Passaggio per l`Inferno

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Passaggio per l`Inferno
Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
DOMENICO SANTORO
PASSAGGIO
PER
L’INFERNO
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
Santoro Domenico
Narrativa e Racconti
Questo romanzo è opera della fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il prodotto dell‟immaginazione dell‟autore o, se reali, sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o
scomparse è del tutto casuale.
Copyright © Agosto 2010 di Santoro Domenico.
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Passaggio per l’Inferno
Non ho una casa,
la mia casa è il mondo;
Non ho un credo,
il mio credo è la spada.
Non ho amici,
il mio amico è il tempo.
Non ho paura:
la mia forza è nella mia volontà.
(Dominic)
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Romanzo
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PROLOGO
La verità non esiste. Non è mai esistita. O meglio non esiste
una verità assoluta, incontrovertibile, inconfutabile. In un
mondo popolato da una stirpe di pusillanimi mentecatti non
esiste una verità “vera”, unica e indiscutibile. Esistono tante
versioni della verità: quella che ci viene offerta sui giornali o
dai mezzibusti tramite la televisione; quella che ci viene propinata quotidianamente dai politici e quella che ci predicano i
preti dall‟alto di un pulpito. Esiste la verità che ci raccontano
i nostri amici e persino i nostri parenti. Quella dei nostri mariti, mogli e amanti. C‟è la verità che si cerca nelle aule dei
tribunali, o nei templi del culto. Ci sono verità che non si riescono a raccontare neanche a se stessi e vengono relegate e
nascoste, celate nella parte più intima e buia della nostra anima. A volte verità imbarazzanti vengono alla luce, scovate da
mastini travestiti da giornalisti e vengono date in pasto ad un
pubblico affamato di sciagure altrui che trova nella distruzione di un altro essere umano un momento di distrazione alla
noia quotidiana o un momento di estasi per alimentare la propria follia.
Un mondo invaso da puritani pronti a gridare allo scandalo e a puntare il dito accusatore sul colpevole di turno. Un dito puntato con tanta forza e brutalità quanto maggiormente
esiste la necessità o la volontà di allontanarlo da se stessi.
C‟è chi stanco della realtà che lo circonda o incapace di interagire con essa, la cerca in un mondo fatto di paradisi artificiali che alla fine conducono solo e sempre alla morte.
La verità è come il nero tunnel del destino: una linea indefinita che ciascun essere umano è chiamato a personalizzare con
le sue azioni le sue scelte e i suoi errori ma che conduce inevitabilmente ad un unico invariabile epilogo.
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Era la verità, che aveva cercato Claudio. L‟aveva rincorsa,
aveva pensato di scorgerla nel posto più antico del mondo,
ma non l‟aveva trovata.
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Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Corte distaccata,
Sezione di Assise Penale. 1° grado.
14 Febbraio 2009
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L‟attesa nell‟aula del tribunale era insopportabile. C‟era
un‟aria soffocante nonostante il freddo che faceva là fuori e
la pioggia che cadeva battente in quella grigia mattina di febbraio. Era un‟aria pesante viziata dai termosifoni e dalla cappa di tensione che aleggiava nell‟ambiente, date le circostanze. Era la fase conclusiva di un lungo processo per fatti che
erano accaduti otto anni prima. Processo che lo vedeva coinvolto in uno sporco caso di appropriazione indebita e di cui
lui era l‟unico imputato. Claudio non vedeva l‟ora di uscire
da quel cazzo di tribunale. Sentiva nelle narici il pizzicore
causato dalla polvere vecchia di anni emanata da tutte quelle
cartacce ammuffite e dalla presenza di quelle persone che
puzzavano di stantio. Quei parassiti rincoglioniti che passavano la vita dietro una scrivania sommersi dalle scartoffie e
che avevano impresso il loro orribile odore nell‟ambiente che
li circondava. Quella cappa opprimente era resa ancora più
insopportabile dalla presenza degli habituè, una striminzita
accozzaglia di sfigati pervertiti che non avendo niente da fare
si trastullavano ad assistere alle sciagure altrui in veste di
spettatori nelle aule dei tribunali. Li odiava. Odiava quella
mescolanza di buoni a nulla che se ne stavano seduti, impalati
a guardare e sperare che il giudice emettesse una sentenza di
condanna: Erano come squali affamati, per loro era più eccitante sentire condannare piuttosto che udire la proclamazione
di un‟assoluzione. Claudio si girò per guardarsi alle spalle.
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Oltre ai suoi genitori non c‟era anima viva delle persone della
sua famiglia, né dei suoi presunti amici. Nessuno era accorso
a sostenerlo nel momento in cui avrebbe avuto maggior bisogno di una parola di incoraggiamento. Neanche Anna. A quel
pensiero non poté impedire a un sorriso beffardo di manifestarsi sul suo viso. Era anche per colpa di Anna se adesso si
trovava in quella posizione, se era costretto a subire quel
momento di fastidioso disagio.
Finalmente il cancelliere annunciò che il presidente di
quell‟Assise di primo grado stava facendo il suo ingresso in
aula. Claudio guardò nella direzione della porta che comunicava con la camera di consiglio e la vide. Sapeva che sarebbe
stata lei a giudicare la sua causa, e di questo non era affatto
contento. I due si sfiorarono con lo sguardo per un attimo,
come due belve pronte al combattimento.
La dottoressa Guardamagno fece il suo ingresso in aula ottenendo l‟immediato silenzio della platea. Era una donna maledettamente in gamba, temibile e temuta nel suo ambiente.
Anche se di aspetto minuto, aveva una figura gradevole ed
armoniosa. Insomma come donna non era niente male. Su di
lei giravano voci che erano diventate delle leggende. Sposata,
quarantatré anni portati alla grande, i party che dava nella
sua villa sul mare erano considerati mitici, soprattutto per
quello che avveniva tra i pochi intimi che erano ammessi a
restare dopo una certa ora. Nell‟ambiente si sussurrava che
fosse una ninfomane e che riuscisse a scoparsi anche quattro
uomini contemporaneamente. Qualcuno sosteneva che durante un udienza preliminare per confondere un importante teste
particolarmente recalcitrante gli aveva offerto ripetutamente
la visione delle sue parti intime attraverso una serie di abili ed
opportune aperture ed accavallamenti delle cosce. In
quell‟occasione aveva indossato una attillata gonna sotto la
quale non portava le mutandine. Il teste, sotto choc, e con gli
occhi vitrei come se fosse stato sotto l‟effetto della scopolamina, aveva ammesso tutto quello che lei aveva voluto che
ammettesse rovinando irrimediabilmente l‟imputato che in
quel caso si era beccato tre anni di carcere.
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Al suo fianco Il viceprocuratore onorario una donna magra e
insignificante se ne stava sugli attenti come un soldatino davanti a un generale di corpo d‟armata. Era terrorizzata da
Guardamagno e pendeva letteralmente dalle sua labbra.
Il presidente del tribunale si fermò un attimo a guardare la
platea, soffermò impercettibilmente lo sguardo su Claudio e
siccome quest‟ultimo sostenne la vista dei suoi freddi occhi
azzurri, chiarissimi, quasi grigi diede immediatamente inizio
alla lettura del verdetto.
In nome del Popolo Italiano, visti gli articoli 640, 640 bis e
61 del codice penale, tenuto conto delle aggravanti…
Alla lettura di quei codici Claudio non riusciva a credere alle
sue orecchie. Lo stavano condannando per truffa aggravata.
Avevano sovvertito l‟intero processo cambiando all‟ultimo
momento le carte in tavola.
… „e al pagamento di un‟ammenda di duemila euro di provvisionale immediatamente esecutiva, in attesa di un completo
ristoro in separata sede civile…‟
Guardamagno continuava a leggere il verdetto e mentre le
parole cominciavano a diventare solo dei suoni indistinti nella sua testa rivolse un‟occhiata interrogativa verso il suo avvocato come per dire “Ma cosa cazzo sta succedendo?” lei
gli restituì lo sguardo perplessa. Neanche lei si sarebbe aspettato un simile sconvolgimento della situazione anche se sapevano che da quel giudice potevano aspettarsi di tutto.
Claudio Cottafava serrò la mascella e fissò intensamente
nella direzione del giudice che lo stava condannando. Avevano giocato sporco nei suoi confronti, e per questo gliela avrebbe fatta pagare. A lei e a tutti quei fottuti bastardi che
l‟avevano tradito.
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Aveva conosciuto Anna nell‟estate del 1999, undici anni prima, durante un soggiorno a Scopello vicino Castellammare
del Golfo, in cui era solito prendere in affitto un rustico
residence nei pressi della Riserva dello Zingaro. Soggiorno
che lui era solito trascorrere verso la metà di Giugno. Mare,
sole e divertimento erano l‟imperativo che si era imposto per
ristorarsi dopo un anno dedicato al duro lavoro. Aveva preso
in affitto una casetta a pochi minuti dalla spiaggia dei delfini,
molto carina, col tetto di mattoni rossi e tanto verde intorno.
L‟assoluta tranquillità dell‟ambiente e la vista incantevole sul
mare erano proprio quello che ci voleva per trasformare la
sua vacanza in una vacanza da sogno. La mattina si svegliava
al sorgere del sole e si preparava la colazione. Apparecchiava
il tavolo sul terrazzino e si godeva lo spettacolo del mare e il
profumo delle ginestre e delle rose che adornavano il balcone
in pietra grezza. Amava starsene per lungo tempo a contemplare quello spettacolo che suscitava nel suo animo allegria e
voglia di vivere. Verso le undici scendeva in spiaggia dopo
aver indossato il suo migliore costume da bagno e portandosi
appresso un asciugamano di spugna. La spiaggia privata apparteneva al residence e lui aveva libero accesso avendo affittato un ombrellone con sedia e lettino che erano perennemente a sua disposizione. Si portò con fare disinvolto presso la
riva e sistemò l‟asciugamano sulla sabbia bianca e sottile. Da
dietro i vetri affumicati dei suoi occhiali da sole poteva os10
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servare con tranquillità e circospezione l‟ambiente circostante. A quell‟ora la spiaggia pullulava di quelle che lui aveva
definito le “nonne sexy”. Signore ancora relativamente giovani con una media di età sui cinquanta cinquantacinque anni
che scendevano in spiaggia portandosi appresso il loro nipotino in fasce. Osservò la tipa che gli passò vicino stringendo
al seno il minuscolo fagottino. La donna era proprietaria di un
corpicino niente male. Frutto evidentemente di diete, sedute
in palestra e massaggi. Una serie di accessori completavano
l‟opera: Bikini griffati e ridotti, calzature da mare con suola
rialzata da zeppe che provvedevano a slanciare ulteriormente
il sedere rendendolo ancora più invitante. Unghie laccate e
rossetto a sottolineare la bocca piena e invitante, capelli freschi di parrucchiere. Erano donne che avevano sposato ricchi
professionisti decisamente più vecchi di loro che provvedevano alla loro vacanza e al loro mantenimento. D‟estate spedivano le mogli in villeggiatura per restarsene in città nei loro
uffici muniti di aria condizionata e dotati di segretaria venticinquenne pronta a succhiare il loro uccello da sotto la scrivania mentre il datore di lavoro era intento a concludere affari per telefono o via internet. Claudio si concesse un sorriso
di soddisfazione. L‟anno precedente era andato in quei luoghi
con l‟intento di puntare questo genere di signore e fare qualche conquista col risultato di riuscire a scoparsene ben cinque. Aveva provveduto lui a rendere giustizia a quelle mogli
tradite e trascurate, bisognose di avere a disposizione un cazzo giovane e duro in sostituzione del pene floscio e grinzoso
dei loro mariti. Era la dura legge della natura, e lui era li
pronto per rendere giustizia laddove se ne avvertiva la necessità. Stavolta però i suoi obbiettivi erano diversi. Voleva abbassare la fascia di età delle sue prede perché nel suo globale
intento c‟era l‟obbiettivo di esplorare l‟intero universo femminile per coglierne tutte le sfumature e le caratteristiche nascoste. Era affascinato dall‟idea della conquista. Donne a disposizione, pagando, poteva averne quante ne voleva e se desiderava una scopata senza impegni e senza sforzo era quella
la strada che perseguiva ma potendo avere tempo e materiale
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a disposizione su cui lavorare preferiva mettersi alla prova.
Ne aveva quasi un bisogno morboso.
L‟incontro con Anna avvenne quasi per caso e al di fuori dagli schemi che di solito si prefiggeva di seguire. l‟aveva conosciuta una sera al ristorante Calanova, un posticino molto
raffinato ed elegante che lui frequentava quasi tutte le sere.
Lei era in compagnia di una coppia di amici che avevano occhi solo per se stessi e si vedeva lontano un miglio che si stava annoiando a reggere loro il moccolo.
Claudio mentre gustava un piatto di aragosta al vino bianco
aveva sentito il lontano disagio di uno sguardo posato addosso e voltandosi nella sua direzione l‟aveva sorpresa che repentinamente distoglieva gli occhi dalla sua parte. L‟aveva
guardata attentamente e aveva notato quella bella ragazza
bionda strizzata in un abitino scollato che metteva in risalto
un bel seno generoso. Le rivolse un‟occhiata e un sorriso affabile mentre gli era sembrato di scorgere un‟ombra di rossore che le si allargava sul viso. Improvvisamente gli venne un
idea: fece un cenno al cameriere che subito accorse ai suoi
comandi e gli ordinò di portare una coppa di champagne
ghiacciato „alla bella signora bionda del tavolo di fronte‟. Il
cameriere eseguì prontamente e lui si pose in attesa.
Anna Berselli era seduta afflitta e delusa al tavolo dei suoi
amici Salvo e Monica. Quei due sembravano ignorarla, anzi
sembravano ignorare tutto il mondo intorno a loro. Pareva
che stessero vivendo una seconda fottutissima luna di miele e
lei si rendeva conto che aveva fatto uno sbaglio ad accettare
di andare in vacanza con loro. Si era persino sorpresa a posare lo sguardo sul tipo che stava mangiando da solo al tavolo
di fronte. L‟aveva osservato. Sembrava danaroso e sicuro di
se. Si stupì a fare delle considerazioni di quel genere. Cosa
cavolo le stava accadendo? Adesso si metteva a fare osservazioni e apprezzamenti anche su dei perfetti sconosciuti. Era
colpa di questi due che cinguettavano come due cinciallegre
in amore. O forse del fatto che non si faceva una scopata da
più di tre anni. Arrossì all‟idea di quello che aveva appena
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pensato. In effetti era vero. Non aveva più visto un cazzo da
quando quel bastardo di Ciro l‟aveva mollata per Samyrha,
una puttanella musulmana, e se l‟era filata con lei all‟estero.
Adesso Anna aveva ottenuto il divorzio ma da allora non era
stata più con nessuno. Aveva conosciuto Ciro che era poco
più di una ragazzina ed in breve aveva sfornato due figli. Si
era calata subito nel ruolo di moglie e di madre vedendo sfiorire la sua bellezza e la sua giovinezza giorno dopo giorno.
Aveva dedicato tutta se stessa alla famiglia e in compenso Ciro l‟aveva ricambiata frequentando tutte quelle puttanelle finché una di esse non glielo aveva portato via. Adesso aveva
deciso di dire basta e di cominciare a pensare un po‟ anche a
se stessa. Aveva cominciato a truccarsi di nuovo e a vestirsi
in modo da valorizzare la sua figura. Aveva persino cambiato
il colore dei capelli passando dal suo anonimo castano ad un
biondo striato di colpi di sole che le donava moltissimo. Al
ricordo fece una smorfia di disgusto. Quel bastardo ciccione
di Ciro l‟aveva abbandonata da sola con due figli piccoli. Se
non fosse stato per l‟aiuto di suo padre, per tirare avanti sarebbe dovuta andare a fare la puttana.
Anna Berselli era la secondogenita di una famiglia di benestanti decaduti. Il padre, Antonino, detto Ninotto, si era fatto
da se. Si era arricchito vendendo mozzarelle e bocconcini trasportandoli dai paesi dell‟interland Casertano nelle grandi città. Successivamente, nel corso dei suoi numerosi viaggi, aveva conosciuto un paio di personaggi importanti, tra cui un direttore di banca di pochi scrupoli un tal Astolfo che aveva visto in lui la gallina dalle uova d‟oro. Infatti Astolfo grazie allo sfruttamento dell‟amico si era creato una posizione economica invidiabile. Ninotto a seguito dei suggerimenti
dell‟amico direttore aveva ripreso in mano il suo titolo di studio di geometra e si era messo a costruire strade e palazzi.
Tutto sembrava andare bene e così sarebbe stato se negli ultimi dieci anni Ninotto non fosse stato afflitto da una forma
di rincoglionimento precoce e a seguito di una serie di investimenti sbagliati, delle vere e proprie cazzate, aveva perso
tutto. Ad Anna era rimasta solo una piccola casa al mare nei
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pressi di Gaeta che il padre non aveva potuto scialacquare
poiché era già intestata a lei. La sua situazione economica era
al momento disastrosa per cui aveva bisogno di un po‟ di ossigeno, o forse più esattamente di qualcuno che la mantenesse.
Mentre era immersa nei suoi pensieri non si era accorta
del cameriere che si era materializzato al loro tavolo e la stava osservando reggendo in mano un vassoio con una coppa di
champagne. Quando si rese conto della sua presenza lo scrutò
con aria interrogativa come per dire „Che accidenti vuoi?‟. Il
cameriere depositò il vassoio sul tavolo e indicò verso il tipo
del tavolo di fronte, poi disse: “Il signor Cottafava sarebbe
onorato di offrirle una coppa di champagne”. Anna guardò
verso il tipo del tavolo di fronte e lui alzò il suo calice sorridendo e accennando un muto brindisi. Osservò i suoi compagni di tavolo. Erano talmente assorti a flirtare che nemmeno si erano accorti di quello che stava succedendo. Andassero
a farsi fottere tutti e due. Prese una decisione su due piedi e
accettò la coppa. In fondo che gliene fregava? Era sempre
meglio che starsene li a guardarsi le unghie delle mani. Afferrò la coppa per lo stelo e la sollevò in direzione del suo corteggiatore, muovendo impercettibilmente la testa in segno di
gradimento.
Lei non poteva saperlo ma stava per commettere uno dei più
grossi errori della sua vita.
Claudio era molto soddisfatto. La ragazza aveva abboccato. Lei aveva un‟aria così annoiata e triste e lui aveva sfoggiato il suo infallibile fascino da gentiluomo. Quella sera era
molto affascinante con la sua abbronzatura che risaltava da
sotto la camicia bianca, perfettamente stirata, e coi suoi migliori pantaloni neri dal taglio francese. Il suo istinto gli suggeriva che lei aveva un gran bisogno di una sontuosa scopata
e lui aveva giusto la cura che faceva al suo caso. Per quella
sera non si spinse oltre. Aveva lasciato il suo segno e ora lei
doveva rosolarsi in una terapeutica attesa.
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Anna vide il tipo dello champagne che si era alzato ed era
andato alla cassa. Era leggermente basso per i suoi gusti ma
molto elegante e fascinoso strizzato in quei pantaloni neri e
quella camicia bianca, dal taglio sportivo, che gli calzava a
pennello. Probabilmente se le faceva confezionare su misura.
Stava chiacchierando col proprietario del ristorante e si
scambiavano sorrisini e battute, dovevano essere molto amici.
Ma la cosa più interessante era l‟American Express Gold che
aveva fatto scivolare con noncuranza nelle mani del cassiere
per pagare il conto. Questo particolare aveva azzerato ogni
considerazione negativa sulla statura. Qualora ci fosse stata.
Ritornata in albergo Anna aveva fatto una doccia rinfrescante e si era adagiata sul letto. Prima di infilarsi la camicia
da notte si era trattenuta a guardare la sua immagine riflessa
nello specchio. Osservò la sua figura snella ma armoniosamente piena nei punti giusti. Soppesò i seni prosperosi che da
ragazza erano stato il suo vanto e che adesso tendevano leggermente a cedere alla forza di gravità. Si era rasata la parte
sottostante della vulva per poter indossare bikini ridotti e
quella soluzione le sembrò maliziosamente invitante ed eccitante. Alla fine si concesse un sorriso: decise che per una
donna di trentaquattro anni poteva considerarsi ancora bella e
desiderabile.
Occupava una camera singola confinante con quella dei
suoi amici Salvo e Monica. Il silenzio in cui era immersa era
disturbato dai mugolii di Monica e dai colpi che il letto trasmetteva contro la parete della sua stanza. Quei due stavano
scopando. Cristo, non saltavano una sera. Si abbandonò al
pensiero dello sconosciuto che aveva incontrato al ristorante,
per distrarsi dal sentire Monica che godeva sguaiatamente e
invitava Salvo a riempirla sempre di più col suo cazzo. Cristo, da quanto tempo non faceva l‟amore! Erano passati più di
tre anni, un tempo esageratamente lungo. E si rendeva conto
che desiderava farlo, si rendeva conto che si era tenuta in serbo per troppo tempo. Se non fosse stato per il fatto che aveva
scodellato due figli a quest‟ora sarebbe potuta ritornare quasi
vergine.
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Claudio Cottafava aveva deciso che doveva scoparsela.
Era per questo che aveva chiesto tutte quelle notizie al suo
amico ristoratore. Era venuto a sapere nome, cognome e dove
alloggiava insieme ai suoi due amici. La sua seconda mossa
fu quella di inviare un mazzo di rose all‟indirizzo
dell‟albergo dove alloggiava Anna. Aveva scelto un misto di
rose rosse e arancio. Per farle intendere che c‟era un accenno
di passione ma anche interesse al fascino che lei possedeva.
Seguì un invito a cena che lei accettò.
Lui naturalmente continuò a stupirla con le sua spensieratezza e sicurezza economica soprattutto quando noleggiò un lussuoso motoscafo con marinaio a bordo e si fecero scorazzare
al largo di Scopello. Fu una giornata indimenticabile. Ebbe
solo qualche problema dopo pranzo per andare di corpo. In
effetti Claudio era afflitto da un incontenibile cacarella che
lo tormentava subito dopo aver mangiato. E siccome erano in
barca non c‟erano cessi a disposizione. Ma lui era abituato a
queste situazioni di emergenza e, fingendo di voler fare un
bagno rinfrescante, si era allontanato di una cinquantina di
bracciate, al riparo da occhi indiscreti. Finalmente aveva potuto liberarsi mentre il mare provvedeva contemporaneamente a lavargli il sedere e ad allontanare la risulta. Fortuna che
nessuno aveva avuto voglia di seguirlo, ma di questo non aveva dubbi: Salvo sonnecchiava al sole mentre Monica gli
reggeva la mano. Quanto ad Anna sembrava fosse in estasi
mentre si godeva il sole a poppa del grosso Riva.
A sera accompagnò i suoi ospiti in albergo.
Da quel momento, era sicuro, Anna gli avrebbe definitivamente aperto le gambe.
Purtroppo accadde l‟imprevisto e Anna dovette fare improvvisamente ritorno a casa, interrompendo la vacanza. Suo
padre era stato ricoverato in ospedale e la notizia l‟aveva
sconvolta al punto che si dimenticò completamente di Claudio, sostituito da questa nuova impellente necessità.
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L‟estate era passata e Claudio era rincasato nel monolocale
dove aveva la sua residenza. Prima di rientrare in servizio
dalle ferie stava passando al vaglio alcune pratiche in sospeso
e stava archiviando i ricordi piacevoli della vacanza trascorsa
a Scopello. Ripensò ad Anna che era passata fuggevolmente
attraverso il suo destino senza nemmeno che lui avesse avuto
la possibilità di approfondirne la conoscenza. Stava giusto
sorridendo quando squillò il telefono. Il suo sorriso si allargò
mentre apriva il telefonino e leggeva il nome di Anna sul
display. E mentre rispondeva con un “Pronto!” a trentadue
denti lei gli stava chiedendo se avesse voglia di rivederla. „In
fondo si erano lasciati repentinamente senza neanche la possibilità di salutarsi‟. Claudio Cottafava era euforico. Mentre
chiudeva lo sportellino del suo cellulare aveva il presentimento che quella che gli era sembrata un‟occasione mancata
e destinata ad essere relegata tra quelle che lui aveva battezzato le storie orfane, cioè quelle avventure che avevano avuto
un accenno di partenza e poi si erano dissolte in un nulla di
fatto, correva il rischio di essere recuperata e condotta in porto.
Fu così che ad ottobre, dopo un lungo ed estenuante corteggiamento durato tre mesi, ma che lui stesso aveva deciso
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di prolungare tanto perché voleva che il polpo si cuocesse a
puntino nel suo brodo, finalmente si decise a fare il grande
passo. Si sentiva come il gatto che avendo ormai catturato il
topo si sollazzava a giocarci senza tuttavia affondare il colpo
fatale. Non subito.
Lei ormai presa e disposta a lasciarsi scappare sovente un
„Ti amo‟ lui sempre rigido e razionale, mai disonesto nei sentimenti, non promettendo mai niente di più di quello che si
era proposto. Galeotta fu la spiaggia di Gaeta, dove lei possedeva un casetta vicino al mare, fu lì in una calda sera di fine
ottobre che affondò lo stocco per la prima volta dentro il tenero corpo di Anna. Dovette confessare a se stesso che con
lei riuscì a provare quello che con molte donne, più razionali
e fredde, soprattutto se a pagamento, non era riuscito a saggiare. Anna era calda e passionale e, a suo dire, desiderosa di
recuperare tre anni di astinenza durante la quale era stata a
digiuno di proteine del fosforo.
Da ottobre ‟99 a marzo 2000 fu un continuo „ralliamiento‟
senza sosta che raggiunse la sua apoteosi nuovamente in quel
di Gaeta a Villa Irlanda dove Claudio dando il meglio di se
stesso, durante un fresco pomeriggio primaverile di Marzo
riuscì a scoparsela per ben cinque volte. Anna era estasiata
sembrava aver trovato pane per i suoi denti. Soprattutto aveva
scoperto un lato di se stessa che non conosceva. Aveva scoperto che il cazzo le piaceva. Cosa che con Ciro, il suo ex
marito, non era mai accaduto. Ma si sa, ogni uomo è diverso.
E diverso è il modo di entrare nell‟intimo di una donna. Ciro
era sbrigativo e risoluto, si limitava a infilarglielo dentro senza troppi preamboli, senza darle il tempo di accorgersi che
anche lei era una femmina e in quanto tale una potenziale
puttana. Claudio era riuscito dove Ciro aveva fallito: aveva
snidato la puttana che si nascondeva in lei.
Nei tre mesi che seguirono Claudio Cottafava dovette allontanarsi per impegni di lavoro e per un viaggio che lo condusse a Praga. Il contatto che doveva avere sul posto non si
fece vivo per cui si ritrovò con un sacco di tempo a disposi18
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zione che cercò di utilizzare nel migliore dei modi e cioè fottendo a ripetizione. Quella che doveva essere una trasferta
fatta di noiose conferenze e estenuanti riunioni con colleghi
con la puzza sotto il naso e per giunta infagottati in abiti grigi che emanavano un fastidioso fetore di naftalina si trasformò in una fase di terapia intensiva in cui mise a dura prova la
sua prostata e i suoi testicoli che furono spremuti fino a tirar
fuori litri di sborra. Aveva percorso quello che si sarebbe potuto chiamare „il giro sessuale del mondo in venticinque
giorni‟. Era quella che lui aveva definito la terapia del cazzo.
Claudio si concesse un sorriso di soddisfazione. Lui amava
coniare nuove definizioni e questa, con un briciolo di umano
narcisismo, gli sembrava particolarmente azzeccata. E in effetti in venticinque giorni trascorsi a Praga aveva attaccato alla sua cintura quasi tutte le più importanti bandierine del globo: le migliori fighe provenienti dall‟Africa, dall‟Asia,
dall‟Australia, persino dalla cara vecchia Europa erano passate sotto la rassegna della sua fava. Poteva dirsi sicuro di non
aver fatto mancare nulla al suo uccello.
In quel periodo si dimenticò completamente di Anna.
Al rientro a casa ci fu una riunione col suo dirigente di filiale,
un uomo infido, pronto a passare sul cadavere della madre
pur di realizzare profitti. Il dirigente aveva riunito tutti i promotori finanziari che facevano capo a quella banca poiché
aveva deciso di promuovere un nuovo pacchetto di investimenti: i cosiddetti P.F.P. e G.P.P. due oscuri acronimi che
stanno per Personal Financial Planning e Gestioni Patrimoniali Personalizzate. Due porcate che avevano la presunzione
di stabilire con larghissimo anticipo rispetto alle scadenze
convenute, la somma di denaro che presumibilmente sarebbe
maturata a fine gestione. Una vera cagata. E dire che fino ad
allora Claudio era riuscito a realizzare rendimenti superiori ai
tassi medi di mercato. Forse anche un po‟ di più rispetto alle
aspettative dei clienti. Tanto che, con alcuni di essi (circa una
decina), fra i più evoluti finanziariamente, convenne di ricevere una gratifica -calcolata ad personam- allorquando si realizzasse un extra rendimento. Questo accordo, nato all‟inizio
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del 1998 e sancito fino a tutto il 1999 prevedeva una liquidazione trimestrale delle spettanze. Sempre pagata cash ovvero
tramite assegni circolari intestati al traente e girati a terzi perlopiù sconosciuti. Tutto scivolò pacifico e senza forzature
benché questa pratica non rientrasse fra quelle contemplate
nell‟esercizio della professione di Promotore, pena la radiazione dall‟albo.
Poi giunse il 2000, con tutto il suo carico di paure e incertezze sia nel bene che nel male. Claudio riuscì a realizzare grazie ad argomenti di discussione come il famoso Y2K meglio
conosciuto come il baco del millennio, nuovi clienti, raccolta
di cash nuovo a pioggia e nuovi conti e budget raggiunti con
largo anticipo. Però di contro arrivò anche una inattesa novità: la New Economy e con essa tutta una sequenza di piccole
ed insignificanti aziende neo-quotate (che di li ad un anno sarebbero sparite) il cui valore in borsa raddoppiava di trimestre
in trimestre. Era il delirio alla sua massima apoteosi. A causa
di questa „Bolla Speculativa‟ tantissimi clienti cominciarono
ad essere affetti dalla sindrome di G. Gekko. Erano diventati
tutti maghi della finanza. I tassi di extra rendimento galoppavano al ritmo di due cifre al mese e tutti quelli che avevano
un accordo con Claudio cominciarono piano piano a defilarsi. Sostenevano di essere stati loro gli artefici del risultato e
pertanto non intendevano più pagare l‟extra pattuito. Questa
che per Claudio fu una piccola mazzata, più morale che economica, gli fece riflettere su come erano ingrati certi individui. Ma le cose tutto sommato andavano ancora bene per cui
decise di tenere botta e evitare di sollevare inutili polveroni.
Intanto cominciò a preparare una lista di dieci nomi. Con meticolosa precisione completò un archivio di dieci cartelle in
cui raccolse tutto il materiale riguardante i dieci clienti selezionati: numero di conto, numero di carte di credito, fotocopia di documenti e firme. E tutto quello che sarebbe potuto
servire per poter clonare un‟identità. Questo archivio segreto
fu depositato presso una cassetta di sicurezza di una banca
concorrente alla sua. Era convinto che l‟archivio un giorno
sarebbe potuto tornare utile.
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
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Dopo la fine di Novembre la storia con Anna ebbe
un‟impennata imprevista. Claudio cominciò a frequentare in
modo più assiduo quella che era cominciata ad essere per lui
non solo una passione sessuale. Tra fughe notturne a casa
sua, notti infuocate, scopate nel bel mezzo del sonno e risvegli con seghe e pompini tirarono avanti sino a pasqua del
2001. Fino a raggiungere l‟apoteosi in una vacanza a S. Maria di Castellabate dove il sogno della vita sembrò divenire
realtà. Giorni di mare, pomeriggi e notti di sesso sfrenato, cibi prelibati in ristoranti esclusivi arricchiti e annaffiati da vini
di eccezionale fattura.
Poi, ai primi di Maggio 2001, mentre era spaparanzato sul divano di casa dopo essersi fatto una spanciata luculliana arrivò
la mazzata mortale che mise fine a tutti i suoi sogni di gloria.
Anna si svegliò di soprassalto nel bel mezzo della notte. Era
madida di sudore e aveva il cuore che le batteva a mille. Si
alzò per andare in bagno e poi si avviò verso la cucina. La casa era grande e silenziosa i suoi due bambini dormivano tranquilli nelle loro camerette. Brunella, dieci anni, nella camera
attigua alla sua e Samuele, otto, in quella vicina alla cucina.
Aprì le persiane e buttò un‟occhiata all‟orologio attaccato su
in alto alla parete. Fuori era ancora buio pesto. Faceva freddo
a quell‟ora anche se erano ormai in pieno mese di maggio. Si
strinse forte nella vestaglia cercando di avere la meglio su un
brivido di freddo che sembrava volerla paralizzare e si accin21
Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
se a prepararsi una tisana calda. Guardò nella dispensa e scelse come essenze la vaniglia e il limone.
Mentre sorseggiava la bevanda bollente e un benefico calore
cominciò a diffondersi in tutto il corpo iniziò a fare il punto
della situazione. Aveva un ritardo di una settimana sul ciclo
mestruale e ciò era anomalo data la proverbiale precisione del
suo corpo. Questo poteva significare una cosa sola. Al pensiero fu scossa da un altro brivido di freddo. Alla fine aveva
preso una decisione: doveva fare il test di gravidanza. Era
l‟unico modo per mettere fine a quell‟angoscia che la stava
distruggendo. Al pensiero di quella decisione presa si rincuorò e con animo più sereno si avviò di nuovo verso la sua camera da letto, si infilò sotto le coperte e si addormentò. La
mattina seguente era in farmacia per acquistare una confezione per fare il test sull‟urina e la sera stessa era chiusa in bagno a piangere sulla striscetta di reagente che aveva assunto
un colore rosso e cioè positivo.
Anna volle fare un ulteriore verifica e la mattina dopo
chiamò il suo ginecologo che le fissò un appuntamento per il
pomeriggio stesso presso il suo studio.
Ora Anna era sconvolta. L‟ecografia non aveva lasciato spazio ad eventuali dubbi e l‟esame aveva confermato che sì, era
irrimediabilmente incinta.
All‟uscita dello studio del ginecologo Anna era terrorizzata.
Non aveva trovato niente di meglio da fare se non sfogare la
sua angoscia girovagando in auto per chilometri e chilometri.
Cosa avrebbero pensato i suoi genitori? E i suoi figli che avrebbero detto? Lei era una donna sola e separata dal marito,
non aveva attenuanti ne giustificazioni se non la consapevolezza di essersene andata in giro a scopare come una cagna in
calore e adesso si portava a casa la conseguenza del suo errore. Alla fine prese una decisione. Si fermò in una piazzola di
sosta e dopo aver emesso un lungo sospiro si decise a fare
una telefonata.
Claudio Cottafava era spaparanzato sul divano quando il
cellulare cominciò a squillare. Si trovava nella casa al mare di
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
proprietà dei suoi genitori mentre questi erano assenti e, insieme ad Olga, una amica rumena che aveva conosciuto quella mattina in spiaggia, aveva dato fondo ad un pasto principesco. Claudio aveva chiamato al telefono il gestore di un ristorante a meno di un chilometro di distanza dalla sua casa e
questi essendo un suo amico aveva acconsentito a mandargli
il pranzo a domicilio. „Naturalmente per due, Gualtiero‟ era
stata la raccomandazione di Claudio al telefono. E Gualtiero
era scattato sugli attenti alla richiesta del suo amico. In fondo
era grazie alle preziose consulenze di Claudio se ultimamente aveva fatto degli ottimi investimenti e guadagnato un sacco
di soldi. In compagnia di Olga ci avevano dato dentro in tutti
i sensi: Claudio si era scopato per ben due volte la bionda sirenetta riempiendola vigorosamente col suo cazzo e col suo
seme. Avevano mescolato il cibo al sesso e si erano anche
scolato un‟intera bottiglia di ottimo Greco di Tufo. Ora mentre la ragazza, per niente sazia, gli stava succhiando sapientemente l‟uccello quel cazzo di telefono si era messo a squillare. Era tentato di non rispondere ma poteva trattarsi di un
cliente importante e anche se i suoi sensi erano annebbiati
dall‟alcool e dal pompino in corso decise di allungare la mano per afferrare quell‟aggeggio infernale. Lo aprì senza guardare neanche chi fosse e rispose:
“Pronto.”
“Ciao sono Anna.” disse la voce dell‟interlocutore all‟altro
lato della linea. Claudio ebbe un leggero sussulto poi si chinò
a guardare verso il basso. La bionda testa di Olga continuava
nel suo movimento altalenante e le labbra e la lingua lavoravano con la sapienza di un‟esperta.
“Devo palarti, è urgente.” continuò la voce lamentosa di
Anna “Si tratta di una cosa importante”.
Claudio fu quasi sul procinto di bestemmiare. Avrebbe
dovuto spegnere quel cazzo di telefono. Quella stronza di
Anna aveva scelto di rompergli i coglioni proprio quando si
stava facendo fare uno dei migliori bocchini della sua carriera
di puttaniere.
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
“Vedi,” continuò la voce monotona e cantilenante di Anna
“Ho appena scoperto di essere incinta”.
Quelle parole arrivarono proprio mentre il primo fiotto raggiungeva il fondo della gola di Olga e mentre istintivamente
balzò in piedi il suo pene si sfilò dall‟abbraccio umido di
quelle labbra e cominciò ad emettere numerosi schizzi di assestamento che Olga fece attenzione a ricevere tutti in pieno
viso, per potersi poi spalmare la preziosa crema sulla sua pelle giovane ed elastica. Claudio per un attimo credette di sognare e di essere immerso in uno dei peggiori incubi che mai
avesse avuto. Probabilmente quel mix di cibo, vino e sesso
gli stavano giocando un bruttissimo scherzo. Si diede uno
scossone e con voce stridula gridò nel microfono del telefono:
“Cosa stai dicendo?”
“Hai sentito bene, sono incinta”.
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
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“Ma ne sei proprio sicura?”
Claudio aveva raggiunto Anna di buonora quella mattina e si
erano incontrati presso un bar di un paesino dell‟entroterra.
Ora, davanti a un cappuccino e un cornetto, che nessuno dei
due aveva ancora toccato, si stavano guardando come se si
fossero visti per la prima volta in vita loro.
“Purtroppo sì.” confermò Anna, “Me l‟ha detto un signore
che si chiama Predictor, confermato da un altro signore che si
chiama Ginecologo”.
Claudio sospirò. Capì che ormai non aveva scampo e dovette
prendere la sua decisione.
In breve liquidò il suo monolocale, fece i bagagli e si trasferì
nella casa di Anna. Da quel momento sarebbe iniziata la sua
discesa all‟inferno.
Claudio era sconvolto. In un tempo che gli sembrò brevissimo si trovò proiettato a condurre una vita completamente diversa da quella che lui era abituato a vivere. Da single impenitente si trovò a recitare il ruolo insolito di padre e di marito
in una famiglia allargata con una donna che conosceva appena e principalmente solo dal punto di vista sessuale con due
figli che presto sarebbero diventati tre. E tutto questo capitava in un momento particolarmente delicato della sua vita.
Anche dal punto di vista finanziario.
Il 2001 fu considerato l‟anno peggiore per quanto riguardava
la crisi dei mercati finanziari grazie all‟influenza disastrosa
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
prodotta dal governo di George W. Bush. L‟apoteosi si verificò l‟11 settembre a seguito del crollo delle torri. Il panico
generale era dilagante e le vendite a perdere furono innumerevoli. A seguito di ciò Claudio ebbe più volte occasione, negli anni a venire, di dover testimoniare per cause di divorzi
durante le quali poté cogliere la gradevole occasione di rifilare una dolorosa stoccata al perverso ego di quelle luride troie
mascherate da innocenti e vituperate massaie. Una delle quali
ebbe anche occasione di trombarsi offrendole una spaghettata
a casa sua condita con pomodoro fresco arricchito con succo
dei suoi testicoli che la troia in questione dimostrò di gradire
molto.
Mercoledì 12 Settembre 2001, il giorno successivo al crollo
delle torri, quel ricottaro sottodotato del manager responsabile dell‟Agenzia di Caserta, in un momento in cui Claudio e i
suoi colleghi di prima linea erano totalmente sotto choc, con
un sorriso isterico e tirato, ebbe la faccia tosta di dire: “Signori, sapete una cosa? Alla luce dei recenti drammatici eventi, dopo una sofferta decisione, l‟azienda non ritiene più
strategico puntare il suo „core business‟ sul P.F.P. e sulle
G.P.P.”
Così dopo aver evangelizzato per quasi quattro anni una certa
filosofia operativa, e dopo aver costretto loro ad accettare un
indegno ricatto economico, poiché l‟uso di questi cosiddetti
strumenti di relazione prevedevano delle provvigioni piuttosto elevate, si sentirono scaricati letteralmente. Furono lasciati in pasto alle belve. Clienti inferociti che scappavano capitalizzando perdite, che potevano essere contenute, clienti che
avrebbero avuto solo voglia di fare a pezzi i promotori, colpevoli di aver suggerito di non diminuire assolutamente
l‟azionario. E questo perché il dictat aziendale era quello.
Tutto questo ebbe un riverbero devastante su Claudio che non
poteva accettare di subire passivamente ed ingiustamente le
conseguenze del delirio scellerato di chi, da dietro una comoda poltrona di Board partoriva certi aborti e la sera, una volta
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Passaggio per l’Inferno
sotto le lenzuola, non aveva altra preoccupazione che scoreggiare nella seta.
Claudio si sentì tradito. Era stato ingannato subdolamente.
Doveva fare qualcosa, assolutamente. Fu allora che decise di
tirare fuori il foglio conteggi custodito nell‟archivio depositato nella cassetta di sicurezza, sul quale erano aggiornati i suoi
emolumenti mai pagati. Emolumenti a suo tempo pattuiti con
i dieci clienti speciali. Claudio era sicuro che, dato il difficile
momento, era fuori luogo pretenderne il pagamento ma tentò
lo stesso, avvalendosi di un diplomatico dialogo. Incontrò ad
uno ad uno tutti e dieci i suoi clienti speciali, si sforzò di trasmettere un suo legittimo diritto, ma fu tutto inutile. Se ne
fregarono elegantemente e, con un sorriso sardonico stampato
sulle labbra tirate, aggiunsero che era colpa sua se stava perdendo. Era colpa sua e pertanto era giusto che se lo prendesse
nel culo. Claudio fu scosso da un sinistro fremito di nervosismo e prese una decisione. In un modo o nell‟altro si sarebbe
girato e sarebbe stato lui a metterlo nel culo a loro. E senza il
beneficio del luan.
Tirò fuori il suo archivio segreto e cominciò a sfogliarlo.
Cominciò dai più facoltosi, a seguire quelli che avevano realizzato i maggiori profitti e lasciando per ultimi quelli con
somme più modeste, ma comunque più che degne. Nel giro di
quasi un anno tra ordini di compravendita titoli, assegni bancari e circolari, ordini per bonifici, disposizioni di pagamenti
e addebiti vari, falsificò circa una sessantina di firme su documenti e assegni.
In un delirio di onnipotenza, ma dovuto soprattutto alla
necessità di sfogare una rabbia repressa e frustrata dai torti
subìti e dalla situazione di castrazione in cui si trovava cominciò a darsi a spese pazze. Acquistò non una ma ben due
auto, poi fu la volta di un super tecnologico stereo CD navigatore e di un altro stereo con impianto TV analogico. Ciascuno in una rispettiva vettura. Ci furono un paio di viaggi,
uno scooter e tre biciclette e siccome era il 4 ottobre decise di
regalarne una ad un caro amico che festeggiava quel giorno.
Acquistò diversi cellulari, per se e per la sua famiglia. Tutto
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Passaggio per l’Inferno
questo grazie alle over commission che anche se non volontariamente pagate dai suoi clienti, lui aveva deciso di incassare lo stesso.
Tutto sembrava scorrere liscio come l‟olio ma ci fu un inatteso e doloroso evento.
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Passaggio per l’Inferno
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Era fine febbraio 2002 quando due suoi grossi ex clienti lo
convocarono nella loro dimora. Non rientravano nella lista
dei clienti insolventi, avevano avuto con lui un tradizionale
rapporto di lavoro.
Quando Claudio, alla fine di un viaggio in macchina di
un‟ora e mezza arrivò alla villa bunker di Salvatore Nuzzo e
Domenico Badalamenti, rispettivamente nipote e zio nonché
soci in affari, si rese conto chi fossero i suoi interlocutori. Un
brivido gli attraversò la schiena mentre si accingeva a premere il dito sul campanello e la sensazione di disagio si accentuò
notevolmente alla vista della donna, completamente vestita di
nero, come una vedova in lutto, che lo accolse al di la
dell‟ingresso. Mentre Claudio, scortato dalla Vedova attraversava il corridoio che lo avrebbe condotto al salone dove i
due soci lo stavano attendendo fu colpito dalla freddezza
dell‟ambiente che, seppur riccamente arredato, non riusciva a
celare una nota di gelo che si sprigionava dai marmi e dagli
arredi di tipo pacchiano. C‟era qualcosa che non andava in
quella casa: non c‟era vita. Tutto era spento, privo di vitalità,
morto, come in un museo. Mentre procedeva verso il fondo
del corridoio ebbe la stessa sensazione che si prova attraversando il varco di un cimitero.
Nuzzo e Badalamenti stavano attendendo seduti all‟estremità
di un grande tavolo rettangolare. Sedie dagli schienali alti erano ordinatamente accostate ai loro posti, sotto di esso. Il tavolo era coperto da una spessa tovaglia lavorata a mano con
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
l‟uncinetto, probabilmente opera della trisavola ormai passata
a miglior vita. Al centro un grosso vaso di cristallo conteneva
dei fiori artificiali che accentuavano la percezione di luogo
tetro e di morte. Domenico Badalamenti, il più vecchio, sedeva a capotavola. Alla sua destra Nuzzo, il nipote, con la sua
stazza da buttafuori, collo taurino e capelli tagliati cortissimi
alla naziskin fissava la sedia vuota appena staccata dal tavolo
di fronte a lui. Claudio lanciò una rapida occhiata per valutare
il nuovo vasto ambiente in cui si trovava adesso. Tutto era
freddo e impersonale come il resto della casa. Posò lo sguardo sui due: al dito di Nuzzo spiccava un grosso anello d‟oro a
forma di testa di leone che esprimeva quanto volgari fossero i
gusti del suo proprietario. I loro occhi e la loro espressione
gelida, come l‟ambiente che li circondava, non lasciavano
presagire nulla di buono.
Dopo uno snervante scambio di convenevoli, finalmente misero le carte in tavola. Pretendevano di sapere da Claudio che
fine avessero fatto i loro centotremila euro di perdita. Pochi
giorni prima un direttore di un‟altra banca si era recato presso
di loro per convincerli a passare tutto nella sua banca. E, sentendo nominare il nome di Claudio e la banca che rappresentava, chiese di fare una verifica degli investimenti, per un
omogeneo confronto. Col cazzo omogeneo! Quel pezzo di
merda aveva rapportato la loro G.P.P. con un paniere di titoli
di stato a medio termine (BTP a cinque anni al 5% lordo annuo fisso). Con quel confronto Claudio era messo col sedere
a terra. I due soci con loro perdevano cumulativamente centomila euro.
Claudio tentò, senza successo, di dimostrare la profonda differenza fra le due soluzioni finanziarie rimarcando che quella
stipulata con lui era più suscettibile della variabilità dei mercati, cosa di cui peraltro si era già parlato in sede di sottoscrizione della stessa. Ma, ahimè, con certi individui è inutile ragionare, per quelle persone, quando non si capisce una cosa
scatta la violenza. Badalamenti, tamburellando nervosamente
con le dita sul tavolo, con impazienza e annoiato da quei di30
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Passaggio per l’Inferno
scorsi che a lui non interessavano un beato cazzo, facendo da
portavoce disse:
“Sì, dottò, tutt chell che vuie ricit, ma… nuje vulimme i
sord nuost”.
E nel dire questo, chiudevano ogni negoziato pacifico. Allora
Claudio decise di giocare d‟anticipo e formulò la domanda:
“Cosa mi chiedete di preciso? Non possiedo tutto il denaro, mi occorrerà tempo.”
La risposta fu altrettanto lesta:
“Dottò, e qual‟è il pobblema?. Allora facciamo… il 30% a
breve. Il resto con comodo al 10% annuo. Ma gli interessi ce
li pagate in anticipo, prima di Natale, ogni anno.”
Claudio incassò duramente il colpo ma non batté ciglio.
Aveva capito cosa chiedevano i due soci. A breve significava
entro sette giorni. Non oltre. Con comodo significava: „appena sappiamo che hai i soldi ce li porti‟.
Il 30% era grosso modo poco più di quello che restava degli
emolumenti non pagati dai clienti insolventi e che Claudio si
era ripromesso di recuperare. Adesso sarebbe servito per loro.
Un futuro nero, saturo di nuvoloni grigi e minacciosi si
prospettava all‟orizzonte. Claudio si rese conto che quella che
si era ritagliata come buona uscita dalla banca si era immediatamente volatilizzata. Dovette dare un addio ai suoi sogni
di gloria.
Fu cosi che, con una certa fretta, ma facendo molta attenzione
a non farsi sgamare in banca, cominciò a liquidare quanto necessario per onorare l‟impegno. Dopo otto giorni esatti fu
cortesemente invitato per un caffè nella villa dei signori Nuzzo & Badalamenti e fu lì che fece il versamento: in contanti e
in tagli da dieci, venti e cinquanta euro. Quei bastardi erano
stati maledettamente in gamba. Lo tenevano per le palle.
Nel frattempo i mercati continuavano a perdere e Claudio
dovette correre ai ripari con loro.
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A oltre cinquecento chilometri di distanza, sul dolce pendio delle colline senesi in un casolare costruito su un antico
monastero l‟uomo in kimono nero si accingeva ad eseguire il
suo allenamento quotidiano. Una brezza leggera impreziosita
dal dolce profumo del fieno tagliato di fresco spirava dal versante nord orientale. Nell‟ampio spazio che un tempo ospitava il chiostro del monastero erano sistemati, in una posizione
strategica, dodici fantocci con scheletro costruito in bambù e
rivestiti con strati di fibre vegetali e paglia intrecciata in modo tale da ottenere la consistenza e la resistenza offerta da un
ipotetico corpo umano. I dodici fantocci impersonavano i
nemici da affrontare. L‟uomo in kimono si dispose nella posizione di guardia e con un gesto rapidissimo sfilò la lama
della sua Nihonto dal Saya di antico legno di magnolia.
L‟acciaio lucente emise un bagliore accecante incontrandosi
con i raggi del sole di quel primo pomeriggio. La luce del
primo mattino si apprestò ad iniziare la sua danza di morte.
Con passi e movenze studiati e ripetuti negli anni e con movimenti del corpo precisi e rapidi, l‟uomo in kimono cominciò il suo esercizio. La lama iniziò a mulinare nell‟aria sibilando e divenendo quasi invisibile agli occhi ma il suo passaggio era reso evidente dalle teste e dalle braccia che volavano via, dalle gambe troncate e dai busti spezzati a metà.
Dopo appena quattordici secondi l‟esercizio era terminato. La
lama con movimento fluido e preciso fu riposta nella sua antica e naturale sede che la celava allo sguardo di chi non doveva vederla se non prima di morire. Sull‟antico lastricato
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monconi di braccia e di gambe e teste decapitate facevano da
testimoni all‟eccidio che si sarebbe compiuto se al loro posto
ci fosse stata vera carne umana, e invece delle fibre vegetali
un fiume di sangue sarebbe colato lungo l‟intera superficie
del chiostro.
L‟uomo in kimono si rilassò e cominciò ad avviarsi con passo
indolente verso il patio proprio mentre il vecchio telefono a
disco combinatore assicurato alla parete cominciò a trillare.
Senza fretta lo raggiunse e staccò la pesante cornetta dalla
base. Avvicinò il microfono all‟orecchio e senza neanche rispondere ascoltò la voce del suo interlocutore. Dopo meno di
un minuto, in silenzio, depositò la cornetta sulla sua base e
sospirò. Era giunto il momento di intervenire di persona affinché le interferenze al suo piano fossero eliminate. Preparò
le poche cose essenziali che gli sarebbero servite e le sistemò
nel baule del suo fuoristrada insieme alla sua inseparabile
spada. L‟indomani sarebbe partito alle prime luci dell‟alba.
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Quando si recò a Natale per gli auguri e per il regalo pattuito
del 10% Claudio aveva preso una decisione. Si era guardato
intorno e aveva individuato nei familiari di Anna coloro che
probabilmente avrebbero potuto dargli un po‟ di ossigeno.
Avvalendosi della garanzia di Ninotto ottenne un prestito
dall‟amico banchiere, Astolfo, per un ammontare di circa
ventottomila euro. Di questi, dopo continui rinvii e negoziazioni riuscì a restituire solo una piccola parte, pagando notevoli interessi. Annaspò alla ricerca di altri finanziatori ricorrendo ad entrambi i cugini di Anna. Dapprima Nello il
Grande dal quale spuntò tremilaquattrocento euro e poi suo
cugino Nello il Pazzo per ben due prestiti di circa duemila euro ciascuno. Di queste somme riuscì a restituire solo un assegno di milleseicento euro a Nello il Pazzo che lo aveva incalzato con una frequenza asfissiante togliendogli quasi il respiro con le continue richieste di restituzione del debito. Alla fine Ninotto dovette coprire, in quanto garante, la rimanente
somma di diciottomila euro, frutto del prestito offerto da Astolfo (ad un interesse del 20% annuo) che restituì in due
trances all‟amico banchiere.
Quella che Claudio aveva creduto fosse una via d‟uscita si
era trasformata in un viaggio verso il baratro.
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Passaggio per l’Inferno
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L‟uomo in tuta da motociclista scrutò col binocolo in direzione della villa bunker a trecento metri di distanza più a valle.
La visuale era ottima anche se la luce a quell‟ora cominciava
a scarseggiare. Erano sei giorni che teneva d‟occhio la costruzione e i suoi occupanti. Aveva notato i sistemi di sorveglianza che erano stati installati. Parecchie telecamere erano
sistemate in punti strategici sugli alti muri di cinta che proteggevano la villa ed altre ancora erano nascoste in angoli decisivi per la sicurezza e la tutela dei suoi loschi abitanti. Non
c‟era modo di avvicinarsi senza essere individuati. Ma a lui
tutto questo non interessava. Non aveva certo intenzione di
intrufolarsi in quel covo di serpenti. Il suo obbiettivo era un
altro e l‟aveva individuato. I due soci, Nuzzo e suo zio, avevano fatto di quell‟abitazione la loro casa e del vasto seminterrato la loro bottega per cui non era necessario uscire
all‟esterno per svolgere l‟attività lavorativa di fabbricanti di
mattoni in cemento. Si erano protetti bene. Ma la cosa fondamentale era che potevano contare della massima discrezione per poter portare avanti la loro vera attività che era quella
di riciclatori di denaro sporco. Visto da questa ottica i due
apparivano inavvicinabili in quanto erano ben protetti dentro
le mura del loro castello.
L‟uomo si concesse il beneficio di un sorriso: non esistevano
persone inavvicinabili. Anche il più prudente e riflessivo degli uomini possedeva un punto debole. Bastava scoprirlo. E
nel caso di Salvatore Nuzzo il punto debole era legato ad una
delle peggiori devianze dell‟essere umano e lui osservandolo
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l‟aveva scoperto. Fece scattare la serratura del vano sottosella
della sua Ducati ST3 nera e vi depositò il binocolo. Poi si pose in paziente attesa. Sapeva che Nuzzo di li a poco si sarebbe
mosso per uscire dal suo bunker e recarsi al solito posto dove
si consumava la sua insana passione, il suo vizio segreto.
L‟aveva già seguito per ben due volte, con discrezione e attenzione, e aveva notato una certa ripetitività nelle sue abitudini. Cosa questa che faceva di lui un bersaglio facile e vulnerabile.
Dopo un‟attesa di mezz‟ora il cancello principale della villa cominciò ad aprirsi e una Mercedes blu notte varcò
l‟ingresso cominciando a percorrere il viale privato per immettersi sulla statale. L‟uomo in tuta indossò il casco integrale nero sul sottile passamontagna da motociclista e inserì la
chiave nel cruscotto della Ducati. Girò nella posizione di
Start e spinse il bottone di accensione. Il potente bicilindro da
992 centimetri cubi emise un ruggito sommesso e si avviò.
L‟uomo liberò la moto dal cavalletto e ingranò la marcia. La
sua tuta nera e il casco integrale lo mimetizzavano rendendolo parte integrante della possente moto che stava cavalcando.
Con uno scatto simile a quello di una pantera inferocita si
proiettò sulla strada e in brevissimo tempo raggiunse il punto
che aveva scelto per tendere l‟agguato alla Mercedes di Nuzzo. Nascose la moto al riparo di un albero e tirò fuori il rotolo
di gomma chiodata che aveva preparato. Lo sistemò di traverso alla carreggiata e si nascose tra gli alberi in attesa
dell‟arrivo del suo bersaglio.
Salvatore Nuzzo era l‟incarnazione del classico teppista.
Di aspetto rozzo e possente, con un‟ossatura massiccia e un
collo taurino che sorreggeva un cranio grosso e dall‟aspetto
poco intelligente aveva sin da piccolo imposto la sua presenza, ricorrendo alle semplici regole stabilite dalla legge del
più forte. Cresciuto in un piccolo paese dove il crimine e la
violenza erano l‟unica dottrina a far da padrone si era ben
presto adattato alle circostanze e grazie al suo carattere bellicoso e violento presto si era guadagnato un posto di tutto rispetto tra gli esecutori materiali di un clan di camorristi. Non
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aveva sulle spalle reati riconducibili all‟omicidio ma aveva
più volte ridotto malamente persone la cui unica colpa era
stata quella di trovarselo sulla loro strada. Nel corso del tempo era diventato uno dei picchiatori maggiormente utilizzati
dal Clan dei Cani Sciolti per convincere gli inadempienti a
versare il pizzo sulla protezione.
Nuzzo pur avendo ormai raggiunto l‟età di quarantadue
anni non si era mai sposato. E questo non perché non volesse
avere una famiglia o non gli piacessero le donne. Anzi. Il
problema era sorto dal momento in cui si era accorto di essere
affetto da una strana forma di impotenza. Pur provando desiderio verso il sesso femminile, non riusciva a raggiungere
un‟erezione che gli consentisse di avere un normale rapporto
sessuale con una femmina. Aveva provato in tutti i modi, aveva ingaggiato puttane giovani e belle le quali si erano prodigate in ogni sorta di giochetto erotico, ma niente. Il suo uccello era rimasto inerte e penzoloni in mezzo alle sua gambe.
Nuzzo era sconfortato e deluso ma ancor di più maledettamente in collera. Purtroppo però nulla era valso ad aiutarlo a
superare quel tragico problema che ormai lo affliggeva da
tempo e non gli permetteva di poter sfogare la voglia che aveva dentro di se. Un giorno la soluzione era arrivata inaspettata come tutte le cose che ormai con rassegnazione non si
cercano più e lo aveva colto di sorpresa. La sorpresa era stata
ancora più grande quando poi si era reso conto che quella era
l‟unica via possibile per poter ottenere un orgasmo.
Era una sera di ottobre e aveva deciso di inoltrarsi nel fitto
della campagna circostante in cerca di funghi porcini. Mentre
procedeva con cautela aveva intravisto una macchina parcheggiata al riparo degli alberi. I vetri appannati e
l‟inconfondibile movimento sussultorio dell‟auto gli avevano
subito fatto intendere che si trattava di una coppia di innamorati che stavano scopando. Aveva già deciso di allontanarsi
quando gli sembrò di sentire come un fremito proveniente
dalla zona dei pantaloni in mezzo alle sue gambe e mentre lo
stupore si faceva ancora più grande sentì un‟erezione gonfiargli la patta così come non ricordava dai tempi
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dell‟adolescenza. Nuzzo si era avvicinato con estrema cautela
alla macchina e nascosto da un folto cespuglio aveva potuto
assistere al coito che si stava svolgendo all‟interno di quello
stretto abitacolo. La vista dei corpi nudi e sudati dei due amanti gli aveva provocato un‟eccitazione così forte da procurargli un‟erezione incontenibile, quasi dolorosa, tale che non
poté resistere alla tentazione e al desiderio di masturbarsi.
Freneticamente, quasi tremando, aveva tirato fuori l‟uccello e
con pochi rapidi movimenti della mano aveva raggiunto un
orgasmo così violento che per poco non era crollato a terra in
ginocchio. Quando in silenzio, furtivamente si era allontanato, aveva pensato a quello che gli era successo. Dapprima era
rimasto sconvolto e confuso nello scoprire di essere uno
sporco guardone ma poi si era detto: „Chi se ne frega?‟. In
fondo il fine giustifica il mezzo e se quello era il sistema per
poter raggiungere un orgasmo lui l‟avrebbe perseguito. A
qualsiasi costo.
Era immerso nel turbine di quei lontani ricordi quando si
accorse che qualcosa non andava nella guida della macchina.
Improvvisamente l‟auto stava procedendo a fatica, come se
camminasse sui cerchioni nudi delle ruote. Nuzzo accostò alla destra della carreggiata e scese dall‟auto. Una rapida occhiata alle ruote gli fece capire immediatamente la gravità
della situazione. Mentre girava intorno all‟auto bestemmiando poté accertare che tutte e quattro le gomme erano irrimediabilmente fuori uso. Il crepuscolo stava rapidamente cedendo il passo alla sera e a quell‟ora per quella strada non
passava anima viva. Era ancora intento a pensare al da farsi
quando vide la sagoma in tuta nera da motociclista che sbucava dai cespugli ai lati della strada e prima ancora di chiedersi cosa stesse accadendo il suo sesto senso allenato da anni
di esposizione al pericolo gli fece intendere che le cose si
stavano mettendo male.
Il motociclista si tolse il casco integrale però tenne il passamontagna. Riteneva fuori luogo che Nuzzo vedesse la sua
faccia, a meno ché non fosse stato costretto ad ucciderlo. Si
avvicinò lentamente con passo studiato e con l‟andatura im39
Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
posta da anni di severi allenamenti. Le gambe leggermente
divaricate e le mani lungo il corpo pronte a scattare. Gli occhi
fissi in quelli del suo interlocutore pronti a percepire ogni
possibile movimento sospetto. Si fermò a tre metri di distanza
prima di parlare.
“Salve Nuzzo” disse con voce neutra. L‟altro lo scrutò con
diffidente curiosità. Stava cercando di capire se si trattava di
una sua conoscenza, di qualcuno che in passato avesse avuto
a che fare con lui e adesso veniva a recriminare soddisfazione. Il fatto stesso che tenesse il viso nascosto da quella specie
di maschera nera non faceva optare per niente di buono.
“Chi cazzo sei?” chiese cercando di imporre un tono minaccioso nella voce ma accorgendosi di non essere riuscito
nell‟intento.
“Sono un amico e vengo a proporti un affare”
Nuzzo rimase zitto e immobile. L‟imboscata che gli era stata
tesa non riteneva che fosse il mezzo più idoneo per trattare di
affari e quindi cominciò ad elaborare, per quanto il suo cervello glielo consentisse, un piano per uscire indenne da quella
situazione di evidente pericolo. Il motociclista continuò nella
sua esposizione: “So che tu e tuo zio state ricattando un mio
amico, estorcendogli denaro che non vi deve. Ebbene vi chiedo di lasciarlo perdere e questa storia finirà senza conseguenze.”
A quelle parole la faccia di Nuzzo si contorse in una maschera di disgusto. Sputò per terra mentre con voce colma di disprezzo chiedeva chi fosse l‟amico in questione.
“Si tratta di Claudio Cottafava. Lasciatelo in pace”.
Al nome di Cottafava, Nuzzo cominciò a ridere. “Chillu
strunzillo „e mmerda” disse mentre la risata diventava inarrestabile. Il Motociclista aspettò pazientemente che lui smettesse di ridere prima di ripetere la sua richiesta. Il tono era sempre neutro e distaccato. “Lasciatelo in pace” esclamò.
“Perché non è venuto lui a chiedermelo? S‟è cacato sotto,
eh?”
Il motociclista puntò i suoi occhi neri come la notte in quelli
del suo interlocutore guardandolo con la stessa considerazio40
Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
ne che avrebbe usato per guardare un verme, poi le sue labbra
si mossero in un sussurro.
“Claudio non è tipo da poter competere con una merda
come te”.
Sentendosi insultare Nuzzo si imbestialì e commise il suo
primo errore.
“Piezz e‟ mmerda” urlò mentre si proiettava in avanti e
infilava una mano in tasca tirandone fuori un coltello a serramanico con apertura a scatto. Nell‟attimo stesso in cui lo
puntava contro il motociclista aveva già commesso il suo secondo errore e contemporaneamente aveva firmato la sua
condanna a morte.
Mentre faceva scattare la lama del coltello Nuzzo si era
già lanciato contro il motociclista. Il movimento fu rapido ma
non abbastanza. Il Motociclista intuì il gesto ancor prima che
questi lo mettesse in pratica e mentre Nuzzo si proiettava sbilanciandosi in avanti si era già piegato sul suo lato sinistro
schivando l‟attacco. Contemporaneamente aveva sollevato
l‟anca e sfruttando la rotazione dell‟articolazione sommata alla forza schioccante del ginocchio aveva fatto partire un mawashi-geri, un potente calcio circolare, colpendo Nuzzo al
plesso solare. Il colpo sebbene molto forte non mise KO
l‟avversario ma lo fece piegare in avanti. Il Motociclista approfittò del vantaggio per portarsi di fronte all‟uomo e caricando di nuovo l‟anca replicò il colpo centrando in piena faccia col collo piede il suo antagonista. Si udì nettamente lo
schiocco sinistro delle ossa nasali che si frantumavano e dei
denti che si spezzavano. Nuzzo però era un uomo forte e le
sue strutture erano dure come l‟acciaio. Cadde a terra ma non
perse i sensi e continuava a brandire minacciosamente il suo
coltello. A questo punto il motociclista si tolse il passamontagna rivelando la sua faccia all‟uomo che sanguinava copiosamente dal naso e dalla bocca. Osservò quel viso ridotto ad
una maschera sanguinolenta ma nei suoi occhi non c‟era nessun segno di pietà. Mentre Nuzzo cercava di rimettersi in
piedi aprì la cerniera della tuta di pelle e tirò fuori la sua Tau41
Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
rus Judge .410 che aveva caricato con cartucce a pallini
d‟acciaio. In questo modo non ci sarebbero state tracce per
individuare la pistola che aveva sparato. Armò l‟otturatore
puntò la canna mirando al gomito del braccio armato del suo
avversario e sparò. Il colpo squarciò l‟articolazione
dell‟uomo che si accasciò a terra urlando come un ossesso.
Dall‟orribile ferita un ruscello di sangue sgorgava allargandosi rapidamente in una chiazza sul terreno. Il motociclista si
avvicino all‟uomo a terra e gli puntò la pistola alla nuca.
“Stasera dormirai all‟inferno” disse con voce quasi disumana, poi sparò. Un attimo dopo Nuzzo smise di muoversi.
Prima di andarsene il Motociclista sfilò l‟anello d‟oro che
Nuzzo portava all‟anulare della mano destra e se lo ficcò in
tasca. Raggiunse la sua Ducati ST3 e vi montò sopra. Staccò
il casco dal manubrio e lo indossò, poi avviò il motore. Un attimo dopo era già sparito nella notte.
Tre giorni dopo il ritrovamento del cadavere di Salvatore
Nuzzo suo zio, Domenico Badalamenti, uscì alle nove del
mattino dalla sua abitazione per recarsi in banca per effettuare il versamento di alcuni assegni ma non fece più ritorno a
casa. Dopo aver atteso invano fino a tarda sera, la moglie
Concetta dette l‟allarme recandosi presso la stazione dei carabinieri del nucleo locale. Sei giorni dopo la denuncia di
scomparsa le fu recapitato un pacchetto anonimo tramite posta. Aprendolo scoprì con orrore che all‟interno vi era contenuto un sacchetto con tre sassi da calcestruzzo e un pugno di
sabbia. Era un messaggio in codice che lei ben conosceva.
Concetta da quel momento ebbe la conferma di essere ufficialmente diventata la vedova di Domenico Badalamenti.
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
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A gennaio, Anna dette alla luce una bambina, Diletta.
Claudio nonostante il lieto evento non riusciva ad essere sereno anche se circa due mesi prima la sorte gli aveva riservato un piccolo regalo. Aveva saputo tramite la cronaca locale
della tragica fine che aveva fatto Nuzzo e della inspiegabile
sparizione di suo zio Domenico. La vedova aveva dichiarato,
in una intervista al giornale, di aver ricevute le prove che dimostravano che il suo amato consorte era stato ammazzato
dalla camorra locale: sepolto vivo in un pilastro di cemento.
Claudio depositò il giornale sul tavolino. Era seduto comodamente nella saletta interna del bar Vanvitelli e stava valutando il da farsi di quella giornata. Un sorriso di soddisfazione si modellò sul suo volto tirato. L‟evento meritava di essere festeggiato. Chiamò il cameriere e si concesse il privilegio di un cappuccino accompagnato da un fragrante cornetto
alla crema. Riflettè per un attimo sulla situazione alla luce dei
nuovi eventi. La notizia era arrivata gradita ma tardiva. Se da
una parte l‟eliminazione dei due gli evitava di saldare il rimanente cinquanta percento, dall‟altra non gli aveva impedito
di indebitarsi irrimediabilmente con Ninotto. Si maledisse di
non aver atteso quel piccolo lasso di tempo. Ma come avrebbe potuto immaginare che quei due avrebbero fatto prematuramente una fine tanto orribile?
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
Si sa che le disgrazie non vengono mai da sole. Anzi a volte
si divertono a osservare delle scadenze insolite e singolari.
Infatti il giorno del compleanno di Diletta, sua figlia, gli arrivò la seconda mazzata in testa. Sette dei suoi clienti speciali
avevano presentato denuncia ai Carabinieri per certi ammanchi e la banca stava effettuando le sue indagini. Quella mattina era atteso dal direttore, il dottor Soriano. Sapeva già da
tempo che il direttore di quella filiale non era proprio un suo
fan. Anzi si poteva affermare che Soriano lo considerava come un peso sui testicoli da quando lui si era scopato Giulia,
una delle cassiere. Claudio aveva saputo in un secondo momento che Soriano corteggiava Giulia, e che in un certo senso
guardava a lei come a una probabile moglie, ma Giulia che
insolitamente non cercava carriere facili aveva fatto capire a
Claudio che gliela avrebbe mollata volentieri. Claudio non si
era accorto di Giulia finché questa non aveva cominciato a
corteggiarlo sfacciatamente. Lei non era la tipa che subito
colpiva col suo fascino, visto che di fascino non ne aveva neanche un briciolo. Era un soggetto del tutto normale, quasi
insignificante. Single, ma si sarebbe tranquillamente potuta
definire zitella, dato che ormai aveva raggiunto la quarantina,
non aveva molti corteggiatori. In effetti non era il tipo che
poteva attirare le voglie dei maschi e probabilmente non si
faceva una chiavata da un sacco di tempo. Claudio cominciò
a valutarla da un angolazione diversa. Capì che la ragazza era
arrapata e aveva voglia di una botta di vita. Certo lui impersonava il famoso fascino “Cottafava” ed era una preda difficile da raggiungere per una tipa come Giulia ma questa volta
volle fare un eccezione e le fece intendere che se avesse insistito con gli argomenti giusti le avrebbe fatto dare
un‟occhiata al suo cazzo.
Quando se l‟era portata a letto Giulia era stata
un‟autentica rivelazione. Certo era un po‟ pienotta, con seni
troppo abbondanti, ma in compenso aveva tirato fuori una libidine che aveva superato ogni sua aspettativa. Lui ne era rimasto piacevolmente sorpreso e dato che aveva una predilezione per il secondo canale le aveva chiesto se lo prendeva
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
anche dietro. Lei con un sorrisino malizioso e un‟occhiata
che la voleva dire tutta glielo aveva prima lubrificato con sapienti tocchi di lingua e successivamente lo aveva guidato lei
stessa attraverso quel sentiero stretto ma già varcato da altri
membri maschili. Alla fine aveva persino accettato di farsi
pisciare addosso.
Quando ebbe superato la soglia dell‟ufficio del direttore,
Alberto Soriano lo stava attendendo. Appollaiato sulla sua
enorme poltrona stile presidenziale, faceva finta di studiare
dei tabulati ma un sorriso malevolo trapelava da sotto il suo
testone che contrastava orribilmente col suo corpicino da nanerottolo. Mentre si dilungava in una complicata disquisizione in cui elencava i successi della banca ed esaltava le qualità
degli uomini che avevano contribuito a raggiungerli gli puntò
addosso due occhi che parevano le testate di due bazooka.
Adesso gongolava e sintetizzandogli il discorso in due parole
gli stava facendo capire che doveva prendere la sua roba e
andarsene. Quel lurido verme aveva la bava alla bocca nel
momento in cui gli forniva le coordinate della porta
d‟ingresso dell‟istituto e lo invitava a togliersi immediatamente dai coglioni.
Claudio era dispiaciuto. Non tanto per aver perso il posto
in quella banca di merda ma quanto per aver perso il teatro in
cui praticava i suoi giochi di prestigio. Adesso non sarebbe
stato facile mettere su un‟altra attività redditizia come quella.
E difatti non fu facile. Anzi non ci riuscì per niente.
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Passaggio per l’Inferno
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Nei mesi che seguirono Claudio dovette subire la pressione di Anna che continuava a ricordargli che erano senza soldi
e maledettamente in difficoltà. E fu a causa della continua
pressione di una Anna che, da quando aveva partorito era diventata un‟autentica iena, che si decise ad accettare compromessi che prima d‟ora non si era mai sognato di accettare.
Lui, un Promotore Finanziario, che aveva curato gli interessi
di clienti per centinaia di migliaia di euro, adesso si ritrovava
a fare lavori umili e umilianti. Era a causa di Anna e di quella
troia di sua madre, che continuava a inveire nei suoi confronti, sostenendo che a lui non piaceva lavorare, che era un Lord
del cazzo, era a causa loro che adesso invece di somme di danaro maneggiava bruschette. La situazione patrimoniale, nonostante i suoi nuovi sforzi professionali, non era certo migliorata. Erano però aumentati i debiti e il numero di utenze
insolute che pagavano (quando ci riuscivano) con notevole
sofferenza. Aveva iniziato a lavorare con un amico di Anna,
un certo Bernardo, che aveva avuto la brillante idea di aprire
una agenzia di viaggi e turismo pretendendo di portare la
gente del nord Italia in vacanza a Caserta. E cosa avrebbero
dovuto vedere a Caserta questi signori? A parte la ormai famosa e inflazionata Reggia (che probabilmente avevano già
visitato durante la loro gita scolastica da adolescenti), l‟unica
cosa che si poteva visitare erano campagne desolate e cumuli
di spazzatura ai lati delle strade. Dopo alcuni mesi durante i
quali non aveva guadagnato un beato cazzo, decise di cambiare aria e dare un saluto a Bernardo augurandogli buona
fortuna.
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
Commise un altro errore, facendosi convincere nuovamente da Anna, tra l‟altro appoggiata dalla sempre più assillante e
ingombrante presenza materna, ad accettare di lavorare per
suo cugino Catello Berselli, che si era messo in proprio avviando una attività commerciale la „Fruit of the loom‟ con la
quale aveva la pretesa di vendere prodotti italiani DOC di
provenienza biologica, sia in Italia che all‟estero. Quella fu la
sua ciliegina sulla torta. La goccia che fece traboccare un vaso già ricolmo di rancori e di veleni, colmo di una sopportazione che aveva raggiunto livelli inaccettabili e durante la
quale si accorse con che gente aveva a che fare.
Ricordava ancora adesso la frase con cui l‟aveva accolto Catello Berselli, detto Nello il Pazzo, il primo giorno in cui aveva lavorato per lui: “Mannacc, ma tu ta cav bbuon cu Ffrancés e cu l‟Inglés. Io investirò su di te.”
E aveva investito su di lui! Nel senso che aveva individuato
in lui lo stronzo da sfruttare mentre lui si dedicava a più piacevoli passatempi.
Durante i diciotto mesi in cui aveva lavorato per Nello,
che nel frattempo aveva conosciuto anche nel suo lato oscuro
di puttaniere, per la frequenza e la dedizione con cui ogni sabato pomeriggio si apprestava a trascorrere ore in compagnia
di puttane scelte direttamente su internet, Claudio non vide il
becco di un quattrino se si esclude un assegno di duemila euro risultato anche scoperto e che non sarebbe servito neanche
per pulirsi il culo. Nello intanto sguazzava nel benessere e
con lui aveva anche la faccia tosta di dire che non aveva soldi
e che quindi non poteva pagargli le provvigioni. Claudio aveva appurato che il Puttaniere intanto aveva acquistato tre auto
e la casa dove era andato ad abitare con la mogliettina incinta
e continuava a spendere circa duecento euro a sabato per le
sue Escort.
A casa con Anna la situazione era diventata insostenibile e
si sa che quando la fame entra dalla porta l‟amore esce dalla
finestra. Anna era diventata un‟altra persona. Non era più
l‟adorabile ragazza che gli succhiava l‟uccello ai tempi in cui
se la spassavano nella casetta di Gaeta. Claudio si sentiva
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
come in un incubo e sapeva che se non ne fosse uscito alla
svelta sarebbe potuto soccombere.
Spiegò ad Anna che suo cugino era uno stronzo e che lo
sfruttava. Soprattutto non gli pagava il dovuto quando lui
stesso sperperava per i cazzi suoi. Anna per tutta risposta lo
guardò come si guarda un verme schifoso prima di apprestarsi a schiacciarlo con un piede e gli disse che doveva invece
essere grato a Nello che aveva assunto un indagato per truffa
e appropriazione indebita.
Claudio si sentì colpire al cuore. Avrebbe voluto vomitarle
addosso tutti gli insulti che quella donna avrebbe meritato di
ricevere, ma fece di più. Raccolse le sue cose, le sbatté in una
valigia e se ne andò. Anna da quel momento non avrebbe più
rivisto la sua faccia.
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Passaggio per l’Inferno
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Antonino Berselli attendeva impaziente l‟arrivo di Nadia.
Ormai era diventato un appuntamento quotidiano a cui non
avrebbe rinunciato per niente al mondo. Non la considerava
una semplice abitudine, era qualcosa di più. Era la riscoperta
di un mondo di cui si era completamente dimenticato. E sotto
certi aspetti aveva trovato paradisi che prima di Nadia aveva
solamente immaginato. Sua moglie Geppina aveva contribuito, involontariamente, ma decisivamente, affinché tutto ciò
accadesse. Lui certo non se l‟era andato a cercare. Né di propria iniziativa mai sarebbe andato incontro ad una simile avventura. Insomma Ninotto aveva scoperto che all‟età di settantatre anni possedeva ancora un uccello funzionante tra le
gambe. Lui che con la moglie aveva smesso da più di dieci
anni di avere rapporti intimi. Da quando quest‟ultima era diventata una fanatica bigotta e gli aveva definitivamente serrato le gambe e negato l‟accesso alla figa, erano anni che sul
sesso ci aveva messo una pietra sopra, prima di incontrare
Nadia.
Dovette ammettere con se stesso che con Geppina non aveva
mai condotto una vita sessuale degna di tale nome. In quaranta anni di matrimonio e tre figli lei gli aveva concesso solo
scopate normali e tradizionali, quasi sempre nella posizione
del missionario. Mai che gli avesse fatto un pompino, mai
qualcosa di diverso e più stuzzicante, assolutamente niente.
Si adagiava sul letto e apriva le gambe e lui glielo metteva
dentro. In pochi minuti tutto era già finito lasciandogli solo
un senso di impotente frustrazione.
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
Poi a seguito di una crisi religiosa lei aveva deciso di disertare i doveri coniugali e tutto era finito nel dimenticatoio
come se in tanti anni il sesso tra loro non fosse mai esistito.
Lui, diversamente dal fratello Romualdo, (padre di Nello il
Pazzo e altrettanto puttaniere come suo figlio), non era mai
andato a puttane e non aveva certo intenzione di cominciare
adesso per cui aveva deciso di chiudere definitivamente il discorso.
Improvvisamente come un fulmine a ciel sereno era arrivata Nadia.
Era stato proprio grazie ai viaggi di Geppina che, preda di un
delirio mistico avendo deciso di dedicare anima e corpo ai
frequenti ritiri spirituali, che Nadia aveva cominciato a frequentare la casa di Ninotto. Geppina stessa l‟aveva ingaggiata
e le aveva dato l‟incarico di recarsi in sua assenza a casa per
accudire alle faccende domestiche alle quali Ninotto non sarebbe stato in grado di badare, con l‟intento di evitargli di affogare nella sporcizia e nell‟abbandono. In fondo la premurosa Geppina gli aveva procurato una badante poiché, da vecchio rincoglionito cui credeva che fosse, non era in grado di
governare se stesso, figuriamoci la casa.
Nadia, quarantatré anni ottimamente portati, nativa di Riga,
una fredda cittadina della Lettonia, non era certo una ragazza
in fiore ma neanche da buttare nel cesso e per lui che ne aveva trenta di più andava benissimo, e cosa fondamentale, aveva deciso di badargli in modo esclusivo.
Tutto era cominciato per caso. Almeno era quello di cui
era convinto Ninotto. Era il quarto giorno consecutivo che
Nadia si recava dai Berselli per le quotidiane pulizie del pomeriggio. Cominciava dalla cucina per poi passare al salone e
infine alle camere. Ninotto come al solito era in camera disteso sul letto che guardava la televisione. Era un pomeriggio
caldo di fine luglio e nonostante l‟aria condizionata sembrava
che l‟afa volesse attanagliare inesorabilmente gli occupanti
della casa. Per l‟occasione Ninotto aveva indossato un pantaloncino di cotone e una camicia di lino fresca e leggera. Mentre guardava sonnecchiando un dibattito politico, evidente50
Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
mente registrato, su un canale privato, sentiva il rumore prodotto dall‟aspirapolvere e lo sfaccendare di Nadia che si dava
da fare nella stanza attigua. Dopo pochi minuti la vide entrare
in camera e con un sospiro si preparò ad alzarsi per lasciarle
campo libero. Mentre si sforzava per mettersi seduto sul letto
e infilare le pantofole lei lo anticipò informandolo:
“Tu non scende, tu non mi dà fastidio io posso lavorare lo
stesso”. Prima di ricevere una qualsiasi risposta, Nadia già
era al lavoro sfaccendando e passando l‟aspirapolvere sotto il
letto e per il resto della stanza. Le tette bene in vista, tenute
su da un reggiseno a balconcino e una minigonna giropassera avevano un effetto spettacolare su una donna della
sua età e non passarono inosservati. Ninotto nel frattempo era
ritornato nella posizione iniziale e col telecomando cominciò
una rassegna dei canali a disposizione. Il torpore in cui era
avvolto qualche minuto prima era immediatamente sparito e
mentre la ragazza si abbassava ritmicamente per insinuare
l‟aspirapolvere negli angoli della stanza si accorse che i suoi
occhi erano irresistibilmente attratti dalla forma tondeggiante
del sedere di Nadia che occhieggiava dalla gonna esageratamente succinta.
Quello spettacolo si protrasse per un tempo che a Ninotto
sembrò un‟eternità. Nadia continuava imperterrita nella manovra con l‟aspirapolvere come se ci fossero stati secoli di
polvere da risucchiare e la cosa peggiore era che nell‟eseguire
quell‟attività continuava a dare le spalle a Ninotto avvicinandogli sempre di più il sedere alla faccia fino a mostrargli un
paio di profumate mutandine che occhieggiavano seducenti
da sotto la sottile stoffa della gonna.
Ninotto era anziano ma non era certo un imbecille. Nei suoi
occhi azzurri un remoto piacere parve accendersi dopo anni
di repressione, soffocato da una donna bigotta il cui fascino
era pari a quello di un cubetto di ghiaccio con un buco al
centro. E mosso forse più da un ricordo antico che da una reale necessità spostò la mano e la posò fra le natiche della donna.
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
Quando Nadia sentì la mano dell‟uomo posarsi tra le sue
cosce si girò come se stesse da tempo aspettando un segnale
che finalmente era arrivato. Dai suoi occhi un bagliore di invitante lascivia parve sgorgare simile a una lava rovente fino
ad investire l‟uomo che, paralizzato e incapace di qualsiasi
movimento, era completamente dominato dalla sua presenza.
Lei cominciò a liberarlo dagli ingombranti pantaloncini che
finirono scompostamente ai piedi del letto subito seguiti dalle
mutande. Con mani esperte afferrò l‟uccello floscio e cominciò a ciucciarlo. Al contatto col calore umido di quella bocca
un brivido percorse la schiena di Ninotto ma anni di astinenza
commista ad una intensa emozione uniti a quell‟esperienza
che per lui era a tutti gli effetti una prima volta non gli consentirono di raggiungere una erezione degna di nota. Il suo
uccello raggiunse a stento un turgore da “mezza pasta” prima
di emettere uno stanco fiotto lattiginoso, frustrando ogni possibilità di approfondire quella inaspettata occasione di piacere.
Nadia sorrise soddisfatta. Il primo passo era compiuto.
Ora bisognava rassicurare il paziente e tutto sarebbe filato liscio come l‟olio. Aiutò l‟uomo a ricomporsi poi avvicinandosi con l‟aria di chi è depositario di segreti misteriosi e arcani
gli sussurrò:
“Tu non ti preoccupa, io te aiuta con pillola miracolosa”.
Poi aggiunse: “Tu dare soldi per comprare. Prossima volta io
porta”.
Ninotto mise mano al portafoglio e scucì due banconote da
cinquanta euro. Da quel momento, senza che nemmeno che
se ne rendesse conto, ci sarebbero stati una lunga serie di esborsi a scopo terapeutico per aiutare una virilità sopita dal
tempo e dalla incuria di una moglie diventata troppo precocemente assente.
Ed era proprio questo che stava pensando Ninotto quel
pomeriggio mentre Nadia lo cavalcava. Una moglie precocemente assente. Con l‟aiuto di una pilloletta azzurra dagli
effetti miracolosi e grazie alle abili mani di Nadia, Ninotto
aveva raggiunto erezioni che sfioravano il “duro da culo” che
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
alla sua età, e nelle sue condizioni, rappresentavano un record
se non addirittura un miracolo. E mentre Nadia gli ballava sul
cazzo a ritmo di samba si accorgeva di esserle entrato talmente in profondità fino a toccarle il fondo. Erano secoli che non
provava un simile senso di estasi. Anzi se proprio voleva essere sincero con se stesso era la prima volta in vita sua che si
faceva una chiavata degna di tale nome.
Dopo quindici minuti di intenso e frenetico pompare, durante
i quali Nadia aveva raggiunto già due orgasmi, finalmente
esplose in una eiaculazione violenta e abbondante tale da sentirsi sconvolto da un piacere mai provato prima.
Fu in quel momento che la porta di ingresso si aprì.
Geppina Quintiliano, maritata Berselli, era ancora una
donna forte. Sessantanove anni, discreta salute, pochi acciacchi (perlopiù di natura artrosica) ma niente di particolarmente
preoccupante. Il suo discreto stato di salute le aveva permesso di dedicarsi a quella che ormai era diventata la sua occupazione principale: la fede. Si recava puntualmente ad ogni
raduno, ad ogni incontro, ad ogni riunione che come oggetto
avesse la spiritualità. Era diventata credente dopo essere stata
una donna dispotica e una madre perfida e assillante. Adesso,
perduta l‟avvenenza giovanile, non le restava che rifugiarsi
nel conforto della fede e nella comprensione dei suoi amati
amici sacerdoti. Soprattutto Don Angelo Cermenati, il suo
padre spirituale. Si concesse un fuggevole, nostalgico istante
di reminiscenza legato al suo passato, quando ancora era una
donna piacente e corteggiata e poi alla fine aveva ceduto alle
lusinghe di un bel giovane, il primo e unico della sua vita,
che era successivamente diventato suo marito. Adesso che il
tempo e l‟insulto della vecchiaia segnavano irrimediabilmente il suo aspetto aveva cancellato ogni esteriorità che la legava al mondo materiale. A ciò aveva contribuito anche
l‟evoluzione negativa che aveva afflitto suo marito. Adesso si
ritrovava in compagnia di un uomo che era il fantasma di se
stesso: un vecchio rimbambito e rincoglionito afflitto da in53
Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
numerevoli mali e per giunta con la dentiera. Lei non lo avrebbe confessato neanche a se stessa ma il fatto che in bocca
al suo consorte ci fossero due protesi di plastica che simulavano le due intere arcate dentarie e per giunta mobili le dava
il voltastomaco. Forse era stato per questo che si era lasciata
andare e adesso assomigliava più ad una robusta matrona che
ad una eventuale signora anziana. E probabilmente era per
questo che da oltre dieci anni aveva calato un velo pietoso e
irremovibile sull‟argomento sesso.
Ora a causa di un malessere del vescovo responsabile del raduno dove avrebbe dovuto trascorrere quindici giorni era stata costretta ad una ritirata precoce. Infatti Monsignor Gonsalvo di Chiaromonte ormai prossimo ai novanta anni, aveva
avuto un attacco di cuore ed era stato immediatamente ricoverato in ospedale. Senza il conduttore principale di quel ritiro spirituale non aveva senso continuare a restare in quel luogo. Monsignor Gonsalvo possedeva una spiritualità talmente
elevata che loro tutti avevano preferito rinunciare e tornarsene a casa. Avrebbero atteso la sua guarigione per poi ritornare
con maggior forza e fede in quel luogo di culto. A causa
dell‟improvvisa e brusca partenza si era dimenticata persino
di avvisare Ninotto del suo prematuro rientro e nel tragitto in
pullman si era accorta che il cellulare era scarico per cui aveva deciso che gli avrebbe fatto una piacevole sorpresa.
Era giusto quello che stava pensando Geppina mentre infilava la chiave nella toppa della serratura di casa: Una piacevole sorpresa. Mentre procedeva verso la zona notte della casa, sentì degli starni rumori che provenivano proprio dalla sua
stanza da letto. Entrò e davanti ai suoi occhi una scena apocalittica si presentò a sconvolgere il suo animo. Suo marito Ninotto era nudo come un verme, sovrastato da un orribile demone che gli stava succhiando l‟anima. Geppina si portò le
mani alla testa in un gesto disperato quanto inutile e mentre i
suoi occhi divenuti vitrei per l‟orrore fissavano quella orribile
scena la sua bocca si spalancò in un urlo disumano. Le sue
gambe divennero molli come gelatina e mentre cedevano al
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
peso del suo corpo, prima di cadere pesantemente a terra, la
sua mente era già stata oscurata dal buio più totale.
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Passaggio per l’Inferno
PARTE SECONDA
13
19 Aprile 2010
East London, Sud Africa
Claudio Cottafava sfilò il suo pene dal marmoreo sedere di
Mabel, spruzzandole il succo dei suoi testicoli sulle natiche e
sulla schiena bruna e lucida di sudore. Lei era stata contattata
tramite un‟agenzia che reclutava Escort di lusso. E per far
questo si era avvalso, come sovente avveniva, dell‟utile ed infallibile suggerimento del suo leale socio di sempre: Dominic, detto l‟Architetto, per la sua proverbiale precisione e dovizia nei particolari. E sempre pronto a mettere a servizio di
una buona causa il suo prezioso talento.
E fu proprio grazie a quella diabolica sinergia che il piano, alla fine, risultò vincente. Una perfetta armonia cerebrale,
un‟unisona ed intonata comunione di intenti. Insomma, due
menti superiori perfettamente connesse, seppur mosse da differenti ragioni.
Nessuno osò mai, neanche lontanamente, immaginare
l‟esistenza di una seconda regia occulta, abilmente dissimulata dietro un sipario di menzogne, contraddizioni, prove abilmente manipolate ed archiviate. Eppure, ripensandoci, sarebbe stato più che normale presumere la presenza di una seconda figura all‟interno di quello che volgarmente avevano
chiamato „Disegno criminoso‟, ma che per loro due constava
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in un‟irripetibile alchimia. Ed invece…niente, non avevano
capito nulla, gli „Altri‟.
Ma loro avevano previsto tutto. Ogni variante e variabili possibili, puntando anche sull‟inefficienza degli inquirenti nel ricostruire il quadro delittuoso. Tutto era stato pianificato sin
dall‟inizio. Il logoramento dei rapporti in banca, i flussi in uscita, il licenziamento e la conseguente radiazione dall‟albo, i
debiti contratti in seguito con le banche (avvalendosi
dell‟uso di documentazione artatamente preparata) e con ignari cittadini. Nonché l‟inevitabile indennizzo, che la banca
dovette scucire, a favore dei clienti danneggiati. Già perché,
fra le altre cose, la banca dovette restituire quanto lamentato
in sede civile. E quale peggiore punizione, da infliggere, a chi
lo aveva tradito? Persino la separazione e, ovviamente, il lungo calvario giudiziario ne erano parte. Sì perché, su una cosa
erano assolutamente d‟accordo. Cioè che, per la riuscita del
piano, sarebbe stato assolutamente necessario attraversare
quello scomodo percorso, ricco di insidie. Ogni passo era ineluttabilmente legato a quello successivo ed, alla fine, si doveva puntare all‟estinzione naturale del reato. Quindi il processo, i sequestri, la prima sentenza nonché i rapporti sentimentali, erano parte di un unico grande ed audace progetto. Un
progetto che urlava vendetta, rivincita. Ma che richiedeva una
condirezione eccellente, con due persone (sconosciute agli
inquirenti e apparentemente senza legami fra loro) dotate di
una geniale mente criminosa. Un progetto in cui solo Claudio
poteva essere il „Protagonista‟ predestinato al ruolo di „colpevole‟.
Si era deciso che, subito dopo la sentenza di primo grado (4
anni più la provvisionale civile e senza attenuanti), Dominic
(che nel frattempo già da qualche mese era uscito di scena), si
ritrovasse in Sicilia a San Vito lo Capo, per un fantastico
soggiorno ristoratore in vista del rush finale. Soggiorno, peraltro, trascorso in una splendida tenuta immersa completamente nella suggestiva „Riserva dello Zingaro‟, lontana da
occhi e soprattutto da orecchie indiscrete.
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Passaggio per l’Inferno
E con la compagnia di due magnifiche ragazze (Lola, una
Kenyota sensuale, dagli occhi azzurri e dalle misure mozzafiato. E Jessica, una biondona americana, con un enorme vulva e con le „Labia minora‟ deliziosamente ridondanti. E senza trascurare un succulento ed impressionante ano, talmente
elastico che, guardandovi dentro, quasi vi si poteva scorgere
l‟ugola) appena ventiduenni e perennemente assetate di cazzo. Insomma, anche Dominic, aveva trovato „pane per i suoi
denti‟ per godersi la vacanza.
Almeno questo era quello che credeva Claudio. In realtà
Dominic aveva liquidato in fretta le due mercenarie, senza
nemmeno guardarle in faccia, le aveva pagate e rispedite
all‟albergo da dove erano arrivate. Aveva finto di accettare il
regalo offertogli da Claudio per non offenderlo ma in realtà i
suoi progetti erano altri. Doveva ritornare a Tokyo e riprendersi ciò che gli era stato promesso dieci anni prima.
Tramite i suoi canali preferenziali si mise in contatto con
una agenzia per procurarsi uno yacht che gli consentisse di
incontrare in tutta tranquillità Claudio per portare a termine le
operazioni finali del loro piano. Quale posto sarebbe stato più
discreto del mare aperto per un loro riservato incontro di affari? Ma prima era importante andare in Giappone dove lo stava aspettando Miyako.
L‟aveva vista per la prima volta dieci anni prima, quando lei
era appena una ragazzina di diciassette anni. E per poco non
gli era preso un colpo. Miyako era la prima e unica figlia di
Yuko una donna che aveva conosciuto a Tokyo quando per
ragioni di affari si recava spesso in Giappone. La sera era solito frequentare locali discreti dove si poteva sorbire un buon
whisky single malt e vedere qualche spettacolo. Yuko era addetta all‟intrattenimento dei clienti ai tavoli e, se questi volevano, anche in un salottino privato. Dominic apprezzò subito
la compagnia di Yuko. Era una bella ragazza di trentacinque
anni ma soprattutto era intelligente e aveva un‟ottima cultura.
Con lei passava interminabili serate a sorseggiare whisky e a
parlare della cultura giapponese risalente all‟epoca degli imperatori. Yuko le aveva rivelato di essere l‟ultima discendente
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Passaggio per l’Inferno
di una casta di geishe che erano state al diretto servizio
dell‟imperatore e che quella tradizione, sebbene non più vigente, era comunque mantenuta nella sua famiglia e le donne
si tramandavano antichi segreti sulla seduzione da madre in
figlia.
Una sera Dominic fu invitato a casa di Yuko a cena e quando
Miyako era apparsa sulla soglia del soggiorno lui era rimasto
pietrificato. „Jin. Non era possibile! Non poteva essere lei.
Jin era morta vent‟anni prima, all‟epoca del loro addestramento sull‟isola di Okinawa.‟
Con gli occhi che solo la mente può mettere a disposizione ritornò indietro nel tempo e rivide quelle immense distese dove
la brezza leggera increspava l‟acqua delle risaie e piegava le
cime del bambù che si estendeva a macchia per gran parte del
territorio. Il silenzio naturale di quei luoghi era rotto solo dal
canto stridente delle cicale e dal suono ritmico dei bokutō che
si toccavano e si incrociavano in un combattimento esuberante, che rispecchiava la giovane età dei due contendenti.
“Combatti niente male per essere solo un occidentale”.
Osservò Jin piroettando su se stessa e parando un fendente.
“Ho buoni maestri, gli stessi che hai tu, del resto”.
Jin manovrava il suo bokutō, una spada di legno simile ad
una Katana, con estrema maestria. Alla sua tecnica si aggiungeva l‟agilità del suo corpo flessuoso simile a quello di
una danzatrice. Mentre combatteva riusciva sempre a mettere una nota di scherzosa ironia anche nei momenti dove era
richiesta concentrazione e silenzio. Del resto quei due ragazzi erano amici. Forse qualcosa di più di due buoni amici.
Dominic tentò un affondo cercando di sorprendere Jin ma
questa reagì fulminea con un acrobatico salto all‟indietro
schivando l‟attacco. Nell‟atterrare scivolò e cadde sulla
schiena. Dominic subito ne approfittò e fu lesto a balzarle
addosso per bloccarla. Il viso vicinissimo. Sentiva il profumo
dei suoi capelli e della sua pelle fresca e giovane. Mentre si
perdeva nell‟oceano immenso dei suoi occhi a mandorla non
si accorse del repentino movimento della ragazza che fece
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Passaggio per l’Inferno
scivolare la gamba sotto il suo corpo e facendo leva nella
fossetta del plesso solare eseguì una proiezione di judo catapultando letteralmente il suo avversario al di sopra della sua
testa. Mentre Dominic atterrava alle sue spalle battendo la
schiena a terra Jin era balzata in piedi e brandendo il suo
bokutō già sovrastava l‟avversario.
“Non bisogna mai distrarsi, Dominic, neanche davanti a
una bella donna.”
Già. Non bisognava mai distrarsi. Avrebbe fatto tesoro di
quell‟esperienza e della lezione che gli aveva dato la bellissima Jin. Lei gli porse la mano aiutandolo a rialzarsi e insieme lentamente si incamminarono verso una ciotola di riso
e un altro meraviglioso tramonto.
Jin, povera, coraggiosa, Jin. Era morta per salvarlo, in quella notte maledetta e lui non era riuscito a scoprire chi fosse
stato il suo assassino.
Ogni anno, in occasione dell‟anniversario della sua morte,
Dominic ovunque si trovasse nel mondo, si recava in una
Cattedrale gotica e accendeva un lumicino in memoria della
sua amica. Un tradizionale lumicino di cera la cui fiammella
tremolante ricordava quanto fosse labile il confine tra la vita
e la morte.
Quel tardo pomeriggio la cattedrale era come sempre immersa nella penombra. Dominic aveva varcato la Porta Magna e si era diretto verso la navata laterale destra. Attraversò l‟ampio vestibolo per raggiungere gli arredi in ferro battuto che erano stati disposti a sostegno delle candele e dei
ceri. Il tono della pavimentazione in mattonelle disposte in un
mosaico esagonale a nido d‟ape s‟intonava col naturale „terra di siena‟ dei pilastri megalitici in mattoni che si innalzavano a sostenere la volta che si ergeva a quarantacinque metri di altezza. Anche se Dominic non aveva un credo religioso, era affascinato dalla bellezza e dall‟imponenza di quelle
costruzioni realizzate da uomini attrezzati della sola forza
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Domenico Santoro
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delle braccia e guidati dalla volontà di pochi uomini geniali.
La chiesa di San Petronio ne era un esempio grandioso.
Raggiunse il portalumini in ferro battuto e si fermò un attimo
ad osservare le decine di fiammelle che ondeggiavano tremolanti accarezzate da una sottile corrente d‟aria che spirava
dal portale laterale della navata. Dedicò un minuto di raccoglimento alla memoria della sua amica che, a soli diciassette
anni, aveva dato le sua vita per salvarlo dall‟attacco dei tre
ninja assassini che li avevano colti nel sonno. Afferrò con
mano ferma un piccolo cero e accese il lucignolo prelevando
la fiamma vitale da un altro cero che stava per esaurire la
sua essenza. „Da una fiamma che si spegne un‟altra rinasce
a nuova vita.‟
„Grazie Jin. Te ne devo non una ma mille‟
***
Dal momento che l‟aveva conosciuta Dominic, tornato in Italia, ogni anno puntualmente prendeva un aereo e in occasione del compleanno di Miyako si recava a Tokyo per portarle
un dono. Al terzo anniversario Yuko decise che Miyako doveva essere promessa a Dominic. Dominic accettò e decise
che sarebbe andato a prendersela al compimento del suo ventisettesimo compleanno.
Erano passati dieci anni da quel giorno e il momento era
arrivato.
Claudio invece, aveva cambiato aria e si era defilato in una
residenza sicura di una città di mare sulla costa orientale del
Sud Africa, possibilmente anonima. Ad „East London‟ appunto, sull‟Oceano Indiano. E li avrebbe aspettato gli eventi a
seguire, e l‟evoluzione dell‟appello.
E fu proprio li che ricevette la „dritta‟ dal suo compare
(sull‟agenzia di Escort), attraverso quel curioso ed elaborato
sistema di comunicare che a loro tanto piaceva per la sua inQuesta frase è presa in prestito dal libro di Giorgio Faletti “Io sono Dio” e vuole essere un mio
personale omaggio a questo grande scrittore.
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credibile discrezione. E che si vedevano costretti ad usare allorquando la prudenza lo richiedesse.
Ma Claudio mise in atto la dritta non prima di ricevere la tanto attesa parola magica: “E‟ fatta !” che gli comunicò Serena,
il suo avvocato, una bionda di quarantacinque anni, molto affascinante, che durante tutti gli otto anni di processo non gli
aveva mai chiesto un cent. In cambio aveva preteso sempre e
soltanto lunghi e disidratanti pagamenti in natura. Talvolta
anche in presenza del marito compiacente, che si dilettava a
guardare, non potendo fare altro che stroncarsi di sterili seghe. Quella frase, seppur brevissima, significava tutto. Era
l‟estrema „Summa‟, l‟equazione risolta. Era il successo sintetizzato in cinque lettere. Ma soprattutto, la consapevolezza
che: “…avevano fregato il sistema, come volevasi dimostrare”.
Adesso la bella notizia doveva raggiungere anche Dominic,
del quale la biondissima avvocato, Serena Filangieri, era totalmente all‟oscuro. Ma si sa, il primo segreto per un perfetto
venditore è: saper vendere in casa. Così si organizzò. Verso
le 18,00 ora locale, scese in strada dirigendosi verso un anonimo, quanto abusivo, internet café. Tirò fuori il suo palmare
Q-tek 9200 acquistato letteralmente per un piatto di maccheroni in un‟asta su E-bay da un inserzionista tarantino gay tale Manfredi Frattolillo-, al quale, sotto falso nome e chiedendo, ed ottenendo, un piccolo sconto, aveva promesso di
distribuire favori sessuali1 qualora egli avesse spedito
l‟oggetto in un certo modo, piuttosto anonimo ed originale.
Aveva pagato l‟oggetto con una carta di credito riconducibile
al titolare di un‟agenzia viaggi affetto da cancro al colon ed
in fase terminale. Scorse il menù su „connettività‟ e si posizionò su una panchina innanzi l‟ingresso del locale. Attivò il
bluetooth rilevando subito il segnale wireless. Era connesso
1
“…distribuire favori sessuali…” Frase presa in prestito da una famosa battuta di Julya
Roberts ne: “Eriyn Bronkovich”
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Passaggio per l’Inferno
in rete. E, per giunta, anche gratis. Aprì il browser, scelse dai
preferiti l‟I.P. che gli serviva e digitò invio.
La pagina si aprì (attraverso una complessa procedura volta a
limitare al minimo il numero di connessioni per raggiungere
la pagina desiderata) direttamente sulla bacheca elettronica
precedentemente designata per le comunicazioni sicure. E li
scelse di scrivere: “W, avanti tutta!”. Era il segnale convenuto, significava: “E‟ finita, siamo fuori del tutto. Procediamo
alla fase finale. Il prelievo del malloppo da spartire!”.
Scritto il messaggio uscì dalla pagina, la cancellò dai preferiti, azzerò la cronologia, aprì la pagina del Vaticano, la chiuse
ed aprì quella dell‟Opus Dei, la chiuse e si scollegò. Spense il
palmare e, aprendolo, vi disinserì la Sim card spezzandola in
due e gettandone una parte nella fogna ed una parte nei rifiuti. Stessa sorte per la batteria e la carcassa del PDA, non prima però di aver debitamente cancellato l‟I.M.E.I. Mentre, il
cuore del dispositivo, seguì una sorte diversa. Nascose ciò
che rimaneva sopra una bancarella, adagiata sul lungomare di
„East London‟, che vendeva articoli sacri di proprietà di un
sacerdote, la cui unica colpa fu quella di trovarsi, da almeno
due giorni, nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, ma
che Claudio sin da subito aveva adocchiato, decidendo di insignirlo del nobile ruolo di vittima sacrificale, necessaria.
Chissà il futuro cosa avrebbe riservato a quell‟innocente!
Ormai quell‟arnese non gli sarebbe più servito e nessuno ne
avrebbe intercettato mai il contenuto.
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Passaggio per l’Inferno
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Dominic scrutò l‟orizzonte che si apriva davanti ai suoi occhi
osservandolo dal ponte panoramico di poppa dello Basra
Breeze, lo yacht che aveva preso in affitto e che era appartenuto, in altri tempi, a Saddam Hussein. Dietro di lui
l‟assistente di lancio attendeva solo un suo cenno per assecondarlo in ogni suo volere. Dominic si avviò con passo indolente verso la rastrelliera delle armi e raccolse il Beretta
UGB 25 XCEL il suo fucile preferito per quelle occasioni. Ne
provò il bilanciamento con pochi sapienti movimenti infine lo
imbracciò puntandolo verso il mare aperto. Attese qualche
secondo poi gridò: “Pull” e immediatamente partirono, in rapida sequenza, due piattelli dalla apposita macchina comandata dal lanciatore. Seguirono due spari e i piattelli si trasformarono in due nuvole di polvere arancio-marrone. Sorrise
soddisfatto. Conservava ancora una buona mira e ottimi riflessi. Congedò con un impercettibile cenno l‟assistente di
lancio e si avvicinò alla rastrelliera per depositare il fucile.
Raccolse la sua Nihonto e se la infilò nella cintura del Kimono, al fianco sinistro. Si accomodò sulla comoda poltrona di
vimini e fece schioccare le dita. Dal nulla si materializzò Miyako che aveva finalmente preso con se e che lo consolava
anche di notte nel lussuoso letto della sua cabina sul Basra
Breeze. Miyako era una ragazza fantastica. Oltre che bella era
sempre pronta a soddisfare le richieste del suo Signore. Non
c‟era neanche bisogno di parlare: a Dominic bastava un cenno per farle capire cosa desiderasse. Ed anche in
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Passaggio per l’Inferno
quell‟occasione Miyako si dimostrò all‟altezza del suo compito. Dopo aver sfiorato lo sguardo dell‟Architetto tornò indietro e dopo pochi minuti si presentò con un vassoio e un calice di Perrier-Jouet uno champagne principesco che faceva
parte della dotazione dello yacht. Dominic portò lentamente il
calice verso la bocca e assaggiò quel delicato nettare trattenendolo a lungo sotto il palato per prolungare il piacere che
ne suscitava. Era in quegli attimi che si rendeva conto che la
vita aveva i suoi vantaggi nell‟essere vissuta.
Stavano navigando al largo di Capo di Buona Speranza e
lui era in attesa di mettersi in contatto con Claudio, per la
spartizione finale del malloppo. Gli era giunto all‟orecchio
che Claudio stava spassandosela ad East London e si era portato in zona per poterlo intercettare. Gli avrebbe dato indicazioni per farsi trovare a Città del Capo dove avrebbe mandato
un suo galoppino a prelevarlo.
Prese il suo palmare e inviò un semplice SMS su un numero
di cellulare privato di Claudio. Il messaggio diceva: “Compra il caffé alla solita bottega. Prendi quello sul terzo scaffale.”
Si trattava in realtà di un messaggio in codice che indicava a Claudio di collegarsi alla bacheca elettronica (solita bottega) e precisamente alla bacheca numero tre. Dopo aver inviato l‟SMS sostituì la SIM del palmare con una nuova, ma
già attivata, che aveva comperato sotto falsa identità e si collegò alla bacheca elettronica che aveva indicato a Claudio.
Lasciò il seguente messaggio:
Succo d‟arancia in polvere 22 kg.;
Vostro ordine N° 3357S;
Seguirà nostra fattura N° 1837E.
Consegna dogana portuale corrente mese.
Attracco 7 container 0910
In realtà voleva indicare a Claudio che doveva farsi trovare il
22 del mese in corso a terra presso il molo commerciale della
città le cui coordinate corrispondevano a 33° 57‟ latitudine
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
sud e 18° 37‟ longitudine Est. Presso il punto d‟attracco n.7
alle 09,10 ora locale.
Terminato il messaggio tolse la SIM dal palmare la spezzò in
due e la gettò in mare.
Claudio Cottafava ricevette il messaggio dell‟Architetto sul
suo cellulare e comprese che doveva consultare la bacheca
elettronica numero tre per poter accedere alle informazioni
che il suo complice doveva fornirgli. Si recò presso un
internet cafè gestito da alcuni emigrati cinesi e grazie ad una
vecchia patente rubata alla quale aveva sostituito la fotografia
con una delle sue, ottenne una postazione dalla quale potersi
collegare a internet. Seguì la solita procedura di collegamento
e memorizzò le indicazioni. Ripulì il browser, cancellò la
cronologia e subito dopo fece un paio di collegamenti ad alcuni siti porno locali. Infine chiuse il collegamento, pagò in
contanti e si defilò. Rientrato presso il residence dove alloggiava tirò fuori le informazioni che aveva memorizzato. Dopo
averle decifrate realizzò che era atteso per il 22 del mese in
corso a Città del Capo presso il molo commerciale alle ore
9,10 ora locale. Mancavano solo tre giorni all‟appuntamento
e anche se la distanza non era notevole dal suo attuale covo
cominciò a prepararsi. Non voleva deludere l‟Architetto.
La sera del 21, Dominic diede ordine al comandante del Basra Breeze di gettare l‟ancora a due miglia al largo di Città
del Capo. L‟indomani alle sei del mattino il panfilo avrebbe
acceso di nuovo i motori per portarsi a circa mezzo miglio
dalla costa e calare una scialuppa con tre marinai a bordo.
Questa scialuppa avrebbe prelevato Claudio sul posto convenuto e lo avrebbe portato al sicuro a bordo dove si sarebbe
incontrato con Dominic.
Dominic aprì i rubinetti della doccia e si deliziò al calore
di quel contatto bollente. Si trattenne alcuni minuti sotto lo
scrosciante getto caldo prima di girare il miscelatore su cold.
Fece scorrere l‟acqua fredda sul corpo per trenta secondi pri66
Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
ma di chiudere. Rabbrividì al contatto dello scroscio pungente di quel fascio di spilli gelidi ma sapeva che quella piccola
tortura cinese appresa a Shanghai contribuiva a mantenere la
pelle solida ed elastica. Rientrò in camera e vide Miyako che
era ancora addormentata, distesa nuda sul grande letto, era
bellissima. Quella notte gli aveva regalato sensazioni indescrivibili e meritava di riposare nel suo letto. Miyako conosceva tecniche apprese nel suo paese d‟origine, tramandate di
madre in figlia. Durante il rapporto amoroso, con sapienti
tocchi delle mani, comprimeva punti del corpo noti solo alla
casta delle Geishe Imperiali cui apparteneva, stimolando terminazioni nervose sconosciute moltiplicando il piacere e allungandone il tempo di durata. Soffermò ancora per un attimo
lo sguardo su quel corpo perfetto prima di indossare gli abiti.
Da quando era su quella barca il suo vestiario era costituito
prevalentemente da un semplice e comodo kimono di seta di
cui disponeva una ricca collezione. Ne indossò uno nero, allacciò la fascia all‟altezza della vita, poi aprì l‟armadio dove
custodiva le sue armi. Staccò dal supporto la sua Nihonto e la
infilò nella cintura. Si avvicinò all‟interfono e chiamò la cucina ordinando che la colazione fosse servita sul secondo
ponte di poppa. Poi chiamò il comandante chiedendo di raggiungerlo, nel giro di quindici minuti, nello stesso posto.
Erano le otto in punto quando, seduto al suo tavolo, si stava
godendo un piatto di fichi freschi con panna e una tazza di
caffé nero bollente. Il comandante arrivò di li a poco a passo
di marcia, impeccabile nella sua uniforme da ufficiale della
marina. Si posizionò a circa un passo di distanza e si irrigidì
in un saluto militare.
“Comodo, capitano” disse Dominic. “Gradisce un caffé?”
“No, grazie signore”.
Dominic si alzò lentamente e si avviò verso il parapetto del
ponte del panfilo. Ammirò lo spettacolo del cielo azzurro che
si dissolveva nel mare, poi si girò fissando negli occhi
l‟ufficiale.
“E‟ tutto pronto per l‟operazione di recupero?” chiese.
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
“Sì, signore. Tre dei miei marinai sono pronti a calare una
scialuppa ad un suo ordine.”
Dominic accennò un sorriso di soddisfazione.
“Bene capitano, vada pure e dia ordine di procedere”.
“Signorsì”.
Il capitano portò la mano destra alla visiera in segno di saluto
dopodichè girò sui tacchi e si avviò a passo di marcia per dettare gli ordini appena ricevuti.
Dominic era soddisfatto. Finalmente quella vicenda stava
giungendo al termine. Era necessario solo sistemare alcuni
particolari e per questo c‟era bisogno del suo socio Claudio.
Decise di passare l‟attesa nel salone che aveva fatto adibire a Tempio delle Arti dove ogni mattina si ritirava per allenarsi o per raccogliersi in meditazione. Nella penombra del
salone regnava un‟atmosfera di solenne misticità. Sul pavimento erano state adagiate stuoie e tappeti orientali. Vi erano
sistemati diversi strumenti per allenare gambe e mani, costruiti secondo le antiche tradizioni giapponesi. I materiali
impiegati erano il bambù, il legno, la sabbia, la paglia intrecciata e la canapa. Niente a che vedere con le macchine fatte di
acciaio e plastica che si trovano nelle moderne palestre. Dominic sapeva che erano inutili.
Sfilò la sua Katana dalla cintura e l‟appoggiò sul supporto,
poi si posizionò di fronte ad essa in una figura di yoga e rimase immobile in meditazione.
Claudio era arrivato all‟appuntamento con un‟ora di anticipo.
Individuò il posto dell‟incontro poi decise di trascorrere parte
del tempo che ancora mancava davanti ad una buona colazione. Aveva adocchiato poco distante un club esclusivo per appassionati di golf e decise di andare a dare un‟occhiata al bar.
Si accomodò ad un tavolo libero e chiamò il cameriere. Dopo
qualche minuto gli furono serviti una tazza di latte di soia ed
alcun tartine di riso soffiato e cereali. Per un attimo rimpianse
il cappuccino e il cornetto che si godeva ogni mattina al suo
bar preferito, nella sua città d‟origine, ma subito scacciò la
sensazione di disagio: Tra non molto le sue pene sarebbero
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
finite e sarebbe diventato un uomo ricco e felice. Alle 9,00 in
punto, ora locale si diresse sul posto convenuto. Sapeva che
l‟Architetto era un fanatico della precisione e quindi di conseguenza anche i suoi uomini lo sarebbero stati. Cominciò ad
aggirarsi sul molo. Si sentiva troppo esposto ed una sensazione di disagio cominciò ad impadronirsi di lui. Sentiva una
morsa che gli serrava la bocca dello stomaco e gli impediva
di ragionare con lucidità. Improvvisamente un uomo in jeans
e giacca di pelle nera sbucò come dal nulla e cominciò a dirigersi nella sua direzione. Arrivò ad un passo da lui e lo fissò
con intensità.
“Il signor Cottafava?” disse con un tono che gli parve più
un‟affermazione che una domanda.
Claudio si irrigidì. Anche se attendeva qualcuno che doveva
venire a prenderlo voleva essere certo di non incorrere nella
persona sbagliata
“Ci conosciamo?” chiese guardingo, studiando ulteriormente l‟individuo che aveva di fronte. Era un tipo alto e apparentemente molto forte. Muscoli guizzanti scattavano sotto
l‟attillato e leggero indumento di pelle che fasciava il torace
possente. Se solo avesse voluto quell‟uomo avrebbe potuto
stritolarlo con una mano sola.
“Le dice niente la parola „Architetto?‟
Claudio si rilassò. Impercettibilmente, ma abbastanza da essere rilevato dall‟uomo che abbozzò un sorriso.
“Come ha fatto a riconoscermi” chiese
“Ho ricevuto una descrizione dettagliata e una sua foto”
Claudio annuì. Si rese conto che la sua domanda era stata superflua se non addirittura banale. Colpa dell‟agitazione che lo
pervadeva. Da quando era cominciata quell‟avventura aveva
passato parecchie notti insonni anche se sapeva che tutto si
sarebbe concluso nel migliore dei modi. Ma prima di tirare un
grosso sospiro di sollievo preferiva stare in guardia e non cedere alla tentazione di lasciarsi andare. Ci sarebbe stata una
vita intera per farlo.
Giacca di Pelle lo osservò con insistenza poi lo invitò a seguirlo.
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Passaggio per l’Inferno
Raggiunsero il piccolo porticciolo turistico dove era ormeggiata la scialuppa con altri due uomini a bordo. Salirono e si
avviarono verso il mare aperto.
La grossa sagoma del Basra Breeze apparve in lontananza e
dopo pochi minuti raggiunsero l‟imbarcazione che attendeva
ancorata a poco meno di un miglio dalla costa.
Quando salì a bordo fu conquistato dalla sensazione di lusso
sfrenato che aleggiava su quella incredibile imbarcazione e si
chiese come avesse fatto l‟architetto per ottenerla. Sapeva che
quell‟uomo possedeva enormi risorse sia economiche che in
termini di conoscenze umane ma non aveva mai indagato sulla loro provenienza. L‟architetto era un amico, ma era anche
un uomo pericoloso. Ufficialmente si occupava della vendita
di armi orientali antiche, ma soprattutto correva voce che chi
avesse cercato di indagare sul suo conto o, peggio ancora, avesse osato sfidarlo aveva fatto una brutta fine. Naturalmente
erano solo voci. Voci sussurrate.
Giacca di Pelle lo condusse sul secondo ponte di poppa e lo
fece accomodare. Gli chiese di attendere, l‟Architetto sarebbe
arrivato di li a poco. Claudio si guardò intorno. Divani accoglienti rivestiti di tessuti preziosi e comodi cuscini facevano
da arredamento ad un salone enorme che offriva una vista
spettacolare sull‟oceano. C‟erano una TV satellitare munita
di tre enormi monitor; un vero e proprio bar e altri accessori
principeschi.
Mentre era assorto in una mistica contemplazione non si
era accorto della presenza dell‟uomo che era giunto alle sue
spalle con passo leggero e silenzioso.
“Ciao Claudio”.
All‟eco di quelle parole Claudio trasalì. Non si era reso conto
della presenza di Dominic alle sue spalle.
“Dominic! Non ti ho sentito arrivare. Mi hai quasi messo
paura.”
Dominic lo fissò attentamente, con intensità. Le mani lungo il
corpo, sempre pronte a scattare, le gambe leggermente divaricate con i piedi ben piantati a terra. Sembrava che
quell‟uomo fosse continuamente in guardia anche quando
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Passaggio per l’Inferno
non ce n‟era assolutamente bisogno. Ma quel suo atteggiamento gli era stato inculcato dai suoi maestri, sin da piccolo.
Dopo anni era diventato istintivo e in alcuni casi era valso a
salvargli la pelle.
Dopo qualche secondo che durò un eternità, Dominic accennò un sorriso lieve quasi impercettibile e allargò le braccia
verso Claudio invitandolo ad avvicinarsi.
“Vieni amico, fatti salutare.”
Claudio si avvicinò all‟amico che lo abbracciò in un saluto
rigido ma affettuoso. Sotto la sottile seta del Kimono poteva
sentire muscoli d‟acciaio che guizzavano ad ogni singolo
movimento.
“Come è andato il viaggio”
“Bene grazie. I tuoi uomini sono un po‟ duri negli atteggiamenti ma comunque cordiali”
“Vieni, andiamo sul ponte panoramico. Potremo parlare in
pace e goderci una vista stupenda”
Claudio seguì l‟Architetto fino a raggiungere il grande ponte
panoramico di poppa. In un angolo discreto era stato sistemato un tavolo tondo con due comode sedie che sembrava stessero attendendo il loro arrivo. Nei pressi della ringhiera
c‟erano due lettini con sopra sdraiate due splendide fanciulle
bionde coperte solo da un ridottissimo bikini bianco. Erano
identiche. Istintivamente gli occhi di Claudio furono attratti
nella loro direzione e la cosa non sfuggì all‟Architetto.
“Carine vero?” Disse Dominic. “Sono due gemelle. Praticamente due gocce d‟acqua. Persino io stento a distinguerle.
Tranne che quando sono completamente nude.” Strizzò
l‟occhio a Claudio che sembrava non avesse inteso il preciso
senso della battuta maliziosa. “Hanno un tatuaggio che le
contraddistingue, in un punto molto intimo del corpo.” Si affrettò a chiarire Dominic “Kim ha un piccolo drago con le ali
blu, Marjoire lo stesso drago con le ali rosse. Solo così si
possono riconoscere.”
“In che punto esattamente?” chiese Claudio con genuina
curiosità.
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“Praticamente il drago fa da guardiano all‟ingresso della
loro bella e succosa fighetta”.
“Naturalmente tu hai superato quella guardia” disse Claudio con un tono di voce che era più un affermazione che una
domanda.
“Naturalmente” rispose l‟Architetto con un sorrisino malizioso. “Ma il loro vero pregio è che lavorano in coppia come
se fossero una sola donna riflessa in uno specchio.”
Claudio annuì pensieroso. Avrebbe avuto voglia di verificare
di persona cosa si provava a scopare con due donne identiche
che si muovevano all‟unisono.
“Naturalmente potrai provarle, se ti va” disse Dominic
come se gli avesse letto nel pensiero.
Claudio annuì di nuovo. Quell‟uomo continuava a stupirlo ad
ogni occasione.
“Ma sediamoci, mettiti comodo” Dominic indicò le due
comode poltrone che erano accostate all‟unico tavolo presente su quell‟ampio terrazzo galleggiante. Mentre si sedeva lanciò un‟occhiata verso l‟ingresso che dava l‟accesso al ponte e
Miyako apparve come dal nulla. Si fermò ad un passo
dall‟Architetto, lo guardò intensamente negli occhi e senza
dire una parola girò su se stessa tornando sui suoi passi. Era
strizzata in un semplice Yukata bianco e rosso che metteva in
risalto la sua figura graziosa e accentuava il movimento dei
suoi fianchi durante la camminata. Ai piedi indossava un paio
di Zori in tinta. Dopo qualche minuto si ripresentò con un
secchiello ghiacciato contenente una bottiglia e due calici su
un vassoio. Li depositò con grazia sul tavolo e dopo aver
compiuto un inchino sparì.
Dominic versò lo champagne nei calici e poi si rivolse
all‟amico:
“Veuve Ponsardin del 1977. So che è il tuo preferito.”
Claudio sorrise “Vedo che conosci alla perfezione i miei gusti. Direi che non ti si riesce a nascondere niente”
“Fa parte del mio carattere e del mio modo di essere: Mi
piace sapere tutto di tutti”.
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
Claudio sapeva bene cosa volesse intendere Dominic. Ed era
proprio grazie a quella filosofia di vita dell‟Architetto se era
stato possibile raggiungere i traguardi che avevano concretizzato in quell‟avventura che li aveva visti protagonisti seppur
in modo diverso.
“Una curiosità. Come ha fatto la ragazza a capire cosa volevi?”
Dominic sorrise di nuovo.
“Miyako è una ragazza straordinaria. Oltre che bella, come avrai notato”
Claudio aveva notato eccome. In genere le donne giapponesi
non possedevano una bellezza eccezionale però se se ne trovava una veramente bella era superiore ad ogni altra etnia.
Miyako era più alta della media della sua popolazione ed aveva la bellezza ed il fascino che solo una donna orientale
può avere.
Dominic alzò il calice facendolo toccare con quello di Claudio.
“Alle nostre rispettive fortune” augurò.
Il silenzio che seguì servì a concedere loro il tempo necessario a godersi quegli attimi di serenità e di soddisfazione che
solo un momento come quello poteva consentire. Per Claudio
poi era quasi la fine di una lunga storia fatta di sofferenze e di
privazioni.
I due soci si concessero lunghi minuti di silenzio nei quali
ognuno sembrava assorto nei suoi pensieri. Quel silenzio allietato dallo champagne e dalla visione di un paesaggio incantevole era necessario ad instaurare la giusta atmosfera di
serenità necessaria alle operazioni che sarebbero state condotte poi. Operazioni che avrebbero richiesta la massima attenzione e che avrebbe regalato loro un mucchio di soldi. Parlottarono del più e del meno finché si instaurò un clima di fiducia e di ottimismo. Poi Dominic decise che era giunto il
momento di passare a discutere di affari.
“Claudio, trasferiamoci nel mio ufficio, staremo più comodi per effettuare le operazioni di trasferimento”
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
Claudio annuì. A malincuore si alzò dalla sedia allungando
un‟ultima occhiata verso lo spettacolo offerto dalle due gemelline distese al sole.
“Andiamo, anche se devo dire che da questa posizione si
godeva di una visuale magnifica”
Dominic sorrise.“Non preoccuparti, dopo potrai dare
un‟occhiata da vicino a quello splendido scenario. E ti assicuro che ne vale la pena.”
Claudio non ne aveva alcun dubbio. E decise che si sarebbe
trattenuto volentieri per onorare l‟offerta di ospitalità che
l‟Architetto stava generosamente fornendogli.
L‟ufficio dell‟Architetto, o meglio la cabina che aveva fatto adibire ad ufficio, era arredata in modo sobrio. Sul fondo
campeggiava una pregiata scrivania in noce antico con comode poltrone in pelle. Sul piano della scrivania era sistemato un computer portatile. Dietro di essa una grossa poltrona in
pelle dallo schienale alto troneggiava al centro, sopra vi era
appoggiata una spada da samurai. Claudio la osservò e anche
se non era un esperto notò che la sua particolarità era rappresentata dal fatto che sia lo tsuba che il saya erano interamente
realizzati in pregiato legno di magnolia lucido e antico nel
suo colore naturale. Non era presente il classico tsukaito intrecciato a rivestire l‟impugnatura come di solito si usava
sulla stragrande maggioranza di quelle armi.
Dominic girò intorno alla scrivania e si diresse verso la poltrona. Spostò la Katana e la adagiò appoggiandola in verticale
al bordo della scrivania. Claudio si accomodò nella poltrona
di fronte a lui e osservando la spada appoggiata di fianco a
Dominic chiese: “Non te ne separi mai?”
Dominic fissò il suo interlocutore poi con le dita sfiorò il lucido legno di magnolia come se stesse toccando il più prezioso dei gioielli e si appoggiò con le spalle al comodo schienale
della sua sedia.
“Vedi” disse con voce che sembrava arrivasse da infinitamente lontano “Un tempo la spada per un samurai rappresentava la sua anima. Io non sono un samurai, ma prima di diventare mia questa meraviglia è appartenuta al mio maestro
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
che ha voluto lasciarla a me dopo la sua morte. Morte che lo
raggiunse serenamente nel suo letto, all‟età di novantatrè anni. Prima di lui appartenne a suo padre e qualcuno ha detto
che ancor prima sia appartenuta addirittura al leggendario
Miyamoto Musashi. Ma sono solo voci. Infatti Miyamoto usava due spade identiche durante i suoi combattimenti e io ho
cercato in giro per il mondo una gemella di questa Nihonto
ma non l‟ho mai trovata. Il Sommo Yamashita, mio maestro,
l‟ha usata durante la sua vita in diversi duelli e anche durante
la seconda guerra mondiale, uscendone sempre vincitore.
Questa Nihonto conserva una tradizione: chi ha avuto modo
di vedere la sua lama, luminosa e sfavillante come la luce del
primo mattino, non è poi potuto andare a raccontarlo in giro.”
Mentre parlava Dominic aveva assunto un‟espressione assorta e distante. Sembrava immerso in una specie di delirio
mistico: i suoi occhi scuri e profondi avevano assunto un colore torbido e minaccioso come quello che si sarebbe presentato alla vista di chi affacciandosi sull‟orlo di un pozzo non
fosse stato in grado di scorgerne il fondo.
I quarantacinque minuti che seguirono furono dedicati alle operazioni di trasferimento del denaro. Furono trasferiti sui
conti dell‟Architetto l‟equivalente di dieci milioni di euro che
costituivano le spettanze che erano appannaggio di Dominic
per la sua attiva partecipazione a quella vicenda. Dominic effettuò un collegamento alla rete tramite una connessione sicura poi cedette la tastiera a Claudio. Claudio prese nota dei
conti cifrati indicati da Dominic ed eseguì. Trasferì tre milioni e ottocentomila euro su un conto delle isole Cayman, due
milioni e duecentomila su un secondo conto cifrato sempre
alle Cayman. Un milione e settecentocinquantamila su un
conto alle Barbados; un milione e novecentomila su un conto
di Zurigo e trecentocinquantamila su un conto di una banca di
Roma. Alla fine delle operazioni Claudio passò la tastiera a
Dominic.
Dominic impiegò circa sette minuti per effettuare un collegamento ai suoi cinque conti cifrati e verificarne il saldo.
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
Alla fine un sorriso di soddisfazione si stampò sul suo volto.
Tutto era andato a buon fine.
“Ottimo, Claudio. Il lieto fine di questa vicenda merita
grandi festeggiamenti. Prima però devo consegnarti un mio
personale dono”.
Detto questo aprì il cassetto della scrivania e ne tirò fuori una
busta marrone che spinse in direzione di Claudio. Claudio vi
lanciò un‟occhiata. Era una normale busta da documenti. Fissò l‟Architetto che con un cenno del capo lo invitò a prenderla e ad aprirla.
Claudio strappò il bordo della busta e ne ispezionò l‟interno.
Conteneva solo un grosso anello d‟oro a forma di testa di leone. Un oggetto grezzo e volgare. Lo prese fra le dita e nel
momento stesso in cui lo riconobbe impallidì. Dominic lo osservava con attenzione e soddisfazione poi gli chiese: “Lo hai
riconosciuto vero?” Claudio sospirò poi con un espressione
angosciata sul volto assentì. “Era di un mio cliente. Un certo
Nuzzo. Salvatore Nuzzo.”
Claudio ricordava di aver notato quell‟anello al dito di
Nuzzo quando era stato invitato a prendere un caffé in
quell‟assurdo bunker che era stata la casa del suo cliente e in
quell‟occasione era stato minacciato e ricattato dal Nuzzo e
dal suo socio e zio, tale Domenico Badalamenti.
“Come è finito in questa busta?”
“Semplice, ce l‟ho messo io.”
Claudio contemplò stupito il suo socio cercando di capire cosa volesse intendere ma Dominic decise di soddisfare subito
la curiosità di Claudio raccontandogli come in realtà erano
andate le cose.
“Avevo saputo che i due soci ti ricattavano” disse con estrema calma nella voce” e questa cosa rischiava di compromettere irrimediabilmente il nostro affare. Decisi allora di
intervenire cercando di convincere il Nuzzo a lasciarti in pace. Contattai Nuzzo perché sapevo che aveva influenza sullo
zio e quindi convincendo lui avrei convinto anche Badalamenti. Purtroppo Nuzzo si rivelò essere un irragionevole stu76
Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
pido e la sua impudenza fu tale che arrivò ad aggredirmi con
un coltello. Capisci? Un volgare coltello”
Mentre parlava, la voce dell‟Architetto aveva assunto un tono
monocorde e minaccioso. Gli occhi erano ridotti a due fessure concentrate a fissare un punto nel vuoto alle spalle del suo
interlocutore. Sembrava stesse rivedendo la scena che aveva
vissuto quando si era scontrato col suo avversario.
“Quella sua tracotanza gli è costato la vita. Avevo deciso
di dargli una possibilità ma lui l‟ha buttata nel cesso.
Dominic raccontò a Claudio come aveva affrontato il suo avversario e come poi l‟avesse ucciso con due colpi di pistola,
la sua Taurus judge .410 caricata a cartucce con pallini
d‟acciaio.
“Conoscendomi saprai che non amo molto le armi da fuoco. Ma quel lurido verme non meritava una morte migliore.”
“E suo zio? Sparì dalla circolazione tre giorni dopo la
morte di suo nipote.”
Dominic sorrise di nuovo. “Di suo zio non mi sono occupato
personalmente. Ho preferito affidare l‟incarico ad una squadra specializzata di cinesi che lo hanno calato in uno stampo
per pilastri di cemento e poi lo hanno ricoperto di ottimo calcestruzzo. L‟affare mi è costato qualche migliaio di euro, ma
ne è valsa la pena”.
Claudio ascoltava ammutolito. Non sapeva se essere contento
o se provare orrore. Certo Dominic gli aveva tolto dai coglioni due pericolosi individui che lo avevano tormentato e in un
certo senso terrorizzato. Ma la fine che avevano fatto quei
due era stata orribile, questo doveva ammetterlo.
I due giorni che seguirono furono all‟insegna della serenità e
del benessere. Cibo ottimo, vini eccellenti, relax. Claudio
passò una intera notte con le gemelle Kim e Marjoire e dovette ammettere con se stesso che se la sarebbe ricordata per tutta la vita. Dal canto suo l‟Architetto non era un compagno
particolarmente loquace. Onorava la tavola ma poi non mancava mai ai suoi solitari appuntamenti spirituali e ai suoi quotidiani allenamenti nel Tempio delle Arti. La sera si ritirava
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
nella sua lussuosa camera da letto in compagnia della sua
Miyako e non si faceva più vedere fino al mattino successivo.
Claudio riteneva questo comportamento un po‟ troppo sistematico ma ovviamente non erano affari suoi.
Al termine di questa breve vacanza fu riaccompagnato nel
suo covo.
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
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Claudio solo arrivato a questo punto, alla fine di quel tunnel
incerto e semibuio, si concesse (per la prima volta dopo oltre
otto anni) di scivolare sulla poltrona soffice ed assaporare il
profondo relax che lo condusse ad un sonno profondo e rinvigorente.
Dopo oltre trenta ore di sonno filato si destò.
Era un giorno nuovo, un mondo nuovo, una vita nuova. Sentiva di essere davvero....libero.
Doveva festeggiare, voleva a tutti i costi farlo. E nel modo
più plateale, perché aveva voglia di urlare e tirare fuori otto
anni di silenzi e segreti. Come prima cosa ordinò un semplice
calice di Champagne (ne ordinò una semplice coppa per non
dare nell‟occhio, essendo solo. Per ora !). Un cameriere nano,
ma ben educato e discreto, gli portò una coppa di “Veuve
Ponsardin” del ‟77. Una delizia che gli costò 11.500 rand sudafricani, poco più di 1.500 €. Pagò in contanti per non lasciare tracce sospette ed il nano, che riscosse anche una generosa mancia (in pratica lo stipendio di un anno) lo salutò ringraziandolo per oltre 10 minuti e garantendogli la sua “disponibilità per qualunque cosa”. Claudio tenne conto di quella
promessa nel caso gli fosse tornato utile in seguito, sapendo
già che Ngoje gli aveva appena consegnato la propria anima
su un sontuoso vassoio d‟argento.
Ma per cementare quella nuova alleanza decise di corromperlo (qualora ve ne fosse ancora bisogno) con la tentazione più antica del mondo. Claudio aveva preso informazio79
Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
ni su di lui, scoprendo che „Ngoje (sposato, con una olandese
boera e con 2 bimbe nate sane) aveva una cognata dipendente
della KLM, hostess di terra ed incaricata del settore commerciale. Nello specifico, biglietteria e relazioni coi clienti.
“Proprio quello che ci voleva” pensò.
Invero, si domandò pure come mai una piacente bionda olandese, boera per giunta, avesse scelto come marito un nano di
colore. Il dubbio non nasceva affatto dall‟ evidente anomalia
fisica di „Ngoje, dato che per Claudio non esistevano assolutamente elementi discriminatori, quanto alle enormi distanze
culturali che separavano gli „Olandesi boeri‟, autentici protagonisti di tanti anni di „Aphatrtaid‟ e la popolazione autoctona, di cui „Ngoje era un eloquente membro.
La risposta giunse quando, come un autentico fulmine a ciel
sereno, venne a sapere che lui era affetto da priapismo cronico, a cui doveva aggiungersi un generoso regalo di Madre
Natura.
Claudio rimase piacevolmente sorpreso per quell‟ometto ed
ancor di più per l‟originale equilibrio che talvolta la natura
concede. Decise quindi di sfruttare le informazioni per far
abboccare il cameriere.
La mattina successiva al brindisi, gli organizzò una piccante colazione di lavoro nella sua suite con una giunonica
infermiera dal piglio decisamente „teutonico‟, come il nome
che recava sulla targhetta maliziosamente attaccata
sull‟enorme seno sinistro: Helga. Claudio, per irretirlo, gli
disse che Helga possedeva una spiccata fantasia sessuale per i
superdotati di colore, nani per giunta, ed affetti da quella curiosa anomalia che è il priapismo. Dopo pochi minuti che si
congedò dai due, Claudio capì che il suo eccessivo zelo nel
persuadere „Ngoje era stato inutile. Quelli se la stavano già
spassando, ed a sue spese ovviamente. Ma, intanto, le fotocamere immortalavano quella loro infuocata passione destinata, forse, alla futura memoria. Così, un nuovo alleato si era
aggiunto alla loro crociata. E, con quelle foto incriminanti, la
sua fedeltà era assicurata come la Luna alla Terra.
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
Uscì sull‟enorme terrazza con vista sull‟oceano, abbastanza grande da contenere una piccola piscina ma poco esposta a
scomodi sguardi. Al primo sorso assaporò quel delicatissimo
concentrato di bollicine, accompagnandolo con alcune tartine
che „Ngoje aveva provveduto ad abbinare al calice. Poi si distese su un soffice lettino di midollino e bevve un‟ultima sorsata tutta d‟un fiato. Dopo pochi istanti, steso comodamente a
bordo vasca (in una posizione che replicava chiaramente il
quattro di bastoni) cominciò ad avvertire una strana sensazione. Erano passati oltre otto anni (esclusa la breve parentesi
sul Basra Breeze) dall‟ultima volta che aveva bevuto vero
Champagne. Le dure ristrettezze economiche, a cui si era sottoposto in quegli anni (affinché tutto sembrasse realistico)
previste dal loro piano, lo avevano reso astemio quasi del tutto. Ora la sensazione aumentava, divenendo quasi un sospetto. Solo che, non aveva nulla a che fare con una possibile
sbornia. E così, il sospetto, divenne un dato di fatto. Stava per
montare una poderosa erezione. Uno „spadone‟, come si suole identificare quei rarissimi fenomeni fisiologici che, talvolta, si rivelano superati i quaranta anni. La sua patta stava per
cedere. Ora, ne era certo, era pronto.
Doveva assolutamente possedere una femmina. Vera, calda e
senza barriere sessuali, quella sera sentiva di voler essere un
lurido porco. E, finalmente, si decise a digitare quel maledetto numero dell‟agenzia lì, sul luogo. Alla receptionist gli bastò riferire semplicemente: “Sono pronto, la sto aspettando!”.
Ed in meno di 30 minuti giunse un‟amazzone di ebano dal
corpo mozzafiato. Lei era altissima, molto più di lui. E si
chiamava Mabel.
Mabel, una mulatta di ventiquattro anni (alta 1,79 senza tacchi), aveva un culo sodo come un blocco di alabastro e una
pelle morbida ma levigata come la superficie di una palla da
bigliardo e, per duecento dollari a notte, era disposta persino
a farsi „benedire‟da una scrosciante pioggia dorata.
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
Aveva una terza abbondante di seno. Una misura non eccessiva ma che certo, su quel corpo, era perfettamente in sintonia. Pagò subito la tariffa, più un extra per il taxi (il che significava che aveva già deciso di scaricarla alle prime luci
dell‟alba) e, saltando ogni superfluo preambolo, si accomodarono nella zona notte. Entrambi infoiati come due tapiri in
amore. Lei, all‟uopo, era stata debitamente istruita dalla sua
gerente. Ed al momento opportuno si fece trovare pronta alla
chiamata. Pronta ad interpretare il ruolo di „schiava lussuriosa‟.
Senza neanche stendersi sul letto Claudio la fece spogliare
ordinandole di rimanere solo con il ridottissimo perizoma e
con i tacchi a spillo. Lui era un vero feticista nel sesso e, talvolta, bramava di replicare le scene più spinte inspirandosi ai
suoi filmetti preferiti. La fece leggermente piegare sulle gambe, non a pecora però. Non ancora. Giusto il minimo che gli
consentisse, da una strategica posizione genuflessa, di leccarla fra le cosce e consolarsi col l‟aroma dei suoi umori di
femmina. Poi, scostandole leggermente il sottile slip, cominciò avidamente ad assaporare la sua fica bollente, giocando
con rapidi colpi di lingua, arrivando sino al delizioso ingresso
del secondo canale. Lei, vittima di violenti spasmi di piacere,
aveva i capezzoli turgidi come due chiodi e, dopo aver raggiunto un primo orgasmo clitorideo, desiderò ingoiare il pene
di Claudio. Lui non si tirò certo indietro davanti ad uno slancio così affettuoso. Anzi, in pochi istanti, si svestì ed assieme
si avviarono a bordo vasca. Claudio sapeva che (dopo mesi di
astinenza obbligata) non avrebbe resistito tanto. Quindi, accortosi che lei aveva già avuto un acconto sul piacere, decise
che l‟avrebbe dissetata senza avere troppi pregiudizi e godendosela liberamente. E così fu. Il pompino durò solo pochi
istanti, talmente era la sua eccitazione. Claudio si liberò nella
bocca di Mabel con un potente ed abbondante fiotto lattiginoso. Dallo sguardo voluttuoso della ragazza, capì che lei aveva
gradito al punto che, dopo altri tre schizzi di assestamento, lei
ancora stava li a leccare la sua mazza senza sprecare una sola
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
molecola di quelle preziose proteine organiche. Tutto questo
contribuì ad irrigidire nuovamente il suo pene e, dopo aver iniziato a pomparla con vigore nella sua ampia fica, raggiunse
una perfetta erezione, tale da consentirgli di spostare il suo
interesse verso l‟agognato antro posteriore di Mabel, dirigendo il suo turgido arnese dentro il culo dell‟amazzone.
Quella sera Claudio comprese due importanti verità: la prima,
che si sarebbe separato da lei ben oltre l‟alba. La seconda,
che Mabel possedeva uno sfintere inaspettatamente elastico.
E fu questo che gli diede il „La‟ per avviare un eccitante esercizio di penetrazione anale con lei.
Dopo l‟infuocata notte (ma anche nei due giorni successivi)
con Mabel, Claudio stabilì che i tempi erano maturi per un
breve „Pit-stop‟ a casa. Aveva deciso che, prima di sparire
definitivamente dalla scena, avrebbe messo a posto un po‟ di
cose per poi tagliare la corda.
Non potendo apparire in prima persona, tre anni prima,
aveva aperto un conto corrente intestato ad un soggetto inesistente con un nome preso in prestito dalla lapide di un tizio
sepolto in un cimitero del Cilento, su indicazione di Dominic.
Sul conto aveva versato tre vecchi assegni postali (ancora in
lire) per un valore di 96.000 €, trovati in una scatola abbandonata in soffitta anni prima. In quella, ne decise il loro futuro utilizzo (se tutte le cose fossero andate a posto). Sarebbero
stati il suo visto per una definitiva e gloriosa uscita di scena.
Li aveva compilati e opportunamente falsificati, camuffando
ad arte il vecchio simbolo £it. in luogo dell‟odierno € (avvalendosi di una particolare gomma cancellina e solventi speciali). Poi, grazie alle fotocopie di documenti d‟identità convenientemente contraffatti (indispensabili per l‟apertura di un
conto fantasma), li aveva depositati ed atteso che ne maturasse la disponibilità. Cosa che avvenne, del tutto inaspettatamente, dopo quasi 20 giorni. E si che la sorpresa fu davvero
grande, giacché mai si sarebbe atteso che, nelle stanze di
compensazione di Noi-Banca, bivaccassero funzionari così
cialtroni ed impreparati. Ma la loro ignoranza si tradusse nel
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Domenico Santoro
Passaggio per l’Inferno
successo di Claudio. Che se la piangessero fra di loro, che si
scannassero fra la banca e le “Poste Italiane”. Lui, intanto, si
era già defilato, era stato più veloce, fregandoli sul tempo.
Cosa potevano fargli, citare in giudizio una salma ?
Non appena l‟importo si era reso disponibile ne aveva trasferito parte su una Postepay (circa 5.000 €) aperta grazie alla
documentazione fornita da un prestanome di ottant‟anni,
sempre opportunamente selezionato e suggerito dal suo fedele compare. Per i rimanenti 91.000 € chiese, contestualmente
alla disponibilità, l‟emissione di un assegno circolare -Non
Trasferibile- intestato a tale “Filippo Mastuoni” correntista
presso le Poste Italiane, agenzia di Palena, un piccolo villaggio vicino a Roccaraso. Quell‟assegno circolare venne versato, ed appena disponibile Claudio fece il suo dovere.
Per prima cosa dispose un bonifico di 22.000 € a favore di tal
“Antonino Berselli”, in arte Ninotto, restituendo, in cotal guisa, un poderoso schiaffo morale e chiudendo per sempre i
conti in sospeso con quel patetico, pusillanime rottinculo. E
questo attraverso la curiosa, quanto criptica, causale: “Alla fine i conti si pagano sempre!”
Poi fu la volta di Antonello Berselli (al secolo Nello il Grande) al quale lui doveva ancora 2.500 €.
Decise di trasferirgliene 3.500, dato che da oltre 4 anni attendeva in religioso e discreto silenzio, senza mettergli pressioni
di sorta. E, anche se Claudio sapeva perfettamente quanto
Nello lo detestasse, aveva apprezzato molto la sua delicatezza
e la massima disponibilità concessa. In fondo, lui lo sapeva,
Nello aveva ragione. Quindi volle premiarlo con una piccola
gratifica.
Nulla, invece, fu restituito a Catello (detto “O‟ Pazzo) il puttaniere. Lui aveva già riscosso a sufficienza. Anzi, prima o
poi, con lui, avrebbe pareggiato i conti. Non ora, non ne aveva alcuna priorità. Per quello poteva attendere l‟arrivo di nefasti eventi, cavalcandone la loro drammaticità. Perché, Claudio ne era quasi certo, su quel ramo della famiglia, presto si
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Passaggio per l’Inferno
sarebbe abbattuta una catastrofe senza precedenti. E lui possedeva sufficiente materiale per affrettarne l‟arrivo.
L‟ultimo trasferimento lo fece a favore di Anna. Le accreditò
su un conto 30.000 € specificando nella causale: “Vs. spettanze 10.000 €, Appannaggio Diletta 20.000 €. Si ritenga diffidata, sin da ora, da un diverso uso come disposto”. Mettendo, sin da ora, fine ad ogni possibile, futura, tentazione.
In particolare perché Claudio, temendo che Anna potesse utilizzare i soldi della figlia per aiutare i genitori ormai nullatenenti, mise le mani avanti. Oltre, naturalmente, a formalizzare precise disposizioni presso un suo notaio di fiducia che, fra
l‟altro, era anche l‟esecutore e tutor del conto della figlia. Insomma, la teneva per le palle. Poi, fatto il suo dovere, corse a
casa dei suoi per un veloce saluto ed un messaggio di buon
auspicio per chetarli. Poi si recò dalla sua ex per consolidare
l‟accordo custodito dal notaio, giusto per essere sicuro che ne
avesse inteso appieno il senso. Ed infine dedicarsi a sua figlia
Diletta, con cui rimase circa tre giorni, ed alla quale fece una
solenne promessa: Che lei lo avrebbe raggiunto nel giro di
qualche mese. E la bimba parve tranquillizzarsi, con quella
promessa.
In effetti Claudio aveva un piano per lei. E poi era stato sempre sincero con la figlia, aveva sempre mantenuto puntualmente ogni promessa. Anche se ve ne erano state pochissime,
a causa delle sue scelte azzardate. Scelte che però, adesso, lo
riconsegnavano al mondo sotto una luce nuova, adesso loro
erano i vincitori.
Ci furono poi anche altri piccoli pagamenti: ai suoi fratelli,
parenti vari ed un loro alleato molto diligente, Giacomo Morelli, detto Jackmoore un broker che gli reggeva il gioco in
sua assenza, curandone gli investimenti finanziari in corso, e
musa ispiratrice di quell‟autentico miracolo finanziario.
Claudio lo conobbe dieci anni prima, durante un corso di alta
specializzazione a Milano. Successivamente si rividero e fu
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Passaggio per l’Inferno
Claudio a dare segretamente una mano a Morelli quando
quest‟ultimo fu ingiustamente inghiottito dallo scandalo delle
Obbligazioni Orleans. Ma il broker ignorava del tutto la presenza dell‟Architetto, ovviamente. Concluse le ultime incombenze e passò in agenzia viaggi a ritirare il biglietto
dell‟Eurostar (che lo avrebbe portato a Milano) e del volo
Milano-Zurigo.
Ritirato tutto, passò in direzione per consegnare la sua ricevuta di pagamento online e per fare le condoglianze a Tiziana,
la moglie del titolare. Lei era diventata vedova da circa dieci
giorni, suo marito l‟aveva lasciata con due bimbi di 2 e 4 anni. Un insidioso cancro al colon se lo era portato via. Claudio
parve davvero commosso ma, in realtà, era solo impressionato con se stesso per la geniale intuizione che ebbe 2 anni prima. Quando, in un attimo di distrazione (attimo che si dimostrò abbastanza lungo da consentirgli di memorizzare, a mente, tutti i dati della Mastercard dimenticata sul tavolo) capì
come pagarsi la sua via d‟uscita. D‟altra parte Dario (questo
era il nome del titolare) non era mai stato un vero amico di
Claudio. Anzi, fu proprio lui ad indicare agli inquirenti che
spesso Claudio si avvaleva di quell‟agenzia lasciando intendere che quei viaggi, forse, potevano essere frutto di attività
illecite. Ma questo non fu mai dimostrato e Dario si macchiò
di calunnia, anche se Claudio lo perdonò. Aveva altro per lui
in programma e presto gli avrebbe restituito il favore se nel
frattempo non fosse morto. Comunque, salutò per l‟ultima
volta Tiziana e si avviò all‟uscita, dove lo attendeva un taxi
che lo avrebbe accompagnato a Napoli Centrale, sul suo treno
superveloce diretto a Milano. Una volta a destinazione un
nuovo taxi lo prelevò per accompagnarlo a Malpensa, per il
breve volo sino a Zurigo.
In realtà si fece lasciare in via Como, di fronte al negozio della Yamato Video (un negozio specializzato in video e gadgets
su tutti gli „Anime e Manga‟ degli anni ‟70 ed ‟80) di cui
Claudio era un conosciuto cliente.
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Passaggio per l’Inferno
Appena sceso dal taxi, dopo aver pagato, gettò nella spazzatura sia il biglietto aereo per Zurigo e sia la barba col naso
posticci. Ai quali aveva sapientemente aggiunto un credibile
toupet biondo sotto un cappello Borsalino. Così, tanto per
passare inosservato. In realtà, di lì a trenta minuti, aveva un
appuntamento speciale. Un ultimo pezzo del puzzle che si
doveva incastrare magnificamente. Però, quei trenta minuti di
attesa, li avrebbe trascorsi nel suo Tempio della Memoria.
Adesso aspettava che i nuovi documenti, commissionati ad
un abile falsario, fossero pronti per filarsela definitivamente
all‟estero. Si trattava di un nuovo passaporto (a nome di tal
Carlo Corvini, un emigrante incensurato di cui si erano perse
le tracce da oltre vent‟anni. Ma tuttora vivo ed arzillo, in una
esclusiva casa di riposo per reduci, a Cocoa in Florida) e di
un biglietto aereo con destinazione Winnipeg, via Amsterdam. Il volo era il n° KL935 della KLM, per il quale aveva
più di cinque ore per il check-in. Dopo circa quaranta minuti
di serena attesa, il tizio che aspettava arrivò. Un sorriso compiaciuto spuntò sul viso di Claudio, non appena incrociò lo
sguardo complice di „Ngoje. E già, proprio lui. Aveva onorato la sua promessa. E, con la scusa di una breve vacanza per
seguire la sua Nazionale di Rugby a Milano per uno torneo di
beneficenza, si era accordato con Claudio per perfezionare
una delicata consegna. Il costo della vacanza, a sorpresa, fu
interamente finanziato da Dominic che aveva deciso
all‟ultimo momento di prendere questa iniziativa. „Ngoje gli
porse il plico con un sorriso smagliante, che non mascherava
affatto i suoi denti color giallo nicotina e che, Claudio constatò, sembrava ne mancassero almeno una ricca quindicina.
Claudio ritirò il pacco dalle sue mani, lo abbracciò (beh, si fa
per dire) e si salutarono per sempre, forse.
In effetti Claudio, scoperto che la cognata del nano lavorava
alla KLM a Durbans, comprese al volo come utilizzare la
promessa del cameriere sudafricano. Ma il nano fece anche di
più, gli presentò un suo lontano cugino (discendente di
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Passaggio per l’Inferno
un‟antica tribù indigena riconducibile all‟etnia Zulu) vero
portento nella contraffazione di documenti doganali, passaporti compresi. Ed era anche particolarmente efficiente nei
controlli incrociati sulle identità scelte, per la quale ricevette
il suo semaforo verde.
Claudio pensò: “Ancora una volta Dominic aveva fatto centro !”
Che mente sopraffina, che fortuna aveva avuto ad incontrarlo.
Doveva riconoscerlo, senza di lui niente di tutto questo sarebbe stato possibile.
Una volta col plico sotto braccio si recò all‟hotel Sheraton,
presso Malpensa. Prese una camera con la massima cautela,
pagò in contanti e riposò un paio d‟ore. Si alzò, fece una lunga doccia rinvigorente e, perfettamente pronto, si avviò verso
le partenze internazionali, direzione: terminal della KLM.
Dopo circa un‟ora di attesa iniziò la coda del check-in. Lui,
per non dare nell‟occhio, si era anticipato un po‟. Ed ora
campeggiava a circa metà della fila. Dopo altri trenta minuti
giunse il suo turno, favorì documenti e biglietto e poi attese
sereno. L‟operatrice lo guardò con discrezione e dopo pochi
istanti chiese: “Bagaglio a mano ?”
E lui rispose: “Sì solo il trolley”, e pochi istanti dopo la ragazza gli consegnò la carta d‟imbarco.
Per lui scelse un posto attiguo all‟uscita di salvataggio posta a
metà della fusoliera. Esattamente sopra le ali e che si rivelò
molto comodo per le sue gambe. Sebbene, dovette riconoscere, lui non fosse particolarmente alto.
Circa venti minuti dopo essersi accomodato al posto 28D, il
747 cominciò a rullare.
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A cose fatte rimasero sull‟altro conto fantasma (quello presso
Poste Italiane) circa 20.000 €, per i quali dispose un immediato trasferimento sulla sua carta Postepay in varie tranches
da 3.000 € cadauna. E ritirandone, di volta in volta, il contante sino ad azzerare la carta, compresi i 5.000 iniziali.
Da quando si era chiusa la porta della banca, alle sue spalle,
si erano aperte parecchie finestre e non per buttarsi giù come
molti avrebbero sperato che lui facesse, ma per far entrare aria nuova, aria fresca, aria di cui, adesso, si sentiva parte integrante. L‟aria del suo segno zodiacale, il Gemelli, il segno
più versatile, mobile e rapido dello zodiaco, “Il primo dei
tre”.
Insieme, lui e Dominic, avevano lavorato di fino e alla fine si
erano guadagnati oltre 20 milioni di euro che sarebbero serviti per crearsi una nuova vita e una nuova identità all‟estero,
dove poter ripartire con una nuova e redditizia attività, totalmente legale. Beh, grosso modo.
Ed in effetti, ripensandoci, 20 milioni e con un capitale iniziale di soli 150.000 €, gentilmente messo a disposizione da
sprovveduti imprenditori ed ingrati clienti che lo avevano ingiustamente tradito nel momento più delicato della sua vita.
Che idea geniale, che folle azzardo fu di puntare l‟intera
somma scommettendo sul crollo dei mercati fra il 2001 ed il
2002 e sfruttando quell‟eccitante „Effetto leva 20‟. Ed ancora
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più chirurgica fu la scelta del momento in cui riscuotere la
vincita, a Febbraio del 2003. Accidenti, se solo avessero ritardato di qualche mese, tutto sarebbe andato a puttane. E a
quel pensiero gli apparve un sorriso beffardo, incorniciato in
un volto i cui occhi, per un breve istante, sembrarono saettare
fulmini.
Pensò a Dominic, pensò che soltanto lui, col suo harem promiscuo, mancava all‟appello. Ma che si sarebbe aggiunto a
loro di li a tre giorni, dopo aver finito di sistemare un dettaglio, come egli stesso aveva assicurato.
Verso sera, Claudio si accese un sigaro sulla terrazza
dell‟attico in cima alla splendida collina di Montecarlo.
L‟aereo che avrebbe dovuto fare scalo ad Amsterdam, a causa di un imprevisto tecnico, aveva fatto una inaspettata sosta
nella capitale del Principato di Monaco. Claudio però non ne
fu contrariato, anzi pensava che non tutto il male venisse per
nuocere e decise di approfittarne. La notte era ancora lunga e
lui aveva tempo. Mentre in sottofondo ascoltava le parole
della sua canzone preferita dei „Bee Gees‟-You win again (tu
vinci ancora), il cui ritornello recitava pressappoco così:
“..There's no fight you can't fight this battle of love with me,
you win again, so little time, we do nothing but compete.
There's no life on earth, no other could see me through, you
win again, some never try but if anybody can, we can, and I'll
be, I'll be following you..” fuori la notte era rischiarata dalle
stelle luminose che splendevano come tanti brillanti su un
tappeto di velluto nero. Osservò Sirio, la più bella e splendente, la sua preferita. E, dalla ringhiera del terrazzo, mentre
scrutava nell‟oscurità, capì che anche la vendetta, giunti a
quel punto, era un sentimento superato. La tenue luce delle
stelle lo aveva rimesso in pace con il tutto. Quella luce lo aveva sradicato da un lato oscuro in cui, forse, era destinato a
volgersi.
Claudio sbuffò una nuvola di fumo azzurrino e si voltò
verso la notte stellata che si stendeva davanti a lui.
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Osservandola, osservando quello splendido spettacolo della
natura, si era convinto che esisteva un tempo per ogni cosa:
un tempo per vivere, un tempo per morire, un tempo per godere, un tempo per pagare. Quest‟ultimo tempo per lui, adesso, non sarebbe arrivato mai più.
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EPILOGO
Anna era esausta. Completamente sfiduciata. Mentre spingeva la carrozzina dove era mollemente adagiata Geppina un
grande senso di sconforto si insinuava progressivamente nelle
sue membra stanche. Sua madre, un tempo una donna dispotica ed energica era ora ridotta pressoché al pari di una larva
umana. Quasi completamente paralizzata nella parte sinistra
del corpo aveva bisogno di continua assistenza. I suoi sfinteri
non erano più controllabili e rilasciava continuamente i suoi
bisogni corporali nel pannolone che ormai indossava a permanenza. Il suo linguaggio un tempo irrefrenabile, logorroico, era ora ridotto alla pronuncia di una sola parola: Tàtata.
Avevano cercato di capire cosa volesse esprimere attraverso
quel suono sgraziato e disarticolato e l‟unica risposta plausibile era quella che aveva suggerito il neurologo che la teneva
in cura. In effetti a causa del delirio mistico in cui era scivolata con sempre maggiore veemenza era convinta di aver visto
il Diavolo in persona e quindi era impazzita. Dal punto di vista clinico aveva subìto un vasto ictus cerebrale che le aveva
devastato una estesa area nella parte destra dell‟encefalo colpendo sia le zone motorie che sensorie. Fece una rapida analisi della sua vita, segnata dai dolori e dalle insoddisfazioni
alle quali stava contribuendo anche la primogenita col suo
comportamento che, appena compiuti i diciassette anni, si era
rivelata essere un autentica puttanella. Ormai cambiava un fidanzato ufficiale all‟anno che si portava regolarmente in vacanza e di conseguenza a letto. Anna aveva stimato che aveva
conosciuti più cazzi Brunella nell‟arco di tre anni che essa nel
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corso di una vita. Era disgustata da questo comportamento
ma nella parte più intima di se stessa era anche un po‟ contenta. In fondo, lei cosa si era ritrovata ad essere una donna
seria? Quella di essere scaricata irrimediabilmente dagli unici
due uomini che aveva avuto. Due autentici bastardi che
l‟avevano mollata alla prima occasione di difficoltà. Lei,
sempre votata alla famiglia, ingoiata da problemi non suoi
che le venivano scaricati addosso come macigni, succube dei
suoi genitori, schiacciata dagli eventi infausti che avevano
colpito la sua famiglia. Adesso si rendeva conto di appartenere ad una stirpe di perdenti. Per fortuna Nadia, la donna che
abitualmente si recava a casa della madre per le pulizie, aveva accettato di prendersi cura dei suoi genitori alla luce dei
nuovi eventi che erano sopravvenuti a complicare una situazione di per se già difficile. Aveva accettato di sostituirla nei
momenti in cui lei non poteva essere presente dato che
anch‟essa aveva una famiglia e tre figli da accudire. E questo
era un grosso sollievo.
In realtà a Nadia di Geppina non gliene fregava un beato cazzo. Lei era interessata a Ninotto dal quale otteneva soldi e anche una buona dose di cazzo. Spesso sistemava Geppina nel
salone, relegandola davanti al televisore acceso, immersa nei
suoi escrementi e nella sua urina e intanto si spupazzava il
capofamiglia. Dal canto suo Ninotto sembrava essersi completamente dimenticato di avere una moglie. A lui interessava
solo godere delle premurose attenzioni di Nadia: finalmente,
dopo anni di repressione, stava provando cosa significasse
vivere.
Claudio Cottafava era euforico. Aveva appena ricevuto l‟OK
degli accrediti delle somme sui suoi conti. Il denaro era al sicuro su conti cifrati e noti solo a se stesso. Per festeggiare la
lieta conclusione di quella complicata e faticosa vicenda aveva deciso di divertirsi per qualche giorno a Montecarlo prima
di sparire definitivamente. Certo non per andare al Casinò, lui
non amava il gioco. Il suo unico vizio erano le donne, anche
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quelle a pagamento. E a Montecarlo ne avrebbe trovate a frotte, di bellissime pronte ad acconsentire, ed appagare ogni suo
desiderio. Naturalmente pagando. Per l‟occasione aveva noleggiato un‟auto d‟epoca. Una alfa Romeo 2000 Duetto e adesso scendeva lungo i tornanti che portavano a valle della
città, lungo la spiaggia, col vento nei capelli e con la sensazione di essere invincibile. Era a metà strada del percorso,
abbordò l‟ennesima curva scalando la marcia e frenando la
velocità della macchina con un colpo deciso al pedale del
freno. Il motore ruggì al cambio di marcia ma Claudio si accorse che qualcosa non andava per il verso giusto. Non aveva
sentito la pressione sotto il piede mentre pigiava sulla leva
del freno, anzi il pedale era arrivato paurosamente a fine corsa senza rallentare l‟andatura della vettura. Riuscì a sterzare
mantenendo l‟auto nella carreggiata ma questa aveva acquistato velocità e si dirigeva senza controllo verso il tornante
successivo. Un brivido di paura percorse la spina dorsale di
Claudio mentre gocce di sudore freddo gli imperlavano la
fronte. Mentre si avvicinava velocemente verso il tornante
successivo sentiva il terrore che gli paralizzava le braccia e
le gambe e osservava l‟auto che acquistava velocità lungo la
strada in discesa.
L‟impatto col basso parapetto fu violento e l‟auto frantumò
quel sottile strato di protezione che lo divideva dal vuoto con
estrema facilità, come uno strato di sabbia che si sgretola sotto il peso del piede di un gigante. Mentre la macchina cominciava la corsa verso il vuoto e verso la morte, Claudio rivide
in quei pochi secondi tutta la storia della sua vita. Aveva creduto di appartenere ad una razza superiore ma solo adesso si
rendeva conto di far parte anch‟egli di quelle che lui stesso
aveva definito “Razze perdenti”.
L‟uomo in tuta nera da motociclista si sfilò il casco integrale
mentre osservava dall‟alto la macchina che precipitava nel
vuoto. Aveva dovuto prendere quella decisione perché si era
rivelata necessaria. Lui non aveva amici. Non poteva averli.
Tutti quelli che lo avevano conosciuto, nella sua reale identi94
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tà, avevano fatto una brutta fine. Tutti quelli che avevano avuto la sfortuna di mettersi sulla sua strada avevano trovato la
morte, in un modo o nell‟altro. Pochi suoi nemici, tra i più
validi e degni, avevano avuto l‟onore della sua spada. Gli altri avevano ricevuto la fine che si meritavano: schiacciati come vermi. Osservò l‟auto mentre si schiantava sulle rocce
sottostanti dopo un volo di quasi sessanta metri e provò dispiacere per quella splendida vettura che si sgretolava sulla
parete sottostante. Era una macchina degli anni sessanta e gli
ricordava il tempo in cui era stato un fanciullo innocente prima di essere affidato in mani che poi avrebbero fatto di lui
l‟uomo spietato e letale che era diventato. Era dispiaciuto per
l‟auto ma nel suo cuore, duro come la pietra, non era passato
neanche per un attimo un briciolo di compassione per
quell‟anima che aveva annientato come si fa con un insetto
molesto.
Con un movimento agile saltò sulla sua Ducati ST3 nera, tolse il cavalletto e avviò il motore. Indossò il casco integrale
che insieme alla tuta nera di pelle, lo rese parte integrante
della potente moto. Dopo pochi secondi era già sparito nella
notte. Anche l‟ultimo dettaglio era stato sistemato.
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UN ANNO DOPO
Carlo Corvini si svegliò di soprassalto. Era tremante e madido di sudore e sentiva il cuore martellargli nel petto come un
tamburo impazzito. Era steso nel grande letto matrimoniale
della sua villa di Bel Air ed erano appena le cinque del mattino. Aveva di nuovo avuto quel terribile incubo. Da quando
era scampato alla morte quel terribile ricordo lo perseguitava
tutte le notti trasformandosi in un ossessione che turbava il
suo sonno e la sua pace. Dopo l‟incidente era stato immediatamente recuperato dalle efficienti squadre di soccorso del
Principato e tradotto in ospedale a Montecarlo dove era stato
sottoposto ad un intervento chirurgico. Era stato fortunato
poiché aveva riportato soltanto la frattura del femore destro e
poche ferite superficiali di pochissima importanza. In effetti
la scelta dell‟auto lo aveva salvato da morte certa. Prima di
schiantarsi sugli scogli era stato sbalzato dal sedile della decapottabile ed era atterrato direttamente in acqua.
Quell‟insperata circostanza unita alla sua abilità di nuotatore
e al brevetto di sub che aveva conseguito tre anni prima, gli
avevano permesso di sopravvivere. Dopo l‟intervento chirurgico aveva espresso la volontà di trascorrere la convalescenza
presso una struttura di sua fiducia. Aveva noleggiato un jet
privato e si era fatto trasportare direttamente in una clinica
privata in una città del Sudafrica, praticamente un hotel a
cinque stelle. Aveva recuperato il trolley con i suoi pochi effetti personali dove nella fodera dello stesso erano stati ricuciti i documenti con la nuova identità che gli aveva procurato
Ngoje. Nella clinica era stato sottoposto ad un intervento di
plastica facciale e i suoi lineamenti erano stati modificati per
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adattarsi alla nuova identità. Da quel momento Claudio Cottafava era definitivamente morto. Dilaniato nell‟incidente automobilistico di Montecarlo. Ora si apprestava finalmente a
vivere la sua nuova esistenza. Appoggiò la gruccia in un angolo della stanza e si avviò verso il terrazzo che si affacciava
direttamente sull‟oceano. La sua andatura non era ancora perfetta per la presenza di una leggera claudicatio che ancora lo
affliggeva, ma sapeva che si trattava di un fatto temporaneo.
Aveva assunto una fisioterapista che si stava prendendo cura
di lui e lo stava rimettendo in sesto. Presto sarebbe ritornato
ad essere l‟uomo efficiente che era sempre stato. Ne era certo.
Dominic lanciò uno sguardo di ammirazione allo spettacolo
offerto dalla luce del tramonto che si poteva ammirare dalla
terrazza del suo casolare immerso nel dolce pendio delle colline senesi. Aveva saputo che Claudio era miracolosamente
scampato alla morte e in un certo senso ne era contento. In
fondo lui gli aveva offerto una chance. E Claudio l‟aveva
sfruttata. Mentre aveva messo a punto il piano per sabotare la
macchina che aveva preso a noleggio, lui aveva stabilito che
fosse la sorte a decidere della vita di Claudio. Se avesse veramente voluto ucciderlo lo avrebbe fatto personalmente e in
questo caso Claudio non avrebbe avuto scampo. Come non
ne avevano avuto nessuno dei suoi nemici. La sorte aveva
stabilito che Claudio dovesse sopravvivere all‟incidente e
quindi era giusto che adesso si godesse quello che il tempo e
il destino gli avrebbero lasciato da vivere. In fondo Claudio
non era un suo nemico. Era stato suo complice e lui era certo
che adesso non l‟avrebbe mai tradito. Se l‟avesse fatto non
avrebbe avuto scampo, ovunque si fosse nascosto.
L‟Architetto si avviò verso il soggiorno della sua casa. Indossò il kimono nero e si apprestò a varcare la soglia della stanza
che aveva adibito a „Tempio delle Arti‟. Osservò la Katana
appoggiata sul suo supporto al centro della stanza. Davanti ad
essa era disposta, sul pavimento, una pregiata stuoia intrecciata a mano opera di artigiani giapponesi, che aveva ricevuto
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in dono. Un silenzio quasi religioso galleggiava nell‟aria rendendo quel posto simile ad un luogo sacro, ad un santuario.
Era un appuntamento quotidiano al quale Dominic non si era
mai sottratto nel corso della sua vita. Lentamente, ma con
metodo, si accovacciò di fronte alla sua Nihonto come davanti ad un oggetto sacro, posizionandosi in una posizione di yoga. Socchiuse gli occhi e si rilassò calandosi in quel momento
di meditazione.
Al piano di sopra Miyako si stava preparando a ricevere il
suo padrone. Dopo un lungo bagno rilassante si era profumato il corpo con preziose essenze orientali e aveva indossato
morbide vesti di seta. Nell‟aria aleggiava il profumo di incenso aromatico che impreziosiva con la sua essenza un ambiente già di per se ricco e accogliente. Miyako si concesse una
rapida occhiata di vanità guardando la sua immagine riflessa
nello specchio della toilette e si lasciò sfuggire un discreto
sorriso di soddisfazione: era bellissima ed era pronta. Pronta
per una nuova notte da offrire al suo Signore.
***
FINE
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RINGRAZIAMENTI
Alla fine di un lavoro come questo i ringraziamenti oltre che
un dovere diventano anche un piacere. Innanzi tutto è necessario fare una precisazione: buona parte del merito, per la stesura di questa storia va al mio amico Carmine C. meglio conosciuto con lo pseudonimo di Il protagonista. È stato grazie
alla sua insistenza, agli spunti forniti e soprattutto alla preziosa consulenza tecnica in materia di finanze se alcuni capitoli
sono stati sviluppati. È quindi a lui che va il mio grazie più
esteso. È inoltre necessario ricordare la presenza preziosa di
persone che con la loro assistenza morale e il loro incoraggiamento mi hanno dato la spinta a continuare anche nei
momenti di maggiore sconforto. Un pensiero particolare va al
mio amico storico Costantino, al quale mi lega una sincera
amicizia che dura da oltre un trentennio, nonostante la distanza e gli impegni reciproci ci impediscono un contatto interpersonale e col quale ho un rapporto che va al di la della
semplice relazione epistolare. Un grazie a mia figlia, la dottoressa Emiliana Santoro per esserci, per i preziosi suggerimenti e per la pazienza con cui sopporta il mio difficile carattere.
E‟ doveroso precisare che nel libro ho utilizzato una frase
presa in prestito dal best seller “Io sono Dio” di Giorgio Faletti. La frase, “Te ne devo non una ma mille” che è stata oggetto, insieme ad altre quattro, di una polemica estiva da parte di uno sparuto, quanto agguerrito, gruppetto di persone su
un blog, (mosso solo dall‟invidia verso il successo di Faletti)
è stata da me usata per due fondamentali motivi: in primis volevo pubblicamente esprimere un omaggio al grande Giorgio,
il mio autore italiano preferito, e in secondo luogo utilizzare
la forza espressiva e la bellezza in essa racchiusa mettendola
in bocca al protagonista d‟azione della mia storia.
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Infine un grazie ai lettori che sono il fulcro su cui si basa ogni
ispirazione e la voglia di continuare questo difficile lavoro.
18/agosto 2010
Domenico Santoro
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