Responsabilità Sociale d`Impresa - Progetto Q-RES

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Responsabilità Sociale d`Impresa - Progetto Q-RES
CSR
Summary
Nel campo della Corporate Social
Responsibility (CSR) si stanno
diffondendo “strumenti” manageriali
per introdurre e attuare strategie e
politiche di responsabilità sociale, quali
il codice etico, l’ethical auditing, le
forme di rendicontazione sociale e
ambientale, e le forme di
coinvolgimento degli stakeholder. Sono
strumenti con caratteristiche e
contenuti assai diversi, in grado di
portare benefici di diversa natura alle
organizzazioni che li adottano. La loro
introduzione è spesso influenzata e
accelerata da fattori riferibili al
contesto istituzionale (normative
nazionali e internazionali), sociale
(campagne di associazioni non profit e
organizzazioni non governative) ed
economico (consumo critico, sviluppo
dei fondi di investimento responsabile,
ecc.).
La moderna teoria economica
dell’impresa, arricchita dalle riflessioni
dell’etica, mostra tuttavia come la CSR
possa essere giustificata in una
prospettiva di scelta razionale, ovvero
come criterio per la gestione strategica
dell’impresa.
Dopo aver introdotto una definizione
di CSR come modello di governance
allargata dell’impresa, presenteremo la
proposta del Progetto Q-RES,
un’iniziativa multi-stakeholder avviata
nel 1999 per l’introduzione di un
sistema di gestione per la responsabilità
sociale d’impresa basato sull’idea del
“contratto sociale” tra impresa e
stakeholder.
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Lorenzo Sacconi
Simone de Colle
Responsabilità Sociale
d’Impresa:
uso di strumenti
manageriali o sistema di
gestione integrato?
La proposta del Progetto
Q-RES
1. Gli strumenti per il management responsabile
Si sta diffondendo, tra le aziende leader nel campo della
Corporate Social Responsibility (CSR), l’uso di ‘strumenti’
manageriali per introdurre e attuare strategie e politiche di
responsabilità sociale. Si tratta di un insieme di processi
organizzativi, metodologie di lavoro, procedure aziendali e
prassi manageriali che sono andate sviluppandosi grazie anche
alle sperimentazioni innovative di alcune aziende ‘pioniere’ in
questo campo (ci riferiamo al primo “Values Report” del Body
Shop, al “Social Audit” di Traidcraft e al “Social Report” di
Ben&Jerry’s della prima metà degli Anni ‘90), e al dibattito
concettuale e metodologico stimolato da istituzioni
quaderni di management
CSR
accademiche e organizzazioni di ricerca che
operano nel campo della CSR1.
A titolo esemplificativo, esaminiamo qui di seguito
dieci strumenti per la gestione della CSR che
riteniamo offrano un buono spaccato delle prassi
correnti in materia di CSR a livello
internazionale2:
1. Visione Etica d’ Impresa. La Missione d’impresa
è la ragione d’essere delle attività intraprese
dall’organizzazione: essa stabilisce finalità e scopi
fondamentali che l’impresa intende perseguire e le
conseguenze che intende generare attraverso le sue
attività. I Valori riflettono la cultura e la tradizione
aziendale. La Visione Etica d’impresa identifica il
criterio etico di bilanciamento dei molteplici
interessi degli stakeholder, ricomponendo in un
quadro unitario missione e valori e stabilendo la
modalità nella quale l’impresa intende perseguire la
sua missione. La visione etica è quindi guida
fondamentale nelle scelte strategiche dell’impresa.
2. Codice Etico Aziendale. Documento
contenente un insieme di principi etici, valori
fondamentali e regole generali di condotta che
definiscono diritti e doveri dei collaboratori verso
l’impresa e guidano le relazioni dell’impresa con gli
stakeholder. Nelle formulazioni più complete il
codice etico esplicita il contenuto dei principi
generali con esempi o standard di condotta
osservabili, e indica meccanismi di attuazione
collegati (ad es. attività di formazione, segnalazioni
ecc.).
3. Formazione Etica. L’attività di formazione etica
in azienda è l’insieme delle attività che sviluppano
e adeguano nel tempo la capacità di riconoscere,
analizzare e risolvere i dilemmi etici a livello
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organizzativo attraverso strumenti concettuali
filosofici, economici, giuridici, organizzativi. Sì
rivolge ai collaboratori dell’azienda - e in primo
luogo ai responsabili decisionali - per comunicare e
creare condivisione attorno ai valori e ai principi
del codice etico aziendale.
4. Audit Etico Interno. L’attività di auditing etico
interno nasce come estensione delle tradizionali
attività di audit di tipo finanziario e di gestione ed
è finalizzata alla verifica dell’eticità di
comportamenti e procedure aziendali.
5. Ethics Officer. Persona - solitamente un senior
manager di alto livello - responsabile delle
questioni etiche all’interno dell’impresa (attuazione
del codice etico; auditing etico; formazione etica;
risposta a quesiti e segnalazioni da parte dei
collaboratori ecc.).
6. Comitato Etico. Organismo aziendale
composto da rappresentanti delle diverse funzioni
aziendali e da membri esterni, che ha il compito di
esprimere pareri vincolanti su questioni etiche in
azienda, risolvere casi portati alla sua attenzione,
definire il piano di comunicazione e di formazione
etica in attuazione del codice e supervedere
l’elaborazione delle politiche aziendali.
7. Ethics Help-Line. Linea telefonica
appositamente dedicata dall’azienda a ricevere in
modo confidenziale domande concernenti gli
aspetti etici di comportamenti individuali e
procedure organizzative e segnalazioni di possibili
violazioni del codice etico. La ‘help-line’ può essere
soltanto ad uso interno o aperta anche a
segnalazioni da parte di stakeholder esterni, può
essere gestita internamente o da una società
esterna, può accettare o rifiutare segnalazioni
quaderni di management
CSR
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• Codice etico aziendale (56%)
anonime.
• Certificazioni socio-ambientali (54%)
8. Rendicontazione Etico-Sociale. Attività di
• Processi di coinvolgimento degli stakeholder
public reporting (bilancio sociale, social report,
(54%)
bilancio di sostenibilità ecc.) con i quali l’impresa
• Forme di rendicontazione etico-sociale (49%)
comunica periodicamente all’esterno una
misurazione dell’impatto sociale, ambientale ed
economico delle proprie attività, e una valutazione
dei risultati ottenuti in relazione agli impegni
assunti, ai programmi realizzati e agli effetti
prodotti sui diversi stakeholder. Modelli di
riferimento: GRI (rendicontazione di sostenibilità);
AA1000 (coinvolgimento degli stakeholder) e in
Italia GBS (calcolo del Valore Aggiunto).
9. Processi di coinvolgimento degli
stakeholder. Attività di consultazione degli
stakeholder (ad es. attraverso indagini conoscitive,
interviste, focus groups, seminari, ecc.) intraprese
Fig. 1 - Diffusione degli strumenti di CSR in un campione di aziende italiane
in modo sistematico o ‘ad hoc’ su singole
questioni per approfondire la comprensione degli
interessi, aspettative e bisogni degli stakeholder al
È interessante notare come il grado di diffusione e
fine di formulare o rivedere le politiche aziendali.
utilizzo degli strumenti sopra descritti vari a
10. Certificazione SA8000. SA8000 è uno
seconda dei contesti istituzionali nazionali, in
standard (certificabile da organismi terzi) che
ragione delle motivazioni specifiche che portano le
assicura il rispetto di una serie di diritti umani
imprese ad occuparsi di CSR e dell’atteggiamento
fondamentali nei rapporti di lavoro, incluso il
culturale (proattivo o reattivo) verso la CSR del
rifiuto del lavoro minorile. È quindi
management che le guida5.
particolarmente indicato nel caso di attività
produttive o rapporti con fornitori nei Paesi in via
2. L’influenza di fattori istituzionali nella
di sviluppo.
diffusione degli strumenti di CSR
Da una recente ricerca3 svolta in Italia su un
campione di 115 aziende ‘leader’ nel campo della
CSR4, è emerso che gli strumenti di gestione della
CSR più diffusi nel nostro Paese sono:
• Visione etica (78%)
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Una prima, importante differenza che si nota tra
gli approcci alla CSR di aziende che operano negli
Stati Uniti e aziende in Europa è riconducibile al
diverso contesto istituzionale, in particolare al
contesto normativo. Il discrimine è dato infatti
quaderni di management
CSR
dalla presenza negli Stati Uniti di un dispositivo
giuridico che i giudici applicano per calcolare le
ammende pecuniarie - che, come è noto, possono
raggiungere cifre assai considerevoli, nell’ordine di
centinaia di milioni di dollari6 - a carico di imprese
riconosciute colpevoli di reati contro leggi federali,
tra i quali: accordi collusivi sui prezzi, turbativa
d’asta, violazione del diritto d’autore,
contraffazione di marchi, corruzione, frode,
riciclaggio di denaro, estorsione, appropriazione
indebita e truffa. Si tratta delle famose Guidelines
for Organizations, emanate nel Novembre del 1991
dalla Sentencing Commission del Governo Federale
statunitense, un organismo creato nel 1984 con il
compito di uniformare le sentenze per reati contro
leggi federali. Le Sentencing Guidelines stabiliscono
in modo chiaro alcuni criteri che ogni giudice può
applicare per valutare se un programma di etica
d’impresa sia più o meno efficace, e decidere di
conseguenza se concedere alcuni sconti sulle
sanzioni previste. L’esistenza di un efficace
programma di etica d’impresa viene infatti ritenuta
una sorta di prova della ‘buona fede’ dell’impresa
stessa, poiché lo scopo di tali iniziative è proprio
quello di prevenire comportamenti illegali da parte
del management, collaboratori e rappresentanti
aziendali.
Gli elementi fondamentali che dovrebbero
caratterizzare ogni programma di etica d’impresa
identificati dalle Sentencing Guidelines sono i
seguenti sette:
1. l’organizzazione deve sviluppare procedure e
standard di comportamento per i propri
collaboratori che assicurino una ragionevole
capacità di prevenire e scoprire violazioni della
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legge (ad esempio: introduzione di un codice etico
o di condotta);
2. l’impresa deve nominare un alto dirigente
responsabile dell’attuazione e supervisione di dette
procedure (ad esempio: l’ethics officer o il capo
dell’ufficio legale);
3. deve essere posta molta cura nel delegare potere
discrezionale all’interno dell’organizzazione, in
particolare nei confronti di individui che siano noti
per la loro propensione a comportamenti illegali;
4. le procedure e gli standard di comportamento
devono essere comunicati in modo efficace a tutti i
dipendenti ed ai rappresentanti (ad esempio con la
realizzazione di corsi di formazione in etica o
attraverso pubblicazioni);
5. l’organizzazione deve predisporre attività
finalizzate a monitorare l’effettiva attuazione delle
procedure e degli standard di comportamento (ad
esempio: auditing etico; presenza di una ‘ethics
help-line’, ovvero di una linea telefonica dedicata a
ricevere segnalazioni anonime su presunte
violazioni del codice etico);
6. devono essere previsti meccanismi disciplinari
(ad esempio: sanzioni per chi non segnala una
violazione);
7. in caso di violazioni, l’intero programma deve
essere rivisto per evitare il ripetersi di violazioni
simili.
Il meccanismo attuativo delle Sentencing Guidelines
è il seguente: una volta appurata la colpevolezza
dell’impresa, viene automaticamente comminata
una ‘sanzione base’, commisurata alla gravità del
comportamento in oggetto. Successivamente,
vengono applicati alcuni criteri che permettono di
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ponderare la severità della sanzione, agendo come
un vero e proprio moltiplicatore della sanzione base
(si parla infatti di calcolo dell’indice di colpevolezza
dell’impresa).
I fattori che determinano l’inasprimento della
sanzione sono:
• se si tratta di un’impresa di grandi dimensioni;
• se dipendenti di alto grado sono coinvolti,
direttamente o indirettamente;
• se si sono registrati in precedenza
comportamenti illegali della stessa fattispecie; e
• se sono stati messi in atto tentativi di ostruire la
giustizia.
Il moltiplicatore può tuttavia essere anche minore
di 1, nel migliore dei casi generando una
riduzione del 95% della sanzione base, se
l’impresa dimostra:
• di aver denunciato spontaneamente il proprio
comportamento illegale;
• di aver collaborato ed accettato la propria
responsabilità; e
• di aver adottato, prima del verificarsi
dell’illecito, un efficace programma di etica
d’impresa per prevenire e segnalare eventuali
violazioni della legge.
Come è facilmente comprensibile, l’introduzione
delle Sentencing Guidelines ha avuto un impatto
molto forte sullo sviluppo di programmi CSR
negli Stati Uniti, rivelandosi un incentivo
economico (in termini di riduzione del rischio di
sanzioni pesantissime) assai efficace7. Come alcuni
studi dimostrano, a partire dal 1991 la diffusione
di codici etici, ethics officer, corsi di formazione e
ethics help-lines (ovvero quattro degli strumenti
sopra identificati) all’interno delle imprese
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statunitensi ha avuto un notevole incremento8.
In Europa, al contrario, la diffusione di strumenti
di CSR non è stata cosi fortemente influenzata da
fattori di tipo legislativo, anche se si possono fare
due eccezioni rilevanti. La prima è rappresentata
dalla legislazione francese in materia di bilancio
sociale, che obbliga le imprese con più di 300
dipendenti a pubblicare un rendiconto focalizzato
su aspetti riguardanti fino ad oggi i dipendenti,
ma che verrà esteso a partire dal 2004 ai rapporti
con altri stakeholder rilevanti. La seconda, il
decreto legislativo 8 giugno 2001, numero 231,
che introduce nell’ordinamento italiano il
principio della responsabilità di enti dotati di
personalità giuridica e di società e associazioni
anche prive di personalità giuridica, per una serie
di reati commessi da propri amministratori e
dipendenti - reati societari, concussione, truffa,
corruzione ecc9.
In forma del tutto simile alle Sentencing
Guidelines, il d.g.l. 231 prevede riduzioni delle
sanzioni pecuniarie e annullamento delle pene
interdittive nel caso in cui “l’organo dirigente
dimostri di aver attuato ed efficacemente attuato
al suo interno, prima della commissione del reato,
modelli di organizzazione idonei a prevenire reati
della specie di quello verificatosi”. Non è difficile
individuare nel codice etico, inteso primariamente
come codice di condotta per i dipendenti, lo
strumento che più si avvicina alle caratteristiche
dei modelli organizzativi previsti dalla legge 231.
Non a caso, infatti, negli ultimi mesi un numero
considerevole di aziende italiane si sono dotate di
codici etici, riconoscendo nella 231 un chiaro
richiamo in tale direzione.
quaderni di management
CSR
3. Pressioni ‘esterne’ per l’adozione di
strumenti di gestione della CSR
Al di là di interventi legislativi esistenti e
ipotizzabili - non da ultimo da parte della
Commissione Europea, che si è impegnata a
esprimere nel 2004 il proprio orientamento verso
forme di rendicontazione sociale obbligatoria,
come il Parlamento Europeo stesso ha
recentemente ribadito10, ci sono altri fattori ‘esterni’
che giocano un ruolo rilevante nel determinare le
scelte di imprese verso la CSR. In Europa, e in
modo particolare nel Regno Unito, dove le
tematiche della CSR hanno assunto tale rilevanza
da indurre il Governo Blair a nominare un
Ministro per la CSR, tre sembrano essere le spinte
principali verso la CSR provenienti dalla società:
• Pressioni da parte di ONG (organizzazioni non
governative). Si va da attività di informazione,
mobilitazione civile e lobbying politica da parte di
associazioni focalizzate su singole tematiche, quali
ad esempio la difesa dei diritti umani, la
promozione della diversità o la protezione
dell’ambiente, fino a campagne di boicottaggio
contro singole imprese i cui prodotti, attività o
politiche sono ritenuti socialmente irresponsabili.
• Controllo della catena della fornitura: Sempre di
più i consumatori - e le loro associazioni mostrano un’attenzione che va oltre la qualità dei
prodotti, e investe il comportamento dell’azienda
nel suo complesso in merito a questioni etiche,
sociali ed ambientali rilevanti nelle attività
produttive e commerciali. Con la globalizzazione
dell’economia, i confini della responsabilità sociale
si estendono ben oltre i tradizionali confini
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dell’insediamento produttivo, e includono anche la
catena della fornitura su scala globale. Diventa
quindi indispensabile per l’azienda essere in grado
di gestire i rapporti con i fornitori mantenendo un
ragionevole controllo lungo tutta la catena della
fornitura, ad esempio adottando criteri di selezione
dei fornitori omogenei e verificandone il rispetto
anche con l’ausilio di esperti esterni qualificati11.
• Richieste da parte delle agenzie di rating sociale.
Per rating sociale si intende l’applicazione di criteri
di selezione di tipo etico e sociale nella costruzione
di fondi d’investimento composti da titoli di
imprese quotate in borsa (il fenomeno viene
comunemente indicato con la sigla SRI, Socially
Responsible Investing). Tali criteri di selezione
possono essere di due tipi distinti: criteri negativi e
criteri positivi Il primo tipo si riferisce a criteri di
esclusione: i fondi di investimento vengono
costruiti escludendo titoli di imprese che operano
in settori considerati “socialmente irresponsabili” (ad
esempio l’industria del tabacco, la produzione di
armi, il settore dell’energia nucleare o del gioco
d’azzardo). I criteri di rating sociale di tipo positivo
riguardano invece delle valutazioni di merito sul
grado di soddisfacimento da parte dell’impresa di
alcuni indicatori di CSR rilevanti, e prevedono sia
misurazioni di tipo quantitativo (ad esempio: a
quanto ammontano le donazioni dell’impresa, in
percentuale sui profitti?), sia di tipo qualitativo (ad
esempio: esiste una politica aziendale di
promozione delle pari opportunità e della
diversità? Come viene applicata nelle procedure di
selezione dei collaboratori?). Quanto più l’impresa
soddisfa questi criteri, tanto più i suoi titoli
verranno inclusi nel portafoglio di investimento
quaderni di management
CSR
responsabile. Non superare gli screening delle più
famose agenzie di rating, quali il Dow Jones e
FTSE4Good, rappresenta un rischio non soltanto in
termini di danno per l’immagine, ma può avere
conseguenze in termini di maggiori costi di accesso
al capitale.
4. I fondamenti teorici della responsabilità
sociale
Abbiamo sin qui visto come la diffusione degli
strumenti di gestione della CSR abbia risposto a
stimoli di diversa natura, provenienti dal sistema
legislativo, da pressioni da parte di associazioni non
governative, dalle scelte di investimento ‘socialmente
responsabile’ e da decisioni manageriali di riduzione
dei rischi lungo la catena della fornitura. Abbiamo
poi sottolineato come diversi strumenti rispondano
meglio a diverse esigenze, in particolare
introducendo la distinzione tra strumenti con focus
rivolto all’interno (ad esempio il codice etico, la
formazione etica e l’ethical auditing) e strumenti di
gestione della CSR con focus rivolto all’esterno
(come il coinvolgimento degli stakeholder e le
attività di rendicontazione sociale) . La figura
seguente presenta una sintesi di questa analisi12.
Nel tentativo di rispondere alle pressioni sopra
descritte le imprese hanno iniziato ad utilizzare degli
strumenti di gestione della CSR riconducibili ad un
obiettivo comune: il miglioramento della public
accountability dell’impresa verso gli interlocutori
esterni. L’assunzione comune alla base di tali
approcci è che le relazioni con gli stakeholder
possono influenzare pesantemente il successo
dell’impresa, e quindi sia un preciso compito del
management gestire con la massima attenzione tali
rapporti per minimizzare i rischi e prevenire
conflitti. Si tratta principalmente di strumenti di
gestione della CSR attraverso i quali le imprese
cercano di sviluppare indicatori (KPIs, Key
Performance Indicators) per definire, monitorare
• Prevenzione reati
• CODICE ETICO
• Riferimenti normativi
• ETHICAL AUDITING
• Governance
(in USA : Sentencing
• FORMAZIONE
e quindi misurare - meglio se in modalità che
• Trasparenza
Guidelines; in Italia:
ETICA
d.g.l. n. 231)
• Impatto ambientale
• SISTEMI DI
permettano delle comparazioni a livello di
• Diritti umani
GESTIONE
• Pressioni di ONG
AMBIENTALE
• Rapporti con gli
settore, nazionale o addirittura internazionale stakeholder
• Agenzie di rating
• BILANCIO SOCIALE
• Diversità
(Socially
E RAPPORTO DI
le proprie perfomance etiche, sociali e
• Pari opportunità
Responsilble
SOSTENIBILITA’
• Responsabilità di
• CONSULTAZIONE
Investing)
DEGLI
ambientali. Gli strumenti maggiormente
prodotto
STAKEHOLDER
• Criteri di selezione e
adottati a questo scopo sono tre degli strumenti
• SA8000
gestione dei fornitori
sopra descritti:
Fig. 2 - Approcci e strumenti per la CSR
• i bilanci sociali, i rapporti ambientali e di
sostenibilità;
• le attività di consultazione e dialogo con gli
Se l’esperienza pratica e le sperimentazioni anche
stakeholder; e
innovative delle imprese dimostrano che i singoli
• le certificazioni delle condizioni di lavoro
strumenti di CSR possono garantire risposte efficaci
(SA8000) e di tipo ambientale (ISO14000).
alle richieste provenienti dalla società, la riflessione
>>> 43
quaderni di management
CSR
teorica - in particolare all’interno della disciplina
dell’etica degli affari13 - suggerisce che un approccio
integrato alla responsabilità sociale può essere
giustificato in una prospettiva di scelta razionale,
alla luce dei numerosi benefici, da un punto di
vista gestionale e strategico, che esso può generare.
Prima di approfondire l’analisi di tale approccio
integrato, discutendo i contenuti della proposta del
Progetto Q-RES14, appare quindi opportuno
ripercorrere, sia pur in estrema sintesi, gli elementi
centrali della riflessione teorica che sostiene la CSR
come modello di governance e di gestione strategica
dell’impresa.
Una definizione di responsabilità sociale di
impresa come governance allargata
Stabiliamo perciò innanzitutto una definizione: la
CSR è un modello di governance allargata e di
gestione strategica dell’impresa, secondo il quale
chi prende le decisioni discrezionali e ha il
controllo residuale effettivo sull’impresa
(l’imprenditore) ha doveri fiduciari che si estendono
dall’unico stakeholder protetto dal diritto di
proprietà (il socio, l’azionista ecc.), in caso non sia
effettivamente controllante, all’intera platea degli
stakeholder: coloro cioè che hanno un rilevante
interesse in gioco nella conduzione dell’impresa,
avendo effettuato investimenti specifici, non solo
monetari, al fine di cooperare con l’impresa,
avvalendosi di prodotti e servizi o essendo esposti a
effetti esterni positivi o negativi derivanti dalle
attività dell’impresa. La CSR estende quindi il
concetto di governance da una prospettiva
mono-stakeholder (in cui l’unico stakeholder
rilevante ai fini della identificazione dei doveri
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fiduciari è lo shareholder) a una prospettiva multistakeholder.
Le basi economiche ed etiche del modello di
governance estesa
Secondo la moderna teoria neoistituzionalista
dell’impresa, molte transazioni che comportano
investimenti specifici, sono soggette a
opportunismo15 (cioè all’espropriazione da parte di
alcuni del valore degli investimenti fatti da altri
partecipanti alle transazioni). Il motivo è
semplicemente che una volta entrati nella relazione
particolare, in presenza di elevati switching costs nel
caso in cui si debba uscire da essa, si crea la
possibilità di rinegoziare i contratti (espliciti o
impliciti) e vi è il rischio che alla fine qualcuno
risulti espropriato. La mancanza di fiducia
derivante da tali rischi potrebbe deprimere gli
scambi e condurrebbe a non effettuare molti degli
investimenti che li renderebbero mutuamente
vantaggiosi. Ovviamente ciò non accadrebbe se le
informazioni fossero tali da consentire di prevedere
ogni evenienza in anticipo e stabilire per contratto
come si agirà al suo presentarsi. La realtà è però che
i contratti non sono mai completi e molti eventi
sfuggono alla capacità previsiva delle parti. In
questa prospettiva l’impresa altro non è che
l’istituzione la quale affida le scelte discrezionali
sugli aspetti non previsti dai contratti all’autorità di
una parte, mediante l’attribuzione di un diritto di
controllo residuale associato alla proprietà sulle
risorse fisiche dell’impresa. L’impresa è
un’istituzione efficiente se l’allocazione del diritto
residuale di controllo è in grado di proteggere gli
investimenti degli stakeholder più a rischio, che
quaderni di management
CSR
cioè fanno investimenti il cui valore è maggiore ai
fini della creazione della ricchezza o utilità
eccedente i costi della transazione16.
Come si capisce subito questa spiegazione è però
parziale: è chiaro infatti che non esistono contratti
completi e che di conseguenza alcune parti non
possono essere protette attraverso la proprietà e il
diritto di controllo che assegna l’autorità di
prendere le decisioni residuali. Benché sia chiaro
che gli interessi di alcuni stakeholder non sono
protetti contro l’abuso del potere di prendere le
decisioni residuali, a causa dell’incompletezza
contrattuale e degli effetti esterni delle attività di
impresa che ricadono su di essi, gli scettici verso la
CSR sostengono che l’estensione dei doveri
fiduciari renderebbe difficile stabilire l’obbiettivo
ultimo dell’impresa. Gli stakeholder sono
molteplici e detengono interessi parzialmente in
conflitto. Identificare gli stakeholder è certamente
utile, ma non consente di per sé di identificare
quali pretese siano legittime e generino di
conseguenza doveri fiduciari dell’impresa.
Ma l’integrazione dell’etica con l’analisi economica
permette di sciogliere questi dubbi: l’etica fornisce
infatti il criterio per bilanciare i vari interessi degli
stakeholder in una prospettiva coerente con la
logica dell’efficienza, ovvero della massimizzazione
del profitto. Il criterio è fornito dal “contratto
sociale”, l’accordo implicito in ogni relazione
caratterizzata da un grado accettabile di
cooperazione da parte degli stakeholder17. Il
“contratto sociale” non è una accordo qualsiasi
delle vita economica di tutti i giorni: è un termine
di paragone ideale. Per identificare i termini del
“contratto sociale” soggiacente all’impresa occorre
>>> 45
mettere da parte la forza, la frode e la
manipolazione e lasciare che contino solo le
caratteristiche moralmente rilevanti per le quali gli
stakeholder vengono identificati: le loro possibilità
di contribuire ad una missione comune e
mutuamente vantaggiosa, l’interesse che ciascuno
di essi ha di trarre dalla partecipazione a tale
intrapresa sociale un beneficio, compatibile con il
beneficio altrui. “Contratto sociale” è così
l’accordo imparziale di mutuo vantaggio al quale
giungeremmo qualora ci ponessimo a turno nei
panni di ciascuno stakeholder, una volta che sia
posta da parte la forza e la frode. Ciò conduce a
identificare i termini di accordo accettabili da
chiunque in una prospettiva imparziale. Questo
punto di vista imparziale diviene il metodo che un
manager eticamente consapevole dovrebbe essere
in grado di intraprendere per definire una gestione
strategica socialmente responsabile, ovvero
orientata al bilanciamento equo tra le pretese
legittime degli stakeholder.
La reputazione come movente della responsabilità
sociale
La ricerca della reputazione è la poderosa forza che
spinge endogenamente l’impresa a dare attuazione
ai suoi doveri fiduciari estesi. La reputazione è una
risorsa immateriale che consente transazioni basate
sulla fiducia all’interno dell’organizzazione e tra
l’impresa e i suoi stakeholder esterni, abbattendo di
conseguenza molti costi di transazione18. Questo in
ultima istanza è, e deve restare, il vero bonus
associato alla responsabilità sociale.
Il meccanismo della reputazione in breve opera
come segue: dalle interazioni ripetute tra l’impresa
quaderni di management
CSR
e i suoi stakeholder, questi ultimi si accertano che
la prima non compia abusi della loro fiducia nelle
decisioni in cui può disporre di un margine di
discrezionalità. Ciò li porta progressivamente ad
accumulare fiducia che (da un certo punto in poi)
spinge a un flusso di transazioni e di rapporti
collaborativi di mutuo vantaggio. A questo punto
l’impresa può portare a frutto l’investimento di
reputazione fatto nei periodi precedenti, se
continua ad agire in modo da sostenere la loro
fiducia. Si crea quindi un “circolo virtuoso”, ovvero
un meccanismo che tende a rendere autovincolanti
le norme sociali: seguire tali norme crea
reputazione, che a sua volta induce una risposta
cooperativa da parte degli stakeholder. Ciò offre un
benefico all’impresa che di conseguenza è
incentivata ad osservare le norme sociali,
sostenendo ancora la propria reputazione e così via.
Vi è però un punto cruciale, dato dalla fragilità del
meccanismo della reputazione. Alcuni esempi
chiariscono questo punto. Come può un impresa
evidenziare la sua condotta socialmente
responsabile in materia di osservanza di contratti
con clienti e fornitori se i contratti sono
incompleti? Come può illustrare una condotta
rispettosa dei collaboratori conservando la
necessaria flessibilità e discrezionalità sulle decisioni
di organizzazione del lavoro? E ancora, come può
vedersi riconosciuta la qualità delle sue prestazioni
al cliente se il cliente stesso non ha informazioni
adeguate per riconoscerlo e accertarlo? Questi sono
alcuni degli ambiti in cui l’informazione o la
conoscenza a proposito delle azioni dell’impresa
sono incomplete o fortemente asimmetriche. Gli
impegni non sono definiti in relazione ad eventi
>>> 46
imprevisti e quindi non possono essere verificati,
oppure la loro attuazione non è osservabile. C’è un
gap cognitivo tra l’impresa e gli stakeholder che
deve essere colmato.
La logica dei sistemi di gestione della responsabilità
sociale
Colmare il gap cognitivo sopra descritto è la
funzione dei sistemi di gestione che danno
attuazione ai doveri fiduciari estesi dell’impresa.
Essi asseriscono cosa bisogna aspettarsi dall’impresa
anche nei contesti non previsti o in cui le azioni
concrete non sono osservabili, e in tal modo
offrono una base verificabile per la formazione dei
giudizi degli stakeholder che stanno alla base della
reputazione.
Ne consegue che i sistemi di gestione della
responsabilità sociale di impresa debbono obbedire
a una precisa logica, al fine di costituire un sistema
di governance mediante il quale l’impresa fa fronte
a doveri fiduciaria allargati e ottiene reputazione
dai suoi stakeholder.
Tre sono gli elementi essenziali di tale logica:
1. Principi etici. Definiscono la visione del
contratto sociale che ciascuna impresa propone ai
suoi stakeholder e sono perciò la base per
instaurare relazioni di fiducia. Sono astratti e
generali, in modo da applicarsi a molteplici eventi,
inclusi quelli che non siamo in grado di prevedere
o di descrivere ex-ante. In tal modo per la loro
applicazione non è necessaria una descrizione
dettagliata della situazione, è sufficiente il
riconoscimento della presenza di alcune
caratteristiche astratte che seguono un pattern
prestabilito dal principio. I principi non sono
quaderni di management
CSR
quindi mai muti: coprono sia gli eventi previsti, sia
quelli imprevisti. Il loro ambito di applicazione è
generale e quindi vago. Tuttavia la vaghezza può
essere governata grazie alla logica del ragionamento
morale (ricondurre le situazioni impreviste al
dominio di applicazione dei principi, almeno entro
certi limiti di vaghezza).
2. Regole di condotta precauzionali e preventive.
Per ogni area a rischio di opportunismo nei
rapporti tra gli stakeholder e l’impresa, devono
essere stabilite regole precauzionali di condotta. La
loro peculiarità è che non richiedono di essere
condizionate a situazioni concrete, ma
semplicemente si attuano quando il rischio di
violazione di un principio eccede una soglia
preannunciata. Perciò esse vengono applicate
mediante un ragionamento per default (in
mancanza di prova contraria): è sufficiente che
l’appartenenza di un evento al dominio superi una
determinata soglia di rischio/vaghezza perché esse
siano obbligatorie. Così le loro condizioni di
attuazione possono essere stabilite ex ante e su di
esse lo stakeholder può legittimamente formarsi
un’aspettativa circa la condotta dell’impresa: la loro
applicazione secondo quanto stabilito costituisce
l’evidenza che non è stato infranto
intenzionalmente alcun principio e di conseguenza
che la reputazione dell’impresa è ben meritata e la
fiducia ben riposta.
3. Comunicazione a due vie e dialogo con gli
stakeholder. Gli standard di comportamento
devono essere comunicati poiché da essi dipende la
reputazione. Gli stakeholder baseranno infatti il
loro giudizio sulla corrispondenza tra principi e
procedure annunciate ex ante, eventi occorsi e
>>> 47
comportamenti adottati. A questo scopo è perciò
essenziale la rendicontazione sociale che dovrà essere
orientata a rendere conto intenzionalmente circa il
raggiungimento di obbiettivi definiti ex ante in
relazione ai principi e alle regole di
comportamento. L’aspetto cruciale è passare da
una rendicontazione sugli “impatti sociali”
collaterali e non intenzionali a una rendicontazione
che rifletta il perseguimento di una consapevole
strategia di gestione rivolta al bilanciamento multistakeholder. L’impresa ha tutto l’interesse ad
anticipare il giudizio dello stakeholder,
sviluppando al suo interno la capacità di giudicare
come uno spettatore imparziale. Questa capacità è
facilitata sviluppando il dialogo con gli
stakeholder durante del processo di
rendicontazione sociale, ma prima ancora, ad
esempio inserendo membri indipendenti nel
comitato etico aziendale, capaci di giudicare
secondo quella prospettiva imparziale.
5. Il Progetto Q-RES: un modello integrato
di gestione strategica d’impresa per la
responsabilità etico-sociale
Alla luce di questa impostazione teorica è possibile
comprendere il modello di gestione strategica che il
“Progetto Q-RES: verso uno standard di Qualità
della Responsabilità Etico-Sociale d’impresa” ha
messo punto e che è illustrato nelle Linee Guida
Q-RES pubblicate nell’ottobre 200119.
Il modello Q-RES inserisce gli strumenti di
gestione della CSR in un sistema integrato di
gestione secondo la logica sopra descritta. Il
modello Q-RES è così articolato:
quaderni di management
CSR
Figura 3 - Il modello di gestione Q-RES
1) Visione etica d’impresa: si tratta non di una
semplice affermazione della missione produttiva,
ma della visione del contratto sociale che l’impresa
offre ai sui stakeholder, cioè del bilanciamento
equo tra i loro interessi.
2) Codice etico:
(i) principi che definiscono l’insieme bilanciato
dei diritti e dei doveri nei confronti di ciascuna
categoria di stakeholder;
(ii) norme di comportamento etico per ogni area
a rischio nelle relazioni con ciascun gruppo di
stakeholder, che identificano e vietano le forme
tipiche di opportunismo e stabiliscono gli
standard di condotta preventivi raccomandabili.
3) Formazione etica per sviluppare nei collaboratori
il ragionamento morale, ovvero la competenza di
interpretazione degli eventi organizzativi alla luce
della loro rilevanza rispetto ai principi etici e
trasmettere il senso di impegno (commitment) sui
principi e le norme di condotta.
4) Sistemi organizzativi di attuazione e controllo: si
tratta di organismi e procedure quali il comitato
>>> 48
etico, in grado di rappresentare in modo
imparziale il punto di vista dei vari stakeholder;
l’assistenza e supervisione delle questioni etiche
(ethics officer); il controllo top down (auditing etico);
lo sviluppo di un dialogo bottom up per integrare la
CSR nei compiti e obbiettivi di lavoro; i sistemi di
valutazione e incentivazione materiale e
immateriale del personale, legati alla conformità e
ai risultati in ambito CSR.
5) Rendicontazione etico-sociale: comunicazione
esterna di principi e standard per fornire agli
stakeholder nuovi parametri su cui fondare il
giudizio; illustrazione della comprensibile
relazione fra impegni e risultati, illustrando i
risultati ottenuti in relazione a ciascuno
stakeholder dal punto di vista sia del valore
economico distribuito, sia di altri benefici ottenuti
o costi allocati dalla gestione; inclusione del punto
di vista degli stakeholder in modo da garantire
credibilità alla rendicontazione.
6) Verifica e certificazione esterna della CSR sulla
base di evidenze relative a ciascuno strumento e ai
risultati ottenuti nei vari ambiti della gestione
(gestione delle risorse, qualità dei prodotti e dei
servizi ecc.) da parte di un auditor esterno di terza
parte (indipendente).
I sei elementi del modello Q-RES sono concepiti
come passi in un processo di gestione strategica
rivolta a garantire l’adempimento dei doveri
fiduciari dell’impresa verso tutti i suoi stakeholder,
ove ciascun passo è collegato in successione agli
altri secondo una logica tipica della qualità, che
rinvia al miglioramento continuo dell’intero
processo.
quaderni di management
CSR
Dalle Linee Guida alla Norma Q-RES
Nel corso del 2002/2003 l’attività del progetto
Q-RES si è spostata dalle linee guida
all’elaborazione di una norma certificabile
relativa al sistema di gestione, per dare attuazione
al modello di gestione strategica sopra enunciato.
Per operare nella direzione di una noma
certificabile, base per la verifica esterna della
responsabilità etico-sociale delle organizzazioni,
si è ritenuto opportuno, in prima istanza far
riferimento al corpo più recente di normative sui
sistemi di gestione (ISO 9000 edizione 2000) e
si è presa in particolare considerazione la ISO
9004 che include, oltre ai contenuti tipici delle
linee-guida, anche il testo prescrittivo della
norma certificabile, arricchendone l’impianto
con gli aspetti etici e sociali legati alle relazione
tra impresa e stakeholder.
Attraverso la rilettura e la parafrasi della norma
ISO 9000 alla luce del modello Q-RES si è
inteso produrre una norma certificabile
facilmente comprensibile (almeno per gli addetti
ai lavori) in quanto strutturata in modo analogo
alle normative degli altri sistemi di gestione
ormai molto omogenei tra loro ed integrabile
all’interno dei sistemi di gestione certificabili già
noti.
Il risultato, la prima versione della Norma e
linee guida Q-RES per il miglioramento delle
prestazioni etico-sociali dell’organizzazione,
documento di consultazione presentato dal
Gruppo Normatore20 del Progetto Q-RES nel
marzo 2003, risulta articolata in due parti. Nella
prima parte viene illustrato il modello e gli
strumenti Q-RES per la gestione della
>>> 49
responsabilità etico-sociale delle organizzazioni,
la relazione con gli altri sistemi di gestione e con
la ISO 9000, lo scopo e il campo di applicazione,
i riferimenti normativi e un glossario di termini e
definizioni. In particolare, si sottolinea che il
sistema di gestione Q-RES presenta una
struttura con forti analogie con quella di sistemi
sviluppati per altre finalità (Qualità, Ambiente,
Sicurezza). Il modello Q-RES integra gli
strumenti che debbono essere impiegati per
attuarlo, e si traduce quindi in un modello di
gestione per l’organizzazione orientato al
miglioramento continuo prendendo in
considerazione i principi e i processi già
individuati dalla norma ISO 9000 e mostrando
la relazione esistente tra questi ultimi e i sei
strumenti di gestione Q-RES.
La seconda parte della Norma Q-RES è
intitolata Sistema di gestione dell’organizzazione
ai fini della responsabilità etico-sociale. In questa
parte viene tracciato il sistema di gestione ai fini
della responsabilità etico-sociale della
organizzazione in cui tutti gli strumenti di QRES trovano collocazione, all’interno dello
schema tradizionale della norma ISO:
• la Visione etica e il Codice Etico tra le
Responsabilità di Direzione;
• la Formazione etica nella Gestione Risorse;
• i Sistemi di attuazione e controllo nella
Realizzazione del prodotto;
• la Rendicontazione etico-sociale
principalmente nei processi di Comunicazione
con gli stakeholder oltre che nella Misurazione;
• la Verifica esterna nella Misurazione, analisi e
miglioramento.
quaderni di management
CSR
La credibilità dei sistemi di gestione per la CSR:
i problemi della verifica esterna
In ogni sistema di gestione della qualità di tipo
‘tradizionale’, la credibilità del sistema stesso
dipende dalla presenza di una verifica esterna da
parte di un ente indipendente in possesso delle
necessarie competenze, il cui compito è verificare
e attestare l’effettiva attuazione all’interno
dell’organizzazione di politiche e procedure
previste dalle norme di qualità. É evidente che
un sistema di qualità della CSR non può sottrarsi
ad un simile meccanismo, che anzi assume un
ruolo ancor più rilevante sia per la maggiore
complessità delle tematiche comprese in un
sistema ‘olistico’ di CSR rispetto al tema della
qualità in senso tradizionale, sia per le più elevate
esigenze di un pubblico di riferimento composto
da tutti gli stakeholder dell’organizzazione
piuttosto che dai soli clienti.
A livello internazionale, AccountAbility21 ha
recentemente proposto uno standard per la
verifica esterna - assurance nella terminologia
anglosassone - che definisce i principi guida per
l’attività di verifica esterna nel campo della CSR.
Si tratta di AA1000 Assurance Standard, che si
propone di costituire il “primo standard
internazionale che fornisce un approccio
generalmente applicabile per valutare e rafforzare
la credibilità dei report che comunicano le
performance sociali, etiche, economiche,
ambientali e, nell’insieme, di sostenibilità delle
aziende e dei sottostanti processi, sistemi e
competenze”22. AA1000AS definisce i seguenti
principi fondamentali che devono essere
applicati in ogni processo di verifica esterna:
>>> 50
• Completezza. Il principio della completezza
richiede che l’ente di verifica valuti il grado in
cui l’azienda ha incluso nel report informazioni
rilevanti su tutte le sue attività, performance e
impatti.
• Rilevanza (Materiality). Il principio della
rilevanza richiede che l’ente di verifica valuti se
l’azienda ha incluso nel report informazioni
sulle sue attività, performance e impatti che
siano soddisfacenti per gli stakeholder
dell’azienda stessa al fine di arrivare ad una
comprensione dell’azienda, formulare giudizi,
prendere decisioni ed eseguire azioni; e
• Rispondenza. Il principio della rispondenza
richiede che l’ente verifica valuti se l’azienda ha
risposto alle esigenze, alle policy e agli standard
relativi agli stakeholder, e che tali risposte siano
adeguatamente comunicate nel report.
L’applicazione dei principi AA1000 Assurance
Standard può evidenziare mancanze nei report o
nei processi, nei sistemi e nelle competenze, che
dovranno quindi essere identificate dall’ente di
verifica e menzionate nell’attestazione di verifica.
I tre principi mettono in evidenza alcune
questioni cruciali nell’attività di verifica esterna.
Chi ha effettivamente gli incentivi adeguati, oltre
che la conoscenza necessaria, per svolgere tale
compito? Come evitare che l’ente verificatore
non venga ‘catturato’ dall’organizzazione
verificata?
Nell’ambito del Progetto Q-RES, il problema
della credibilità viene affrontato prevedendo la
costituzione di un Ente indipendente multistakeholder, composto da uno staff di ricerca
indipendente e qualificato, che avrà, tra i vari
quaderni di management
CSR
compiti di diffusione e promozione
dell’adozione del modello Q-RES, anche un
ruolo primario nel processo di verifica esterna
della sua adozione da parte di aziende e
organizzazioni. Il disegno organizzativo dell’ente
dovrebbe essere a prova di collusione, ovvero
evitare il prevalere di interessi particolari. Si
tratterebbe, in altre parole di una sorta di
Authority della società civile in materia di CSR,
un’associazione senza scopo di lucro con una
base larga costituita dalle diverse forme di
impresa (di capitali, cooperative e non profit) e
dai loro principali stakeholder: le organizzazioni
sindacali dei lavoratori, i consumatori le
associazioni ambientaliste, le associazioni
professionali economiche, le associazioni non
profit e gli enti locali, rigorosamente
indipendente da tutti i soggetti con cui
interagisce e collabora, incluso il potere politico.
Il prossimo passo del progetto Q-RES è perciò
cooperare insieme a tutte le organizzazioni e
istituzioni disponibili a intraprendere questa
iniziativa.
6. L’evoluzione dei sistemi di gestione per
la CSR
Il Progetto Q-RES si inserisce in un quadro
internazionale in cui si stanno sviluppando
numerose iniziative finalizzate alla formulazione
di linee guida e standard di qualità per i sistemi
di gestione per la CSR. Sono iniziative che
nascono dalla collaborazione tra università,
mondo delle imprese e associazioni professionali,
con un coinvolgimento di organizzazioni non
>>> 51
governative, associazioni non profit e talvolta
delle stesse autorità pubbliche e di governo.
In Europa possiamo citare Nel Regno Unito
AA1000 e l’esperienza del Progetto SIGMA23,
iniziativa cui partecipa il governo Blair
(Ministero dell’Industria) e la British Standard
Institution, ovvero l’ente normatore inglese.
Altre iniziative sono in corso in Germania
(standard di gestione etica
“ValuesManagementSystem” ideato dal centro di
ricerca in etica degli affari diretto dal prof. Josef
Wieland all’Università di Costanza24) e in Francia
(AFNOR, ente Normatore francese, ha
recentemente pubblicato lo standard SD
21 00025).
A livello internazionale, oltre a SA8000 e alla
Linee Guida GRI, ormai affermati schemi di
riferimento per le condizioni di lavoro e la
rendicontazione di sostenibilità, è da menzionare
l’iniziativa dell’associazione degli Ethics officers
USA, che ha avviato nel 2000 un progetto per
proporre all’ISO di definire uno standard per la
gestione etica d’impresa (Business Conduct
Management System26). All’interno dell’ISO
stessa, a livello mondiale, dopo uno studio di
fattibilità realizzato da COPOLCO27, che
esprimeva parere positivo a riguardo, si sta
studiando la possibilità di creare uno standard
(che può essere in forma di linea guida o
norma certificabile) sui sistemi di gestione per
la CSR.
La tabella seguente sotto mette in luce alcune
caratteristiche salienti di cinque standard
presenti sulla scena internazionale: SA8000,
GRI, AA1000, SIGMA e Q-RES.
quaderni di management
CSR
Fig. 4 - Un’analisi comparativa di cinque standard di CSR
Lo scenario futuro che ci pare auspicabile a
livello internazionale è una progressiva
integrazione delle esperienze di successo, delle
iniziative più interessanti e degli schemi
normativi già adottati da alcune aziende (linee
guida e standard) nelle diverse realtà nazionali.
Tale prospettiva è tanto più auspicabile a livello
comunitario, poiché fornirebbe alle imprese
europee un quadro di riferimento comune in
grado di promuovere la CSR in un’ottica di
vantaggio competitivo, come del resto la stessa
commissione europea ha chiaramente indicato28.
L’obiettivo di questo processo di integrazione
non dovrebbe essere quello di arrivare a costituire
un nuovo “super-standard” europeo, nel quale i
diversi standard elaborati all’interno dei diversi
contesti nazionali andrebbero a fondersi, ma di
sviluppare un “common framework”, ovvero un
modello comune che metta in luce elementi di
complementarietà e caratteristiche distintive di
ciascun approccio.
>>> 52
La strada di un unico ‘super-standard’
non pare appropriata per diverse
ragioni. Primo, si rischierebbe di
perdere il patrimonio di esperienze,
sperimentazioni e innovazioni
sviluppatesi all’interno delle diverse
iniziative. Secondo, ogni standard ha
come sfondo una rete di relazioni
personali e tra organizzazioni che
rimane, anche per specificità
linguistiche, legata ai diversi contesti
nazionali. Terzo, non è da trascurare il
valore in termini di ‘branding’ acquisito
nel corso del tempo da iniziative che,
come AccountAbility, e lo stesso Q-RES, sono
attive da diversi anni. Da ultimo, ma certo aspetto
da non trascurare, il numero di standard in materia
di CSR presenti nel panorama internazionale è già
talmente alto che non si vede proprio come un
nuovo standard potrebbe essere salutato con
favore, specialmente dagli utilizzatori degli
standard, ovvero le imprese.
Per queste ragioni il Progetto Q-RES ha deciso di
lavorare nella direzione dello sviluppo di un
modello comune al cui interno possano essere
ricomprese le esperienze nazionali più significative,
ed ha promosso un progetto di ricerca in
partnership con AccountAbility, SIGMA e
ValuesManagementSystem (VMS) che sta
analizzando gli elementi comuni dei diversi sistemi
di gestione per la CSR29.
La partnership prende le mosse dal riconoscimento
di una serie di assunzioni di fondo condivise da
queste quattro iniziative:
• la CSR come sistema di gestione strategica
quaderni di management
CSR
dell’impresa e non attività ‘ad hoc’;
• approccio multi-stakeholder, sia per l’ambito
di applicazione dei sistemi di gestione sviluppati, sia
per la struttura di governance istituita dai diversi
progetti;
• integrazione con i tradizionali sistemi di gestione
dell’impresa (ISO, EFQM, Balanced
Scorecard ecc); e
• coinvolgimento di imprese attraverso la
realizzazione di ‘progetti pilota’ per testare la
bontà del sistema di gestione per la CSR.
Il nucleo attorno al quale l’ipotesi di convergenza tra QRES, SIGMA, AccountAbility e VMS si muovono
riguarda i seguenti elementi dei diversi sistemi di
gestione:
• principi e valori del sistema di gestione per la
CSR (CSR Values);
• presenza di un processo organizzativo di
gestione per la CSR che unifica e dà significato
ai diversi strumenti di CSR (CSR Management
Process);
• definizione di strumenti manageriali per la CSR
(CSR Tools);
• attenzione al problema della verifica esterna
(Assurance).
Sono questi gli elementi comuni inizialmente
identificati come ‘pietre miliari’ per la costruzione di un
framework comune.
Per una rassegna delle principali esperienze aziendali innovative nel campo della CSR si veda Zadek, S.,
Pruzan, P., Evans, R. (1997).
2
Queste definizioni sono tratte dalla “Survey Q-RES 2003” a cura di S. de Colle, CELE, 2003.
3
Survey Q-RES, CELE, Centre for Ethics, Law & Economics, Università Cattaneo - LIUC Castellanza,
2003.
4
La definizione merita una precisazione: si tratta semplicemente di aziende che hanno già iniziato ad
occuparsi di CSR, avendo adottato al loro interno alcuni degli strumenti di gestione della CSR sopra descritti, o
che si segnalano per dichiarazioni del top management o partecipazione ad iniziative pubbliche sulle tematiche
della CSR. L’indagine è stata condotta dal 15 dicembre 2002 al 15 febbraio 2003, attraverso l’invio di un
questionario di 11 pagine ad un campione di 115 aziende italiane così selezionate. Il tasso di risposta è stato
del 36%.
5
In un lavoro recente S. de Colle e C. Gonella (2003) analizzano motivazioni, benefici e potenziali rischi di
diversi approcci alla CSR, distinguendo tra due estremi: da un lato, approcci alla CSR con “focus esterno”,
caratterizzati da strumenti di gestione della CSR di tipo social accountability, rivolti soprattutto all’esigenza di
migliorare le relazioni dell’impresa con gli stakeholder esterni (si tratta quindi di strumenti quali il bilancio
sociale, attività di coinvolgimento degli stakeholder e certificazioni sociali e ambientali). Dall’altro, approcci
alla CSR con “focus interno”, caratterizzati dall’introduzione di strumenti di tipo business ethics orientati al
miglioramento e controllo di procedure interne e comportamenti di collaboratori dell’impresa, manager e
dipendenti (attraverso strumenti quali i codice etico, la formazione etica, l’ethical auditing e l’ethics officer).
6
Cfr. U.S. Sentencing Commission (1996).
1
>>> 53
quaderni di management
CSR
Si veda, ad esempio, lo studio di Schwartz, M., Israeli, D. (1998).
Secondo uno di questi studi, svolto su di un campione di 203 corporations americane, nel 38% dei casi in
seguito all’introduzione delle guidelines i programmi di etica d’impresa sono stati sensibilmente migliorati. Cfr.
US Sentencing Commission Guidelines (1995).
9
Si veda il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231: “Disciplina della responsabilità amministrativa delle
persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo
11 della legge 29 settembre 2000, n. 300”. G.U. 19 giugno 2001, n. 140.
10
Si veda la risoluzione del Parlamento Europeo del 28 Aprile 2003: “European Parliament resolution on the
Communication from the Commission concerning Corporate Social Responsibility: A business contribution to
Sustainable Development”.
11
È questa la logica della certificazione SA8000, per la quale il nostro Paese è - per motivi di diversa natura,
tra i quali la decisione di Coop Italia di richiedere la certificazione ai propri fornitori e gli incentivi economici
erogati dalla Regione Toscana - recentemente diventato leader mondiale per numero di aziende certificate (45),
davanti a Cina (44) e Brasile (31). Cfr. www.sa-intl.org.
12
Cfr de Colle S. e Gonella C. (2003).
13
Cfr L. Sacconi (1991) e (1997).
14
Il “Progetto Q-RES: Verso uno standard di qualità della responsabilità etico-sociale d’impresa”, è un’iniziativa
avviata nel 1999 dal CELE-Centre for Ethics, Law & Economics e realizzata in collaborazione con un gruppo
di imprese, associazioni professionali, società di consulenza ed organizzazioni non profit: ABI (Associazione
Bancaria Italiana), AIIA (Associazione Italiana Internal Auditors), AIOICI (Associazione Italiana Organismi
Indipendenti di Certificazione e Ispezione: SGS Italia, TÜV Italia, DNV Italia, Lloyd register, BVQI),
Avanzi, Bosch-Rexroth, Confesercenti Milano, Consorzio Cgm, Certiquality, Coop Adriatica, Coop
Consumatori Nordest, Enel, Federmanager, Hay Group, Kedrion, KPMG, Lindt, PWC, SCS Azioninnova,
Sodalitas, Transparency Italia, Unicredito e Unipol. Cfr. www.qres.it (da Settembre 2003).
15
Il riferimento fondamentale per i concetti di investimenti specifici e opportunismo è Oliver Williamson
(1986), cui si deve lo sviluppo del filone di ricerca dell’economica dei costi di transazione.
16
Si veda il modello di Hansmann (1996) e la critica di Blair e Stout (1999) al modello di governance
unicamente ‘pro-shareholder’.
17
Cfr. L. Sacconi (2000).
18
Per un’analisi economica degli effetti di reputazione si veda D. Kreps (1990).
19
Cfr Sacconi L., de Colle, S, Baldin, E., (a cura di), “Progetto Q-RES: Linee Guida per il Management”,
LIUC Papers n. 95, Ottobre 2001.
20
I lavori del Gruppo Normatore sono stati coordinati e indirizzati da Emma Baldin (CELE) e Giovanni
Bogani (AIOICI).
21
L’Institute of Social and Ethical AccountAbility è l’associazione professionale, con sede a Londra, che nel 1999
7
8
>>> 54
quaderni di management
CSR
ha emanato AA1000, AccountAbility Framework, primo standard internazionale per l’attività di social and
ethical accounting, auditing and reporting (SEAAR). Cfr. www.accountability.org.uk.
22
Cfr. AccountAbility (2003).
23
Cfr. www.projectsigma.com
24
Cfr. http://www.dnwe.de/2/content/bb_01.htm
25
Cfr. www.afnor.fr
26
Cfr. http://www.eoa.org/bcms.asp
27
Cfr. ISO Consumer Policy Committee (COPOLCO), report on the “The Desirability and Feasibility of ISO
CSR Standards”, May 2002. Cfr. www.iso.org
28
Si veda la Comunicazione della Commissione Europea del 2 luglio 2002, “Communication from the
Commission concerning Corporate Social Responsibility: a business contribution to Sustainable Development.
Cfr. http://europa.eu.int/comm/employment_social/soc-dial/csr/csr2002_en.pdf
29
“Developing a CSR Framework to integrate Q-RES and other social and ethical standards” - ricerca
finanziata dalla EU Budget heading B3-4000 Industrial Relations And Social Dialogue.
Bibliografia
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www.accountabilityorg.uk
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management framework”, in International Journal of
Business Performance Management, Vol. 5, Issue nos. 2/3,
2003, pp.199-212.
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Political Economy, Cambridge U.P.
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e mercati nella prospettiva dell’etica razionale, Il Saggiatore,
Milano.
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>>> 55
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• Sacconi, L. (2000), The social contract of the firm,
Springer-Verlag, Berlin.
• Sacconi S., de Colle, S, Baldin, E. (2001), (a cura di),
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• Schwartz, M.,Israeli, D. (1998), What can we learn
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Organizational Ethics? in Journal of Business Ethics, July
1998,17, pp. 1045-1055.
• U.S. Sentencing Commission (1995), “Corporate
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Corporation”, Washington D.C.
• U.S. Sentencing Commission. (1996), Annual Report,
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• Williamson, O. (1986), The economic institutions of
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• Zadek, S., Pruzan, P., Evans, R. (1997), Building
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quaderni di management