A cura di Isabella Regazzi e Graziano Dassi

Transcript

A cura di Isabella Regazzi e Graziano Dassi
I TARLI
A cura di Isabella Regazzi e Graziano Dassi
CHE COSA SONO
I nomi comuni non sempre sono così comuni come si possa credere e possono talora
generare confusione e malintesi; più volte ci è capitato di sentire lamentele su tarli che
bucavano i maglioni o tarme che avevano danneggiato mobili pregiati. Quindi bisogna
cominciare a fare un po’ di ordine innanzitutto nel linguaggio corrente.
TARMA: è l’appellativo dato a lepidotteri di piccole dimensioni (farfalline) che, allo stadio
larvale, si cibano di lana, seta, pelli, pellicce e piume; I danni consistono in fori, erosioni e
diradamenti su abbigliamento e suppellettili confezionati con questi materiali.
TIGNOLA: termine generico con cui si indicano ancora i lepidotteri di piccole dimensioni
(farfalline) che producono danni alle derrate o all’agricoltura. Una tarma si può quindi
chiamare anche col nome più generico di tignola. A volte il nome comune di un infestante
è proprio dato dall’unione di tignola col nome del cibo preferito, ad es. tignola del melo,
tignola del grano, tignola della farina, tignola delle pellicce, tignola del cacao, ecc.
TARLO: è il nome generico col quale vengono chiamati alcuni insetti dell’ordine dei
coleotteri che provocano fori nel legno grezzo o lavorato e nei tronchi di piante morte o
ancora viventi. I tarli di nutrono di legno durante lo stadio larvale (nei Curculionidi anche
gli adulti); le larve, avanzando, formano delle gallerie di diametro via via crescente, la cui
lunghezza varia da 10 cm (Anobidi e Lictidi) a mezzo metro (Cerambicidi). La larva
produce avanzando del materiale di scarto, il rosume costituito da feci (di forma
particolare (visibile al microscopio) e materiale ligneo eroso. Il rosume prodotto da
ciascuna specie può essere abbondante o scarso. Le gallerie possono essere ostruite dal
rosume come nel caso dei Cerambicidi o dei Lictidi o presentarsi vuote con il materiale di
scarto visibile sulle superfici sottostanti o intorno ai fori di farfallamento. Esternamente,
sulla superficie del legno sono visibili i fori di farfallamento che compaiono nel momento in
cui fuoriescono gli adulti e possono essere di diametro grande, medio o piccolo, tondi o
ellittici in relazione alla specie o che li ha prodotti. Alcune larve possono incrociarsi con
vecchie gallerie e impuparsi presso i loro fori di sfarfallamento; inoltre se la quantità di
gallerie comunicanti è elevata, gli adulti possono rimanere all’interno dove si accoppiano e
depongono le uova. Se ciò accade, il numero dei fori non è direttamente proporzionale al
numero di gallerie e il danno può essere sottostimato.
Quindi le tarme e le tignole sono dei lepidotteri mentre i tarli sono dei coleotteri ovvero
insetti con elitre (primo paio di ali coriacee con funzioni protettive).
QUALI SONO
Vediamo ora quali sono le principali famiglie di coleotteri che includono dei tarli: la più
importante è sicuramente quella degli Anobidi, caratterizzata da insetti di piccole
dimensioni (2-9mm di lunghezza), il cui capo è nascosto dal pronoto e quindi non è visibile
dall’alto. Presentano livree brune, marroni, rossastre o con pubescenze dorate; le antenne
possono essere di foggia varia secondo la specie, le più vistose, lungamente pettinate (a
forma di pettine dai denti lunghi) appartengono al maschio di Ptilinus pectinicornis (vedi
foto o immagine).
Gli Anobidi adulti producono dei suoni ritmati, battendo il capo contro le pareti interne
delle gallerie, che sono stati interpretati come dei richiami per favorire l’incontro sessuale.
Tali rumori essendo percepiti per lo più nella quiete notturna sono stati oggetto di fantasie
popolari che attribuivano i battiti ad un annuncio di morte; il nome comune ancora
utilizzato per designare i tarli Anobidi è infatti quello di “orologio della morte”, benché il
loro triste presagio riguardi solo la fine del manufatto ligneo, se non si interviene
prontamente!
Gli Anobidi hanno larve biancastre, grassocce e cirtosomatiche (a forma di C), alla cui
estremità cefalica spicca l’apparato boccale chitinoso di colore bruno, molto robusto, in
grado di lacerare il legno. Questo materiale è costituito da cellulosa per il 40-62%, da
lignina per il 18-38%, da emicellulose, amido, zuccheri, coloranti, resine, oli ed altre
sostanze in misura minore. Anobidi e Cerambicidi secernono dal mesenterio un enzima in
grado di scindere la cellulosa. La digestione è peraltro favorita dalla presenza di simbionti
(batteri, protozoi e funghi) nell’apparato digerente che scompongono sia la cellulosa che la
lignina. Tali simbionti vengono trasmessi alla prole per mezzo delle uova, sulle quali
vengono depositati tramite di un liquido secreto da ghiandole annesse all’ovopositore; le
larve quando nascono si nutrono di una parte del guscio ingerendo allo stesso tempo i
microrganismi utili. Sicuramente la digestione di lignina e cellulosa è importante, ma anche
gli altri componenti meno abbondanti hanno un ruolo fondamentale nelle infestazioni:
infatti si può dire che ogni legno ha il suo sapore tanto da soddisfare gli svariati gusti di
ciascuna specie di tarlo. Alcuni preferiscono le conifere, altri le latifoglie, altri ancora
circoscrivono le loro preferenze al legno di poche specie arboree. Alcuni attaccano legni
duri, altri legni teneri. Inoltre la scelta cade anche sul grado di conservazione: i
Cerambicidi attaccano perfino piante vive optando per quelle in stato di sofferenza, altri
tarli preferiscono il legname di piante abbattute, fresco, stagionato o in stato di
decomposizione per opera di muffe e funghi che prolificano in condizioni di umidità
elevata.
Il tarlo per eccellenza è l’Anobium punctatum, detto anche tarlo dei mobili. È lungo 2,5-5
mm e produce fori tondi di 1-2 mm di diametro. Ha un ciclo di 1-2 anni, che in ambienti
riscaldati può accorciarsi notevolmente, tanto che si possono contare anche due
generazioni in uno stesso anno. Le condizioni ottimali per lo sviluppo sono 22 - 23°C e 80
- 90% di UR. Gli adulti sfarfallano a maggio-giugno e vivono 20-20 giorni. Il numero di
uova deposte è di 15-40 rilasciate singolarmente o a coppie su superfici lignee rugose.
Attacca soprattutto l’alburno, ma anche il durame di latifoglie e conifere.
Altri anobidi di una certa importanza che attaccano il legno sono Nicobium castaneum,
Xestobium rufivillosum, Oligomerus ptilinoides, Ptilinus pectilicornis ed Ernobius mollis,.
Il Nicobium castaneum è denominato tarlo delle biblioteche poiché predilige la cellulosa
dei libri, pur attaccando anche scaffali, mobilio e travi. Si nutre di legni bianchi e teneri, in
particolare quello di abete. Preferisce legni umidi e ammuffiti.
Xestobium rufivillosum è il grande tarlo, così definito per le sue dimensioni superiori (5-7
mm di lunghezza). Gli adulti compaiono in primavera momento in cui avvengono anche gli
accoppiamenti e la deposizione delle uova (40-200 per femmina). Il ciclo è lungo e dura 23 ed anche più anni ancora. Attacca soprattutto il legno duro (tagliato o lavorato) di
faggio, quercia e castagno, ma può insediarsi anche su noce, olmo, pioppo, salice e
ontano. La presenza di umidità e muffe sono fattori che favoriscono l’attacco.
Oligomerus ptilinoides sceglie prevalentemente il legno di latifoglie, quali ad esempio noce,
faggio e rovere. Il ciclo dura un anno.
Ptilinus pectilicornis attacca legni di faggio, pioppo e acero. Ha un ciclo di 2-3 anni.
Spesso, gli adulti prima di fuoriuscire dalle gallerie all’inizio di giugno, si accoppiano e
depongono le uova.
Ernobius mollis attacca il legno di conifere immagazzinato, specialmente se ancora fornito
di corteccia.
Ricordiamo che tra gli anobidi nocivi vi sono inoltre specie assai polifaghe che infestano le
derrate alimentari, quali l’anobio del tabacco (Lasioderma serricorne) e l’anobio del pane
(Stegobium paniceum) che possono provocare danni anche a strutture lignee, vimini e
volumi antichi.
La famiglia dei Lictidi comprende tarli di piccole dimensioni (3-5 mm), molto allungati e
leggermente appiattiti, con il capo visibile dall’alto e le antenne lunghette e clavate.
Si nutrono del legname di specie non resinose, preferendo la quercia, ma comune anche in
altre essenze arboree. Le uova vengono deposte nel lume dei vasi legnosi, per questo
opta per varietà che abbiano vasi di diametro maggiore del suo ovopositore.
La specie più diffusa è il Lictus brunneus, di origine tropicale, che in Europa si è però
ampiamente sviluppata superando per numero e per danni la specie indigena Lictus
linearis. Il lictus brunneus sfarfalla in primavera e vive 1-2 mesi . Durante questo periodo
la femmina depone 50-70 uova rilasciandone 4-6 in ogni vaso. Il ciclo dura mediamente 12 anni, ma può accorciarsi in condizioni ottimali. Attacca il legno di quercia, acero, noce e
frassino e per la sua origine tropicale si può reperire anche su legnami importati dal Sud
America, dall’Asia e dall’Africa.
I tarli appartenenti alla famiglia dei Curculionidi sono facilmente riconoscibili per la
presenza del rostro, simile a quello delle calandre dannose ai cereali (Sitophilus spp.).
Le specie più frequenti appartengono ai generi Pentarthrum e Cossonus. Hanno
dimensioni di 2-3 mm di lunghezza e tinte omogenee bruno-rossastre. La loro dannosità si
esplica su legni umidi o attaccati da funghi; a rischio sono le travi annegate nel muro,
dove è più probabile che si accumuli l’umidità. Si segnalano inoltre attacchi a materiali
cartacei.
Il ciclo è, rispetto agli altri tarli molto rapido contando diverse generazioni in un anno. Sia
le larve che gli adulti si nutrono di legno. Questi ultimi inoltre non volano e sono poco
mobili concentrando attacchi massicci in zone ristrette, con danni consistenti e rischi
talvolta per la stabilità di travi.
I Cerambicidi vengono chiamati capricorni per le antenne visibilmente segmentate che si
assottigliano progressivamente a foggia di lunghe corna. Sono di dimensioni sensibilmente
superiori agli altri tarli (solitamente superiori a un cm) e producono danni più insidiosi dal
momento che le gallerie possono raggiungere diametri di 1 cm e lunghezze di mezzo
metro che si evolvono in qualsiasi direzione con possibili rischi di indebolimento di
strutture lignee portanti.
I fori sono ovali e le gallerie completamente ostruite da rosume compatto di consistenza
farinosa.
I Cerambicidi attaccano per lo più legni giovani. La presenza di corteccia è un fattore
predisponente poiché favorisce la ovideposizione.
Le specie dannose al legname sono parecchie ma quella più nota è Hylotrupes bajulus, il
capricorno delle case. Gli adulti lunghi da 1 a 2,5 cm compaiono da giugno ad agosto e
vivono 1-2 settimane; le femmine depongono da 100 a 200 uova entro le fessure del
legno, anche a 2 cm di profondità, in gruppi di 40-50. Il ciclo è lungo e in condizioni
favorevoli si conclude in 2 anni protraendosi finanche a 17 in condizioni svantaggiose.
Questa specie attacca legnami teneri e asciutti principalmente di conifere (abete e pino) e
saltuariamente di latifoglie (quercia, pioppo, salice, acero e castagno), costituenti pali,
travi, capriate e mobili senza evidenziare la propria attività con scarico di rosura sulle
superfici sottostanti. Gli attacchi più gravi si hanno in legnami che hanno meno di 80
anni.
ALCUNI ASPETTI DELLA LOTTA AI TARLI
Essenzialmente la lotta agli insetti xilofagi può essere inquadrata sia in funzione della e
delle specie infestanti, ma soprattutto sul tipo di materiale infestato.
Appare evidente che è ben diverso “trattare” del legno in opera: architrave, travetti et
similia, piuttosto che una struttura lignea di elevato valore artistico: mobili, statue,
inginocchiatoi fino ad arrivare a tavole dipinte.
Nel primo caso l’intervento può essere attuato con pennellature, microirrorazioni,
siringature o applicazione di gelatine attivate con insetticidi idonei. Il risultato tecnico è
condizionato dalla possibilità di interessare tutta la superficie esterna del legno. Particolare
attenzione deve essere posta alla cessione nel tempo dell’insetticida applicato, soprattutto
se le strutture trattate interessano ad esempio camere da letto con travi “a vista”.
Nelle opere d’arte il problema è non modificare o, peggio, rovinare l’opera d’arte con il
nostro lavoro. In un mobile antico la patina del tempo deve essere mantenuta ragione per
cui l’insetticida non deve rimuoverla o alterarla. Per le tavole dipinte particolare attenzione
deve essere posta nella pratica della pennellatura, applicata nella parte non dipinta; il
rischio è che l’azione repellente del nostro formulato induca il tarlo ad approfondirsi fino a
giungere alla fuoriuscita dalla parte opposta; quella policroma per l’appunto.
Particolarmente idonee appaiono le pratiche basate sui gas tossici o sulle atmosfere
controllate (azoto, anidride carbonica, loro miscela, ecc.). Queste ultime sono da
privilegiarsi, a nostro avviso, anche se comportano tempi lunghi di applicazione.
Per completezza di informazione citiamo la possibilità dell’uso di mezzi fisici (in genere
calore, posto che ciò non alteri la struttura trattata).
Particolarmente interessante e di non facile attuazione è il monitoraggio che, se non vi
sono segni di rosume o fori di farfallamento evidenti, non è di facile attuazione. Anche
l’uso di trappole in genere da risultati di difficile interpretazione. Il nostro consiglio è di
tenere sotto osservazione le aree a rischio con costanza e documentando con foto i
particolari di dubbia interpretazione in modo che il confronto nel tempo delle osservazioni
sia il più oggettiva possibile.
Chiavi per il riconoscimento di un’infestazione da tarli:
Fori medi e grandi, ovali e gallerie piene di rosume …….……………….……..……Cerambicidi
Fori piccoli
Gallerie piene di rosume e che seguono le fibre del legno…………………...……….……Lictidi
Gallerie vuote in cui il rosume fuoriesce dai fori e gallerie in tutte le direzioni
Piccole quantità di rosume sulle superfici sottostanti o
intorno ai fori e danni più dilazionati nel tempo ……………….…….…. Anobidi
Molto rosume sulle superfici sottostanti e attacchi
consistenti in breve tempo …………………………………………….……Curculionidi