza - a filamento nel vuoto - alogene Tipi di lampade a scarica nei gas - a tubi fluorescenti - ad alogenuri metallici - a vapori di sodio a bassa pressione - a vapori di sodio ad alta pressione 19 Lampada a filamento nel vuoto Il materiale utilizzato per il filamento è il tungsteno dato che, tra i metalli puri, è quello che ha il più basso tasso di evaporazione e la temperatura di fusione più elevata (3655 K). La tipica temperatura di utilizzo è di 2850 K. Lampada alogena Si introduce all’interno del bulbo una miscela di sostanze alogene (Iodio e Bromo) per rallentare il consumo del filamento e lavorare a temperatura più elevate (migliore efficienza e maggiore durata). 20 A filamento nel vuoto alogena 21 Lampada a tubo fluorescente E’ costituita da un tubo di vetro che contiene vapore di mercurio a bassa pressione ed è internamente rivestito da uno strato di speciali polveri fluorescenti. In ciascuna delle due estremità del tubo si trova un elettrodo atto ad emettere, sotto una differenza di potenziale elettrico, una notevole quantità di elettroni. 22 Tali elettroni urtano contro gli atomi di mercurio presenti nel tubo della lampada liberando altri elettroni che in parte si uniscono al flusso costituente la scarica ed in parte tornano ad associarsi agli atomi da cui sono stati allontanati. L'energia ceduta dagli elettroni all’atto di ritornare a far parte degli atomi di mercurio si manifesta come radiazione ultravioletta lunghezza d'onda intorni ai 250 nm. 23 Queste radiazioni vanno a colpire lo strato di polveri fluorescenti che ricopre la parete interna del tubo della lampada. Le polveri fluorescenti, eccitate dalle radiazioni ultraviolette invisibili da cui sono colpite, trasformano le stesse in radiazioni di lunghezza d'onda maggiore, rientranti nel campo del visibile. Il fenomeno della "ionizzazione" di cui sopra tende ad aumentare rapidamente provocando, se non controllato (tramite strart-reattore), un corto circuito e quindi la fine della scarica. 24 Lampada fluorescente lineare 25 Lampade fluorescenti compatte 26 Lampada ad alogenuri metallici E’ costituita da un bulbo di vetro che contiene vapori di mercurio e alogenuri metallici (quasi sempre ioduri) ad alta pressione in grado di ampliare la gamma di radiazioni spettrali emesse ottenendo una luce più intensa (bianca), una migliore resa cromatica e un aumento dell’efficienza. Il principio di funzionamento è analogo a quello delle lampade fluorescenti. 27 a ioduri metallici Faretto da incasso per lampada a ioduri metallici 28 Lampade al sodio Sono lampade a scarica di gas che emettono luce sostanzialmente monocromatica intorno alla lunghezza d’onda del “giallo”. Si utilizzano principalmente per l’illuminazione stradale e/o industriale avendo un’efficienza luminosa molto elevata. 29 Sodio bassa pressione Sodio alta pressione 30 Tubo fluorescente alogenuri Vapori di sodio 31 La qualità del progetto illuminotecnico Un impianto di illuminazione deve assicurare: - un illuminamento adeguato al compito visivo; - una buona uniformità di luce cioè un giusto rapporto di luminanza tra la zona di lavoro, le zone circostanti e lo sfondo; - l’eliminazione dell’abbagliamento diretto o riflesso, ottenuto con sorgenti luminose a bassa luminanza e lampade opportunamente schermate; - una resa cromatica e una tonalità di luce (adatta al compito visivo). 32 Valori raccomandati di illuminamento (UNI 10380) 33 Il “campo visivo” deve avere una luminanza pari o superiore a quella dello sfondo. Quest’ultimo dovrebbe avere una luminanza pari a 100 cd/m², considerato valore ottimale quando il livello di illuminamento sul piano orizzontale dell’ambiente sia compreso tra 500 e 1000 lux. Per ottenere tale risultato è necessario che le pareti abbiano un fattore di riflessione pari a 0,5-0,8 per un illuminamento medio (sul piano orizzontale) di 500 lux e di 0,4-0,6 per un illuminamento di 1000 lux. 34 Abbagliamento L’abbagliamento è un disturbo oculare che provoca la diminuzione della capacità visiva quando nel campo visivo si trovano sorgenti luminose (abbagliamento diretto) o oggetti illuminati (abbagliamento da luce riflessa) la cui luminanza presenti: • valori troppo elevati • un eccessivo contrasto con la luminanza dell’ambiente circostante. 35 Abbagliamento con luce naturale e artificiale Abbagliamenti riflessi 36 Illuminazione naturale L’illuminazione naturale è importante per - il benessere fisiologico e psicologico delle persone - il contenimento dei consumi energetici (permette di ridurre o eliminare l’uso dell’illuminazione artificiale durante le ore diurne). Il parametro che definisce la qualità della illuminazione naturale è il “fattore medio di luce diurna” (FLDm). 37 Fattore di luce diurna E’ il rapporto fra il livello di illuminamento (Eint) in un punto posto su un piano orizzontale all’interno del locale e il livello di illuminamento (Eo) in un punto posto su di un piano orizzontale esterno all’edificio e illuminato dall’intero emisfero celeste in assenza di ostruzioni e di irraggiamento solare diretto con misure fatte nello stesso momento. FLD = Eint/Eo (%) 38 Tipologia di illuminazione L’illuminazione naturale di un locale può essere essenzialmente di tre tipi: - Illuminazione laterale - Illuminazione zenitale - Illuminazione mista 39 Illuminazione laterale unilaterale L’efficienza illuminante dipende da superficie vetrata, forma geometrica dell’apertura e dalla posizione più o meno alta dell’apertura rispetto al pavimento. Bilaterale Si realizza la stessa distribuzione illuminante di quella unilaterale con una minore superficie vetrata. 40 Illuminazione laterale Multilaterale La luminosità all’interno del locale migliora solo di poco rispetto alla illuminazione bilaterale. Aumentano i problemi di abbagliamento, le dispersioni termiche ed i problemi dovuti all’inquinamento acustico. 41 Illuminazione zenitale - Le aperture illuminanti sono poste sul tetto. - E’ ideale per ambienti di grandi dimensioni e monopiano. - E’ necessario evitare la penetrazione diretta dei raggi solari. - E’ maggiore l’illuminazione in direzione ortogonale alla superficie vetrata. Illuminazione mista Si evita maggiormente l’inconveniente delle ombre in quanto la luce proviene da più Direzioni. 42 Valori limite del fattore medio di luce diurna secondo la legislazione vigente Ambienti residenziali (D.M. 5/7/75) Locali residenziali: 2% (inoltre la superficie finestrata apribile non deve essere inferiore a 1/8 della superficie del pavimento) Ambienti ospedalieri (Circ. 13011 22/11/74) - Degenze, diagnostica, laboratori: 3% - Palestre, refettori: 2% - Uffici, spazi per la distribuzione, scale: 1% 43 Valori limite del fattore di luce diurna secondo la legislazione vigente Ambienti scolastici (D.M. 18/12/75) - Aule per lezione, studio, lettura, disegno ecc.): 3% - Palestre, refettori: 2% - Uffici, spazi per la distribuzione, scale, servizi igienici: 1% 44 La normativa UNI 10840 raccomanda inoltre che sussista uniformità di illuminamento richiedendo che il rapporto tra FLDmin e FLDmax in un locale risulti superiore a 0,16 45 Calcolo di FLDm Il metodo è applicabile al caso di finestre verticali (a parete) e spazi di forma regolare con profondità, misurata perpendicolarmente al piano della parete finestrata, minore o uguale a 2,5 volte l’altezza dal pavimento al punto più alto della superficie trasparente dell’infisso. FLDm = (Af t ε ψ ) /[Atot (1 - rm)] 46 Af è l’area della superficie della finestra, escluso il telaio; t è il fattore di trasmissione luminosa del vetro; ε è il fattore finestra, rappresentativo della posizione di volta celeste vista dal baricentro della finestra (ε = 1 per finestra orizzontale, lucernario, senza ostruzioni; ε = 0,5 per finestra verticale senza ostruzione; ε < 0,5 per finestra verticale con ostruzione) Atot è l’area totale delle superfici che delimitano l’ambiente compreso la finestra; 47 rm Ψ è il fattore medio ponderato di riflessione luminosa delle superfici che delimitano l’ambiente rm = Σi ri · Ai / Atot per il vetro il valore r è molto basso e pari a circa 0,07. è il fattore di riduzione del fattore finestra 48 49 50