I colori dell`amore - Centro Pastorale Familiare

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I colori dell`amore - Centro Pastorale Familiare
CENTRO DIOCESANO DI
PASTORALE FAMILIARE
Verona
I colori dell’amore
Incontri per fidanzati e giovani sposi
Madre di Dio della Tenerezza
Pala di A. Mantegna – Basilica San Zeno
Lo stile dell’amore:
il verde della speranza
e il rosa della tenerezza
San Zeno Maggiore, Verona
18 marzo 2012
La Madonna è stata definita nel Concilio di Efeso (431) come "Madre di Dio", theotòkos, un titolo che si è conservato fino ad oggi soprattutto nella tradizione orientale.
Fin dai primi secoli del cristianesimo era presente l'iconografia della
Madre di Dio della Tenerezza ("Elousa" in greco). Secondo la tradizione questo tipo iconografico venne creato dall'evangelista San Luca. La Madre di Dio della Tenerezza è uno tra i più antichi tipi canonici e raffigura la Madre mentre il Figlio le rivela la sua Passione e
morte.
Nell'arte russa la raffigurazione della Madre di Dio che tiene in
braccio dolcemente il Bambino si sviluppò in molte varianti, di cui la
più nota è la Madonna di Dio di Vladimir, dell'inizio del XII secolo. Il
tipo della Tenerezza di Vladimir si rifà all'icona bizantina (oggi nella
Galleria Tret'jacov di Mosca) donata dai sovrani della Russia alla
nascita della nuova nazione e da allora è considerata protettrice del
popolo russo.
La "tenerezza" della Madonna è espressa dallo stringere alla propria guancia il volto di Cristo Bambino. Il suo sguardo è dolce, tenero, triste, gioioso e comprensivo nello stesso tempo e rivela la Vergine come Madre per eccellenza, "che accoglie in sé ogni sentimento umano e lo trasfigura in preghiera" (Anna Vicini).
Il Bambino Giocoso viene spesso raffigurato nell'arte bizantina a
partire dal XII secolo. Si vuole sottolineare con questa tipologia sia
la fragilità infantile di Cristo, sia la mestizia della Madonna che già
vede il sacrificio della Croce. Il canone della Tenerezza sta appunto
ad indicare la rivelazione della Passione e Morte di Cristo, si spiega
così lo sguardo assolto e dolente della Vergine mentre riceve l'abbraccio del Figlio. Il Bambino, che cinge con le braccia il collo della
Madre, è anche il Consolatore, il Salvatore misericordioso che si china verso ogni creatura.
Per la copertina di questo fascicolo abbiamo scelto
l’immagine della Madonna della tenerezza col Bambino, ritratta dal Mantegna nella Pala collocata sull’altare maggiore
della basilica di San Zeno.
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PREGHIERA iniziale:
MESSAGGIO DI TENEREZZA
Questa notte ho fatto un sogno,
ho sognato che ho camminato sulla sabbia
accompagnato dal Signore
e sullo schermo della notte erano proiettati
tutti i giorni della mia vita.
Ho guardato indietro e ho visto che
ad ogni giorno della mia vita,
apparivano due orme sulla sabbia:
una mia e una del Signore.
Così sono andato avanti, finché
tutti i miei giorni si esaurirono.
Allora mi fermai guardando indietro,
notando che in certi punti
c'era solo un'orma ...
Questi posti coincidevano con i giorni
più difficili della mia vita;
i giorni di maggior angustia,
di maggiore paura e di maggior dolore.
Ho domandato, allora:
"Signore, Tu avevi detto che saresti stato con me
in tutti i giorni della mia vita,
ed io ho accettato di vivere con te,
perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti
più difficili?".
Ed il Signore rispose:
"Figlio mio, Io ti amo e ti dissi che sarei stato
con te e che non ti avrei lasciato solo
neppure per un attimo:
i giorni in cui tu hai visto solo un'orma
sulla sabbia,
sono stati i giorni in cui ti ho portato in braccio".
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Premessa
Il bianco della luce, il rosso della passione e l'oro dell'eternità, il verde della speranza e il rosa della tenerezza. Il matrimonio non è una
semplice convenzione sociale, ma il momento decisivo in cui sull'amore di due persone viene impresso il sigillo dell'eternità. È il dono
che potrà renderle capaci di amarsi fedelmente, camminando uniti
nella buona e nella cattiva sorte, per costruire una nuova famiglia di
figli di Dio. È la sfida e la promessa di un amore che sappia essere
ogni giorno nuovo e che non abbia fine.
1 – VERDE … come SPERANZA
Per riflettere:

Ieri è esperienza, domani è speranza. Oggi è passare dall'una all'altra come meglio possiamo. (Anonimo)

Cerca qualcuno da amare
qualcosa in cui sperare,
diventerà il tuo motivo per vivere.
La speranza è un filo invisibile che lega i sogni
alla loro capacità di realizzarsi. (Stephen Littleword)

Dobbiamo accettare la delusione che è limitata, ma non
dobbiamo mai perdere l'infinita speranza. (Martin Luther King)

Tra un attimo e l’altro della vita c’è una speranza che
attende un’altra speranza. In quel breve spazio abita spesso
l’amore. Per ogni difficile amore c’è una speranza più grande
che sta fra un attimo e l’altro del cuore. (Romano Battaglia)

La speranza è il secondo cordone ombelicale che, alla nascita, non viene tagliato, affinché ci tenga in vita.

La forte speranza è uno stimolante vitale molto più grande di
qualsiasi particolare felicità che si stia davvero realizzando.
Si deve sostenere i sofferenti con una speranza che non
possa essere contraddetta da alcuna realtà - che non possa
venire cancellata da un adempimento: una speranza ultraterrena. (Friedrich Nietzsche, L'Anticristo, 1888)
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La PAROLA ci guida:
Dal libro della Genesi (12, 1-7)
1
Il Signore disse ad Abram: «Vàttene dal tuo paese, dalla tua pa2
tria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò. Farò
di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e
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diventerai una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e
coloro che ti malediranno maledirò e in te si diranno benedette tutte
le famiglie della terra».
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Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui
partì Lot. Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran.
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Abram dunque prese la moglie Sarai, e Lot, figlio di suo fratello,
e tutti i beni che avevano acquistati in Carran e tutte le persone che
lì si erano procurate e si incamminarono verso il paese di Canaan.
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Arrivarono al paese di Canaan e Abram attraversò il paese fino alla
località di Sichem, presso la Quercia di More. Nel paese si trovavano
allora i Cananei.
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Il Signore apparve ad Abram e gli disse: «Alla tua discendenza
io darò questo paese». Allora Abram costruì in quel posto un altare
al Signore che gli era apparso.
Commento
LA VERA SPERANZA
“I campi erano arsi e screpolati dalla mancanza di pioggia. Le foglie
pallide e ingiallite pendevano penosamente dai rami. L'erba era sparita dai prati. La gente era tesa e nervosa, mentre scrutava il cielo di
cristallo blu cobalto.
Le settimane si succedevano sempre più infuocate. Da mesi non
cadeva una vera pioggia. Il parroco del paese organizzò un'ora speciale di preghiera nella piazza davanti alla chiesa per implorare la
grazia della pioggia.
All'ora stabilita la piazza era gremita di gente ansiosa, ma piena
di speranza. Molti avevano portato oggetti che testimoniavano la loro
fede. Il parroco guardava ammirato le Bibbie, le croci, i rosari. Ma
non riusciva a distogliere gli occhi da una bambina seduta compostamente in prima fila. Sulle ginocchia aveva un ombrello rosso.
Pregare è chiedere la pioggia, credere è portare l'ombrello.”
(B. Ferrero, 365 piccole storie per l’anima, Ellenici, Torino 2009)
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2 – ROSA… come TENEREZZA
La tenerezza è la forza più umile, eppure è la più potente, per
cambiare il mondo. Non è tenerume, non è debolezza, ma forza che
sboccia solo in un cuore libero, capace di offrire e ricevere amore.
È la manifestazione di due esigenze fondamentali del cuore: desiderare di amare e sapere di essere amati. L’attitudine alla tenerezza è
un’esigenza incancellabile dell’animo nobile e grande e una componente costitutiva per una piena realizzazione dell’umanità della persona. Una persona non può dirsi adulta se non si sforza di acquisire
questo modo di essere e di sentire che la rende affettuosa, rispettosa, capace di meravigliarsi di fronte al cosmo e alla vita, sinceramente partecipe delle gioie e delle sofferenze di tutti.
La tenerezza è la vita nei suoi molteplici aspetti e nelle sue più
sublimi altezze, vissuta con passione, gioia di essere, spontaneità,
condivisione e convivialità. L’alternativa è il vuoto, la negazione delle
dimensioni più profonde della nostra interiorità e dei suoi valori più
alti. Lasciarsi sfuggire la tenerezza è lasciarsi sfuggire la vita. E come non c’è vita senza rischi, così non c’è tenerezza senza rischi.
Ma il rischio più grande è di non vivere la tenerezza.
È diffusa l’idea che la tenerezza rappresenti una connotazione
quasi solo femminile o comunque poco maschile: qualificante
per la donna e squalificante per l’uomo. È un pregiudizio infondato,
che va rimosso con energia. Sarebbe come dire che la sensibilità e
la capacità di esprimere affetto, l’attenzione alla vita, la dolcezza
dell’amore di Dio o la delicatezza della carità evangelica sono realtà
negate all’uomo. Il sentimento della tenerezza, invece, riguarda, in
modo totale, incancellabile e costitutivo, sia l’uomo che la donna, la
loro umanità e la loro vocazione all’amore e alla comunione. Solo
unendo il maschile e il femminile si può arrivare a una comprensione
personale e completa della tenerezza. Uomo e donna devono andare a scuola di tenerezza, arricchendosi reciprocamente dei doni di
cui sono portatori e impegnandosi a costruire insieme, in un dialogo
propositivo e rispettoso della differenza, un’autentica «civiltà della
tenerezza». E che cosa significa andare a scuola di tenerezza se
non aprirsi agli orizzonti ineffabili dell’ assoluta tenerezza di Dio?
È lui la sorgente inesauribile e il vertice di ogni tenerezza per coloro
che si lasciano amare da lui e in lui imparano ad amare teneramente
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la vita e ogni più piccola realtà materiale e spirituale del creato.
L’importante è esserne consapevoli e sentirsi avvolti dalla tenerezza
di Dio come da un caldo grembo materno. «Quando ami, non dire:
‘Ho Dio nel cuore’. Di’ piuttosto: ‘Sono nel cuore di Dio’» K. Gibran.
Per riflettere:

l'amore non è fare cose straordinarie o eroiche, ma fare cose
ordinarie con tanta tenerezza...

... perché una persona ne ama un'altra nello stesso modo in
cui ama se stessa: con tenerezza e accettazione o con intransigenza e rifiuto.

Le donne sono come fiori: se cerchi di aprirli con la forza, i
petali ti restano in mano e il fiore muore. Perché solamente
con il calore si schiudono. E l'amore e la tenerezza insieme
sono il sole per una donna. Avrei dovuto semplicemente
amarla. Poi sarebbe stato tutto naturale. Perché una donna,
quando si sente amata, si apre e dà tutto il suo mondo.
Fabio Volo

L'amore sensuale è destinato a spegnersi una volta soddisfatto; per poter durare, esso deve essere associato, fin dagli inizi, ad elementi di pura tenerezza, deviati dallo scopo
sessuale, o subire ad un certo punto una trasposizione di
questo genere.
Sigmund Freud
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LA TENEREZZA DI DIO
Osea al capitolo 11, 1-9, in un brano stupendo, esalta la tenerezza di Dio come “com-passione”:
1
Quando Israele era giovinetto, io l’ho amato
e dall’Egitto ho chiamato mio figlio.
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Ma più li chiamavo, più si allontanavano da me;
immolavano vittime ai Baal, agli idoli bruciavano incensi.
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Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano,
ma essi non compresero che avevo cura di loro.
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Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore;
ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia;
mi chinavo su di lui per dargli da mangiare.
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Come potrei abbandonarti, Efraim,
come consegnarti ad altri, Israele?
Il mio cuore si commuove dentro di me,
il mio intimo freme di compassione.
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Non darò sfogo all’ardore della mia ira,
non tornerò a distruggere Efraim,
perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te
e non verrò nella mia ira.
Commento
I vv. 3-4 riassumono i gesti di tenerezza di JHWH nei confronti
del suo popolo. Il Signore non solo cura le ferite, ma si prende cura
del suo popolo, anche se Efraim è incapace di riconoscere questo
atteggiamento “non hanno compreso”.
Egli si comporta non come un Dio che comanda, ma come un
essere umano che ama, non con vincoli di autorità, ma con vincoli
d’amore: “li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore”.
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TENEREZZA E PERDONO
Questo passaggio per quanto difficile è importante all’interno della
coppia e della famiglia. Il perdono è il dono perfetto dell’amore, perché è un’imitazione del comportamento di Dio verso gli uomini.
L’offerta del perdono al coniuge, dal quale si è ricevuta una ferita
grave o una ferita profonda, diventa una necessità interiore quando
si è fatta l’esperienza del perdono da parte di Dio.
L’appello a essere “misericordiosi come è misericordioso il Padre
che sta nei cieli” (Lc 6,36) rimanda all’imperativo: diventare testimoni
della tenerezza di Dio!
Il perdono e la tenerezza, dunque, si colgono l’uno nell’altra, come in un gioco di specchi l’uno si specchia nell’altro, l’uno non vive
senza l’altra. Il perdono senza la tenerezza sarebbe svuotato del suo
dinamismo affettivo, la tenerezza senza il perdono rischierebbe di
ridursi a un episodio di natura solo emotiva o superficiale. Questo
diviene possibile solamente quando ci educhiamo ad “essere” tenerezza. Essa non è “tenerume”, “smanceria”, “atteggiamento svenevole”, ma è “soave commozione”, “affetto dolce e delicato”.
La tenerezza si oppone a due atteggiamenti piuttosto diffusi quasi
sempre connessi fra di loro: la durezza di cuore, intesa come barriera, muro, rigidità, chiusura mentale, e il ripiegamento su di sé come
egocentrismo, incapacità a volgersi all’altro, rifiuto e di dialogo e di
scambio.
La tenerezza al contrario è flessibilità, permeabilità, apertura di
cuore, disponibilità al cambiamento.
La tenerezza non rappresenta un optional, ma una vocazione
profonda che umanizza la persona e la rende amorevole, capace di
ascolto, di accettazione, di giusta stima e tolleranza.
Questo comporta, inoltre, accettare che il nostro non è un amore
sempre e subito perfetto, non un amore sempre e subito fedele, ma
un amore che vive le debolezze dei conflitti, le difficoltà e le cadute
che però non costituiscono mai l’ultima parola ma il punto di partenza per “una nuova creazione”.
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3 - LO STILE DELL’AMORE:
Il verde della speranza e il rosa della tenerezza. Due colori possono evocare lo stile di comportamento più adatto al rapporto di
coppia: il verde della speranza e il rosa della mitezza e del rispetto.
Colore delle piante semprevive, sul quale il trascorrere delle stagioni
non incide, il verde evoca la virtù forse più necessaria alla scelta di
sposarsi e di aprirsi al dono dei figli: la speranza, fondata sull’amore
di Dio e sull’impegno di reciproca fedeltà dei due. Chi non spera non
ama, perché non riesce ad accettare il rischio che ogni amore comporta, in quanto è il prezzo dell’incontro delle due libertà che scelgono di donarsi l’una all’altra. Senza speranza la fatica arresta il cammino. L’amore vive di speranza, dovendo ogni giorno aprirsi alle sorprese del futuro, che chiamano i due a mettersi in gioco sempre di
nuovo: se non è l’impegno di ogni giorno, l’amore è il rimpianto di tutta la vita! La forza della speranza rende capaci di cominciare ogni
giorno da capo: essa fa giovane l’amore, anche quando il peso degli
anni e le prove della vita lo espongono ai rischi della stanchezza e
delle disillusioni. Lo testimonia la Sposa del Cantico dei Cantici, meraviglioso inno all’amore: “Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come
sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l’amore” (8,6).
Con la speranza, lo stile dell’amore esige la tenerezza, nutrita di attenzione e di rispetto e capace di dare gioia al cuore dell’altro: il rosa
della mitezza tenera ed accogliente è non meno necessario degli altri colori dell’amore. Gli sposi sono chiamati a custodire ciascuno la
libertà e la dignità dell’altro e a vivere la generosità del reciproco
darsi. Perciò, una parola mite, un gesto di tenerezza sono capaci di
sanare tante ferite e di far crescere i due nella pace. La stessa unione dei corpi, aperta alla fecondità in maniera responsabile e vissuta
con generosità, tenerezza e rispetto, fa degli sposi veicolo dello Spirito Santo l’uno per l’altra. L’esperienza della vita condivisa mostra
peraltro come l’elogio della tenerezza non escluda nessuna delle età
dell’amore! Non è forse vero che la tenerezza che si dimostrano due
sposi avanti negli anni, il loro guardarsi con un amore che li riconosce belli l’uno per l’altra nonostante il tempo passato, tocca il cuore e
fa sperare che l’amore sia sempre possibile, e che perciò la vita può
essere sempre bella?
La tavolozza dell’amore e gli altri colori. Qualcuno dei fidanzati mi
chiese di aggiungere ai colori citati almeno qualche altro: ad esempio, il grigio, per significare la monotonia in cui a volte può cadere il
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rapporto di coppia, o il viola, che simboleggia i tempi della prova o
quelli dell’attesa, e rimanda a situazioni in cui tutti possono trovarsi
di fronte alle sfide della vita, quali le ore del dolore e della malinconia
o i momenti in cui l’impatto con una prova inaspettata o una delusione impensabile rischia di mettere in crisi il rapporto. L’osservazione
mi sembrò giusta, al punto che sarei stato tentato di aggiungere
all’elenco l’indaco delle notti oscure o il turchese delle fasi di transizione. Avrei voluto perfino aggiungere il nero del lutto e delle lacrime, ma una coppia mi fece notare che questo colore non appartiene all’amore, perché l’amore non perdona la morte: “Amare qualcuno significa dirgli: Tu non morirai!” (Gabriel Marcel). Tutti questi
colori evocano, comunque, le debolezze e le fatiche possibili nella
vita di coppia: la fragilità psicologica e affettiva delle relazioni fra i
due e in famiglia; l’impoverimento della qualità dei rapporti che può
convivere con “menage” all’apparenza stabili e normali; lo stress originato dalle abitudini e dai ritmi imposti dall’organizzazione sociale,
dai tempi di lavoro, dalle esigenze della mobilità; la cultura di massa
veicolata dai media che influenza e corrode le relazioni familiari, invadendo in maniera indiscreta la vita della famiglia con messaggi
che banalizzano il rapporto coniugale. Gli stessi colori “di transizione”, tuttavia, in quanto tesi verso la luce, possono richiamare i
punti di forza della scelta di fare famiglia: la sua corrispondenza alla
natura intima e profonda della persona umana fatta per amare; il suo
essere non a caso la prima e la più originaria delle comunità naturali;
la sua capacità di resistere alle sfide dei cambiamenti, attingendo di
volta in volta alle risorse morali e affettive delle quali è custode. Agli
occhi della fede, poi, appare qualcosa di ancora più grande: la famiglia ha un legame profondo con la Trinità. Tutti i colori di Dio vengono a riflettersi in essa. Lo aveva intuito una bambina, che la catechista aveva invitato a riflettere così: “Il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo
Spirito Santo è Dio. Come spiegheresti questo?” La piccola, fattasi
tutta seria, rispose dopo qualche istante: “Dio sarà il nome di famiglia”. La teologa in erba aveva percepito qualcosa di grande: la comunione dei Tre che sono Uno si riflette e vive nella comunità familiare. Certo, anche la differenza è grande: le tre Persone in Dio sono
Uno, mentre nella famiglia il legame d’amore non renderà mai perfettamente uno chi la compone. Tuttavia, si è famiglia quando si tende
con tutte le forze ad essere uno nell’amore, non nonostante, ma
proprio grazie alle diversità, analogamente a come avviene
nell’amore eterno.
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La somma di tutti i colori. È la luce a comprendere tutti colori,
a renderli visibili. Per chi crede la luce vera, venuta in questo mondo,
arriva dall’alto, non a distruggere, ma a plasmare, costruire ed esaltare le forme della vita, come nei meravigliosi quadri di Caravaggio.
È la luce della grazia divina che illumina, salva, perdona, risana. Essa non annulla le difficoltà, ma ci rende capaci di superarle: col suo
aiuto possiamo dire veramente che “non è il cammino che è difficile,
è il difficile che è cammino!” (Pavel Evdokimov). L’ultima parola
sull’amore non potrà essere perciò che l’invocazione di questa luce,
vissuta nel silenzio dell’ascolto e dell’adorazione di Dio, dove ci si
lascia semplicemente amare da Lui, e nella supplica, che chiede
umilmente alla Trinità di renderci partecipi della Sua vita divina.
Bruno Forte
Lavoro a piccoli gruppi
 Dopo aver letto il testo, partendo dalla definizione del
colore del proprio foglietto, individuare alcune situazioni comportamenti, atteggiamenti corrispondenti.
 Condivisione in assemblea.
 Conclusione e consegna del segno
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Il dono di nozze da parte di Dio
“La creatura che hai al fianco è mia. Io l’ho creata.
Io le ho voluto bene da sempre, prima di te e più di te. Per lei non
ho esitato a dare la mia vita. Te la affido.
La prendi dalle mie mani e ne diventi responsabile. Quando l’hai
incontrata l’hai trovata amabile e bella.
Sono le mie mani che hanno plasmato la sua bellezza, è il mio
cuore che ha messo in lei tenerezza ed amore, è la mia sapienza
che ha formato la sua sensibilità, l’intelligenza e tutte le qualità che
hai trovato in lei.
Ma non puoi limitarti a godere del fascino. Devi impegnarti a rispondere ai suoi bisogni, ai suoi desideri.
Ha bisogno di serenità e gioia, d’affetto e di tenerezza, di piacere
e di divertimento, di accoglienza e di dialogo, di rapporti umani, di
soddisfazioni nel lavoro, e di tante altre cose.
Ma ricorda che ha bisogno soprattutto di Me.
Sono Io, e non tu, il principio, il fine, il destino di tutta la sua vita.
Aiutala ad incontrarmi nella preghiera, nella Parola, nel perdono,
nella speranza. Abbi fiducia in Me.
La ameremo insieme. Io la amo da sempre. Tu hai cominciato ad
amarla da qualche anno, da quando vi siete innamorati. Sono Io che
ho messo nel tuo cuore l’amore per lei.
Era il modo più bello per dirti “Ecco te l’affido Gioisci della sua
bellezza e delle sue qualità”.
Con le parole “Prometto di essere fedele, di amarti e rispettarti
per la tutta la vita”
È come se mi rispondessi che sei felice di accoglierla nella tua vita e di prenderti cura di lei.
Da quel momento siamo in due ad amarla.
Anzi Io ti rendo capace di amarla “da Dio”, regalandoti un supplemento di amore che trasforma il tuo amore di creatura e lo rende
simile al mio.
È il mio dono di nozze: la grazia del sacramento del matrimonio.
Io sarò sempre con voi e farò di voi strumenti del mio amore e della
mia tenerezza: continuerò ad amarvi attraverso i vostri gesti
d’amore”.
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Centro Diocesano
di Pastorale Familiare Verona
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