GIORNATA TERZA - Sebastiano Inturri

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GIORNATA TERZA - Sebastiano Inturri
GIORNATA TERZA - NOVELLA DECIMA
Tratta dall’opera Novelle del Decameron: vi racconto le dodici più spassose e piccanti
Un tempo nella città di Gafsa [in Tunisia] vi fu un ricchissimo uomo il quale tra alcuni
altri suoi figlioli aveva una bella e gentile figlia di circa quattordici anni, il cui nome era
Alibech. Costei, spinta dal desiderio di diventare una buona cristiana, un giorno
domandò a qualcuno come si potesse servire il Signore. Le fu risposto che la maniera
migliore era quella di abbandonare completamente i beni mondani, come fanno gli
eremiti.
Così la giovane, senza dire niente a nessuno, la mattina seguente si allontanò da casa e da
sola cominciò a vagare in mezzo al deserto.
Dopo alcuni giorni di cammino vide una casetta da lontano, e vi si avvicinò. Qui ella
trovò sull’uscio un sant’uomo, il quale, meravigliato, le domandò cosa andasse cercando.
Lei gli rispose che, avendo ricevuto un’ispirazione divina, desiderava servire Dio come
meglio poteva.
Il savio uomo, vedendo che era una donna giovane e bella, allo scopo di non subire
tentazioni peccaminose decise di non tenerla con sé e, dopo aver lodato la sua buona
disposizione d’animo, le diede qualcosa da mangiare e da bere e le disse: «Figliola mia,
non molto lontano da qui vi è un santo uomo il quale per quello che tu stai cercando è
un maestro molto più capace di me: vai da lui.» E, dopo averle indicato la strada, la
congedò.
La giovane proseguì dunque il suo viaggio nel deserto, finché arrivò all’eremo dove
viveva solitario l’uomo che le era stato indicato, il quale si chiamava Rustico.
Anche a costui, che era un giovane devoto e buono, Alibech fece la stessa domanda che
aveva fatto agli altri. E lui, per mettere alla prova la propria saldezza morale, anziché
mandarla via come avevano fatto gli altri, decise di tenere con sé la giovane. E giunta la
notte le preparò un letto con fronde di palma e le disse di usarlo per riposarsi.
Ben presto però le tentazioni fecero vacillare la fermezza di Rustico il quale, accantonati i
pensieri santi, le preghiere e le regole spirituali, concentrò le sue attenzioni sulla
giovinezza e bellezza di Alibech.
Egli cominciò a studiare il modo per dare sfogo ai propri desideri senza dare
l’impressione alla ingenua giovane di essere un uomo licenzioso.
Per prima cosa le domandò se avesse mai avuto un uomo; e quando lei rispose di no, lui
pensò che, essendo lei completamente ignorante in quella materia, l’avrebbe potuta
raggirare facilmente.
L’intenzione di Rustico era quella di indurre Abilech a soddisfargli i piaceri carnali,
facendole però credere che quello era il modo per servire il Signore.
Così egli spiegò alla giovane quanto il demonio sia nemico di Dio; e dopo le fece
intendere che il servizio più grato che si può rendere al Signore è quello di mettere il
diavolo nell’Inferno, dove Lui lo ha condannato a stare.
Abilech gli domandò come poteva fare ciò che lui aveva detto, e lui rispose: «Fa’ come
faccio io, e lo saprai presto.»
Quindi l’uomo si spogliò dei pochi vestiti che aveva indosso, rimanendo completamente
nudo; e altrettanto fece lei. Poi si inginocchiò come se volesse pregare, e la stessa cosa
fece fare a lei.
Rustico, trovandosi di fronte una bella e giovane donna nuda, ovviamente si eccitò,
sicché avvenne la “risurrezione della carne”.
Alibech, assistendo a tale “risurrezione”, meravigliata domandò: «Rustico, cos’è quella
cosa sporgente che io ti vedo, e che io non ho?»
«Oh figliola mia!» disse l’uomo «Questo è il diavolo di cui ti ho parlato; e mi dà una tale
molestia che io la sopporto con difficoltà.»
Allora disse la giovane: «Oh! Lodato sia Iddio, ché io sto meglio di te, perché non ho tale
diavolo!»
Disse Rustico: «Ciò che dici è vero, ma tu hai un’altra cosa che io non ho.»
«E che cosa?» domandò Alibech.
Rispose Rustico: «Hai l’inferno, e sono convinto che Iddio ti abbia mandata qui per la
salute dell’anima mia, in quanto se tu hai pietà di me e sarai disposta a ricevere nel tuo
inferno questo diavolo che mi procura tanto tormento, mi arrecherai un’enorme
consolazione, e nello stesso tempo farai un grandissimo servizio al Signore, cosa per la
quale hai detto di essere venuta fin qui.»
La candida e semplice giovane rispose: «Oh padre mio, poiché ho l’inferno, potete
metterci il vostro diavolo tutte le volte che vi piacerà.»
Disse allora Rustico: «Figliola mia, sii benedetta! Dunque andiamo a metterlo dentro,
cosicché io abbia un po’ di pace.»
E condotta la giovane sopra uno dei letti, le insegnò la posizione che lei doveva
assumere per imprigionare quel maledetto da Dio.
Alibech, che fino ad allora non aveva mai ricevuto nessun diavolo nell’inferno, la prima
volta sentì un po’ di dolore; perciò disse: «Di certo, padre mio, questo diavolo deve
essere davvero cattivo e nemico di Dio, se persino quando si trova nell’inferno fa male.»
Disse Rustico: «Figliola, non sarà sempre così.»
E per far sì che lei si abituasse a quel diavolo, lo introdussero nell’inferno per ben sei
volte, al termine delle quali essi gli ebbero tolta così tanta superbia dalla testa che l’uomo
poté ritenersi abbondantemente rasserenato.
Ma nei giorni seguenti la superbia tornò a farsi viva in quel diavolo scatenato, e perciò
Rustico prese più volte la decisione di rimetterlo dentro, e ogni volta Alibech ubbidiva
prontamente.
Dagli e ridagli, il gioco cominciò a piacere alla giovane, la quale disse: «Mi sto rendendo
pienamente conto che quei valenti uomini a Gafsa dicessero la verità, quando mi
dicevano che servire il Signore è una cosa così dolce; e per certo non mi ricordo che
nessun’altra cosa mi ha arrecato tanto diletto e piacere quanto me ne procura il rimettere
il diavolo nell’inferno.» E per tale motivo lei andava spesso da Rustico e gli diceva:
«Padre mio, sono venuta qui per servire Dio, e non per rimanere oziosa; andiamo a
rimettere il diavolo nell’inferno.» E così facendo, Alibech talvolta diceva: «Rustico, io
non capisco per quale motivo il diavolo fugga dall’inferno: perché se vi stesse così
volentieri come l’inferno lo riceve e lo tiene, egli non ne uscirebbe mai.»
La giovane ormai era insaziabile, e invitava così spesso Rustico a servire il Signore che
dopo un po’ di tempo l’uomo per la stanchezza accumulata si sentì uno straccio. Perciò
egli disse ad Alibech che bisognava punire il diavolo e metterlo nell’inferno solo quando
alzava la testa per la superbia.
Così Rustico poté concedersi un po’ di riposo.
Ma dopo un po’ la giovane gli disse: «Rustico, se il tuo diavolo è castigato e non ti dà più
fastidio, il mio inferno non mi dà pace. Perciò ti chiedo che col tuo diavolo mi aiuti a
placare la rabbia del mio inferno, come io col mio inferno ho aiutato a domare la
superbia del tuo diavolo.»
L’uomo le rispose che per placare la rabbia di un inferno ci vogliono troppi diavoli, e che
perciò lui avrebbe fatto per lei ciò che poteva. Pertanto Rustico alcune volte
soddisfaceva le richieste della giovane, ma era come pretendere di sfamare un leone con
una fava; cosicché Alibech, pensando di non servire Dio come ella desiderava,
mugugnava spesso.
Un giorno a Gafsa si verificò un incendio nel quale morirono il padre di Abilech e tutto
il resto della famiglia; cosicché lei divenne erede di tutto il patrimonio paterno. Un
giovane di nome Neerbale, il quale aveva speso tutte le proprie ricchezze, sapendo che
Abilech era designata ad ereditare i beni del padre, si mise alla ricerca di lei con
l’intenzione di sposarla, prima che il patrimonio della giovane fosse acquisito come bene
pubblico per mancanza di eredi. Appena la ritrovò, con gran piacere di Rustico e gran
dispiacere di lei la riportò a Gafsa per prenderla in moglie, diventando così erede assieme
a lei dell’ingente capitale.
Prima che fossero celebrate le nozze, alcune donne del paese domandarono ad Alibech
in che modo lei avesse servito il Signore in mezzo al deserto. La giovane, che ancora non
era andata a letto con Neerbale, rispose che lo aveva servito rimettendo il diavolo
nell’inferno e che Neerbale aveva commesso un grande peccato quando l’aveva distolta
da un tale servizio.
Le donne domandarono: «Come si rimette il diavolo in inferno?»
Alibech con parole e gesti mostrò loro il modo in cui rimetteva il diavolo nell’inferno;
per la qual cosa le donne scoppiarono a ridere e dissero: «Non ti preoccupare, figliola,
ché ciò che tu hai mostrato si fa bene pure qui; Neerbale saprà servire bene insieme con
te il Signore.»
Le voci su quel ridicolo fatto raccontato da Alibech si diffusero a tal punto che
“rimettere il diavolo in inferno” diventò un modo di dire popolare.
In conclusione voi giovani donne che avete letto questa novella, che coltivate il buon
proposito di raggiungere la grazia di Dio, preparatevi a rimettere il diavolo in inferno,
poiché è molto gradito a Dio e piacevole a chi lo pratica.