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Echi di paesaggio
Le Marche, pur nelle differenze delle singole aree, esprimono un carattere proprio e inconfondibile.
Il campo d'azione di Agrà, in questo vasto territorio, è la zona compresa tra le valli del Metauro e
del Cesano. Lo stesso termine Agrà, usato quale nome d'arte, è già una dichiarazione poetica:
rimanda direttamente alla campagna e al lavoro della terra. Di fatto, sin da quando ha iniziato a
dedicarsi con continuità alla pittura, dai primi anni Sessanta, Natale Patrizi ha rivolto la propria
attenzione al paesaggio. In maniera costante, ossessiva, l'artista continua a riprodurre questo
pezzetto di entroterra marchigiano.
Un procedere che lascia intuire come per lui non si tratti solamente di scegliere una particolare
veduta, ma il luogo in cui vive diventa il referente unico della propria pittura.
Nativo di Mondolfo (PU), Patrizi si sofferma sul paesaggio, ma anche sulle presenze che lo
animano: le donne, i fanciulli, le ragazze. In tal modo il territorio, da semplice oggetto della pittura
dell'artista, si scopre essere l'unico oggetto possibile.
Necessariamente, come gli artisti di fine Ottocento, prediligendo la pittura "en plein air", usa recarsi
sul posto per dipingere. L'osservazione diretta della natura è quindi motivo primo e fondamentale
per la nascita delle sue opere, ma non solo in relazione al soggetto da riprodurre. Non si tratta di una
semplice esperienza fisica, ma di una fase indispensabile del processo creativo. Lo dimostra anche il
ciclo di affreschi realizzati nella chiesa parrocchiale di San Giorgio in Foglia a Borgo Massano
(PU). Interessa di questo lavoro, purtroppo non più visibile, come l'artista si sia trovato a dipingere
in un luogo chiuso, con le pareti che costituiscono una brusca e insormontabile separazione dall'aria
aperta. Nonostante questa limitazione, nell'immaginare un'ambientazione per le scene sacre - San
Giorgio e il Drago, la Madonna col Bambino e il Battesimo di Cristo - l'artista si trova a
rappresentare, ancora una volta, le colline marchigiane, con i campi coltivati, le case coloniche e i
piccoli paesi adagiati sui crinali. La stessa Madonna assume l'aspetto di una popolana, di una madre
che tiene in braccio il bambino affacciata a una finestra.
Richiami continui al proprio territorio che rendono la sua arte estremamente comprensibile e, nello
stesso tempo, costituiscono le tappe di un percorso interiore, di una lenta e necessaria ricerca
identitaria. Nelle opere di Agrà trova voce quell'espressione autentica di un luogo, il suo carattere
originale e inconfondibile, che potremmo far coincidere con l'antico Genius Loci dei latini.
Un sentimento che lega le opere, e il proprio autore, a questo territorio. Un puro e profondo senso di
appartenenza che affiora dai dipinti, dalle ceramiche, dalle incisioni. L'artista si sente a casa solo in
questo posto e non in altri, qui si trovano le proprie radici.
Recarsi a dipingere fra le colline e le valli, che poi diventano i soggetti delle sue opere, è per Patrizi
come un incontro intimo, come l'andare a trovare un amico quando si ha bisogno di parlare. La
propria terra non è, dunque, qualcosa di statico, semplicemente da rappresentare, ma è viva e
mutevole; con essa si può interloquire. Non si tratta di descrivere un paesaggio, ma di rendere un
proprio sentimento. Un approccio personale che viene tradotto dall'artista con pennellate ampie e
gestuali. Agrà procede in modo rapido, sovrapponendo il colore a un uniforme fondo nero, steso in
precedenza. Un lavoro di stratificazione, di aggiunta, che accosta il dipingere al modellare e la
tempera a una massa plastica. L'indole vigorosa e impulsiva dell'artista conduce la propria pittura
verso esiti astratti. Un processo messo maggiormente in evidenza nella resa delle figure, nei corpi e
nei volti mentre nei paesaggi, coincidendo con le variazioni tonali delle differenti colture, la
suddivisione per piani di colore consente una percezione meno chiara dell'operazione attuata
dall'artista. L'intento figurativo, comunque presente nel suo lavoro, viene sottoposto a una
semplificazione formale. La figura viene definita da un segno spesso e irregolare, a volte ottenuto
dall'emersione del colore nero di fondo, altre dalla necessaria costruzione spaziale, soprattutto nelle
figure (Ragazze svedesi, Svedese, Sequenze).
A Patrizi non interessa l'illusione suscitata dalla pittura; l'artista procede per ampie e imprecise
campiture che lasciano affiorare il fondo o addirittura il supporto, sia che si tratti di cartone, tavola
o tela. In questo, chiara è la comprensione del processo che da Cézanne, con l'iscrizione delle forme
naturali all'interno di solidi geometrici, a Picasso, quindi al Cubismo, conduce fino all'astrattismo.
In Patrizi la figura viene scomposta attraverso un'operazione di semplificazione che procede per
piani di colore. Un procedimento analogo a quello attuato da Frantisek Kupka nel suo Planes by
Colors, Large Nude, meglio conosciuto come Grande Nudo, dove la spazialità viene ottenuta per
gradazioni cromatiche. Allo stesso modo Patrizi comunica la profondità facendo ricorso a forme
geometriche che vanno a coincidere con le diverse campiture tonali e spesso, direttamente, con le
singole pennellate. Questo risulta ben leggibile nella resa delle figure, in opere come Studio per la
Madonna di Borgo Massano, Finestra di Montelabbate - Farneto, Sequenze, ma non è meno
presente nel paesaggio anche se l'effetto si perde nella coincidenza dei piani geometrici con i
differenti colori dei campi. Una riduzione all'essenza, con chiaroscuri netti, lumeggiature
improvvise, forme definite da pochi ed essenziali tocchi di pennello.
Una pittura, quella di Patrizi, che diventa espressione di un personale percorso interiore dove il
paesaggio si trasfigura per lasciare spazio a un emozionante tracciato cromatico.
Cristina Petrelli