Dinamica molecolare ab initio di reazioni in fasi condensate

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Dinamica molecolare ab initio di reazioni in fasi condensate
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE
Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Dottorato in Scienze Chimiche, XVI ciclo
Dipartimento di Chimica
Dinamica molecolare ab initio di
reazioni in fasi condensate
Tesi di Dottorato di Ricerca in Scienze Chimiche di
Marco Pagliai
Tutore:
Coordinatore:
Prof. Vincenzo Schettino
Prof. Giacomo Martini
Indice
Introduzione
v
I Teoria del funzionale densità e dinamica molecolare ab
initio
1
1 Teoria del funzionale densità
2
1.1
Densità elettronica e Hamiltoniano elettronico . . . . . . . . . . .
3
1.2
Teoremi di Hohenberg-Kohn . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5
1.3
Metodo di Kohn-Sham . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6
1.4
Potenziale chimico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
8
1.5
Caratterizzazione della struttura elettronica . . . . . . . . . . . .
13
2 Dinamica molecolare ab initio
23
2.1
Dinamica molecolare classica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2
Dinamica molecolare ab initio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
2.3
24
2.2.1
Equazioni del moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
26
2.2.2
Algoritmo CPMD . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
29
Sistema isolato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
34
i
II Simulazioni di dinamica molecolare ab initio di sistemi
complessi
38
1 Effetto dell’α-sostituente
39
1.1
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
41
1.2
Dettagli Computazionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
44
1.3
Risultati e discussioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
46
1.3.1
Strutture . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
46
1.3.2
Profilo energetico delle reazioni . . . . . . . . . . . . . .
53
1.3.3
Analisi di popolazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
57
1.4
Effetti termici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
64
1.5
Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
72
2 Effetti di solvatazione intramolecolare nelle reazioni SN 2: Cl− + Cl(CH2 )n CN 84
2.1
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
85
2.2
La reazione Cl− + Cl(CH2 )2 CN . . . . . . . . . . . . . . . . . .
87
2.3
Reazioni Cl− + Cl(CH2 )n CN (n=3, 4 e 5) . . . . . . . . . . . . .
93
2.4
Effetti termici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100
2.5
Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106
3 Reazione SN 2 in acqua
111
3.1
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112
3.2
Dettagli computazionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114
3.3
Risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114
3.4
Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126
4 Dinamiche del legame ad idrogeno nel metanolo liquido
4.1
133
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134
ii
4.2
Dettagli computazionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 136
4.3
Risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138
4.4
Momento di dipolo molecolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147
4.5
Spettri vibrazionali ed infrarosso . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150
4.6
Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155
5 Transizioni di fase nell’idrossido di litio anidro, LiOH
162
5.1
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163
5.2
Dettagli computazionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165
5.3
Risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166
5.4
Considerazioni e prospettive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 172
6 Idrossido di litio monoidrato, LiOH·H2 O: proprietà strutturali e spettroscopiche
176
6.1
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177
6.2
Dettagli computazionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 178
6.3
Proprietà strutturali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179
6.4
Spettroscopia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 185
6.5
Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 190
III Spettro vibrazionale dei fullereni C60 e C70
194
1 Assegnamento dello spettro vibrazionale dei fullereni C60 e C70
195
1.1
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 196
1.2
Dettagli computazionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 198
1.3
Materiali e metodi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 199
1.4
Assegnamento dello spettro vibrazionale del C60 . . . . . . . . . . 199
iii
1.5
1.6
Assegnamento dello spettro vibrazionale del C70 . . . . . . . . . . 214
1.5.1
Considerazioni di simmetria . . . . . . . . . . . . . . . . 214
1.5.2
Risultati e discussione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 219
Sommario e conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 233
IV Prospettive
241
1 Considerazioni finali e prospettive
242
iv
Introduzione
L’applicazione di tecniche di simulazione, a partire dalla loro introduzione e grazie al continuo incremento nella disponibilità di risorse computazionali e di sempre più efficienti algoritmi, ha fornito un sostanziale contributo all’interpretazione
a livello atomico delle proprietà strutturali e dinamiche di sistemi complessi.
In particolare, le simulazioni di dinamica molecolare classica si sono dimostrate uno strumento insostituibile per razionalizzare i dati sperimentali e spesso per
suggerire ulteriori esperimenti. Grazie alla disponibilità di potenziali d’interazione sempre più accurati si ha oggi la possibilità di studiare sistemi complessi
d’interesse in campo tecnologico ed in campo biologico.
Il problema principale nell’applicazione di questo metodo risiede nella descrizione delle forze d’interazione adottata, che deve essere la più accurata possibile
nel riprodurre i dati sperimentali disponibili. I campi di forza semiempirici sono
stati messi a punto per riprodurre dati sperimentali in determinate condizioni di
pressione e temperatura. La capacità di riproduzione o di predizione sarà limitata
quindi ad uno spazio delle fasi che non si discosta troppo da quello per il quale il
potenziale è stato messo a punto. Questo significa, ad esempio, che un potenziale
ottimizzato per la descrizione di una fase prestabilita di un cristallo potrebbe non
essere idoneo a descrivere un’altra fase.
Pertanto, volendo studiare sistemi in cui il potenziale di interazione subisce notevoli variazioni, risulta necessario utilizzare tecniche di simulazione alternative in
v
cui questi termini sono generati accuratamente e consistentemente all’evoluzione
della dinamica. Questo problema è stato parzialmente risolto a partire dal 1985
con lo schema proposto da Car e Parrinello (CPMD) per effettuare simulazioni di
dinamica molecolare ab initio. In questo metodo la dinamica molecolare classica
è combinata con una valutazione on the fly delle forze interatomiche tramite la
teoria del funzionale densità (DFT). Il metodo, che si è rivelato uno dei più potenti strumenti nella chimica computazionale, è stato applicato con successo allo
studio di un numero crescente di sistemi caratterizzati da differenti tipi di interazioni (covalenti, ionici e H-bond), e dalle prime applicazioni sul silicio si è passati
allo studio di sistemi sempre più complessi quali quelli biologici (proteine, RNA,
DNA), alle transizioni di fasi indotte da temperature o pressioni esterne, a reazioni
chimiche in fase gassosa ed in soluzione. La potenza risiede essenzialmente nella
possibilità di seguire la dinamica del sistema in esame, prendendo direttamente
in considerazione gli effetti anarmonici del potenziale e di polarizzazione. Questi
sono di fondamentale importanza nello studio di solventi strutturati, come l’acqua
ed il metanolo, della reattività chimica e delle proprietà spettroscopiche: i risultati
delle simulazioni presentano un livello di accuratezza paragonabile a quello degli
esperimenti e possono pertanto essere usati con confidenza nell’interpretazione
dei dati sperimentali.
Il lavoro di questa tesi riguarda principalmente l’applicazione del metodo CarParrinello allo studio di tre classi di sistemi: reazioni di sostituzione nucleofila bimolecolari dalla fase gassosa alle soluzioni, lo studio delle proprietà strutturali e dinamiche del metanolo liquido e, infine, lo studio delle transizioni di
fasi nell’idrossido di litio anidro e dell’assegnamento dello spettro vibrazionale
dell’idrossido di litio monoidrato.
Pertanto la tesi risulta essere articolata in una prima parte introduttiva, dove sono
vi
stati raccolti richiami sulla teoria del funzionale della densità e sulla dinamica
molecolare Car-Parrinello. Nella seconda parte sono discusse le applicazioni alle
classi dei sistemi suddetti, e nella terza parte è descritto l’assegnamento degli
spettri vibrazionali dei fullereni C60 e C70 , ed infine, nella quarta ed ultima parte,
sono riportate le prospettive e descrizione preliminari sulla reattività dell’etilene
ad alte pressioni. La prima parte del lavoro di tesi di dottorato è stata dedicata al
completamento e all’estensione del lavoro di tesi di laurea e si è incentrata sullo
studio delle reazioni di sostituzione nucleofila bimolecolare di scambio identico
in fase gassosa:
Cl− + ClCH2 X → ClCH2 X + Cl−
con X = CN, Cl, H. Lo studio di queste reazioni è stato inizialmente incentrato sulla comprensione degli effetti dell’α-sostituente sul meccanismo e sulla velocità di
reazione. Quindi sono stati analizzati gli effetti termici sul profilo di reazione e
sulla caratterizzazione strutturali dei complessi prereattivi. Tramite metodi per lo
studio di eventi rari, come il Blue Moon ed il Transition Path, è stata esplorata la
superficie di energia potenziale a temperatura finita (TPES), superando il limite
di altri metodi computazionali limitati alla temperature di 0 K. Sono state determinate le variazioni di energia potenziale ed energia libera durante il corso della
reazione. Particolarmente interessante è stato osservare che il complesso ionedipolo relativo alla reazione del ClCH2 CN sia caratterizzato dalla presenza di un
legame ad idrogeno anche in accordo con le ipotesi sperimentali.
Gli effetti di solvatanti del gruppo CN sono stati valutati all’aumentare della
distanza dal carbonio centro di attacco per le reazioni sulla serie:
Cl− + Cl(CH2 )n CN → Cl(CH2 )n CN + Cl−
vii
con n=2, . . ., 5. Queste simulazioni hanno consentito una completa comprensione
degli effetti della microsolvatazione e di determinare che la reattività non varia
tanto all’aumentare della lunghezza della catena alchilica quanto dalle interazioni di stabilizzazione di tipo legame ad idrogeno che si instaurano nel complesso
prereattivo. Si è stabilito con accuratezza il meccanismo di reazione, sia alla temperatura di ∼ 0 K che di ∼ 300 K e verificato la possibile competizione con
l’eliminazione.
Le interazioni che si instaurano allo stato di transizione per la reazione di sostituzione nucleofila bimolecolare:
Cl− + CH3 Br → ClCH3 + Br−
In questa simulazione le molecole di solvente sono state incluse esplicitamente
e ciò ha consentito una descrizione dettagliata dell’influenza della formazione di
legami ad idrogeno sui due alogeni che prendono parte alla reazione e di come
questi influenzino la diversa velocità di reazione rispetto alla fase gassosa. Sono
state inoltre determinate deboli interazioni direzionali tra gli idrogeni del gruppo metile e gli atomi di ossigeno delle molecole di acqua, che suggeriscono la
formazione di deboli legami a idrogeno.
Le simulazioni CPMD si sono rivelate particolarmente utili nella caratterizzazione delle proprietà strutturali, dinamiche e spettroscopiche del metanolo liquido ed
in particolare del tempo di vita del legame ad idrogeno e del momento di dipolo
delle molecole in fase massiva. Da un punto di vista strutturale è stato messo in
evidenza come le molecole di metanolo siano coinvolte nella formazione di un
numero di legami ad idrogeno che va da 0 a 3, con un’elevata percentuale di molecole coinvolte in 2 legami ad idrogeno per la formazione di catene. Il momento
di dipolo associato a ciascuna molecola può essere correlato al numero di legami ad idrogeno in cui questa è coinvolta. Infine sono state studiate le dinamiche
viii
del legame ad idrogeno, verificando come queste siano caratterizzate da differenti
tempi di vita, associati a differenti tipi di interazioni. L’analisi è stata compiuta
introducendo una nuova funzione, che sopperisce a tutta una serie di problemi che
affliggono i metodi tradizionali usualmente utilizzati. Tramite questa funzione sono prese in considerazione correttamente le oscillazioni veloci di una molecola
nella gabbia, consentendo un’accurata riproduzione di tutta una serie di dati che
sono stati resi disponibili con l’introduzione delle spettroscopie a femtosecondi.
Questi studi costituiscono una base per successive simulazioni di reazioni in solventi diversi dall’acqua e per stabilire l’importanza di effetti di polarizzazione e
di trasferimento di carica nella messa a punto di modelli polarizzabili in dinamica
molecolare classica.
In vista di future simulazioni sulla reattività tra CO2 ed idrossido di litio, anidro
e monoidrato, sono stati condotti tutta una serie di studi sulla struttura dei cristalli e sulle proprietà spettroscopiche di questi due composti. Da un punto di vista
sperimentale l’evoluzione della reazione può essere seguita tramite spettroscopia
infrarossa. Spettri IR possono essere ottenuti direttamente da simulazioni e questo
consente di avere una descrizione a livello atomico del meccanismo di reazione.
L’assenza di un completo assegnamento degli spettri vibrazionali di queste sostanze, specialmente nella regione a basse frequenze, ha richiesto un approfondito
studio, che è stato principalmente incentrato sull’idrossido di litio monoidrato.
Sono attualmente in fase di completamento simulazioni tramite tecniche accelerate per la determinazione di strutture in fasi a pressioni e temperature diverse da
quelle ambiente dell’idrossido di litio anidro. In particolare si è applicato il metodo della “metadinamica” applicato a simulazioni con cella variabile, sviluppato in
collaborazione con la dott.sa Marcella Iannuzzi e con il Prof. Michele Parrinello,
durante il periodo di studio all’estero presso il Centro Svizzero di Calcolo Scien-
ix
tifico (CSCS) a Manno, Lugano (Svizzera). Questo tipo di simulazioni consente
lo studio di transizioni di fase al più alto livello di teoria e in tempi di calcolo
inferiori a quelli dei metodi finora utilizzati. Anche il problema dell’utilizzo di
pressioni superiori a quelle applicate negli esperimenti per indurre le transizioni è
risolto, consentendo un diretto confronto tra misure e risultati dei calcoli.
Infine sono state studiate le proprietà strutturali e spettroscopiche dei due composti della classe dei fullereni: C60 e C70 . Per questi composti sono stati eseguiti
calcoli di struttura elettronica e di spettri vibrazionali tramite DFT. I risultati numerici, comparati con i risultati sperimentali ed i precedenti studi riportati in letteratura, sono stati utilizzati per il completo assegnamento degli spettri vibrazionali
sperimentali.
x
Parte I
Teoria del funzionale densità e
dinamica molecolare ab initio
1
Capitolo 1
Teoria del funzionale densità
La teoria del funzionale densità, DFT, permette un’accurata descrizione della
struttura elettronica della materia attraverso la densità elettronica, ρ(r), rappresentando cosı̀ un approccio alternativo e complementare ai metodi Hartree-Fock
e post Hartree-Fock, che hanno come quantità di riferimento la funzione d’onda
molecolare, Ψ.
Il successo della DFT deve essere ricercato nel vantaggio computazionale apportato dal metodo, in quanto, pur tenendo in considerazione le interazione di
scambio e correlazione, richiede risorse di calcolo inferiori a quelle dei metodi
Hartree-Fock correlati a parità di risultati. Ciò ha consentito l’applicazione ad
un’elevata varietà di sistemi di interesse chimico, biologico e tecnologico, aprendo nuove e concrete opportunità di studio per sistemi complessi e costituiti da un
numero elevato di elettroni, che sono fuori dalla portata dei metodi Hartree-Fock
correlati.
2
1.1 Densità elettronica e Hamiltoniano elettronico
La teoria del funzionale densità, DFT (Density Functional Theory), consente la risoluzione rigorosa di problemi polielettronici, relativi a sistemi atomici o molecolari, essenzialmente nello stato fondamentale, in termini della densità elettronica,
ρ(r).
Se il sistema in esame è costituito da N nuclei in posizioni stabilite, questi danno luogo ad un potenziale esterno, v(r), in cui gli elettroni si muovono e interagiscono. La funzione d’onda elettronica indipendente dal tempo dello stato
fondamentale può essere ottenuta dalla soluzione dell’equazione di Schrödinger.
La densità elettronica, ρ(r), è correlata alla funzione d’onda di un sistema N elettronico, Ψ, in quanto rappresenta la probabilità di trovare un elettrone nell’elemento di volume dx1 nell’intorno del punto r1 :
Z
ρ(r1 ) = N
Z
...
|Ψ(x1 , x2 , . . . , xN )|2 dσ1 dx2 . . . dxN
(1)
Questa è una funzione di tre variabili, x1 ,y1 e z1 , dalla cui integrazione si ha il
numero di elettroni:
Z
ρ(r1 )dx1 = N
(2)
Pertanto le informazioni contenute nella funzione d’onda Ψ vengono integrate in
( 1) su tutte le coordinate di spin e su tutte le coordinate spaziali eccetto quelle
relative all’elettrone 1.
Particolarmente utili nella successiva espressione dei termini relativi alla DFT,
nel caso di sistemi closed shell, sono le definizioni delle matrici densità ridotta al
primo e secondo ordine:
Z
ρ(r1 , r01 )
=N
Z
...
Ψ(r1 σ1 , x2 , . . ., xN )Ψ∗ (r01 σ1 , x2 , . . ., xN )dσ1 dx2 . . . dxN
(3)
3
e:
ρ(r1 , r2 ; r01 , r02 ) = N (N − 1)
Z
Z
(4)
. . . Ψ(r1 σ1 , r2 σ2 , . . ., xN )Ψ∗ (r01 σ1 , r02 σ2 , . . ., xN )dσ1 dσ2 dx3 . . . dxN
Gli elementi diagonali delle precedenti due matrici sono rispettivamente:
ρ(r1 , r1 ) = ρ(r1 )
(5)
1
1
ρ(r1 , r2 ; r1 , r2 ) = ρ(r1 )ρ(r2 ) − ρ(r1 , r2 )ρ(r2 , r1 )
2
4
(6)
e:
Particolarmente importante è questa seconda quantità, perché rappresenta la probabilità di trovare due elettroni simultaneamente nelle posizioni r1 e r2 rispettivamente ed introduce la definizione di probabilità condizionale:
ρcond = ρ(r1 , r2 ; r1 , r2 )/ρ(r1 , r1 )
(7)
Per un sistema di N elettroni interagenti in moto nel campo generato da M nuclei, l’energia dello stato fondamentale elettronico, nell’approssimazione nonrelativistica di Born-Oppenheimer è ricavata dalla risoluzione dell’equazione di
Shrödinger indipendente dal tempo:
ĤΨ = (T̂ + V̂en + Vˆee )Ψ = EΨ
dove:
(8)
N
1X 2
T̂ = −
∇i
2 i=1
V̂ee =
N
X
i<j
V̂en
1
|ri − rj |
N
N X
M
X
X
=
v(ri ) =
−ZA
|RA − ri |
i=1 A=1
i=1
4
(9)
(10)
(11)
sono rispettivamente gli operatori per energia cinetica, interazione elettrone-elettrone
e elettrone-nuclei. Risolvendo l’equazione di Schödringer si determina la funzione polielettronica dello stato fondamentale, Ψ, o, in altre parole, Ψ è determinata
specificando N ed il potenziale esterno v(ri ).
1.2 Teoremi di Hohenberg-Kohn
Il punto di partenza della teoria del funzionale della densità è costituito dai due
teoremi di Hohenberg e Kohn [1], secondo i quali la densità elettronica, ρ(r),
è la quantità che permette la descrizione dello stato fondamentale di un sistema
polielettronico.
Il primo teorema di Hohenberg e Kohn stabilisce che la densità elettronica dello
stato fondamentale determina univocamente, a meno di una costante additiva, il
potenziale esterno, v(ri ); tuttavia per effetto dell’equazione 2, questa determina
anche il numero degli elettroni. D’altra parte N e v(ri ) determinano a loro volta la
funzione d’onda molecolare del sistema, Ψ, e quindi tutte le proprietà dello stato
fondamentale.
Le proprietà dello stato fondamentale possono essere determinate come valore di
aspettazione di opportuni operatori, Ô:
hΨ[ρ]|Ô|Ψ[ρ]i = O[ρ]
(12)
Pertanto anche l’energia elettronica dello stato fondamentale sarà un funzionale
della densità elettronica:
hΨ[ρ]|Ĥ|Ψ[ρ]i = E[ρ] = E[N, v] = E0
(13)
Il secondo teorema di Hohenberg e Kohn esprime per la densità elettronica il
principio variazionale, cosicché data una densità di prova, ρ̃, definita positiva in
5
ogni punto e tale che
R
ρ̃(r)dr = N , l’energia dello stato fondamentale E0 è data:
E0 ≤ Ev [ρ̃]
(14)
La minimizzazione del funzionale energia, Ev [ρ], definito come:
Z
Ev [ρ] = T [ρ]+Vee [ρ]+Ven [ρ] = FHK [ρ]+Ven [ρ] = FHK [ρ]+
ρ(r)v(r)dr (15)
dove il funzionale FHK detto funzionale universale perché indipendente dal potenziale esterno v(r), richiede che:
½
·Z
¸¾
δ Ev [ρ] − µ
ρ(r)dr − N
=0
(16)
con µ moltiplicatore indeterminato di Lagrange, che coincide con il potenziale
chimico del sistema in esame:
µ=
δFHK [ρ]
δEv [ρ]
= v(r) +
δρ(r)
δρ(r)
(17)
La conoscenza del funzionale universale, FHK , consentirebbe la risoluzione esatta
dell’equazione 16.
Benché la forma del funzionale universale non sia nota, i due teoremi di Hohenberg e Kohn sono il fondamento di una teoria esatta, che ha come grandezza di
riferimento la densità elettronica.
1.3 Metodo di Kohn-Sham
La densità dello stato fondamentale può essere ottenuta dalla minimizzazione dell’equazione 16, ma questo in genere è di difficile attuazione a causa dei problemi
relativi alla valutazione dei funzionali energia cinetica e di interazione interelettronica, che vi compaiono.
6
Kohn e Sham [2] hanno messo a punto un metodo che permette di superare queste
difficoltà, introducendo un sistema ausiliario, che non presenta termini di repulsione elettrone-elettrone nell’hamiltoniano, ma che è caratterizzato dalla stessa
densità elettronica dello stato fondamentale del sistema in studio:
¸
N ·
X
1 2
Ĥs = T̂s + V̂s =
− ∇ + vs (ri )
2
i=1
(18)
Per il primo teorema di Hohenberg e Kohn, un sistema di elettroni indipendenti,
che si muovono sotto l’azione di un potenziale locale vs (r), può essere descritto
tramite una funzione d’onda determinantale:
1
Ψs = √ det[φ1 φ2 . . . φN ]
N!
(19)
dove i φi sono gli N autostati di più bassa energia dell’hamiltoniano mono-elettronico,ĥs :
¸
·
1 2
(20)
ĥs φi (r) = − ∇ + vs (r) φi (r) = ²i φi (r)
2
La densità elettronica del sistema di elettroni non interagenti è:
N
X
ρs (r) = | φi (r)|2 = ρ0 (r)
(21)
i=1
e per come è stato definito il sistema ausiliario, questa sarà uguale alla densità
dello stato fondamentale del sistema in esame.
Se il potenziale locale Vs esiste, e ciò è stato provato in certe condizioni, è unico
per il primo teorema di Hohenberg e Kohn ed uniche sono le soluzioni dell’hamiltoniano monoelettronico, ovvero delle equazioni di Kohn e Sham.
L’energia elettronica del sistema a particelle interagenti che si muovono sotto
l’effetto di un potenziale esterno, v(r) è:
Z
Ev [ρ] = Ts [ρ] +
1
v(r)ρ(r)d(r) −
2
7
Z
ρ(r)ρ(r0 )d(r)d(r0 )
+ EXC [ρ]
|r − r0 |
(22)
dove l’energia di scambio e di correlazione, EXC , contiene la differenza tra l’energia cinetica dei sistemi interagenti e non interagenti e la parte non classica del
potenziale di interazione interelettronica:
EXC [ρ] = (T [ρ] − Ts [ρ]) + (Vee [ρ] − J[ρ])
(23)
Ricorrendo ai moltiplicatori indeterminati di Lagrange per minimizzare il funzionale energia, si ha:
µ = vs (r) +
δTs [ρ]
δJ[ρ] δEXC [ρ]
= v(r) +
+
δρ(r)
δρ(r)
δρ(r)
(24)
Le equazioni di Kohn e Sham, pur risolvendo il problema dell’energia cinetica,
non portano ad una definizione del funzionale di scambio e correlazione, che rimane cosı̀ l’unica grandezza incognita. È evidente che tanto più corretto sarà
il funzionale di scambio e correlazione scelto e tanto più accurata sarà l’energia
elettronica.
1.4 Potenziale chimico
Nel corso di processi chimici si ha una riorganizzazione della struttura elettronica,
legata alla ridistribuzione degli elettroni all’interno del sistema, che determina il
passaggio da uno stato fondamentale ad un altro.
La variazione dell’energia al primo ordine è legata alla risposta del sistema alla variazione del numero degli elettroni ed è legata al potenziale chimico dalla seguente
equazione differenziale, che è di importanza fondamentale per la descrizione della
reattività in termini di DFT:
Z
dE = µdN +
ρ(r)dv(r)d(r)
(25)
Il cambiamento da uno stato fondamentale ad un altro può essere seguito attraverso il differenziale totale dell’energia in funzione del numero di elettroni e del
8
potenziale esterno:
µ
¶
µ
¶
µ
¶
¸
Z ·
∂E
∂E
∂E
δE
dE =
dN +
dv(r) =
dN +
v(r)d(r)
∂N v
∂v(r) N
∂N v
δv(r) N
(26)
Una relazione analoga può essere ottenuta differenziando l’equazione 15:
¸
¸
Z ·
Z ·
δE
δE
dE =
ρ(r)d(r) +
v(r)d(r)
δρ(r) v
δv(r) ρ
(27)
Se si eguagliano le precedenti equazioni, ricordando la definizione di potenziale
chimico (equazione 16) ed essendo:
·
¸
¸
·
δE
δE
=
= ρ(r)
δv(r) N
δv(r) ρ
si ha:
µ
µ=
∂E
∂N
(28)
¶
(29)
v
L’analisi del comportamento del potenziale chimico in funzione della variazione
del potenziale esterno o del numero di elettroni, introduce due nuove grandezze
estremamente utili nella comprensione della reattività delle specie chimiche:
µ
¶
¸
Z ·
Z
∂µ
δµ
dµ =
dN +
dv(r)d(r) = ηdN + f (r)dv(r)d(r) (30)
∂N v
δv(r) N
dove:
η: è la durezza ed è una misura della resistenza al flusso degli elettroni sotto l’effetto di un potenziale esterno, ovvero soggetti ad una variazione del
potenziale chimico.
f (r): è la funzione di Fukui, che assume un diverso significato in relazione all’aggiunta o sottrazione di elettroni ad una specie chimica; questa è infatti la definizione delle densità degli orbitali HOMO e LUMO, ampiamente
utilizzati nella descrizione delle interazioni intermolecolari nelle reazioni
chimiche.
9
L’energia di una molecola è di scarsa utilità da un punto di vista della reattività mentre assumono, come precedentemente notato, un notevole interesse le sue
variazioni, in risposta a delle sollecitazioni esterne.
Cosı̀ se il potenziale chimico è una misura del flusso degli elettroni in una molecola, la durezza è una misura della stabilità di questa specie. Il principio di
massima durezza si può cosı̀ enunciare: la molecola tende a riorganizzarsi cosı̀ da
massimizzare η:
µ
η=
∂µ
∂N
¶
µ
=
v
∂ 2E
∂N 2
¶
(31)
v
Poichè tale grandezza può essere definita in termini di differenze finite come la
differenza di energia tra LUMO (orbitale molecolare non occupato a più bassa
energia) e HOMO (orbitale molecolare occupato a più alta energia), η = I − A, si
ha che la reattività di una specie diminuisce all’aumentare della durezza, in quanto
gli elettroni tenderanno ad occupare il livello a più bassa energia stabilizzando il
sistema.
L’andamento della durezza durante un percorso di reazione è un altro elemento da
tenere in considerazione nello studio della reattività perché l’elevata reattività che
caratterizza lo stato di transizione di una reazione è legata ad un valore di minimo
per la durezza: gli elettroni potranno muoversi con più facilità e ciò è confermato
da un massimo del potenziale chimico.
Una grandezza legata alla durezza ed utile nel campo della reattività è la sofficità,
che è cosı̀ definita:
S=
1
η
(32)
La durezza e la sofficità sono le parole chiave del principio HSAB, hard soft acid
base, secondo il quale una sostanza dura tende a reagire con una dura e una soffice
con una soffice. La durezza e la sofficità delle sostanze chimiche è razionalizzata,
benchè solo a livello qualitativo, sulla base della seguente suddivisione:
10
• soft base≡ atomo donatore con orbitali vuoti a bassa energia;
• hard base≡ atomo donatore con orbitali vuoti ad alta energia e quindi non
accessibili;
• soft acid≡ atomo accettore con elettroni esterni facilmente eccitabili;
• hard acid≡ atomo accettore che non ha elettroni esterni facilmente eccitabili;
Sulla base di queste definizioni, per comprendere il ruolo di ciascun atomo in una
molecola conviene passare dalla definizione globale della durezza e della sofficità
ad una locale:
Z
s(r)η(r)dr
dove:
(33)
·
∂ρ(r)
s(r) = f (r)S =
∂µ
e
·
δµ
η(r) =
δρ(r)
¸
(34)
v
¸
(35)
N
dove f (r) è l’indice di Fukui.
Queste definizioni, nell’ambito della classificazione HSAB, rappresentano gli indici di reattività relativi alle specie atomiche contenute in una molecola consentendo di predire i siti più reattivi, sulla base di dove sia più facile avere un
trasferimento elettronico.
Le funzioni di Fukui nell’ambito della teoria del funzionale densità sono quantità
locali che indicano come gli elettroni entranti o uscenti si ridistribuiscono all’interno di una molecola e introducono il concetto di orbitali molecolari di frontiera
(FMO, frontier molecular orbital). Infatti l’espressione della definizione di indice
11
di Fukui in termini di densità elettronica è direttamente connessa alle densità di
HOMO e LUMO:
·
δµ
f (r) =
δv(r)
¸
µ
=
N
∂ρ(r)
∂N
¶
(36)
v
Una variazione del numero di elettroni in una molecola da N a N+∆N , ritenendo
valida l’approssimazione che gli elettroni di core non risentano di tale variazione, darà luogo ad una nuova densità, ρ∆ senza apportare ad una variazione della
struttura elettronica. Ciò permette di definire tre indici di Fukui, che prendono
in considerazione l’aumento e il decremento degli elettroni rispetto al caso della
molecola isolata e la media di questi:
¶ +
µ
∂ρ(r)
+
≈ ρLU M O (r)
f (r) =
∂N v
µ
¶ −
∂ρ(r)
−
f (r) =
≈ ρHOM O (r)
∂N v
1
1
f (r)◦ = [f (r)+ + f (r)− ] ≈ [ρLU M O (r) + ρHOM O (r)]
2
2
(37)
(38)
(39)
Se ∆N è uguale ad uno, nell’ambito delle differenze finite, le precedenti possono
essere riscritte come:
f (r)+ = ρN +1 (r) − ρN (r) ≈ ρLU M O (r)
(40)
f (r)− = ρN (r) − ρN −1 (r) ≈ ρHOM O (r)
(41)
1
1
f (r)◦ = [ρN +1 (r) − ρN −1 (r)] ≈ [ρLU M O (r) + ρHOM O (r)]
2
2
(42)
Ricorrendo alla teoria FMO, il significato fisico dei tre indici è la misura della preferenza di un sito a reagire rispettivamente nei confronti di un reagente nucleofilo,
di un reagente elettrofilo o di un radicale.
Poiché in una molecola potranno esserci più siti che possono dare interazioni con
il reagente, la reazione tenderà ad avvenire dove si ha la massima variazione del
potenziale chimico.
12
1.5 Caratterizzazione della struttura elettronica
La caratterizzazione e classificazione del legame chimico sono legate al concetto
di localizzazione degli elettroni, come è noto dalla teoria di Lewis o dalla VSEPR (Valence Shell Electron Pair Repulsion). La corretta conoscenza della distribuzione elettronica è essenziale nello studio di cinetiche di reazione, perché
direttamente connessa alla stabilità delle specie che si formano.
Benché l’analisi di popolazione di Mulliken[3, 4, 5, 6](MPA) sia strettamente dipendente dalla scelta delle funzioni di base e dall’arbitrarietà della partizione della
carica, MPA è risultato essere un utile strumento di indagine nel caso di molecole
simili, purché i calcoli siano eseguiti allo stesso livello di teoria e con lo stesso set
di base. In questa situazione si ricava un trend della variazione della carica durante tutta la reazione, che è direttamente collegata alla variazione della struttura
elettronica ed alla stabilità delle specie in esame.
Per sopperire alle problematiche legate alla scelta e dipendenza del set di base si
può ricorrere alla localizzazione della funzione d’onda attraverso trasformazioni
unitarie, cosı̀ da avere una rappresentazione del legame chimico che maggiormente si avvicina alla classificazione di Lewis. Nel caso di calcoli ab initio con basi
gaussiane uno dei metodi più utilizzati per la localizzazione degli orbitali molecolari è rappresentato dall’analisi del tipo Natural Bond Orbital (NBO) [7, 8, 9, 10].
Questa tecnica è legata ad una serie di ortogonalizzazioni e trasformazioni unitarie delle funzioni d’onda, nella ricerca di una struttura di Lewis in cui gli orbitali
di legame sono caratterizzati dalla massima occupazione. L’analisi di popolazione Natural Population Analysis (NPA) [7, 8, 9, 10] è eseguita sul set di orbitali
atomici ortonormali, NAO, ottenuti dalle precedenti trasformazioni. Questo tipo
di analisi diversamente da quella di Mulliken risente poco della variazione del set
13
di base, mantenendo la semplicità di interpretazione dei risultati.
Un’altra delle possibili scelte della localizzazione degli orbitali molecolari cade
sulle funzioni di Wannier[11, 12], definite in termini di una trasformazione unitaria degli orbitali di Bloch occupati. La ragione della minor diffusione delle funzioni di Wannier rispetto ad altri metodi di localizzazione elettronica è legata alla
definizione non univoca di queste funzioni per l’arbitrarietà nella scelta del fattore
di fase degli orbitali di Bloch. Tuttavia, recentemente, Marzari e Vanderbilt[11]
hanno messo a punto una procedura che permette di ottenere le funzioni di Wannier massimamente localizzate. Secondo quanto proposto da Marzari e Vanderbilt
questi orbitali si ottengono minimizzando lo scarto:
S=
X
n
X
(hωn |r2 |ωn i − hωn |r|ωn i2 ) =
n
(hr2 in − hri2 n )
(43)
dove h. . . in indica il valore di aspettazione rispetto all’orbitale di Wannier ωn . La
minimizzazione dello scarto S è equivalente alla massimizzazione del funzionale
Ω cosı̀ definito:
Ω=
X ¡
n
|Xnn |2 + |Ynn |2 + |Znn |2
¢
(44)
dove:
2π
Xmn = hωm |e−i L x |ωn i
(45)
Si hanno espressioni analoghe per Ymn e Zmn , mentre L indica il lato della cella di
simulazione, presa come cubica per semplicità. La massimizzazione di Ω avviene
iterativamente, ricorrendo ad un algoritmo di tipo steepest descent, che ha come
(1)
punto iniziale la costruzione della matrice Xmn :
(1)
(1)
(1)
(0) A
Xmn
≡ e−A Xmn
e
(46)
dove:
2π
2π
(0)
= hωm (0) |e−i L x |ωn (0) i = hψm (KS) |e−i L x |ψn (KS) i
Xmn
14
(47)
Espressioni analoghe si hanno per Ymn (1) eZmn (1) . Gli orbitali di Kohn-Sham,
ψm (KS) , presenti nella precedente equazione, sono determinati attraverso un calcolo di struttura elettronica. La matrice A(1) , è una matrice antihermitiana, che è
legata alla procedura steepest descent dalla seguente relazione:
Amn
(1)
´
³
h
¢i
¡ (0)
dΩ
(0)
(0) ∗
(0) ∗
(0) ∗
(0)
= ∆t· Xmn · Xnn − Xmm − Xmn · Xnn − Xmm
= ∆t·
dAmn (0)
(48)
dove ∆t è il time step della procedura di massimizzazione. Tale processo è
ripetuto fino a convergenza, ottenendo:
ωn =
Y
(i)
i
e−A ψn (KS)
(49)
Una volta ottenute le funzioni di Wannier, è possibile partizionare la carica delle
specie chimiche che caratterizzano il sistema in esame attraverso la posizione dei
centri di queste funzioni:
xn = −
2π
L
Im lnhωn |e−i L x |ωn i
2π
(50)
La posizione dei centri delle funzioni di Wannier (WFC) fornisce un ulteriore
strumento che permette l’analisi delle distribuzioni di carica in modo più chiaro
e razionale di quello ottenuto da analisi di popolazione tramite i convenzionali
orbitali molecolari delocalizzati. Un esempio di WFC è riportato in Fig. 1.1 (a),
dove la posizione dei centri per la molecola di acqua è rappresentata con sfere di
colorazione blue.
Infine tramite la quantità:
r
σ=
X
n
(hr2 in − hri2 n )
(51)
si ricavano importanti informazioni relative alla polarizzazione degli orbitali, perché σ è un indice, molto sensibile della diffusione nello spazio delle funzioni
15
di Wannier ed è molto sensibile alla variazione dell’intorno di una specie in un
sistema chimico.
Un alternativa classificazione e caratterizzazione del legame chimico è rappresentata dalle funzioni di localizzazione elettronica, ELF (Electron Localization
Function)[13, 14]. Questo tipo di indagine è indipendente dalla descrizione in
termini di orbitali molecolari della struttura elettronica, ma è legata all’analisi
topologica della densità elettronica, ρ(r). Questo approccio, benché strettamente
connesso alla teoria del funzionale della densità, si discosta dalla descrizione classica del legame chimico secondo Lewis: le unità di riferimento non sono più gli
elettroni ma la densità di carica. La densità di carica, che in linea di principio può
essere calcolata esattamente, non fornisce informazioni facilmente fruibili a causa
del forte contributo degli elettroni di core, ne’ tantomeno rileva gli effetti del principio di esclusione di Pauli sul legame chimico e sulla struttura elettronica, che si
sono invece dimostrati molto importanti per comprensione dei legami chimici. A
partire da queste considerazioni recentemente Becke e Edgecombe hanno proposto una definizione di funzioni di localizzazione elettronica, ELF, che si basano
sulla probabilità condizionale di trovare un elettrone nella posizione 2 rispetto ad
uno di riferimento situato nella posizione 1 con stesso spin σ:
σσ
Pcond
(1, 2) = ρσ (2) −
|ρ1 σ (1, 2)|2
ρσ (1)
(52)
Per determinare la più piccola probabilità di trovare un secondo elettrone posto
nell’intorno di quello di riferimento, dall’espansione in serie di Taylor della probabilità a coppie mediata sfericamente, si deve valutare il più piccolo valore della
quantità Dσ :
1
1 (∇ρ)2
2
Dσ = − |∇ψi | −
2
8 ρ
(53)
Poiché la localizzazione degli elettroni richiede piccoli valori di Dσ è stata propo16
sta la seguente definizione per le ELF:
1
³
ELF =
1+
Dσ
Dσ 0
´2
(54)
dove Dσ 0 è un fattore di normalizzazione e rappresenta l’energia cinetica di un
gas omogeneo di elettroni:
Dσ 0 =
3
(3π 2 )2/3 ρ5/3
10
(55)
Con tale definizione si ha:
0 ≤ ELF ≤ 1
(56)
dove con 1 si ha la massima localizzazione.
Savin e Silvi[14] hanno proposto una diversa interpretazione che si discosta da
quella di Becke e secondo la quale Dσ deve essere considerato come la differenza
di energia cinetica del sistema fermionico in esame con quella di un sistema bosonico avente stessa densità di carica. La differenza tra queste quantitá è l’eccesso
di energia cinetica totale dovuto al principio di esclusione di Pauli. Le ELF sono dunque una misura del comportamento bosonico della densità elettronica, ed
infatti elettroni spaiati o coppie di elettroni con spin antiparallelo si comportano
quasi come bosoni, cosicché l’eccesso di energia cinetica è piccolo e le ELF tendono al valore unitario. Al crescere della probabilità di trovare elettroni con spin
parallelo il valore delle ELF tende a zero.
L’introduzione di questo tipo di partizionamento e la conseguente analisi topologica della densità di carica sono accompagnate da una nuova terminologia, sulla
base della quale i massimi locali delle ELF definiscono gli attrattori di localizzazione che sono solamente di tre tipi: core, legame e non-legame. La disposizione
degli attrattori nelle molecole fornisce un sistema di caratterizzazione del legame
17
chimico mentre la loro forma, che sulla base di un’analisi per simmetria può essere un punto, una sfera o un anello, fornisce utili informazioni sulla disposizione
elettronica. Al variare del valore limite delle isosuperfici definite dalle ELF, dette
domini di localizzazione, queste possono subire o meno delle modificazioni topologiche (possono cioè cambiare o meno la forma): il valore limite per cui si
riscontrano eventuali variazioni è detto biforcazione. Ciascun dominio di localizzazione contiene almeno un attrattore e se ne contiene uno solo è detto irriducibile.
La disposizione dei domini irriducibili permette quindi la classificazione del legame chimico in relazione ai tre tipi di attrattori: gli attrattori di core risultano
localizzati in presenza dei nuclei, quelli di legame tra due nuclei mentre quelli di
non legame giacciono generalmente esternamente alla moleola nell’intorno dell’atomo a cui appartengono. Un esempio di ELF è riportato in Fig. 1.1 (b) e (c),
dove gli attrattori per la molecola di acqua sono rappresentati con isosuperfici per
un valore di 0.82 con colorazione blue.
18
a)
b)
c)
Figura 1.1: In blue è riportata: a) posizione dei centri delle funzioni di Wannier. b)
isosuperficie relativa alla funzione di localizzazione elettronica (cutoff=0.82), con
vista perpendicolare al piano contenente la molecola c) isosuperficie relativa alla
funzione di localizzazione elettronica (cutoff=0.82), con vista parallela al piano
contenente la molecola
19
La possibilità di usare queste quattro distinte tecniche, MPA, NPA, WFC e ELF,
permette una completa e chiara interpretazione delle variazioni delle struttura elettronica che avvengono durante una reazione chimica, ovvero offre uno strumento
completo con cui seguire la formazione, rottura e variazione dell’ordine dei legami
chimici e il flusso di carica ad essi associati.
20
Bibliografia
[1] Hohenberg, P.; Kohn, W. Phys. Rev. 1964, 136, B864.
[2] Kohn, W.; Sham, L. J. Phys. Rev. 1965, 140, A1133.
[3] Mulliken, R. S. J. Chem. Phys. 1955, 23(10), 1833–1840.
[4] Mulliken, R. S. J. Chem. Phys. 1955, 23(10), 1841–1846.
[5] Mulliken, R. S. J. Chem. Phys. 1955, 23(12), 2338–2342.
[6] Mulliken, R. S. J. Chem. Phys. 1955, 23(12), 2343–2346.
[7] Reed, A. E.; Curtiss, L. A.; Weinhold, F. Chem. Rev. 1988, 88, 899–926.
[8] Reed, A. E.; Weinstock, B. R.; Weinhold, F. J. Chem. Phys. 1985, 83(2),
735–746.
[9] Reed, A. E.; Weinhold, F. J. Chem. Phys. 1983, 78(6), 4066–4073.
[10] Foster, J. P.; Weinhold, F. J. Am. Chem. Soc. 1980, 102, 7211–7218.
[11] Marzari, N.; Vanderbilt, D. Phys. Rev. B 1997, 56, 12847–12862.
[12] Silvestrelli, P. L.; Marzari, N.; Vanderbilt, D.; Parrinello, M. Solid State
Comm. 1998, 107(1), 7–11.
[13] Becke, A. D.; Edgecombe, K. E. J. Chem. Phys. 1990, 92(9), 5397–5403.
21
[14] B.Silvi.; Savin, A. Nature 1994, 371, 683–686.
22
Capitolo 2
Dinamica molecolare ab initio:
metodo Car-Parrinello
La dinamica molecolare ab initio offre un importante metodo di simulazione, in
cui le forze necessarie per effettuare uno studio della dinamica del sistema vengono ricavate per ogni configurazione mediante calcoli di struttura elettronica.
Ottenere le forze da principi primi permette di superare uno dei limiti principali
della dinamica molecolare classica dove le interazioni intermolecolari vengono
approssimate tramite potenziali semiempirici, che limitano il campo di indagine
a causa dell’impossibilità di ottenere un potenziale analitico sufficientemente accurato per lo studio di sistemi fortemente polarizzati o che presentano formazioni
o rotture di legami chimici, come nel caso delle reazioni chimiche.
La possibilità di calcolare le forze che agiscono sui nuclei con calcoli di struttura
elettronica eseguiti durante la traiettoria, rende quindi possibile il superamento
del problema tipico della dinamica molecolare classica, aprendo cosı̀ nuovi campi
di indagine, che sono tuttavia limitati dalle lunghezze temporali per le quali è
possibile eseguire una simulazione con le attuali risorse computazionali.
23
2.1 Dinamica molecolare classica
Le propietà di sistemi chimico-fisici sono generalmente troppo complicate per
consentire una risoluzione analitica delle equazioni che le descrivono, cosicché
si deve ricorrere a tecniche numeriche, che si basano su un numero limitato di
metodi. Questi metodi si dividono in classici ed ab initio.
I più importanti metodi di simulazione classici sono Monte Carlo e dinamica molecolare. Il metodo Monte Carlo è stato originariamente messo a punto per il
calcolo di integrali multidimensionali e viene applicato nello studio di sistemi
complessi eseguendo un campionamento stocastico nello spazio delle fasi tramite una probabilità di distribuzione di Boltzmann. In questo modello non si ha
una risoluzione delle equazioni del moto e quindi non si studiano vere e propie
traiettorie e non si ricavano propietà dinamiche.
Un approccio diverso è quello relativo alla dinamica molecolare classica, che
è una teoria esatta nel limite classico, con l’accuratezza dei risultati legata alla
qualità del modello utilizzato per descrivere il sistema in esame.
Le simulazioni possono essere eseguite in vari insiemi termodinamici, benché
quelli maggiormente utilizzati siano l’insieme microcanonico o NVE, nel quale il
numero delle particelle (N), il volume (V) e l’energia totale (E) sono delle costanti,
e quello canonico o NVT, nel quale è costante la temperatura invece dell’energia.
Nel caso di un sistema microcanonico, l’energia è la somma dell’energia cinetica,
hKi, e potenziale hV i. Nel caso di un sistema a N particelle, se si ha la possibilità
di calcolare l’energia potenziale tramite un potenziale di interazione v che dipende
dalla distanza rij tra l’atomo i e l’atomo j, si ha:
+ * N N
* N
+
XX
X p2
i
+
E = hKi + hV i =
v(rij )
2m
i i<j
i
(1)
Il metodo più semplice per effettuare una simulazione in quest’insieme è quello
24
di risolvere direttamente le equazioni di Newton:
fi = mai
(2)
Si devono cosı̀ scrivere N equazioni, tenendo in considerazione che le particelle
non sono libere e indipendenti ma tra di esse esiste una relazione secondo la quale:
fi =
X
∇rij v(rij )
(3)
i6=j
Quando la funzione potenziale è continua con derivata prima continua, le precedenti equazioni differenziali possono essere risolte numericamente ad intervalli di
tempo piccoli: la simulazione sarà il calcolo di una successione temporale di configurazioni nello spazio delle fasi. L’intervallo di tempo che separa due diverse
configurazioni, ∆t è detto time step e la sua scelta è determinata dalla massa delle
particelle e dal potenziale utilizzato.
Per il teorema ergodico, le medie temporali coincidono con quelle calcolate nello
spazio delle fasi nel limite di tempi infiniti (qualunque insieme termodinamico si
consideri):
hXi = hXit =
1
lim
tM AX →∞ tM AX
Z
tM AX
X(t)dt
(4)
0
dove tM AX è il tempo massimo di simulazione ed è legato alle grandezze che si
devono calcolare.
2.2 Dinamica molecolare ab initio
L’idea base dei metodi della dinamica molecolare ab initio è quella di generare
le forze che determinano il moto dei nuclei attraverso una minimizzazione della struttura elettronica, che porta alla definizione di un potenziale di interazione
interatomico. Questa procedura può essere riassunta nel seguente algoritmo:
25
1. Definire la posizione e le velocità iniziali degli atomi.
2. Risolvere il problema della struttura elettronica per la configurazione elettronica a questo time-step. Nell’approssimazione non relativistica di BornOppenheimer, per una data configurazione atomica R, l’energia totale è
data da:
¯ +
* ¯
M X
M
M X
M
¯
¯
X
X
ZI ZJ
Z
Z
¯
¯
I J
Ψ
=
E[{φ
},
{R}]+
V = Ψ ¯Ĥe l +
¯
i
¯
|RI − RJ | ¯
|RI − RJ |
I=1 J>I
I=1 J>I
(5)
3. Utilizzare la struttura elettronica per calcolare le forze agenti sugli atomi
applicando il teorema di Hellmann-Feyman:
FI = −∇RI V (R)
(6)
4. Spostare gli atomi in accordo con le equazioni classiche del moto.
5. Generate le nuove coordinate atomiche, si torna al passo 2.
L’implementazione di un simile algoritmo richiederebbe risorse di calcolo molto elevate a causa delle minimizzazioni iterative necessarie ad ogni step, che ne
rende difficile l’attuazione da un punto di vista computazionale. Car e Parrinello
[1] hanno proposto un metodo alternativo che richiede solo un’iniziale procedura
iterativa per la determinazione della funzione d’onda, dopo di ché gli orbitali di
Kohn e Sham sono considerati un set di variabili dinamiche, che seguono adiabaticamente il moto nucleare, muovendosi istante per istante sulla superficie di
Born-Oppenheimer.
2.2.1 Equazioni del moto
La simulazione di dinamica molecolare ab initio col metodo di Car e Parrinello
assume la validità della meccanica classica nella descrizione del moto dei nuclei
26
e dell’approssimazione non relativistica di Born-Oppenheimer per separare il moto dei nuclei da quello degli elettroni. Tramite calcoli di struttra elettronica si
ottiene il potenziale esterno, che genera le forze che portano al moto dei nuclei,
secondo la relazione di Hellmann-Feyman (equazion 6). La quantità centrale
è rappresentata dall’energia elettronica, che è determinata nell’ambito della teoria del funzionale densità [2], ed espressa in termini di orbitali monoelettronici
che descrivono la densità elettronica e di un potenziale esterno, determinato dalle
coordinate nucleari.
In meccanica classica il moto di un corpo è determinato dalla lagrangiana del
sistema:
L=
1X
MI Ṙ2I − V [{RI }]
2 I
(7)
dove MI è la massa dell’I-esimo nucleo.
Secondo il metodo di Car e Parrinello anche agli orbitali di Kohn e Sham può
essere associato un termine cinetico, che è trattato classicamente e rappresentato
dalla seguente relazione:
Ke =
occ Z
X
drµi |φ̇i (r)|2
(8)
i
dove i µi sono parametri arbitrari. Generalmente si sceglie un unico µ per le ψi
indipendentemente dallo stato elettronico; questi parametri sono le masse fittizie
(o parametri di inerzia) assegnate ai gradi di libertà elettronici.
In questo modo si definisce un sistema dinamico fittizio, associato al sistema reale
che si vuole studiare. La cui superficie di energia potenziale, E[{φi }, {R}], è un
funzionale sia dei gradi di libertà dei nuclei che degli elettroni. Il sistema fittizio è
costruito in modo tale che le traiettorie generate durante la dinamica riproducono
quelle del sistema reale, che è caratterizzato da una superficie di potenziale V .
27
La lagrangiana postulata da Car e Parrinello è:
L=
occ Z
X
i
µZ
¶
X
1X
?
2
drµi |φ̇i (r)| +
MI ṘI −Etot [{ψi }, RI ]+
Λij
drψi (r)ψj (r) − δij
2 I
ij
(9)
2
In questo caso la lagrangiana è un funzionale dei gradi di libertà dei nuclei, {RI }
e degli elettroni,{φi }.
I termini che compaiono nella lagrangiana hanno il seguente significato:
Ke =
KI =
Pocc R
drµi |ψ̇i (r)|2 energia cinetica dei gradi di libertà elettronici.
i
1
2
P
I
MI Ṙ2I energia cinetica dei gradi di libertà dei nuclei.
Etot = E[{ψi }, RI ] energia del sistema, data dalla somma dell’energia
elettronica e dal termine energetico di interazione nucleo-nucleo.
vincoli =
P
ij
Λij
¡R
¢
drψi ? (r)ψj (r) − δij i moltiplicatori di Lagrange so-
no usati per imporre la condizione di ortonormalità degli orbitali di KohnSham ψi .
Le equazioni newtoniane del moto possono essere ricavate dall’equazione di Lagrange, per i due set di gradi di libertà:
µ
¶
¶ µ
∂L
d ∂L
=0
−
dt ∂ Ṙ I
∂RI
µ
¶ µ
¶
δL
d δL
−
=0
dt δ φ̇i
δφi
(10)
(11)
ed espicitando i vari termini si ha:
MI R̈I = −
µφ̈i = −
∂Etot
∂RI
δEtot X
Λij φj
+
δφ∗i
j
28
(12)
(13)
Le equazioni ( 12) e ( 13) sono le equazioni del moto di Car-Parrinello. L’equazione del moto, relativa ai gradi di libertà dei nuclei, si discosta dalla corretta
equazione del moto sotto l’effetto di un potenziale V [{R}]. Infatti differenziando
la lagrangiana classica si ha:
MI R̈I = −
∂V [{R}]
∂RI
(14)
Le traiettorie generate dal sistema fittizio non coincidono con quelle generate dal
sistema in studio a meno che Etot [{ψi }, R] non sia un punto di minimo istante per
istante.
Con un’opportuna scelta del parametro µ e delle condizioni iniziali del sistema
fittizio, {ψi }0 e {ψ̇i }0 , e cioè se la scala temporale dei gradi di libertà elettronici
è più breve di quella dei gradi di libertà nucleari, si ha solamente un debole accoppiamento vibronico che porta soltanto ad un debole trasferimento di energia
tra i due gradi di libertà. Quindi gli elettroni seguono adiabaticamente il moto dei
nuclei su una superficie che giace in prossimità di quella di Born-Oppenheimer.
In accordo con le equazioni del moto proposte da Car e Parrinello, il moto dei
nuclei e degli orbitali evolve nel tempo ad una data temperatura. Se la temperatura
dei gradi di libertà nucleari è quella fisica del sistema in esame, quella dei gradi di
libertà elettronici è fittizia ma è un importante indice del moto degli elettroni sulla
superficie di Born-Oppenheimer: una bassa temperatura e quindi bassa energia
cinetica degli elettroni implica che queste particelle si trovino in prossimita del
minimo della superficie di potenziale.
2.2.2 Algoritmo CPMD
La minimizzazione del funzionale energia E[{φi }, R] rispetto agli orbitali di Kohn
e Sham viene eseguita applicando il concetto di simulated annealing, secondo il
29
quale la minimizzazione della funzione O{β} avviene tramite la generazione di
una successione di parametri {β} con il metodo Monte Carlo, con una probabilità di distribuzione secondo Boltzmann. Se in luogo del metodo Monte Carlo si ricorre alla dinamica molecolare, si ha una nuova procedura che consente la minimizzazione della struttura elettronica, che è detta dynamical simulated
annealing.
L’algoritmo CPMD prevede l’espansione della funzione d’onda in onde piane:
X
φi (r) =
ci,k+G ei(k+G)·r
(15)
G
in cui G indica il set di vettori del reticolo reciproco definiti G · l = 2πm, con
l dimensione del box di simulazione e k il punto della zona di Brillouin cui è
eseguito il calcolo. Il numero di punti k , che generalmente è utilizzato nei calcoli
di struttura elettronica è limitato ad un numero piccolo di punti speciali, che nel
caso di cristalli, sistemi disordinati e in particolar modo in sistemi isolati si riduce
al solo punto Γ = (0, 0, 0).
In questo caso la funzione d’onda si semplifica in:
X
φi (r) =
ci,G eiG·r
(16)
G
L’espansione completa della funzione d’onda coinvolgerebbe un numero infinito
di termini e questo non è possibile da un punto di vista computazionale, cosicché
occorre procedere ad un troncamento del set di base. Poiché il potenziale locale di
Kohn-Sham converge rapidamente all’incrementare del modulo di G, in ciascun
punto k, solo i vettori G con un’energia cinetica inferiore ad un dato cutoff sono
inclusi nell’espansione:
1
|k + G|2 ≤ Ecut
2
(17)
La scelta di Ecut è determinata da molti fattori, tra cui le specie chimiche che compongono il sistema e gli pseudopotenziali che generalmente sono usati in questo
30
tipo di calcoli, per sopperire al problema della rappresentazione delle funzioni
d’onda in prossimità dei nuclei dove si hanno elevate oscillazioni, tali da richiedere basi estremamente estese. Quindi Ecut è determinato verificando la convergenza di alcune proprietà, quali la struttura molecolare, l’energia del sistema,
l’energia di HOMO e LUMO o la variazione dell’energia di reazione.
Riscrivendo l’equazione di Kohn-Sham nello spazio reciproco, ricorrendo al formalismo delle onde piane e degli pseudopotenziali, si ottiene un problema agli
autovalori espresso da:
¶
X µ h̄2
2
0
0
0
|k + G| δGG0 + Vion (k + G, k + G ) + VH (G − G ) + VXC (G − G ) ·
2m
0
G
· ci,k+G0 = ²i ci,k+G
(18)
dove Vion , VH e VXC indicano rispettivamente i termini di interazione degli pseudoatomi, di Hartree-Coulomb e di scambio e correlazione. La risoluzione di
quest’equazione avviene attraverso una lagrangiana che coinvolge il moto degli
elettroni:
L=µ
occ Z
X
2
dr|φ̇i (r)| − Etot [{φi }, RI ] +
i
X
µZ
Λij
¶
?
drφi (r)φj (r) − δij
ij
(19)
dove i moltiplicatori indeterminati di Lagrange, Λij , assicurano l’ortonormalità
della funzione d’onda. Poiché risulta computazionalmente più efficiente imporre l’ortonormalità degli orbitali di Kohn-Sham alla fine di ciascun step della dinamica, i moltiplicatori indeterminati di Lagrange sono sostituiti dal valore di
aspettazione dell’energia dello stato λi :
λi =< φi |Ĥ|φi >
(20)
Nel caso di onde piane e pseudopotenziali, lavorando nello spazio reciproco,
31
l’equazione per la minimizzazione dell’energia diventa:
µ 2
¶
h̄
2
µc̈i,k+G =
|k + G| − λi ci,k+G −
2m
X
(Vion (k + G, k + G0 ) + VH (G − G0 ) + VXC (G − G0 )) ci,k+G0
−
(21)
G0
Definendo un potenziale totale, V (G) = Vion (G) + VH (G) + VXC (G) , l’equazione diventa:
µ
µc̈i,k+G =
¶
X
h̄2
2
|k + G| − λi ci,k+G −
(V (G − G0 )) ci,k+G0
2m
G0
(22)
Quest’equazione può essere risolta tramite una procedura steepest descent o con
metodi più raffinati come quelli basati sul gradiente coniugato, cosicché ad ogni
time step si ottiene un set di coefficienti per le onde piane, che danno luogo ad una
nuova densità. Attraverso la teoria DFT la densità definisce il potenziale esterno,
che determina una nuova geometria molecolare.
L’elemento chiave del metodo di Car e Parrinello è che questo tipo di minimizzazione può essere eseguito su più di un grado di libertà, per cui è possibile trattare
contemporaneamente i gradi di libertà nucleari e elettronici, permettendo la riorganizzazione del sistema, cosı̀ da raggiungere la configurazione ottimale anche
per sistemi complessi.
Questo approccio di ottimizzazione dinamica permette dunque:
• Una trattazione di sistemi estesi, sfruttando le potenzialità del metodo delle
onde piane e degli pseudopotenziali ad un elevato livello di teoria, come è
quello del funzionale densità.
• Un simultaneo rilassamento dei gradi di libertà dei nuclei e degli elettroni.
con la limitazione di portare ad un minimo locale che può non essere quello
assoluto e quindi quello a più bassa energia.
32
Riscrivendo la lagrangiana 9 in termini di onde piane e pseudopotenziali:
XX
X
1X
L=µ
|ci,G
˙ |2 +
MI Ṙ2I − Etot [{G}, RI ] +
Λij (ci,G ? cj,G − δij )
2
i
ij
I
G
(23)
si ottengono due set di equazioni del moto:
µci,G
¨ =−
∂Etot X
+
Λij ci,G
∂c?i,G
j
(24)
∂Etot
∂RI
(25)
MI R̈I = −
che possono essere integrate con l’algoritmo velocity Verlet/ RATTLE.
A questo punto è doveroso esaminare l’adiabaticità delle traiettorie nucleari che
vengono generate nel corso di una simulazione col metodo di Car e Parrinello,
richiesta che se venisse meno comprometterebbe l’effettiva implementazione del
metodo. L’adiabaticità delle treaiettorie dei nuclei durante una simulazione di
dinamica molecolare con il metodo di Car e Parrinello, può essere verificata dallo
spettro degli autovalori delle funzioni d’onda, che si può estrarre dall’evoluzione
temporale delle ψ.
Per piccole deviazioni dallo stato fondamentale, la dinamica degli orbitali di KohnSham può essere descritta da una sovrapposizione di oscillatori di frequenza:
¸1/2
·
2(²j − ²i )
(26)
ωij =
µ
dove ²i e ²j sono gli autovalori di Kohn-Sham di uno stato occupato e di uno
nonoccupato rispettivamente. Quest’equazione risulta valida anche nel caso di
una simulazione reale e non solo per piccole deviazioni dallo stato fondamentale.
Infatti, lo spettro di frequenza dato dalla precedente equazione coincide con quello della funzione di autocorrelazione delle velocità degli orbitali di Kohn-Sham
occupati:
Z
∞
f (ω) =
cos(ωt)
0
X
i
33
< ψ̇i , t|ψ̇i , 0 > dt
(27)
La freequenza più bassa che può comparire nello spettro di frequenza è quella
relativa alla differenza tra HOMO e LUMO:
¶1/2
µ
2Eg
ωmin =
µ
(28)
Per esempio in un ipotetico sistema con Eg = 2.0ev e massa fittizia degli elettroni
µ=300 a. u. si ha una frequenza di 30600 cm−1 , mentre la frequenza di un moto
nucleare arriva fino a circa 4000 cm−1 . L’elevata frequenza del moto elettronico
assicura che gli elettroni seguano adiabaticamente il moto dei nuclei, rendendo
trascurabile il trasferimento di energia tra i gradi di libertà veloci e lenti.
2.3 Sistema isolato
Lo studio di sistemi isolati, siano essi carichi o caratterizzati da forti interazioni
dipolari, pur essendo permessi dal metodo CPMD presentano l’indubbio inconveniente di dar luogo ad interazioni con le immagini, alterando sensibilmente le
proprietà dinamiche che si vanno ad analizzare.
Il metodo più semplice e ovvio per superare tale problema è quello di utilizzare celle di simulazione di dimensioni elevate, che possono eliminare o rendere
trascurabili le interazioni di tipo dipolare, anche se non risolve il problema dei
sistemi carichi, in quanto le forze coulombiane sono a lungo raggio.
Nel caso di sistemi carichi si può allora ricorrere al metodo proposto da Hockney[3]
e applicato con successo nell’ambito della DFT con onde piane da Barnett[4] e
Landman. Questo è un metodo numerico che tronca la funzione d’onda al di fuori
della cella di simulazione, mantenendo le condizioni di continuità della funzione
d’onda annullando anche il gradiente.
In questo caso si considera la densità di carica diversa da zero all’interno del box
di simulazione, per semplicità, considerato monodimensionale e di dimensione
34
L. Si campiona il sistema su N punti equidistanti, che sono indicati con xp e si
esprime il potenziale di Hartree, VH (r), in termini di funzioni di Green.
∞
N
L X
LX
0
0
VH (xp ) =
G(xp − xp )ρ(xp ) =
G(xp − x0p )ρ(x0p )
N p0 =−∞
N p0 =0
(29)
Hookney sostituisce quest’equazione con una convoluzione ciclica:
2N +1
L X
ṼH (xp ) =
G̃(xp − x0p )ρ̃(x0p )
N p0 =0
(30)
dove:
p = 0, 1, 2, . . . , 2N + 1
ρ̃(xp ) = ρ(xp ), se 0 ≤ p ≤ N
ρ̃(xp ) = ρ(xp ), se N ≤ p ≤ 2N + 1
G̃(xp ) = G(xp ), se −(N + 1) ≤ p ≤ N
G̃(xp ) = G̃(xp + L)
ρ̃(xp ) = ρ̃(xp + L)
Con queste assunzioni il potenziale di Hartree ha le caratteristiche desiderate,
ovvero:
ṼH (xp ) = VH (xp )
(31)
nell’intervallo 0 ≤ p ≤ N . Infine si rimuove la singolarità delle funzioni di Green
in x = 0, introducendo un termine correttivo per bassi valori di x.
· ¸
· ¸
1
x
1
x
G(x) = erf
+ erf c
x
rc
x
rc
(32)
con rc scelto in maniera tale da avere un accurata descrizione della parte a corto
raggio.
35
Benché con tale procedura si riesca a simulare sistemi carichi, incrementa sensibilmente il quantitativo di risorse di calcolo richieste, anche se per sistemi che
necessitano di box di simulazione elevati, come per le reazioni chimiche in fase
gassosa, risulta il metodo da prediligere per accuratezza e velocità.
36
Bibliografia
[1] Car, R.; Parrinello, M. Phys. Rev. Lett. 1985, 55, 2471–2474.
[2] Parr, R. G.; Yang, W. Ann. Rev. Phys. Chem. 1995, 46, 701–728.
[3] Hockney, R. W. Methods Comput. Phys. 1970, 9, 136.
[4] Barnett, R. N.; Landman, U. Phys. Rev. 1993, B 48, 2081.
37
Parte II
Simulazioni di dinamica molecolare
ab initio di sistemi complessi
38
Capitolo 1
Effetto dell’α-sostituente
La reazione di sostituzione necleofila bimolecolare, SN 2, di scambio identico:
−
Cl−
(i) + Cl(o) CH2 CN → Cl(i) CH2 CN + Cl(o)
(1)
è stata studiata tramite simulazioni di dinamica molecolare ab initio col metodo
proposto da Car e Parrinello con i funzionali di scambio e correlazione BLYP e
HCTH.
I risultati sono stati confrontati con i dati sperimentali e con calcoli a livello di
teoria MP2 con set di base 6-311+G(d,p).
Come riferimento i calcoli sono stati estesi alle reazioni:
−
Cl−
(i) + Cl(o) CH2 X → Cl(i) CH2 X + Cl(o)
(2)
con X = H e Cl.
Per la reazione con X = H esistono accurati dati sperimentali e calcoli ai più alti
livelli di teoria, mentre la reazione con X = Cl consente di ricavare le informazioni aggiuntive per interpretare gli effetti del sostituente sulla reattività e sulla
velocità delle tre reazioni che ha il seguente andamento:
CN > H > Cl
39
Si è calcolato il profilo dell’energia a 0 K e si è trovato che questo è caratterizzato
dalla formazione di un complesso ione-dipolo che presenta un legame ad idrogeno
per le reazioni con X = CN e Cl. Le differenze nella distribuzione elettronica
lungo il percorso delle tre reazioni sono state ampiamente discusse.
Quindi, le simulazioni per le reazioni 1 e 2 sono state eseguite alla temperatura
di 300 K, verificando come gli effetti termici sulla barriera di attivazione siano
significativi e come i complessi prereattivi H-bonded sussistano anche a questa
temperatura.
40
1.1 Introduzione
Le reazioni SN 2 di scambio identico sono state e sono tuttora oggetto di numerosi
studi sia sperimentali che teorici dai quali si è ben stabilito che la superficie di
energia potenziale (potential energy surface, PES) è caratterizzata da due buche
simmetriche, che corrispondono alla formazione dei complessi ione-dipolo, separate da una barriera in corrispondenza dello stato di transizione (transition state,
TS) [1, 2, 3, 4, 5, 6, 7].
Particolare attenzione è stata rivolta alla classe di reazioni:
−
Cl−
(i) + Cl(o) CH2 X → Cl(i) CH2 X + Cl(o)
(3)
dove lo ione cloruro rappresenta sia la specie entrante, Cl(i) , che quella uscente,
Cl(o) , e X = H, F, Cl, Br, I, OH, CN. Queste reazioni sono state studiate sperimentalmente in fase gassosa con tecniche che includono Fourier-Transform Ion Cyclotron Resonance (FT-ICR) [2, 8, 9, 10, 11, 12], Flowing Afterglow (FA) [13], Flowing Afterglow Selected Ion Flow Tube (FA-SIFT) [14, 15], High Pressure Mass
Sprectrometric tecniches (HPMS) [16] ed altre. È stato stabilito che per queste
reazioni l’altezza della barriera non sempre è il fattore determinante della velocità
di reazione. Infatti è noto che queste reazioni possono avvenire sia tramite un meccanismo diretto che un meccanismo indiretto con formazione di specie intermedie,
in cui le interazioni di charge transfer sono favorite [2, 5, 6, 7, 9, 11, 12, 17]. A
seconda del tempo di vita del complesso prereattivo che si forma [9, 17, 18, 19] si
può avere un’efficiente equipartizione dell’energia tra i gradi di libertà dei reagenti e ciò rende l’applicazione delle teorie statistiche all’analisi dei dati sperimentali
idonee e, di conseguenza, possibile l’ottenimento di un’accurata altezza della barriera [2, 9, 10, 11, 12, 14, 17, 18, 19]. Solo recentemente è stato possibile ottenere
41
un limite superiore dell’altezza della barriera tramite una misura diretta [20]. A
causa dell’incertezza nell’applicazione delle teorie statistiche, specialmente per
le reazioni più semplici, le barriere sperimentali sono da considerare solo come
indicative.
Calcoli ab initio [9, 21, 22, 23, 24, 25, 26] e semiempirici [27, 28, 29, 30, 31, 32,
33, 34, 35] sulla reazione 3 sono stati eseguiti, risultando essere estremamente
sensibili al livello di teoria adottato o sulla qualità dei dati su cui i potenziali sono
stati fittati.
In questo capitolo sono riportari i risultati di una serie di simulazioni di dinamica
molecolare ab initio sula reazione 1, per la quale i risulati sia teorici [9] che sperimentali [2, 9, 11, 12] sono scarsi. La dinamica molecolare ab initio sviluppata da
Car e Parrinello [36] rappresenta uno dei più promettenti metodi per la possibilità
di seguire i meccanismi di reazione ed è stata applicata con successo allo studio
di reazioni sia in fase gassosa che in soluzione [5, 6, 7, 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43,
44, 45, 46, 47, 48, 49, 50, 51, 52, 53, 54, 55]. L’approccio [36] combina la teoria
del funzionale densità (density functional theory, DFT) [56, 57] con la dinamica
molecolare classica [58, 59] e rappresenta un potente strumento per lo studio di
sistemi complessi. L’uso del DFT per calcolare le forze on the fly rappresenta
sia il il vantaggio sia il limite del metodo. Benché tra le teorie correlate il DFT
sia certamente la più efficiente in termini di risorse computazionali, l’accuratezza
dipende fortemente dalla qualità dei funzionali di scambio e correlazione adottati.
È stato stabilito [5, 6, 60] che che i funzionali di tipo GGA hanno la tendenza a
sovrastimare la stabilizzazione dello stato di transizione delle reazioni SN 2 mentre a livello MP2 [61], che direttamente o con modificazioni è usato per studiare
le reazioni chimiche, è stato osservato il difetto opposto [26, 62]. In particolare
Deng et al. [26] hanno mostrato che i calcoli DFT usando il funzionale di scambio
42
e correlazione NL-SCF (un’implementazione del funzionale non locale di Becke
[63] e della correlazione non locale di Perdew [64, 65]) forniscono un limite inferiore per l’altezza della barriera, mentre i calcoli a livello MP4 rappresentano
un limite superiore. Questi autori [26] hanno anche dimostrato che quando la serie perturbativa è troncata al secondo ordine, MP2, le barriere sono leggermente
sovrastimate rispetto ai risultati MP4.
Per applicare i metodi DFT allo studio di meccanismi di reazione l’altezza delle
barriere calcolate è di primaria importanza: si deve verificare l’accuratezza e la
possibilità di applicazione, nonché l’attendibilità dei risultati con funzionali sempre più migliorati. Per questo motivo i calcoli sono stati eseguiti utilizzando i
funzionali di scambio e correlazione BLYP [63, 66] e HCTH [67]. Per quest’ultimo è stata recentemente proposta una nuova parametrizzazione [68] basata su un
fitting di dati su 120 sistemi anziché 93 usati nella versione originale. Il vantaggio
del funzionale HCTH [67, 68] sta nel fatto che questo è stato parametrizzato su
più proprietà molecolari e su un set esteso di molecole. Questa è l’elemento che
maggiormente lo differenzia dal BLYP [63, 66], per il quale la parte di correlazione, LYP [66], è stata fittata semplicemente su proprietà dell’atomo di elio, He.
Come suggerito da Hamprect et al. [67, 68] l’inclusione di un set di molecole più
ampio nella parametrizzazione del funzionale porta a significativi miglioramenti
nell’energia di scambio e correlazione.
Come conseguenza di ciò la reazione 1 è stata studiata ad un livello semiquantitativo. In particolare è stata evidenziata la formazione di un legame ad idrogeno
nel caso delle reazioni con X = CN e Cl. L’analisi dell’effetto del diverso sostituente (H, CN e Cl) sul meccanismo di reazione risulta essere particolarmente
interessante, perché permette di comprendere quali siano gli elementi che portano
al seguente andamento della velocità di reazione:
43
CN > H > Cl
Si devono pertanto razionalizzare i cambiamenti energetici e di struttura elettronica lungo il percorso di reazione. Nelle pagine seguenti verrà mostrato come il
funzionale di scambio e correlazione HCTH [67, 68] assicuri un considerevole
miglioramento specialmente se comparato al funzionale BLYP [63, 66], fornendo
risultati comparabili, se non migliori, di quelli a livello MP2 [61]. Inoltre, si è
trovato [5, 6] che l’errore dell’altezza della barriera sembra essere di tipo sistematico e che non influenza la descrizione della struttura elettronica delle molecole e
dei suoi cambiamenti durante il corso dell’intera reazione. Pertanto i metodi DFT
in congiunzione con la dinamica molecolare ab initio sembrano rappresentare lo
strumento ideale per lo studio della reattività chimica.
Questo ci ha spinto a studiare [7] gli effetti termici sulla reazione 1, sempre confrontando i risultati con le analoghe con X = H e Cl. Per la reazione 1 Viaggiano
et al. [17] hanno riportato una serie di misure di tipo FTICR, suggerendo che gli
esperimenti sono consistenti con l’esistenza di un complesso con tempo di vita di
10−8 s, non caratterizzato sperimentalmente. Il lungo tempo di vita del complesso
favorisce un comportamento statistico della reazione con X = CN, in contrasto con
quella con X = H. La stessa tecnica sperimentale è stata applicata a quest’ultima
senza ottenere l’evidenza di un’interazione direzionale nel complesso prereattivo.
1.2 Dettagli Computazionali
Tutti i calcoli DFT basati su onde piane (PW) sono stati eseguiti usando un box
cubico di 15 Å di lato con codice CPMD [69] e ricorrendo all’usuale tecnica
di considerare il sistema isolato [70, 71]. Pseudopotenziali di Martin-Troullier
[72] sono stati scelti per descrivere gli elettroni di core. Due differenti funzionali
44
di scambio e correlazione, BLYP [63, 66] e HCTH [67, 68], sono stati adottati
nei calcoli mentre le funzioni d’onda sono state espanse con un cutoff di 50 Ry.
Con questa scelta le geometrie delle molecole isolate convergono entro lo 0.5 %
circa. Per comparazione le geometrie dei punti stazionari all’equilibrio, le frequenze e le analisi di popolazione sono state calcolate a livello BLYP [63, 66] con
base gaussiana, 6-311+G(d,p), per verificare gli effetti degli pseudopotenziali, e
a livello MP2 con lo stesso set di base, usando il programma Gaussian 98 [73].
Questi ulteriori calcoli non hanno consentito unicamente di verificare gli effetti
degli pseudopotenziali, ma hanno permesso ulteriori analisi relative alle variazioni della struttura elettronica, che hanno luogo lungo il percorso di reazione. Le
strutture elettroniche nei calcoli eseguiti con PW sono state analizzate usando i
centri delle funzioni di Wannier (WFC’s) [74, 75] e le funzioni di localizzazione
elettronica (ELF) [76, 77], che rappresentano un modo alternativo di caratterizzazione del legame chimico e sono state recentemente applicate allo studio di
reattività chimica.
Per prendere in considerazione gli effetti termici, le reazioni sono state studiate
nell’insieme Blue Moon [78, 79, 80, 81] vincolando la distanza C-Cl, ζ. La differenza di energia libera tra i punti A e B è ottenuta integrando la forza vincolare F
lungo il percorso di reazione:
Z
B
∆A =
< F >ζ 0 dζ 0
(4)
A
Lo spazio delle fasi è stato campionato nell’insieme Blue Moon [78, 79, 80, 81],
ma poiché questo potrebbe essere influenzato dalla scelta del vincolo, la reazione con X = CN è stata studiata anche tramite Transition Path Sampling [82, 83,
84, 85]. Questa tecnica computazionale fornisce una completa descrizione della
superficie di energia potenziale senza l’intervento dei vincoli. Le traiettorie Tran45
sition Path sono state generate partendo dai risultati ottenuti a 0 K. Per migliorare
il sampling le traiettorie sono state generate da punti selezionati dello spazio delle
fasi ad un valore di energia potenziale entro kT relativo al TS (senza considerare l’energia di punto zero). Le velocità atomiche iniziali sono state prese da una
distribuzione di Boltzmann a 300 K e orientate in maniera casuale. Il complesso
ione-dipolo, sia pre che post reattivo, è stato definito in termini di criteri geometrici 1.1 Å < rCl < 2.6 Å e 0.9 Å < rH < 2.5 Å, dove rCl =r(C-Cl(i) )-r(C-Cl(o) ) e
rH =r(Cl(i) -Hnb )-r(Cl(i) -Hb ). In totale sono state accettate 60 traiettorie.
1.3 Risultati e discussioni
1.3.1 Strutture
La struttura delle molecole isolate è stata ottimizzata utilizzando i funzionali
BLYP [63, 66] e HCTH [67, 68]. Come riportato in un articolo sulla reazione
tra CH3 Br e Cl− [37] in fase gassosa studiata tramite CPMD, il funzionale BLYP
[63, 66] dà risultati in buon accordo con i dati sperimentali [86] per il CH3 Cl con
la sola eccezione della lunghezza di legame C-Cl (valore sperimentale di 1.776Å)
che è leggermente sovrastimata. L’accordo migliora usando il funzionale HCTH
[67, 68] che dà una lunghezza di legame solo 0.009Å superiore a quella sperimentale, come riportato in Tab. 1.1. Un apprezzabile miglioramento è stato ottenuto
usando il funzionale di scambio e correlazione B3LYP [66, 87] da Glukhovtsev
[21], e da Pagliai et al. [5] Questo impica che nelle molecole contenenti cloro a
pate di scambio di Becke [63] deve essere modificata. Un miglior accordo con i dti
sperimentali [86] per il CH3 Cl è stato ottenuto da Truong et al. [33] usando MP2
con il set di base 6-31+G(d,p) e da Botshwina [88] usando calcoli di tipo coupled
cluster calculations, che, al momento, rappresentano il più alto livello di teoria per
46
lo stato di transizione. Questi risultati sono comparabili con quelli ottenuti con il
funzionale HCTH.
MP2/G
rC−Cl
rC−H
θH−C−H
θH−C−Cl
1.776
1.088
109.9
109.0
rC−Cl(o)
rC−Cl(i)
rC−H
θH−C−Cl(o)
1.807
3.203
1.084
109.1
rC−Cl(o)
rC−Cl(i)
rC−H
θCl(i) −C−Cl(o)
2.297
2.297
1.073
180.0
BLYP/G BLYP/PW HCTH/PW Exp.[86]
ClCH3 (molecola isolata)
1.829
1.848
1.785
1.776
1.093
1.089
1.097
1.085
110.8
111.5
110.4
110.4
108.1
107.4
108.6
ClCH3 · · · Cl− (complesso ione-dipolo)
1.908
1.932
1.832
3.139
3.071
3.256
1.088
1.084
1.093
107.0
106.1
108.3
[Cl· · · CH3 · · · Cl]− (stato di transizione)
2.409
2.390
2.365
2.409
2.402
2.362
1.078
1.074
1.080
179.9
179.5
180.0
Tabella 1.1: Dati strutturali per i punti stazionari della reazione ClCH3 +Cl− . Cl(i)
e Cl(o) indicano rispettivamente gli atomi di cloro entranti ed uscenti. Con sono
indicati i calcoli con base gaussiana 6-311+G(d,p). Le distanze sono riportate in
Å e gli angoli in gradi.
Risultai simili sono stati ottenuti per la molecola ClCH2 CN, come si può notare
dalla Tab. 1.2. I calcoli MP2 sono in buon accordo con i dati sperimentali.[9] I
calcoli DFT eseguiti con il set di base gaussiano tendono a sovrastimare le lunghezze di legame C-Cl, ma sono in miglior accordo di quelli a livello MP2 per
quanto riguarda la lunghezza di legame C-N.
47
MP2/G
rC−N
rC−C
rC−H
rC−Cl
θC−C−N
θC−C−H
θC−C−Cl
θH−C−Cl
1.175
1.461
1.090
1.778
178.3
109.4
111.5
108.5
rC−N
rC−C
rC−Hb
rC−Hnb
rC−Cl(o)
rC−Cl(i)
θC−C−N
θHb −C−C
θHnb −C−C
θCl(o) −C−C
θCl(i) −C−C
1.176
1.458
1.110
1.090
1.790
3.252
179.0
111.6
109.1
110.1
114.7
rC−N
rC−C
rC−Hb
rC−Hnb
rC−Cl(i)
rC−Cl(o)
θC−C−N
θHb −C−C
θHnb −C−C
θCl(i) −C−C
θCl(o) −C−C
θCl(i) −C−H
θCl(o) −C−H
1.178
1.436
1.072
1.072
2.295
2.295
180.0
119.1
119.1
94.2
94.2
88.0
88.0
BLYP/G BLYP/PW HCTH/PW
Exp.[9]
ClCH2 CN (molecola isolata)
1.165
1.165
1.168
1.158
1.458
1.455
1.457
1.472
1.096
1.092
1.100
1.070 / 1.088
1.838
1.856
1.792
1.767 / 1.782
178.7
178.8
178.8
110.5
111.1
110.0
111.8
111.2
111.9
111.24/ 111.29
107.0
106.4
107.7
ClCH2 CN· · · Cl− (complesso ione-dipolo)
1.168
1.168
1.171
1.452
1.450
1.451
1.127
1.126
1.140
1.095
1.091
1.099
1.864
1.883
1.811
3.262
3.233
3.231
178.9
179.1
178.2
113.3
113.8
110.7
110.6
111.2
111.1
109.8
109.2
110.6
116.2
116.8
112.9
[Cl· · · CH2 CN· · · Cl]− (stato di transizione)
1.169
1.169
1.172
1.427
1.428
1.429
1.078
1.073
1.080
1.078
1.074
1.080
2.437
2.411
2.382
2.438
2.420
2.387
180.0
179.7
179.8
119.8
119.9
119.7
119.8
119.7
119.7
97.0
96.3
95.8
97.0
96.6
95.8
86.5
86.4
87.0
86.5
86.7
87.3
Tabella 1.2: Dati strutturali per i punti stazionari della reazione ClCH2 CN+Cl− .
Cl(i) e Cl(o) indicano rispettivamente gli atomi di cloro entranti ed uscenti, mentre
Hb è l’atomo di idrgogeno legato con legame ad idrogeno allo ione Cl−
(i) e Hnb è
l’atomo di idrogeno non legato. Con G sono indicati i calcoli con base gaussiana
6-311+G(d,p). Le distanze sono riportate in Å e gli angoli in gradi.
48
Nella tabella 1.3 sono riportati i valori calcolati insieme a quelli sperimentali [89]
per la molecola isolata del Cl2 CH2 .
MP2/G
rC−Cl
rC−H
θH−C−H
θCl−C−Cl
1.767
1.086
110.9
113.1
rC−Cl
rC−Cl(o)
rC−Cl(i)
rC−H(b)
rC−H(nb)
θH(b) −C−Cl
θH(nb) −C−Cl
θCl(o) −C−Cl
θCl(i) −C−Cl
1.778
1.778
3.329
1.097
1.086
109.8
107.4
111.7
114.8
rC−Cl
rC−Cl(o)
rC−Cl(i)
rC−H
θH−C−H
θCl(o) −C−Cl
θCl(i) −C−Cl
θCl(i) −C−Cl(o)
1.718
2.340
2.340
1.069
125.3
100.9
100.9
158.2
BLYP/G BLYP/PW HCTH/PW
Cl2 CH2
1.813
1.828
1.775
1.090
1.086
1.096
112.6
113.7
111.8
113.4
112.7
113.3
Cl2 CH2 · · · Cl−
1.837
1.820
1.793
1.837
1.820
1.793
3.332
3.232
3.365
1.107
1.088
1.115
1.090
1.067
1.095
110.0
110.0
110.1
106.6
106.4
107.0
111.5
110.8
111.6
117.3
117.3
116.8
−
[Cl · · · CH2 Cl · · · Cl]
1.744
1.738
1.710
2.481
2.407
2.441
2.481
2.407
2.443
1.074
1.051
1.078
125.9
127.2
125.2
102.8
102.6
102.2
102.8
102.6
102.3
154.4
154.7
155.4
Exp. [89]
1.772
1.088
112.1
112.0
Tabella 1.3: Dati strutturali per i punti stazionari della reazione Cl2 CH2 + Cl− .
Cl(i) e Cl(o) indicano rispettivamente gli atomi di cloro entranti ed uscenti, mentre
Hb è l’atomo di idrgogeno legato con legame ad idrogeno allo ione Cl−
(i) e Hnb è
l’atomo di idrogeno non legato. Con G sono indicati i calcoli con base gaussiana
6-311+G(d,p). Le distanze sono riportate in Å e gli angoli in gradi.
Per quest’ultima si può vedere, come trovato nei precedenti sistemi e per sistemi
simili [37, 38], che a livello MP2 si ottiene un valore della lunghezza di legame
C-Cl inferiore a quella ottenuta a gli altri livelli di teoria. Tuttavia nel presente
49
caso il miglior accordo con i dati sperimentali su questa lunghezza di legame si
ha nell’approssimazione DFT con funzionale HCTH. Ancora una volta si ha la
conferma che il funzionale BLYP sovrastima questa lunghezza, mentre il funzionale HCTH dà risultati in buon accordo con i dati sperimentali, benché tenda a
sovrastimare leggermente la lunghezza di legame C-H.
I parametri strutturali dell’unità CH3 Cl sono solo leggermente modificati nel complesso ione-dipolo. Come si può vedere da Tab. 1.1 il principale cambiamento riguarda l’allungamento della distanza di legame C-Cl(o) , che è anche il parametro strutturale più sensibile al livello di teoria adottato. Come riportato in
letteratura[22], il complesso ione-dipolo ha una simmetria C3v con lo ione Cl−
situato sull’asse molecolare C3 .
Una situazione più complicata si incontra nel caso del complesso ione-dipolo
ClCH2 CN· · · Cl− . Wladkowski et al. [9] hanno ottenuto una struttura con simmetria Cs da calcoli Hartree-Fock e MP2 usando un set di base ristretto e senza
orbitali di polarizzazione, ma quando il set di base è stato aumentato [9], la struttura ottimizzata è risultata non essere più un minimo, presentando una frequenza
immaginaria. Come si può vedere da Tab. 1.2 il minimo ottenuto ha simmetria
C1 . I risutati PW/DFT, ottenuti usando i funzionali BLYP e HCTH, sono in accordo con i calcoli MP2. La struttura del complesso ione-dipolo calcolato mostra la
presenza di un’interazione tra lo ione cloruro Cl− ed un idrogeno della molecola
ClCH2 CN. Questo è evidente dalla Fig. 1.1 (a) e Fig. 1.1 (b).
50
(a)
(b)
(c)
wo
w nb
wb
wi
wi
wb
wo
wi
wo
Figura 1.1: Struttura del complesso a legame ad idrogeno, (a) e (b), e dello stato
di transizione, (c), della reazione Cl− + ClCH2 CN. La struttura è mostrata lungo
il legame C-Cl(o) in (a), e perpendicolarmente al piano C-C-Cl(o) in (b) e (c).
Le sfere più piccole colare in grigio chiaro indicano la posizione dei centri delle
funzioni di Wannier, mentre la freccia indica la direzione del momento di dipolo
della molecola.
Nel complesso ione-dipolo del Cl2 CH2 la differenza nella lunghezza di legame
C-Cl incrementa negli approcci HCTH e MP2 ad approssimativamente lo stesso
valore trovato per le reazioni CH3 Cl e ClCH2 CN [5]. Dai parametri strutturali
di Tab. 1.2 la formazione di un legame ad idrogeno è evidente se si prende in
considerazione la differenza tra C-H(b) e C-H(nb) , e le distanze H(b) · · · Cl(i) .
La struttura dello stato di transizione [Cl· · · CH3 · · · Cl]− è stata calcolata in dettaglio da diversi autori [21, 22, 23, 24, 26, 33, 88]. Calcoli a livello MP2 e DFT
con entrambi i tipi di set di base riportati nelle precedenti tabelle sono in accordo
con i precedenti lavori e solo i risultati ottenuti con le onde piane saranno discussi in dettaglio di seguito. La struttura dello stato di transizione è stata ottenuta
tramite una serie di ottimizzazioni geometriche vincolate tenendo la distanza CCl(i) fissa. L’Hessiano è stato calcolato numericamente e si è verificato che lo
stato di transizione fosse caratterizzato da un’unica frequenza immaginaria [5, 6].
51
I risultati sono riassunti in Tab. 1.1. I funzioanali BLYP e HCTH producono
strutture dello stato di transizione molto vicine alla simmetria ideale di tipo D3h
con il gruppo CH3 planare e caratterizzato da un apprezzabile accorciamento della
lunghezza di legame C-H, comparata a quella del complesso ione-dipolo. Come
si osserva da Tab. 1.1, i calcoli DFT predicono una lunghezza di legame C-Cl
leggermente superiore ad i risultati MP2 e al valore di 2.301 Å raccomandato da
Botschwina[88]. Questi risultati possono essere correlate ad una sovrastabilizzazione dello stato di transizione delle reazioni SN 2 da parte dei funzionali di tipo
GGA come recentemente discusso da Gritsenko et al. [60].
I risultati ottenuti per la struttura dello stato di transizione [Cl· · · CH2 CN· · · Cl]−
sono riportati in Tab. 1.2, mentre la struttura è rappresentata in Fig. 1.1 (c). La variazione dei parametri calcolati, ed in particolare della lunghezza di legame C-Cl
dipendono dal livello di approssimazione. Il funzionale HCTH dà una lunghezza
di legame più simile a quella ottenuta a livello MP2 che non quella a livello BLYP.
Per lo stato di transizione del Cl2 CH2 è evidente un accorciamento delle lunghezze
di legame C-H, come riportato in Tab. 1.3. Le lunghezze di legame C-Cl(i) e CCl(o) sono, come accade usualmente, superiori a livello HCTH di quelle a livello
MP2. Allo stesso tempo un considerevole accorciamento della lunghezza C-Cl ha
luogo.
In conclusione, i precedenti risultati e la comparazione con i dati sperimentali o
con i calcoli a livello MP2 o a livello superiore mostrano che, benché la tendenza del DFT sia quella di sovrastimare la lunghezza C-Cl, il funzionale HCTH
attualmente rappresenta un significativo miglioramento e può essere usato con
confidenza allo studio del profilo di energia della reazione del ClCH2 CN, almeno
ad un livello semiquantitativo.
52
1.3.2 Profilo energetico delle reazioni
La variazione dell’energia potenziale a livello HCTH [67, 68] è riportata in Fig.
1.2 lungo le coordinate r = r(C − Cl(i) )−r(C − Cl(o) ) (a) e r = r(Cl(i) −Hnb )−
r(Cl(i) − Hb ) (b) (l’andamento delle energie per gli altri metodi è similare).
Il profilo di energia in Fig.1.2 (a) è stato ottenuto seguendo l’evoluzione del sistema partendo sia dallo stato di transizione che dai reagenti a lunga distanza. I
minimi corrispondono alla formazione dei complessi ione-dipolo. Si può notare
che in prossimità dei minimi si ha una distinta variazione della curvatura, per le
reazioni relative al cloroacetonitrile ed al diclorometano. L’origine di questo effetto può essere spiegato in riferimento alla Fig.1.2 (b), dove il profilo di energia
della reazione partendo dallo stato di transizione fino al complesso ione-dipolo è
rappresentato in funzione della coordinata di reazione r=r(Cl(i) -Hnb )-r(Cl(i) -Hb ).
Nel caso del cloroacetonitrile e del diclorometano, la distanza tra il nucleofilo,
Cl(i) , e i due idrogeni è la stessa allo stato di transizione, mentre è nettamente
differente al momento della formazione del complesso prereattivo. Questo comportamento suggerisce la formazione di un complesso prereattivo caratterizzato da
un legame ad idrogeno, come dicusso precedentemente per le strutture molecolari
in questo punto stazionario per le tre reazioni. L’analisi delle configurazioni lungo
il percorso di minima energia mostra che lo ione cloruro si avvicina alla molecola
CH3 Cl lungo l’asse C3 , mentre nel caso del ClCH2 CN e del Cl2 CH2 la traiettoria
è molto più complessa. Prima il Cl− si avvicina al substrato con cui forma un
legame ad idrogeno con uno dei due idrogeni, poi si sposta rispettivamente sul
piano CCCl(o) o ClCCl(o) in una regione intermedia tra i due atomi di idrogeno,
infine si dirige verso il carbonio centro di attacco per dare luogo alla reazione.
53
a)
5.0
-
ClCH3+Cl
ClCH2CN+Cl
Cl2CH2+Cl
-5.0
-15.0
-1
E (kJmol )
-25.0
-35.0
-45.0
-55.0
-65.0
-75.0
-85.0
-4.5
b)
-2.5
-0.5
1.5
(i)
(o)
r = r(C-Cl ) - r(C-Cl )
5.0
3.5
-
ClCH2CN+Cl
ClCH3+Cl
Cl2CH2+Cl
-5.0
-15.0
-1
E (kJmol )
-25.0
-35.0
-45.0
-55.0
-65.0
-75.0
-85.0
-0.5
0.0
0.5
1.0
(i)
(nb)
(i)
(b)
r = r(Cl -H ) - r(Cl -H )
1.5
Figura 1.2: Profilo dell’energia potenziale luno le coordinate r = r(C − Cl(i) ) −
r(C − Cl(o) ) (a) e r = r(Cl(i) − Hnb ) − r(Cl(i) − Hb ) (b) per le reazioni Cl− +
CH3 Cl (linea nera), Cl− + ClCH2 CN (linea rossa) e Cl− + Cl2 CH2 (linea blue).
54
Il minimo più profondo dovuto al legame ad idrogeno darà luogo ad un barriera effettiva dipendente dalla temperatura, come sarà discusso in un seguente paragrafo.
La formazione di un legame ad idrogeno non è stata riportata in precedenti lavori
ma è stata ipotizzata da Viaggiano et al. [17] per spiegare i risultati sperimentali.
Dalle energie degli stati stazionari, riportate in Tab.1.4, si può notare, come puntualizzato in molti casi [9, 21, 22, 23, 24, 26, 88], che il livello di teoria adottato può influenzare l’energia dello stato di transizione e quindi l’intero profilo di
energia. Si può vedere che mentre l’energia del complesso ione-dipolo dipende
solo leggermente dal’approssimazione utilizzata nei calcoli, l’energia dello stato
di transizione è molto sensibile sia al metodo che alle funzioni di base adottate.
ClCH3 +Cl−
∆Ewell
∆Edif f ∆Ebh
Exp.[14]
-51.0±8.4 4.2±4.2
M P 2/6 − 311 + G(d, p)
-41.56
33.70
75.25
BLY P/6 − 311 + G(d, p)
-42.11
-21.67
20.44
BLY P/P W
-45.38
-28.45
16.93
HCT H/P W
-40.33
-3.68
36.64
ClCH2 CN+Cl−
Exp.[9]
-76.99
-28.87
48.12
M P 2/6 − 311 + G(d, p)
-79.05
-2.83
76.22
BLY P/6 − 311 + G(d, p)
-76.06
-59.17
16.89
BLY P/P W
-77.97
-63.52
14.45
HCT H/P W
-77.58
-40.24
37.33
Cl2 CH2 +Cl−
Exp.
M P 2/6 − 311 + G(d, p)
-58.42
45.76
104.18
BLY P/6 − 311 + G(d, p)
-55.60
-13.38
42.22
BLY P/P W
-58.78
-15.92
42.86
HCT H/P W
-57.50
3.57
61.07
Tabella 1.4: Dati energetici relativi alle reazioni in kJ/mol calcolati a differenti livelli di teoria. ∆Ewell e ∆Edif f sono le energie dei complessi e degli stati
di transizione rispetto alle energia delle molecole isolate, ∆Ebh è la differenza
energetica tra lo stato di transizione e il complesso.
55
Per la reazione CH3 Cl + Cl− , i valori di energia potenziale nei minimi sono calcolati in buon accordo con le misure serimentali a tutti il livelli di teoria. Come
per l’energia dello stato di transizione, Tab. 1.4 mostra che il valore sperimentale
è abbastanza simile a quello ottenuto a livello HCTH. Si può anche notare che i
risultati DFT con funzionale HCTH sono migliori di quelli ottenuti sia a livello
MP2 che con funzionale BLYP. Inoltre i risultati HCTH sono molto più vicini di
quelli riportati a livello B3LYP [21] di quelli a livello BLYP, indicando ancora
una volta come sia importatnte la parte di scambio del funzionale nelle reazioni
qui studiate. Un’ulteriore conferma della qualità dei risultati ottenuti col funzionale HCTH può essere notata dal valore dell’energia dello stato di transizione
ottenuto per le molecole in esame che differisce dal valore sperimentaale proposto da Barlow et al. [14] di solo 7.9 kJ/mol, una discrepanza comparabile con
quella ottenuta da Botschwina [88] ad un più alto livello di teoria che ha ottenuto
un valore di 11.5±1 kJ/mol, che differisce dal valore sperimentale di 7.3 kJ/mol.
Una discrepanza superiore è quella che si registra comparando questi risultati con
quelli ottenuti a partire dalle misure sperimentali [14] da Tucker e Truhlar [90],
da Graul e Bawers [91] e da Wladkowski e Brauman [10] che sono tra i 10.5 e
i 13 kJoul mol−1 . Tutti questi valori per le altezza delle barriere sono indiretti e
ottenuti dall’applicazione di teorie statistiche la cui applicazione alle reazioni SN 2
è questionabile [27, 29, 30, 32, 92, 93, 94]. La sola stima diretta e dovuta a De
Turi et al. [20] che hanno trovato un limite superiore per la barrier ache dovrebbe
essere inferiore a 45±15 kJ/mol.
L’uso del funzionale HCTH [67, 68] per lo studio della reazione ClCH2 CN appare
quindi giustificato benché anch’esso fornisca un limite inferiore per la barriera, e
soprattutto considerando i vantaggi del metodo CPMD [36, 69]. Si può vedere
da Tab. 1.4 che anche per la reazione con CN come sostituente i calcoli DFT col
56
funzionale HCTH [67, 68] sono in grado di fornire risultati in ragionevole accordo
con gli esperimenti, con un considerevole miglioramento rispetto al BLYP [63,
66].
Per la molecola di Cl2 CH2 non esiste in letteratura la stima sperimentale dell’energia per la barriera rispetto ai reagenti eccettuato un valore di 10kJ/mol, che è
stato proposto da Shaik [25].
Sulle basi di precedenti calcoli [62, 26, 37, 38, 5, 6] ci si aspetta che il valore
sperimentale debba essere più basso di quello a livello MP2 (45.76 kJ/mol), che
generalmente sovrastima l’altezza della barriera, e superiore di quella ottenuta a
livello HCTH (3.57 kJ/mol) che, per effetto della sovrastabilizzazione dello stato
di transizione nelle reazioni SN 2 [95, 60], fornisce una stima inferiore dell’altezza della barriera. Questa situazione avvalora il valore stimato da Shaik [25] per
l’altezza della barriera di reazione.
1.3.3 Analisi di popolazione
L’analisi dei parametri strutturali e la variazione dell’energia potenziale riportata nelle sezioni precedenti mostra che i meccansimi di reazione ed i gradi di
trasferimento elettronico sono differenti nelle reazioni considerate.
Quest’effetto deve essere ulteriormente caratterizzato con un’analisi di popolazione. Poiché i risultati dell’analisi di popolazione dipendono fortemente dalla
tecnica scelta [96, 43] sono stati usati diversi metodi per assicurare la correttezza
dei risultati. Un’analisi di popolazione secondo Mulliken [97, 98, 99, 100] e di
tipo Natural Population Analysis (NPA)[96, 101, 102, 103]. Sono state eseguite
per i punti stazionari delle tre reazioni usando calcoli BLYP/6-311+G(d,p) ed i
risultati sono stati riportati in Tab. 1.5.
57
qC
qCl o
qCl i
qH
qC
qCl o
qCl i
qHnb
qHb
qC
qN
qC
qCl
qCl o
qCl i
qHnb
qHb
ClCH3 +Cl−
M ulliken
I
M
T
I
-.581 -.702 -.598 -.539
.039 -.015 -.513 -.080
-1.000 -.879 -.513 -1.000
.181
.198 .208
.206
ClCH2 CN+Cl−
M ulliken
I
M
T
I
-.489 -.300 -.567 -.457
.129 -.003 -.462 -.022
-1.000 -.842 -.461 -1.000
.232
.209 .249
.250
.232
.252 .249
.250
.141
.008 .294
.252
-.244 -.324 -.301 -.273
Cl2 CH2 +Cl−
M ulliken
I
M
T
I
-.798 -.716 -.749 -.392
.155
.034 .242 -.017
.155
.034 -.533 -.017
-1.000 -.881 -.533 -1.000
.244
.234 .286
.213
.244
.294 .286
.213
NP A
M
T
-.498 -.407
-.221 -.605
-.933 -.605
.217 .206
NP A
M
T
-.491 -.358
-.095 -.540
-.899 -.540
.236 .256
.326 .256
.281 .267
-.359 -.342
NP A
M
T
-.390 -.292
-.086 .038
-.086 -.600
-.927 -.600
.292 .227
.197 .227
Tabella 1.5: Analisi di popolazione per le reazioni a livello di teoria BLYP/6311+G(d,p). I, M e T indicano rispettivamente la molecola isolata, il complesso
ione-dipolo e lo stato di transizione
Le analisi di popolazione di Mulliken e NPA danno una differente descrizione della reazione CH3 Cl. Infatti, per la prima si ha che l’atomo di carbonio diventa più
negativo al momento della formazione del complesso ione-dipolo, se comparato
sia allo stato di transizione che alla molecola isolata. Per la seconda al contrario l’atomo di carbonio diventa meno negativo passando dalla molecola isolata
al complesso ione-dipolo ed infine allo stato di transizione. Tuttavia entrambi i
58
metodi sono in accordo nel descrivere un continuo decremento della carica elettronica da Cl(i) che viene trasferita a Cl(o) , con solo una minore variazione di
carica sugli atomi di idrogeno. Questo comportamento è quanto ci si aspetta per
un tipo di interazione essenzialmente di tipo elettrostatico che porta alla formazione del complesso ione-dipolo, come precedentemente proposto da Wladkowski et
al. [9] e Glukhovtsev et al. [22].
L’evoluzione della distribuzione di carica per la reazione del ClCH2 CN, Tab. 1.5,
è molto simile a quella trovata per la reazione del CH3 Cl per quanto riguarda l’atomo di carbonio centro di attacco. Un comportamento opposto è descritto dai due
metodi per l’atomo di carbonio del gruppo CN. La variazione su i due idrogeni è
simile, entrambi i metodi mostrano un incremento di carica positiva sull’idrogeno
(H(b) ) più vicino al cloruro entrante e un decremento sull’altro (H(nb) ) al momento
della formazione del complesso ione dipolo. Questo indica che il trasferimento
di carica è mediato dalla formazione di un forte legame ad idrogeno tra il nucleofilo e l’idrogeno H(b) . Questi risultati sono in contrasto con quanto trovato
da Wladkowski et al.[9] che asseriscono che la formazione del complesso ionedipolo sia semplicemente di tipo elettrostatico basandosi unicamente su un’analisi
di popolazione di Mulliken a livello HF.
La variazione di carica sulle varie specie che prendono parte alla reazione Cl− +
Cl2 CH2 è complessa quanto quella del cloroacetonitrile, a causa della formazione
del complesso preattivo di tipo H-bond. Questo è tuttavia caratterizzato da un’alta
simmetria perché il nucleofilo si posizione sul piano H(nb) CH(b) ad egual distanza
rispetto ai due atomi di cloro. Secondo Shaik questa situazione è una delle ragioni
della minor reattività di questa specie. La variazione della carica sull’atomo di
carbonio è invece analoga a quella delle precedenti reazioni.
Un differente approccio all’evalutazione della distribuzione di densità elettronica è
59
rappresentato dall’analisi della posizione dei centri delle funzioni di Wannier massimamente localizzate che è riportato in Fig.1.3 come funzione della coordinata
di stretching C-Cl(i) .
wo
0.85
0.75
A
0.65
wi
0.55
0.45
rWFC (A)
0.71
wnb
0.69
B
0.67
wb
0.65
0.63
0.76
0.75
C
0.74
0.73
2.4
2.6
2.8
3.0
3.2
3.4
rC-Cl (A)
i
Figura 1.3: Posizioni dei centri delle funzioni di Wannier in funzione della distanza CCl(i) . Triangoli con punta a sinistra o destra: CH3 Cl+Cl− ; triangoli con punta
verso l’alto o il basso: ClCH2 CN+Cl− ; Rombi: Cl2 CH2 +Cl− . Frame A: Distanze
dei WFC relativi al legame C-Cl dall’atomo di Cl. Con w(o) e w(i) sono indicati i WFC del Cl− uscente ed entrante, rispettivamente). Frame B: Distanze dei
WFC relative al legame C-H dall’atomo di C; Con wb e wnb sono indicati rispettivamente i WFC in prossimità dell’atomo di idrogeno coinvolto e noncoinvolto
nella formazione dellegame ad idrogeno. Frame C: Distanza del WFC relativa al
legame C-C dall’atomo di C. Nei pannelli laterali sono riportate le posizioni dei
WFC per le molecole e lo ione cloruro cerchio pieno all’equilibrio.
60
La Fig. 1.3 chiaramente mostra un differente comportamento della reazione del
ClCH2 CN rispetto a quella del ClCH3 . Una forte variazione della posizione dei
centri delle funzioni di Wannier sui legami C-H e C-Cl in vicinanza del complesso ione-dipolo è osservata per ClCH2 CN, mentre questo comportamento non è
presente in CH3 Cl. L’effetto del gruppo CN passando dalla molecola isolata al
complesso ione-dipoloè evidente. Usando i WFC il riarrangiamento di carica lungo l’intero percorso di reazione è stato seguito. Da Fig. 1.3 si vede che qundo
si ha la formazione del complesso ione-dipolo i due atomi di idrogeno non sono
più equivalenti. Questi ritornano nuovamente equivalenti prima di raggiungere lo
stato di transizione. Il meccanismo a due step è quindi chiaramente descritto. Le
analisi di popolazione danno una certa spiegazione della differente stabilizzazione dello stato di transizione. Infatti la distribuzione di carica su Cl(i) , l’atomo di
carbonio centrale C e Cl(o) è molto più bassa, in valore assoluto, in ClCH2 CN e la
carica sul cloruro entrante e sull’atomo di carbonio è trasferita sull’atomo di azoto
che stabilizza lo stato di transizione. I WFC possono anche essere utilizzati per
stimare gli effetti di polarizzazione, calcolando il dipolo effettivo della molecola
e dello ione cloruro. Passando dalla molecola isolata al complesso ione-dipolo si
osserva un incremento del dipolo della molecola è osservato: per CH3 Cl il momento di dipolo incrementa da 1.91 D (il valore sperimentale è di 1.87 D) a 3.53
D, mentre per ClCH2 CN questo incrementa da 3.20 D (il valore sperimentale è di
2.95 D) a 4.94 D. Entrambe le molecole mostrano forti effetti di polarizzazione
con un incremento del momento di dipolo di circa 1.6 D. La situazione per lo ione
cloruro è differente poiché è caratterizzata nel complesso ione dipolo da un momento di dipolo effettivo di 1.18 e 0.63 D per ClCH2 CN e CH3 Cl, rispettivamente.
L’effetto superiore nel primo caso è dovuto al superiore charge transfer che può
essere attribuito alla formazione di un legame ad idrogeno. Da Fig.1.3, nel caso
61
della reazione del diclorometano (sono riportate solo le posizioni dei WFC relative
ai punti stazionarui, perché la varizione delle posizioni è simile a quella del cloroacetonitrile), si può vedere che nel complesso ione dipolo i doppietti elettronici
sono maggiormente polarizzati che nella molecola isolate. è anche evidente che
nel complesso ione-dipolo i due atomi di idrogeno non sono più equivalenti con i
doppietti elettronici del legame C-H(b) più spostati verso l’atomo di carbonio che
sul legame C-H(nb) . i due idrogeni tornano equivalenti allo stato di transizione.
Le differenze descritte nella distribuzione degli elettroni nei punti stazionari sono
state ulteriormente confermate dalle ELF riportate in Fig. 1.4 per le molecole isolate, i complessi e gli stati di transizione delle tre reazioni. In particolare, per la
reazione del CH3 Cl, quando il complesso si forma i tre idrogeni sono ancora equivalenti Al contrario per la reazione del ClCH2 CN, la localizzazione elettronica è
fortemente ridotta sull’idrogeno più vicino allo ione cloruro con un incremento tra
questi due atomi. Le ELF allo stato di transizione per ClCH2 CN sono particolarmente interessanti perché mostrano che i due atomi di idrogeno sono nuovamente
equivalenti. Un incremento dell’attrattore sull’asse CCN può essere osservato e
questo conferma un flusso di carica verso l’atomo di azoto del gruppo CN che stablizza lo stato di transizione. Questa stabilizzazione non è possibile per il CH3 Cl.
Per il complesso prereattivo del diclorometano, è presente un superiore dominio di
valenza su H(nb) che non su H(b) , con una superiore densità di carica nella regione
tra H(b) e lo ione cloruro, confermando ulteriormente la presenza di un legame ad
idrogeno. Allo stato di transizione una superiore localizzazione elettronica verso
l’atomo di C è osservato sul legame C-Cl non coinvolto nella reazione. Questo
rende il trasferimento di carica tra Cl(i) e Cl(o) , mediato dall’atomo di carbonio,
difficile.
62
(a)
(b)
(c)
Figura 1.4: ELF per i punti stazionari delle reazioni Cl− + ClCH2 X con valore
della isosuperficie di 0.8: (a) ELF per la reazione Cl− + CH3 Cl, (b) ELF per la
reazione Cl− + ClCH2 CN, (c) ELF per la reazione Cl− + Cl2 CH2 . A partire da
sinistra: molecola isolata, complesso ione-dipolo, stato di transizione
63
Una descrizione similare è stata data in precedenti lavori da Kost [104], Shaik
[25], Wolfe [105], e Streitwieser [106] in termini di orbitali molecolari.
Da una comparazione con i risulati di un precedente lavoro si può notare che la
stabilità dello stato di transizione relativa ai reagenti è consistente con il trend
delle velocità della reazione 3 con X = CN, H and Cl. Infatti le energie di stabilizzazione sono rispettivamente -40.24 kJ/mol, -3.68 kJ/mol e 3.57 kJ/mol Questo
è in accordo con i risultati sperimentali [25, 104, 105] ed indica che la velocità di
reazione decresce per X che passa da CN a H e Cl.
1.4 Effetti termici
Gli effetti termici per le tre reazioni sono stati calcolati tramite una serie di simulazioni di dinamica molecolare ab inizio nell’insieme Blue Moon[80, 78, 79, 81].
Mantenendo vincolata la distanza Cl(i) -C è stato possibile campionare lo spazio
delle fasi dai reagenti allo stato di transizione alla temperatura media di ∼ 300K.
Le superfici di energia potenziale sono state riportate in Fig. 1.5, in funzione delle
coordinate r=r(C-Cl(i) )-r(C-Cl(o) ) e r=r(Cl(i) -H(nb) )-r(Cl(i) -H(b) ), che corrispondono rispettivamente ai modi di stretching antisimmetrici C-Cl e Cl(i) -H, e che sono
state usate per i profili di reazione a 0 K.
Dalla topologia della superficie di energia potenziale rispetto alle coordinate selezionate è evidente che la regione del complesso prereattivo per la reazione CH3 Cl+Cl−
mostra un solo minimo. Al contrario le altre due reazioni mostrano una superficie
caratterizzata da sue minimi, che per il sistema Cl− · · · ClCH2 CN sono più marcati e profondi di quelli per Cl− · · · Cl2 CH2 . In quest’ultimo caso i due minimi
sono separati da una barriera veramente piccola. Questa forma deLla superficie di
energia potenziale deve essere attribuita alla formazione di un legame ad idrogeno
tra lo ione cloruro entrante ed uno dei due atomi di idrogeno del substrato.
64
Figura 1.5: Superfici di energia potenziale alla temperatura media di 300K per le
reazioni relative al ClCH3 , ClCH2 CN and Cl2 CH2 dal basso in alto
65
Figura 1.6: Densità di probabilità per l’angolo Cli -H-C per le reazioni relative a
ClCH3 , ClCH2 CN e Cl2 CH2 reactions dal basso in alto.
66
Il legame ad idrogeno è più forte per X = CN e debole per X = Cl, ma non è
presente per X = H. La formazione di un legame ad idrogeno era già stata osservata nei calcoli a 0 K ed i presenti risultati mostrano che l’interazione direzionale
è sufficientemente forte anche a 300 K. La situazione è illustrata chiaramente in
Fig. 1.6 dove la densità di probabilità per l’angolo Cl(i) -H-C è mostrata in funzione della distanza C-Cl(i) . Si può vedere che per i sistemi ClCH2 CN e Cl2 CH2
sono ottenuti due differenti segnali simmetrici che corrispondono a due posizioni
alternative del legame ad idrogeno.
Un’importante conseguenza della formazione del legame ad idrogeno è che il tempo di vita del complesso ione-dipolo per le reazioni con X=CN e Cl è apprezzabilmente superiore a quello per la reazione con X = H. Questo consente una più
efficiente ridistribuzione dell’energia nel primo caso che rende l’applicazione della teoria RRKM più fondata. In accordo ai presenti risultati, nella reazione ( 3)
con X = H lo ione cloruro entrante Cl− si avvicina alla regione prerattiva e dello stato di transizione collinearmente, lungo l’asse di simmetria C3 del substrato.
Negli altri due casi l’avvicinamento dello ione entrante è asimmetrico perché questo prima punta ad un idrogeno nel complesso ione-dipolo e poi si sposta nella
regione tra i due idrogeni prima di attaccare l’atomo centrale. Il profilo di energia
a ∼ 300K in funzione della coordinate di stretching antisimmetrica è riportata in
Fig. 1.7 insieme all’energia libera calcolata dall’integrazione della forza vincolare
media. Ciascun punto lungo la curva corrisponde ad un valore medio con un’incertezza, riportata come barra di errore, stimata dalla running average durante
ciascuna simulazione.
67
-1
Energy (kJmol )
40.0
20.0
0.0
-20.0
-40.0
-60.0
-80.0
-100.0
2.0
3.0
4.0
r=rC-Cl (A)
5.0
3.0
4.0
r=rC-Cl (A)
5.0
2.0
(i)
3.0
4.0
r=rC-Cl (A)
5.0
3.0
4.0
r=rC-Cl (A)
5.0
2.0
(i)
3.0
4.0
5.0
r=rC-Cl (A)
6.0
3.0
4.0
5.0
r=rC-Cl (A)
6.0
(i)
Mean force (a. u.)
0.03
0.02
0.01
0.00
-0.01
-0.02
-0.03
2.0
2.0
(i)
2.0
(i)
(i)
Figura 1.7: In alto: Differenza di energia potenziale (triangoli) ed energia libera (dots) a 300 K in funzione della distanza r=r(C-Cl(i) ) per le specie ClCH3 ,
ClCH2 CN e Cl2 CH2 da sinistra a destra, rispettivamente. In basso: Forza vincolare media in funzione della distanza r=r(C-Cl(i) ) per le specie ClCH3 , ClCH2 CN
e Cl2 CH2 da sinistra a destra, rispettivamente.
Una delle quantità più interessanti è la differenza di energia tra il complesso
prereattivo e lo stato di transizione.
Questa non cambia apprezzabilmente per X = H (0.7 kJmol−1 ) mentre incrementa
di circa 9 kJmol−1 per X = CN e X = Cl come riportato in Tab 1.6. Si può notare
che prendendo in considerazione gli effetti termici il ∆E per X = CN è adesso in
buon accordo con il valore sperimentale di 48.12 kJmol−1 [9].
68
−
ClCH3 +Cl
ClCH2 CN+Cl−
Cl2 CH2 +Cl−
∆E(0K)
36.64
37.33
61.07
∆E(300K)
37.34
46.34
70.39
∆E (exp.) ∆A
55.20
31.80
48.12
34.93
53.70
Tabella 1.6: Differenze di energia potenziale ed energia libera tra lo stato di transizione ed il complesso ione-dipolo per le reazioni Cl− +ClCH2 X, con X=H, CN,
Cl (in kJmol−1 ). I risultati sperimentali sono presi da [14, 9]
La differenza di energia libera è inferiore come aspettato per una reazione SN 2,
dovuto al decremento di entropia come conseguenza del superiore ordine strutturale allo stato di transizione rispetto al complesso ione-dipolo[107] come si può
anche osservare dalla differenza di energia nelle regioni esplorate a temperatura
finita e riportate in Fig. 1.5. Recentemente Michalak e Ziegler [108] hanno riportato il profilo dell’energia libera per la reazione con X = H usando il funzionale di
scambio e correlazione Becke-Perdew [63, 64, 65] ed un approccio slow growth
per calcolare le forze vincolari lungo l’intrinsic reaction path. Questi hanno trovato una differenza tra il cambiamento di energia libera e di energia potenziale tra lo
stato di transizione ed il complesso ione-dipolo di 1.674 kJmol−1 che è un valore
più piccolo di quello riportato nel presente capitolo in Tab. 1.6. Questa differenza è probabilmente dovuta sia al differente funzionale di scambio e correlazione
adottato che dalla procedura di sampling dello spazio delle fasi.
A temperatura finite i parametri strutturali delle molecole isolate sono caratterizzati da fluttuazioni rispetto ad un valore medio che può deviare da quello ottenuto
a ∼ 0 K. Si è trovato che a ∼ 300 K i dati strutturali medi non differiscono apprezzabilmente da quelli a 0 K, come riportato in Tab. 1.7 con la sola eccezione
di θC−C−N che differisce di quasi 10◦ .
69
rC−Cl
rC−H
θH−C−H
θH−C−Cl
rC−N
rC−C
rC−H
rC−Cl
θC−C−N
θC−C−H
θC−C−Cl
θH−C−Cl
rC−Cl
rC−H
θH−C−H
θCl−C−Cl
ClCH3
HCTH/PW(0K) HCTH/PW(300K)
1.785
1.793±0.037
1.097
1.100±0.015
110.4
110.5±2.4
108.6
108.3±3.4
ClCH2 CN
HCTH/PW(0K) HCTH/PW(300K)
1.168
1.170±0.017
1.457
1.465±0.041
1.100
1.103±0.026
1.792
1.799±0.041
178.8
169.9±4.6
110.0
109.7±4.9
111.9
112.5±4.9
107.7
107.4±3.8
Cl2 CH2
HCTH/PW(0K) HCTH/PW(300K)
1.775
1.780±0.024
1.096
1.097±0.020
111.8
111.8±2.3
113.3
113.7±2.8
Exp.[86]
1.776
1.085
110.4
Exp.[9]
1.158
1.472
1.070/1.088
1.767/1.782
111.24/111.29
Exp.[89]
1.772
1.088
112.1
112.0
Tabella 1.7: Dati strutturali delle specie che prendono parte alle reazioni
Cl− +ClCH2 X, con X=H, CN, Cl (distanze in Å and angoli in gradi).
Per caratterizzare i cambiamenti nelle proprietà strutturali lungo il percorso di reazione il comportamento di alcuni salienti parametri strutturali è stato monitorato
e riportato in Fig. 1.8.
70
3.5
2.5
(o)
rC-Cl (A)
3.0
2.0
1.5
2.0
3.0
4.0
rC-Cl (A)
5.0
3.0
4.0
rC-Cl (A)
5.0
1.0
2.0
(i)
3.0 4.0
rC-Cl (A)
5.0
3.0 4.0
rC-Cl (A)
5.0
6.0
2.0
3.0
(i)
4.0
rC-Cl (A)
5.0
6.0
4.0
rC-Cl (A)
5.0
6.0
(i)
1.20
rC-H (A)
1.15
1.10
1.05
1.00
2.0
(i)
1.0
2.0
(i)
6.0
2.0
3.0
(i)
Figura 1.8: Variazione di alcuni dati strutturali in funzione della distanza r(CCl(i) ) per le reazioni di ClCH3 , Cl2 CH2 e ClCH2 CN con Cl− . Con i punti sono
indicati i valori medi dei parametri. Con la linea tratteggiata lo scarto quadratico
medio.
In ciascun grafico la posizione del complesso prereattivo è indicata con una freccia. I due idrogeni con X = CN e X = Cl mostrano un simile comportamento e
sembrano equivalenti mostrando come lo ione cloruro possa saltare da un minimo all’altro. Un leggero incremento nella lunghezza di legame C-H è presente al
momento della formazione del complesso ione-dipolo.Questo è più pronunciato
nel caso di ClCH2 CN che Cl2 CH2 per effetto della forza superiore del legame ad
idrogeno. Tutti i percorsi di reazione mostrano un accorciamento del legame C-H
allo stato di transizione, per effetto dell’incremento dell’ordine di legame. Il C-
71
Cl(o) mostra un debole incremento fino al complesso e poi inizia ad incrementare
in maniera accentuata in prossimità dello stato di transizione. Questo può essere
correlato al processo di rottura del legame che diventa effettivo solo per valori a
breve distanza del C-Cl(i) .
1.5 Conclusioni
Una serie di simulazioni di dinamica molecolare ab initio delle reazioni tra Cl−
+ ClCH2 X con X = H, CN, Cl usando due differenti funzionali di scambio e correlazione sono state discusse a ∼ 0 K. La reazione con X = H è stata usata come
riferimento perché è una delle reazioni SN 2 maggiormente studiata. Si è mostrato che il funzionale di scambio e correlazione HCTH fornisce risultati migliori
rispetto al BLYP. È stato mostrato come la presenza del gruppo CN modifichi nettamente il meccanismo di reazione. Il percorso di minima energia per la reazione
con X = CN è caratterizzato da un minimo più profondo dovuto alla formazione di un legame ad idrogeno. Si è verificato come la carica fluisca dall’atomo
di carbonio centro di attacco al gruppo CN stabilizzando lo stato di transizione
più dei reagenti. Dall’analisi di popolazione si è proposto una giustificazione alla
stabilizzazione dello stato di transizione della reazione del cloroacetonitrile e la
comparazione con la reazione del diclorometano ha consentito una corretta comprensione dell’α-sostituente. Sperimentalmente si è osservato che la velocità di
reazione di Cl− + ClCH2 CN è tre ordini di grandezza superiore a quella Cl− +
ClCH3 . I risultati riportati nel presente capitolo sono in accordo con gli esperienti
suggerendo che l’incremento della velocità di reazione per la raione del gruppo CN è da imputarsi all’alta stabilizzazione dello stato di transizione rispetto ai
reagenti. Questa evidenza è stata confermata dai risultati ottenuti a temperatura
finita.
72
Il comportamento a temperatura finita di tre importanti reazioni SN 2 di scambio identico è stato studiato mediante simulazioni di dinamica molecolare CarParrinello. I risultati ottenuti chiaramente mostrano che la formazione del legame
ad idrogeno nel complesso prereattivo è ancora effettivo a 300 K per X = Cl e ancora di più per X = CN. La formazione di un legame ad idrogeno dà luogo ad un
minimo ben localizzato in energia in cui lo ione cloruro può rimanere intrappolato.
Un tentativo alternativo per determinare sia la superficie di energia potenziale che
la velocità di reazione è stato eseguito per la reazione Cl− + ClCH2 CN usando il
metodo transitino path. Una serie di traiettorie che connettono i due minimi sono
state generate col metodo proposto da Dellago et al. [85] Benché il numero di traiettorie non sia molto elevato possono essere ricavate alcune utili informazioni. La
superficie di energia potenziale esplorata col metodo del transition path è attualmente molto simile a quella ottenuta dal Blue Moon. È stato interessante osservare
come le traiettorie che non hanno portato dai reagenti a prodotti, e che in accordo
con la procedura transition path sono state escluse, presentano una situazione in
cui lo ione è intrappolato nella buca relativa al complesso prereattivo. Le traiettorie transition path hanno mostrato che nella regione del complesso sono presenti
due minimi e che il passaggio da un minimo all’altro è un processo caratterizzato
da una bassa energia di attivazione. Le traiettorie rilassano in uno dei due minimi
solo dopo diversi attraversamenti di barriera. Questo elemento conferma l’esistenza di un legame ad idrogeno abbastanza forte. La formazione di quest’interazione
consente una più efficiente ridistribuzione dell’energia tra i gradi di libertà e fa sı̀
che il comportamento statistico sia possibile per la reazione del cloroacetonitrile,
in contrasto con quanto osservato per il ClCH3 . Il sistema Cl2 CH2 è caratterizzato
da una superficie a doppio minimo meno profonda e mostra un comportamento
intermedio. Sulla base dei presenti risultati una ragionevole interpretazione per la
73
velocità di reazione può essere data. Infatti la reazione del ClCH2 CN è molto più
veloce di quella del Cl2 CH2 e ciò è una conseguenza della più bassa differenza
di energia libera tra il complesso ione dipolo e lo stato di transizione. La più alta velocità di reazione del ClCH2 CN può essere imputata al comportamento non
statistico di quest’ultima.
74
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83
Capitolo 2
Effetti di solvatazione
intramolecolare nelle reazioni SN2:
Cl− + Cl(CH2)nCN
Le reazioni chimiche Cl− +Cl(CH2 )n CN (n=2. . . 5) sono state studiate con simulazioni di dinamica molecolare ab initio. Gli effetti del gruppo ciano sul profilo di
energia delle reazioni all’incrementare delle catene alchiliche sono stati discussi
in termini di elettrostatica dei sistemi. Gli effetti termici sono stati calcolati nell’insieme Blue Moon mostrando unaforte influenza sulla barriera di energia. Si
è osservato che complessi prereattivi a sei membri di tipo H-bonded sono stabili
anche a temperatura ambiente. I risultati della simulazione consentono la spiegazione della superiore reattività di queste specie se comparate alle reazioni simili
di Cl− +Cl(CH2 )n CH3 .
84
2.1 Introduzione
Negli ultimi anni c’è stato un rinnovato interesse nello studio di semplici reazioni
in fase gassosa specialmete grazie all’applicazione di metodi dinamici che impiegano potenziali ab initio calcolati on the fly [1, 2, 3], come riportato nel precedente
capitolo.
Questi studi hanno mostrato l’importanza dell’esplorazione dello spazio delle fasi
a temperature finita e sono stati impiegati per campionare la superficie di energia
potenziale media, specialmente per semplici reazioni di tipo SN 2 [4, 5, 6].
Il vantaggio di questi metodi computazionali rispetto a quelli tradizionali, basati
su un’ottimizzazione delle geometrie dei punti stazionari tramite metodi ab initio a 0 K, sono stati ampiamente descritti nel precedente capitolo ed in tutta una
serie di lavori riportati in letteratura [4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13]. I metodi di dinamica molecolare ab initio rendono possible la descrizione allo stesso
elevato livello di teoria tutti i punti dello spazio delle fasi e di esplorarli, grazie alla dinamica molecolare, prendendo in completa considerazione gli effetti anarmonici e la ridistribuzione dell’energia in tutti i gradi di libertà. Questo
tipo di calcoli sono stati eseguiti determinando le forze che agiscono sul sistema a livello Hartree-Fock [14, 15, 16, 17, 18, 19] o post Hartree-Fock[20] con
set di base piccolo, o tramite simulazioni di dinamica molecolare Car-Parrinello
[4, 5, 21, 22, 6, 9, 10, 11, 12, 7, 8, 13] basata sulla teoria del funzionale della
densità nell’approssimazione del gradiente generalizzato (GGA).
In recenti lavori [21, 6] e nel precedente capitolo si è mostrato come l’approccio
DFT, basato su dinamica molecolare Car-Parrinello [1], con funzionale di scambio
e correlazione HCTH [23, 24], e l’insieme Blue Moon [25, 26, 27, 28], per esplorare la superficie di energia potenziale ad un data temperatura (TPES), abbiano
85
fornito utili informazioni sulla reazione:
Cl− + ClCH2 CN
(1)
Questi studi hanno dimostrato la presenza di un forte legame ad idrogeno nei complessi prereattivi tra il nucleofilo ed il substrato, spiegando la natura della forte
interazione ipotizzata sulle basi dei dati sperimentali [29]. Il ruolo di quest’interazioni è risultato essere presente anche a temperatura ambiente [6], ricorrendo a
metodi per lo studio di eventi rari come Blue Moon[25, 26, 27, 28] ed il Transition
Path [30, 31, 32].
Nel pesente capitolo, le reazioni:
Cl− + Cl(CH2 )n CN
(2)
con n=2 ,. . ., 5 saranno studiate, tramite gli stessi metodi computazionali descritti nel precedente capitolo, per interpretare il cambiamento della reattività con
l’allungamento della catena.
Questa classe di reazioni è stata studiata da Craig e collaboratori [33, 34, 35]
tramite Fourier Transform Ion-Cyclotron Resonance (FTICR), osservando come
queste reazioni siano caratterizzate da un’efficienza superiore a quella delle reazioni omologhe Cl− +Cl(CH2 )n H. Questo comportamento è stato attribuito alla
presenza del gruppo ciano (CN) che agisce come specie solvatante [33, 34, 35],
cosicché queste reazioni sono state considerate come un prototipo per studiare
l’effetto della microsolvatazione interna. Infatti, l’inserimento di unità CH2 tra il
gruppo CN e il carbonio su cui avviene la reazione consente lo studio degli effetti
solvatanti all’aumentare della distanza del solvente. È stato ipotizzato [33, 35] che
il gruppo CN interagisca con il nucleofilo per formare un complesso prereattivo
caratterizzato da un tempo di vita apprezzabilmente lungo e per stabilizzare lo
86
stato di transizione tramite un meccanismo che coinvolge l’intera molecola [33].
Si deve tuttavia notare, che la reattività non dipende unicamente dalla lunghezza della catena alifatica. Infatti Cl(CH2 )3 CN è attualmente la specie più reattiva
[33, 35]. Pertanto, la reattività non è determinata solo dall’interazione ione-dipolo.
Lo studio della reazione 2 è particolarmente complesso poiché la flessibilità della
catena molecolare permette la formazione di diversi minimi prereattivi separati da
barriere conformazionali che impediscono la libera rotazione anche a temperatura
ambiente intorno agli assi C-C.
2.2 La reazione Cl− + Cl(CH2)2CN
La molecola Cl(CH2 )2 CN è caratterizzata da due isomeri conformazionali stabili,
riportati in Fig. 2.1, trans-staggered (ts) e cis-staggered (cs), separati da due
barriere corrispondenti alle conformazioni trans-eclipsed (te) e cis-eclipsed (ce).
trans-staggered (ts)
cis-staggered (cs)
trans-eclipsed (te)
cis-eclipsed (ce)
Figura 2.1: Strutture dei conformeri di Cl(CH2 )2 CN
87
I parametri geometrici ai livelli di teoria HCTH/PW, BLYP/6-311+G(d,p) e MP2/6311+G(d,p) sono riportati in Tab. 2.1, insieme ad i valori di energia ed al dipolo
molecolare.
N
H1 H2
C3
C1
C2
H4
Cl
rC1 C2
rC1 H1
rC1 H2
rC2 H3
rC2 H4
rC2 C3
rC3 N
rC1 Cl
θC2 C3 N
θH1 C1 H2
θH3 C2 H4
θClC1 H1
θClC1 H2
θClC1 C2
θC1 C2 H3
θC1 C2 H4
θC2 C1 H1
θC2 C1 H2
θC3 C2 H3
θC3 C2 H4
θC1 C2 C3
φClC1 C2 C3
µ (D)
∆E (kJmol−1 )
blyp
1.545
1.094
1.094
1.100
1.100
1.469
1.165
1.833
178.7
109.9
107.3
106.7
106.7
110.1
110.1
110.1
111.6
111.6
109.1
109.1
111.1
180.0
1.96
-26.3
ts
hcth
1.532
1.102
1.102
1.098
1.098
1.463
1.168
1.789
178.5
109.1
107.2
107.1
107.1
110.4
110.1
110.1
111.3
111.3
108.9
108.9
111.3
179.9
2.08
-26.9
mp2
1.529
1.090
1.090
1.094
1.094
1.465
1.175
1.778
178.2
109.5
107.8
108.1
108.1
109.7
110.1
110.1
110.7
110.7
109.0
109.0
110.7
180.0
2.15
-27.9
blyp
1.561
1.093
1.093
1.100
1.099
1.467
1.165
1.835
179.2
109.6
106.6
106.1
105.9
112.1
110.2
110.0
111.9
111.1
108.7
108.4
112.8
119.9
3.17
-11.9
te
hcth
1.564
1.093
1.093
1.104
1.102
1.468
1.176
1.929
179.2
111.5
107.4
104.3
104.6
110.2
109.4
109.3
112.5
112.8
109.0
109.2
112.1
119.2
3.20
-12.7
H3
mp2
1.543
1.094
1.094
1.100
1.102
1.469
1.165
1.832
179.3
109.9
107.2
106.7
106.5
111.1
110.1
109.0
111.7
110.7
109.1
108.6
112.7
124.3
3.42
-9.5
blyp
1.541
1.094
1.094
1.100
1.103
1.468
1.164
1.832
178.9
110.0
107.1
106.6
106.4
112.1
110.0
108.0
111.8
109.9
109.1
108.2
114.2
68.6
4.48
-22.3
cs
hcth
1.529
1.098
1.098
1.102
1.115
1.460
1.166
1.788
178.9
109.3
107.3
107.0
106.9
112.3
110.3
108.4
111.3
109.6
108.9
107.9
113.6
68.5
4.40
-22.9
mp2
1.527
1.090
1.090
1.093
1.096
1.465
1.175
1.777
178.8
109.6
108.1
108.1
107.9
110.7
110.0
109.1
110.8
109.6
108.8
108.4
112.3
65.2
4.92
-25.5
blyp
1.569
1.083
1.083
1.101
1.101
1.466
1.164
1.826
176.9
109.2
106.6
105.8
105.8
115.3
108.9
108.9
110.2
110.2
107.4
107.4
117.1
0.0
5.02
0.0
ce
hcth
1.572
1.094
1.094
1.104
1.104
1.466
1.175
1.918
178.5
111.0
107.2
104.2
104.2
113.4
108.4
108.4
111.6
111.6
108.2
108.2
115.2
0.0
4.89
0.0
Tabella 2.1: Dati strutturali dei conformeri del 3-cloropropionitrile (distanze in
Å ed angoli in gradi)
I risultati HCTH e MP2 sono in buon accordo gli uni con gli altri, mentre le lunghezze di legame C-Cl sono ottenute con il funzionale BLYP. La sovrastima della
lunghezza di legame C-Cl è stata riportata in precedenti studi [21, 22, 6] ed è una
caratteristica condivisa da molti funzionali. La conversione tra i quattro confor-
88
mp2
1.553
1.089
1.089
1.094
1.094
1.463
1.174
1.776
177.5
108.8
107.2
107.0
107.0
114.8
109.7
109.7
109.6
109.6
107.4
107.4
115.1
0.0
5.46
0.0
meri è ottenuta cambiando l’angolo torsionale φ (ClC1 C2 C3 ), la cui definizione è
riportata in Tab. 2.1), mentre il profilo di energia in funzione di φ è riportato in
Fig. 2.2.
0
BLYP/6-311+G(d,p)
MP2/6-311+G(d,p)
HCTH/PW
-5
-1
Energy (kJmol )
-10
-15
-20
-25
-30
0
10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 130 140 150 160 170 180
φ (degrees)
Figura 2.2: Variazione dell’energia potenziale in funzione dell’angolo diedro φ
(ClC1 C2 C3 )
La differenza di energia calcolata tra i due conformeri stabili, ts e cs, dipende dal
livello di teoria. Questa è circa 4 kJmol−1 nei calcoli DFT e ∼ 2.3 kJmol−1 a
livello MP2. Le barriere di energia tra i conformeri è leggermente più bassa a
livello DFT(HCTH: ∼14.2 kJmol−1 ; BLYP: ∼ 15.5 kJmol−1 ) di quella a livello
MP2 (∼ 18.3 kJmol−1 ). Craig et al. [33], in un recente lavoro sperimentale,
hanno assunto una rotazione libera a temperatura ambiente intorno al legame C1 C2 , per interpretae i dati. Sulle basi dei presenti calcoli questa risulta essere
un’approssimazione non corretta.
Poiché sono possibili due minimi conformazionali per la molecola isolata, ci si
aspetta la presenza di due minimi prereattivi. Le strutture dei complessi ione-
89
dipolo sono mostrate in Fig. 2.3 (a) ed i parametri strutturali sono riportati in Tab.
2.2, insieme alle energie relative.
(a)
(b)
Figura 2.3: Strutture dei complessi ione-diolo e degli stati di transizione per la
reazione Cl− +Cl(CH2 )2 CN. In (a) sono riportate le strutture trans e gauche dei
cmplessi ione-dipolo, in (b) sono riportate le strutture trans e gauche degli stati di
transizione
90
blyp
rC1 H1
rC1 H2
rC1 Clo
rC1 Cli
rC1 C2
rC2 H3
rC2 H4
rC2 C3
rC3 N
θClo C1 H1
θClo C1 H2
θCli C1 H1
θCli C1 H2
θH1 C1 C2
θH2 C1 C2
θH3 C2 C1
θH4 C2 C1
θC1 C2 C3
θNC3 C2
θH3 C2 C3
θH4 C2 C3
φClo C1 C2 C3
∆E: exp. -93.72 kJmol−1
trans
hcth
1.099
1.100
1.806
3.525
1.536
1.118
1.103
1.458
1.170
105.9
106.9
141.3
40.3
102.7
108.5
111.1
106.8
111.8
178.9
107.8
108.6
153.5
-68.02
mp2
1.091
1.091
1.790
3.378
1.529
1.095
1.098
1.464
1.176
106.8
107.7
142.3
37.8
111.7
108.3
110.9
107.7
110.6
176.5
107.5
109.0
159.8
blyp
1.093
1.093
1.871
3.471
1.530
1.121
1.100
1.462
1.168
106.9
105.4
52.0
93.0
109.0
112.3
103.7
110.5
115.2
178.6
114.4
109.3
69.8
gauche
hcth
1.097
1.097
1.819
3.517
1.520
1.128
1.103
1.456
1.171
107.4
106.1
51.6
94.2
108.3
111.8
104.0
110.6
115.4
178.5
104.0
110.6
71.3
-87.60
mp2
1.087
1.089
1.798
3.319
1.520
1.100
1.094
1.462
1.176
109.0
107.8
52.4
84.6
108.7
110.9
105.2
110.2
113.2
179.5
105.2
110.2
64.4
Tabella 2.2: Dati strutturali dei complessi ione-dipolo per la reazione
Cl− +Cl(CH2 )2 CN (distanze in Å e angoli in gradi). La differenza di energia
potenziale, ∆E, si riferisce ad i reagenti a distanza infinita
Ad un livello HCTH il complesso prereattivo gauche è ∼20 kJmol−1 più stabile
che non quello trans. Questa differenza può essere attribuita al momento di dipolo
del conformero cs nel complesso (6.69D) che è superiore a quello nel conformero
ts (3.84D). Tuttavia, si dovrebbe prendere in considerazione anche la differente
forza del legame ad idrogeno con lo ione cloruro. Infatti la distanza Cl(i) -H è nei
due complessi rispettivamente 2.300 e 2.403 Å. La barriera torsionale tra questi
91
due complessi è ridotta a ∼ 11 kJmol−1 a livello MP2 rendendo la conversione da
trans a gauche più facile.
Partendo da i due complessi prereattivi sono ottenuti due differenti stati di transizione (TS). La struttura dei TS è riportata in Fig. 2.2 (b) e i parametrii geometrici
sono riportati in Tab. 2.3.
L’altezza della barriera per la reazione è molto simile per i due conformeri.
blyp
rC1 H1
rC1 H2
rC1 Clo
rC1 Cli
rC1 C2
rC2 H3
rC2 H4
rC2 C3
rC3 N
θClo C1 H1
θClo C1 H2
θCli C1 H1
θCli C1 H2
θH1 C1 C2
θH2 C1 C2
θH3 C2 C1
θH4 C2 C1
θC1 C2 C3
θNC3 C2
θH3 C2 C3
θH4 C2 C3
φClo C1 C2 C3
∆E: exp. -17.15 kJmol−1
trans
hcth mp2
1.079
1.080
2.215
2.478
1.522
1.103
1.103
1.467
1.170
92.1
93.5
76.2
79.0
119.9
119.7
108.6
108.0
120.5
168.8
106.9
106.3
171.7
-4.83
blyp
1.077
1.077
2.442
2.443
1.522
1.100
1.100
1.468
1.161
86.6
85.8
86.6
85.7
118.3
122.0
108.8
108.8
114.9
177.3
107.9
107.9
90.9
gauche
hcth
1.080
1.079
2.371
2.413
1.512
1.102
1.104
1.462
1.169
87.6
86.1
86.2
84.7
121.7
118.4
108.9
108.9
115.2
177.3
107.6
107.8
105.0
-22.05
mp2
1.073
1.074
2.307
2.307
1.515
1.092
1.092
1.463
1.175
86.5
87.8
86.5
87.8
121.3
118.2
109.8
109.8
112.5
177.3
107.7
107.7
89.4
Tabella 2.3: Dati strutturali degli stati di transizione per la reazione
Cl− +Cl(CH2 )2 CN (distanze in Å e angoli in gradi). La differenza di energia
potenziale, ∆E, si riferisce ad i reagenti a distanza infinita
92
Come si può vedere da Tab. 2.2 and Tab. 2.3, le energie calcolate dello stato
di transizione e del complesso prereattivo dell’isomero gauche sono in miglior
accordo con gli esperimenti [35]. Nel TS del conformero gauche il gruppo CN e
gli altri due atomi di carbonio si trovano sullo stesso piano, riducendo in questo
modo la repulsione elettronica e consentendo alla reazione di avvenire con un
percorso simmetrico. Reazioni simili, con differenti nucleofili, hanno ugualmente
dimostrato che il conformero gauche dà luogo alla reazione più facilmente [36].
2.3 Reazioni Cl− + Cl(CH2)nCN (n=3, 4 e 5)
I profili dell’energia potenziale per la reazione 2 con n = 3, 4 e 5 sono stati costruiti
partendo dallo stato di transizione definito inizialmente, per analogia con lo stato
di transizione gauche del cloropropionitrile discusso nel precedente paragrafo.
Lo stato di transizione iniziale è stato prima ottimizzato rilassando tutti i gradi
di libertà interni. La simulazione per ottenere i profili di energia è stata eseguita
partendo dagli stati di transizione ottimizzati ed i risultati sono riportati in in Fig.
2.4 in funzione della coordinate di reazione r = r(C − Cli ) − r(C − Clo ), dove C
è il centro di attacco e Cli e Clo sono le specie entranti ed uscenti, rispettivamente.
93
0.0
Cl(CH2)2CN
Cl(CH2)3CN
-20.0
Cl(CH2)4CN
-1
∆E (kJmol )
Cl(CH2)5CN
-40.0
-60.0
-80.0
0.0
1.0
2.0
3.0
r=r(C-Clo)-r(C-Cli) (Å)
4.0
5.0
Figura 2.4: Profili di energai potenziale lungo la coordinata r=r(C-Cli )-r(C-Clo )
per le reazioni Cl(CH2 )n CN + Cl− . Il punto più marcato si riferisce al complesso
a piu bassa energia per la reazione Cl− + Cl(CH2 )5 CN, come descritto nel testo
Di seguito gli atomi di carbonio saranno identificati con le lettere greche α, β, γ,
. . ., ω partendo dal carbonio su cui è legato il gruppo ciano.
Sulle basi di calcoli AM1, Craig et al.[35] hanno suggerito che strutture cicliche
che coinvolgono gli atomi di idrogeno si potrebbero formare allo stato di transizione. Nei presenti calcoli ab initio non è stata trovata evidenza di strutture cicliche
coinvolte nello stato di transizione. Al contrario, anelli a sei termini caratterizzati
dalla presenza di due legami ad idrogeno, in posizione α e γ, sono stati osservati
nei complessi prereattivi, come riportato in Fig. 2.5.
94
Figura 2.5: Strutture dei complessi ione-dipolo caratterizzati dalla presenza di due
legami ad idrogeno per le reazioni (dall’alto verso il basso): Cl− +Cl(CH2 )3 CN,
Cl− +Cl(CH2 )4 CN and Cl− +Cl(CH2 )5 CN
95
In questa situazione il 3-cloropropionitrile rappresenta un’eccezione poiché la formazione dei due legami ad idrogeno non è possibile. L’importanza della lunghezza della catena e dei vincoli strutturali nel caso di n=2 è già stata discussa da
Craig et al.[33, 35]. L’aspetto strutturale consente anche una prima spiegazione
della particolare stabilità del complesso ione-dipolo per n=3. Infatti, in questo
caso l’idrogeno in γ coinvolto nella struttura ciclica è il più vicino all’atomo di
cloro e la distanza del legame ad idrogeno (2.307Å) si può ridurre.
È interessante analizzare il trend della coordinata di reazione r = r(C − Cli ) − r(C − Clo )
in prossimità della posizione del complesso prereattivo, cioè dei minimi mostrati
in Fig. 2.4). Come può essere osservato dalle strutture dei complessi riportati in
Fig. 2.3 e Fig. 2.5, la posizione dei minimi per n = 2 e 3 non differisce apprezzabilmente. Come aspettato, invece, per n = 4 si ha un valore per la coordinata di
reazione significativamente superiore. In questa situazione il caso per n = 5 sembra essere anomalo. Tuttavia si è trovato che che nella reazione Cl(CH2 )5 CN +
Cl− il sistema è inizialmente intrappolato in un minimo locale dove lo ione cloruro
è legato a due idrogeni (in posizioni γ e ω) più vicine all’atomo di cloro. L’intrappolamento in questo minimo locale è la ragione per l’osservazione del processo di
eliminazione in alcune simulazioni a temperatura ambiente, come descritto nella
seguente sezione. Se lo ione cloruro si sposta da questa posizione raggiunge un
minimo molto più profondo dove instaura due legami ad idrogeno con gli idrogeni
in posizione α e γ, come mostrato in Fig. 2.6. La poszione del minimo assoluto
nel complesso ione-dipolo è indicata con un punto in Fig. 2.4.
96
(a)
2.5
−3.95
−15.8
1
−27.6
−39.5
0
−51.3
∆E kJmol−1
r=r(Cli -Cα )-r(Cli -Cω ) Å
2
−63.1
−1
−75
−86.8
−2
−98.6
−2.5
0
1
2
3
4
r=r(Cli -C)-r(Clo -C)Å
(b)
2.5
1.83
−7.57
1
−17
−26.4
0
−35.8
∆E kJmol−1
r=r(Cli -Cα )-r(Cli -Cω ) Å
2
−45.1
−1
−54.5
−63.9
−2
−73.3
−2.5
0
1
2
3
4
r=r(Cli -C)-r(Clo -C)Å
Figura 2.6: Superficie di energia potenziale media alla temperatura di 300 K per
la reazione tra Cl− e (a) ClC2 H4 CN e (b) ClC3 H6 CN
97
Si può vedere da Fig. 2.4 che, eccettuato il caso con n = 3, le energie dello stato di
transizione sono molto simili. Effetti maggiori sono invece osservati nella regione
del complesso ione-dipolo. Questo suggerisce, in contrasto con le ipotesi di Craig
et al. [33, 35], che l’interazione del gruppo CN con lo ionecloruro sono più forti
nel complesso prereattivo che allo stato di transzione. Più facilmente, la presenza
del gruppo ciano dà agli atomi di idrogeno legati al Cα un carattere più acido e
conseguentemente una più pronunciata attitudine a formare legami ad idrogeno
con il nucleofilo [36]. Infatti la formazione del legame ad idrogeno ( in posizione α) è stata osservata nel complesso prereattivo di tutte le molecole studiate nel
presente capitolo e non allo stato di transizione come ipotizzato da Craig et al.
[33, 35]. Il legame ad idrogeno è la sorgente di un’ulteriore stabilizzazione, stimata [21, 6] nell’ordine di 10 kJmol−1 nel caso del cloroacetonitrile. La presenza
di un legame ad idrogeno è stata evidenziata dalle funzioni di localizzazioni elettroniche (ELF) [37, 38, 39] e tramite Wannier Function Centers (WFC) [40, 41]
nel complesso prereattivo per il caso con n=3.
In Fig. 2.7 sono riportate le isosuperfici del potenziale elettrostatico nei complessi
prereattivi e dello stato di transizione. Si può vedere che l’estensione delle isosuperfici positive (verdi) nel complesso prereattivo decrementano all’aumentare
della lunghezza della catena.
98
(a)
(b)
(c)
Figura 2.7: Potenziale elettrostatico per: (a) Complesso ione-dipolo e stato di
transizione per la reazione Cl− +Cl(CH2 )3 CN. (b) Complesso ione-dipolo e stato
di transizione per la reazione Cl− +Cl(CH2 )4 CN. (c) Complesso ione-dipolo e stato
di transizione per la reazione Cl− +Cl(CH2 )5 CN. Sono state riportate tre differenti
isosuperfici: 0.15 (blue), 0.1 (verde) e -0.375 (rossa)
99
Questo può essere correlato ad un ridotto effetto di microsolvatazione nei sistemi
a catena più lunga, che si manifesta con una più bassa stabilità del complesso e
che è riportato quantitativamente in Tab. 2.4.
Cl(CH2 )n CN
ClC2 H4 CN
ClC3 H6 CN
ClC4 H8 CN
ClC5 H10 CN
∆ E (kJmol−1 )
0K
300 K exp. [35]
65.55 (63.19) 64.01
76.57
54.82
49.19
67.78
63.33
62.69
71.55
61.23
34.12
∆A (kJmol−1 )
300 K
34.13
23.92
29.88
26.50
Tabella 2.4: Differenze dell’energia potenziale e libera tra lo stato di transizione ed
il complesso prereattivo. Tra parentesi è riportato il valore dell’energia potenziale
per il conformero del 3-cloropropionitrile caratterizzato da un minore stabilità
Per lo stato di transizione due effetti concomitanti contribuiscono all’abbassamento della stabilità con l’incremento della lunghezza della catena. Da un lato l’isosuperficie di potenziale elettrostatico positive (verde) decrementa all’aumentare
della lunghezza della catena, in modo analogo a quanto osservato nel caso del
complesso ione-dipolo. Da un altro lato l’isosuperficie blue che descrive la localizzazione di carica negativa sul gruppo CN, diminuisce anch’essa e quasi scompare nel sistema a catena più lunga. Questo può essere correlato alla riduzione
dell’effetto elettronattrattore ed, eventualmente, all’effetto solvatante.
2.4 Effetti termici
Come è stato descritto nella precedente paragrafo la superficie di energia potenziale delle reazioni ( 2) è resa complessa sia a causa della flessibilità molecolare del substrato sia dalla possibile posizione iniziale del nucleofilo Cl(i) , che
al momento della formazione del complesso prereattivo, nella maggior parte dei
casi, è a distanze superiori dal carbonio Cω rispetto a quanto non trovato per le
100
strutture di minima energia. Per questa ragione un’esplorazione della superficie
di energia potenziale alla temperatura ambiente è particolarmente importante nel
presente caso. Una serie di simulazioni a condizioni ambiente (300 K) sono state eseguite nell’insieme Blue Moon per determinare l’energia potenziale termica
media (TPES, thermal potential energy surface). Si è adottato la stessa procedura
di simulazione descritta nel precedente capitolo [6]. La distanza r(Cli -Cω ) è stata
scelta come coordinate di reazione. Le TPES sono state riportate in Fig.2.6 in funzione della coordinate di stretching antisimmetrico del cloro entrante ed uscente,
r=r(C-Cli )-r(C-Clo ), e della coordinata R=r(Cli -Cω )-r(Cli -Cα ). Con una tale scelta le TPES possono essere completamente descritte dal minimo caratterizzato da
legame ad idrogeno allo stato di transizione ed i minimi relativi che sono esplorati
lungo il percorso di reazione possono essere individuati. I modi torsionali della
catena consentono di esplorare differenti punti conformazionali dello spazio delle
fasi e la rotazione della catena relativa allo ione dà la possibilità di formare differenti tipi di legami ad idrogeno. Quindi i riarrangimanti intra e intermolecolari
sono esplorati. Questo è rilevante poiché la competizione con l’eliminazione è
stata osservata per la molecola a catena più lunga. In Fig. 2.8 è riportato una
configurazione estratta dalla simulazione, che mostra l’eliminazione.
Figura 2.8: Reazione di eliminazione E2 per la specie Cl(CH2 )5 CN
101
Usando l’insieme Blue Moon l’energia libera è stata calcolata integrando la forza
vincolare media a questa temperatura lungo il percorso di reazione, che è mostrata in Fig. 2.9. I risultati sono riportati in Fig. 2.10 e gli effetti termici sono
sommarizzati in Tab. 2.4.
mean force (a.u.)
(a)
(b)
0.02
0.02
0.01
0.01
0
0
-0.01
-0.01
-0.02
-0.02
-0.03
2
3
4
-0.03
5
(c)
3
4
5
2
3
4
r=r(C-Cl ) Å
5
(d)
0.03
0.03
mean force (a.u.)
2
0.02
0.02
0.01
0
0.01
-0.01
-0.02
0
-0.03
-0.01
2
3
r=r(C-Cl
4
(i)
-0.04
5
)Å
(i)
Figura 2.9: Forza vincolare media lungo il percorso di reazione per le specie con
n=2 (a), n=3 (b), n=4 (c) n=5 (d)
102
-1
∆A (kJmol )
(a)
(b)
0
-5
-10
-15
-20
-25
-30
-35
0
-5
-10
-15
-20
-25
-30
-35
-1
∆A (kJmol )
2
3
4
5
(c)
(d)
0
-5
-10
-15
-20
-25
-30
-35
0
-5
-10
-15
-20
-25
-30
-35
2
3
r=r(C-Cl
(i)
)
4
Å
5
2
3
4
5
2
3
4
r=r(C-Cl ) Å
5
(i)
Figura 2.10: Differenze di energia libera ∆A lungo il percorso di reazione per le
specie con n=2 (a), n=3 (b), n=4 (c), n=5 (d)
Nel precedente capitolo è stato osservato che per il cloroacetonitrile (n=1) [6] la
barriera di energia potenziale incrementa innalzando la temperatura da 0 a 300 K.
Il trend opposto è stato osservato nel presente caso. Questo può essere direttamente correlato con l’esplorazione di più minimi e di più stati di transizione da parte
delle molecole più lunghe, suggerendo che gli esperimenti forniscono informazioni su regioni più profonde rispetto alle superfici di energia potenziale esplorate
dalla simulazione a temperatura finita. Questo punto di vista è anche supportato
dal fatto che il profilo di minima energia è più vicino ai dati sperimentali che non
103
i risultati a temperatura finita, perché in quest’ultimo caso sono prese in considerazione anche le configurazioni meno favorite da un punto di vista energetico.
Come conseguenza, si può anche notare che, comparando i presenti risulati con
quelli relativi alla reazione del cloroacetonitrile, la differenza di energia libera,
∆A, è sostanzialmente inferiore dell’energia della barriera. La superficie di energia potenziale alla temperatura finita è riportata in Fig. 2.6 per le reazioni relative
alle molecole a catena più corta. Si può vedere che all’aumentare di n la superficie
di energia potenziale diventa molto complessa. La posizione del minimo per n=3
è simmetrica (r(Cli -Cω ) ∼ r(Cli -Cα )) in corrispondenza della formazione dei due
legami ad idrogeno, come descritto di seguito. Per n=2 un minimo più profondo
corrisponde ad un valore di -1.0 nella stessa coordinata, indicando una posizione dello ione entrante molto più vicina al carbonio in α. Si deve tuttavia notare
come l’aspetto strutturale di base dei complessi prereattivi sia ancora osservati a
temperatura ambiente.
I cambiamenti strutturali che avvengono lungo le traiettorie Blue Moon sono state
monitorate tramite le distanze conformazionali D(t, 0) definite come:
s
D(t, 0) =
X
1
[dij (t) − dij (0)]2
N (N − 1)/2 i>j
(3)
La 3 è una misura della deviazione delle distanze intramolecolari tra gli atomi
i e j a ciascun time step t, dij (t) rispetto a quello a t = 0, dij (0), scelto come
riferimento. Questa quantità è stata precedentemente utilizzata in simulazioni di
sistemi biologici [42, 43] Un valore circa costante della distanza conformazionale
lungo la traiettoria implica che il sistema sta esplorando una regione dello spazio
delle fasi con solo cambiamenti conformazionali minori. I risultati sono mostrati
in Fig. 2.11. Si può notare che per n=2 sono esplorate conformazioni (riportate
nella stessa figura) distintamente differenti in prossimità dello stato di transizione.
104
(a)
(b)
0.6
0.6
D(t,0)
0.5
A
0.4
B
C
0.5
0.4
0.3
0.3
0.2
0.2
0.1
0.1
0
0
5000
10000
15000
(c)
0
0
5000
10000
15000
0
10000
20000
step numbers
30000
(d)
1
0.6
0.8
D(t,0)
0.5
0.4
0.6
0.3
0.4
0.2
0.2
0.1
0
A
0
10000
20000
step numbers
30000
B
0
C
Figura 2.11: Distanze conformazionali D(t,0) allo stato di transizione (linea tratteggiata) e nel complesso ione-dipolo (linea continua) per le reazioni con n=2
(a), n=3 (b), n=4 (c) n=5 (d). Per il 3-cloropropionitrile (n=2) sono riportate le
strutture corrispondenti alle deviazioni superiori dalla struttura di riferimento
Si è pertanto trovato che a temperatura ambiente, anche se la rotazone libera è
ancora impedita, un completo cambiamento conformazionale può avvenire come
suggerito da Craig et al.[33, 35]. All’aumentare di n le distanze conformazionali iniziano ad essere rumorose come conseguenza dello spazio configurazionale
105
esplorato, che diventa superiore.
2.5 Conclusioni
Le reazioni Cl− +Cl(CH2 )n CN con n=2. . .5 sono state studiate sia a 0 che a 300 K
tramite simulazioni di dinamica molecolare ab initio. Sono stati trovati complessi
prereattivi caratterizzati dalla formazione di legami ad idrogeno, stabili anche a
300 K, in analogia a quanto osservato per la reazione dell’acetonitrile [29, 21, 6].
La presenza di interazioni di tipo legame ad idrogeno è la ragione principale della
stabilità di questi complessi prereattivi. L’esistenza di una struttura ad anello è
stata trovata per il complesso prereattivo delle specie con n = 3,4 e 5. Queste
strutture a sei membri si sono rivelate stabili anche alla temperatura di 300 K
dall’analisi delle distanze conformazionali riportate in Fig. 2.11.
Non di meno a temperature finite ill sistema si può muovere da questi bacini
caratterizzati da basse energie grazie alla flessibilità intrinseca di queste molecole.
Gli effetti elettronattrattivi del gruppo CN sono stati investigati ed è stato trovato che sono attivi in tutte le molecole considerate. Per le molecole a catene più
corte un decremento della carica sull’atomo di carbonio, dove avviene la sostituzione, è stato osservato e questa può essere una delle ragion dell’elevata velocità
di reazione. Si è anche osservato che per le molecole a catena più lunga si ha una
reazione di competizione con l’eliminazione. I risultati di questo capitolo confermano l’importanza dell’esploazione dello spazio delle fasi a temperature finite ad
elevate livelli di teoria [44].
106
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110
Capitolo 3
Reazione SN2 in acqua
I risultati dell’analisi di una simulazione di dinamica molecolare ab initio relativa
allo stato di transizione di una reazione di sostituzione nucleofila biolecolare in
acqua sono discussi ed un limite inferiore del tempo di vita delle interazioni di
tipo di legame ad idrogeno tra gli alogenuri e le circostanti molecole di acqua è
stimato. Una nuova funzione è introdotta per calcolare il tempo di vita del legame
ad idrogeno ed è comparata con i risultati della funzione usualmente utilizzata.
111
3.1 Introduzione
Uno degli argomenti maggiormente importanti in chimica è rappresentato dallo
studio di reazioni chimiche in soluzione [1, 2, 3, 4]. È pertanto di primaria importanza capire il ruolo del solvente lungo il percorso di reazione [5, 6, 7, 8, 9]. Per
raggiungere questo scopo una particolare attenzione deve essere dedicata all’analisi delle interazioni di tipo direzionale, come ad esempio il legame ad idrogeno,
che più facilmente possono prendere parte alla stabilizzazione di differenti punti
dello spazio delle del percorso di reazione. Tra le varie classi di reazioni chimiche
un ruolo chiave è rappresentato dale reazioni di sostituzione nucleuofila bimolecolari (SN 2) [10, 11]. Queste reazioni, ed in particolare le più semplici, possono
essere considerate come un modello per l’intera classe:
Y− + CH3 X −→ YCH3 + X−
(1)
dove X e Y sono gli alogeni, sono state ampiamente esaminate, specialmente nel
vuoto, sia teoricamente [1, 2, 7, 12, 13] che sperimentalmente [14, 15, 16].
Nel vuoto, il profilo generale della variazione dell’energia è stato stabilito essere
caratterizzato da una superficie a doppio minimo, inferiore a quella dei reagenti
o dei prodotti, dovuto alla formazione di interazione di tipo ione-dipolo, separate
dallo stato di transizione [16, 17, 18, 19].
L’interazione con il solvente decrementa la profondità dei minimi ed incrementa
l’altezza della barriera dello stato di transizione [20, 21]. Quando la reazione è in
fase massiva i complessi prereattivi tendono a scomparire a l’energia dello stato
di transizione è molto superiore rispetto a quella dei reagenti [6, 11].
I risultati teorici per sistemi isolate hanno mostrato una forte dipendenza dal livello di teoria adottato, suggerendo la necessità di alti livelli di teoria per studiare
112
queste reazioni in fasi condensate [21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32].
L’approccio tradizionale è stato quello di mimare la presenza del solvente con un
continuo caratterizzato da una costante dielettrica [1, 2]. Il vantaggio di questo
approccio è la riduzione dell’enorme numero di gradi di libertà rendendo possibile l’uso dei più elevati livelli di teoria [7] a spesa della perdita degli effetti di
ridistribuzione delle molecole di solvente e delle interazioni direzionali, come ad
esempio il legame ad idrogeno [6]. L’ultimo punto è stato parzialmente corretto
in alcuni calcoli introducendo esplicitamente intorno ai reagenti poche molecole di solvente circondate dal continuo [2]. Inoltre i metodi ab initio classici non
prendono propriamente in considerazione gli effetti termici, indipendentemente
dal livello di teoria, e questi si sono rivelati importanti [20, 21, 26]. Nel presente
capitolo, risultati preliminari di una simulazione di dinamica molecolare ab initio
per la reazione:
Cl− + CH3 Br −→ ClCH3 + Br−
(2)
in acqua sono riportati per mostrare, dalla comparazione con precedenti studi sulla stessa reazione [20, 21], gli effetti del solvente sullo stato di transizione. In
particolare il ruolo della direzionalità nelle interazioni con il solvente sarà discusso e la presenza di deboli interazioni di tipo legame ad idrogeno tra gli idrogeni
del gruppo metile e l’ossigeno delle molecole di acqua circostanti sarà analizzato.
Una comparazione tra uno dei metodi tradizionali [33, 34, 35] per la stima del
legame ad idrogeno ed un metodo leggermente diverso, qui proposto, è riportato
per dare un limite inferiore al tempo di vita del legame ad idrogeno.
113
3.2 Dettagli computazionali
Le simulazioni sono state eseguite con il codice CPMD [36] in un box cubico di
10.12 Å di lato con condizioni periodiche al contorno. I reagenti sono circondati
da 30 molecole di acqua, e l’elettroneutralità della cella di simulazione è ottenuta
aggiungendo un ione H+. Pseudopotenziali di tipo Martins-Troullier [37] sono
stati usati nella decomposizione di Kleinman-Bylander [38] e l’espansione delle
onde piane è stata troncata a 70 Ry. Calcoli nell’ambito della teoria del funzionale
della densità nell’approssimazione del gradiente generalizzato sono stati compiuti
utilizzando il funzionale di scambio e correlazione HCTH [39, 40]. Il deuterio è
stato utilizzato in luogo dell’idrogeno per consentire un time step superiore. Lo
spazio delle fasi lungo il percorso di reazione è stato esplorato tramite il metodo
Blue Moon [41, 42, 43, 44] mantenendo la distanza rCCl o rCBr vincolate. Dopo
una termalizzazione a 300 K tramite scaling delle velocità, le equazioni del moto
sono state integrate con un timestep di 5 a.u. (∼ 0.12 fs) per un intervallo temporale compreso tra 4 e 12 ps nell’insieme NVE. Le analisi di seguito riportate si
riferiscono alla simulazione più lunga.
3.3 Risultati
Uno snapshot della simulazione dello stato di transizione (il vincolo rCCl è stato
posto a 2.30 Å con una forza media su tale vincolo di 0.027 a. u., un valore
nettamente inferiore a quello scelto da Ensing et al. [6] per identificare lo stato
di transizione in acqua per una reazione simile), è riportato in Fig. 3.1. La posizione dei centri delle funzioni di Wannier massimamente localizzati [45, 46] è
mostrata con piccole sferette. La presenza di effetti di polarizzazione dei doppietti elettronici degli alogeni verso gli idrogeni delle molecole di acqua del solvente
114
prova la presenza di interazioni direzionali (legami ad idrogeno) anche allo stato
di transizione.
Questo risultato è maggiormente evidente osservando le funzioni di localizzazione
elettronica (ELF) [47, 48] riportate in Fig. 3.2 dove gli attrattori intorno agli
alogeni non sono più semisfere, come in fase gassosa, ma mostrano una forte
deformazione e diventano toroidali per la presenza dei legami ad idrogeno.
Figura 3.1: Configurazione dello stato di transizione estratta dalla simulazione. Le sferette rappresentano i centri delle funzioni di Wannier massimamente
localizzate.
115
Figura 3.2: Configurazione dello stato di transizione estratta dalla simulazione.
Le isosuperfici delle funzioni di localizzazione elettronica (ELF) sono riportate
per un valore di cutoff di 0.825.
La presenza del legame ad idrogeno può essere ipotizzata allo stato di transizione
sulle basi della funzione di distribuzione radiale, g(r) riportata in Fig. 3.3, che
mostra come gli atomi di idrogeno primi vicini hanno un massimo a 2.25 Å e 2.35
Å per le distanze rH−Cl e rH−Br rispettivamente.
Queste sono tipiche distanze per la presenza di legame ad idrogeno. Come mostrato dalla g(r) vi sono in media 3-4 molecole intorno all’atomo di cloro e 4-5
intorno a quello di bromo, valori che possono essere direttamente confrontati con
quelli degli ioni isolati in acqua [49, 50, 51, 52].
116
g(r)Cl-H
g(r)Cl-O
6
6
4
4
2
2
0
2
3
4
r(Cl-H) Å
5
0
3
6
4
4
2
2
2
3
4
r(Br-H) Å
5
g(r)Br-O
g(r)Br-H
6
0
4
r(Cl-O) Å
5
0
3
4
r(Br-O) Å
5
r(C-Cl) = 2.30 Å
Figura 3.3: Le funzioni di distribuzione radiale a coppie, g(r), sono riportate con
ua liea continua. Le linee tratteggiate corrispondono all’integrale della funzione
di distribuzione radiale.
Queste funzioni danno una descrizione media della solvatazione dello stato di
transizione e possono essere considerate un punto di partenza per l’analisi del legame ad idrogeno allo stato di transizione ed in particolare della stabilità di questa
interazione. Poiché il legame ad idrogeno è un’interazione direzionale la distanza
è una condizione necessaria ma non sufficiente, e la direzionalità dell’interazione
deve essere verificata. Usualmente questo compito è risolto considerando oltre che
117
alla distanza il valore istantaneo dell’angolo HOX(t), dove X è l’alogeno scelto,
che dovrà essere al di sotto di un valore limite precedentemente stabilito. Questo
può essere verificato plottando la funzione g(r,θ), dove θ è l’angolo HOX, definita
come:
g(r, θ) =
1
h(r)
*
X
+
δ[rH−X (t), r]δ[θHOX (t), θ]
(3)
H
dove δ è la funzione di Kronecker e:
*
h(r) =
X
+
δ[rH−X (t), r]
(4)
H
Queste funzioni sono riportate in Fig. 3.4 mostrando il caratteristico comportamento della direzionalità dell’interazione.
118
(A)
180
170
0.144
160
150
0.126
HOCl (degrees)
140
130
0.108
120
110
0.09
100
90
0.072
80
70
6
0.054
60
50
0.036
40
30
0.018
20
10
0
0
1.5
2
3
4
5
5.5
r(Cl−H) Å
(B)
180
170
0.154
160
150
0.134
HOBr (degrees)
140
130
0.115
120
110
0.096
100
90
0.0768
80
70
6
0.0576
60
50
0.0384
40
30
0.0192
20
10
0
0
1.5
2
3
4
5
5.5
r(Br−H) Å
Figura 3.4: Probabilità dell’interazione O-H· · · X per un dato valore della distanza e dell’angolo, g(r,θ). A e B si riferiscono rispettivamente alle interazioni
O-H· · · Cl e O-H· · · Br.
119
È anche possibile verificare che per distanze brevi il valore degli angoli sono molto
localizzati. Tipicamente per distanze corte (2.5 ) un angolo HOX inferiore o uguale a 30◦ è considerato essere un’ulteriore indicazione della presenza di legame ad
idrogeno con l’alogeno [49, 50, 51, 52].
Usando valori limite per la distanza e per l’angolo è possibile costruire per ciascun
contatto H-X, j, una funzione Hj (t) = δ(H-bond) che assume valore di 1 per la
presenza del legame ad idrogeno oppure di zero altrimenti. Questa funzione è
stata utilizzata per valutare il tempo di vita del legame ad idrogeno [33, 34], ma
presenta il difetto di essere fortemente discontinua ed inoltre effetti di vibrazioni
molecolari non sono, direttamente, presi in considerazione. Per queste ragioni
suggeriamo l’uso della seguente e più flessibile funzione:
2 /(2σ 2 )
r
fj (t) = A(r, t) · B(θ, t) = e−(req −rj (t))
2 /(2σ 2 )
θ
· e−(θeq −θj (t))
(5)
con la condizione addizionale: In questo approccio un valore deve essere assegnato ad i parametri

 if (req − rj (t)) ≥ 0

then A(r,t) = 1
(6)
if (θeq − θj (t)) ≥ 0 then B(θ,t) = 1
In quest’approccio si deve assegnare un valore ai parametri req , θeq , σr e σθ . Poiché la presenza di un legame ad idrogeno può essere ipotizzata dal picco a corte
distanze nella g(r) si propone di adottare il valore del massimo per il primo picco
a req e σr la metà larghezza a metà altezza sempre del primo picco della g(r).
La scelta per i parametri relativi all’angolo sono più arbitrari e sono stati adottati
i valori di 30◦ e 10◦ per θeq e σθ , rispettivamente.
Una comparazione tra le due funzioni è riportata in funzione del tempo in Fig. 3.5
e in Fig. 3.6, per i contatti H-Cl e H-Br, rispettivamente, scelte per illustrare il caso
120
di un legame ad idrogeno persistente (pannello superiore), e legami ad idrogeno
con tempi di vita inferiori (pannelli inferiori).
1
0.5
0
1
0.5
0
0
1
2
3
4
5
7
6
time (ps)
8
9
10
11
12
0
1
2
3
4
5
7
6
time (ps)
8
9
10
11
12
0
1
2
3
4
5
7
6
time (ps)
8
9
10
11
12
1
0.5
0
1
0.5
0
1
0.5
0
1
0.5
0
Figura 3.5: In ciascun pannello sono riportate le funzioni f (t) (alto) e H(t) (basso)
per differenti interazioni O-H· · · Cl
121
1
0.5
0
1
0.5
0
0
1
2
3
4
5
7
6
time (ps)
8
9
10
11
12
0
1
2
3
4
5
7
6
time (ps)
8
9
10
11
12
0
1
2
3
4
5
7
6
time (ps)
8
9
10
11
12
1
0.5
0
1
0.5
0
1
0.5
0
1
0.5
0
Figura 3.6: In ciascun pannello sono riportate le funzioni f (t) (alto) e H(t) (basso)
per differenti interazioni O-H· · · Br
È evidente [33, 34] che la definizione classica di legame ad idrogeno, Hj (t), non
prende in considerazione punti che sono caratterizzati da valori prossimi all’unità
nella nostra funzione e che per questa ragione darà luogo a tempi di vita inferiori.
Tenendo sempre in mente che i valori ottenuti sono stime per difetto un valore di
122
101 fs (29 fs) e 178 fs (32 fs) è stato ottenuto per le interazioni H-Cl e H-Br, rispettivamente (il valore ottenuto per Hj (t) è riportato in parentesi per completezza) A
causa del corto tempo totale della simulazione solo un numero limitato di molecole di acqua passa è effettivamente legata agli alogeni allo stato di transizione
e questo è effettivamente una ragione del basso tempo di vita di quest’interazione. Prendendo in considerazione solo quelle molecule che durante la simulazione
sono prime vicine degli atomi di cloro o bromo si ottiene un tempo di vita dell’ordine di 1-2 ps. Questo può essere anche ricavato dal pannello superiore di Fig.
3.5, dove è stata riportata la funzione fj (t) per una delle più lunghe interazioni di
legame ad idrogeno del tipo H-X.
È interessante anche guardare alle interazioni tra gli idrogeni del gruppo metile
e le molecule di acqua per verificare se è presente una qualche interazione direzioale. Nella g(r) riportata in Fig. 3.7 si nota una leggera modificazione della
pendenza intorno a 2.3 Å e che eventualmente può essere attribuita ad un debole
legame ad idrogeno.
1
0.5
0
2
3
g(r)H
4
Ow
5
Å
Me
Figura 3.7: Funzione di distribuzione radiale per le interazioni tra gli atomi di
idrogeno del gruppo metile, HM e , e l’atomo di ossigeno delle molecole di acqua
circostanti, Ow .
123
Per verificare la direzionalità dell’interazione si è riportato in Fig. 3.8 l a funzione
g(r,θ) per tutti i contatti HMe Ow (tutti i canali che corrispondono a meno di 1000
contatti sono stati posti uguali a zero).
124
(A)
180
170
0.144
160
150
0.126
140
130
110
0.09
100
90
0.072
80
70
0.054
6
HCO (gradi)
0.108
120
60
50
0.036
40
30
0.018
20
10
0
0
1.5
2
3
4
5
5.5
r(HMe −Ow ) Å
(B)
50
2.36e+03
2.06e+03
40
30
1.47e+03
1.18e+03
20
884
6
HCO (gradi)
1.77e+03
589
10
295
0
0
1.9
2.1
2.3
2.5
2.7
2.9
3.1
3.3
3.5
r(HMe −Ow ) Å
Figura 3.8: A: g(r,θ) per le interazioni C-HM e · · · Ow . B: g(r,θ) pesata, ottenuta
dall’equazione 7.
125
La figura mostra un’alta probabilità in una regione molto limitata del valore dell’angolo a corta distanza, suggerendo una direzionalità nell’interazione. Per comparazione con la Fig.3.4 si può vedere come questo tipo di legame ad idrogeno
sia molto meno esteso da un punto di vista di distribuzione spaziale e meno intenso. Questo conferma la minor forza del legame ad idrogeno che coinvolge questo
gruppo rispetto a glella degli alogeni, come recentemente riportato in letteratura
[53].
Nella stessa figura una funzione similare è riportata e questa prende un considerazione solo i contatti che possono essere considerati legati ad idrogeno:
g(r, θ) =
*
X
+
δ[rH−O , r(t)]δ[θHCO , θH (t)]fH (t)
(7)
H
dove la funzione peso fH (t) è definita nello stesso modo descritto in eq. 5, con req
e σeq hanno il valore di 2.3 Å e 0.20 Å rispettivamente. Questa funzione mostra
la regione dello spazio delle fasi che dà il contributo al legame ad idrogeno usando
la funzione f . Il valore ottenuto è solo 53 fs (23 fs) che può essere considerato
troppo basso per un debole legame ad idrogeno. Tuttavia, la presenza di un debole
leame ad idrogeno può essere può essere confermato dalla funzione g(r,θ).
3.4 Conclusioni
I risultati di una simulazione di dinamica molecolare ab initio per lo stato di
transizione della reazione
Cl− + CH3 Br −→ ClCH3 + Br−
(8)
chiaramente mostra la presenza di legame ad idrogeno tra le molecule di solvente
e gli alogenuri. I numeri di coordinazione sono più bassi di quelli aspettati rispetto
126
alle specie ioniche isolate in acqua dovuto alla delocalizzazione di carica sull’intero stato di transizione e al ridotto spazio intorno agli idrogeni. Una stima inferiore
del tempo di vita del legame ad idrogeno è stata fornita. Questo valore può essere influenzato dalla presenza del vincolo C-Cl, che stabilizza lo TS. Si deve
notare che le traiettorie di impatto precedentemente riportate [21] per la reazione
di microsolvatazione di questo sistema, una molecola d’acqua, che inizialmente
formava un legame ad idrogeno con lo ione cloruro, presentava ancora legame ad
idrogeno, raggiungendo la molecola di bromometano. La presenza della molecola
di acqua destabilizza lo stato di transizione rispetto alla fase gassosa come verrà
mostrato in un lavoro attualmente in fase di completamento. Un’interazione direzionale tra gli idrogeni del gruppo metile e le molecole di acqua nell’intorno è
stato individuato e probabilmente deve essere attribuito ad un debole legame ad
idrogeno.
127
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131
[53] Desiraju, G. R.; Steiner, T. The Weak Hydrogen Bond; Oxford University
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132
Capitolo 4
Dinamiche del legame ad idrogeno
nel metanolo liquido
I risultati di una simulazione di dinamica molecolare Car-Parrinello sul metanolo completamente deuterato sono comparati con gli ultimi risultati teorici e
sperimentali ottenuti. Si è osservato che il liquido è aggregato in catene lineari di
molecole caratterizzate da legame ad idrogeno. Le strutture degli aggregati sono
state caratterizzate e si è determinato che la dinamica del legame ad idrogeno
include un regime veloce ed uno lento. È stato caratterizzato un debole legame ad
idrogeno tra gli idrogeni del gruppo metile e l’atomo di ossigeno delle molecole
circostanti. Gli effetti induttivi sono stati mostrati e discussi in termini di centri
delle funzioni di Wannier massimamente localizzati. Una speciale attenzione è
stata rivolta alla chiarificazione della dipendenza del momento di dipolo molecolare dal numero di legami ad idrogeno formati da ciascuna molecola. Lo spettro
IR è stato calcolato ed analizzato in termini di interazioni H-bond.
133
4.1 Introduzione
C’è un ampio interesse sulle proprietà strutturali e dinamiche del metanolo liquido sia come prototipo di un’ampia categoria di alcoli che le numerose possibilità di applicazione come solvente nella sintesi organica, in biochimica ed in
biotecnologia [1].
Come nel caso dell’acqua, la struttura del metanolo liquido è dominata dalla formazione di strutture caratterizzate dal legame ad idrogeno. Tuttavia la presenza
del gruppo metile dà luogo a significative differenze tra il metanolo e l’acqua [1].
Per quest’ultima, si ha un network tridimensionale in cui la molecola è tetraedricamente coordinata, mentre per il metanolo le molecole sono legate in catene
lineari, che, talvolta sono interrotte dalla presenza di biforcazioni [1, 2, 3, 4, 5]
come mostrato in Fig. 4.1 e Fig. 4.2.
Figura 4.1: Catena di molecole di metanolo, in cui è presente una biforcazione,
estratta da una configurazione del liquido.
134
Figura 4.2: Catena di molecole di metanolo, in cui è presente un legame ad
idrogno del gruppo metile, estratta da una configurazione del liquido.
Estese informazioni sulle proprietà strutturali, dinamiche e spettroscopiche del
metanolo liquido sono state rese disponibili da misure di scattering di neutroni
[3, 4, 5] e raggi X [2], NMR [6], di spettroscopie IR e Raman [7, 8, 9] e, più
recentemente, da esperimenti a femtosecondi risolti nel tempo [10, 11].
Per l’interpretazione microscopica delle informazioni sperimentali importanti contributi sono stati forniti dalla modellizzazione della struttura del liquido [1].
Ad iniziare dagli anni 80, molte simulazioni computazionali [12, 13, 14, 15, 16,
17] sono state eseguite per razionalizzare e comprendere i risultati sperimentali.
I lavori iniziali sull’argomento erano basati sullo sviluppo di accurati potenziali semiempirici, che hanno trovato applicazione sia in simulazioni Monte Carlo
[12, 13, 14, 15] che di dinamica molecolare (MD) [16, 17]. Queste hanno permesso di raggiungere una buona conoscenza della struttura e della dinamica del
metanolo liquido, ma molti dettagli della struttura reticolare del legame ad idro-
135
geno e degli effetti di polarizzazione sono invece ancora considerati un argomento
su cui discutere.
Il ruolo dellla polarizzazione in liquidi fortemente associati di diversa natura è già
stato argomento di ampi studi e sono stati messi a punto modelli di potenziale che
includono questi effetti [18].
Ad esempio, recentemente è stato riportato [19] uno studio di dinamica molecolare classica sul metanolo liquido, dove gli effetti di induzione sugli spettri ottici sono stati modellati tramite l’applicazione del metodo di equalizzazionwe del
potenziale chimico (CPE) [20, 21, 22, 23, 24, 25].
Tuttavia, molto recentemente un numero di simulazioni di dinamica molecolare
ab initio è stato rivolto allo studio del metanolo liquido [26, 27, 28] e questo
appare l’approccio più appropriato per prendere completamente in considerazione
gli effetti di polarizzazione e l’anarmonicità intramolecolare.
Inoltre, recentemente, è stato proposto un modello QM/MM da Morrone e Tuckerman [29] per superare il limite di dimensioni e tempo delle simulazioni ab
initio.
Nel presente capitolo le simulazioni di dinamica molecolare ab initio col metodo proposto da Car e Parrinello (CPMD) [30, 31] sono state estese al metanolo
completamente deuterato e sono stati analizzati con particolare attenzione le dinamiche del legame ad idrogeno, includendo la stima del tempo di vita di quest’interazione, il momento di dipolo molecolare nel liquido e gli spettri vibrazionali ed
infrarosso.
4.2 Dettagli computazionali
Le simulazioni sono state eseguite con il programma CPMD [31] in un box cubico di 12.05 Å di lato, con condizioni periodiche al contorno e 26 molecole di
136
metanolo. Questa scelta corrisponde ad un campione di densità di 0.888 gcm−3 in
buon accordo con quella sperimentale [9] a temperaura ambiente.
Pseudopotenziali di tipo Martins-Troullier [32] sono stati usati nella decomposizione di Kleinman-Bylander [33], e l’espansione delle onde piane è stata troncata
a 70 Ry.
Calcoli di tipo DFT nell’approssimazione GGA sono stati eseguiti usando il funzionale di scambio e correlazione BLYP [34, 35]. Il deuterio è stato utilizzato al
posto dell’idrogeno per poter utiliizzare un time step superiore. Una massa fittizia
degli elettroni di 800 a.u. è stata adottata per tenere il sistema sulla superficie di
Born-Oppenheimer.
Partendo da una configurazione estratta da una traiettoria di una precedente simulazione classica [19], seguita da 3 ps di termalizzazione a 300 K in cui le velocità
sono state riscalate e da 2 ps di dinamica libera, le equazioni del moto sono state
integrate con un time step di 5 a. u. (∼ 0.12 fs) per un tempo di simulazione
totale di ∼17 ps nell’insieme NVE, salvando il momento di dipolo della cella, le
coordinate degli atomi e le relative velocità ogni 5 step per le successive analisi.
Durante la simulazione il momento di dipolo totale della cella, M , è stato calcolato
usando lo schema della fase di Berry [36, 37, 38]. Lo spettro infrarosso (IR) è stato
ottenuto dalla seguente relazione:
Z
I(ω) = ω
2
+∞
e−iωt hM (t) · M (0)idt
(1)
−∞
dove I(ω) è l’intensità infrarossa [39].
Il momento di dipolo del metanolo-d4 liquido è stato ottenuto dai centri delle
funzioni di Wannier massimamente localizzate (WFC) [40, 41]:
L
xi = − Imhωi |e−i2x/L |ωi i
2
137
(2)
dove L sono le dimensioni della cella nella direzione x (la definizione per le direzioni y e z è analoga), ωi è l’i-esima funzione di Wannier e h. . .i indica il valore
di aspettazione.
4.3 Risultati
L’accuratezza della simulazione discussa nel presente capitolo può essere stabilita
comparando le funzioni di distribuzione radiali calcolate con quelle sperimentali
[3, 4] che forniscono una descrizione mediata dell’intorno di ciascuna molecola,
e pertanto rappresentano il punto di partenza per l’analisi della struttura e della
stabilita del network del legame ad idrogeno che caratterizza il metanolo liquido.
Le più interessanti RDF sono quelle correlate alle interazioni del legame ad idrogeno. Le funzioni di distribuzione radiale gOO (r) e la gOD (r) sono mostrate in Fig.
4.3 e Fig. 4.4 insieme al numero di integrazione.
4
gOH(r), n(r)
3
2
1
0
1
2
3
4
5
6
rOH Å
Figura 4.3: Funzione di distribuzione radiale per i contatti intermolecolari OD,
curva blue, e numero di integrazione, curva verde. La funzione di distribuzione
radiale sperimentale, curva rossa, è ripresa da Yamaguchi et al.[3, 4]
138
4
gOO(r), n(r)
3
2
1
0
1
2
3
4
5
6
rOO Å
Figura 4.4: Funzione di distribuzione radiale per i contatti intermolecolari OO,
curva blue, e numero di integrazione, curva verde. La funzione di distribuzione
radiale sperimentale, curva rossa, è ripresa da Yamaguchi et al.[3, 4]
L’accordo tra risultati sperimentali [3, 4] e la simulazione è eccellente. Dall’integrale fino al primo minimo si ottiene un valore del numero medio di legami ad
idrogeno per molecola, hnHB i, di 2.0 e 1.9 da gOO (r) e gOD (r), rispettivamente.
Dovuto al carattere direzionale dell’interazione del legame ad idrogeno, la semplice distanza di legame O· · · H non rappresenta un criterio sufficiente per stabilire
la presenza o meno di quest’interazione [42]. Quindi, sono stati suggeriti criteri
geometrici più esigenti per l’identificazione del legame ad idrogeno nel metanolo
liquido [16, 17, 43]. che includono, oltre all’appropriata distanza tra l’atomo di
idrogeno e l’atomo di ossigeno accettore, un angolo HO· · · O che cada in un range
ristretto [16, 17, 43]. Devono pertanto essere verificate le seguenti condizioni:
1. r(O· · · H) inferiore di 2.6 Å
2. r(O· · · O) inferiore di 3.5 Å
3.
6
HO· · · O inferiore di 30◦
139
Anche se la formazione di legame ad idrogeno potrebbe essere discussa in riferimento alla struttura elettronica e a parametri energetici, i precedenti criteri geometrici sono estremamente utili per determinare la struttura e la dinamica di network
associati perché possono essere messi in diretta correlazione al numero di legami
per molecola in ciascun time step della simulazione. In Fig.4.5 è mostrata la distribuzione dell’angolo 6 DO· · · O per coppie di molecole aventi distanze O· · · D
e O· · · O fino a 2.6 e 3.5 Å, rispettivamente, e tutte le coppie indipendentemente
g(θ)
dalle distanze intermolecolari.
0
20
40
60
80 100 120
∠HO...O (gradi)
140
160
180
Figura 4.5: Funzione di distribuzione dell’angolo DO· · · O. La curva rossa si riferisce alle distanze O· · · O e O· · · D che soddisfano i criteri del legame ad idrogeno,
mentre la curva blue tutti i possibili contatti
Si può osservare che per distanze di legame che soddisfano i criteri riportati in
precedenza la distribuzione delle molecole per il valore dell’angolo 6 DO· · · O
oltre i 30◦ è quasi nulla.
Usando i criteri geometrici sulla lunghezza e gli angoli di legame le funzioni f0 ,
f1 , f2 and f3 che rappresentano la percentuale di molecole coinvolte in 0, 1, 2, e
140
3 legami ad idrogeno, rispettivamente, è stata calcolata durante la simulazione.
Queste funzioni forniscono un’idea della connettività molecolare nel metanolo
liquido. La loro variazione durante le simulazioni è mostrata in Fig.4.6 ed i loro
valori medi sono riassunti in Tab.4.1.
26
24
22
20
n˚ molecole
18
16
14
12
10
8
6
4
2
0
0
2500
5000
7500 10000 12500 15000 17500 20000 22500 25000 27500
n˚ step
Figura 4.6: Numero di molecole con 0, 1, 2 e 3 legami ad idrogeno, rappresentato
con arancio, verde, rosso e blue rispettivamente.
f0
f1
f2
f3
hnHB i
τHB (ps)
µ (D)
[44]
3
18
66
13
1.89
1.29c
1.9n
2.64
[45]
1
16.5
75.5
7
1.9
1.5
[17]
4
29
59
9
1.73
0.7
1
16
76
7
1.89
1.4
1
18
72
8
1.87
1.2
0.1
7
90
3
1.96
2.5
2.20
2.22
2.33
2.37
[46]
1.72
19.65
71.91
6.70
1.84
0.3, 0.9
[28]
4
20
67
8
1.79
[26]
exp.
1.6
1.9[3]
∼2[47]
2.54
Tabella 4.1: Proprietà del metanolo liquido: fi indica la percentuale di molecole
coinvolte in i legami ad idrogeno, hnHB i è il numero medio di legami ad idrogeno,
τHB è il tempo di vita del legame ad idrogeno e µ è il momento di dipolo medio.
Con c e n sono indicati rispettivamente i valori ottenuti con eq. 3 and eq. 4.
141
Ancora una volta i valori medi delle funzioni f ottenuti nel presente lavoro sono in
accordo qualitattivo con le precedenti stime ottenute in altre simulazioni [17, 46,
28].
Tuttavia, il più alto valore di f3 sembra essere l’indicazione di una superiore complessità del network di legame ad idrogeno (una superiore forza del legame ad
idrogeno) di quella precedentemente riportata. Se fosse presente nel liquido solo
un singolo tipo di catene lineari di molecole il rapporto di circa 7:2 tra f2 e f1 implicherebbe la presenza di catene di 9 molecole di metanolo. Una tipica struttura
è mostrata in Fig. 4.1, dove può essere notata anche la presenza di biforcazioni.
Dalle funzioni f e seguendo la procedura suggerita da Rapaport [48] si ottiene un
valore di hnHB i di 1.89. Come si può osservare da Tab. 4.1, questo è in buon accordo con i risultati sperimentali [3, 4] e con i risultati delle precedenti simulazioni
[17, 46, 28].
Per evidenziare le dinamiche di formazione del legame ad idrogeno è utile definire
e calcolare il tempo di vita di quest’interazione, τHB . A questo scopo uno potrebbe
definire a ciascun step t e per ciascun contatto H· · · O, indicato con j una funzione:
Hj (t) = δ(H − bond)
(3)
Che assume il valore di 1 se i criteri geometrici adottati per il legame ad idrogeno sono completamente rispettati e 0 altrimenti. Tuttavia, una cosı̀ semplice
funzione ha il problema di essere fortemente discontinua e, oltretutto, non prende
in considerazione gli effetti delle vibrazioni intermolecolari.
Per superare questo problema, nel precedente capitolo [49] è stata introdotta la
funzione più flessibile:
Fj (t) = A(r(t)) · B(θ(t))
142
(4)
dove A(r(t)) e B(θ(t)) sono definiti come:

2
2
A(r(t)) = e−(re −rj (t)) /(2σr )




 A(r(t)) = 1

2
2


B(θ(t)) = e−(θe −θj (t)) /(2σθ )


B(θ(t)) = 1
if (re − rj (t)) < 0
if (re − rj (t)) ≥ 0
(5)
if (θe − θj (t)) < 0
if (θe − θj (t)) ≥ 0
e re e θe sono le posizioni del primo picco nella gOD (r), riportata in Fig. 4.3)
e nella g(θ), riportata in Fig. 4.5), rispettivamente, mentre rj e θj sono i valori
istantanei di queste quantità e σr e σθ sono la metà larghezza a metà altezza dei
picchi.
Il tempo di vita calcolato del legame ad idrogeno ottenuto dalla funzione ( 4) è
riportato in Tab. 4.1.
Si può vedere che τHB , ottenuto da Fj (t), è superiore a quello ottenuto da Hj (t).
Questo comportamento era aspettato in quanto, usando la funzione Fj (t), valori
di A e B prossimi ad 1 sono ugualmente presi in considerazione. È stato verificato
che i valori limiti selezionati della funzione Fj (t) non alterassero il valore di τHB
calcolato.Un’evidenza di questa erifica può essere osservata considerando che,
come si può vedere dalla Fig. 4.7, la funzione di distribuzione g(r,θ) pesata per
Hj (t) o Fj (t) si estende su una simile regione dello spazio delle fasi.
143
(A)
30
9.14e+03
6.85e+03
20
5.71e+03
4.57e+03
3.43e+03
6
DO· · · O (gradi)
7.99e+03
10
2.28e+03
1.14e+03
0
0
1.2
1.4
1.6
1.8
2
2.2
2.4
2.6
r(O···D) Å
(B)
30
9.25e+03
6.94e+03
20
5.78e+03
4.63e+03
3.47e+03
6
DO· · · O (gradi)
8.1e+03
10
2.31e+03
1.16e+03
0
0
1.2
1.4
1.6
1.8
2
2.2
2.4
2.6
r(O···D) Å
Figura 4.7: Funzione g(r,θ) pesata per le interazioni DO· · · O ottenute con i criteri
calssici, (A), e tramite l’equazioe ( 4), (B)
144
Nell’acqua liquida la funzione Hj (t), equazione 3, è stata usata da Luzar e
Chandler[50] per definire la funzione di reactive flux e per analizzare la dinamica
di formazione e rottura del legame ad idrogeno.
La breve lunghezza su scala temporale della presente simulazione e le dimensioni del campione non permettono un tipo di analisi cosı̀ complesso. Tuttavia la
funzione di correlazione:
N
1 X hFj (0)Fj (t)i
c(t) =
N j
hFj (0)i2
(6)
Che misura la stabilità del legame ad idrogeno è stata calcolata ed i risultati sono
riportati in Fig. 4.8.
7
6
5
3
2
1
0
0
ln[c(t)]
ln[c(t)]
6.75
4
6.6
6.45
6.3
0
1000
200 400 600
t (fs)
2000
3000
t (fs)
4000
5000
Figura 4.8: Funzione di correlazione del legame ad idrogeno (equazione 6). La
regioni a tempi brevi è riportata ingrandita nell’inserto
La variazione di ln [c(t)] rispetto al tempo ha un andamento non lineare, sugge145
rendo che la dinamica del riarrangiamento del legame ad idrogeno includa almeno
un processo lento ed uno veloce con tempi caratteristici di 1.9±0.1 e 0.5±0.1 ps,
rispettivamente.
Può essere notato nell’ingrandimento della regione a tempi brevi ingrandita nella
Fig. 4.8 che il comportamento è caratterizzato da oscillazioni dampate molto
simili a quelle che sono state riportate per l’acqua [50, 51].
Il numero d’onda dell’oscillazioni dampate può essere stimato intorno ai 1000
cm−1 e questo risulta essere molto facilmente attribuito alla modulazione dei moti
librazionali che coinvolgono le specie O-D· · · O.
Il comportamento a tempi più lunghi della funzione di correlazione 6 potrebbe
essere associato con la dinamica di formazione/rottura del legame ad idrogeno.
Questo tipo di analisi è consistente con il valore di τHB discusso in precedenza,
con una stima del tempo di vita di 1.9 ps.
Recenti studi spettroscopici[52] hanno suggerito la presenza di una debole interazione direzionale tra gli idrogeni del gruppo metile e gli atomi di ossigeno delle
molecole circostanti. La formazione di questo debole legame ad idrogeno è un
argomento su cui c’è molto interesse [42] e su cui recentemente è stato discusso
in diversi sistemi [49, 53], benché non sia generalmente analizzato in simulazioni
di dinamica molecolare.
Nel caso del metanolo liquido la funzione di distribuzione radiale gDO (r) mostra
una piccola variazione di pendenza intorno a 2.3 Å. Questa è stata evidenziata
plottando la derivata prima della funzione di didstribuzione, consentendo l’ottenimento dei parametri per l’utilizzo nell’equazione 4. L’associazione di questa
debole variazione con una debole interazione direzionale degli idrogeni del metile
è chiaramente dimostrata dalla funzione g(r,θ) pesata come riportato in Fig. 4.9.
146
50
568
497
DC· · · O (gradi )
30
6
40
20
426
355
284
213
142
10
71
0
0
2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6 2.7 2.8 2.9
3
r(D···O) Å
Figura 4.9: Funzione g(r,θ) pesata per le interazioni CD· · · O ottenute
dall’equazione ( 4)
In una simulazione di dinamica molecolare, un’interazione molto simile è stata
recentemente trovata [49] per lo stato di transizione della reazione SN 2 reaction
Cl− + CH3 Br in acqua, con un tempo di vita di soli 0.53 fs per il legame ad
idrogeno tra l’atomo di ossigeno del solvente ed il gruppo metile.
4.4 Momento di dipolo molecolare
Forti interazioni intermolecolari, come il legame ad idrogeno, sono aspettate ad
indurre un sostanziale riarrangiamento della densità elettronica molecolare che
può essere facilmente rilevata dalla variazione del momento di dipolo molecolare
in fase condensata rispetto a quello della molecola isolata. Quest’effetto è stato
riportato per l’acqua,[54, 55, 56, 57] per la quale è stato anche dimostrato che
147
potenziali semiempirici, anche nella forma di modelli polarizzabili, non sono in
grado di riprodurre i cambiamenti attuali del momento di dipolo. La rilevanza
di effetti di polarizzazione nelle molecole di acqua che interagiscono direttamnet
tramite legame ad idrogeno è stat ulteriormente dimostrata dai cambiamenti di
momento di dipolo in acqua critica e supercritica rispetto all’acqua in condizioni
standard.[54, 55, 58, 59]
Simili effetti sono stati studiati nel metanolo liquido, calcolando il momento di dipolo molecolare dai centri delle funzioni di Wannier massimamente localizzati[40,
41] e mediando su 293 configurazioni equamente spaziate nel tempo del campione
del liquido.
I risultati sono riportati in Fig.4.10 dove sono mostrat anche il contributo al momento di dipolo delle molecole coinvolte in 0, 1, 2, 3 legami ad idrogeno separa-
probabilità di distribuzione
tamente.
1.5
2
3
2.5
momento di dipolo (D)
3.5
4
Figura 4.10: Momento di dipolo del metanolo. Il momento di dipolo molecolare
è rappresentato con i colori arancio, blue, rosso e verde in funzione del numero di
legami ad idrogeno per molecole, in ordine crescente da 0 a 3. In nero il momento
molecolare totale
148
Si può notare che sono ottenute distribuzioni quasi gaussiane e che il momento di
dipolo medio dipende in maniera marcata dal numero di legami ad idrogeno e valori di 2.06, 2.24, 2.71 e 2.99 D sono ottenuti per un numero di 0, 1, 2, 3 legami ad
idrogeno rispettivamente, con un valore medio di 2.64 D. Il trend generale osservato nel metanolo liquido è analogo ai risultati riportati per l’acqua, per la quale è
stato ottenuto un momento di dipolo medio di 2.95 D [58, 59, 54, 55]. Il momento
di dipolo medio è riportato in Tab.4.1 e comparato con risultati ottenuti da altre
simulazioni. Si può anche notare che la presente simulazione sembra indicare un
più forte legame ad idrogeno ed un valore superiore della distribuzione elettronica. Il valore medio del momento di dipolo ottenuto in questo lavoro differisce
di approssimativamente 0.1D da quello ottenuto da Handgraaf et al. [26] per il
CH3 OH usando lo stesso approccio di tipo Car-Parrinello. Questa differenza può
essere attribuita alla leggermente diversa densità del campione simulato ed al più
basso numero di molecole o anche al superiore tempo di simulazione e numero di
configurazioni usate in questo lavoro, nonché ad effetti del deuterio.
Tuttavia, i risultati del presente lavoro sono in buon accordo con le stime di Sum
et al. [60, 61] ottenute da simulazioni di dinamica molecolare a 330 K usando un
modello potenziale polarizzabile fittato su accurati calcoli ab initio.
Usualmente, il grado orientazionale di un sistema dipolare può essere descritto
dal fattore di Kirkwood:
Gk =
hM2 i
Nm hµ2 i
(7)
dove hM2 i è la media del quadrato del momento di dipolo del sistema, Nm è
il numero di molecole, e hµ2 i è la media del quadrato del momento di dipolo
molecolare.
149
Il valore di Gk ottenuto nel presente capitolo è 3.77±1.70, in discreto accordo col
valore sperimentale di 2.94, riportato da Kirkwood [62].
Come già fatto notare da Ladanyi,[1] l’elevata incertezza è dovuta alla lunghezza
limitata della simulazione che non consente il raggiungimento della piena convergenza, come può essere osservato dalla variazione della running average di hM2 i
riportata in Fig.4.11.
5
4
Gk
3
2
1
0
0
2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000 16000
time (fs)
Figura 4.11: Variazione del fattoe di Kirkwood durante la simulazione [54, 55].
Questo non deve sorprendere perché poiché M2 è correlato alla costante dielettrica, una quantità la cui valutazione è noto essere estremamente lenta nella
convergenza.[1]
4.5 Spettri vibrazionali ed infrarosso
Lo spettro di assorbimento infrarosso è una prova molto sensibile del legame
ad idrogeno nei liquidi [63]. In quest’ottica lo spettro infrarosso del metanolo
150
e degli isotopi deuterati è stato studiato in considerevole dettaglio da un punto di vista prettamente sperimentale [9, 8] e l’assegnamento dei modi interni è
completamente chiarito.
La modellizzazione dello spettro infrarosso, tuttavia, è risultata estremamente
complessa, molto probabilmente a causa della difficoltà nel prendere in considerazione in modo opportuno gli effetti di polarizzazione e di anarmonicità sulle
frequenze vibrazionali e sui coefficienti di assorbimento.
Recentemente il calcolo degli spettri infrarossi e Raman del metanolo è stato riportato [19] prendendo in considerazioni gli effetti della polarizzazione sui coefficienti di assorbimento, ma non sulla dinamica. Poiché l’approccio Car-Parrinello
[30] attualmente considera sia la polarizzabilità che i termini di anarmonicità si
è eseguito il calcolo dello spettro infrarosso per il CD3 OD liquido. Il risultato è
Intensity (a. u.)
Intensity (a. u.)
riportato in Fig. 4.12.
(A)
0
200
(B)
400
600
(C)
800 1000 1200 1400 1600 1800 2000 2200 2400 2600 2800 3000
-1
wavenumber (cm )
Figura 4.12: Pannello superiore: Spettro IR del metanolo lqido completamente
deuterato (equazione 1). Pannello inferiore: spettro IR sperimentale: (A) Da ref.
[39], (B) Ottenuto nel presente lavoro tramite un FT-IR Bruker IFS 120 HR tra
finestre di KBr, (C) Da ref. [64]. Le intensità dei tre spettri sperimentali sono
riportate su tre diverse scale per evidenziare la struttura delle bande.
151
Si può notare che l’accordo con gli esperimenti è abbastanza buono. In particolare,
si può notare che le intensità relative dei picchi principali osservati a ∼ 900 cm
−1
e ∼ 1100 cm
−1
sono ben pronunciate nel calcolo e questo è un significativo
miglioramento se comparato al precedente lavoro di Chelli et al. [19].
L’accordo con l’esperimento è in generale soddisfacente anche nella regione dell
OD e CD stretching, considerando che il numero limitato di molecole nel campione rende la distribuzione delle frequenze non smmoth e che l’assenza di energia
di punto zero riduce l’anarmonicità del sistema. Le frequenze vibrazionali calcolate del metanolo liquido deuterato son comparate con quelle sperimentali in
Tab.4.2, dove è anche riportato l’assegnamento delle bande assieme alle frequenze
calcolate ed osservate della molecola isolata.
Assegnamento
DCOD torsion
COD bending
CD3 deformation
CO stretching
CD3 deformation
CD3 asym-bending
CD3 asym-bending
CD3 sym-bending
CD3 sym-stretching
CD3 asym-stretching
CD3 asym-stretching
OD stretching
exp.[65]
196
776
892
983
1024
1060
1080
1135
2080
2228
2260
2724
gas
B3LYP/G
249.43
766.68
881.73
961.10
1052.41
1074.88
1087.16
1141.18
2086.26
2182.14
2254.74
2614.06
BLYP/PW
191.2
759.1
875.8
907.6
1035.3
1060.7
1070.1
1093.7
2121.5
2229.0
2277.3
2633.6
liquido
exp.[9] BLYP/PW
485
526
824
858
902
910
979
940
1057
1095
1064
1125
1097
1140
1125
1170
2072
2220
2216
2350
2245
2365
2493
2580
Tabella 4.2: Frequenze infrarosse del metanolo in fase gassosa e liquida. Le frequenze in fase gassosa sono riportate come riferimento. Con G è indicato il set di
base aug-cc-pVQZ mentre con PW il set di base in onde piane espanso con valore
di cutoff di 70 Ry). Le frequenze in fase liquida sono state scalate per un fattore
di scala di 1.0975. Le frequenze BLYP/PW in fase gassosa sono state ottenute
tramite teoria della risposta lineare [66].
Si può vedere, in particolare, che il red shift dello stretching OD ed il blue shift
152
del bending COD sono molto pronunciati nel liquido.
Per analizzare lo spettro in maggio dettaglio le densità degli stati vibrazionali
(VDOS) sono state ottenute come trasformata di Fourier della funzione di autocorrelazione (VACF). Lo spettro di potenza ottenuto in questo modo è stato decomposto ed analizzato calcolando lo spettro di potenza della funzione di correlazione
dell’appropriata coordinata intermolecolare ed intramolecolare [67].
I risultati per i modi intramolecolari sono mostrati in Fig. 4.13. Si può vedere che, eccettuatii modi di stretching CD3 e OD, il miscolamento dei modi è
considerevole.
(A)
(B)
(C)
Intensity (a. u.)
(D)
(E)
(F)
(G)
(H)
0
250 500 750 1000 1250 1500 1750 2000 2250 2500 2750 3000
-1
wavenumber (cm )
Figura 4.13: Funzioni di autocorrelazione dei modi intramolecolari. Dall’alto al
basso: (A) Power spectra (PS) della funzione di autocorrelazione delle velocità;
(B) PS dei modi di stretching OD; (C) PS dei modi di stretching CO; (D) PS
dei modi di stretching CD; (E) PS de modi di bending COD; (F) PS dei modi
di bending DCD; (G) PS dei modi di bending DCO; (H) PS del modo di torsion
DCOD.
153
In particolare si può notare l’accoppiamento del modo di bending COD con i
modi di bassa frequenza. Quest’accoppiamento ed il già notato blue shift dà
un carattere intermolecolare a questo modo. Inoltre si deve osservare il marcato accoppiamento del modotorsionale τDCOD sia con i modi intra che con gli
intermolecolari.
Gli spettri di potenza delle coordinate intermolecolari selezionate sono mostrati
in Fig.4.14.
(A)
(B)
(C)
(D)
(E)
(F)
(G)
0
250 500 750 1000 1250 1500 1750 2000 2250 2500 2750 3000
-1
wavenumber (cm )
Figura 4.14: Funzioni di autocorrelazione dei modi intermolecolari. Dall’alto in
basso: (A) Power spectra (PS) della funzione di autocorrelazione delle velocità;
(B) PS del modo di strtching D· · · O; (C) PS del modo di stretching OD· · · O
antisimmetrico; (D) PS del modo OD· · · O di stretching simmetrico; (E) PS del
modo di stretching O· · · O; (F) PS del modo di bending OD· · · O; (G) PS del modo
di torsion COD· · · O.
154
Il mixing dei modi punta al carattere “collettivo” dei moti nel network del legame
ad idrogeno. In accordo con Guillot et al.[39] e Passchier et al.[68], quest’analisi
dello spettro di potenza suggerisce un assegnamento della banda a ∼ 150 cm−1
ad una librazione intorno al legame CO e la banda a ∼ 280 cm−1 al modo di stretching O· · · O. Quest’ultimo assegnamento è ulteriormente supportato dall’osservazione della debole dipendenza della frequenza dalla sostituzione isotopica[9, 8]
e dalla forte dipendenza dalla temperatura dell’intensità di questa.[68]
4.6 Conclusioni
I risultati di una simulazione di dinamica molecolare ab initio su metanolo liquido
completamente deuterato a temperaura ambiente sono stati riportati. Il modello si
è dimostrato capace di riprodurre con buona accuratezza le funzioni di distribuzione radiale ottenute da misure di scattering di raggi X[2] e da dati di diffrazione di
neutroni inelastici[3, 4]. Si è trovato che la struttura del metanolo liquido è caratterizzata dalla presenza di catene di molecole legate tramite legame ad idrogeno
con una lunghezza media di approssimativamente dieci unità. Tuttavia un numero
significativo di molecole di metanolo è coinvolto in tre legami ad idrogeno e questo implica che nelle catene siano presenti delle biforcazioni. Il numero di unità
non coinvolte in legame ad idrogeno è invece assai limitato.
La complessità dell’aggregazione nel liquido è ulteriormente innalzata dalla presenza di una debole interazione direzionale tra gli idrogeni del gruppo metile e
l’atomo di ossigeno delle molecole circostanti.
La dinamica del legame ad idrogeno è stata caratterizzata attraverso la valutazione
del tempo di vita del legame ad idrogeno che è stata stimata essere di ∼ 1.9 ps, in
buon accordo con i più recenti esperimenti.[47] Tuttavia, la dinamica è coinvolta
155
da almeno due regimi, uno a tempi corti (∼ 0.5 ps) che potrebbe essere associato
alla modulazione delle librazione delle coppie di molecole fuori e nel piano.
Gli effetti di polarizzazione nel network del legame ad idrogeno sono stati studiati in dettaglio ed in particolare attraverso la valutazione del cambiamento del
momento di dipolo molecolare. Si è trovato che questo dipende in maniera considerevole dal numero di legami ad idrogeno in cui la molecola è coinvolta. In
media il momento di dipolo medio della molecola incrementa del 28% come risultato dell’aggregazione nel liquido. In generale i risultati presenti in questo
lavoro suggeriscono che un modello di potenziale semiempirico dovrebbe tenere
in considerazione gli effetti di polarizzazione in modo più marcato di quanto non
si faccia attualmente. Simili conclusioni erano già state raggiunte nel caso dell’acqua liquida.[58, 59, 54, 55] La qualità del presente modello basato sulla dinamica
molecolare ab initio è stato confermato dal calcolo dello spettro di assorbimrnto
infrarosso. Si è trovato che i risultati riproducono con buona accuratezza le bande
fondamentali dello spettro sperimentale [9, 8].
156
Bibliografia
[1] Ladanyi, B. M.; Skaf, M. S. Ann. Rev. Phys. Chem. 1993, 44, 335–368.
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161
Capitolo 5
Transizioni di fase nell’idrossido di
litio anidro, LiOH
La fase ad alta pressione ottenuta tramite simulazioni di metadinanamica con cella variabile con un approccio CPMD è comparata con le misure sperimentali di
scattering di neutroni e con gli studi vibrazionali. La struttura del cristallo ad alta pressione è stata caratterizzata e si è trovato che questa differisce leggermente
da quella ipotizzata sperimentalmente. Si è trovato che la fase ad alta pressione
è caratterizzata dalla formazione di catene di legami ad idrogeno, simili a quelle
che si trovano nell’idrossido di litio monoidrato (che verranno discusse nel capitolo successivo). La formzione del legame ad idrogeno tra i gruppi OH− è stata
studiata e si è sulla base di questa si è interpretato lo shift delle frequenze vibrazionali relative alla banda del modo di OH-stretching che si registra negli spettri
IR e Raman.
162
5.1 Introduzione
Gli idrossidi dei metalli alcalini sono sostanze che presentano transizioni di fase
per effetto della variazione della temperatura o della pressione esterna [1, 2, 3].
La struttura finale, generalmente, differisce da quella iniziale per la variazione
nell’orientazione degli anioni [1, 2]. L’idrossido di litio, LiOH, presenta due distinte transizioni di fase [1, 2]: una per effetto della temperatura, circa 686 K, e
l’altra per effetto della pressione, circa 7 kbar. Pertanto per LiOH si ha una fase
ad alta temperatura, fase I, una a temperatura e pressione ambiente, fase II, ed una
finale ad alta pressione, fase III. Di queste fasi solo quella a temperatura e pressione ambiente è completamente caratterizzata [4]. La struttura cristallina, che si
discosta da quella degli altri metalli alcalini, è caratterizzata da strati alternati di
ioni Li+ , coordinati tetraedricamente con gli atomi di ossigeno dei gruppi OH− .
Questi ultimi non sono coinvolti in legami ad idrogeno, come mostrato in Fig. 5.1
Figura 5.1: Struttura nella fase II dell’idrossido di litio.
163
L’effetto della pressione determina, come pprecedentemente accennato, una transizione di fase che può essere seguita spettroscopicamente: nella regione dell’OH
stretching si ha un red shift di circa 150 cm−1 . Per cercare di caratterizzare la fase
III [1, 2] sono state ripetute le misure IR e Raman per l’idrossido di litio deuterato
e sono state eseguite misure di scattering di neutroni [2]. Tuttavia anche questi dati non sono stati sufficienti a definire la struttura della fase III e notevoli incertezze
rimangono sulla posizione degli ioni nel cristallo. È stato proposto un modello
che è in grado di giustificare il comportamento spettroscopico, secondo il quale
si ha la formazione di legami ad idrogeno tra i gruppi OD− . Non esistono invece
studi teorici che abbiano cercato di convalidare o smentire questa struttura e ciò è
essenzialmente dovuto alla difficoltà nello studio di eventi rari come le transizioni
di fase, ed in particolare che portano a fasi non ancora caratterizzate.
Recentemente è stata messa a punto una nuova procedura [5, 6] che consente lo
studio di eventi rari e la superficie di energia libera, FES, di sistemi complessi.
Questo metodo è già stato applicato con successo allo studio di trasformazioni
strutturali per effetto di una pressione esterna, relativamente alla transizione di
fase del silicio dalla struttura a diamante a quella esagonale [6].
Nel presente capitolo si è applicato una versione modificata del precedente metodo e sono state eseguite una serie di simulazioni di dinamica molecolare ab initio
applicate allo studio della transizione di fase per effetto della pressione nell’idrossido di litio deuterato. Si è determinato computazionalmente la struttura dell’idrossido di litio nella fase III, verificando i risultati con le misure sperimentali. È
stata ottenuta una struttura che si discosta dal modello sperimentale proposto [2]
ma capace di descriverne le proprietà strutturali e spettroscopiche e che è mostrata
in Fig.5.2.
164
Figura 5.2: Struttura nella fase III dell’idrossido di litio.
Sono stati riprodotti il fattore di struttura statico, nonché il comportamento spettroscopico caratterizzato dallo shift e dalla formazione di doppietti del modo OH
stretching. Quest’ultimo elemento ha suggerito da un punto di vista sperimentale
che vi fosse un raddoppiamento della cella primitiva.
5.2 Dettagli computazionali
Le simulazioni sono state eseguite con una versione modificata del codice CPMD CPMD [7] partendo dalla struttura seprimentale ottenuta tramite misure di
scattering di raggi X e neutroni a temperatura ambiente.
La funzione d’onda è stata espansa in onde piane con un cutoff di 70 Ry e si è
adottato il funzionale di scambio e correlazione BLYP [8, 9]. Questo funzonale
è stato utilizzato con successo in sistemi simili, quali l’idrossido di Mg(OH)2 e
Ca(OH)2 [10]. Per l’atomo di ossigeno si è usato un pseudo potenziale di tipo
165
Martin-Troullier [11] mentre per l’idrogeno di tipo Car-von Barth, usando per entrambi la decomposizione di di Kleinman-Bylander [12]. Il litio è stato invece
descritto con uno pseudopotenziale di tipo Goedeker [13]. Il deuterio è stato adottanto al posto dell’idrogeno per una diretta comparazione con i dati sperimentali
e per utilizzare un tempo di integrazione superiore durante la simulazione.
Lo studio dele transizioni di fase è stato eseguito adottando una nuova formulazione della metadinamica, utilizando la seguente lagrangiana estesa:
L = LCP −P R + V (t, h)
(1)
dove la lagrangiana CP-PR (Car-Parrinello/Parrinello-Rahman) è [14]:
CP −P R
L
=µ
XZ
i
1 X
t
|ψ̇(s)|2 ds + |
MI (Ṡ I ht hṠ I ) − E [{ψi } , {hS I }] +
2 I
µ
¶
Z
³ t ´
X
1
∗
+
Λij
ψi (s)ψj (s)ds − δij + W T r ḣ ḣ − pΩ
2
ij
(2)
Quest’equazione combina l’approccio Parrinello-Rahman con il metodo Car-Parrinello
consentendo simulazioni con cella variabile. Il termine potenziale è dovuto all’agginta del potenziale history-dependent relativo alla metadinamica [5, 6]. Questa tecnica consente il superamento dei problemi che si riscontrano tipicamente nel lo studio di transzioni di fase che sono essenzialmente l’elevato tempo di
simulazione e la sovrapressurizzazione del sistema.
5.3 Risultati
Partendo dalla struttura sperimentale dell’idrossido di litio, ricavata da misure di
scattering di neutroni e raggi X si è eseguito una simulazione di metadinamica,
con una verione del codice CPMD [7] modificata, per individuare le possibili
166
transizioni di fase. Come si osserva da Fig. 5.3, la transizione di fase avviene
dopo 15 ps di una simulazione di tipo Parrinello-Rahman alla pressione ambiente.
600
3
Volume (Å )
550
500
450
400
350
300
0
2
4
6
8
10 12 14 16 18 20 22 24 26
Time (ps)
Figura 5.3: Variazione del volume della cella di simulazione durante la metadinamica. La transizione di fase inizia dopo 14 ps, partendo dalla struttura ottenuta da
una simulazione a temperatura ambiente dell’idrossido di litio [15].
In Fig. 5.4 sono riportati i parametri della cella di simulazione durante la metadinamica. La transizione di fase risulta evidente anche in questo caso e si può
notare come nel range tra 15 e 19 ps circa la struttura sia caratterizzata da vettori
di cella a e b leggermente più corti che non quelli di partenza, mentre il vettore c
diminuisce in maniera più accentuata.
167
lati cella (Å)
10
9
8
7
6
angoli (gradi)
110
100
90
80
70
0
2
4
6
8
10 12 14 16 18 20 22 24 26
tempo (ps)
Figura 5.4: Parametri di cella durante la simulazione di metadinamica. Pannello
superiore: lati della cella di simulazionecell a, b, c indicati rispettivamente con le
tonalità di grigio: nero, grigio scuro e grigio chiaro. Pannello inferiore: angoli
della cella di simulazione α, β, γ indicati rispettivamente con le tonalità di grigio:
nero, grigio scuro e grigio chiaro. Tutte le distanze sono in Angstrom e gli angoli
in gradi. Nella fascia compresa tra le due linee verticali è riportata la regione
temporale relativa alla fase III
Questo suggerisce che la compressione avvenga preferenzialmente lungo questa
direzione, che è quella perpendicolare agli strati che caratterizzano la cella primitiva dell’idrossido di litio (Fig. 5.1). La variazione degli angoli è un elemento che
può, in prima analisi, essere fuorviante, in quanto l’esclusione del primo modello di struttura proposto, caratterizzato da una cella primitiva ancora ortorombica
con i gruppi ossidrile che differiscono dalla posizione iniziale per l’orientamento,
168
Intensità (u. a.)
3000
2500
2000
1500
1000
500
0
1
1.2
1.4
1.6
1.8
1
1.2
1.4
1.6
1.8
2
2.2
2.4
2.6
2.8
3
3.2
2
2.2
2.4
2.6
2.8
3
3.2
Intensità (u. a.)
3000
2500
2000
1500
1000
500
0
d-spacing (Å)
Figura 5.5: Fattore di struttura per l’idrossido di litio in fase II, pannello superiore,
e in fase III, pannello inferiore
non è giustificata. L’angolo γ devia in maniera netta dai 90◦ di partenza facendo
supporre che la cella non sia più ortorombica ma monoclina o triclina. è bene
ricordare che gli angoli si riferiscono alla cella di simulazione e non a quella primitiva. Tuttavia dalle distanze si ha nota che la riorganizzazione del cristallo non
è limitata alla sola rotazione dei gruppi OH− . Questa è la conclusione a cui giungono anche Adams et al. [[2]] sulla base dello spettro di scattering di neutroni su
polvere di LiOD. Per convalidare la struttura ottenuta dalla metadinamica è stato
calcolato il fattore di struttura in maniera tale da confrontare direttamente i dati
ottenuti dalle presenti simulazioni con quelli determinati sperimentalmente, Fig.
5.5.
La comparazione tra dati sperimentali e spettroscopici risulta essere buona per
quanto riguarda le posizioni, mentre l’intensità relativa dei picchi, specialmente
169
per valori di d-spacing inferiori a 2 Å è sovrastimata. Tuttavia, in accordo con
quanto già osservato sperimentalmente, risulta una notevole variazione strutturale
a seguito della transizione di fase. Questa coinvolge non solo i gruppi OD− come
inizialmente ipotizzato [1] ma anche il reticolo LiOD.
Le funzioni di distribuzione radiale a coppie, nonché la funzione di distribuzione pesata per il fattore di scattering, bi , e della concentrazione, ci delle specie
atomiche, i, costituenti il sistema:
P P
ci bi cj bj gij (R)
i
P jP
G(R) =
i
j ci bi cj bj
(3)
rilevano in maniera marcata queste variazioni consentendo una più approfondita
interpretazione del riarrangiamento strutturale nel cristallo.
In Fig. 5.6 sono riportate le funzioni di distribuzione radiale, sia per la fase II
che per la fase III,relative ai contatti: Li· · · Li, Li· · · O, Li· · · H, O· · · O, O· · · H e
H· · · H.
Queste funzioni prendono in considerazione tutte le possibili interazioni interatomiche nel cristallo e dalle posizioni dei massimi e dei minimi delle varie curve si
constata che:
1. Il picco di g(r)Li···Li nella fase II a circa 2.5 dovuto ai contatti di un atomo di
litio con i primi vicini, viene meno e si splitta in due picchi. Questa situazione è dovuta alla perdita del piano perpendicolare a c. A questa situazione
si sommano una diminuzione dei piani perpendicolari a tale asse per effetto
della compressione.
2. I contatti tra primi vini di tipo Li. . . O e Li· · · H, mentre la rotazione dei
gruppi OD si riflette sulle distanze interatomiche più lunghe.
3. Le distanze interatomiche rimanenti sono invece quelle che subiscono la
170
maggiore variazione da un punto di vista prettamente strutturale. Questa
situazione è facilmente interpretabile sulla base della forte riorganizzazione dei gruppi OD a partire da una situazione in cui sono una specie che
non dà interazioni. Nella fase III, la formazione di catene lineari di legami
ad idrogeno cambia notevolmente l’intorno di questi gruppi, che si riflette
notevolmente sulle proprietà spettroscopiche.
4. La funzione radiale pesata (Fig:5.7) cambia molto tra le due fasi, come testimoniato dall’aumento sensibile dei picchi nella zona del zona dell’H-bond,
ma anche il picco del gruppo OD risulta essere caratterizzato da un’intensità inferiore e da una larghezza superiore a testimoniare la presenza della
nuova interazione.
6
5
4
3
2
1
0
30
25
20
15
10
5
0
8
4
g(r)
g(r)
1
0
7
6
5
4
3
2
1
0
2
Li...H
1
2
0.5
2
3
4
5
6
O...O
1.5
O...H
4
0
Li...O
2
6
g(r)
3
Li...Li
7
0
H...H
2
r(X-Y) (Å)
3
4
5
6
7
r(X-Y) (Å)
Figura 5.6: Funzioni di distribuzione radiale a coppie per tutti i possibii contatti
nell’idrossido di litio. In nero sono riportate le funzioni relative alla fase II, in
grigio quelle relative alla fase III.
171
8
80
6
4
60
G(R)
2
40
0
-2
20
-4
0
0.75
1
1.25
R (Å)
-6
1.5
2
2.5
3
3.5
4
4.5
R (Å)
5
5.5
6
6.5
Figura 5.7: Funzione di distribuzione radiale pesata
5.4 Considerazioni e prospettive
In questo capitolo sono stati descritti i primi risultati relativi alla determinazione
della fase ad alta pressione dell’idrossido di litio anidro. Si è osservato che la fase
III è caratterizzata da una varizione del reticolo cristallino che coinvolge tutte le
specie chimiche e dalla formazione di legami ad idrogeno tra i gruppi OH− . Per
il completo assegnamento del gruppo spaziale del cristallo sono richiesti ulteriori
calcoli, già in corso, relativi al raffinamento della struttura ottenuta. Tuttavia è
chiaro dalle funzioni di autocorrelazioni delle velocità, riportate in Fig. 5.8, che
procedura consente di avere, in breve tempo, un corretto punto di partenza. Infatti,
172
come aspettato dagli studi spettroscopici, si ottengono due coppie di doppietti,
attive una in Raman e l’altra in IR, non coincidenti.
1
Intensity (a. u.)
0.8
0.6
0.4
0.2
0
2350
2400
2450
2500
-1
Wavenumbers (cm )
2550
2600
Figura 5.8: Spettro di potenza delle funzioni di autocorrelazioni delle velocità. La
linea tratteggiata si riferisce alla fase II, mentre quella continua alla fase III.
173
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174
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175
Capitolo 6
Idrossido di litio monoidrato,
LiOH·H2O: proprietà strutturali e
spettroscopiche
Lo studio delle proprietà strutturali e spettroscopiche del cristallo di idrossido di
litio monoidrato, LiOH·H2 O, completamente deuterato, sono state studiate tramite simulazioni di dinmaica molecolare ab initio. Sono state ricabvate utili informazioni sugli effetti del campo cristallino sulle proprietà delle molecole di acqua
di idratazione.
Si è eseguito l’assegnamento delle bande osservate nello spettro IR e sono fornite
utili informazioni per future analisi sperimentali relative agli spettri IR e Raman
di questa sostanza.
176
6.1 Introduzione
Le proprità strutturali elettroniche e spettrocopiche della molecola dell’acqua in
cristallo sono un argomento di particolare interesse in studi sia sperimentali che
teorici, poiché rappresentano un punto di partenza per analizzare sistemi più complessi, come, ad esempio, clatrati, zeoliti e canali ionici. È anche interessante
capire come la struttura elettronica della molecola di acqua sia modificata quando
si trova in un sistema confinato sotto l’effetto di un forte campo elettrico dovuto a
ioni.
La struttura dell’idrossido di litio monoidrato è stata ottenuta da misure di scattering di neutroni e raggi X [1].
Da un’analisi della struttura è possibile verificare che gli ioni OH− hanno una
distribuzione spaziale che permette la formazione di catene quasi lineari di legami
ad idrogeno legate da un debole legame ad idrogeno, come mostrato dalle mappe
della densità elettronica [2], e da forti legami ad drogeno tra la molecola di acqua
e gli ioni OH− [1, 2]
Per ottenere utili informazioni sulla riorganizzazione elettronica e sui cambiamenti istantanei nell’intorno durante i moti vibrazionali della molecola di acqua
nel cristallo non è sufficiente eseguire calcoli statici, anche se ad alti livelli. Per
questo motivo lo studio delle proprietà strutturali e spettroscopiche dell’idrossido
di litio monoidrato è stato condotto tramite dinamica molecolare Car-Parrrinello
(CPMD) [3, 4].
Di seguito è riportata una descrizione dettagliata del legame ad idrogeno, sulla base della posizione dei doppietti elettronici degli elettroni di valenza ottenuta
usando le funzioni di Wannier Massimamente Localizzate (WFC) [4, 5, 6], che sono l’analogo delle funzioni di Boys per sistemi periodici. Da questo tipo di analisi
177
è stato possibile anche verificare un forte incremento del momento di dipolo della
molecola di acqua nel cristallo. Questo forte incremento del momento di dipolo
giustifica a posteriori l’uso della dinamica molecolare ab initio poiché il metodo
prende in considerazione gli effetti di polarizzazione che sono drammaticamente
alti per questo tipo di sistemi.
Il metodo adottato consente anche il calcolo dello spettro infrarosso tramite trasformata di Fourier del momento di dipolo della cella di simulazione [4] che è
utile per compiere l’assegnamento vibrazionale. Sperimentalmente è stata misurata solo la zona dello spettro del medio infrarosso, mentre la zona del lontano
infrarosso non è ancora mancante [7]. Il buon accordo tra proprietà calcolate e
sperimentali rende questo studio un buon punto di partenza nel tentativo di fornire una determinazione della struttura ad alta pressione, per la quale non è stata
ancora chiarita con certezza la natura del riarrangiamento strutturale.
6.2 Dettagli computazionali
Le simulazioni di dinamica molecolare ab initio sono state eseguite tramite il codice CPMD [8] sulle strutture sperimentali ottenute dalle misure di scattering di
neutoni e raggi X [1] a temperatura ambiente. Le funzioni d’onda sono state
espanse in ondepiane con un cutoff di 70 Ry ed è stato adottato il funzionale
BLYP [9, 10], che si è dimostrato in grado di fornire buoni risultati per sistemi
simili, come Mg(OH)2 e Ca(OH)2 [11]. Pseudopotenziali di Martin-Troullier sono stati usati per l’atomo di ossigeno, mentre per l’atomo di idrogeno si è ricorsi
ad uno pseudopotenziale di Car-von Barth. Entrambi sono stati trattati con una
decomposizione di Kleinman-Bylander [12]. Per l’atomo di litio è stata usata una
descrizione di tipo Goedeker [13]. Le simulazioni sono state eseguite con l’usuale
sostituzione isotopica per l’drogeno, adottando il deuterio, per garantire un time178
step superiore e una comparazione con i dati sperimentali che risentisse il meno
possibile degli effetti nucleari.
Le simulazioni sono state eseguite nell’isieme NVE con un time step di integrazione di 5 a. u. (0.12 fs), registrando a ciascun time step sia la configurazioe degli
atomi che il momento di dipolo della cella (M(t)), calcolato nello schema della
fase di Berry [4, 14, 15] ed è stato analizzato a posteriori.
Lo spettro infrarosso, I(ω), è stato ottenuto come trasformata di Fourier della
funzione di correlazione del momento di dipolo della cella:[16]
Z
I(ω) = ω
2
+∞
e−iωt hM (t) · M (0)idt
(1)
−∞
6.3 Proprietà strutturali
Gli esperimenti di scattering di neutroni e raggi X hanno mostrato che a 295 K
[1] l’idrossido di litio monoidrato ha una struttura caratterizzata da una cella monoclina a faccia centrata, C2/m (C32h ), con parametri di cella a = 7.4153 Å, b =
8.3054 Å, c = 3.1950 Å e β = 110.107◦ e Z=4.
Come mostrato in Fig. 6.1, ciascuna molecola di acqua è coordinata a 4 ioni litio
e a due ioni OH− .
179
Figura 6.1: Struttura del cristallo di idrossido di litio monoidrato: cella di
simulazione
Un forte legame ad idrogeno è formato dalla molecola di acqua con l’atomo di ossigeno dello ione OH− . I principali parametri geometrici ottenuti dalla minimizzazione della struttura a 0 K sono riportati in Tab. 6.1 insieme ai dati sperimentali
ed ai dati di calcoli [17] Hartree-Fock (HF) con un set di base gaussiano. I presenti
calcoli sono in migliore accordo rispetto ai precedenti con i dati sperimentali.
180
Dati strutturali
distances (Å)
exp.[17]
Ow -Hw
1.002
Oh -Hh
0.951
Hw · · · Oh
1.684
Hh · · · Oh
2.269
+
Li · · · Ow
1.982
Li+ · · · Oh
1.965
◦
angles ( )
exp.[17]
Hw -Ow -Ow
104.3
Hw -Ow · · · Oh
174.8
Oh -Hh · · · Oh
167.6
+
+
Li · · · Ow · · · Li
107.4
Oh · · · Ow · · · Oh
100.5
+
+
Li · · · Oh · · · Li
80.0
HF[17]
BLYP
STO-3G 8-411g**
PW
1.018
0.967 1.019
0.987
0.947 0.969
1.451
1.813 1.650
2.052
2.300 2.269
1.757
2.032 1.970
1.768
1.946 1.987
STO-3G 8-411g**
PW
100.7
106.0 104.3
173.9
174.0 174.3
173.7
169.3 167.5
119.4
105.5 107.4
96.0
101.7 108.4
86.5
79.0
79.6
Tabella 6.1: Distanze (Å) e angoli (◦ ) intra e intermolecolari sperimentaali e calcolate nel cristallo. Con gli apici h e w sono indicati gli atomi del gruppo OH− e
della molecola di acqua.
In Fig. 6.2 (a) e (b) sono riportati, rispettivamente, la molecola di acqua e lo ione OH− insieme ai primi vicini per caratterizzare più accuratamente gli intorni
di queste specie nel cristallo. Per dare una descrizione della distribuzione degli
elettroni di valenza nelle figure sono riportati anche i centri delle funzioni di Wannier massimamente localizzati. In Fig. 6.2 (a) si può notare la distribuzione quasi
tetraedrica dei WFC intorno all’atomo di ossigeno delle molecole di acqua. I due
doppietti puntano agli ioni Li+ , ed ovviamente, gli altri due sono lungo i legami
OH. In Fig. 6.2 (b) sono invece mostrati i WFC degli atomi di ossigeno del gruppo
OH− che sono orientati verso gli atomi di idrogeno della molecola di acqua, lungo
l’asse O-H e l’ultimo non è orientato verso lo ione Li+ ma giace sulla bisettrice
dell’angolo Li-O-Li.
181
a)
b)
Figura 6.2: Le sfere più piccole sono le posizioni dei centri delle funzioni di Wannier massimamente localizzati. a) l’intorno della molecola di acqua; b) l’intorno
dello ione OH−
Il moto termico nel cristallo a temperatura ambiente è particolarmente interessante
perché le distanze intra ed inter molecolari presentano ampie oscillazioni come
mostrato per una molecola selezionata in Fig. 6.3.
182
r(OH) (Å)
1.3
1.3
1.2
1.2
1.1
1.1
1
1
r(H...O) (Å)
0.9
0
4000
8000
12000
16000
0.9
2.4
2.4
2.2
2.2
2
2
1.8
1.8
1.6
1.6
1.4
1.4
1.2
0
4000
8000
time (fs)
12000
16000
1.2
0
4000
8000
12000
16000
0
4000
8000
time (fs)
12000
16000
Figura 6.3: Lunghezza di legame OH in funzione del tempo per una molecola di acqua selezionata. Pannello superiore: distanza intramolecolare. Pannello
inferiore: distanza intermolecolare
Le oscillazioni sono tali che la distanza intramolecolare O-H raggiunge 1.2 Å mentre quella intermolecolare si accorcia fino a 1.3 Å. Un simile comportamento fa sı̀
che le distanze convergano a valori simili, ma ciò non è sufficiente a supportare
le conclusioni di Tyutyunnik [7] che ha proposto l’esistenza di un rapido scambio
di protone tra la molecola di acqua e lo ione OH− . Questa conclusione è stata
contestata da Lutz [18] basandosi sulle misure di cattering di neutroni e raggi X,
nonché su misure di spettroscopia vibrazionale. I nostri calcoli confermano i risultati di Lutz [18], ma pongono anche in evidenza come la molecola di acqua
subisca ampie deformazioni strutturali. Questo dà luogo ad ampi riarrangiamenti elettronici come evidenziato da Fig. 6.4 dove è stato riportato il cambiamento
183
WFC lone pair (Å)
nella posizione dei WFC.
0.35
0.35
0.34
0.34
0.33
0.33
0.32
0.32
0.31
0.31
0.3
0.3
WFC OH bond (Å)
0.29
0.53
0.52
0.51
0.5
0.49
0.48
0.47
0.46
0.45
20000
20000
40000
40000
60000
80000
60000
80000
# time step
100000
100000
120000
120000
0.29
0.53
0.52
0.51
0.5
0.49
0.48
0.47
0.46
0.45
0
0
Figura 6.4: Distanze dei WFC dall’atomo di ossigeno di una molecola di acqua
selzionata. Pannello superiore: lone pair. Panello inferiore: legame O-H. Nei pannelli laterali sono riportate come riferimento le corrispettive posizioni dei WFC
nella molecola di acqua isolata.
Questa figura suggerisce forti effetti di polarizzazione che possono essere evidenziati da una forte variazione del momento di dipolo della molecola come riportato
in Fig. 6.5. Il momento di dipolo medio della molecola di acqua ottenuto nella
presente simulazione è di 3.60 D, un valore superiore a quello trovato per l’acqua
liquida, 2.95 D [19, 20], calcolato con lo stesso funzionale e lo stesso metodo.
184
30
25
probability
20
15
10
5
0
2.8
3
3.2
3.4
3.6
3.8
dipole moment (D)
4
4.2
4.4
Figura 6.5: Distribuzione del momento di dipolo mediata su 12 configurazioni
6.4 Spettroscopia
Un’analisi spettroscopica delle proprietà vibrazionali del cristallo di idrossido di
litio monoidrato è ancora mancante, per cui di seguito sono riportati gli spettri IR
e lo spettro di potenza della funzione di autocorrelazione delle velocità (PSACF).
Precedenti calcoli ab initio [21, 22, 23] hanno riportato unicamente le frequenze
vibrazionali dell OH stretching sia dell’acqua di idratazione che dello ione OH− ,
analizzando in dettaglio la natura del red shift di quest’ultimo passando dalla fase
gassosa a quella solida.
Da un punto di vista spettroscopico, solo recentemente lo spettro IR nel range
185
Spettro infrarosso di LiOD·D2 O
Assignment
exp.[24]
Stretching O-D (OH− )
2635
Stretching O-D (acqua, simm. e antisimm.)
2185
Bending DOD (acqua)
1170
Torion (acqua)
736
Rocking (acqua)
624
Rocking (OH− )
490
+
Reticolare (Li )
450
Reticolare (H2 O)
409
Reticolare (OH− )
335
BLYP/PW
2660
2055
1127
746
614
491
437
403
360
Tabella 6.2: Frequenze calcolate e sperimentali in cm−1
di 300-4000 cm−1 è stato misurato. In Tab. 6.2 sono comparate le frequenze
sperimentali e quelle calcolate. Non è stato adottato alcun scaling factor, come
usulmente richiesto nel calcolo di frequenze ab initio, poiché l’accordo è entro i
limiti richiesti.
La comparazione tra gli spettri calcolati e sperimentali richiede una particolare
attenzione, come suggerito da Gennick et al. [24], specialmente nella regione del
lontno infrarosso, dove non è ancora stato stabilito un assegnamento dei modi.
Lo spettro IR calcolato, Fig. 6.6, riproduce in sufficiente accordo le intensità e la
larghezza delle bande, eccettuata la regione delle reticolari e dello stretching OD
dell’acqua.
186
1
Intensity (a. u.)
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000 2200 2400 2600 2800 3000
-1
wavenumber (cm )
Figura 6.6: Spettro infrarosso calcolato
Nella prima regione le bande sono più sottili ed alte di quelle sperimentali, mentre
per lo stretching OH sono presenti i problemi già discussi in altri sistemi, come
ad esempio il metanolo. Tuttavia la possibilità di ottenere uno spettro simulazto è
di particolare importanza, poiché questo può essere riprodotto anche in luce polarizzata. I risultati riportati nel presente capitolo suggeriscono che misure in luce
polarizzata su monocristallo potrebbero essere di grande aiuto nellassegnamento
dello spettro vibrazionale della specie in esame.
Lo spettro IR lungo le tre direzioni è stato riportato in Fig. 6.7, anche se queste non
coincidono con gli assi cristallografici, fornisce interessanti informazioni su modi
normali selezonati. Ad esempio, il modo torsionale della molecola di acqua è
aspettato essere perpendicolare a quello di bending, ed infatti il primo è osservato
lungo le direzioni x e z, mentre il secondo lungo la direzione y. Infine lo stretching
187
4000
3000
2000
1000
Intensity (a. u.)
0
0
4000
200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000 2200 2400 2600 2800 3000
3000
2000
1000
0
0
4000
200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000 2200 2400 2600 2800 3000
3000
2000
1000
0
0
200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000 2200 2400 2600 2800 3000
-1
wavenumber (cm )
Figura 6.7: Spettro IR calcolato: componenti x, y e z, dal pannello superiore a
quello inferiore
OH dello OH− è essenzialmente lungo la direzione z.
Infine in Fig. 6.8, sono riportati gli spetttri di potenza delle funzioni di autocorrelazione delle velocità (PSVACF) di tutti gli atomi che costituiscono il campione,
solo delle molecole d’acqua e degli ioni OH− .
188
Intensity (a. u.)
5e-05
4e-05
3e-05
2e-05
1e-05
0
0
5e-05
4e-05
3e-05
2e-05
1e-05
0
0
5e-05
4e-05
3e-05
2e-05
1e-05
0
0
200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000 2200 2400 2600 2800 3000
200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000 2200 2400 2600 2800 3000
200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000 2200 2400 2600 2800 3000
-1
wavenumber (cm )
Figura 6.8: PSVACF: totale, della molecola di acqua, dello ione OH− , dal
pannello superiore a quello inferiore.
Da queste VDOS si puøosservare le differenze in frequenza dei modi di stretching
OH in IR e Raman del OH− : per LiOH·H2 O non isotopicamente sostituito questa
differenza è di 11 cm−1 , mentre nel presente calcolo è di circa 24 cm−1 .
In Fig. 6.9 sono riportate le VDOS dovute agli ioni Li+ , e ai centri di massa delle
molecole di acqua e degli ioni OH− , rispettivamente.
189
4e-06
3e-06
2e-06
Intensity (a. u.)
1e-06
0
0
0.01
0.008
0.006
0.004
0.002
0
0
0.01
0.008
0.006
0.004
0.002
0
0
100
200
300
400
500
600
700
800
100
200
300
400
500
600
700
800
100
200
300
400
500
-1
wavenumber (cm )
600
700
800
Figura 6.9: PSVACF: dello ione Li+ , del centro di massa delle molecole di acqua
e dello ione OH− , dal pannello superiore a quello inferiore.
Da quest’ultimi spettri sono state ottenute le frequenze dei modi traslazionali ed
il relativo significato è riportato in Tab. 6.2. In questo caso le PSVACF dei centri di massa sono di partcolare aiuto, fornendo la possibilità di studio dei modi
traslazionali senza prendere in considerazione quelli vibrazionali.
6.5 Conclusioni
L’intorno della molecola di acqua e dello ione OH− nel cristallo di idrossido di
litio monoidrato è stato caratterizzato tramite simulazioni CPMD. L’organizzazione elettronica è stata analizzata tramite le posizioni dei WFC, ottenendo una
completa descrizione del riarrangiamento delle coppie elettroniche, specie per la
molecola di acqua.Per quest’ultima la distribuzione del momento di dipolo è sta-
190
to calcolato e si è osservato che il valore medio di questa quantita è piu simile a
quello del ghiaccio che non nell’acqua.
Sono stati assegnati i modi del cristallo osservati nello spettro IR, identoficando i
modi traslazionali dalle funzioni di autocorrelazioni delle velocite.i centri di massa
delle specie che costituiscono il cristallo.
Le simulazioni, riportate in questo capitolo, forniscono una visione accurata del
moto della molecola dell’acuqa nel cristallo, escludendone la dissociazione e fornendo utili suggerimenti per nuove misure sperimentali in modo tale da ottenere
il completo assegnamento dello spettro vibrazionale e di chiarificare le variazioni
strutturali per effetto di una pressione esterna.
191
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[22] Hermansson, K. Chem. Phys. 1992, 159, 67–73.
[23] Hermansson, K. J. Chem. Phys. 1991, 95(5), 3578–3588.
[24] Gennick, I.; Harmon, K. M. Inorg. Chem. 1975, 14(9), 2214–2219.
193
Parte III
Spettro vibrazionale dei fullereni
C60 e C70
194
Capitolo 1
Assegnamento dello spettro
vibrazionale dei fullereni C60 e C70
Usando calcoli di tipo DFT ad elevato livello di teoria, basati sul funzionale di
scambio e correlazione B3LYP ed un set di base 6-31G(d), sono state ottenute
le frequenze vibrazionali e le intensità IR e Raman dei fullereni C60 e C70 . Le
frequenze dei modi attivi IR e Raman in buon accordo con quelle sperimentali
sono state ottenute con l’approccio adottato.
Gli spettri IR, Raman, in elastico di neutroni e di luminescenza relativi al C60
sono ridiscussi ed un assegnamento rivisto di tutti i modi silenti è stato ottenuto e
comparato con i più recenti assegnamenti.
Utilizzando le frequenze calcolate come linea guida è proposto un assegnamento
completo dello spettro vibrazionale delfullerene C70 .
Sulle basi di considerazioni di simmetria si trovato e discusso una una correlazione tra i modi normali del C70 con quelli del C60 .
195
1.1 Introduzione
Gli spettri vibrazionali dei fullereni, ed in particolare del C60 e C70 , hanno destato una considerevole attenzione e rappresentano un elemento chiave per la comprensione delle proprietà strutturali e dinamiche di questi cluster di carbonio [1].
Questi sono, infatti, un valido test delle interazioni intra ed intermolecolari e forniscono utili informazioni sul comportamento di queste molecole allo stato solido.
Tuttavia, il completo assegnamento dei modi normali è caratterizzato da una serie considerevole di problemi che vanno ricercati, in primo luogo, nell’elevata
simmetria delle molecole, che rende inattivi molti di questi modi in IR o Raman
[1].
Questo è particolarmente evidente nel caso del C60 , la molecola a più alta simmetria, e pone seri problemi per una completa identificazione dei 46 modi normali di
vibrazione e delle relative frequenze. Infatti, nel gruppo di simmetria Ih solo 14
modi normali sono attivi in Raman (2Ag + 8Hg ) o in infrarosso (4T1u ), e questi
sono stati assegnati con certezza.
L’identificazione dei rimanenti 32 modi silenti (3T1g + 4T2g + 6Gg + Au + 5T2u +
6Gu + 7Hu ) risulta essere difficoltosa.
Precedenti calcoli sulle frequenze di vibrazione del C60 basati su modelli di campi
di forza o su approcci quantomeccanici [1, 2] non hanno mostrato l’accuratezza
richiesta per utilizzarli come linea guida per una chiara identificazione dei modi
silenti. Tentativi di assegnamento sono stati compiuti sulla base di spettri IR e
Raman ad alto ordine [3, 4, 5].
Nel caso del C60 l’assegnamento è stato ottenuto [6, 7, 8, 9, 3] sfruttando una serie
di circostanze, come, ad esempio, il fatto che nel cristallo e nelle molecole sostituite si ha una riduzione della simmetria locale. Usando gli spettri sperimentali
196
IR e Raman sul cristallo e le frequenze normali calcolate ab initio tramite DFT da
Giannozzi e Baroni [10], Schettino et al. [11] hanno proposto un assegnamento
completo del fullerene C60 . Successivamente Choi et al. [12] e Menéndez et al.
[13] hanno riveduto tale assegnamento partendo sempre da calcoli DFT, ma con
diversi set di base e fattori di scala.
Recentemente Schettino et al. [14] hanno dimostrato che a livello DFT B3LYP/631G(d) le frequenze di vibrazione dei modi attivi del fullerene C60 raggiungono
un livello di accuratezza tale che le deviazioni da quelle sperimentali sono ridotto a 3.6 cm−1 . Partendo da questi risultati, i calcoli DFT possono essere usati
per assegnare tutti i modi silenti, osservando una differenza tra modi calcolati ed
osservati inferiore a 5 cm−1 [14].
Per ottenere un assegnamento completo del fullerene C70 si deve tuttavia ricordare che il numero di modi normali è superiore e che molti di questi hanno bassa
intensità in IR o Raman. Ci si deve inoltre aspettare che alcuni dei modi normali
diventino debolmente attivi nel cristallo a bassa temperatura [15, 16]. Inoltre è
anche vero che è possibile distinguere questi da quelli attivi sulla base dell’intensità. A ciò si deve aggiungere come siano disponibili tutta una serie di calcoli ab
initio e semiempirici delle frequenze del C70 [17, 18, 19, 20, 21, 22]. Tuttavia
i calcoli svolti su tali sistemi si basano su livelli di teoria diversi e ciò si riflette
sulle frequenze di vibrazione. Non è possibile quindi scegliere in modo univoco
un modello che possa essere utilizzato come linea guida per l’assegnamento degli
spettri vibrazionali di questa molecola.
In questo capitolo si ridiscutono gli spettri vibrazionali del C70 usando un approccio basato su tre differenti, ma convergenti punti di vista:
1. Calcolo delle frequenze vibrazionali del C70 e delle intensità IR e Raman
ad un livello DFT con funzionale di scambio e correlazione B3LYP e base
197
6-31G(d) (per le intensità Raman si è utilizzato una base 3-21G). Questo
approccio si è rivelato idoneo per l’assegnamento dello spettro vibrazionale
del C60 [14].
2. Utilizzo di elementi di simmetria comuni alle molecole del C60 e del C70 ,
per correlare i modi normali delle due molecole.
3. Classificazione delle frequenze del C70 in diagrammi che ricordano le curve di dispersione dei cristalli. Quindi, un’interpretazione ragionevole degli
spettri IR e Raman in fase cristallina può essere ottenuta ricorrendo ad i
calcoli DFT e a possibili considerazioni di simmetria.
1.2 Dettagli computazionali
Tutti i calcoli riportati nel presente capitolo sono stati eseguiti nell’ambito della
teoria del funzionale della densità. È stato osservato che usando quest’approccio
si ottiene un buon accordo con le frequenze vibrazionali sperimentali se si ricorre
ad un’appropriata combinazione di set di base e funzionale di scambio e correlazione. Recentemente, Rauhut e Pulay[23] e Scott e Radom[24] hanno mostrato
che uno dei migliori compromessi tra accuratezza ed applicabilità a molecole di
dimensioni medio-grandi è ottenuto adottando il set di base 6-31G(d) ed il funzionale di scambio e correlazione B3LYP. Questo approccio, è utilizzato con considerevole successo per molecole coniugate o aromatiche come ad esempio polieni
[25], retinale [26], benzene [27], usando un fattore di scala di 0.9613.
La minimizzazione della molecola di C60 e il calcolo delle frequenze normali è
stato eseguito col funzionale B3LYP ed il set di base 6-31G(d). Le frequenze normali sono state calcolate usando una griglia più fine nella valutazione numerica
degli integrali, dopo un’ottimizzazione geometrica di tipo very-tight, usando la
198
suite di programmi GAUSSIAN 98 rev. A. 7 [28] e successivamente sono state
scalate con un fattore di scala uniforme di 0.98. L’uso di un fattore di scala più piccolo se comparato con i precedenti calcoli è giustificato dall’assenza, nel presente
sistema di atomi di idrogeno e pertanto dalla presumibile inferiore aromaticità del
fullerene. Le intensità infrarosse sono state calcolate con la base 6-31G(d), mentre per le intensità Raman le risorse computazionali hanno limitato il calcolo alla
base 3-21G.
Le frequenze vibrazionali e le intensità infrarosse sono state calcolate anche per le
specie 12 C59 13 C e 12 C69 13 C, considerando, in questo caso, cinque possibili distinte
posizioni dell’isotopo 13 C.
1.3 Materiali e metodi
Gli spettri infrarossi di film di C70 di vario spessore sono stati misurati a varie
temperature usando uno spettrometro in trasformata di Fourier Brucker IFS HR
120 con una risoluzione di 0.5 cm−1 . Lo spettro Raman a temperatura ambiente è
stato registrato con l’opzione FT Raman dell’interferometro Brucker. Il campione
in commercio di C70 della Syncom è stato utilizzato senza ulteriori purificazioni.
1.4 Assegnamento dello spettro vibrazionale del C60
Per l’assegnamento dei modi silenti del fullerene C60 , si può prendere spunto da
due circostanze.
1. Nel cristallo, le interazioni intermolecolari riducono la simmetria locale della molecola (fullerene cage) [29, 30]. Ad esempio, nella fase a bassa temperatura, la simmetria è S6 . Questo rende tutti i modi silenti debolmente attivi
sia in IR che in Raman. Inoltre l’effetto di disordine o le imperfezioni del
199
cristallo dovrebbero essere prese in considerazione [31]. A conferma di ciò
tutta una serie di bande di debole o media intensità, oltre ai modi attivi della
molecola libera, sono state osservate sia negli spettri IR che Raman [6, 7].
La riduzione di simmetria è stata anche sfruttata nell’attivazione dei modi
silenti tramite adsorbimento di C60 su superfici [32] ed in fullereni sostituiti
[6, 33].
2. Nei fullereni in natura le specie
12
C60 e
12
C59 13 C sono presenti in un rap-
porto di 5:3. Quest’ultima è una specie isotopica con solo simmetria Cs , e
questo fa sı̀ che vi sia una debole attività sia in IR che in Raman di tutti i
modi silenti del C60 [31]. In connessione a questo fenomeno si dovrebbe
notare come nel solido le frequenze della specie isotopica cadano nell’intorno della densità degli stati di ciascun modo normale e non si avrà pertanto luogo ad una separazione delle bande. Infine, gli spettri di scattering
inelastico di neutroni [34, 35, 36] sono stati misurati con una risoluzione
adeguata, particolarmente nella regione di bassa frequenza, e ciò può essere di grande aiuto nella localizzazione delle frequenze dei modi normali
indipendentemente dalla loro attività ottica.
Prendendo spunto da tutte queste considerazioni e con l’aiuto di calcoli a livello
perturbativo delle frequenze dei modi normali tramite DFT [10] usando pseudopotenziali, set di basi espanso in onde piane, e metodi numerici è stato proposto
un assegnamento completo dei modi normali del C60 [11].
Successivamente, poche modifiche a questo assegnamento sono state suggerite da
Negri et al. [2]. Recentemente Choi et al. [12], senza prendere in considerazione
il precedente assegnamento né le modifiche di Negri et al. [2], hanno ridiscusso
il completo assegnamento del C60 raggiungendo una conclusione che differisce
200
nell’assegnamento di 16 modi normali rispetto al precedente assegnamento [11].
Queste differenze includono sei bande che sono solo assegnate a differenti spece
di simmetria e dieci bande che invece differiscono in modo più consistente. Gli
argomenti presentati da Choi et al. [12] sono essenzialmente vasati su un calcolo
DFT delle frequenze dei modi normali usando il funzionale di scambio e correlazione B3LYP ed il set di base 3-21G. Poiché come è noto [23, 24] il set di base
3-21G non è in grado di fornire l’accuratezza desiderata sulle frequenze di vibrazione, Choi et al. [12] hanno sopperito a questi problemi utilizzando un set
di fattori di scala sulle costanti di forza aggiustate in modo tale da consentire il
miglior fit con le bande attive sia in IR che in Raman, ottenendo una differenza
media tra bande osservate e calcolate di 8.6 cm−1 . In alcuni casi, i fattori di scala
adottati da Choi et al. [12] sono abbastanza grandi e richiederebbero un ulteriore
rescaling delle frequenze di vibrazione superiori al 5%. Si ritiene che la procedura
adottata in alcuni casi porti ad errori indesiderati, come verrà di seguito mostrato,
e che un approccio più semplice può attualmente essere seguito [14]. Infatti, è
stato mostrato [14] che calcoli DFT usando il funzionale di scambio e correlazione B3LYP ed il set di base più esteso, come il 6-31G(d), usando un fattore di
scala uniforme per le frequenze di vibrazione, è il miglior compromesso tra accuratezza e risorse computazionali, nonché si ottengono frequenze di vibrazioni
abbastanza accurate per molecole di moderate dimensioni. Si è usato questo stesso approccio per calcolare le frequenze di vibrazione del C60 . Usando un fattore
di scala uniforme sulle frequenze di 0.98, si ottiene una differenza media tra le
frequenze calcolate ed osservate dei modi attivi Ag , Hg e T1u di soli 3.6 cm−1 . Il
presente risultato è un significativo miglioramento rispetto a quello di Choi et al.
[12], che usando più fattori di scala ottengono una discrepanza di 6.3 cm−1 . Si è
anche notato che i presenti calcoli sono un notevole miglioramento su i calcoli di
201
Giannozzi e Baroni[10] che fornivano una differenza media sui modi attivi di circa 15 cm−1 . Le stesse considerazioni possono essere estese ai calcoli di tipo DFT
eseguiti da Adams et al. [37] ed utilizzati da Menèndez e Page [13]. I calcoli di
Adams et al. [37] registrano una discrepanza per i modi attivi IR e Raman di circa
44 cm−1 , e questa discrepanza è causata principalmente dai modi ad alta frequenza. L’accuratezza dei presenti calcoli può essere analizzata anche considerando
le intensità infrarosse. Per i quattro modi T1u , si ottiene in ordine di frequenza
crescente le intensità relative 100, 34, 29 e 37. Queste sono in ottimo accordo con
quelle ottenute sperimentalmente da Chase et al. [12] (100, 32, 26, 34) ottenute
come prodotto dell’altezza del picco per la larghezza della banda. Sono state calcolate anche le intensità Raman, ma usando unicamente il set di base 3-21G. Una
comparazione in questo caso è molto più complessa perché le intensità Raman
dipendono fortemente dalla lunghezza d’onda della riga eccitatrice. In ogni caso,
le intensità Raman calcolate sono in accordo qualitativo con gli esperimenti che
hanno adottato una riga eccitatrice a 488 o 514 nm.
L’accurata riproduzione computazionale dei modi attivi, ha consentito una completa riconsiderazione dell’assegnamento dei modi silenti del fullerene usando
come linea guida il calcolo B3LYP/6-31G(d). Questo implica una ricerca delle
fondamentali non attive tra le deboli bande degli spettri IR e Raman del cristallo.
Un’interpretazione delle deboli bande che compaiono negli spettri del cristallo di
C60 è stata discussa da Dong et al. [3] con riferimento allo spettro Raman e da
Wang et al. [5] e Martin et al. [4] in riferimento allo spettro infrarosso. L’osservazione iniziale di Dong et al. [3] e Wang et al. [38] è che la distribuzione di bande
che appare intorno a 1500 cm−1 , che deve essere sicuramente assegnata ad una
combinazione binaria di modi, è conseguenza della piccola dispersione dei modi
fononici e di deboli interazioni intermolecolari. Quindi, nel quasi ideale cristallo
202
molecolare, le interazioni intermolecolari non dovrebbero essere cosı̀ effettive da
attivare modi silenti. La debole presenza di bande osservata nello spettro dovrebbe
essere assegnata o alla combinazione di bande e quindi alla seguente formazione
di bande di ordini superiori oppure a modi silenti attivati dalla riduzione di simmetria apportata dalla presenza della specie isotopica 12 C59 13 C (Cs e non C2h come
riportato in ref.[5].) Questa conclusione è in contrasto con l’attenta analisi dello
spettro infrarosso a bassa frequenza del C60 riportata da Bini et al. [7], che hanno
interpretato l’apparizione di modi silenti di tipo u come derivanti da interazioni
intermolecolari. A conferma della presente affermazione, in una simulazione di
dinamica molecolare, usando un force field intermolecolare semplificato, Procacci [39] e Berne e Procacci [49] hanno mostrato che la riduzione di simmetria e le
interazioni intermolecolari nel cristallo sono molto effettive nel dare una debole
intensità infrarossa ai modi silenti di tipo u. I modi silenti possono apparire nello
spettro infrarosso con un’intensità di circa 10−2 volte quella della fondamentale T1u più forte. Ci si aspetta che effetti similari avvengano pure nello spettro
Raman. Si deve ricordare che nelle simulazioni di dinamica molecolare i modi
di combinazione sono chiaramente osservati nella regione spettrale sopra i 1600
cm−1 ma non molto a numeri d’onda inferiori. Questo suggerisce che le deboli
bende nello spettro sotto i 1600 cm−1 dovrebbero in preferenza essere assegnate
a modi silenti fondamentali. Questa affermazione è confermata dai calcoli eseguiti nel presente lavoro sullo spettro infrarosso della specie isotopica
12
C59 13 C.
Si è trovato che tutte le fondamentali proibite del C60 diventano debolmente attive nello spettro IR. Inoltre l’intensità dei modi attivati risulta essere superiore in
vicinanza dei modi attivi T1u dove l’accoppiamento dei modi e l’innalzamento
dell’intensità è superiore. Si è anche trovato che in generale l’intensità infrarossa
dei modi silenti di tipo u è 3 volte superiore a quella dei modi di tipo g. In accordo
203
con i presenti calcoli per la specie 12 C59 13 C, l’intensità infrarossa complessiva dei
modi inattivi del cristallo di C60 è il 3.4% di quella dei modi T1u . In Fig. 1.1 lo
spettro IR sperimentale del cristallo di C60 sotto i 450 cm−1 è comparato con lo
spettro calcolato della specie 12 C59 13 C ottenuto nel presente lavoro e con i risultati
della simulazione di dinamica molecolare di Procacci [39].
Intensity
a
b
0
c
200
250
300
350
-1
wavenumber (cm )
400
450
Figura 1.1: Comparazione dello spettro far-infrared (pannello a) [7] con lo spettro
calcolato per la specie 12 C59 13 C (pannello b) e con una simulazione di dinamica molecolare classica [39] (pannello c). Le simulazioni di dinamica molecolare
sono state eseguite con un force field semplificato [40] e frequenze interne leggermente differenti da quelle ottenute in [14]. Le intensità sono riportate in unità
arbitrarie
Ritornando, dopo queste considerazioni preliminari, all’interpretazione delle deboli bande presenti nello spettro del C60 , i succesivi dati sperimentali sono stati
usati come riferimento di base:
204
1. Per lo spettro Raman si è fatto ricorso allo spettro Raman su singolo cristallo di Matus e Kuzmany [41] e di van Loosdrecht et al. [9] e sugli esperimenti Raman di Dong et al. [3]. Queste misure sono state eseguite si a a
temperatura ambiente che bassa.
2. Per lo spettro IR sono stati usati gli spettri su su film sottili di C60 riportati
in precedenti lavori ed eseguiti nel Laboratorio di Spettroscopia Molecolare
dell’Università di Firenze [6, 7]. Gli spettri sono stati misurati a 8 K. Questi
spettri IR sono estremamente simili a quelli riportati da Martin et al. [4, 8]
e da Wang et al. [5], eccettuato per la migliore risoluzione.
3. L’analisi degli altamente strutturati spettri di luminescenza del fullerene
cristallino esposto all’ossigeno riportati da Nissen et al. [42].
4. Gli spettri di scattering di neutroni già menzionati in precedenza [34, 35].
L’assegnamento riveduto risultante dalla nostra analisi è sommarizzato in Tab.
1.1, dove è comparato con i risultati del nostro precedente assegnamento e con
l’assegnamento di Choi et al. [12] e da Menéndez e Page [13].
205
Calcolo DFT
Ag
Hg
T1u
T1g
T2g
Gg
Au
T2u
Gu
Hu
487
1474
261
429
705
772
1104
1251
1426
1585
528
577
1189
1431
562
823
1276
555
724
789
1344
480
565
741
1072
1308
1507
946
337
709
958
1177
1536
351
738
751
962
1307
1434
400
531
665
729
1219
1343
1576
[14]
496
1468
264
430
709
773
1101
1251
1425
1576
525
578
1182
1433
560
825
1260
552
713
796
1345
485
567
751
1078
1315
1497
956
341
706
963
1166
1540
354
741
756
972
1307
1428
403
533
665
738
1215
1341
1566
Assegnamento
[11]
[12]
494
495
1468 1470
266
267
431
431
709
711
772
775
1095 1101
1248 1251
1421 1427
1574 1576
525
526
578
577
1180 1180
1430 1433
567
565
860
904
1289 1290
535
614
764
668
796
831
1345 1340
485
485
577
592
738
758
1142 1040
1310 1348
1521 1497
976 1078
355
340
714
716
1037
955
1190 1142
1566 1524
345
354
757
707
776
797
963
970
1315 1315
1419 1429
403
403
485
535
667
694
738
737
1215 1214
1342 1343
1540 1567
[13]
496
1470
272
433
709
772
1099
1252
1425
1575
526
575
1182
1429
568
831
1289
553
756
796
1345
485
567
736
1079
1310
1482
984
342
753
973
1205
1525
353
764
776
961
1309
1422
403
534
668
743
1223
1344
1567
Tabella 1.1: Frequenze vibrazionali del fullerene C60 in cm−1
206
Gli argomenti che hanno portato all’assegnamento riportato in Tab. 1.1 sono brevemente discussi di seguito. È ovvio che è utile discutere lo spettro regione per
regione, partendo dalla regione spettrale al di sotto dei 1000 cm−1 . Nella regione tra 900 e 1000 cm−1 sono calcolate tre frequenze corrispondenti ai modi Au ,
T2u (3) e Gu (4). In buon accordo con i calcoli lo spettro IR mostra una debole
banda allargata che, a bassa temperatura, mostra chiaramente una struttura caratterizzata dalla presenza di tre componenti che possono essere assegnate come
fondamentali. Almeno due di queste componenti sono osservate anche nello spettro Raman. Picchi non risolti sono presenti anche nello spettro di scattering in
elastico di neutroni e nello spettro di luminescenza. La corrispondenza tra calcoli ed esperimenti è sorprendentemente buona anche per le regioni 800-900 e
600-700 cm−1 , dove solo una frequenza normale è calcolata (T1g (2) e Hu (3), rispettivamente). In corrispondenza un picco è osservato a 823 cm−1 nello spettro
IR con una controparte nello spettro di luminescenza e nello spettro di neutroni.
Allo stesso modo, un singolo e definito picco è osservato nello spettro IR a bassa
temperatura a 667 cm−1 , che ha una controparte nello spettro di luminescenza e
di scattering inelastico di neutroni, ma non è stato osservato nello spettro Raman.
La regione tra 700 e 800 cm−1 richiede una particolare attenzione, perché questa
è la regione più congestionata dello spettro. Infatti nove fondamentali sono calcolate per questa regione, e queste includono due modi attivi in Raman di tipo Hg .
Si deve ricordare che anche da un punto di vista prettamente sperimentale questa
è la regione che maggiormente è complicata e nella quale risiedono un numero
di picchi elevato come conseguenza della riduzione di simmetria, come osservato
negli spettri IR dei film o in campioni adsorbiti su superfici o di fullereni sostituiti. Per portare a termine l’assegnamento della regione, si è deciso di identificare
come fondamentali i tre picchi osservati nella regione a più bassa frequenza dello
207
spettro IR (includendo il modo Hg (3)), identificando come Hg (4) il picco infrarosso ben definito a 772 cm−1 e assegnando come fondamentali di tipo u gli altri
due prominenti picchi nello spettro IR e come un modo di tipo g il picco di media
intensità rimanente dello spettro Raman. In Tab. 1.2 sono riportati i riferimenti da
cui sono state estratte le varie bande.
Lo spettro nel lontano infrarosso del C60 è stato discusso in dettaglio e l’assegnamento è l’assegnamento è praticamente definitivo anche perché c’è consenso
tra le bande sperimentali e quelle calcolate. L’unico problema rimanente è quello relativo alla regione tra 500 e 600 cm−1 che nello spettro IR è dominata dalle
forti bande fondamentali T1u . Tuttavia, una più attenta analisi mostra che la più
bassa delle due T1u è un doppietto. Questo è confermato dagli spettri Raman, di
luminescenza e INS. La presenza di due fondamentali estremamente ravvicinate
(T1u (1) e Hu (2)) è confermata dai calcoli del presente lavoro. I calcoli predicono
almeno due modi degeneri di tipo g in questa regione, e due bande appropriate
sono identificate nello spettro Raman da Love Äet al. [31] e anche nello spettro IR
del cristallo. L’assegnamento dei modi sotto i 600 cm−1 si accorda completamente con risultati dell’analisi delle misure INS tramite autovettori dei modi interni
riportata da Heid et al.
L’analisi dello spettro sopra i 1000 cm−1 è ancora più semplice. Per l’assegnamento del modo Gg (4), si propone la 1080 cm−1 invece della banda a 1060 cm−1
come nel precedente assegnamento, perché la prima è presente sia negli spettri
IR che Raman di luminescenza e INS. I modi T1u (3) e T1u (4) sono chiaramente
identificati nello spettro IR. Solo uno di questi modi è identificato nello spettro di
luminescenza e di scattering di neutroni, ma entrambi sono presenti nello spettro
Raman.
208
La regione tra 1200 e 1400 cm−1 non è facile da analizzare, in particolar modo
perché ci sono due coppie di fondamentali, [Gu(5) e Gg(5)] e [Hu(6) e T2g(4)],
che son quasi degeneri nei calcoli di tipo DFT e sono osservate come doppietti
solo negli spettri IR ma non sono risolte negli altri spettri. Infine le fondamentali
che si trovano nella regione tra 1400 e 1600 cm−1 (quattro infrarosse o Raman
attive e quattro modi silenti) sono facilmente identificate con l’aiuto dei presenti
calcoli DFT come mostrato nella tabella 1.2.
209
Calculate
Ag
Hg
T1u
T1g
T2g
Gg
Au
T2u
Gu
Hu
487
1474
261
429
705
772
1104
1251
1426
1585
528
577
1189
1431
562
823
1276
555
724
789
1344
480
565
741
1072
1308
1507
946
337
709
958
1177
1536
351
738
751
962
1307
1434
400
531
665
729
1219
1343
1576
[41]
496
1468
272
430
709
773
1101
1251
1425
1576
[9]
496
1468
267
428
709
772
1099
1252
1425
1575
527
579
1432
1258
795
492
1080
796
1345
485
567
1079
1499
706
959
1545
1544
757
972
1432
533
738
1562
1566
Sperimentali
[14] [42]
493
483
1470 1467
265
265
431
428
709
708
772
771
1100 1097
1251 1248
1425 1427
1572 1572
525
525
580
578
578
1187 1182 1180
1433
560
825
827
1260 1270
552
713
708
796
796
796
1345 1345 1342
485
485
483
567
567
566
751
1079 1078 1077
1310 1309 1309
1499 1497 1496
956
960
344
341
339
706
708
959
963
960
1166
1544 1540
356
354
339
741
757
756
755
972
972
960
1307 1309
1428
404
403
400
533
533
532
665
665
738
738
739
210 1215 1211
1345 1341 1342
1566
[3]
496
1468
272
433
709
772
1099
1252
1425
1575
[35]
488
1448
264
432
715
765
1089
1448
1563
526
576
1217
1448
563
813-840
[34]
484
266
436
710
774
1097
1258
1420
1581
532
573
1186
839
715
813
1327
488
563
710
1089
1065
1520
971
344
715
971
960
347
710
960
484
344
347
742
971
960
1448
404
536
673
1420
403
532
669
742
1202
1355
1217
1327
Tabella 1.2: Frequenze vibrazionali sperimentali del fullerene C60 in cm−1
Come si può vedere dalle tabelle 1.1 e 1.2, i cambiamenti dall’assegnemanto
riportati in ref. [14] non sono sostanziali ed includono:
1. un riassegnamento dell’elevato numero di bande fondamentali che cade nella regione tra 700 e 800 cm−1 e delle fondamentali quasi degeneri che
cadono a circa 950 cm−1 ;
2. l’inversione nell’assegnamento delle coppie di modi T2u (5)-Hu (7) e Gu (1)T2u (1) in concomitanza con l’ordine delle frequenze calcolate (quest’inversione era stata inizialmente suggerita da Negri et al. [2] e confermata da
Choi et al. [12]);
3. il riassegnamento delle fondamentali Hu (2) come già suggerito da Negri et
al. [2] e Choi et al. [12], cosicché la banda a 485 cm−1 non è più assegnata
due volte;
4. un maggiore riassegnamento della T2u (3)
5. il riassegnamento della T1g (2), T2g (1), Gg (2), Gg (6), T2u (1), e Gu (6) e
l’inversione dll’assegnamento della coppia Gg (5)-Gu (5).
L’accordo complessivo tra frequenze calcolate e osservate è soddisfacente per il
presente assegnamento. Infatti la discrepanza media è solo di 4.9 cm−1 , comparabile con l’incertezza trovata per i modi attivi. Questa è un’ulteriore evidenza
della sostanziale scelta delle frequenze vibrazionali sperimentali. Comparando
il presente assegnameno con quello di Choi et al. [12], si possono fare le seguenti considerazioni. Il modo Au è caclolat da Choi et al. [12] a 1064 cm−1 ,
una frequenza considerevolmente differente da quella del nostro calcolo. Coe si
può osservare dalla tabella 1.3, tutti i calcoli DFT predicono il modo Au ad una
frequenza inferiore ai 1000 cm−1 .
211
Assegnamento
Ag
Hg
T1u
T1g
T2g
Gg
Au
T2u
Gu
Hu
496
1468
264
430
709
773
1101
1251
1425
1576
525
578
1182
1433
560
825
1260
552
713
796
1345
485
567
751
1078
1309
1497
956
341
706
963
1166
1540
354
741
756
972
1307
1428
403
533
665
738
1215
1341
1566
[14]
487
1474
261
429
705
772
1104
1251
1426
1585
528
577
1189
1431
562
823
1276
555
724
789
1344
480
565
741
1072
1308
1507
946
337
709
958
1177
1536
351
738
751
962
1307
1434
400
531
665
729
1219
1343
1576
[12]
484
1474
272
436
704
782
1117
1250
1419
1582
520
576
1172
1430
556
896
1295
608
683
836
1340
493
605
721
1054
1342
1498
1064
347
707
956
1144
1543
365
700
798
973
1306
1424
425
542
702
742
1242
1358
1560
[10]
495
1504
259
425
711
783
1120
1281
1450
1578
527
586
1218
1462
564
823
1296
548
767
794
1363
480
566
762
1118
1322
1512
943
337
716
993
1228
1535
349
748
782
975
1334
1452
399
530
662
741
1231
1363
1569
Calcoli DFT
[5]
[43]
[44]
483
478
482
1529 1499 1447
263
258
261
432
439
435
713
712
730
778
767
775
1111 1093 1098
1282 1244 1208
1469 1443 1394
1598 1576 1573
533
547
541
548
570
566
1214 1176 1158
1485 1461 1399
566
580
580
825
788
847
1292 1252 1284
550
547
559
771
610
789
795
770
816
1360 1316 1257
484
486
482
564
571
594
763
759
781
1117 1087 1047
1326 1296 1314
1528 1505 1479
947
850
934
344
342
340
717
738
774
987
962
936
1227 1185 1108
1558 1539 1537
356
356
352
752
683
763
784
742
796
977
957
939
1339 1298 1289
1467 1440 1395
406
404
404
534
539
540
663
657
672
742
737
769
1230 1205 1198
1360 1320 1314
1588 1565 1545
[45]
499
1525
261
431
727
788
1128
1297
1475
1618
535
591
1224
1486
579
830
1318
551
804
839
1393
484
573
788
1122
1347
1548
972
342
726
996
1234
1571
350
762
830
984
1359
1480
401
541
671
762
1248
1389
1611
[46]
481
1489
263
422
717
763
1080
1198
1422
1580
514
569
1143
1457
563
826
1241
543
788
800
1277
480
570
772
1037
1287
1501
973
343
725
945
1131
1546
348
756
790
937
1259
1420
388
527
661
750
1176
1291
1566
[13]
494
1607
259
427
694
760
1103
1328
1535
1628
522
570
1227
1560
565
813
1309
547
717
757
1385
484
554
745
1123
1332
1578
929
330
696
954
1239
1598
353
708
753
970
1369
1525
399
533
654
727
1243
1387
1622
Tabella 1.3: Assegnamento vibrazionale del C60 e calcoli DFT delle frequenze dei
modi normali(in cm−1 )
212
Il risultato di Choi et al. [12] è dovuto all’inadeguatezza del set di base adottato.
Infatti si è verificato che nei calcoli di tipo DFT, passando dal set di base 3-21G
al set di base 6-31G(d), la frequenza si abbassa di 66 cm−1 . L’inadeguatezza
della procedura di Choi et al. [12] si riflette sui risultati delle frequenze calcolate dei modi normali T1g (2), T2g (1), T2g (2), T2g (3), Gg (2),Gg (3),T2u (4),Gu (3) e
Hu (3). Queste sono le differenze più marcate nei due assegnamenti. L’assegnamento proposto nel presente lavoro differisce da quello di Menéndez e Page [13]
principalmente nella regione tra 700 e 800 cm−1 , dove Menéndez e Page [13]
assegnano solo un modo sulla parte a più bassa frequenza. Conseguentemente,
Menéndez e Page [13] assegnano come fondamentale il picco a 753 cm−1 , che è
il picco più debole osservato nello spettro IR in questa regione ed una spella del
picco a 772 cm−1 . L’assegnamento qui proposto si basa sia sui calcoli di tipo
DFT che sull’intensità relative. Un’ulteriore differenza può essere notata nella regione a circa 950 cm−1 , dove Menéndez e Page [13] assegnano una fondamentale
a 984 cm−1 , ma un pico a questa frequenza non è osservato né in IR né in Raman.
Un’altra differenza concerne l’assegnamento del modo T2u (4): la scelta della frequenza a 1166 cm−1 dovrebbe essere preferita non solo per l’accordo con i calcoli
ma anche per la superiore intensità di questo picco nello spettro IR. Questo lascia
una scelta per l’assegnamento del picco della banda Hu (5) tra 1215 e 1223 cm−1 :
si è preferito l’assegnamento a 1215 cm−1 ancora una volta sulla base dell’intensità infrarossa. Il criterio dell’intensità infrarossa si applica per l’assegnamento
della banda T1g (3) a 1260 cm−1 . Per l’assegnamento del modo Gg (6), la scelta
dovrebbe essere confinata al picco definito tra 1497 e 1505 cm−1 nello spettro
infrarosso: si preferisce il primo di questi due che osservato anche nello spettro
Raman. Le stesse argomentazioni si applicano all’assegnamento del modo T2u (5).
Di minore importanza è il cambiamento dell’assegnamento del modo Gg (5).
213
1.5 Assegnamento dello spettro vibrazionale del C70
1.5.1 Considerazioni di simmetria
La molecola del fullerene C70 appartiene al gruppo di simmetria D5h ed i 204
modi normali si classificano come: 12A01 + 9A02 + 21E10 +22E20 + 9A001 + 10A002
+ 19E100 + 20E200 . I modi E10 e A002 sono attivi nell’infrarosso mentre i modi A01 ,
E20 and E100 sono attivi in Raman. Per le seguenti discussioni può essere di aiuto
ricordare che le vibrazioni di specie 0 e
00
sono rispettivamente simmetriche ed
antisimmetriche rispetto al piano di simmetria equatoriale.
Sid eve ricordare anche che le vibrazioni normali del C60 si classificano nel gruppo
di simmetria Ih come 2Ag + 3T1g + 4T2g + 6Gg + 8Hg + Au + 4T1u + 5T2u + 6Gu
+ 7Hu .
Una diretta correlazione tra due molecole di simmetria Ih e D5h non può essere
trovata perché la seconda non appartiene ad un sottogruppo di simmetria della
prima.
Tuttavia, si nota, come può essere osservato dalla Fig. 1.2, che la molecola di C70
può essere vista come formata da due cupole circolari di 30 atomi di carbonio,
sostanzialmente identiche a metà della molecola di C60 , separate da una fascia
equatoriale costituita da 10 atomi.
214
Figura 1.2: Struttura del fullerene C70 ; in nero sono indicati i 14 atomi che
generano per effetto dell’operazione di simmetria C5 tutti gli altri atomi della
molecola
Come ipotesi iniziale si assume che i modi vibrazionali della fascia equatoriale,
30 modi, non siano accoppiati con quelli delle cupole semisferiche. La validità
di questa ipotesi sarà analizzata a posteriori. Nell’ambito di questa assunzione si
prova a correlare le vibrazioni della cupola semisferica del C70 con quelle del C60 .
Per questo scopo si nota che i gruppi Ih e D5h hanno come sottogruppi il D5
e il C5 v in comune e si correlano le frequenze del C60 e C70 attraverso questi
sottogruppi.
I diagrammi di correlazione sono riportati in tabella 1.4.
215
Ih
Ag , A u
D5
A1 PPP
£
PPP
£
£ A P
T1g , T1u Z £½
2 PP
PPP
Z ½
½£
Z
½ £Z
Z E1 P
T2g , T2u ½
PPP
Z £ ½
PP
Z£ ½ ­
­
Z
½
£ ­
Z
½
Z E2 P
Gg , Gu ½£ ­ ½
PPP
£­ ½
PP
½
£­½
£
­
Hg , H u ½
D5h
A01
A001
A02
A002
E01
E001
E02
E002
C5v
Ih
A
A
g
, 1e
J
A
,
PPP,
e ³³³ Au
AJ
P
³
e
AJ
³³
, PP A2 P
P
" T1g
,
Je
T AP
P
"
P
e
,
P
J e T2g
A"
T "
,
"
T AJ
"
e
,
E
³
1
b
T,
A J T1u
³³
l
e
³
b
³
³
J
,
TbA ³
lb
e
³ T2u
,
l
³
Tb
³
A
e
³
³ e
,
lT b Gg , Gu
A
bP
l
³³³ E2 P
P
bP
TP
eP
³³³
lA Hg
bb
eT
b
b
T Hu
e
Tabella 1.4: Diagrammi di correlazione dei gruppi Ih e D5h con i sottogruppi in
comune.
Attraverso un singolo sottogruppo a commune la correlazione delle frequenze del
C60 e del C70 non è nonambigua. Tuttavia, se è richiesta una doppia compatibilità
come mostrato in Tab: 1.4, si trova prontamente che la correlazione è unica in
molti casi.
Qualora rimanga ambiguità si considera il carattere nella rappresentazione irriducibile di partenza del gruppo Ih e si richiede che questo sia uguale al carattere
della somma diretta delle corrispondenti rappresentazioni del gruppo D5h .
Ad esempo dalla tabella 1.4 si vede che le specie T1g si correlano chiaramente con
le A02 ed anche con le specie E10 or E100 . Comparando i caratteri per le operazioni
E, C5 , C2 , σh e C52 la scelta cade sulla specie E001 .
I risulati sono sommarizzati in tabella 1.5 dove si vede come le vibrazioni del C60
si trasformano sotto una simmetria di tipo D5h .
216
Ih
Ag
Au
T1g
T2g
T1u
T2u
Gg
Gu
Hg
Hu
D5h
A01
A001
A02 + E01
A02 + E002
A002 + E001
A002 + E002
E01 + E001
E001 + E002
A01 + E01 + E001
A001 + E001 + E002
Tabella 1.5: Corrispondenza tra le vibrazioni del C60 nei gruppi Ih e D5h .
Alternativamente la Tab: 1.6 mostra per ciascuna vibrazione della cupola semisferica del C70 da quale modo della molecola di C60 questa possa derivare. I modi
vibrazionali della fascia equatoriale dovrebbero essere considerati in aggiunta a
questi e classificati come 2A01 +2A02 +4E10 +4E20 +A001 +A002 +2E100 +2E200 .
In conclusione le vibrazioni del C70 possono essere correlate a quelle del C60 ,
come mostrato in tabella 1.6, che è l’inversa della tabella 1.5, e dove le vibrazioni
della fascia equatoriale sono mostrate.
12 A01
9 A02
21 E01
22 E02
9 A001
10 A002
19 E001
20 E002
←→
←→
←→
←→
←→
←→
←→
←→
2Ag + 8Hg + 2Eq
3T1g + 4T2g + 2Eq
3T1g + 6Gg + 8Hg +4Eq
4T2g + 6Gg + 8Hg +4Eq
Au + 7Hu + 1Eq
4T1u + 5T2u + 1Eq
4T1u + 6Gu + 7Hu +2Eq
5T2u + 6Gu + 7Hu +2Eq
Tabella 1.6: Correlazione delle vibrazioni del C70 nel gruppo D5h con le vibrazioni
del C60 nel gruppo Ih e della fascia equatoriale (Eq).
È chiaro dalla tabella 1.5 che una volta che le frequenze normali di vibrazione sono
217
note, dovrebbe, per comparazione, essere facile individuare negli spettri infrarosso
o Raman la posizione delle frequenze di modi normali dl C70 .
Questo stesso tipo di correlazione tra le vibrazioni del C60 e del C70 è stato preso
in considerazione da Brockner e Menzel [47] che, tuttavia, non hanno fornito una
giustificazione basata sulla simmetria per questa correlazione.
Da un diverso punto di vista le vibrazioni normali del C70 possono essere classificate considerando il sottogruppo ciclico C5 del D5h . Usando questo sottogruppo
la molecola di C70 può essere vista come originata da un set di 14 atomi di carbonioo, mostrati in Fig. 1.2, che sono traslate dalle operazioni di simmetria del
gruppo C5 .
In accordo a questo approccio le frequenze normali della molecola di C70 possono
essere viste dare luogo a curve di dispersione come è abituale in cristalli sotto
condizioni periodiche al contorno, con i 14 atomi di carbonio che giocano il ruolo
di generazione tipico della cella unitaria e con i valori permessi si vettore d’onda
, cos 4π
, cos 6π
, cos 8π
.
di 0, cos 2π
5
5
5
5
Come si cede dalla tabella dei caratteri del gruppo C5 , le frequenze normali con
, cos 8π
e cos 4π
, cos 6π
sono degeneri. Considerando per
vettore d’onda cos 2π
5
5
5
5
convenienza le vibrazioni che sono simmetriche e antisimmetriche rispetto al piano equatoriale si può costruire due sottoinsiemi delle curve di dispersione che
0
0
0
sono costituite dalle vibrazioni (A01 +A02 ) → E1a
→ E2a
→ E2b
→E01b e (A001 +A002 )→
E001a →E002a →E002b →E001b .
Poichè questo set di 14 atomi di carbonio ha una simmetria locale C2v le curve
di disperione possono essere classificate in quattro sotto set. Il vantaggio di tale classificazione è quello di distinguere in sottoinsiemi di cinque frequenze che
differiscono unicamente per il fattore di fase dei moti atomici in cinque settori
molecolari.
218
1.5.2 Risultati e discussione
Lo spettro infrarosso del C70 nella regione sotto i 400 cm−1 è stato riportato da von
Czarnowski and Meiwes-Broer [48] ma non con dettagli sufficienti da consentire
un completo assegnamento dei modi normali di vibrazione.
In Fig. 1.3 la regione a bassa frequenza dello spettro del C70 ad 8 K è riportata e
comparata con lo spettro calcolato.
1.4
Intensity (a. u.)
1.2
1.0
0.8
0.6
0.4
0.2
0.0
Intensity (a. u.)
0.0
0.0
0.0
0.0
0.0
x100
0.0
200
300
400
500
-1
wavenumber (cm )
Figura 1.3: Spettro far-infrared del fullerene C70 . a) Sperimentale. b) Calcolato.
La linea continua, bande fondamentali infrarosse attive in 12 C70 ; linea punteggiata,
modi silenti in 12 C69 13 C
Si può notare che l’accordo tra calcoli ed esperimento è eccellente e questo permette un’identificazione sicura delle fondamentali a bassa frequenza. Sempre dalla Fig. 1.3 si può notare che oltre alle fondamentali infrarosse appaiono nello spet219
tro altre deboli bande, molto simili a quelle riportate per il cristallo di C60 . Nella
regione a bassa frequenza quest picchi devono essere interpretati evidentemente come modi Raman o silenti che sono resi attivi dalla riduzione dii simmetria
del cristallo o dalla presenza nel campione di una miscela delle specie 12 C70 and
12
C69 13 C nel rapporto approssimativo di 10:7. A conferma di ciò nel cristallo di
C60 è stato mostrato da Procacci and Berne [49] e Procacci [39] che le interazioni
intermolecolari sono molto effettive nell’attivazione dei modi silenti nello spettro
infrarosso. Per il C60 [14] si è calcolato lo spettro infrarosso dell’isotopomero
12
C59 13 C mostrando che la maggior parte dei modi silenti acquisisce una debole
ma non trascurabile intensità infrarossa, in particulare nelle vicinanze delle infrarosse fondamentali, dove il mescolamento dei modi ed il trasferimento di intensità
indotto dalla riduzione di simmetria è particolarmente evidente. Lo stesso tipo di
calcoli è stato eseguito anche per la molecola del C70 ottenendo risultati similari
con la complicazione additiva che in questo caso ci sono più posizioni non equivalenti per la sostituzione isotopica. Lo spettro calcolato dell’isotopomero 12 C69 13 C
è anche motrata in Fig. 1.3.
In Fig. 1.4 una porzione dello spettro nella regione del medio infrarosso è comparata con i calcoli.
220
1.0
Intensity
0.8
a
0.6
0.4
0.2
0.0
b
Intensity
0.2
0.0
500
600
700
800
900 1000 1100 1200 1300 1400 1500 1600
-1
wavenumber (cm )
Figura 1.4: Spettro IR del C70 . a: sperimentale; b: calcolato
Si può notare come il fit sia eccellente sia per quanto riguarda la posizione che l’intensità dei picchi. Su queste basi un può facilmente procedere all’identificazione
di tutti i nodi infrarossi attivi, sulla base della comparazione dell’intensità infrarossa relativa nelle varie regioni spettrali. L’unica significativa deviazione concerne
il modo E01 calcolato a 751 cm−1 ed osservato a 795 cm−1 . Questa deviazione è
già stata notata da Stratmann et al.[50]. Si può notare come la frequenza di questo
modo sia estremamente sensibile as set di base utilizzato nei calcoli e come incrementi considerevolmente passando dalla base 3-21G alla 6-31G(d). Si tornerà
di seguito sulla natura di questo modo. L’assegnamento dei modi infrarossi del
C70 è riassunto in Tab. 4 e coincide con quello proposto da Stratmann et al.[50]
eccettuat la più alta frequenza del modo E01 . Tuttavia il presente assegnamento dei
modi infrarossi è completo. La differenza media tra frequenze calcolate ed osservate nelle specie A002 e E01 è 3.2cm−1 e 5.9cm−1 , rispettivamente, con il ∼ 30%
della deviazione che è attribuibile al modo calcolato a 751 cm−1 , come indicato
221
precedentemente. L’accordo generale è abbastanza soddisfacente e comparable a
quello trovato per il C60 , confermando che per questo tipo di sistemi l’approccio
DFT a livello the B3-LYP/6-31G(d) può essere utilizzato con confidenza. Si può
procedere in maniera analoga per quanto riguarda lo spettro Raman. In Fig. 1.5
lo spettro Raman calcolato e sperimentale sono comparati.
1.0
Intensity
0.8
a
0.6
0.4
0.2
0.0
1.0
b
Intensity
0.8
0.6
0.4
0.2
0.0
200
400
600
800
1000
-1
wavenumber (cm )
1200
1400
1600
Figura 1.5: Spettro Raman del C70 . a: sperimentale; b: calcolato
Nel caso presente sono da prendere in considerazione alcune precauzioni nel considerare le intensità Raman poiché queste dipendono in maniera considerevole
dalla lunghezza d’onda della linea eccitatrice[51, 52, 53, 54] ed I calcoli si riferiscono a condizioni completamente distanti da quelle di risonanza. Inoltre I
calcoli delle intensità Raman possono unicamente essere ottenuti con il set di
base 3-21G. In ogni caso si può osservare dalla figura che l’accordo tra calcoli ed esperimenti sono sorprendentemente buoni, benché non quantitativi anche
per lo spettro Raman. Anche nello spettro Raman del cristallo compaiono diverse bande addizionali[51, 52, 53, 54] che possono essere associate a deboli modi
222
silenti attivati o a modi infrarossi. Usando, pertanto, come linea guida le intensità Raman relative in aggiunta alle frequenze calcolate si può facilmente arrivare
all’assegnamento dei modi Raman come riassunto in Tab. 7.
A01
Calc. Obs.
253
260
393
396
448
455
564
568
702
697
709
701
1061 1060
1185 1182
1229 1222
1450 1459
1472 1468
1575 1576
A02
Calc. Obs.
486
490
546
543
628
621
732
745
750
936
938
1215 1215
1339 1342
1450 1442
A001
Calc. Obs.
336
337
529
527
612
609
734
780
785
892
892
1241 1241
1348
1559 1550
A002
Calc. Obs.
318
320
458
458
564
564
704
707
896
901
1143 1133
1206 1203
1321 1320
1463 1460
1568 1557
E01
E02
E001
Calc. Obs.
245
250
408
410
479
480
515
520
546
548
675
675
714
712
735
733
741
741
795
800
1055 1050
1169 1172
1226 1227
1297 1227
1313 1311
1369 1367
1433 1367
1433 1445
1516 1511
1574 1545
E002
Calc. Obs.
304
309
383
382
407
412
515
522
556
557
633
701
690
717
709
728
726
782
790
920
922
1075 1070
1156 1152
1258 1261
1316 1316
1328 1338
1399 1400
1455 1455
1517 1528
1573 1565
Calc.
326
358
415
507
533
573
639
666
730
751
828
905
1087
1177
1255
1290
1319
1416
1432
1490
1570
Obs.
328
361
418
509
534
578
642
674
728
795
835
904
1087
1176
1251
1291
1321
1414
1430
1489
1563
Calc.
220
299
426
503
533
665
689
722
735
741
750
767
945
1059
1187
1257
1329
1350
1373
1501
1524
1574
Obs.
225
303
430
505
535
668
688
721
738
743
768
760
948
1055
1196
1258
1332
1349
1374
1500
1520
1580
Tabella 1.7: Frequenze vibrazionali calcolate ed osservate per il fullerene C70
223
Si può osservare che la discrepanza media tra modi osservati e calcolati è rispettivamente di 4.9, 4.3 and 4 cm−1 per le specie A01 , E001 e E02 rispettivamente.
Incoraggiati da questi risultati ottenuti per le specie attive IR e Raman, le frequenze calcolate sono state usate con confidenza per identificare tra i vari deboli picchi
sia in IR che in Raman i rimanenti modi silenti. Tali risultati hanno permesso
di completare l’assegnamento dello spettro vibrazionale del C70 che è riportato
in Tab. 4 e dalla quale si vede che solo 3 modi risultano ancora non assegnati,
molto probabilmente perché questi sono coincidenti con modi attivi. Per le specie di simmetria A02 , A001 and E002 le differenze medie tra modi osservati e calcolati
risultano essere rispettivamente di 4.1, 3.3 and 4.3 cm−1 , comparabili con i valori
ottenuti per le specie attive.
Le frequenze sperimentali disponibili usate per il completo assegnamento riportato in Tab. 1.7 e derivanti da esperimenti Raman[51, 52, 53, 54], IR [52] and INS
[55] e da noi sono riportate in Tab. 1.8 con i valori delle frequenze calcolate e
l’assegnamento per specie di simmetria del gruppo della molecola.
Tabella 1.8: Frequenze del C70 sperimentali e calcolate, as-
segnamento vibrazionale e correlazione con le frequenze del
C60
[56]
225
250
260
303
309
320
327
337
Raman
[52] [53]
225
231
233
251
252
252
253
259
258
267
266
[51]
226
302
309
323
329
303
328
338
303
310
335
[54]
224
229
252
260
Infrared
[56] work [52]
227
INS
[55]
229
Calc.
[56]
220
Symm.
C70
C60
0
E2
Hg (1)
251
252
245
E001
Hg (1)
260
267
294
302
310
324
329
338
266
253
A01
Hg (1)
305
311
299
304
318
326
336
E02
E002
A002
E01
A001
Eq.
T2u (1)
T2u (1)
Gu (1)
Hu (1)
224
335
[56]
[51]
362
382
396
410
361
383
396
410
Raman
[52] [53]
338
362
362
383
397
409
408
410
419
419
419
430
455
430
455
431
454
470
480
490
505
480
490
506
510
520
511
521
535
536
548
553
549
568
573
586
609
621
568
578
513
519
522
537
569
Infrared
[56]
[52]
INS
[55]
Calc.
[56]
Symm.
C70
C60
366
386
400
413
363
384
396
409
402
358
383
393
408
E01
E002
A01
E001
Hu (1)
Gu (1)
Hg (2)
Hg (2)
418
418
407
415
E002
E01
Hu (1)
Eq.
430
438
458
461
426
448
458
E02
A01
A002
Hg (2)
Ag (1)
T1u (1)
479
486
503
E001
A02
E02
Gg (1)
Eq.
Gg (1)
541
507
515
515
529
533
533
E01
E001
E002
A001
E001
E01
Hu (2)
Eq.
Hu (2)
Hu (2)
T2g (1)
T1u (1)
582
546
546
556
564
564
573
A02
E001
E002
A002
A01
E01
T2g (1)
T1g (2)
Eq.
T1u (2)
Eq.
T1u (2)
618
612
629
639
A001
A02
E01
Hu (3)
T1g (1)
Hu (3)
653
665
E02
Gg (2)
675
666
E001
E01
Gg (2)
Hu (4)
412
419
436
479
491
506
507
431
454
457
459
461
479
490
494
510
520
523
521
527
533
535
537
569
578
519
572
543
549
557
565
568
578
530
534
536
566
606
668
675
507
418
420
434
458
[54]
676
669
643
661
670
675
674
642
643
669
672
675
225
676
[56]
[51]
688
688
690
695
701
695
701
Raman
[52] [53]
677
680
683
697
702
707
712
713
714
718
721
721
737
736
738
743
[54]
697
703
768
773
784
768
768
800
801
786
785
795
Calc.
[56]
Symm.
C70
C60
688
682
689
701
702
709
704
717
714
E02
E002
A01
A01
A002
E002
E001
Hg (3)
T2u (2)
Hg (3)
Hg (4)
T2u (2)
Hu (4)
Hg (3)
720
722
728
730
735
735
741
741
745
E02
E002
E01
E001
E02
E001
E02
A02
T2g (2)
Gu (2)
Gu (2)
Gg (3)
Gg (3)
Hg (4)
Hg (4)
T2g (3)
767
E02
T2g (3)
750
E02
Eq.
780
782
751
795
828
892
896
905
920
936
945
1055
1059
1061
1075
A001
E002
E01
E001
E01
A001
A002
E01
E002
A02
E02
E001
E02
A01
E002
Eq.
Gu (3)
Eq.
T1g (2)
Gu (3)
Au (1)
T2u (3)
Gu (4)
T2u (3)
T1g (2)
Eq.
Gg (4)
Gg (4)
Hg (5)
Gu (4)
721
726
728
729
733
738
740
743
738
742
745
752
758
760
762
765
768
774
785
790
795
800
835
892
898
760
763
INS
[55]
696
702
707
709
713
750
762
Infrared
[56]
[52]
677
768
785
790
795
800
904
946
1048
1060
1070
1060
1071
948
1050
948
1061
1061
1069
1053
1063
922
938
947
1050
1055
1062
1071
226
698
708
712
716
728
738
744
751
768
773
785
790
796
835
889
898
904
923
938
948
1060
1072
778
850
899
956
[56]
1086
1098
1152
1162
1172
1182
1196
1205
1215
1222
1227
1240
1245
1258
[51]
1086
1099
1152
1156
1163
1172
1182
1215
1221
1227
1241
1248
1257
Raman
[52] [53]
1087 1089
1164
1174
1184
1218
1224
1229
1258
1267
1285
1331
1342
1349
1349
1367
1374
1366
1374
1400
1167
1176
1187
1189
1217
1223
1229
1258
Infrared
[56]
[52]
1087
1088
1105
1120
1127
1134
1150
1154
1163
1176
1105
1196
1205
1218
1196
1208
1217
1226
1231
1241
1246
1252
1258
INS
[55]
1080
1127
1136
1150
1162
1176
1187
1232
1259
1241
1251
1258
1202
1261
1286
1296
1296
1310
1316
1332
[54]
1298
1313
1297
1311
1321
1322
1335
1335
1338
1368
1376
1301
1316
1277
1284
1292
1302
1311
1316
1321
1325
1335
1286
1310
1314
1320
1336
1351
1343
1352
1377
1362
1370
1371
1275
1285
1292
1383
1390
1400
227
1350
1354
1364
1370
1376
1384
1389
1405
1355
Calc.
[56]
1087
Symm.
C70
C60
0
E1
Eq.
1143
1156
A002
E002
T1u (3)
T2u (4)
1177
1169
1185
1187
1206
1215
1229
1226
1241
1255
1257
E01
E001
A01
E02
A002
A02
A01
E001
A001
E01
E02
T1u (3)
Hg (5)
Eq.
Hg (5)
T2u (4)
T1g (3)
Hg (6)
Hg (6)
Hu (5)
Hu (5)
Hg (6)
1258
E002
Hu (5)
1290
1297
1313
1316
1319
1321
1329
1328
1339
1350
E01
E001
E001
E002
E01
A002
E02
E002
A02
E02
Eq.
T1g (3)
Gg (5)
Gu (5)
Gu (5)
Eq.
Gg (5)
Hu (6)
T2g (4)
T2g (4)
1367
1373
E001
E02
Eq.
Hg (7)
1399
E002
Eq.
[56]
1410
1430
[51]
1413
1424
1430
1435
1435
1445
1460
1445
1458
1468
1467
1480
1479
1484
Raman
[52] [53]
1414
1432
[54]
1432
Infrared
[56]
[52]
1416
1414
1423
1426
1428
1430
1430
1432
Calc.
[56]
1416
Symm.
C70
C60
0
E1
Hu (6)
1432
E01
T1u (4)
1451
1433
A02
E001
Eq.
Hg (7)
1455
1450
1463
1472
E002
A01
A002
A01
Gu (6)
Hg (7)
T1u (4)
Ag (2)
1490
E01
Gu (6)
1501
E02
Gg (6)
1516
1524
1517
E001
E02
E002
Gg (6)
Eq.
T2u (5)
1552
1557
1562
1574
1559
1568
1570
1573
E001
A001
A002
E01
E002
Hg (8)
Hu (7)
T2u (5)
Hu (7)
Hu (7)
1576
1583
1574
1575
A01
E02
Hg (8)
Hg (8)
1436
1448
1460
1467
1472
1447
1459
1471
1439
1443
1449
1463
1471
1439
1442
1447
1455
1458
1462
1471
1479
1490
1493
1496
1438
1442
1448
1452
1456
1460
1466
1472
1478
1488
1500
1508
1511
1520
1528
1533
1545
1550
1564
1576
1580
1511
INS
[55]
1513
1546
1514
1515
1514
1519
1529
1535
1506
1510
1514
1528
1534
1546
1558
1557
1565
1568
1566
1552
1557
1563
1564
1578
1581
1585
Nell’ultima colonna sono riportate le specie di simmetria dei modi normali del
C60 dalle quali, in accordo con la correlazione di simmetria discussa nella sezione
precedente, i modi normali del C70 possono essere considerati derivare. La cor-
228
relazione delle vibrazioni del C60 e C70 è illustrata in Tab. 1.9 dove i modi che
possono essere considerati principalmente localizzati nella fascia equatoriale sono
riportati separatamente.
C60
Symm.
ν
Ag
487
1473
T1g
561
824
1277
T2g
555
723
789
1345
Gg
480
565
741
1073
1308
1507
Hg
261
429
705
772
1105
1251
1426
1585
Equat.
Modes
A01
448
1472
A02
C70
629
936
1215
546
732
745
1399
253
393
702
709
1061
1229
1450
1575
564
1185
486
1451
E01
E02
546
795
1297
533
722
767
1350
503
665
735
1059
1329
1501
220
426
689
741
1187
1257
1373
1574
451
751
1087
1290
479
675
735
1055
1313
1516
245
408
714
1169
1226
1257
1433
1574
299
750
945
1524
C60
Symm.
ν
Au
947
T1u
527
577
1190
1431
T2u
336
709
958
1177
1535
Gu
351
737
751
963
1308
1435
Hu
400
530
666
728
1220
1343
1576
Equat.
Modes
A001
A002
892
C70
507
573
1177
1432
326
730
828
905
1319
1490
358
507
639
666
1255
1416
1570
780
E001
458
564
1143
1463
318
704
896
1206
1568
336
529
612
734
1241
1348
1559
1321
515
1367
Tabella 1.9: Correlazione tra le frequenze calcolate del C70 e del C60 (in cm−1 )
Da un’analisi visuale dei modi normali e degli spostamenti atomici associati tramite programmi di grafica molecolare, le vibrazioni normali equatoriali possono
essere facilmente identificate nella maggior parte dei casi. Osservando più quantitativamente le vibrazioni normali, ne consegue che nei modi classificati come
equatoriali lo spostamento medio degli atomi nella fascia equatoriale è superiore
229
E002
304
701
920
1156
1517
383
728
782
1075
1316
1455
407
515
633
717
1258
1328
1573
556
1399
di quello degli atomi delle altre fasce. Una similare localizzazione non può essere
trovata negli altri set di atomi che compongono la molecola. Questa localizzazione dei modi normali è a prima vista sorprendente, specialmente se riferita al C60
dove c’è un singolo set di atomi equivalenti e, da considerazioni di simmetria, i
modi normali sono aspettati essere completamente delocalizzati. Nel caso del C70
i 10 atomi della fascia equatoriale costituiscono un set di atomi simmetricamente
equivalenti ed originano coordinate di simmetria che sono il maggior contributo di
alcune di queste vibrazioni normali. È interessante notare come il modo E01 calcolato a 751 cm−1 e che, come discusso in precedenza, mostra la più alta deviazione
dagli esperimenti sia attualmente una delle vibrazioni dei modi equatoriali.
La correlazione tra vibrazioni normali del C60 e C70 consenta una sostanziale semplificazione dell’intrepretazione dello spettro di quest’ultima. Da un punto di vista grafico questa correlazione è rappresentata in Fig. 1.6 e Fig.1.7 per i modi
infrarossi e Raman attivi.
230
Intensity
0.1
0.0
0.0
Intensity
0.2
0.4
0.6
0.8
1.0
200.0
400.0
600.0
800.0
1000.0 1200.0
-1
wavenumber (cm )
1400.0
1600.0
Figura 1.6: Correlazione tra gli spettri infrarossi calcolati del C70 (pannello superiore) e del C60 (panello inferiore). Le frecce indicano le posizioni dei modi silenti
nel C60
Intensity
0.1
0.0
0.0
Intensity
0.2
0.4
0.6
0.8
1.0
200
400
600
800
1000
1200
-1
wavenumber (cm )
1400
1600
Figura 1.7: Correlazione tra gli spettri Raman calcolati del C70 (pannello superiore) e del C60 (panello inferiore). Le frecce indicano le posizioni dei modi silenti
nel C60
231
In alcune regioni dello spettro questa correlazione è particolarmente semplice ed
evidente. Ad esempio, nel caso de modi del C70 originate dai modi Ag e T1u e dai
modi Hg (1), Hg (2), Hg (5), Hg (6), Hg (7). In particolare per i modi T1u sembra che
l’intensità infrarossa sia ridistribuita in modo differente nelle vibrazioni correlate
del C70 . Il tentativo di trovare una regolarità nelle frequenze vibrazionali generali
del C70 può essere ulteriormente esteso classificando le frequenze normali della
molecola come se fossero originate dallo spicchio di 14 atomi di carbonio, sotto
l’effetto delle rotazioni del sottogruppo ciclico C5 come descritto nella sezione
precedente. I diagrammi simili a curve di dispersione che si ottengono sono riportati in Fig. 1.8, dove la correlazione tra per i modi A01 , A02 , A001 e A002 è mostrata
separatamente.
1600
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
A1’+A2’
E1’
E2’
A1"+A2"
E1"
E2"
Figura 1.8: Correlazione delle frequenze vibrazionali del C70 in accordo col sottogruppo ciclico C5 . Le linee piene e tratteggiate corrispondono a frequenze di
tipo ν1 e ν2 , rispettivamente
I diagrammi sono stati costruiti assumendo unicamente una regola di non crossing.
232
I diagrammi mostrano come le frequenze di vibrazione possano essere correlate
in gruppi di vibrazioni che differiscono unicamente nella fase dello spostamento
degli atomi nel differente settore della molecola. Alternativamente il diagramma è
un odo più semplice di classificare le frequenze vibrazionali del reticolo di atomi
di carbonio. Poiché questo punto di vista è essenziale per ridurre le vibrazione del
C70 a moti accoppiati di un set di simmetricamente indipendenti ed in equivalenti
atomi, costituito da 5 unità, questo suggerisce anche un approccio per derivare un
possibile force field da usare in una simulazione di dinamica molecolare.
1.6 Sommario e conclusioni
In questo capitolo è stato mostrato che calcoli di tipo DFT delle frequenze vibrazionali e delle intensità dei fullereni C60 e C70 usando il set di base 6-31G(d) ed
il funzionale di scambio e correlazione B3LYP sono idonei a riprodurre i risultati delle misure sperimentali accuratamente. I calcoli rappresentano un’adeguata
base per l’interpretazione delle deboli bande degli spettri.
I presenti risultati sono stati usati per ottenere un assegnamento rivisitato di tutti i
modi silenti del fullerene C60 , che è stato comparato con i più recenti assegnamenti
riportati da Choi et al. e da Menéndez e Page.
Lo spettro vibrazionale del cristallo di C70 è stato interpretato ed è stato fornito
un assegnamento per la prima volta praticamente completo, delle frequenze di
vibrazione partendo da calcoli DFT delle frequenze di vibrazione e delle intensità
IR e Raman.
È stato possibile correlare gli spettri IR e Raman del C70 con quelli del C60 , distinguendo i modi vibrazionali della fascia equatoriale da quelli delle cupole semisferiche. Nella molecola di C70 è possible trovare una correlazione di simmetria
233
tra i modi di vibrazione sotto l’effetto del sottogruppo C5 della simmetria della
molecola.
234
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240
Parte IV
Prospettive
241
Capitolo 1
Considerazioni finali e prospettive
Lo studio di proprietà strutturali, dinamiche e legate alla reattività chimica in fasi condensate sono uno dei campi in cui la chimica computazionale sta trovando sempre maggiori applicazioni. Benché si stia lavorando ancora sulla messa a
punto di metodologie e di algoritmi che consentano uno studio a livello atomico
sempre più accurato e completo di sistemi complessi, le simulazioni di dinamica
molecolare ab initio Car-Parrinello sono state un valido strumento nello studio
dei problemi analizzati: la reattività chimica in fase gassosa ed in soluzione, le
proprietà strutturali e dinamiche di liquidi puri e di cristalli ionici e, infine, la caratterizzazione di nuove fasi a pressioni o temperature diverse da quella ambiente
in cristalli. La generalità del metodo ne consente l’estensione ad altri sistemi di
interesse quali la solvatazione di ioni in metanolo, la reattività tra anidride carbonica ed idrossido di litio e la polimerizzazione dell’etilene sotto pressione. Per
questi sistemi sono stati già eseguiti calcoli preliminari che hanno consentito di
stabilire le condizioni ottimali per svolgere e completare le simulazioni. Per i
primi due casi sopra riportati, i risultati consentono di verificare similitudini e
differenze rispetto a quanto avviene in altri sistemi, come l’acqua e l’idrossido
di magnesio, rispettivamente. È stato cosı̀ possibile osservare come il numero di
molecole di metanolo che coordinano lo ione cloruro sia inferiore a quanto non
242
avviene per l’acqua e quanto importanti siano gli effetti di polarizzazione e di trasferimento di carica per la corretta riproduzione di questi dati. Infatti, simulazioni
di dinamica molecolare classica sono risultate non capaci di riprodurre il numero
di coordinazione ottenuto sperimentalmente, almeno con i potenziali fino ad oggi
impiegati. La reattività tra idrossido di litio ed anidride carbonica ha messo invece in evidenza come la reazione avvenga con maggior difficoltà sulla superficie
perpendicolare all’asse c del cristallo. Il risultato è estremamente importante perché consente di comprendere su scala atomica il meccanismo di adsorbimento del
gas sulla superficie e perché la superficie, ritenuta a priori la più idonea per dar
luogo alla reazione, sia, in realtà, quella su cui avviene con maggior difficoltà. Il
metodo si presta quindi ad essere utilizzato nella realizzazione od ottimizzazione
di catalizzatori.
Tramite le simulazioni è stato possibile razionalizzare la reattività nel cristallo di
etilene. Pressurizzando il cristallo di etilene in cella di incudine di diamante è
stato osservato che questo polimerizza dando luogo a catene di alcani in cui possono essere presenti delle ramificazioni, come riportato in Fig. 1.1 e Fig. 1.2. Il
problema principale in questo tipo di studi è quello di capire se le reazioni avvengono per via radicalica o ionica, previa formazione di carbocationi e carboanioni,
e quale effettivamente sia il meccanismo di reazione.
243
Figura 1.1: Catena lineare estratta dal prodotto della reazione di polimerizzazione
dell’etilene sotto pressione
Figura 1.2: Catena ramificata estratta dal prodotto della reazione di
polimerizzazione dell’etilene sotto pressione
Dalle simulazioni è emerso che la reazione di polimerizzazione avviene per via
ionica tra molecole di etilene posizionate su site del cristallo non equivalenti, e la
formazione delle ramificazioni è richiesta per andare a completezza. Questi studi,
attualmente in fase preliminare, saranno oggetto di future analisi.
244