I mnemagoghi - Liceo scientifico Gobetti

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I mnemagoghi - Liceo scientifico Gobetti
I mnemagoghi
Dialoghi con studenti su Primo Levi
a cura di Cristina Bracchi e Barbara Mariatti
Il progetto ha preso spunto dal ritrovamento di un’audiocassetta contenente l’intervista
effettuata nel 1973 a Primo Levi da Marco Pennacini, allora studente del Liceo Piero
Gobetti, prematuramente scomparso, e figlio di Adriano Pennacini (futuro preside della
Facoltà di lettere dell’Università degli Studi di Torino). L’intervista, ritrovata
casualmente nel 2008 da una collaboratrice della mamma del ragazzo, Liliana Treves, è
rimasta inedita fino al 27 gennaio 2011. Nello scorso anno scolastico la dott.a Gabriella
Giannone, a nome della famiglia Pennacini, e Gianni Bissaca, per Itaca Teatro, hanno
proposto al nostro istituto un progetto per un evento celebrativo legato alla memoria di
Marco Pennacini e Primo Levi.
L’attività ha voluto essere occasione di memoria e di riflessione sulla memoria che
sappiamo attivare, narrare ed essere con l’esperienza e con l’azione discorsiva. Il
dialogo di vicinanza e di consapevolezza che emerge dall’intervista fra le due differenti
soggettività, per età ed esperienza, il ragazzo e l’uomo, ha suggerito di ripercorrere la
pratica dialogica in relazione di disparità tra giovani studenti e adulti che variamente
hanno attraversato e conosciuto la figura e l’opera di Primo Levi.
Il progetto si è articolato in due parti: lo spettacolo teatrale “Marco e Primo” del 26
gennaio 2013, esito finale del laboratorio teatrale a cura di Gianni Bissaca, e la
mattinata di incontri e dialoghi di memoria “I mnemagoghi” del 27 maggio 2013, a
cura di Cristina Bracchi e di Barbara Mariatti, in cui si sono avvicendate brevi
narrazioni, suggestioni, domande, rammemorazioni pensate e scritte da studenti del
Liceo Gobetti e messe in relazione con realtà ed esperienze di artisti e studiosi dello
scrittore. Si è trattato della conclusione di una esperienza di scrittura a proposito di sé,
della storia familiare e di Levi, coordinata dalle referenti del progetto e organizzata in
modo autonomo, nella didattica mattutina, dalle docenti Marisa Bello, Paola Valpreda e
Giuseppina Pisanu, che hanno partecipato al laboratorio, parallelo a quello teatrale.
Il progetto ha avuto riscontri di interesse e di formazione molto positivi sia su allievi/e
sia su docenti. La riflessione sulla memoria è stata recepita e articolata in modo
personale e originale dalle classi coinvolte in entrambi i laboratori ed è stata condivisa
nei due eventi con tutte le ragazze e tutti i ragazzi della scuola.
I mnemagoghi di Levi, le boccette che racchiudono la memoria olfattiva delle
sensazioni e dei ricordi, nella raccolta Storie naturali del 1966, sono stati gli spunti
simbolici e ideali per mettersi in gioco, partendo da sé e dal proprio presente, rispetto
alle sollecitazioni che i temi della scrittura e l’esperienza di Levi propongono. Che cosa
conserviamo nelle nostre ampolle? Come sappiamo farne narrazione e racconto da
condividere e mettere in dialogo con altre e altri? Cosa dell’umanità e dell’invenzione,
della scrittura del sé e della narrativa dello scrittore custodiamo nelle nostre boccette?
Come ne parleremmo con Levi? Soprattutto i temi autobiografici relativi all’infanzia e
all’adolescenza, appartenenti a Il sistema periodico del 1975, sono stati utilizzati nel
progetto di “scrittura guidata” e di “rappresentazione narrativa” delle pagine di Levi,
con richiami a Se questo è un uomo e La tregua. Abbiamo inteso attuare un teatro del
narrare e una narrazione del sé che mettano a tema se e come ragazze e ragazzi possano
essere soggetti di memoria e oggetto di memoria, nel legame di pratiche e di significato
con l’esperienza di Marco Pennacini e la scrittura di Primo Levi. Mettersi in gioco a
partire da sé per creare memoria, per fare racconto della memoria e del ricordo,
attivando una relazione significativa con chi in famiglia e nella storia ha vissuto
esperienze prima di noi, per passare dalla memoria al racconto di questa. «Fin dal primo
mio libro ho desiderato che i miei scritti anche se li ho firmati io, fossero letti come
opere collettive, come una voce che rappresentasse altre voci»1 scriveva Levi e a questo
abbiamo fatto riferimento, come all’idea di “mondità” di Hanna Arendt, nella pratica
della vita activa 2che pertiene alla condizione umana, in cui l’azione, il discorso, il
pensiero per diventare cose del mondo, avere o essere realtà ed esistenza duratura,
devono essere riconosciuti e ricordati. Ecco perché il narrare.
Torino, 1 ottobre 2013
Cristina Bracchi e Barbara Mariatti
1
Primo Levi, Alla nostra generazione…, in Storia vissuta, Franco Angeli, Milano 1988.
Hanna Arendt, The Human Condition, Chicago, Universtity of Chicago, 1958, trad. it. Di Sergio Finzi,
Vita Activa. La condizione umana, Milano, Bompiani, 1991.
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