morire “a norma”? è meglio vivere consapevoli del rischio

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morire “a norma”? è meglio vivere consapevoli del rischio
Web Edition
N.4
Aprile
2016
Esce dal 1949
tti
ollettino di informazione degli Ordini degli Ingegneri della Liguria
QUELLO CHE INSEGNA IL CASO IPLOM AI TECNICI E AL MONDO POLITICO CHE NON ASCOLTA
MORIRE “A NORMA”? È MEGLIO
VIVERE CONSAPEVOLI DEL RISCHIO
In casi come questo le misure di prevenzione e di protezione compatibili
con la soglia di rischio definita come accettabile (possibile fuoriuscita di greggio)
devono essere concordate con istituzioni e cittadini
PAOLO CARUANA
Presidente Ordine Ingegneri
Spezia e Federazione Ordini
Ingegneri Liguria
L’
incidente della Iplom
di Busalla, con il cedimento di una condotta la sera del 17 aprile e lo
sversamento nel Polcevera
di circa 700 metri cubi greggio, secondo dati di stampa,
con le pesanti ripercussioni
sull’ambiente, ci stimolano a
segue a pag. 8
Abbiamo aspettato, prima di intervenire su questa
vicenda, che tornasse un po’ di calma dopo i giorni
dell’emergenza.
Gli ingegneri scelgono di dire la loro opinione adesso,
quando le autorità amministrative hanno deciso
che l’emergenza è finita; il ministro responsabile
dell’Ambiente ha decretato che se c’è chi ha
sbagliato pagherà e mentre la magistratura prosegue
le indagini per accertare eventuali responsabilità.
In questo numero ribadiamo fra l’altro come una volta
di più si conferma che l’approccio ingegneristico
(prestazionale) è largamente vincente rispetto a
quello prescrittivo.
Rischi:
perché
le mozzarelle
scadono
e i tubi
delle raffinerie
invece no?
MAURIZIO MICHELINI
Pag. 2
Il tubo della condotta Iplom che si è rotto a Fegino causando lo sversamento di 700 metri cubi di petrolio.
Periodico della Federazione Regionale degli Ordinin. degli
Ingegneri dellaWLiguria
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UNA PROPOSTA PER LE CONDOTTE CHE TRASPORTANO MATERIALI PERICOLOSI
RISCHI: PERCHÉ LE MOZZARELLE
SCADONO E GLI OLEODOTTI NO?
Stabilire con chiarezza la vita massima imprimendola su tubi e impianti renderebbe più facili i controlli,
e non solo: spesso le leggi ci sono ma non vengono applicate secondo i principi. La svolta verso l’approccio
prestazionale e l’idea di trasformare 640 mila professionisti in altrettante “sentinelle” sul territorio
MAURIZIO MICHELINI
I
n un’azienda di Busalla, dove lavorano circa 250 persone, si è rotto un tubo che trasporta petrolio, causando
danni ambientali e mettendo a rischio la produzione
e l’occupazione. E così, via libera a perizie, ricerca delle
responsabilità e ai provvedimenti cautelari per garantire
la sicurezza ambientale finché il tubo non sarà riparato
e verificato in tutta la sua estensione (22,2 km dal porto
petroli di Multedo alla raffineria).
Gli oleodotti in Italia (da http://censimento.assocostieri.it)
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Ma quanti sono in Italia i chilometri di oleodotti e gasdotti, sotto terra o sott’acqua, in condizioni analoghe a
quello che si è rotto in Liguria? Sono molti. Quindi, perché non estendere l’indagine a tutti? Ma poi, qualcuno ci
dirà quale sarà la vita residua della tubazione una volta
sistemata?
Eh sì, perché sulle mozzarelle e sui tubi di gomma del gas
delle cucine domestiche troviamo la data di scadenza, ma
per gli oleodotti è diverso; ci sono altre norme, più severe,
che generano chili di certificazioni, ma difficilmente mettono in grado di rispondere in modo diretto ad
una così semplice e importante domanda.
Eppure questo concetto esiste già nel nostro ordinamento; ad esempio, l’art. 2.4.1 del
D.M. 14.1.2008, pur limitandosi a disciplinare
l’aspetto strutturale delle costruzioni, obbliga
ad indicare nei documenti progettuali la vita
nominale.
Dobbiamo farcene una ragione: come per le
mozzarelle, tutto ha un deterioramento e una
morte; occorrono verifiche e manutenzioni,
che le aziende devono quantificare e mettere
a bilancio, valutando anche l’ipotesi estrema
di chiudere, senza aspettare che ciò avvenga a
seguito di un incidente o dell’ordine dell’Autorità. Prima di arrivare a questi limiti, si tenga
conto che è quasi sempre possibile ridurre il
rischio con azioni a basso costo: a volte è più
efficace un operaio sul campo di cento dispositivi automatici.
Ma queste scelte non devono essere condizionate dalla paura del codice penale, altrimenti
si rischia di cadere in eccessi di cautela, che
determinano alti costi e scarsa utilità.
Il primo soggetto che può e deve agire nella
prevenzione è l’impresa, secondo il principio
cardine dell’autoregolamentazione: valutare i
rischi, scrivere ciò che si deve fare, fare ciò
che si è scritto.
Poi spetta agli enti pubblici di controllo il compito di verificare se il sistema di gestione, previsto sulla carta, venga messo concretamente
in atto; giusto per evitare che questi documenti
si trasformino in “patacche” o “stamponi” di-
E se si rompesse
questa
in mezzo al mare,
come verrebbe
salvato
l’ambiente?
menticati in un cassetto, tutti uguali, pieni di check-list Deontologia e cultura possono essere messe a sistema
che dicono che va sempre tutto bene.
per migliorare l’informazione, la conoscenza e la partecipazione dei cittadini e delle imprese, così da riaffermare
Tre principi fondamentali
l’importanza e il ruolo sociale della nostra categoria.
per lo sviluppo sostenibile
Infine, può essere utile l’intervento normativo, ma a boc- Quasi 640 mila possibili “sentinelle” in Italia
ce ferme, perché questi temi devono essere affrontati al di In Italia abbiamo un “esercito” di circa 2 milioni di profesfuori della fase emergenziale, per coniugare al meglio i sionisti iscritti agli albi, di cui circa 640’000 dell’area tectre criteri fondamentali per lo sviluppo sostenibile, tutti nica, che possono dare il loro contributo, in ogni sede, per
ugualmente importanti: sostenibilità ambientale, socia- quanto attiene ai temi della sicurezza in genere: trasformiamoci in sentinelle a tutela dello sviluppo sostenibile!
le ed economica.
Non c’è sviluppo sostenibile se l’ambiente viene compromesso a tal punto da non garantire più le stesse risorse E la norma del buon senso
alle generazioni future; ma neppure se, per scongiurare sapendo che il rischio, anche minimo, esiste sempre?
ogni rischio, interi settori economici vengono ipocrita- Le maggiori aziende che operano nel settore del petromente messi al bando, per poi aprire la stessa produzione lio e del gas, nei siti internet, evidenziano i propri sistemi
di tutela ambientale: controllo satellitare delle tubazioni,
in altri Paesi con minore sensibilità ambientale.
Per ultimo, c’è la consultazione diretta dei cittadini, ma sensori in grado di rilevare in tempo reale le perdite e
occorre che siano informati e coscienti di tutte le implica- chiudere il flusso, certificazioni ISO 14001:2014, ecc.
zioni conseguenti al voto; ricordiamoci dei risultati di uno Sito IPLOM, pagina “raffineria e territorio”, link “facciastorico referendum a Gerusalemme nel 33 d.C. sui destini mo di più”: «Oleodotti: vengono utilizzati degli “scovoli intelligenti” (un computer munito di svariati sensori percorre
di un certo Barabba…
Ordini e Collegi sono enti pubblici posti a tutela della all’interno della tubazione tutto il percorso da Busalla a Mulcollettività, concorrono all’attività di protezione civile e tedo registrando i dati che vengono poi elaborati in Germahanno il compito di vigilare sulla deontologia e sulla qua- nia), per il controllo del buon stato di mantenimento degli
lità del servizio reso dai professionisti, che si basa sul oleodotti, ciò consente di minimizzare la possibilità di sverrispetto delle leggi, della salute e dell’ambiente: mas- samenti per rottura e di mantenere sotto controllo lo stato
simo rigore per chi progetta, dirige, collauda o certifica delle tubazioni...».
con leggerezza ma, anche, massima valorizzazione delle Sito ENI, link “Innovazione e Tecnologia”, voce “Monitocompetenze e del dialogo propositivo con il mondo che raggio”: «Dionisio - Controllo remoto di condotte in pressioci circonda.
ne: la tecnologia proprietaria (e-vpms®)10 è stata sviluppata
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da Eni per il controllo delle condotte e
l’individuazione in tempo reale di perdite, prelievi fraudolenti, impatti di terzi,
variazione delle proprietà dei fluidi e
localizzazione pig durante le ispezioni
(…)».
E si potrebbe continuare a lungo.
Insomma, sulla carta sembra tutto a
posto e la norma pare essere più che
rispettata; eppure, sempre su internet, si scopre che le rotture – incidentali o dolose - e le conseguenti
perdite nei vari oleodotti italiani non
sono poche.
Ma allora, perché non dire la verità?
Perché non accettare che non tutto
è prevedibile dalla norma e che un
rischio, seppur minimo, esiste sempre?
Ma non è così: si può “morire a norma”, così come vivere al sicuro anche
senza regole cogenti, rispettando i
principi di salvaguardia e seguendo elementari criteri di buon senso.
Si tratta di una svolta concettuale,
quella dall’approccio prestazionale
appunto (garantire il risultato, anche
in assenza di regole cogenti), che il
Presidente Caruana propone ancora una volta in questa occasione, a
nome degli Ingegneri, nel suo intervento.
Occorre decidere se è prioritario
salvare la vita e salvaguardare l’ambiente o poter dimostrare di aver rispettato la legge e difendersi dicendo che l’incidente è accaduto per un
vuoto normativo.
Dovrebbe essere il sogno di ogni Ingegnere poter dare libero sfogo alla
capacità di trovare soluzioni innovative su misura, senza essere ridotto
al ruolo di mero applicatore di soluzioni tecniche già previste dal legislatore.
Ma, a questo punto, mi domando se il
nostro Paese sia antropologicamente
pronto per questa svolta o, piuttosto,
non sia ormai assuefatto dalla burocrazia al punto da non riuscire più ad
autoregolarsi secondo ragionevolezza
e buon senso; la sensazione è che,
Il sistema “Dionisio” dell’ENI per il controllo remoto delle condotte.
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in assenza di un ordine autoritativo
chiaro e specifico, la società brancoli nel buio alla ricerca di una norma
che non c’è più, producendo essa
stessa quella carta e quella burocrazia che tanto si chiede di eliminare.
Violare la legge
per “mettersi a norma”
Basta chiede a qualsiasi datore di lavoro il documento di valutazione del
rischio; la risposta più frequente è:
«Ora chiamo il consulente per la sicurezza che lo ha elaborato, perchè noi
siamo in regola!».
Una risposta già in violazione dell’art.
17, c. 1 del D.Lgs. 81/2008, che, in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro,
vieta al datore di lavoro la possibilità
di delegare ad altri soggetti due soli
compiti, uno dei quali è proprio «la
valutazione di tutti i rischi con la conseguente ela borazione del documento»
(l’altro è la nomina dell’RSPP).
Poi, quando compare il documento, ci
si rende conto che si tratta di un tomo
di centinaia di pagine, scarsamente comprensibile e non
operativo, in quanto solitamente intonso.
E qui scatta la seconda violazione, dell’art. 28, c. 2, lettera
a) del citato D.Lgs. che, tra l’altro, dispone: «...la scelta dei
criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità...»
È mai possibile che la stragrande maggioranza dei datori
di lavoro deleghino una funzione indelegabile, facendo illecitamente redigere da altri, documenti tutt’altro che semplici, brevi e comprensibili?
La stessa magistratura, per verificare le responsabilità,
deve ricorrere a giornate di lavoro e a consulenti tecnici
esterni per intelligere questi documenti e capire “chi
deve fare e cosa”. L’imprenditore, finalmente privo del recinto normativo e libero di scegliere la soluzione su misura per la sua azienda, brancola nel buio e chiede ad un
terzo di dirgli cosa fare, il quale, sapendo di operare al di
fuori della legge (in quanto delegato per un compito indelegabile), per non rischiare una responsabilizzazione eccessiva si cautela, facendo firmare al datore di lavoro un
piano generico, con soluzioni di sicurezza talvolta spropositate per la specifica realtà aziendale (che non conosce,
perchè non è lui che per legge dovrebbe redigere il piano...); ciò rende economicamente impossibile ogni adempimento, con il risultato che il datore di lavoro non fa nulla
per ridurre i rischi e tira a campare sperando che non gli
succeda niente. Salvo lamentarsi per una burocrazia che
talvolta neppure c’è.
Sembriamo tutti personaggi di un’opera di Kafka.
Maurizio Michelini
Iplom: cronologia di un disastro
17 aprile: Alle 19,26 gli abitanti di
Fegino sentono uno scoppio e dopo il
primo intervento si scopre che dalla
frattura di un tubo interrato nel letto
del Polvecera esce del greggio che si
riversa nel torrente e scorre verso il
mare. Scatta l’allarme inquinamento. Lo sversamento sarà di circa 700
metri cubi di greggio, dalla condotta
di oltre 20 km, 70 cm di diametro,
realizzata negli anni ‘60, che collega
la petroliera “Sea Dance” ormeggiata nel porto di Multedo con la raffineria Iplom di Busalla.
Alle operazioni di emergenza, nei
giorni successivi, partecipano Vigili
del fuoco, Comune, Capitaneria di
Porto e Regione. Vengono ripuliti il
torrente, i rii Pianego e Fegino e an-
che la costa dove il petrolio arriva in
mare allargandosi in larghe chiazze.
La bonifica completa però non sarà
breve.
La magistratura apre un’inchiesta
per disastro colposo. L’impianto viene messo sotto sequestro. L’azienda afferma che la causa di tutto è
dovuta a una frana. Emerge che i
tecnici Iplom, durante la procedura,
avrebbero notato un calo di pressione che segnalava la rottura e che
la nave cisterna aveva diminuito la
portata dello scarico di greggio nelle tubazioni. Per 240 dipendenti, e
centinaia di persone dell’indotto, si
prospetta la cassa integrazione.
Nei giorni successivi la Procura
precisa che l’azienda potrà riaprire
quando tutta la condotta sarà messa in sicurezza.
28 aprile: Indagati il direttore dello
stabilimento di Busalla, Vincenzo
Columbo, per disastro colposo e
un consulente dell’azienda che nel
2013 avrebbe firmato una perizia da
cui risulterebbe il perfetto funzionamento di tutto l’impianto, mentre
dalla carte sequestrate dagli inquirenti, sembra che fossero almeno 20 i punti critici nella tubazione
dell’oleodotto.
29 aprile: da notizie di stampa
emerge che secondo i dati dei periti,
lo spessore del tubo rotto fosse di 3
millimetri, contro gli 8 originari. Si
prevedono nuove iscrizioni al registro degli indagati.
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Nelle misure
di emergenza,
procedure
automatizzate”
in caso
di incidente
Le misure di emergenza previste dalla Iplom in caso di
“incidente rilevante” - pubblicate nella pagina a fianco e
riprese dal sito iplom.it - sono chiarissime.
Come chiare sono le indicazioni del Piano di Emergenza
Interno: «sistemi strumentali
di blocco e allarme automatici» garantiscono «la
fermata in sicurezza delle attività di processo in caso
di anomalie». E ove non bastasse c’è una «sorveglianza
continua da parte del personale».
Sullo sversamento di 700 metri cubi di greggio nel
Polcevera, in alcuni rii e in mare dovuto alla rottura di
una condotta che dal porto lo stava facendo giungere
in raffineria, lungo un percorso di oltre 20 chilometri,
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e su come i “sistemi strumentali di blocco e allarme
automatici” abbiano funzionato, c’è un’inchiesta della
magistratura e non è compito né di un giornale né di un
Ordine professionale emettere giudizi o sentenze che sono
di competenza dei giudici.
Tanto più che il responsabile della sicurezza aziendale
è anche il delegato regionale AIAS, l’Associazione
Professionale Italiana Ambiente e Sicurezza, e su questo
argomento ha già parlato con dovizia di particolari ai
media e, prima ancora dell’incidente, la sua azienda nelle
aule universitarie anche di ingegneria ha illustrato le
politiche di tutela dei cittadini adottati proprio in quanto
impianto ad alta pericolosità.
Quello che importa qui, come scriviamo in questo numero
di A&B web edition, è che finalmente si affermino – in
Liguria e in Italia - una mentalità e le condizioni che
portino chi si occupa di vicende delicate e pericolose che
hanno ricadute sulla salute dei cittadini (dai tecnici agli
amministratori pubblici, alla stessa magistratura quando
si ha anche il sospetto di possibili anomalie, al mondo
della politica e soprattutto al legislatore che spesso è il
soggetto su cui ricadono gli oneri affinché parte di queste
cose possa accadere) di agire prima e non dopo i disastri.
Di «io lo avevo detto» sono piene le cronache, e
francamente i cittadini non sanno che farsene.
G. San
Ecco le misure di Sicurezza della Iplom
AGGIORNAMENTI SU PERDITA OLEODOTTO IN ZONA FEGINO
Il rischio di incidente rilevante
Comportamento da seguire
Premesso che, sulla base delle stime effettuate gli effetti dagli
scenari incidentali identificati nel Rapporto di sicurezza della
Raffineria non comportano danni a persone o cose nell’abitato di Busalla, si riportano i comportamenti che in ogni caso è
opportuno adottare, in via precauzionale, per evitare qualsiasi
possibile coinvolgimento.
Tali comportamenti sono desunti dal documento “L’informazione preventiva alla popolazione sul rischio industriale, Linee
Guida” predisposto dal Ministero dell’Interno, Dipartimento di
Protezione Civile.
Se fuori casa:
- rifugiarsi al chiuso;
- non portarsi a ridosso della recinzione dello stablimento;
- evitare di creare ingorghi per facilitare l’accesso allo stabilimento da parte dei mezzi di soccorso;
- non arrestare l’auto per osservare quanto accade.
Se in casa o al chiuso:
- evitare l’uso di ascensori;
- chiudere tutte le finestre e le porte esterne;
- mantenersi sintonizzati mediante radio o TV sulle stazioni
emittenti indicate dalle Autorità, ovvero prestate attenzione ai
messaggi inviati mediante rete telefonica o autoparlanti;
- fermare i sistemi di ventilazione o condizionamento siano
essi centralizzati o locali;
- non anadare a prendere i bambini a scuola; sono protetti e
curati dalla struttura scolastica.
Misure di prevenzione e sicurezza adottate
Elemento portante dei piani di prevenzione e sicurezza della
raffineria Iplom sono:
- standard di progettazione degli impianti in linea con le norme
più restritive sia nazionali che internazionali;
- modalità di costruzione assicurate dall’utilizzo di società di
ingegneria di comprovata perizia ed esperienza;
- cura nella costruzione;
- utilizzo di materiali di qualità adeguatamente dimensionati;
- controlli sia in fase di costruzione che nel corso di operazioni;
- formazione, informazione e addestramento del personale
per esercitare continua vigilanza sulle operazioni;
- adozione di moderni metodi di controllo di processo e di sistemi per la messa in sicurezza degli impianti in ogni situazione.
Piano di emergenza interno
La raffineria si è dotata di un Piano di Emergenza Interno, periodicamente aggiornato, che ha lo scopo di illustrare l’organizzazione predisposta per gestire e fronteggiare le situazioni
di emergenza che dovessero verificarsi nell’ambito della Raffineria stessa.
Il Piano di Emergenza Interno della Raffineria prevede l’utilizzo
si sistemi di prevenzione adottati dal punto di vista progettuale,
impiantistico ed operativo:
- strumentazione compterizzata ed automatica di controllo e
registrazione dei parametri di processo;
- sistemi strumentali di blocco ed allarme automatici (Emergency – shut down), progettati e realizzati per mantenere il
processo nel corretto campo di esercizio e per garantire la fermata in sicurezza delle atitvità di processo in caso di anomalie;
- sistemi automatici e manuali di protezione antincendio e di
mitigazione;
- sorveglianza continua da parte del personale;
- manutenzioni ed ispezioni periodiche programmate;
- dettagliate procedure operative. Ecc..
Obiettivo quindi del Piano di Emergenza Interno della Raffineria è quello di stablire una procedura di utilizzo delle risorse
al fine di ottenere, in caso di incidente:
- la protezione delle persone presenti nell’impianto;
- il contenimento immediato dell’incidente;
- la minimizzazione dei possibili danni ai beni aziendali ed
all’ambiente;
- la bonifica e la messa insicurezza della zona coinvolta;
- fornire agli Enti preposti informazioni per l’attuazione e la
gestione dei piani di emergenza territoriali.
Nel Piano di Emergenza Interno sono riportate le seguenti informazioni:
a. procedure per affrontare le varie emergenze ipotizzazbili come incendio, rilascio tossici, evacuazione del personale, comprensive delle definizioni di “strategie di intervento” e
“azioni di contenimento”.
b. Organizzazione dell’emergenza con definizione di:
- risorse disponibili in termini di personale e di attrezzature;
- procedure di allarme e di avviso del personale;
- procedre di pronto soccorso.
c. Programmi di addestramento e delle esercitazioni di emergenza.
All’interno della Raffineria tutti gli addetti sono debitamente
addestrati per affrontare un’emergenza ed a conoscenza delle
disposizioni definite dal paino di emergenza interno della Raffineria.
Definizione
In base al D.Lgs. 334/99 e s.m.i. la raffineria Iplom è classificata stabilimento a rischio di incidente rilevante.
Il decreto stesso definisce come incidente rilevante “un evento quale un’emissione, un incendio o un’esplosione di grande
entità, dovuti a sviluppi incontrollati che si verificano durante l’attività e che dia luogo ad un pericolo grave, immediato
o differito per la salute umana o per l’ambiente all’interno o
all’esterno dello stabilimento e in cui intervengano una o più
sostanze pericolose”.
Per ridurre al minimo tale rischio Iplom attua tutte le misure
di prevenzione e sicurezza.
Il personale è stato informato sui rischi propri dell’attività ed
è stato formato ed addestrato a condurre gli impianti in modo
sicuro sia in condizioni operative normali che di emergenza.
Nel Rapporto di Sicurezza della Raffineria è stata sviluppata
l’analisi delle possibili sequenze incidentali, comprendente la
stima degli effetti conseguenti agli scenari incidentali ipotizzati.
Alcuni degli scenari incidentali per i quali sono stati stimati effetti di irraggiamento o dispersione di sostanze pericolose, pur
rimanendo per lo più contenuti all’interno di aree di Raffineria,
potrebbero interessare marginalmente zone esterne ai confini
di stabilimento e principalmente la Via Boccarda e l’autostrada
A7 Milano-Genova.
Comunque anche nel caso dei peggiori eventi incidentali ipotizzati, la cui prbabilità di accadimento è estremamente bassa, non si generano effetti immediati per la popolazione e per
l’ambiente.
(rilevato dal sito Iplom il 23 aprile 2016 alle ore 12,40, nella
pagina a fianco: http://iplom.it/index.php?c=RAFFINERIA%20
E%20TERRITORIO&sc=Il%20rischio%20di%20incidente%20
rilevante&ly=1#1)
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MORIRE A NORMA?
segue dalla prima
riprendere l’argomento del rischio,
da noi già trattato nei casi di dissesto idroeologico. La Iplom è presente
nell’«Inventario nazionale degli stabilimenti suscettibili di causare incidenti
rilevanti ai sensi dell’art. 15, comma 4
del decreto legislativo 17 agosto 1999,
n. 334 e s.m.i.»
Recuperare l’abitudine
al “problem solving”
Da ingegneri affronteremo il tema
sotto il profilo esclusivamente scientifico, lasciando, come è d’obbligo,
le considerazioni e/o valutazioni di
ordine giudiziario e l’attribuzione di
eventuali responsabilità civili e penali
a chi compete. Quello che vorremmo evidenziare è che, al di là della
normativa e dei codici, esiste un approccio di tipo ingegneristico che, al
giorno d’oggi e sulla base dell’evoluzione della scienza della sicurezza
industriale, è diventato ineludibile.
Per molti anni, pervasi dalla cultura
della normativa di tipo deterministico
che ha disciplinato il settore della sicurezza, alcuni tecnici avevano forse
perso l’esercizio del problem solving,
nonostante esso dovesse comunque
essere al centro del pensiero di ognuno, a cominciare dagli ingegneri.
Era infatti sufficiente rispettare la
prescrizione contenuta nella normativa per essere esentati da responsabilità, tranne, ovviamente,
quelle morali, che comunque nessuno avrebbe potuto cancellare.
Oggi, in ogni settore dell’ingegneria,
dalla sicurezza industriale, a quella
antincendio, passando per la tecnica
delle costruzioni civili, si è passati da
un approccio di tipo prescrittivo (seguire pedissequamente le norme) ad
uno prestazionale (valutare e decidere con responsabile professionalità) ed
in questo passaggio ha ritrovato dignità la cultura ingegneristica sulla
quale abbiamo basato la nostra formazione.
In questo processo decisionale ognuno deve assumere le proprie responsabilità: i tecnici nel saper correttamente sviluppare le fasi di analisi e
valutazione quantitativa dei rischi, ipo8/
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tizzando scenari realistici e modellando, sulla base delle suddette ipotesi, le
possibili conseguenze degli eventi, le
interazioni con l’ambiente circostante e
le conseguenti misure di prevenzione e
di protezione da adottare.
Il compito della definizione di soglia
di accettabilità dei rischi è invece assegnato alle istituzioni e alla politica
che, in un processo partecipato con
la popolazione, devono stabilire il limite superiore del rischio tollerabile,
sotto il profilo della sicurezza e della
salute dei cittadini, oltre che sotto quello economico e occupazionale.
Si tratta evidentemente di un’attività complessa, ma indispensabile per
un corretto rapporto tra aziende, istituzioni e cittadini. Più volte abbiamo
detto che non vorremmo più sentire
espressioni del tipo “eliminazione
del rischio” o “messa in sicurezza”, che sono equivalenti, nel caso
dei rischi industriali, alla cessazione
dell’attività e alla successiva completa bonifica delle aree eventualmente
contaminate.
Ma anche questa decisione estrema
spetta non ai tecnici bensì alla politica
e alle istituzioni, e solo una volta che
sia stato accertato, nel confronto con
i cittadini, che non esiste una soglia,
neppure bassissima, di rischio accettabile.
Nell’ottica fino ad ora descritta, gli
interrogativi da porsi sotto il profilo
tecnico, oltre a quelli relativi al rispetto delle norme e dei codici (che
sono precipuo compito dei giuristi),
sono se l’analisi e la valutazione
dei rischi specifici viene correttamente svolta, ipotizzando scenari
di incidente (e/o guasto) attendibili
e, conseguentemente, se vengono
adottate misure di prevenzione e di
protezione compatibili con la soglia
di rischio definita come accettabile,
in accordo con istituzioni e cittadini.
class action da parte di un comitato
di cittadini guidato dalla Signora Ruiko Mutō, è stato chiesto ed ottenuto
il rinvio a giudizio dei dirigenti della
Tepco, responsabili, a detta del comitato, di aver ignorato (o sottostimato) i
rischi connessi a uno tsunami di 15,7
metri messi in risalto da documenti
interni del 2008.
Ai giudici giapponesi e non ai posteri,
sulla base delle consulenze affidate
ai tecnici incaricati, spetterà “l’ardua
sentenza”; cioè se le misure adottate dalla Tepco fossero coerenti con
l’analisi e valutazione dei rischi connessi al pericolo di uno tsunami, e se
le misure di prevenzione e protezione
adottate fossero tali da ridurre i rischi
specifici entro la soglia di accettabilità che governo, istituzioni e cittadini avevano concordato nel caso della
centrale nucleare in questione.
Paolo Caruana
Fukushima: dirigenti a processo
per uno tsunami sottostimato
È un tema difficile e delicato se si
pensa che, nella vicenda ben più disastrosa di Fukushima, lo scorso mese
di marzo, dopo una preliminare archiviazione del caso ed a seguito di una
Questo numero, scaricabile in pdf dal sito della
Federazione, viene inviato via e-mail agli iscritti
agli Albi degli Ingegneri della Liguria, alle
istituzioni, ai media, ai giornalisti e ai soggetti di
interesse per la categoria.
La riproduzione, anche parziale, di testo e
immagini è consentita citando la fonte.
Il prezzo dell’abbonamento è compreso nella quota
di iscrizione annuale agli Ordini della Liguria.
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A&B-Atti e Bollettino di Informazione
degli Ordini degli Ingegneri Liguria
Mensile della Fed. Reg. Ordini degli Ingegneri
della Liguria. Reg. Tribunale Genova n. 64 del
25 marzo 1949 Anno LXVII.
N. 4 Aprile 2016
Chiuso in redazione il 29 Aprile 2016
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Berlen (Sv), Maurizio Michelini (Ge), Domenico
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