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Spedizione in abbonamento postale - Tariffa ROC - articolo 1, comma 1, del D.L. 24.12.2003 n. 353, convertito in L. 27/2/04 n. 46 - Pubbl. inf. 45% DCB di Milano - € 1,03
maggio 2014 anno LXVII
Assemblea ALDAI
5 giugno 2014
Auditorium Provincia di Milano
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L’alba
del rilancio
industriale
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di una volta.”
Marco Bianchi
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e
ditoriale
Romano Ambrogi
Presidente
Rilancio dell’industria:
sfida del Paese
“ALDAI intende valorizzare
e rappresentare il
sentimento dei propri
iscritti, dando la possibilità
di esprimere, non solo
nell’esercizio della
professione di ognuno,
ma anche nell’espressione
di una categoria (intesa nel
senso più alto del termine),
il contributo alla crescita
economica e sociale”
Il rilancio di un’economia basata sulla produzione industriale, specialmente manifatturiera, è sicuramente possibile grazie alle performance delle imprese italiane, tra
cui molte sono ancora presenti in Lombardia. È questa la tesi che stiamo sostenendo
dall’anno scorso in ALDAI, con sempre maggior convinzione, anche grazie ad autorevoli analisi, svolte da importanti studiosi. Ci sono infatti segnali che permettono
di distinguere, nel bel mezzo di una crisi che morde ancora duramente, alcune aree
molto promettenti.
La percezione del valore e della reputazione di organizzazioni, sistemi economico sociali e categorie, deriva senza dubbio dall’effettivo contributo che questi forniscono
alla collettività, ma spesso è espressione della mentalità e cultura corrente, le quali
a loro volta sono influenzate dai “maître à penser” che si esprimono autorevolmente
sui mezzi di comunicazione.
Il “morale delle truppe” cioè l’attitudine a reagire delle persone che sono direttamente implicate nelle possibilità di rilancio è quindi funzione, da una parte, dei fattori
oggettivi, quantificabili, dei risultati economici, dall’altra del clima informativo e dal
sentimento che caratterizza il contesto.
I dirigenti sono a conoscenza dei pregi e difetti delle proprie aziende, hanno spesso
una visione acuta e corretta del proprio settore, ma tendono ad uniformarsi ad opinioni dominanti senza tentare una lettura originale. Eppure la difesa del nostro ruolo
passa proprio da questa verifica: se possiamo contribuire ad una soluzione nuova o
se siamo noi stessi parte del problema.
ALDAI intende valorizzare e rappresentare il sentimento dei propri iscritti, dando la
possibilità di esprimere, non solo nell’esercizio della professione di ognuno, ma anche nell’espressione di una categoria (intesa nel senso più alto del termine), il contributo alla crescita economica e sociale. Intendiamo sostenere il patrimonio industriale del Paese diffondendo le analisi che dimostrano la vitalità di settori industriali
importanti, il contributo della professionalità e dell’impegno dei dirigenti in appoggio alla capacità imprenditoriale e al coraggio di chi affronta il rischio di puntare su
competenze distintive del nostro territorio.
ALDAI intende anche essere luogo di incessante richiamo, in quest’ottica di effettivo
rilancio dell’eccellenza lombarda, verso i mezzi di comunicazione, le istituzioni e le
amministrazioni locali per sconfiggere insieme il senso di rassegnata e lamentosa
passività nei confronti di un declino ineluttabile.
I dirigenti delle grandi, medie e piccole imprese si sentono tutti i giorni, pur nella
precarietà di posizioni che sono così facilmente modificate e spesso soppresse, sul
fronte di una battaglia in cui combattono con ruoli strategicamente delicati e critici; i
dirigenti che stanno cercando una nuova collocazione in un mercato del lavoro avaro ed esigente sanno di poter offrire moltissimo alla società; i dirigenti in pensione
comprendono quanto sia importante il loro contributo per il futuro della società. La
loro categoria, la loro Associazione sono un punto importante per rilanciare concretamente, a partire da dati ed analisi corretti e imparziali, prassi e regole del gioco che
■
favoriscano, invece che soffocare, i germogli di un rilancio industriale.
DI
Dirigenti Industria maggio 2014
3
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Sommario
maggio 2014 anno LXVII
focus - rilancio industriale
Il bicchiere mezzo pieno
L’analisi del prof. Marco Fortis
presenta una diversa visione del Paese
editoriale
3 Rilancio dell’industria:
sfida del Paese
Romano Ambrogi
FOCUS - RILANCIO INDUSTRIALE
6 Il bicchiere mezzo pieno
Franco Del Vecchio
12Droni per l’impiego civile:
un settore di grandi prospettive
Bruno Lodi
13“Dillo alla Lombardia...”
MANAGEMENT
14Business Innovation
e Simulazione
Sergio Augelloni Fabbri
16Merito e Talento
Premio Donna 2014 ALDAI
Patrizia Forcina
Paola Poli
20Come diventare competitivi
Daniele Brioni
NOTIZIE DA FEDERMANAGER
22Tra Renzi e Squinzi
Giorgio Ambrogioni
ECONOMIA
24“Tributo di sangue” o salvezza
per l’Italia e l’Europa?
Giuseppe Mazzoni
28Verso Europa 2020
Gianluca Coppola
44Contatti ALDAI
30L’epoca della longevità
Stefania Bandini
Ludovico Ciferri
45Domande e risposte...
Benedetta Pisto
32“Far volare Milano”
Mario Giambone
OPINIONI
46Ultima chiamata
FISCO
34Detrazione IRPEF
Guido Dalla Casa
delle spese sanitarie
Giovanni Mura
49Privatizzare sì... ma?!
Edoardo Lazzati
PREVIDENZA
36“Fuori le pensioni
dalla Spending Review”
Sergio Zeme
CULTURA E TEMPO LIBERO
50Concerto di Primavera ALDAI
La vera gioia è un affare serio
Josef Oskar
52Programma Golf 2014
Vladimiro Sacchetti
ASSEMBLEA ALDAI
37SAVE THE DATE!
GIOVEDÌ 5 giugno 2014
ASSISTENZA SANITARIA
40Il Fasi guarda sempre avanti
54I libri di maggio 2014
• Il vento è un’autostrada
per pollini
recensione di Gianni Fossati
• L’altra Italia
• FASI IN AZIONE: intervento
di cataratta con laser
a femtosecondi al Centro
Diagnostico Italiano CDI
Stefano Cuzzilla
Eros Andronaco
Maurizio Volonghi
• Incoraggiare la prevenzione:
i progetti FASI
Stefano Cuzzilla
DI
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ocus - Rilancio Industriale
Il bicchiere mezzo pieno
L’analisi del prof. Marco Fortis
presenta una diversa visione del Paese
Franco Del Vecchio
i
Vicepresidente ALDAI
l prof. Marco Fortis, docente di
Economia industriale e Commercio estero dell’Università Cattolica
di Milano e Vicepresidente della
Fondazione Edison, da anni descrive sui
quotidiani la vocazione industriale della
nostra economia e del Paese, una immagine a volte in controtendenza. I suoi interventi offrono sempre spunti ottimistici
e penso ci sia bisogno di vedere e valutare la nostra situazione, non solo in modo
critico e pessimista.
La partecipazione del prof. Fortis al Consiglio Nazionale Federmanager dello
scorso 28 marzo si inquadra nella serie di
incontri con osservatori della nostra economia che ci possano aiutare a costruire
la visione e valutazione della situazione
economica e della politica di sviluppo
industriale del Paese. Una visione che
possa permetterci di esprimere la nostra
posizione e il nostro contributo sui temi
dello sviluppo, della competitività, della
ricerca, dell’internazionalizzazione e tutto ciò che fa impresa.
Nell’apertura del suo intervento il prof.
Fortis, commentando l’evoluzione del
Prodotto Interno Lordo dei Paesi ad economia avanzata, ha evidenziato la lenta
uscita dal lungo periodo di crisi mondiale
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DI
Marco Fortis.
che ha colpito in modo particolare l’Italia
e la Spagna, due Paesi che hanno adottato politiche di austerità in conseguenza
della crisi dei debiti sovrani. Si è soffermato sul problema della disoccupazione,
problema che interessa non solo l’Italia
e la Spagna, ma che coinvolge anche altre economie, sebbene nel nostro Paese
(così come in Spagna) abbia assunto per
i giovani, i manager ed altre categorie un
carattere estremamente preoccupante.
Per riprendere il cammino dello sviluppo
Dirigenti Industria maggio 2014
il prof. Fortis crede sia opportuno uscire
dalla cappa di sfiducia e pessimismo che,
troppo a lungo, ha contraddistinto il nostro Paese. Per tanti anni il “tiro al piccione” praticato sull’Italia e sulla sua economia, anche dalle stesse forze parlamentari che ne hanno fatto uno strumento di
lotta politica, ha fortemente penalizzato
la nostra immagine sul piano internazionale. In ciò caratterizzandoci negativamente rispetto agli altri Paesi dove le forze politiche, pur in confronti anche aspri,
non hanno mai “svilito” il proprio Paese
ma, al contrario, ne hanno sempre comunicato all’esterno un’immagine positiva.
Una comunicazione positiva non produce effetti solo in termini di immagine, ma
stimola gli investimenti stranieri, migliora
l’opinione generale andando a influenzare gli stessi rating: non possiamo dunque
lamentarci se lo spread diventa troppo
alto quando siamo noi stessi a dipingere
il nostro Paese sempre prossimo al baratro.
In questa prospettiva va letta positivamente la dichiarazione del neo-premier
Matteo Renzi nel discorso alla Camera dei
Deputati del 19 marzo scorso: “In questi
anni, l’Italia i compiti a casa li ha fatti….
questo è un Paese che, da anni, ha un avanzo primario; questo è un Paese che rispetta
i vincoli europei; questo è un Paese che ha
il secondo export dei 28 Paesi europei; questo è un Paese che ha una manifattura che
continua ad avere dei risultati straordinari;
questo è un Paese di cui siamo orgogliosi ed
è un Paese che ha bisogno di un racconto
diverso anche di se stesso all’estero”.
Per quanto l’azione di governo sia ancora tutta da dimostrare nei fatti, è già un
grosso passo avanti aver riportato l’attenzione sugli aspetti positivi, anziché
enfatizzare quelli negativi. È da qui che
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ocus - Rilancio Industriale
le
io
ind
rilanc
ustri a
“È già un grosso passo avanti
aver dichiarato gli aspetti positivi,
piuttosto di ripetere che tutto va male.
D’altra parte da qui dobbiamo ripartire
se vogliamo rilanciare la crescita
e le prospettive del nostro Paese”...
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Dirigenti Industria maggio 2014
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ocus - Rilancio Industriale
Il bicchiere mezzo pieno
le italiano si è verificato solo a partire dal
2011, in concomitanza con le difficoltà legate al debito sovrano e la crescita dello
spread, unitamente alla perdita di credibilità del nostro governo; con l’imposizione da parte dell’Europa di una politica di
austerità che ha distrutto l’economia, riducendo del 20% il fatturato interno. Per
l’Italia è stato un grande errore non avere sostenuto la domanda interna poiché
con essa è crollata anche la produzione
industriale, fatto tanto più grave per un
Paese come il nostro che si regge prevalentemente sulla manifattura e che gran
parte di ciò che consuma viene prodotto
al suo interno. Ma non è stato un errore
solo dell’Italia, quanto soprattutto un errore da parte di Bruxelles che ha chiesto
al nostro governo interventi simili a quelli
dobbiamo ripartire se vogliamo rilanciare
la crescita e migliorare le prospettive del
nostro Paese.
Il primo aspetto da considerare è la relazione tra i molteplici fattori che favoriscono lo sviluppo e valutarne il peso nel
determinare la crescita.
La competitività è certamente necessaria,
per quanto non sufficiente a garantire la
crescita: prima della crisi, infatti, nel periodo 1996-2008 il PIL cresceva poco nei
Paesi più competitivi; l’Italia e il Giappone
avevano un tasso di crescita cumulata a
prezzi costanti inferiore al 20% e la Germania di poco superiore al 20%.
Quanto alla domanda interna essa produce effetti importanti sulla crescita, soprattutto se alimentata dal debito: i Paesi
che prima della crisi crescevano maggiormente sono infatti quelli in cui il debito è
aumentato in maggior misura andando a
sostenere la crescita della domanda interna, come è possibile verificare dal grafico
di correlazione fra variazione del debito
delle famiglie e crescita della domanda
interna. Ma poiché non si può continuare
a “drogare” l’economia aumentando indiscriminatamente il debito, Paesi come
l’Irlanda (IE) e la Spagna (ES) che hanno
sommato al debito pubblico uno smisurato debito delle famiglie hanno finito
per innescare una pericolosa crisi finanziaria.
Nonostante la crisi finanziaria sia esplosa
nel 2008, il crollo del fatturato industria-
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richiesti alla Grecia e alla Spagna, senza
considerare l’importante differenza esistente tra l’Italia, che è un paese produttore, e gli altri Paesi, che sono soprattutto
importatori.
A differenza della domanda interna il
nostro fatturato con l’estero non è crollato; anzi dall’inizio della crisi esso appare addirittura più dinamico di quello
della Germania e della Francia, a dimostrazione della vocazione industriale del
nostro Paese.
La ragione della nostra mancata crescita
negli ultimi venti anni è da individuare
dapprima nel fatto che la riduzione del
debito pubblico italiano dal 121% al
103% del PIL avvenuta tra il 1994 e il 2008
è stata ottenuta attraverso l’aumento
dell’imposizione fiscale, senza ridurre né
la spesa pubblica inefficiente, né i costi
della politica. Il governo italiano ha quindi prodotto un ottimo avanzo primario
(vale a dire il deficit al netto degli interessi
sul debito), ma tutto a spese dei cittadini
che hanno ridotto i loro consumi facendo
calare di conseguenza la relativa produzione industriale. Unitamente a ciò, si è
continuato a criticare e a sostenere, oltre
il lecito, la mancanza di competitività del
nostro modello di sviluppo, andando a influenzare negativamente la Commissione europea che ha pubblicato il 10 aprile
2013, e successivamente confermato nel
2014, un rapporto approfondito sulla
specializzazione produttiva italiana, realizzato da 11 autori di cui 7 italiani, in cui
si legge: “L’andamento delle esportazioni
in Italia continua a soffrire di un modello
di specializzazione che limita la capacità
delle imprese italiane di crescere. Il modello
produttivo in Italia è molto simile a quello
dei mercati emergenti come la Cina, con
la maggior parte del valore aggiunto nei
settori tradizionali relativamente low-tech,
dovuto principalmente alla limitata capacità di innovazione delle imprese italiane”.
Occorre dunque invertire questa tendenza. Abbiamo bisogno di superare le
opinioni dei pessimisti ad oltranza e di
esportare fiducia, analizzando con maggior rigore la realtà industriale italiana.
La bilancia commerciale dell’Italia con
l’estero, in attivo di 72 miliardi di euro
escludendo l’energia, è la seconda più
alta in Europa, dopo la Germania. Il no-
stro Paese non si caratterizza più, come
venti anni fa, solo per la sua eccellenza
nella produzione di scarpe, abbigliamento, cibo o mobili. La leadership italiana
della moda, delle calzature, dell’occhialeria, dell’arredamento, rappresenta valori percepiti dai clienti in tutto il mondo,
impossibile da copiare, come il Colosseo,
ma non possiamo limitarci a tali settori perché ci sono ancora opportunità di
crescita per altri prodotti congeniali alla
cultura e al genio italico.
Negli ultimi due decenni, infatti, la specializzazione dell’Italia si è sempre più
orientata verso altri settori: il peso di
DI
quelli tradizionali, che nel 1994 rappresentavano il 74% della bilancia commerciale manifatturiera, nel 2013 è diminuito
al 30%, nonostante la crescita di fatturato
estero della moda e dei mobili. Altri settori, poco conosciuti dagli stessi italiani,
sono invece cresciuti molto e rappresentano oggi il 70% del surplus.
Fra questi settori, raramente presenti nelle considerazioni dell’opinione pubblica,
ci sono quelli afferenti al comparto della
meccanica, le cui esportazioni nel 1991
erano allo stesso livello di fatturato estero della moda, pari a circa 20 miliardi di
euro, e che nel 2013, nonostante la crisi,
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Il bicchiere mezzo pieno
Solo la Germania ha fatto meglio dell’Italia con una perdita di quote di mercato
pari a un più ridotto -6%, grazie al mercato interno europeo: solo per fare un
esempio, dal 1999 al 2008 Francia, Germania, Italia, Spagna, Portogallo e Grecia
hanno acquistato auto tedesche per 500
miliardi di euro, contribuendo al successo tedesco, che tuttavia non sarebbe mai
stato possibile senza il vantaggio del tasso di cambio fisso dell’euro.
L’Italia è inoltre uno dei soli cinque Paesi
al mondo ad avere un attivo di bilancia
commerciale per i prodotti manifatturieri, risultato pari a 113 miliardi di dollari
nel 2012 (in aumento a 130 miliardi nel
2013). Al primo posto troviamo la Cina
hanno superato i 70 miliardi; la moda ha
invece raggiunto i 45 miliardi di euro. Siamo dunque diventati un Paese di “meccanici”.
Analoga considerazione merita l’export
della farmaceutica che ha superato nel
2005 il valore dei mobili e oggi è più che
raddoppiato, prossimo a 18 miliardi di
euro; negli ultimi tre anni l’export italiano
di medicinali confezionati è cresciuto di
oltre 5 miliardi di euro, registrando la più
alta crescita al mondo, sia in valore assoluto sia in percentuale, mentre il settore
dei mobili è rimasto stabile a circa 8 miliardi di euro.
La ragione, invece, per cui alcuni settori
sono entrati in crisi, risiede nel fatto che
certi prodotti sono diventati commodities
con un basso livello di innovazione, come
le lavastoviglie e le lavatrici.
Nel grafico relativo al fatturato interno ed
estero è riportata la variazione percentuale
mediana dei due fatturati per settore di
attività economica, registrata dalle imprese tra il 2010 e il 2013. L’ampiezza delle
bolle è commisurata al peso del settore in
termini di valore aggiunto e sono di colore verde i settori con fatturato in aumento, di colore grigio i settori stabili e di colore rosso quelli in diminuzione: è evidente la crescente importanza rivestita dai
macchinari-apparecchiature e prodotti
in metallo che, insieme, costituiscono
quella che è stata definita la meccanica in
senso stretto.
Secondo il prof. Fortis la politica industriale dell’Italia dovrebbe dunque essere
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DI
maggiormente incentrata sullo sviluppo della meccanica e allo stesso tempo
puntare alla creazione in Italia del centro
(hub) farmaceutico d’Europa.
L’analisi della competitività dell’Italia
nel raffronto internazionale evidenzia
come negli ultimi 12 anni, ossia dall’ingresso della Cina nella WTO, tutte le economie avanzate abbiano perso quote di
mercato nelle esportazioni manifatturiere a favore dei mercati emergenti. L’Italia,
in particolare, ha accusato una perdita
del 29% al pari degli Stati Uniti, facendo
meglio del Giappone (-33%), della Francia (-39%) e della Gran Bretagna (-45%).
Dirigenti Industria maggio 2014
con 866 miliardi, seguita dalla Germania
con 394 miliardi, il Giappone con 292 miliardi e la Corea del Sud con 205 miliardi.
Per tutti gli altri Paesi la bilancia manifatturiera risulta negativa.
Secondo le classifiche di competitività
basate su dati Unctad/WTO, su 14 macro-settori in cui è stato suddiviso il commercio mondiale, ci posizioniamo secondi alle spalle della sola Germania che nel
2012 conquista otto primi posti e un secondo posto.
L’Italia si dimostra estremamente competitiva, piazzandosi per ben tre volte al
primo posto nella graduatoria: nel tes-
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ocus - Rilancio Industriale
sile, nell’abbigliamento e nel comparto
cuoio-pelletteria-calzature. Ma non solo.
Infatti, l’Italia conquista anche tre secondi posti: nella meccanica non elettronica,
nei prodotti diversi (grazie agli occhiali ed
all’oreficeria) e nei manufatti di base (che
includono anche comparti come i prodotti in metallo, i marmi e le piastrelle ceramiche in cui l’Italia si colloca da sempre
ai vertici mondiali). Conquista anche un
terzo posto nei componenti elettronici e
un sesto posto negli alimenti trasformati.
Secondo l’Indice Fortis-Corradini, sviluppato dalla Fondazione Edison, l’Italia è
inoltre il primo, secondo o terzo Paese al
mondo per surplus commerciale in ben
946 prodotti, su un totale di 5.117 in cui
la classificazione internazionale HS96
suddivide il commercio mondiale, generando 183 miliardi di dollari di surplus
commerciale con l’estero.
Ancora, l’Italia è, dopo la Cina, il Paese
con il maggior numero di prodotti manifatturieri che presentano un miglior saldo commerciale rispetto alla Germania:
l’Italia, infatti, “batte” la Germania presentando un maggiore saldo commerciale in
1.215 prodotti, alle spalle della Cina che
invece presenta ben 2.134 prodotti con
una migliore bilancia commerciale rispetto alla Germania. A seguire Stati Uniti, Giappone, Corea, Francia, Regno Unito
e Grecia.
È questa l’analisi che dobbiamo fare
dell’Italia. È questa l’immagine che dobbiamo trasmettere al mondo. L’Italia è migliore di quella che continuano a raccontare; è bene pertanto che iniziamo a dire la
verità, a batterci per il rinascimento morale ed economico del Paese, allontanando i
rischi di un aumento dello spread.
I problemi dell’industria italiana non sono
il suo modello di specializzazione o le sue
PMI, troppo piccole per andare in Cina: la
sola provincia di Fermo esporta, infatti,
ben 300 milioni di euro di calzature in Cina.
I problemi della competitività italiana
dipendono semmai dai vincoli del sistema-Paese che frenano le imprese e scoraggiano gli investimenti esteri. Nella
classifica stilata dal “World Competitiveness Yearbook” considerando 60 principali Paesi, l’Italia risulta al 56° posto per
burocrazia; al 54° posto per tassazione
ed entrate fiscali totali; al 49° posto per il
costo del denaro; al 55° posto per il quadro normativo e legale (incertezza del
diritto); al 48° posto per l’economia sommersa; al 50° posto per le infrastrutture
per la distribuzione di beni e servizi; al
46° posto per le infrastrutture idriche; al
44° posto nello sviluppo e manutenzione
di infrastrutture; al 40° posto nelle infrastrutture del settore energetico; al 53°
posto per i costi dell’energia elettrica per
i clienti industriali.
Per concludere, siamo l’unico Paese al
mondo che negli ultimi 22 anni ha generato un avanzo statale primario in ben
DI
21 anni, un vero record mondiale, raggiungendo la cifra di 591 miliardi di euro
cumulati, più di quanto abbia fatto la
Germania. Peccato che poi questo avanzo sia stato utilizzato interamente per
pagare una montagna di interessi sul debito pubblico, che sono a tutt’oggi pari a
circa 80 miliardi/anno, cioè 30 miliardi in
più rispetto ai francesi e tedeschi a causa
della reputazione negativa che alimenta
lo “spread”.
Siamo il “Paese dei miracoli”, ma dobbiamo rimuovere subito gli ostacoli per decollare. ■
Dirigenti Industria maggio 2014
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ocus - Rilancio Industriale
Droni per l’impiego civile:
un settore di grandi prospettive
Il caso Aermatica esempio di visione e coraggio
Bruno Lodi
Supply Chain Director Aermatica S.p.A.,
socio ALDAI e fondatore del Gruppo Progetto Innovazione
s
empre più spesso si vedono in
azione, impegnati nelle più svariate attività, i Sistemi Aeromobili a
Pilotaggio Remoto (SAPR – universalmente noti come droni) e finalmente
è in approvazione la normativa definita da ENAC per regolare anche in Italia
l’impiego professionale di tali strumenti. Nell’insieme, sta emergendo, da noi
come in tutto il mondo, un settore di
grande interesse per le applicazioni che
i SAPR rendono possibili e che qualche
esperto vede come fattore scatenante
di un passaggio epocale per l’intera aeronautica poiché apre la possibilità di
operare “in volo” a tutti, con costi relativamente modesti e senza la necessità di
particolari requisiti.
Potenzialmente, i SAPR possono fare “di
tutto”: sono già attuali le riprese foto e
video, i controlli termografici (su edifici), il monitoraggio industriale (verifiche
strutturali, controllo di impianti quali
parchi fotovoltaici e linee elettriche), il
monitoraggio ambientale, il supporto
nella gestione del territorio, gli interventi in emergenza (ricerca di dispersi).
In prospettiva si vedono innumerevoli applicazioni scientifiche a cui stanno
lavorando laboratori ed università e poi
tutto il mondo delle attività in ambito
urbano (dal supporto per la gestione
dell’ordine pubblico alla distribuzione
fisica di oggetti).
Il settore promette quindi di consentire
lo sviluppo di rilevanti opportunità industriali, sia per produrre e gestire i sistemi,
sia per offrire sul mercato l’insieme dei
servizi proponibili, opportunità che si
12
DI
prestano ad essere colte da realtà anche
piccole, purché fortemente innovative
e culturalmente preparate a lavorare in
un contesto che, in effetti, è aeronautico,
anche se con specificità proprie.
Proprio la ricerca del giusto compromesso fra un approccio aeronautico alla sicurezza di sistemi/procedure operative
e le caratteristiche proprie del settore,
il contesto costituisce la sfida che deve
essere vinta per permettere alla filiera
dei SAPR di esprimere le sue potenzialità. Da un lato infatti è necessario che
mezzi ed operatori garantiscano livelli di
sicurezza ed affidabilità tali da permettere una presenza sempre più diffusa dei
SAPR (che come mezzi volanti possono
rappresentare un pericolo sia per ciò che
sorvolano sia per gli altri aeromobili con
Dirigenti Industria maggio 2014
cui potrebbero interagire), ma dall’altro
la regolamentazione, messa in campo
per assicurare questi livelli di sicurezza,
non deve essere tanto complessa da
impedire, di fatto, di operare, o di portare i costi di sistemi e servizi a livelli non
compatibili con i prezzi che il mercato è
disposto ad accettare.
Il Regolamento ENAC che entrerà in vigore va in questa direzione, ma per valutare le sua reale capacità di mettere
sotto controllo l’attività dei SAPR senza
bloccarla è necessario attendere che
ne inizi l’applicazione. Nel frattempo gli
attori del settore stanno lavorando per
capire in che modo adattarsi alla nuova
regolamentazione, di cui comprendono
l’importanza (anche a garanzia della loro
immagine pubblica del loro lavoro), ma
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ocus - Rilancio Industriale
che ovviamente li mette a disagio, introducendo vincoli e complessità “aeronautiche”, di non facile comprensione.
Il lavoro per arrivare ad avere un settore
operante in modo controllato, ma nelle
condizioni di espandersi e progredire, è
ancora in gran parte da fare e richiederà
un grande sforzo sia da parte di ENAC,
che dovrà adattare i suoi criteri di lavoro
ad una filiera lontanissima, per dimensioni e modelli, dall’aeronautica convenzionale, sia da parte degli operatori
stessi, che dovranno lasciarsi alle spalle
gli approcci pionieristici ed artigianali
che li hanno in gran parte caratterizzati fino ad ora, per fare il “salto di qualità”
necessario ad operare in un ambiente
regolato.
In questo quadro si colloca l’iniziativa di
Aermatica S.p.A., impresa nata nel 2008
per progettare e produrre SAPR in modo
industriale secondo criteri aeronautici,
che sin dall’inizio ha lavorato con ENAC
per inserire il suo sistema Anteos nell’alveo della normativa, sviluppando così
una onerosa attività pionieristica (spesso infatti le norme non prevedevano il
caso proposto ed andavano quindi declinate) e riuscendo già nel 2010 a volare
con un Permesso di Volo ufficiale.
Nel tempo il modello di business dell’impresa ha superato la semplice offerta del
SAPR per offrire al mercato un pacchetto
di prodotti/servizi volti a coprire tutte le
necessità che un operatore “non aeronautico” deve soddisfare per affrontare
il mercato regolato: sistemi rispondenti
a criteri aeronautici, adeguato supporto manutentivo, formazione dei piloti,
aiuto a creare una organizzazione che
risponda alla normativa ed a istruire il
personale operativo.
Aermatica oggi è un esempio di come
una piccola azienda possa soddisfare le
richieste del mercato regolato e si propone come supporto a 360° per quegli
operatori che vogliano evolvere verso
tale contesto, così da affrontare al meglio le sfide che lo sviluppo di questo
settore presenterà. Un esempio di innovazione e sviluppo di nuove realtà imprenditoriali per alimentare la vocazione
industriale lombarda.
■
“Dillo alla Lombardia...”
i
l 21 marzo 2014 si è svolto l’incontro fortemente voluto dal Presidente della Regione Roberto
Maroni con tutti gli assessori regionali e le parti sociali, con l’obiettivo di
condividere valutazioni e considerazioni
sull’attuazione degli obiettivi strategici
del governo regionale e sul rilancio per
il futuro.
Il Coordinatore CIDA Lombardia Romano
Ambrogi ha partecipato al tavolo “tematico” organizzato dall’Assessore alla
Formazione, Istruzione e Lavoro, Valentina Aprea, proponendo le iniziative per
il rinascimento dell’industria lombarda,
motore economico del Paese.
Nel ricordare che la confederazione rappresenta in Lombardia 52.300 dirigenti
delle imprese private, pubbliche e delle
alte professionalità, Ambrogi ha invitato
a valorizzare le competenze dei dirigenti
disoccupati e senior a favore del sistema
industriale, della società lombarda e della coesione sociale.
CIDA ha sottoscritto un patto con l’Assessorato Formazione, Istruzione e Lavoro per dare concretezza a questo impegno con lo scopo di rendere produttivo
il patrimonio di competenze di migliaia
di manager inoccupati per la realizzazione di specifiche iniziative, fra le quali:
l’utilizzo sinergico e complementare
della “Dote Unica Lavoro” con
gli strumenti Fondirigenti per
aumentare l’efficacia dei percorsi
di reinserimento lavorativo;
la partecipazione di CIDA nelle
iniziative di docenza per il
trasferimento delle esperienze
dei manager a favore dei giovani
per favorire l’inserimento nel mondo
del lavoro;
la creazione della “White List” di
dirigenti per il supporto manageriale
all’Agenzia dei Beni Confiscati alla
l
l
l
DI
criminalità organizzata. Attività
iniziata da ALDAI - Assolombarda e
confluita nel bando regionale che
prevede lo studio e la formazione per
la destinazione dei beni da assegnare
alle finalità sociali.
Ambrogi ha auspicato ogni sforzo per
rimuovere le complessità burocratiche
e per favorire le sinergie che permettano alle imprese di accedere alle risorse
finanziarie dei bandi regionali e alle risorse umane dei manager per aiutare
le imprese nelle iniziative di internazionalizzazione, di aggregazione in reti di
imprese e di sviluppo, per aumentare la
competitività del sistema industriale ed
economico lombardo.
Un accorato invito alla collaborazione
fra manager, imprese ed amministrazioni per intraprendere con coraggio
nuove forme di operosità della gente
lombarda per costruire nuova cultura
del lavoro.
■
Dirigenti Industria maggio 2014
13
m
anagement
Nuovi modelli di simulazione
come supporto al management
per lo sviluppo del business aziendale
Business Innovation e Simulazione
Sergio Augelloni Fabbri
Senior consultant at Fair Dynamics Consulting
l’
esigenza di innovare business
aziendale attraverso una maggiore efficacia ed efficienza delle
strategie aziendali, nonché del
go-to-market da adottare, unitamente
alla conseguente riorganizzazione dei
processi interni, è un tema attuale ed
ineludibile per qualsiasi impresa che
trova oggi un insostituibile supporto –
grazie a nuovi strumenti e tecniche di
intervento più articolate – nella rea­
lizzazione di modelli di simulazione
“complessi“ che consentono di valutare
ex-ante l’impatto delle possibili scelte
strategiche da intraprendere.
Il management aziendale potrà così costruire, attraverso l’attività di studio ed
analisi degli elementi concorrenti, modelli di riferimento in grado di riprodurre
– con un alto grado di attendibilità – gli
scenari conseguenti alle possibili scelte
(what if analysis), quantificando altresì
gli aspetti economici e funzionali che da
tutto ciò ne conseguono.
Nell’attuale realtà socio-economica costituita da sistemi complessi adattivi
con strutture fortemente dinamiche,
interconnesse e caratterizzate da comportamenti non lineari, la simulazione
– replicando in vitro tali fenomenologie
– si qualifica come strumento ideale per
pianificare, analizzare e valutare i rischi
decisionali identificando al meglio le alternative delle scelte strategiche che ne
derivano. Ovviamente il grado di attendibilità dei risultati è proporzionato alla
qualità dei mezzi nonché delle tecniche
e metodologie impiegate.
I principali vantaggi che l’impiego di tali
tecniche offre al management aziendale
sono:
riduzione di costi e rischi: gli
esperimenti svolti direttamente sul
campo sono spesso molto costosi
e non danno risposte in real-time
mentre l’analisi approfondita degli
scenari possibili entro cui dovrà
operare l’impresa permette una
attenta valutazione dei rischi e
benefici connessi e un abbattimento
dei costi legati agli errori decisionali;
valutazioni dei fenomeni non
lineari e complessi: attraverso
modelli di simulazione è possibile
studiare e replicare fenomeni
non lineari difficilmente valutabili
attraverso l’utilizzo di altri strumenti
quali ad esempio i fogli elettronici;
forte valorizzazione della
componente tempo: lo scorrere
dei modelli all’interno di una
finestra temporale e di conseguenza
l’osservazione “real-time” dell’evolvere
degli indicatori di performance
permette un punto di osservazione
unico per la comprensione dei
problemi affrontati anche quando
l
l
... esiste, da qualche anno, una quarta metodologia
definita “ibrida” o “multi-metodo” (Multi-Method
Simulation Modeling - MMSM) ...
14
DI
intervengono valutazioni a posteriori
o in corso di svolgimento.
l
Dirigenti Industria maggio 2014
Sino ad oggi gli strumenti più comuni
utilizzati dalle aziende per tali temi sono
i fogli elettronici e tra questi Microsoft
Excel è quello più conosciuto. Il successo dell’impiego di tali soluzioni si realizza ove vi siano scenari da analizzare con
le seguenti caratteristiche:
il numero di parametri che
influenzano il sistema è limitato;
il comportamento del sistema
è lineare;
le dipendenze tra le variabili
sono chiare ed il modello mentale
semplice da costruire.
l
l
l
Ma la realtà odierna e quella in divenire
debbono tenere conto soprattutto di un
forte aumento delle problematiche che
interagiscono nello scenario e che lo caratterizzano in modo più complesso.
Una conferma a tutto ciò si ha quando:
ci sono molti parametri o troppe
combinazioni di scenari che
influenzano il sistema;
l
m
esistono dipendenze temporali o
causali (retroazioni) tra le variabili
(comportamento non lineare);
il comportamento del sistema
non è intuitivo o immediato;
sono presenti situazioni di incertezza
(sistema stocastico).
l
l
l
Per questi motivi esistono diverse metodologie legate alla simulazione di processi di business complessi per le quali
non è facilmente ricercabile una soluzione analitica in quanto ognuna di queste
è adatta per problemi caratterizzati da
livelli di astrazione differenti.
Le metodologie presenti oggi per tali
temi sono principalmente tre, sviluppate peraltro in differenti periodi negli ultimi decenni ed ognuna si caratterizza per
il tipo di approccio offerto.
La tabella n. 1 riportata in questo articolo
schematizza tale situazione.
Riferendo il modello metodologico al
livello di astrazione possibile possiamo
sintetizzare il tutto con il grafico n. 1.
A completamento di quanto sino ad ora
esposto diciamo che esiste, da qualche
anno, una quarta metodologia definita
“ibrida” o “multi-metodo” (Multi-Method
Simulation Modeling - MMSM) che, consentendo una qualsiasi combinazione
delle tre metodologie sopracitate, permette la creazione di modelli molto aderenti alla complessità e dinamicità della
realtà odierna.
Questa interessante ed utilissima caratteristica permette quindi di sviluppare
alte definizioni nella realizzazione dei
modelli e di focalizzarsi al meglio sullo
studio del problema specifico piuttosto
che sull’escogitare tecniche per aggirare
alcuni aspetti di dettaglio attraverso paradigmi poco adatti a rappresentarli.
Il successo dell’impiego di tale metodologia si è già riscontrato in molte aziende e gruppi nazionali ed internazionali
operanti nei più svariati settori (chimico
farmaceutico, cantieristica, aeroporti,
banche e assicurazioni etc.) e sulle diverse aree aziendali: produzione e logistica,
dimensionamento delle risorse, vendite
e marketing, etc.
La simulazione permette ai manager di
valutare le strategie ed operare così le
proprie scelte con un elevato grado di
anagement
Tabella n. 1
Metodologia
Caratteristiche
System Dynamic
(SD)
Adatta allo studio e comprensione del comportamento
dinamico dei sistemi complessi (fenomeni strategici,
macro-economici, dinamiche sociali ed ambientali).
Si basa sull’evoluzione temporale dei fenomeni
attraverso eventi concatenati. Adatto a studiare
Discret Event Simulation
fenomeni di alto dettaglio operativo quali i tempi di
(DSE)
attesa per code, processi produttivi ed amministrativi,
velocità dei servizi etc.)
Agent Base Modeling
and Simulation
(ABMS)
Il più recente ed innovativo. Adatto a catturare
la complessità di sistemi non lineare.
Approccio bottom-up in cui vengono modellizzate le
unità elementari (aziende, persone, ruoli, mezzi etc.)
che si concretizzano man mano che il sistema evolve
come effetto delle decisioni intraprese da ognuno.
Grafico n. 1
attendibilità tra risultati attesi e quelli
realmente ottenuti.
I modelli di simulazione delle strategie
di innovazione del business sono stati
argomento dell’incontro del 14 maggio
del Gruppo Progetto Innovazione, dove
ho incontrato i dirigenti interessati agli
approfondimenti.
In un mondo che corre sempre più veloce non c’è più il tempo per procedere per
tentativi. Per essere competitivi bisogna
agire tempestivamente proponendo
modelli di business provati, almeno virtualmente. ■
DI
Dirigenti Industria maggio 2014
15
m
anagement
Milano, Sala Alessi di Palazzo Marino, 26 marzo 2014
Merito e Talento
Premio Donna 2014 ALDAI
Patrizia Forcina
Relazioni Industriali e Istituzionali Federmanager
La valorizzazione della
“eccellenza” femminile
La valorizzazione del talento ed il riconoscimento della leadership femminile rappresentano oggi processi imprescindibili
per il nostro Paese, le nostre aziende e le
famiglie italiane non solo per un tema di
genere, ma, soprattutto, per una questione di business, di profitto, di risultati e del
bisogno di nuove idee. Inoltre la valorizzazione dei talenti femminili, specie in un
momento di grave crisi, può contribuire
ad una fertile rivisitazione del mondo
del lavoro portando il contributo di uno
sguardo e di uno stile differente per un
buon governo delle imprese.
La situazione in Italia
La difficoltà di affermazione della managerialità femminile all’interno delle
16
DI
aziende italiane non è altro che lo specchio della cultura e del sistema di valori
dominante nel nostro Paese. C’è infatti
una strettissima relazione di interdipendenza tra il contesto socioculturale e le
imprese: la società influenza la cultura
aziendale. A loro volta le imprese non
solo rispecchiano la cultura del Paese in
cui sono inserite, ma possono fungere
da traino o da acceleratori del cambiamento. La situazione italiana si conferma
di particolare criticità per quanto riguarda la questione femminile sia sul fronte
sociale sia su quello delle imprese, sotto
l’influenza di una rappresentazione della
donna ancora fortemente tradizionale e
vincolante. D’altra parte la maternità si
pone ancora come il nodo irrisolto fondamentale, il principale ostacolo all’accesso
paritetico delle donne al mondo del lavoro. Si dice che la donna-lavoratrice sia
penalizzata su un duplice fronte: quello
pratico, per il persistere della delega tota-
Dirigenti Industria maggio 2014
le alle donne della responsabilità di cura
e l’inadeguatezza delle misure sociali e
quello psicologico a causa del radicamento nella cultura familiare italiana di
una visione sacrificale della maternità.
La resistenza al cambiamento riscontrabile in molte aziende italiane è peraltro
conseguenza dell’assenza di ricambio
generazionale e dell’esclusione delle
donne dalle posizioni di vertice dove si
costruisce la cultura aziendale e si stabiliscono i criteri di cooptazione, le norme
di riconoscimento dei meriti e la valutazione degli individui.
Tuttavia in questo ultimo periodo le cose
stanno cominciando a cambiare, non
solo nel settore pubblico dove le donne
dirigenti sono salite del 20% negli ultimi sei anni (Dati SDA Bocconi 2014), ma
anche sul fronte privato (dati INPS 2014):
infatti, mentre i dirigenti maschi arretrano del 5%, le colleghe aumentano del
16%. Le donne manager rappresentano
così oggi il 14,5% del complesso della dirigenza. Forse la crisi ha giocato a favore
poiché come si sa le donne manager si
accontentano di una retribuzione inferiore.
I rapporti internazionali
Per il Rapporto 2013 del World Economic
Forum (che classifica i Paesi secondo i
loro divari di genere) la situazione globale del genere femminile è migliorata: 86 Paesi su 133 hanno accorciato il
divario tra uomo e donna tra cui anche
l’Italia, che è avanzata di nove posizioni,
dal numero 80 del 2012 al 71 di quest’anno. Si colloca però ancora a notevole distanza dai Paesi del Nord Europa,
che rappresentano i “top ten” di genere
(Islanda, Finlandia, Norvegia, Svezia, Ir-
m
landa, Danimarca, Svizzera e, addirittura, la Bulgaria, l’Estonia e la Croazia: vera
sorpresa rispetto alla media molto bassa
riscontrata nei Paesi dell’Est). I progressi
quindi ci sono, ma ancora non bastano.
Il numero delle donne amministratore
delegato è in aumento, ma la quota in
posizioni manageriali “senior” è ferma.
Secondo un ultimo recente sondaggio
internazionale (riportato in questi giorni
dal Financial Times) condotto su 6.700
manager in 45 Paesi le donne guidano
il 12% delle grandi multinazionali, in aumento rispetto al 10% del 2013 e del 5%
del 2012. Nelle altre aziende invece la
quota delle donne in posizioni manageriali elevate è al 24%, la stessa del 2013,
del 2009 e del 2007 e solo in lieve aumento rispetto al 19% del 2004. Le donne hanno fatto grandi passi in avanti nel
campo della finanza, ma molto meno
nel settore innovativo (tecnologia). Nel
settore bancario la percentuale di donne manager è salita dal 28% (dato del
2005) al 33% di oggi: il tasso di crescita
più elevato se si analizzano i rapporti di genere ai vertici nei diversi settori
dell’ultimo quinquennio.
Crisi economica e mercato
del lavoro femminile
L’attuale crisi economica ha contribuito
a rallentare il processo di evoluzione della cultura sociale italiana.
L’indagine sui manager italiani, svolta da
Episteme per conto di Federmanager nel
2013, restituisce una situazione di tensione legata all’incertezza del posto di lavoro,
cui si accompagna una pressione crescente sui risultati, con ricadute negative sulle
condizioni di lavoro e sul clima aziendale:
di questo soffrono indiscriminatamente uomini e donne, ma è la componente
femminile che finisce con il soccombere
ritenendo questa pressione insopportabile perché in conflitto con i doveri di cura.
Sia gli uomini sia le donne tendono a stigmatizzare l’invasività del lavoro, che viene
percepita come correlata ad una cultura
organizzativa che premia l’overtime più
dei risultati raggiunti. Vi è infatti una piena
convergenza tra uomini e donne in merito
al fatto che l’elevata individualizzazione
correlata alla complessità del ruolo manageriale richieda una personalità ricca,
articolata e ben integrata: un equilibrio
cioè tra lavoro-vita privata come fondamento della qualità manageriale.
Le quote rosa in azienda
e in politica
Nonostante la Camera dei Deputati abbia definitivamente bocciato la parità di
genere che avrebbe garantito per legge
la rappresentanza femminile nelle liste
elettorali, sembra che le donne le proprie quote rosa se le stiano guadagnando da sole. È un dato certo: negli organi
di governance delle società italiane, sia
pubbliche sia private, c’erano “troppe
poche donne”. Ma dal 12 agosto 2012,
nel procedere al rinnovo degli organi di
amministrazione e di controllo, le società quotate in borsa e le società controllate dalle pubbliche amministrazioni, per
tre mandati consecutivi (quindi per circa
un decennio), hanno dovuto adeguarsi agli obblighi introdotti dalla legge n.
120 del 2011, sulle quote di genere. Lo
scopo della legge c.d. Golfo-Mosca è
quello di contrastare l’attuale massiccia
presenza di quote “azzurre” negli organi societari di gestione e di controllo.
È vero che il vincolo riguarda solo una
piccola parte del variegato mondo delle aziende, ma la fissazione di quote ex
ante ha contribuito ad accrescere la partecipazione femminile e soprattutto ha
DI
anagement
costituito il segnale di un cambiamento
anche culturale del ruolo delle donne
nella società. Le quote di genere quindi
potrebbero divenire un modello da imitare da parte delle altre imprese, magari
percorrendo la via della cosiddetta “responsabilità sociale” in considerazione
della base etica della meritocrazia quale
capacità di promuovere l’eguaglianza
delle opportunità. Inoltre la spinta a varcare la soglia della diseguaglianza “verticale” potrebbe influire positivamente
sulla perdurante questione del “gender
wage gap”. La legge ha dato fino a questo momento, risultati importanti: nelle
società quotate la rappresentanza femminile è salita da circa il 6 al 18%. Mentre
nelle 9 società controllate dal Ministero
delle Finanze che hanno rinnovato i propri organi sociali dopo l’entrata in vigore
della legge, la percentuale delle donne
è arrivata al 25,6%. Ricerche ancora in
corso documentano un generale efficientamento dei CdA ed una maggiore
trasparenza nelle nomine.
Giovani donne dirigenti
e carriera
L’immagine delle giovani donne di oggi
offre un quadro nuovo: si laureano meglio dei maschi, li hanno raggiunti per
numero tra i quadri aziendali e superati
tra i manager under 34. Capaci di sacrifici, le donne in carriera rinviano la maternità, senza tuttavia accantonarla. Si
Dirigenti Industria maggio 2014
17
m
anagement
battono per premiare l’efficienza invece
degli orari dilatati. Una recente indagine
(Unioncamere, 2013) dimostra infatti
che il fattore D si sta facendo apprezzare in moltissime aziende, dove le donne
giovanissime sono già arrivate alla parità
nei livelli dirigenziali, cioè tra i quadri.
La vera sorpresa è che passando al livello superiore di carriera, c’è una fascia di
età in cui le donne hanno superato gli
uomini, anzi sono più del doppio: stiamo parlando degli under 34, dove le manager sono il 5,15 contro il 2,05%. Certo
in valore assoluto sono numeri bassi (i
manager così giovani sono pochi), ma
sono sintomo di cambiamento. Sono
colte, capaci di viaggiare, inglese perfetto e più determinate; proprio perché
sanno di dover sconfiggere una montagna di stereotipi sono pronte a dare
il massimo senza vittimismi e sapendo
che l’autonomia è il più grande dei valori. Il 33% sono single, separate o convivono: in pratica si sposano meno dei
colleghi maschi.
Una volta di iscrivevano a Lettere per
fare le insegnanti o trovare un lavoro
che si conciliasse con la famiglia. Oggi
le ragazze che si iscrivono a ingegneria,
per esempio, sono raddoppiate dal 10
al 20%. Non solo: quando una ragazza
entra in una facoltà considerata maschile dimostra di essere più brava. Senza
trasformare il fattore D in un totem, le
donne hanno capito di essere un valore
aggiunto, non solo perché portano in
azienda un altro sguardo, ma anche perché hanno un approccio ai problemi che
arriva alla soluzione: quindi a conciliare
e risolvere.
Purtroppo il pregiudizio sulla maternità
continua ad essere altissimo ed incide
sul percorso meritocratico. In realtà le
giovani non sono affatto disponibili a
fare carriera diventando come gli uomini, ma proponendo un loro modo,
un loro stile nel mercato del lavoro che
concili vita professionale e familiare.
Una modalità che non sia basata sulla
presenza ma sui risultati: per questo si
sposano tardi e la maternità viene posticipata di conseguenza senza tuttavia
rinunciarvi (intorno ai 38 anni). In questo
momento di crisi che ci sta facendo sentire tutti un po’ precari emerge un’altra
caratteristica non da poco delle donne:
sanno assumersi rischi e non temono di
mettersi in proprio, di fare le free lance.
Che lettura dare al fenomeno che vede
sempre più dirigenti donne nel privato
e nella pubblica amministrazione (dati
Inps; Osservatorio SDA Bocconi): meritocrazia femminile o vantaggi della crisi che
ha inaspettatamente aperto degli spiragli
per le donne? Cambio culturale o il compromesso di accettare gli stessi incarichi
degli uomini ma meno rimunerati?
Ci sono uomini molto illuminati, che sanno riconoscere “un tema comune a tutti: il
Paese ha bisogno di talenti, che siano uomini o donne. La questione vera è avere le
persone giuste nei posti giusti”. Le donne sono portatrici di una specificità femminile? La componente femminile è diversa da quella maschile, poi
ognuno ovviamente nasce con un mix
personale. Però alcuni temi sono molto
cari alle donne: l’education, per esempio, come la naturalezza nel dare e nel
restituire o la capacità di prendersi cura
degli altri. Sono tutte caratteristiche
femminili che vanno nella direzione in
cui dovrebbe andare il mondo, ovvero
verso una forma di potere meno arido.
La politica è l’ultimo fortino del potere
che potrà essere conquistato: “È più difficile per le donne avanzare nella politica
rispetto all’economia, perché quest’ultima
misura più facilmente e più concretamente i risultati”. ■
Cresce il management femminile e cresce il valore
che le donne portano in azienda e alla società
Paola Poli
a
Coordinatrice GdL Donne Dirigenti ALDAI
nche quest’anno si è svolta la
premiazione di 18 donne di
merito e talento nella prestigiosa cornice di Palazzo Marino
gentilmente offerta dal Comune di Milano. Le 18 premiate hanno ricevuto il master 24 Management e Leadership gentilmente offerto dalla Business School
del Sole 24 Ore, un soggiorno benessere
da Abano Ritz SPA e una valigetta well
being da Sanofi.
18
DI
La premiazione è stata preceduta da una
tavola rotonda sul tema: “Donne che
creano valore in termini di opportunità di business e occupazione”.
Cresce la presenza del management
femminile e cresce anche il valore che
le donne portano nelle aziende e nella
società. Sviluppano nuovi business, creano occupazione, rappresentano il mercato che cresce di più al mondo. Su questi temi sono intervenuti esponenti del
mondo delle imprese e delle istituzioni
con Laura La Posta, capo redattore de
Il Sole 24 Ore come moderatore della tavola rotonda.
Dirigenti Industria maggio 2014
Jane Reeve, Amministratore Delegato della Camera Nazionale della Moda
Italiana, testimonia come ”L’industria
della Moda in Italia è in crescita anche
quest’anno del 5%, nel settore il 58% dei
lavoratori sono donne. Ci sono molte
donne che creano nuovi marchi e posti
di lavoro partendo da idee di collezioni
moda e design”. Benedetta Arese Lucini, Regional General Manager Europe Uber, ha raccontato come una nuova idea di business
stia creando centinaia di posti di lavoro:
il nuovo servizio di auto private con autisti altamente referenziati significa che
m
Uber sta selezionando e formando nuovi assunti.
Giorgio Boggero, Amministratore Delegato Cloetta Italia, società quotata al
Nasdaq, racconta come una donna sia
riuscita a salvare posti di lavoro e successivamente come la sua società abbia
portato in Italia un intero stabilimento
di produzione. Le vendite crescono, tra
i marchi anche Saila e Sperlari.
Tommaso Arenare, Egon Zehnder, sottolinea come nella sua esperienza nazionale ed internazionale abbia visto quanto le donne siano in grado di migliorare
la qualità dei board CdA.
Alessia Mosca, onorevole, firmataria
della legge CdA e Smart working, evidenzia come la politica possa aiutare il
cambiamento: oggi in Italia le donne nei
CdA sono passate dal 3 al 10%.
Chiara Bisconti, Assessora al Benessere,
Qualità della vita, Sport e tempo libero, Risorse umane e Servizi generali del
Comune di Milano, ha dato un grosso
impulso al cambiamento che può essere attuato con le nuove tecnologie promuovendo le giornate del lavoro agile a
Milano. Oltre che facilitare la conciliazione famiglia-lavoro si è ridotto il traffico,
si sono risparmiati in media 57 km e due
ore a persona.
Claudia Parzani, Partner Linklaters e
Presidente Valore D, ha lanciato il programma “Adotta un giovane” dove 100
donne adotteranno 100 giovani dando
loro consigli per le prime fasi di crescita.
Nicoletta Polla Mattiott, per “Women
for Expo”, proietta un filmato dove valorizza la capacità delle donne di occuparsi del bene comune come chiave nel
fare rete per mettere in campo idee che
“nutrano il pianeta”.
Monica Regazzi, Partner & Managing
Director The Boston Consulting Group,
presenta uno studio svolto da Boston
Consulting su come le donne siano il
mercato che cresce di più al mondo e
grandi influenzatori di acquisto. Ha regalato alle premiate e a tutti i partecipanti il libro “Le donne vogliono di più,
capire e conquistare il mercato che cresce
di più al mondo”.
“Durante l’evento vengono premiati 18
modelli femminili manageriali positivi,
che rappresentano veri esempi di merito
e talento – spiega Paola Poli, coordinatrice del Gruppo Donne Dirigenti ALDAI
– l’obiettivo è di promuoverli, diffonderli e
premiarli per favorire una cultura del merito e delle pari opportunità”.
Il Gruppo di Lavoro Donne Dirigenti
Nome
Azienda
Viola Ferrario
Philips
Viviana D’Alto
STMicroelectronics
anagement
ALDAI ha lo scopo di creare sinergie
con enti e organizzazioni per offrire
alle associate maggiori opportunità di
networking, aggiornamento e formazione.
Ecco di seguito le 18 donne premiate
per l’edizione 2014.
Chiara Borinelli
Sanofi
Esther Berrozpe
Whirlpool Emea
Alessandra Senici
Luxottica Group
S.p.A., Milan, Italy
Ruolo
Marketing Director Italy, Greece and Israel
Philips Lighting
STMicroelectronics S.r.l.
AST Computer Vision Reserach Platform Director
Senior Marketing Manager Italy
EMEA Marketing coordinator
per la Practice Finacial Services
Executive Vice President Human
Resources, Organization & Facility Management
Direttore Risorse Umane
Mellin S.p.A. - Danone Nutricia Early Life Nutrition
Direttore Corporate Social Responsibility
Nestlé Waters Italia
Direttore Risorse Umane
Schindler SpA
Global HR Processes and Programs Director
Gruppo Campari
Direttore Commercial Operations
Vodafone
Executive Clinical
Research Director
European Design Lab Manager, CBG
3M Italia srl
C-Compliance - Data Protection Office
Henkel Italia S.p.A.
Responsabile Controllo Gestione
Sanofi Italia
President, Whirlpool Emea,
Executive Vice President,
Whirlpool Ccorporation
Group Investor
Relations Director
Melania Pecoraro
Visiant Contact Srl
Google Partner Relationship Manager
Nicoletta Scannavini A.T. Kearney Italia
Francesca Manili
Pessina
Sky Italia
Sonia Malaspina
Danone
Daniela Murelli
Nestlè
Waters Italia
Donatella Bianchi
Schindler Spa
Monica Redolfi
Campari
Barbara Cominelli
Vodafone Italy
Paola Fattore
MSD Italia
Monica Dalla Riva
3M
Antonella Cazzaniga Henkel
Elisabetta Pezzotta Cloetta Italia
Silvia Candiani
Microsoft
HR Director - Cloetta Italia
Direttore Marketing & Operation Microsoft
in Italia
Categoria
Innovazione
Innovazione
Innovazione
Diversity
Management
Diversity
Management
Diversity
Management
Gestione
Collaboratori
Gestione
Collaboratori
Gestione
Collaboratori
Giovani
e potenziali
Giovani
e potenziali
Giovani
e potenziali
Gestione
Economica
Gestione
Economica
Gestione
Economica
Lancio
Nuovi Business
Lancio
Nuovi Business
Lancio
Nuovi Business
Che i cittadini italiani, sia maschi sia femmine, vedano positivamente una maggior
presenza delle donne nei luoghi decisionali lo conferma anche l’Istat. I fatti parlano
chiaro: nelle imprese familiari, il Roe (l’indicatore della performance aziendale) è superiore del 5% rispetto alla media quando il Consiglio di Amministrazione è misto
e i risultati migliori si ottengono là dove «le donne raggiungono una massa critica»,
ovvero siano tre o più (Aub 2013).
“Un dato molto positivo – spiega Paola Poli, coordinatrice del Gruppo Donne Manager ALDAI – che sta testimoniando un vero e proprio cambiamento culturale. Il management femminile è giovane e cresce anche se siamo ancora circa 10 punti inferiori
alla media europea del 33%”. ■
DI
Dirigenti Industria maggio 2014
19
m
anagement
Come diventare competitivi
Daniele Brioni
Socio ALDAI e Partner, Expense Reduction Analysts
Come recuperare margini apparentemente inaccessibili o sconosciuti
intervenendo sull’ottimizzazione dei costi generali: una Pocket Guide
basata sull’esperienza
n
ell’ultimo decennio e alla luce
dell’attuale contesto economico, il tema del recupero di
marginalità anche attraverso
la riduzione dei costi generali è sempre
vivo. I vertici aziendali conoscono bene
quanto diretto e immediato sia l’impatto sulla bottom line indotto da una
riduzione dei costi generali, come pure
la complessità che altrimenti l’azienda
incontrerebbe se puntasse ad ottenere
lo stesso recupero di marginalità attraverso un incremento di fatturato.
Ipotizzando un EBIT dell’8%, una riduzione di costo pari a 40.000 euro risulta
equivalente ad un incremento di fatturato pari a 500.000 euro (e al diminuire
dell’EBIT l’incremento del fatturato necessario cresce oltremodo!).
Tuttavia, accade abbastanza frequentemente che a questa leva di efficienza
non sia data la giusta attenzione. Perché
un possibile risparmio secco di 40.000
euro sui costi generali non viene perseguito come un fatturato incrementale di
500.000 euro? Perché a questi target viene dato un peso diverso? Quale dei due
si ritiene più facile e immediato ottenere?
Certamente, le organizzazioni incontrano molti vincoli nel generare scenari di
ottimizzazione della spesa che illustrino
chiaramente le capacità dei fornitori interpellati di generare migliori economie.
I principali vincoli sono la mancanza di
tempo rispetto ad altre priorità, la scarsità delle risorse interne, la mancanza di
competenze specialistiche e la difficoltà
nel cumularne vista la frequenza con cui
le aziende si confrontano con il mercato (anche una volta l’anno) e la carenza
del monitoraggio del rapporto di fornitura. Di conseguenza, la maggior parte
delle aziende ha una limitata capacità
di aggregare potere negoziale e ottiene
risultati modesti; sebbene negozino una
20
DI
riduzione di prezzo, ignorano quale sia il
prezzo pagato dal mercato.
Il risparmio medio dei progetti di successo realizzati dalle migliori società di
consulenza che operano nell’ottimizzazione dei costi generali è del 20% circa.
L’aspetto negoziale è ovviamente incluso, ma tale risultato è possibile solo
eliminando gli sprechi e pesando altri
criteri decisionali (requisiti qualitativi,
livelli di servizio offerti dai fornitori correnti o da quelli potenziali).
Per rendere veramente redditizio un
programma di ottimizzazione dei costi
generali, un’azienda ha bisogno di affrontare continuamente problematiche
relative a disponibilità di tempo, di esperienza e di metodo.
Il project charter di un intervento teso
alla ottimizzazione della spesa non potrebbe fare a meno di questi elementi:
coinvolgimento degli stakeholders
e condivisione dell’ambito
del progetto;
identificazione del fabbisogno reale
dell’azienda;
esecuzione di benchmarking;
implementazione e follow-up
delle misure selezionate.
Normalmente, un progetto di riduzione
dei costi prevede le seguenti fasi:
analisi di fattibilità delle categorie
di costo identificate;
analisi dei dati (raccolta e analisi dei
dati relativi ai consumi, alle procedure
e alle consuetudini in essere, alle
aspettative, determinazione del
fabbisogno, definizione dei valori di
riferimento per misurare i risultati);
individuazione delle opzioni di
risparmio (RFQ, analisi di impatto,
negoziazione, presentazione
delle opzioni);
implementazione delle
raccomandazioni;
monitoraggio e valutazione
dei risultati conseguiti.
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Dirigenti Industria maggio 2014
Oltre al superamento degli evidenti vincoli di tempo, di risorse, di esperienza e
di metodo, il ricorso a specialisti esterni
è consigliabile per poter accedere a fattori di successo-chiave altrimenti non
disponibili:
la conoscenza del business
del fornitore;
la possibilità di uscire da un rapporto
di negoziazione pura (il consulente si
relaziona con i fornitori in nome e per
conto del cliente);
l’accesso ai benchmark di riferimento
utilizzati dal consulente.
L’esercizio combinato di questi fattori
permette di esercitare una pressione
concorrenziale che aiuta a tenere i fornitori allineati al mercato e, nel 60% dei
progetti, ha abilitato la prosecuzione
del rapporto di fornitura con il fornitore
corrente, ma a condizioni che vengono
ciclicamente riviste nel comune interesse. I requisiti chiave per la scelta di
un partner sono:
la padronanza di metodi e strumenti;
le esperienze specialistiche
(devono conoscere i meccanismi e
le dinamiche intime dei settori di
approvvigionamento, i cui modelli
tariffari e commerciali mutano
continuamente e sono molto spesso
impenetrabili);
un approccio win-win (un partner è
legato ai suoi clienti, condividono gli
stessi obiettivi e hanno una visione
comune; il compenso del partner è
determinato esclusivamente in base
ai risparmi prodotti e tale approccio
misura il commitment e la confidenza
del partner nel perseguire il successo
di un progetto);
la totale indipendenza e trasparenza
del partner nel rapporto con i
fornitori.
La competitività si raggiunge anche con
una professionale razionalizzazione dei
■
costi. l
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CONTROLLA LA PROFONDITÀ DEL BATTISTRADA RESIDUO:
la profondità del battistrada non deve essere mai inferiore
al limite legale di mm 1,6. Oltre a quanto previsto quale
limite legale, Driver consiglia di sostituire i pneumatici
quando il battistrada è di circa 3 mm. Le prestazioni sul
bagnato diminuiscono proporzionalmente allo spessore
del battistrada.
MANTIENI I TUOI PNEUMATICI ALLA GIUSTA PRESSIONE:
le pressioni di gonfiaggio influiscono in maniera diretta sulla
tua sicurezza di marcia, controllale pertanto regolarmente,
almeno una volta al mese a pneumatico freddo e sempre
prima di intraprendere lunghi viaggi. Lo spazio di arresto
di un pneumatico correttamente gonfiato è minore rispetto
a quello di un pneumatico sottogonfiato.
CONTROLLA I DANNI VISIBILI DEL PNEUMATICO:
urti contro i marciapiedi, buche stradali ed ostacoli di
varia natura possono essere all’origine di lesioni interne
dei pneumatici non immediatamente evidenti o rilevabili
visivamente: in tal caso fai controllare dal tuo Driver di fiducia
anche l’interno della copertura. Pneumatici che presentino
danneggiamenti strutturali non sono più idonei alla
circolazione e pertanto devono essere sostituiti.
UTILIZZA IL PNEUMATICO GIUSTO PER LA STAGIONE GIUSTA:
guidare con pneumatici estivi nella stagione invernale è un
rischio. Analogamente, utilizzare pneumatici invernali in
primavera ed estate è altrettanto rischioso. Con temperature
superiori ai 7° C, infatti, gli pneumatici invernali non sono in
grado di garantire le migliori prestazioni su strada: lo spazio
di arresto aumenta e l’aderenza diminuisce.
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DI
Dirigenti Industria maggio 2014
21
n
otizie da
Tra Renzi e Squinzi
Giorgio Ambrogioni
Presidente Federmanager
Governo e Confindustria, come Scilla e Cariddi, ci stanno impegnando
in una navigazione quanto mai complessa: da come terremo saldo il timone
della nostra politica sindacale e contrattuale dipenderà molto del futuro
di Federmanager e della Categoria che rappresentiamo.
s
cilla, ovvero la politica ha cambiato passo. Non sapeducation. Abbiamo confermato la nostra disponibilità ad impiamo ancora quanto nella forma e quanto nella sopegnare i nostri seniores come tutor a favore dei giovani per
stanza ma è fuor di dubbio che siamo di fronte ad
orientarli sul mercato del lavoro.
una situazione nuova, da leggere ed interpretare con
Lo abbiamo sollecitato, incontrando i suoi più stretti colgli “occhiali” giusti.
laboratori, a realizzare una incisiva revisione della spesa
Siamo chiamati ad operare in un quadro socio-politico che sta
pubblica, ad introdurre una ferrea politica di costi stanrompendo equilibri storici e di potere che tanti danni hanno
dard per contrastare il cancro del malcostume e della corfatto al Paese, impaludandolo o ingessandolo, che chiama tutruzione, ad aggredire evasione ed elusione fiscale, a fare
ti noi a riconsiderare prassi e metodi operativi.
tutto ciò sfuggendo ai rischi di approcci demagogici e/o
Abbiamo un Presidente del Conispirati da logiche iniquamente
siglio che ha dichiarato chiusa
redistributive.
l’epoca della concertazione (era
Ed è per questo che mentre abora!) riservata a pochi intimi, ma
biamo condiviso la scelta di ridurche disconosce (e questo non va
re il cuneo fiscale a vantaggio dei
bene!) anche il valore del dialogo
lavoratori a minor reddito, abbiasociale, di un ascolto utile a racmo ritenuto di contrastare fermacogliere il pensiero dei corpi somente la proposta Cottarelli sulle
ciali intermedi, soggetti che pospensioni: proposta inaccettabile
sono svolgere un ruolo prezioso
perché tesa ad incidere ancora
per accompagnare quel processo
una volta su onesti cittadini, tropdi modernizzazione di cui il Paese
pe volte chiamati a contribuire
ha grande bisogno. Noi per primi
alla cosiddetta solidarietà sociale.
tra questi.
Ci piace l’energia che Renzi mette
Abbiamo un Governo che vuole
nella sua azione di governo, ci è
dimostrare progettualità e, sosimpatica la sua voglia di rinnoprattutto, capacità attuativa e
vamento diffuso, ci convincono
questo non può che andare bene
assai meno alcune sue generalizper ridare credibilità alla politica,
zazioni sulle responsabilità delle
per spingere avanti quelle riforclassi dirigenti, certi suoi giudizi
me istituzionali ed economiche
sommari.
senza le quali il Sistema Italia difCondividiamo il suo richiamo alla
ficilmente ripartirà, ma occorre
sobrietà retributiva ma la soluzioevitare i rischi di un approccio
ne sta nella effettiva misurazione
“giovanilistico”, un po’ troppo cor- Scilla e Cariddi. Dipinto di Johann Heinrich Füssli.
del merito, della responsabilità,
saro, disinvolto, per alcuni versi Olio su tela, cm 126x101. Kunsthaus Aarau.
nel rischio insito nella posizione
superficiale.
ricoperta, nei risultati di medio
Appena insediato abbiamo scritto a Renzi, gli abbiamo detto
lungo periodo: sta nella assoluta indipendenza dei comitati di
che siamo una Categoria che fa del cambiamento una regola
remunerazione.
di vita, è parte del suo dna; quindi, non solo il cambiamenLo abbiamo invitato a distinguere tra la situazione dei colto non ci spaventa ma siamo pronti a dare il nostro contributo
leghi che rappresentiamo e quella di pochi top manager
su mercato del lavoro, politiche industriali e settoriali, riforma
con ruoli di capo azienda.
fiscale, managerializzazione delle PMI, ricerca, innovazione ed
E veniamo a Cariddi, cioè a Confindustria e al rinnovo con-
22
DI
Dirigenti Industria maggio 2014
n
otizie da
trattuale. Stiamo nelle aziende, siamo le aziende: sappiamo
bene quanto la situazione, pur con qualche segnale di miglioramento, resti difficile. Ma un rinnovo contrattuale, un buon
rinnovo contrattuale è possibile: occorrono senso di responsabilità, visione, rispetto. Da entrambe le Parti e senza tatticismi.
Il contratto è scaduto da tre mesi, in questo arco temporale le
delegazioni negoziali hanno compiuto una ricognizione puntuale delle questioni, si è cercato di analizzare quanto ha funzionato e quanto no; ciascuna Parte ha espresso le proprie valutazioni e le ha messe sul tavolo. Ora si sta entrando nella fase
che ci consentirà di capire quale sia la reale volontà di Confindustria al di là dei riti negoziali. Una fase che farà emergere se
ci sono le condizioni per un rinnovo contrattuale che rispetti
e valorizzi il ruolo manageriale, che riconosca l’apporto che la
Categoria ha dato e sta dando al sistema delle imprese.
Le imprese che meglio hanno retto all’urto terribile di
questa crisi infinita sono quelle dove ruolo imprenditoriale e ruolo manageriale si sono integrati e completati.
Vorremmo che gli imprenditori se ne facessero interpreti
verso i loro collaboratori che compongono la delegazione
imprenditoriale. Lo ribadisco: un buon rinnovo contrattuale è possibile ma deve essere chiaro a tutti che un rinnovo
a qualsiasi condizione non è nella nostra agenda e questo
è stato ben chiarito al Vertice politico di Confindustria.
Rinnovare il contratto come abbiamo fatto con Confapi
e come ci stiamo approssimando a fare con il gruppo FIAT
significherebbe dare un segnale positivo al Paese ed auspichiamo questo convinti che il nostro contratto è ancora lo
strumento migliore per “cogestire” la risorsa dirigenziale e
che ci sono le soluzioni per dare risposte mirate e flessibili alle crescenti diversità aziendali (piccole imprese, grandi
gruppi, multinazionali etc).
Tre incontri di Delegazioni tra il 9 aprile e l’8 maggio ci
consentiranno di capire il sentimento e la posizione di
Confindustria riguardo a tutto questo e, soprattutto, ci
consentirà di fare il punto con la Categoria: sono state pianificate due Assemblee territoriali (19 e 20 maggio rispettivamente a Milano e Roma) per riferire, ascoltare e riflettere assieme alla luce della situazione in essere.
Dovranno essere momenti di vera partecipazione e democrazia associativa, momenti per dare un segnale forte di unità e
coesione, per ribadire che alla base della nostra azione di rappresentanza c’è innanzitutto la valorizzazione del ruolo categoriale, il lavoro dirigenziale, la crescita, la competitività e la
managerializzazione delle imprese.
Noi crediamo nella bilateralità e nella partnership, anche
il Vertice politico di Confindustria ci crede ed allora rimuoviamo assieme gli ostacoli.
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e
CONOMIA
Fiscal Compact
“Tributo di sangue” o salvezza
per l’Italia e l’Europa?
Giuseppe Mazzoni *
Consulente finanziario per il gruppo Deutsche Bank
[email protected]
d
i “Fiscal Compact” se ne è
parlato nel 2011-2012, al
momento dell’approvazione, ed ora qualche politico
torna sull’argomento in occasione della
campagna per le elezioni del Parlamento Europeo del 25 maggio 2014.
Ma cos’è veramente il Fiscal Compact?
Cosa implica per tutti noi? È un “Tributo
di Sangue”, come qualcuno lo definisce,
o la salvezza per l’Italia e l’Europa?
Innanzitutto è necessario fare un po’ chiarezza. Nonostante l’Europa abbia vissuto,
dal 2008 ad oggi, la più pesante crisi economica dal 1929, l’euro rimane una moneta che continua a godere fiducia. Altri
tre Paesi hanno deciso di adottare l’euro
dopo il 2009 e sono 23 i Paesi in Europa
che hanno adottato l’euro o una moneta
avente un cambio fisso con l’euro1.
Ma perché si è deciso di firmare un nuovo trattato più stringente del “Patto di
Stabilità e Crescita” annesso al Trattato
di Maastricht?
È utile a questo proposito analizzare la
storia del debito pubblico su un arco di
tempo sufficientemente lungo, ad esempio il caso della Germania negli ultimi
150 anni, per notare che il livello di debito pubblico raggiunto negli anni 19952000 era stato raggiunto in precedenza
solo a causa delle due guerre mondiali. Il
debito accumulato in seguito alla prima
e seconda guerra mondiale fu eliminato
a costo di immani sofferenze: nel 1923
tramite l’iperinflazione che annientò totalmente i risparmi accumulati in diverse generazioni, distruggendo anche un
capitale sociale e politico ed aprendo la
24
DI
strada alla dittatura e di nuovo nel 1948
con la riforma monetaria. Verso il 19992000 cominciò quindi in Germania a farsi strada il terrore di rivivere esperienze
simili a quelle del 1923 e del 1948.
SVIZZERA 2001:
“Schuldenbremse” cioè il
“Freno all’indebitamento”
La Svizzera negli anni ’90 ha visto aumentare il proprio debito pubblico dal 18%
al 27% del PIL ed è stato il primo Paese
ad affrontare il problema e risolverlo in
modo radicale.
Eveline Widmer-Schlumpf, Capo del Dipartimento federale svizzero delle finanze aveva ben descritto la situazione: “Il
principio secondo cui la Confederazione
deve equilibrare a lungo termine uscite
ed entrate è già contemplato nella Costituzione, ma non rispettato. Un fenomeno
ricorrente in politica: non appena si presenta una difficoltà sorgono mille motivi e
interessi per scostarsene”.
Venne così indetto il 2 dicembre 2001
un referendum che approvò con l’85%
di voti favorevoli il “Freno all’indebitamento”, che introdusse in modo vincolante il principio di pareggio di bilancio.
(8,2%) e 5 milioni nel 2003 (9,3 %)3. Molti
giovani e meno giovani erano costretti
ad emigrare, il debito pubblico superò il
60% del PIL.
Negli anni seguenti, vennero implementate le riforme “Hartz” (da Peter Hartz,
ex responsabile delle risorse umane del
gruppo Volkswagen AG), che resero flessibili le normative sul lavoro in Germania
e modificarono il sistema di sussidi alla
disoccupazione, rendendoli meno garantisti.
Dal 2006 la situazione in Germania
cambia radicalmente e l’economia riprende a crescere (2007: PIL +2,5%),
la disoccupazione è in discesa (2008:
3,3 milioni di disoccupati = 7,8%)4, ma
il debito pubblico rimane sopra l’80%
del PIL.
Per ovviare al problema dell’enorme debito pubblico viene modificata la Costituzione e il 1 agosto 2009 entra in vigore
il Freno all’indebitamento, su modello
svizzero, che prevede:
periodo transitorio fino al 2016;
pareggio di bilancio (definito
come deficit = 0,35% del PIL, con
possibilità di sforare il limite nel caso
si verifichino catastrofi e recessioni;
rapporto debito/PIL da ridurre
gradualmente al 60%.
l
l
l
Nel 2003 “il malato
La crisi del 2008
d’Europa” era la Germania investe l’Area Euro
All’inizio degli anni 2000 la Germania era
angosciata dalla difficoltà di competere
con la Cina: la crescita economica era
stagnante (PIL 2002: +0,2%; PIL 2003:
–0,1%)2, la disoccupazione crescente,
con 4 milioni di disoccupati nel 2002
Dirigenti Industria maggio 2014
Dopo il fallimento di Lehman Brothers
nel settembre 2008, che scatena la più
grave crisi finanziaria globale dal 1929,
crolla la fiducia nei Paesi che non hanno
implementato le riforme necessarie, in
particolare perde fiducia la Grecia, quan-
e
do si viene a sapere che erano falsi i suoi
dati per aderire all’Area Euro. Come conseguenza i tassi d’interesse sui Titoli di
Stato a 10 anni dei Paesi dell’Eurozona,
che con l’introduzione dell’euro si erano
abbassati al livello dei Paesi più affidabili, tornano ai livelli di metà anni ‘90.
La Grecia non essendo più in grado di
finanziarsi autonomamente è costretta
a chiedere prestiti bilaterali a tassi agevolati agli altri Paesi europei. In pratica
gli investitori di tutto il mondo non credono più che i Paesi “periferici” dell’Area
Euro siano in grado di realizzare politiche analoghe a quelle dei Paesi “virtuosi”
ed ipotizzano la dissoluzione dell’euro,
chiedendo un forte premio (in termini
di tassi d’interesse) a fronte del rischio di
svalutazione.
La BCE agisce come “vigile del fuoco”,
acquistando Titoli di Stato che pochi investitori privati sono ancora disposti a
comprare. Per contro la BCE chiede ai governi di impegnarsi radicalmente ad affrontare le cause della sfiducia. I governi
dei Paesi “virtuosi”, chiedono un sistema
di regole ed interventi che assicurino il
rispetto dei limiti previsti dal Trattato di
Maastricht, minacciando pesantemente
la stabilità dell’Eurozona. Nasce così la
proposta del “Fiscal Compact” sul modello svizzero e tedesco.
Italia: una minaccia
permanente alla stabilità
dell’Eurozona?
L’entrata dell’Italia nell’Eurozona era
stata osteggiata da diversi Paesi che
non credevano nella volontà e capacità
di ridurre il rapporto debito/PIL al 60%
in tempi brevi. Nonostante il beneficio
DI
conomia
della riduzione degli interessi sul debito,
l’Italia aumenta il rapporto debito/PIL
dal 108,3% del 2001 al 127% del 2012;
mentre nell’area Euro (di 17 Paesi), si
passa dal 68,2% al 90,6%5.
L’Italia, il cui debito pubblico in valore
assoluto (2012: 1990 miliardi di euro)
è al secondo posto dopo la Germania,
passerà al primo posto dal 2015 e rappresenterà la principale minaccia alla
stabilità di tutta l’Eurozona. Per questo
motivo l’attenzione degli stati e delle
istituzioni europee, continuerà a focalizzarsi sull’Italia, anche perché un Paese
“piccolo” come la Grecia, con un debito
pubblico che rappresenta solo il 3,5%
dell’indebitamento è già stato in grado
di destabilizzare l’area Euro.
Il dibattito sul “trattato sulla stabilità,
sul coordinamento e sulla governance nell’unione economica e monetaria”, soprannominato “Fiscal Compact”,
si apre nel marzo 2011 e si conclude
nell’ottobre 2011 (con il Governo Berlusconi) ed è firmato (dal Governo Monti) il 2 marzo 2012 da 25 stati su 27, in
quanto il Regno Unito e la Repubblica
Ceca decidono di non aderire. L’attuale
governo della Repubblica Ceca del Primo Ministro Bohuslav Sobotka, in carica
da fine gennaio 2014, ha dichiarato l’intenzione di voler aderire al Fiscal Com-
Dirigenti Industria maggio 2014
25
e
CONOMIA
pact nella seconda metà del 2014, ed ha
già intrapreso i primi passi in tal senso6.
Il Fiscal Compact è un trattato di diritto
internazionale, che si affianca ai trattati esistenti dell’Unione Europea, senza
modificarli, al fine di evitare il “ricatto” di
alcuni Paesi (in particolare il Regno Unito), dato che ognuno degli Stati aderenti
all’Unione Europea ha diritto di veto in
caso di modifica dei trattati.
Fiscal Compact:
implementazione in Italia
Il 1º gennaio 2013: il Fiscal Compact entra in vigore e diventa vincolante per gli
Stati che l’hanno sottoscritto. Il primo
obbligo riguarda il termine del 1º gennaio 2014 per introdurre la regola del
pareggio di bilancio nella legislazione
nazionale, possibilmente con norma costituzionale.
L’Italia, sotto la pressione esercitata dalla
sfiducia degli investitori, anticipa i tempi
ed approva il 17 aprile 2012 la modifica della Costituzione, introducendo il
principio del pareggio di bilancio con la
Legge Costituzionale del 20 aprile 2012,
n. 1 (12G0064) (GU n. 95 del 23-4-2012).
La legge di attuazione del principio del
pareggio di bilancio è stata approvata
al termine della legislatura (legge 24
dicembre 2012, n. 243, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale del 15 gennaio 2013),
in conformità al dettato della legge costituzionale che ne prevedeva l’approvazione entro il 28 febbraio 2013.
L’Italia ha così introdotto una “svolta storica”, introducendo una ”regola aurea”
nella gestione del proprio bilancio pubblico, con una modifica costituzionale
che sarà difficile da modificare in futuro
essendo necessaria la procedura di modifica costituzionale, con maggioranza
di 2/3 del Parlamento. Inoltre, in caso di
“marcia indietro” romperebbe i vincoli del trattato e attirerebbe un’enorme
pressione politica dei Paesi europei e
degli investitori.
Il Fiscal Compact prevede un “periodo di
grazia” di tre anni dal momento dell’uscita dalla procedura di deficit eccessivo, al
momento dell’applicazione pratica del
trattato.
26
DI
Quindi, dato che Germania e Malta sono
usciti dalla procedura di deficit eccessivo nel 2012, saranno i primi Paesi a
doverlo applicare, a partire dal 2015.
L’Italia, uscita dalla procedura di deficit
eccessivo nel 2013, dovrà applicare il
trattato nel 2016.
Cosa prevede
il Fiscal Compact?
In primo luogo il Fiscal Compact prevede il rispetto delle regole per impedire
l’aumento nominale del debito, con
l’obbligo del perseguimento del pareggio di bilancio (art. 3), che è esplicitato
come “obbligo di non superamento della
soglia di deficit strutturale pari allo 0,5%
del PIL”. I Paesi con debito pubblico inferiore al 60% del PIL possono beneficiare
di maggiore flessibilità nell’applicazione
del Fiscal Compact, ma purtroppo non è
il nostro caso.
In secondo luogo il Fiscal Compact introduce l’obbligo di una significativa riduzione del rapporto debito pubblico/
PIL, al ritmo di un ventesimo (5%) all’anno, dell’eccedenza rispetto al 60% (artt.
3 e 4).
Infine il Fiscal Compact prevede specifiche regole sull’emissione del debito
pubblico, con l’impegno a coordinare
i piani di emissione del debito col Consiglio dell’Unione e con la Commissione
europea (art. 6).
Cosa è stato detto?
“Significa che l’Italia deve ridurre il suo
debito di 40-50 miliardi di euro ogni anno.
Cosa assolutamente impossibile!”.
(Silvio Berlusconi, 18 settembre 2012)
“Il tributo di sangue all’Europa: Grazie al
Fiscal Compact siamo condannati a trovare ogni anno 50 miliardi, tra tasse e tagli, per vent’anni”.
(Beppegrillo.it)
“Pareggio di bilancio per Costituzione: noi
non intendiamo castrarci nei secoli di ogni
possibile politica economica!”.
(Pierluigi Bersani, 7 novembre 2012)
Dirigenti Industria maggio 2014
Differenza tra il trattato
e quanto è stato detto
Il trattato prevede: “la riduzione del
rapporto debito pubblico/PIL”, che
si può ottenere riducendo il debito in
valore assoluto, ma anche aumentando
il PIL.
Una semplice simulazione numerica,
partendo da un indebitamento pari al
120% del PIL, per rispettare l’obbligo del
Fiscal Compact è sufficiente avere:
PIL = 100
debito pubblico = 120
deficit =0
crescita del PIL = +1%
inflazione = 2%
Dopo un anno con zero deficit, il debito
rimarrà a 120, il PIL nominale passerà a
103 e il rapporto debito/PIL si ridurrà a
120/103 ovvero a 116,5%.
Rispetto agli effetti recessivi, che un taglio della spesa pubblica potrebbe comportare, si è riscontrato in alcuni Paesi
un fenomeno contrario. Infatti, a fronte
del raggiungimento del pareggio del
bilancio statale, l’impatto psicologico di
ottimismo sul futuro del Paese avviato
alla sostenibilità del proprio bilancio,
ha spinto una quota consistente di cittadini ad aumentare le spese, in quanto
meno angosciati per il proprio futuro e
dei propri figli, compensando in maniera più che positiva la riduzione di spesa
pubblica e provocando una crescita economica aggiuntiva e quindi un aumento
del PIL.
Infine a fronte di una politica di bilancio “sana” gli investitori, rassicurati dalla
sostenibilità del debito, sono disposti
a investire nel debito pubblico “accontentandosi” di rendimenti inferiori, provocando un calo della spesa statale per
interessi sul debito e innescando così un
processo virtuoso di ulteriore riduzione
di spesa pubblica, proprio come è avvenuto in Germania.
Quindi è bene non fidarsi solo delle affermazioni dei politici e della stampa ed
è consigliabile sviluppare la propria convinzione sulla corretta gestione dei conti
dello Stato, che non è molto diversa dal■
la gestione aziendale e familiare.
e
conomia
Vogliamo fare la cicala o la formica?
Se ci tappiamo le orecchie e gli occhi, evitando le chiacchiere elettorali,
e riflettiamo sull’articolo di Giuseppe Mazzoni, è evidente
che il Paese continua a godere di un tenore di vita superiore
a quel che si può permettere.
Continuando a sperperare le risorse metteremo a rischio il futuro nostro
e soprattutto dei nostri figli che già vivono peggio di noi.
Le famiglie italiane che hanno una tradizione da “formiche”, impegnate
a generare valore e risparmio per prepararsi ai tempi di difficoltà,
non meritano una gestione pubblica da “cicala”, che preferisce rinviare
il problema o far finta che non esiste. Pare quasi che il debito pubblico
sia un problema altrui che non ci riguarda direttamente e personalmente.
Il debito pubblico ha raggiunto il 132,6% del PIL. La classe dirigente
dovrebbe analizzare responsabilmente la crescita dell’indebitamento
che ha superato del 32,6% il PIL di un intero anno e porre le basi
per un rientro dall’esposizione finanziaria che ci costa sempre più
e che rischia di pregiudicare l’affidabilità del Paese.
Credo che se guadagnassimo 100.000 euro e avessimo un mutuo di 130.000 euro,
non ci sarebbe da preoccuparsi, perché il valore dell’immobile compenserebbe il debito, ma se avessimo un debito
di 130.000 euro per spese correnti (ristoranti, viaggi, etc.) dovute ad un tenore di vita superiore al reddito,
saremmo molto preoccupati e provvederemmo subito a ridurre le spese, invece di chiedere altri prestiti.
La dirigenza industriale è doppiamente coinvolta dal Fiscal Compact. In primo luogo perché l’industria, e i servizi ad essa
collegati, contribuiscono in modo determinante alla generazione del PIL italiano. Se aumenta il PIL si riduce il rapporto
indebitamento/PIL, si migliora la fiducia degli investitori e si dispone delle risorse per abbattere il debito.
In secondo luogo perché quando si cercano disperatamente risorse economiche, piuttosto che aumentare l’efficienza
dell’apparato pubblico riducendo le spese improduttive, si finisce sempre per mettere le mani nelle tasche del ceto medio:
aumentando le tasse e riducendo il potere d’acquisto dei redditi e delle pensioni.
Per queste due buone ragioni e per evitare il “default” del Paese, vorrei essere “formica” per tagliare subito i privilegi
e le spese improduttive delle “cicale”, mettendo in atto un piano di lungo termine che assicuri la sostenibilità del sistema,
senza appropriarsi dei risparmi delle “formiche”.
Franco Del Vecchio - Vicepresidente ALDAI
* Consulente finanziario per il
gruppo Deutsche Bank con il fine di
ottimizzare le soluzioni d’investimento
per clienti privati. Giuseppe
Mazzoni ha studiato a Milano e
a Vienna (Wirtschaftsuniversität
Wien) laureandosi in Economia
Internazionale alla Bocconi con una
tesi sulla moneta unica europea.
Ha approfondito politiche, programmi
e diritto europeo con il Master in
European Studies a Bruxelles.
Ha lavorato a Londra e Francoforte
per il gruppo Deloitte come consulente
di strategia e in seguito a Milano al
Gruppo RAS/Allianz alla realizzazione
di progetti innovativi, come la banca
diretta AllianzBank e Genialloyd.
NOTE
1) - L’area Euro oggi è composta da 18 Paesi dell’Unione Europea, più 2 che hanno adottato
un regime di cambio fisso con l’euro (Bulgaria e Lituania), e 2 Paesi al di fuori dell’Unione
Europea che hanno unilateralmente adottato l’euro come moneta ufficiale, il Montenegro
e il Kosovo. La Bosnia Erzegovina ha inoltre adottato un regime di cambio fisso con l’euro.
Quindi in Europa 23 Paesi utilizzano l’euro o una moneta con cambio fisso con l’euro.
Inoltre la Danimarca che è parte dello SME 2 mantiene una banda di oscillazione del
±2,25% con l’euro, mentre la Svizzera ha fissato unilateralmente dal 6 settembre 2011 la
quota minima di cambio di 1,20 del franco svizzero contro l’euro. Vi sono poi 4 microstati,
ossia la Città del Vaticano, il Principato di Monaco, San Marino e il principato di Andorra
che utilizzano l’euro. Infine altri territori e Paesi utilizzano l’euro o una moneta con
rapporto fisso di cambio, in particolare nei Caraibi e in Africa (franco CFA).
2) - Fonte DIW Berlin, 29 april 2004.
3) - Fonte: Bundesagentur für Arbeit - Arbeitsmarkt in Deutschland - Zeitreihen bis 2009
4) - Fonte: Bundesagentur für Arbeit - Arbeitsmarkt in Deutschland - Zeitreihen bis 2009
5) - Fonte: Eurostat
6) - Vedi: http://www.vlada.cz/en/media-centrum/aktualne/the-government-commenceddiscussions-on-the-fiscal-compact-116625/tmplid-81/
DI
Dirigenti Industria maggio 2014
27
e
CONOMIA
Verso Europa 2020
Gianluca Coppola
Direttore Generale e Responsabile Progetti Comunitari Eurocreamerchant
Con la pubblicazione di questo contributo che il dott. Gianluca Coppola ci ha
gentilmente fornito su nostra richiesta, vogliamo mantenere viva l’attenzione
dei dirigenti industriali sulla grande opportunità che hanno le aziende italiane
e in generale il nostro Paese di avere disponibili significative risorse finanziarie
finalizzate alla crescita economica ed alla competitività.
Un utilizzo, un buon utilizzo, di tutte le risorse che l’Unione Europea mette
a disposizione con la Programmazione 2014-2020, deve essere un impegno
costante di tutti gli operatori economici che hanno la responsabilità
di contribuire alla crescita della nostra economia.
Il programma Horizon 2020 è già stato in parte trattato in questa rivista nel
numero di febbraio 2014. Coppola completa il quadro con gli altri due programmi
(Erasmus+ e COSME) e soprattutto pone l’accenno (e noi con lui) sullo scarso
utilizzo, da parte dell’Italia, delle risorse finanziarie avute a disposizione
per il periodo 2007-2013. Situazione inaccettabile e che gli operatori economici
e istituzionali devono evitare si ripeta da qui al 2020.
Si devono eliminare le deficienze che Coppola lucidamente evidenzia.
Noi continueremo a vigilare e a pungolare aziende e istituzioni in tale direzione.
Ringraziamo ancora Gianluca Coppola per il prezioso contributo.
Gruppo di Lavoro ALDAI “Dirigenti per l’Europa”
Europa 2020
Europa 2020 è la strategia per la crescita
sviluppata dall’Unione Europea, che si
propone di diventare – entro il 2020 –
un’economia intelligente, sostenibile e
solidale. Queste tre priorità, che si rafforzano a vicenda, intendono aiutare l’UE
e gli Stati membri a conseguire elevati
livelli di occupazione, produttività e coesione sociale.
L’Unione si è posta cinque ambiziosi
obiettivi – in materia di occupazione,
innovazione, istruzione, integrazione sociale e clima/energia – da raggiungere
entro il 2020 ed ogni Stato membro ha
adottato per ciascuno di questi settori i
propri obiettivi nazionali.
La strategia comporta anche sette iniziative prioritarie che tracciano un quadro entro cui UE e governi nazionali si
sostengono reciprocamente per realizzare le priorità di Europa 2020 e in particolare:
per raggiungere una Crescita
intelligente:
l
28
DI
1) Agenda digitale europea;
2) Unione dell’innovazione;
3) Youth on the move;
per una Crescita sostenibile:
4) Europa efficiente per le risorse;
5) Politica industriale per
la globalizzazione;
per una Crescita solidale:
6) Agenda per nuove competenze
e nuovi lavori;
7) Piattaforma europea contro
la povertà.
l
l
La nuova Programmazione
Finanziaria 2014-2020
Per rilanciare concretamente l’economia
dell’UE nel prossimo decennio, in linea
con Europa 2020, si è aperto, a gennaio
2014, il nuovo periodo di programmazione 2014-2020, dopo che, a novembre 2013, il Parlamento europeo aveva
approvato la nuova Programmazione
Finanziaria che ne stabilisce il budget.
Si tratta di un’occasione storica e forse
Dirigenti Industria maggio 2014
l’ultima, soprattutto per l’Italia, che nella programmazione precedente non ha
sfruttato adeguatamente le possibilità
di finanziamento europeo e si è anzi dimostrata il terz’ultimo Paese europeo in
quanto a uso dei fondi indiretti.
Nel 2007-2013, l’Italia ha avuto a disposizione poco più di 21 mld € in fondi
strutturali per lo sviluppo economico,
di cui meno della metà (45,68%) è stato
utilizzato. Secondo il Comitato delle Regioni il principale scoglio è la burocrazia
unita alla scarsità, nelle Regioni italiane,
di professionisti in grado di valorizzare i
progetti europei finanziati. E questo dato è estremamente rilevante dato che i fondi strutturali richiedono
l’interfaccia soprattutto delle Regioni,
per l’erogazione e l’utilizzo dei finanziamenti stessi. A fine 2011, le Regioni
avevano speso solo il 18% dei fondi UE
disponibili, soprattutto a causa di: burocrazia, preferenza data a grossi progetti
(sopra 50 mln €) sui piccoli (complicando
l’erogazione dei fondi) e patto di stabilità, che ostacola gli enti locali a spende-
e
conomia
re i soldi che avrebbero a disposizione.
Anche nell’uso dei fondi diretti l’Italia
ha sfruttato solo una minima parte di
quanto a disposizione (circa 30%) e le
cause sono sempre da identificare nella
scarsità di professionisti competenti, nel
basso livello di informazione e formazione degli enti che possono accedere ai finanziamenti, alla scarsa capacità di fare
sistema e sfruttare, in modo strutturato,
metodico ed in un’ottica di rete e di lungo periodo, le competenze e le altissime
potenzialità del proprio capitale umano.
Quali prospettive?
I nuovi bandi
La formazione dei professionisti, unita
alla valorizzazione delle competenze
e del know-how esistenti sono i fattori
chiave per invertire la rotta per il nuovo settennato. La meritocrazia, per le
proposte progettuali di valore, è un parametro che gli enti italiani dovrebbero
tenere ben presente come opportunità
da non sprecare. Anche per riuscire a
spendere il consistente capitale ancora
non allocato ed evitare di vedersi togliere le risorse alle quali abbiamo diritto
per convogliarle verso altri Paesi più virtuosi ed oculati nella spesa e negli investimenti.
Alla luce di questo quadro è il momento per le aziende italiane di guardare in
modo propositivo al nuovo settennato
di programmazione. Tra le varie opportunità offerte, segnalate dalle fonti informative ufficiali della Commissione Europea (e filtrate attraverso molteplici canali, tra cui il sito iniziativa del Dipartimento Politiche Europee della Presidenza del
Consiglio dei Ministri, in collaborazione
con l’EIPA), meritano di nota i seguenti
programmi:
HORIZON 2020
http://ec.europa.eu/programmes/
horizon2020/
È il più grande programma per la ricerca
e l’innovazione mai lanciato in Europa
con un budget totale di 70,2 mld € (15
mld € per i primi due anni). L’obiettivo
generale del programma è costruire
un’economia basata sulle conoscenze e
sull’innovazione, favorendo allo stesso
tempo lo sviluppo sostenibile.
Il programma è strutturato attorno a tre
priorità strategiche:
1. Eccellenza scientifica.
Con un budget di 27,8 mld €, orientato ad accrescere l’eccellenza delle
conoscenze scientifiche dell’UE per
assicurare la competitività dell’Europa a lungo termine.
2. Leadership industriale.
Con un budget di 20,2 mld €, intende
fare dell’Europa un luogo più attraente per investire in ricerca e innovazione. Vi rientra lo strumento specifico
dedicato alle PMI (vedi sito), che permette per la prima volta alle imprese
di accedere ai finanziamenti in modo
diretto.
3. Sfide per la società.
Con un budget di 35,8 mld €, affronta
direttamente le priorità politiche e le
sfide sociali identificate nella strategia Europa 2020.
Erasmus+
http://ec.europa.eu/programmes/
erasmus-plus/index_en.htm
È il programma che mira a stimolare la
formazione professionale, lo scambio interculturale, l’educazione e lo sport, con
un budget totale di 14 mld €. L’obiettivo
generale del programma è contribuire al
conseguimento degli obiettivi stabiliti
da Europa 2020 in materia di istruzione,
cooperazione europea nell’istruzione e
formazione (ET2020) e gioventù.
DI
Si declina in tre azioni chiave:
1. mobilità individuale ai fini
dell’apprendimento;
2. cooperazione per l’innovazione
e lo scambio di buone pratiche;
3. sostegno alle riforme delle politiche.
COSME
http://ec.europa.eu/enterprise/
initiatives/cosme/
È il programma che consentirà alle PMI
europee di accedere a 2,3 mld € di prestiti targati UE nei prossimi anni, garantendo accesso agevolato e un fondo di
garanzia fino a 150.000 €.
Tra gli obiettivi generali:
a)rafforzare la competitività e la sostenibilità delle imprese dell’UE, in particolare le PMI;
b)promuovere una cultura imprenditoriale e la creazione e la crescita delle
PMI.
Tra le azioni previste:
1. azioni per migliorare l’accesso
delle PMI ai finanziamenti;
2. azioni per migliorare l’accesso
ai mercati;
3. Rete Enterprise Europe;
4. azioni per migliorare le condizioni
quadro per la competitività
e la sostenibilità delle imprese UE,
in particolare PMI;
5. azioni per promuovere
l’imprenditorialità. ■
Fonte: www.ec.europa.eu
Dirigenti Industria maggio 2014
29
e
CONOMIA
L’epoca della longevità*
Stefania Bandini
Università di Milano Bicocca
Ludovico Ciferri
International University of Japan (Niigata)
l’
...Diversi studi, fra
cui quelli presentati
nel 2002 dalla “World
Assembly on Ageing”
delle Nazioni Unite, ci
confermano che si tratta
di un mutamento senza
precedenti nella storia
dell’uomo, pervasivo
nelle società avanzate,
ma soprattutto incalzante
nei Paesi emergenti
o in forte sviluppo...
30
DI
Italia è per longevità il secondo Paese al mondo, subito
dopo il Giappone. Gli altri Paesi della sfera dello “sviluppo
avanzato” sono a ruota, con l’Italia che fa
da battistrada a livello europeo.
Gli scenari demografici che illustrano
questo fenomeno, inedito nella storia
dell’intera umanità, sono chiari. Meno lo
sono le sue conseguenze, sistemiche e
complesse, nonché gli effetti collaterali
che ne potranno derivare. Mai era infatti successo che nell’evoluzione naturale
della specie umana diventasse maggioranza un gruppo, sempre meno incline a
procreare e prono invece a invecchiare. Il
che ci pone di fronte a un’avventura unica e imprevedibile, perché non vivranno
più a lungo solo gli individui (longevità)
ma le intere società.
L’influenza di questa rivoluzione, che
potrebbe fare della Terra, usando una
metafora forte, “una gigantesca casa di
riposo che gira nell’universo”, si avverte
già...
La longevità non è d’altro canto una novità, bensì momento in un continuo che
fra picchi e rallentamenti non ha mai visto un flesso.
La principale conseguenza di questa
longevità, un repentino allungarsi (di
30/50 anni) nella durata della vita, è l’invecchiamento della popolazione. Il termine “invecchiamento” si riferisce a due
fattori specifici. Uno biologico: la naturale decadenza fisica che fa dell’uomo ciò
che esso è, nella sua caducità e finitezza.
Uno socio-economico: la sua capacità
produttiva e il suo inserimento utile/gratificante nell’ambiente in cui esso consuma la sua esistenza.
La somma di questi due fattori porta a
popolazioni in cui per la prima volta il
Dirigenti Industria maggio 2014
numero delle persone anziane (categoria arbitrariamente fissata a partire da
un intorno dei 65 anni) sarà superiore a
quello dei bambini (convenzionalmente
considerandoli tali sino a circa 15 anni).
Società che per questo vengono definite
“anziane”, secondo un modello esistenziale crono-temporale ormai superato.
Non solo la vita media è più lunga, sono
le fasi stesse della vita di ognuno a non
esser più le stesse. Basti pensare al ciclo
formativo del giovane che oggi si chiude
sopra i vent’anni, quando cento anni fa
arrivava a coprire a malapena l’obbligo
scolastico. O a quello riproduttivo, che
ha spinto le soglie di una fertilità sicura
a un numero di anni più che doppio rispetto a inizio secolo scorso.
In termini più numerici, i processi demografici che influenzano l’indice d’invecchiamento sono riconducibili a fattori
misurabili: incremento della popolazione in età anziana; riduzione di quella
in età giovane; aumento della lunghezza della vita media; diminuzione della
fecondità e quindi della sostituzione
generazionale. Fattori su cui è possibile fare previsioni abbastanza accurate
perché le persone che saranno anziane
nel 2050 sono infatti già nate ed è dunque possibile fissarne una consistenza
numerica su cui fare proiezioni. Evitando tuttavia di ripetere l’errore compiuto
sinora: di farsi trovare impreparati, come
se un fenomeno ampiamente previsto
fosse improvvisamente diventato imprevedibile.
Diversi studi, fra cui quelli presentati nel
2002 dalla “World Assembly on Ageing”
delle Nazioni Unite, ci confermano che
si tratta di un mutamento senza precedenti nella storia dell’uomo, pervasivo
nelle società avanzate, ma soprattutto
incalzante nei Paesi emergenti o in forte
sviluppo (ad esempio, Cina). Destinato
a essere duraturo in termini di sua pro-
e
pagazione negli anni futuri, e profondo
riguardo alle sue implicazioni sociali,
economiche e politiche, è qualcosa cui
dobbiamo guardare con occhio attento,
preparandoci a viverlo in modo nuovo
e positivo. Una sfida complessa, che richiede il concorso di tutti.
Benessere
ed energia produttiva
La longevità, se viene unicamente associata alle conseguenze socio-economiche del processo d’invecchiamento,
assume un significato negativo, ma in
sé rappresenta invece il risultato di positivi cambiamenti sociali, economici,
sanitari e culturali che hanno realizzato
condizioni favorevoli ad una più lunga vita delle singole persone e quindi
all’aumento del numero degli anziani.
È l’aumento del benessere, inteso come
condizione che coinvolge tutti gli aspetti dell’essere umano e in stretta relazione con il contesto esistenziale. Qualcosa
di cui dovremmo essere sempre fieri,
bastando guardare al fatto che a metà
secolo scorso l’aspettativa di vita della
donna era intorno ai quarantacinque
anni mentre oggi supera gli ottanta!
Il ruolo del benessere (alimentazione,
habitat, cure, tecnologia) nella crescita
del fenomeno della longevità gioca un
ruolo principale. Il sistema socio-economico che le ultime generazioni hanno
adottato come modello di crescita si
basa su un arco esistenziale degli individui regolato dal tempo assoluto, “calendarizzato” sulle tappe della produttività di beni e sul loro consumo, in uno
scenario interpretativo dell’esistenza
regolata da valori essi stessi “calendarizzati”: un’infanzia felice, un’adolescenza
protetta, una vita familiare serena, una
vecchiaia dignitosa.
Tutto questo distribuito su un metro
temporale discretizzato su valori che
vanno da 0 a 75 anni, corrispondente in
pieno a un’ideale curva energetica umana che ne vede l’apice in un intorno di
valori corrispondenti all’intervallo 25/60
anni. Il limite dei 60 anni, qui come
esempio, corrisponde al momento in cui
il ritiro dalla vita produttiva (il pensio-
namento) rappresenta lo scivolo verso
quella parte dell’esistenza in cui il fattore
biologico chiama il suo saldo.
Ad oggi, nessuno si identifica più in
questo modello e questi numeri (25, 60,
75) appartengono ad un altro tempo e
ad altri sistemi socio-produttivi (epoca
strettamente industriale). Oggi la curva
energetica che caratterizza l’esistenza
delle persone nel tempo assoluto ha un
suo “calendario” completamente sfasato
rispetto a quello precedente: 25 non è la
tappa in cui un giovane inizia ad essere
produttivo; 60 non è il momento di un
meritato riposo; un decesso a 75 viene
percepito come un’eccezione. I sistemi
che regolano le economie dei Paesi che
vivono questo scenario possono continuare a martellare i calendari: la longevità non fa i conti, ma si manifesta in tutta
la sua maestosa irruenza in una società
che ha gli orologi inceppati.
Sistema valoriale
Il sistema valoriale, che è integrato in
questo complesso scenario, a sua volta
sta maturando un sistema regolatorio
autonomo: il termine inglese “ageism”
ben rappresenta l’insieme dei luoghi comuni e dei pregiudizi che accompagnano il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione sul calendario 0-25-6075 anni. Si tratta della percezione della
longevità in termini della sua manifestazione secondo il modello “scorso”, che si
esprime in tutta la sua obsolescenza e
che alimenta uno scontro generazionale
già in atto ma destinato ad acuirsi se non
affrontato per tempo. Il prolungamento
dell’aspettativa di vita e la possibilità di
raggiungere un’età avanzata in condizioni di salute accettabili o addirittura
perfette è l’occasione per navigare riflessioni più articolate rispetto all’usuale e
limitata categorizzazione della popolazione giovane, adulta e anziana. Il tutto
avendo presente il bradisismo in atto
verso la società della conoscenza che, ri-
conomia
disegnando ruoli e funzioni, ci consegna
giorno dopo giorno saldi occupazionali
negativi.
Due sono gli ambiti valoriali su cui lanciare la riflessione: uno tradizionale e un
altro “dirompente”. Sul fronte tradizionale, alle classiche considerazioni sui valori
dell’età anziana (saggezza, memoria storica, tolleranza, capacità di mediazione)
vanno aggiunte le nuove forme di energia che possono sprigionarsi in un lasso
temporale che comunque ormai può
raggiungere qualche decennio.
La rimessa in circolazione di esperienze
e di abilità, ad oggi escluse dal sistema
produttivo ed educativo, rappresentano un patrimonio silente che esorta al
ridisegno di sistemi di convivenza più
idonei alla frammistione generazionale,
insieme a scenari coabitativi e cofunzionali mai esplorati.
Sul lato della “dirompenza” la longevità
crea il pretesto di una riconfigurazione
totale dell’habitat umano, dove le tecnologie assumono un ruolo totalmente
nuovo. Se pensiamo alle tecnologie dei
trasporti, delle telecomunicazioni, dei
nuovi materiali, delle forme abitative,
fino a quelle farmaceutiche, terapeutiche e alimentari, la longevità polarizza
la direzione della ricerca e dello sviluppo
verso l’ampliamento della convivenza
sociale.
Rendere palesi bisogni e stati di fatto
crea nuove opportunità di mercato che
travalicano i confini nazionali ed offrono
modelli di sviluppo aderenti al bisogno
di realtà sostenibili. La robotica, la domotica, le scienze dei servizi e l’integrazione telematica di dati e conoscenze disegneranno la nostra vita in un sistema
urbano e abitativo nuovo, permettendo
una fruizione attiva della vita sociale e
la condivisone di sistemi produttivi (e
quindi economici) di nuova concezione.
Rivoluzione valoriale? Probabilmente
sì, e non sarà silenziosa. Ma l’epoca della longevità bussa già alla nostra porta.
Diamogli senso, con un nuovo modello
esistenziale. ■
* Articolo già apparso sul catalogo on-line della mostra/evento “Longevicity”
curata da Vitalba Paesano.
DI
Dirigenti Industria maggio 2014
31
e
CONOMIA
Mobility Conference 2014
“Far volare Milano”
Mario Giambone
Componente GdL ALDAI Dirigenti per l’Europa
i
Da sinistra: Rosario Bifulco, Giorgio Squinzi, Maurizio Lupi e Gianfelice Rocca.
l titolo è lo slogan che ha sostanzialmente animato e sostenuto l’undicesima edizione della
“Mobility Conference 2014 MCE”,
evento che ha raccolto una folta partecipazione non solo di addetti ai lavori.
Il Convegno è stato promosso da Assolombarda e Camera di Commercio con
la collaborazione di Ferrovie Italiane,
Sea, Trenord e Unicredit, con il Patronato
di Regione Lombardia e il Patrocinio del
Comune di Milano, della Commissione
Europea e di EXPO 2015.
L’evento è stato preceduto dal saluto del
Sindaco di Milano Giuliano Pisapia, cui
è seguita la relazione introduttiva del
Presidente Assolombarda Gianfelice
Rocca.
Per affrontare e sviluppare le tematiche
sono stati invitati a discuterne: Mauro
Moretti A.D. Ferrovie dello Stato;
Francesco Bettoni Presidente Brebemi;
32
DI
Alberto Quadrio Curzio Economista;
Andrea Tinagli Capo Divisione BEI Banca Europea Investimenti. Le conclusioni
sono state affidate al Ministro Maurizio
Lupi ed al Presidente Confindustria
Giorgio Squinzi.
Innanzitutto perché Smart City? Non è
solo un auspicio, ma una risposta: infatti con essa si vuole indicare un modello
urbano in cui, grazie a tecnologie digitali
ed infrastrutture moderne ed efficienti,
la qualità della vita dei cittadini migliori e l’impatto ambientale delle attività
umane si riduca, in sintesi: “Città intelligente”. Questo traguardo cui tendere
non può naturalmente essere frutto di
un’unica iniziativa. L’obiettivo strategico è quello di arrivare ad individuare
un modello “orizzontale” e unico di riferimento – di livello metropolitano – verso
cui far convergere gli investimenti e gli
obiettivi, al fine di ottenere integrazione
e cooperazione delle iniziative. Mirare alla
valorizzazione delle economie di scala
ottenibili dal riutilizzo ed integrazione di
Dirigenti Industria maggio 2014
infrastrutture tecnologiche presenti sul
territorio, da far implementare poi con
il contributo di quelle da sviluppare in
vista di Expo 2015.
Questo l’incipit con cui è stato introdotto
l’insieme degli argomenti da affrontare e
che costituiscono il complesso obiettivo
da perseguire. Da tenere presente che
la competizione globale sarà sempre
più fra grandi aree metropolitane che si
allargano e si espandono componendo
una grande area regionale al cui interno operano i settori manifatturiero e
terziario, l’università e i centri di ricerca,
la cultura e il sociale. La “città metropolitana“, infatti, va anche intesa come un
polo nodale al quale non far mancare le
possibilità di aprirsi al di fuori dei suoi
confini a collegarsi e proiettandosi con
il mondo intero.
Per realizzare questi progetti non si può
fare a meno di contare sull’insieme di efficaci precondizioni: in primis un’Amministrazione efficiente e progredita, percorsi condivisi con le autorità politiche
e amministrative, una “cabina di regia”
intesa come punto di osservazione composto da indicatori utili per monitorare
un’assidua comparazione tra La Grande
Area Metropolitana ed i competitor in
Europa e nel mondo.
Da non tralasciare poi la realtà nazionale dei mezzi di trasporto, non solo quelli
di superficie, considerando l’insieme del
“sistema di mobilità“: viario, ferroviario
ed aereo. Il raffronto, infatti, con altre capitali europee, evidenzia alcune interessanti differenze che non hanno solo una
valenza statistica, ma vanno considerate
come indicatori essenziali.
Eccone alcune: in tema di mobilità cittadina la velocità media urbana di Milano è di 19 chilometri ora, contro i 23
di Monaco di Baviera e i 28 di Amburgo. La nostra rete ferroviaria urbana ha
un’estensione significativamente infe-
e
riore a quella di Monaco di Baviera, divario che non può giustificarsi solo con
la differente estensione territoriale (310
km2 rispetto a 184). Anche le incidenze
pro-quote sono evidenti, ad esempio il
numero di stazioni sulla rete pubblica è
di 0,07 per mille abitanti a Milano, contro i 0,17 di Monaco di Baviera.
Il raffronto poi con le autostrade peggiora la situazione, sia in termini di chilometri disponibili sia per quanto concerne
le congestioni. Ad esempio, Paesi a noi
vicini come Germania, Spagna e Francia,
dispongono per ogni 10.000 abitanti
di 0,98 chilometri di autostrade nel Baden-Wurttenberg, di 1,59 km in Catalogna e di 2,8 km nel Rhone-Alpes. In Lombardia questo dato scende a soli 0,63 km
sempre per ogni 10.000 abitanti.
Questo confronto non ci deve ulteriormente demoralizzare se ci misuriamo
anche con la congestione del traffico,
che tutti noi subiamo quotidianamente.
Alcuni esempi: se il livello di congestione del traffico lombardo vene definito a
100, quello dei Paesi citati scende rispettivamente a 58, 73 e 25, tenendo conto
però anche della diversa intensità che
viene sviluppata quotidianamente; deteniamo comunque un indice negativo.
Infine, ancora un confronto in tema di
trasporto aereo: presa come campione
la connettività intercontinentale registrata da Londra e fatto a 100 tale valore, Milano si attesta a 23,5 contro il 45,6
di Monaco ed il 92,9 di Francoforte. Se
poi si considera anche il livello di accessibilità di un aeroporto verso altri scali,
Malpensa si posiziona al ventottesimo
posto a livello mondiale. Questi, in sintesi, i dati enunciati dal Presidente Rocca
nell’insieme del suo intervento.
La situazione generale esaminata pone
in evidenza anche gli aspetti carenti per
il raggiungimento degli obiettivi attesi:
essi non sono stati tralasciati nel corso
del dibattito per essere ripresi dagli interventi successivi. Sono stati posti in
grande evidenza gli obiettivi relativi ai
Corridoi Europei e tra questi un particolare risalto per quello “Mediterraneo”
che collega la penisola iberica con il confine tra Ungheria e Ucraina costeggiando il litorale mediterraneo della Spagna
e della Francia. Il corridoio è essenzial-
mente stradale e ferroviario e mira ad
assicurare la connessione tra il quadrante occidentale europeo e l’Europa centro orientale la cui rete, nel consentire il
movimento di merci e passeggeri, deve
favorire gli scambi economici rafforzando la competitività dei Paesi dell’Europa
mediterranea.
Le migliorie da apportare chiamano in
causa anche le efficienze delle amministrazioni locali, dalle quali dipendono
alcune soluzioni risolutive. A questo riguardo non è mancata l’invocazione ad
una modifica del Titolo V della nostra
Costituzione, sia in tema di competenze
sia in tema di autonomia, come da tempo viene sollecitato.
Non ultima, ma specificatamente connessa, la problematica inerente gli scali
aeroportuali lombardi di Linate e Malpensa, per i quali viene auspicata la facoltà di poter agire più liberamente sul
mercato europeo e mondiale dei vettori.
Utilità che gioverebbe allo sviluppo per
una “grande Milano“ e anche per l’intera
Lombardia senza generare uno sterile
scontro tra Fiumicino e Malpensa coinvolgendo le “due capitali” quella politica
e quella economica.
DI
conomia
A conclusione della tentata sintesi di
questo importante evento, è opportuno
segnalare l’intervento di Pietro Guindani
Vice Presidente Assolombarda, che ha
esposto dettagliatamente il proposito delle imprese lombarde di offrire un
contributo di esperienze e di progetti
quali esempi percorribili e stimoli progettuali.
Tali proposte sono state sintetizzate nel
repertorio: “89 idee per una città più intelligente” i cui ambiti applicativi si possono così indicare:
efficienza energetica e gestione
dell’energia;
sostenibilità ambientale;
mobilità e trasporti. ■
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Dirigenti Industria maggio 2014
33
f
isco
Detrazione IRPEF
delle spese sanitarie
Giovanni Mura
Detrazione IRPEF in relazione alle spese sanitarie, sostenute dai dirigenti
in pensione, rimborsate dal Fasi e/o Assidai ovvero pagate direttamente
da queste ultime casse di assistenza.
n
onostante i chiarimenti forniti
sia da ALDAI sia dal Fasi, continuano a pervenire richieste
di chiarimenti in ordine alla
detrazione dell’IRPEF nella misura del
19% della spesa sostenuta allorquando
tale spesa viene rimborsata dal Fasi ovvero dall’Assidai, come pure quando la
spesa viene sostenuta direttamente dai
predetti Enti in base ad apposita convenzione stipulata dagli stessi con le strutture sanitarie. Le richieste in rassegna sono
motivate dal fatto che alcuni Uffici delle
Entrate non riconoscono la detrazione
sull’assunto che se tali spese vengono
rimborsate dal Fasi e/o Assidai non sono
rimaste a carico del paziente/contribuente. Hanno formato oggetto di diniego
anche quando le spese sanitarie sono
pagate direttamente dal Fasi. Allo scopo
di fronteggiare le infondate richieste di
certi funzionari dell’Agenzia delle Entrate,
si espongono di seguito i criteri che, in
base alle norme legislative e dell’orientamento di prassi, disciplinano fiscalmente
le detrazioni in argomento e le eventuali
deduzioni dall’imponibile dei contributi o
premi versati al Fasi e/o Assidai.
Versamento dei premi
o contributi
Ai sensi dell’art. 10 del TUIR (Testo Unico Imposte sui Redditi) 22 dicembre
1986 - comma 1 - lett. e) sono deducibili dal reddito complessivo i contributi
previdenziali ed assistenziali versati in
ottemperanza a disposizione di legge,
34
DI
cioè obbligatori, nonché quelli versati
facoltativamente alla forma pensionistica obbligatoria di appartenenza. Orbene, siccome i contributi assistenziali versati al Fasi e/o Assidai sono meramente
facoltativi, gli stessi non sono deducibili
dal reddito complessivo.
Detrazione Irpef nella
misura del 19% delle
spese sanitarie sostenute
La detrazione dall’imposta delle spese
sanitarie trova la sua disciplina nell’art. 15
del citato TUIR n. 917/86 e segnatamente
Disciplina conclusiva della Risoluzione n. 78/E del 28 maggio 2004
Agenzia delle Entrate
Richiesta di consulenza generica - deducibilità contributi versati al Fasi
da parte di contribuenti in pensione - trattamento fiscale delle spese
sanitarie rimborsate dal Fasi.
… omissis …
Contributi versati al fondo in misura
Le spese sanitarie rimborsate dal fondo
non superiore a 3.615,20 euro che non non sono detraibili dall’imposta lorda
concorrono alla formazione del reddito dovuta dal contribuente
Le spese sanitarie non rimborsate
Contributi versati al fondo in misura
dal fondo sono detraibili dall’imposta
non superiore a 3.615,20 euro che non
lorda nella misura del 19% per la parte
concorrono alla formazione del reddito
che eccede euro 129,11
Le spese sanitarie sono detraibili
dall’imposta lorda in misura
Contributi versati in misura superiore
proporzionale alla quota dei contributi
a 3.615,20 euro
che hanno concorso a formare
il reddito di lavoro dipendente
Per il dirigente in pensione invece le spese mediche sostenute sono
integralmente detraibili dall’imposta lorda pari al 19%, per la parte che
eccede euro 129,11, anche se già rimborsate dal fondo di appartenenza.
Disciplina conclusiva della Risoluzione n. 167/E del 25 novembre 2005
Spese sanitarie pagate direttamente dal Fasi
…omissis…
“Alla luce di quanto esposto, pertanto, per il dirigente in pensione le spese
mediche sostenute sono integralmente detraibili dall’Irpef ai sensi dell’art. 15,
comma 1, lett. c), del TUIR, anche se una parte delle stesse, secondo le
modalità sopra esposte, sono state pagate direttamente dal FASI alle case
di cura convenzionate”.
Dirigenti Industria maggio 2014
f
ISCO
nel primo comma - lett. e) il quale, dopo
aver elencato la tipologia di spese per le
quali compete la detrazione di imposta,
nel penultimo periodo afferma che il rimborso spetta se la spesa è rimasta a carico
del contribuente soggiungendo che si
considerano rimaste a carico del contribuente le spese rimborsate per effetto di
contributi o premi di assicurazione da lui
versati e per i quali non spetta la detrazione di imposta o che non sono deducibili
dal suo reddito complessivo né dai redditi che concorrono a formarlo. La disciplina sopra delineata vale per tutti i contribuenti. Per quanto riguarda i dirigenti,
assistiti dal Fasi e/o Assidai, occorre fare
una ulteriore distinzione fra quelli ancora
in attività di servizio e quelli in pensione.
Dirigenti in pensione
Ribadito che non sono deducibili dal
reddito complessivo i contributi o i
premi versati alle forme di assistenza
o assicurazioni facoltative (Fasi e/o Assidai) la detrazione spetta nella misura
del 19% di tutta la spesa sostenuta (al
netto della franchigia di euro 129,11)
a prescindere dalla circostanza che la
spesa sia stata rimborsata dal Fasi in
tutto o in parte, come pure allorquando l’onere della spesa sia stato pagato
direttamente dallo stesso Fasi o Assidai, in base ad apposite Convenzioni
lodevolmente stipulate con le strutture sanitarie ospedaliere. In buona
sostanza si considerano rimaste a carico dei dirigenti in pensione ancorchè
rimborsate o pagate direttamente dal
Fondo.
Conforta tale assunto i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con le
risoluzioni n. 78/E del 28 maggio 2004
e n. 167/E del 25 novembre 2005. Discipline particolari sono state previste
per alcuni Fondi di Assistenza Sanitaria
quali il Fisde del Gruppo ENI, ecc.
Dirigenti in servizio
Per questa categoria la disciplina è completamente diversa perché i contributi
di assistenza sanitaria versati dal datore
di lavoro o dal lavoratore ad Enti o Casse
aventi esclusivamente fine assistenziale
in conformità a disposizioni di contratto o
di accordo aziendale, per un importo non
superiore a euro 3.615,20, non concorrono a formare il reddito del lavoratore. Da
ciò ne discende che siccome i contributi o
premi versati alle casse assistenziali, tipo
Fasi, Assidai e via elencando, non concorrono a formare il reddito, (in sostanza
è come se fossero deducibili) vedi art. 51
del TUIR n. 917/1986, la detrazione dell’Irpef del 19% delle spese sanitarie sostenute è limitata a quella parte non rimborsata. Con la predetta succinta esposizione
riteniamo di avere fornito valide guide di
comportamento volte a contrastare le infondate tesi dei funzionari di taluni Uffici
dell’Agenzia delle Entrate.
■
Vacanze e relax nel Salento
Agriturismo
Alla Castellana
Nel cuore del Salento, a pochi minuti da Gallipoli
e dalla splendida spiaggia di Baia Verde, si trova il
residence “Alla Castellana”, immerso in una tenuta
di ulivi secolari interamente cintata.
La struttura gode di un’ubicazione ideale, che
permette di raggiungere in poco tempo le principali
città del Salento, quali Lecce - Otranto - S.Maria
di Leuca, nonché le più belle spiagge della costa
salentina, e garantisce una vacanza serena nel
massimo relax.
Il residence è inserito nella Azienda Agricola Castellana,
che produce olio extravergine di oliva, agrumi e cereali
in regime biologico certificato ICEA.
Agriturismo “Alla Castellana”
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L’azienda agricola “Alla Castellana” è situata
a 4 km dal centro di Gallipoli e vicinissima a
Baia Verde, una delle spiagge più belle del
Salento.
Come raggiungerci:
dall’aeroporto di Brindisi (90 km.) o Bari
(200 km) percorrendo la S.S. Bari-BrindisiLecce-Gallipoli o per ferrovia fino a Lecce poi,
o con le ferrovie del Sud-Est o percorrendo la
superstrada Lecce-Gallipoli.
Brindisi
Lecce
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Otranto
S.M. Leuca
p
revidenza
“Fuori le pensioni
dalla Spending Review”
Sergio Zeme
c
Presidente Onorario Comitato Nazionale di Coordinamento Dirigenti Pensionati
redo sia opportuno, meglio doveroso, dare enfasi al Comunicato
Stampa inviato il 19 marzo scorso
da Silvestre Bertolini, Presidente CIDA (Manager e Alte Professionalità
per l’Italia) in tema di previdenza. Riporto all’uopo, oltre al citato titolo, la prima frase di questo comunicato perché
estremamente significativa nella sua
chiarezza e durezza al tempo stesso: “Le
pensioni non possono essere il pozzo d’oro
dei nostri Governi: non sono una risorsa
cui attingere in momenti di crisi e non possono essere strumentalizzate cavalcando
l’onda della spending review...” .
Prima di lui il Presidente Federmanager,
Giorgio Ambrogioni, in data 18 marzo,
ha precisato: “Quello che ci lascia ancora
una volta molto perplessi è l’ennesimo attacco alle pensioni: si dimentica che queste pensioni hanno già pagato un prezzo
alto perdendo circa il 15% del valore dal
momento in cui è iniziato questo stillicidio
del blocco della perequazione. E si dimentica anche che su queste pensioni si applica già un contributo di solidarietà...” .
Credo sia altresì opportuno, oltre che
doveroso, ricordare le date relative a
questi attacchi iniziati nel 1992 con lo
sganciamento, ad opera del Governo
Amato (D.L. 30 dicembre 1992, n. 503),
della dinamica pensionistica da quella
salariale, talché gli aumenti delle pensioni sono stati legati da allora al solo
adeguamento delle stesse al costo della vita con cadenza annuale mentre in
precedenza tale cadenza era semestrale
(1° maggio e 1° novembre di ogni anno legge del febbraio 1986, n. 14).
È evidente che tale adeguamento ha costituito e costituisce tuttora l’unica forma di difesa del potere d’acquisto delle pensioni, difesa messa a repentaglio
dai seguenti blocchi della perequazione:
1993 - D.L. 438/1992 - blocco totale
per un anno;
1998 - legge n. 449/97 - blocco oltre
cinque volte il minimo Inps;
2008 - legge n. 247/2007 - blocco
oltre otto volte il minimo Inps;
2012 - D.L. 214/2011 - blocco per
gli anni 2012/2013 oltre tre volte
il minimo Inps;
2014 - Legge di Stabilità 27 dicembre
2013, n. 147 - blocco parziale per gli
anni 2014/2016. (Vedi a quest’ultimo
proposito l’articolo di Sergio Zeme
pubblicato nel numero di febbraio
di “Dirigenti Industria”).
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È bene aggiungere che “il vero e proprio
impoverimento delle pensioni” va visto
non solo come conseguenza di un insufficiente adeguamento delle stesse al
costo della vita bensì anche a seguito di
una tassazione decisamente pesante
in quanto espressione di una somma di
tributi Comunali, Nazionali e Regionali. È notorio infatti che le pensioni sono
sottoposte alle stesse aliquote applicate ai redditi da lavoro e che secondo gli
esperti la pressione fiscale ha raggiunto
nel nostro Paese circa il 50% del Pil. Non
si possono poi dimenticare, nell’ambito
delle misure punitive e vessatorie che si
aggiungono alla tassazione, i contributi
cosiddetti di solidarietà, con particolare riferimento a quello a carico degli
iscritti e dei pensionati delle gestioni
previdenziali confluite nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti (ex Inpdai,
Elettrici, Telefonici) e del Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea.
Tale contributo infatti ha la durata di sei
anni data la sua decorrenza 1° gennaio
2012 fino al 31 dicembre 2017.
Non posso quindi che concludere queste mie considerazioni rinnovando l’auspicio che cessi finalmente questo accanimento nei confronti dei pensionati e
che la Corte Costituzionale si pronunci
favorevolmente nei confronti degli stessi a seguito dell’accoglimento da parte
del Tribunale di Palermo del ricorso presentato dalla nostra Federazione contro
il blocco della perequazione automatica
delle pensioni per il biennio 2012/2013.
Lo stesso Tribunale ha infatti poi trasmesso (in gergo tecnico “rimesso”) gli
atti alla Corte Costituzionale.
■
Decreto Ministeriale 23 gennaio 2002
In riferimento all’articolo di Giovanni Mura apparso nella rivista di aprile, per completezza di informazione,
pubblichiamo alcuni degli Stati o territori aventi regime fiscale privilegiato, la cosiddetta “black list” citata a pagina 49.
Alderney (Isole del Canale); Andorra; Anguilla; Antille Olandesi; Aruba; Bahamas; Barbados; Barbuda; Belize; Bermuda; Brunei;
Cipro; Filippine; Gibilterra; Gibuti (ex Afar e Issas); Grenada; Guatemala; Guernsey (Isole del Canale); Herm (Isole del Canale);
Hong Kong; Isola di Man; Isole Cayman; Isole Cook; Isole Marshall; Isole Turks e Caicos; Isole Vergini britanniche; Isole Vergini statunitensi; Jersey (Isole del Canale); Kiribati (ex Isole Gilbert); Libano; Liberia; Liechtenstein; Macao; Maldive; Malesia;
Montserrat; Nauru; Niue; Nuova Caledonia; Oman; Polinesia francese; Saint Kitts e Nevis; Salomone; Samoa; Saint Lucia; Saint
Vincent e Grenadine; Sant’Elena; Sark (Isole del Canale); Seychelles; Svizzera (con riferimento alle società non soggette alle
imposte cantonali e municipali, quali le società holding, ausiliarie e “di domicilio”); Tonga; Tuvalu (ex Isole Ellice); Vanuatu.
36
DI
Dirigenti Industria maggio 2014
a
Assemblea annuale
e Convegno ALDAI
ssemblea aldai
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!
Giovedì 5 giugno 2014
Centro Congressi Auditorium Provincia di Milano via Corridoni 16 - Milano
Da piazza del Duomo o da ALDAI al Palazzo di Giustizia in 10 minuti con tram 12 o 27
Il più importante appuntamento dell’anno sarà occasione per condividere i risultati 2013
e le strategie per il futuro dell’Associazione in un momento cruciale per la Categoria e il Paese.
L’agenda offre la possibilità di partecipare agli argomenti di specifico interesse:
ore 16.00 Presentazione dell’indagine realizzata con i colleghi Senior e premiazione dei soci con 40 anni
d’iscrizione con la partecipazione di Dan Peterson, allenatore di basket e conduttore tv,
che parlerà sul tema “Restare attivi e vincere da senior”.
ore 18.00 Assemblea Ordinaria ALDAI: relazione annuale del Presidente; bilancio d’esercizio al 31 dicembre 2013;
relazione del Collegio dei Revisori dei Conti; elezione delegati per il Congresso Nazionale Ordinario.
ore 19.30 Light dinner
ore 20.15 “La ripresa dell’Italia, una sfida per industria e dirigenti” Convegno ALDAI aperto al pubblico: dirigenti, manager,
professional, opinion leader, sostenitori del rilancio industriale.
Info e prenotazioni: www.aldai.it
Cause pilota: blocco perequazione e contributo di solidarietà
Pubblichiamo la circolare Federmanager, firmata dal Direttore Generale Mario Cardoni, che fa il punto della situazione
relativamente ai ricorsi presentati contro il blocco della perequazione delle pensioni per il biennio 2012-2013
ed il contributo di solidarietà per gli ex Inpdai previsto per la durata di ben sei anni (dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2017).
Si tratta quindi di una circolare molto importante soprattutto perché rappresenta una prova evidente della costante difesa
in atto da parte della nostra Federazione nei confronti delle tante decisioni punitive e vessatorie che si susseguono ormai
da troppo tempo rappresentando così un vero e proprio accanimento.
Sergio Zeme
“Si comunica che, a seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, 1a Serie Speciale – Corte Costituzionale, n. 14 del 26-3-2014,
dell’ordinanza del Tribunale di Palermo di rimessione della causa alla Corte Costituzionale, è stato formalmente avviato il procedimento per l’esame della legittimità costituzionale davanti alla Corte Suprema della norma che ha previsto il blocco della perequazione automatica delle pensioni per il biennio 2012-2013.
Abbiamo, quindi, dato specifico mandato allo Studio Orrick per la costituzione in giudizio che è stata effettuata il 2 aprile 2014 con
il deposito della relativa memoria di costituzione in giudizio. Al momento non siamo in grado di indicare con esattezza i tempi di
pronuncia della Corte Costituzionale, ma si ritiene che la Consulta possa emettere l’attesa sentenza entro l’estate.
Con l’occasione si informa che sono stati avviati anche tre ricorsi aventi ad oggetto il contributo di solidarietà per gli ex INPDAI. Il 13
maggio 2014 è la data per la prima udienza del ricorso instaurato presso il Tribunale di Modena mentre siamo ancora in attesa di
conoscere le date relative alle prime udienze degli altri due ricorsi depositati presso i Tribunali di Bologna e Vicenza”.
DI
Dirigenti Industria maggio 2014
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i
nformativa
CONVENZIONI ALDAI PER IL PLACEMENT
In riferimento a quanto pubblicato a pagina 30 del numero di ottobre 2013 si segnala la variazione in una delle sette Società
di Placement convenzionate con ALDAI. Career Counseling: referente Ivan Piccoli in sostituzione di Alessia Di Iacovo.
Per completezza di informazione riportiamo la tabella aggiornata.
SOCIETÀ
SEDE
REFERENTE
SITO
ASSIST S.r.l.
via Lecco 11
20124 Milano
Melinda
Fiscella
[email protected]
329/6313750 http://www.assist-otp.it
CAREER
COUNSELING S.r.l.
piazza De Angeli 9
20146 Milano
Ivan
Piccoli
[email protected]
392/1859280 http://www.careercounseling.it
CROSS S.r.l.
via Broletto 31
20122 Milano
Edoardo
Misciattelli
[email protected]
393/9472116 http://www.e-cross.it
INTOO S.r.l.
p.zza IV Novembre 5 Gianfranco
20124 Milano
Sarti
[email protected]
335/8225425 http://www.intoo.it
LEE HECHT
HARRISON S.r.l.
via Larga 2
20123 Milano
Donatella
Giovanetti
[email protected]
331/5690814 http://www.lhhitalia.com
RIGHT
via Rossini 6/8
MANAGEMENT S.r.l. 20122 Milano
Simone
Oliva
[email protected]
346/3047202 http://www.right.com/it
UOMO
E IMPRESA S.r.l.
Mauro
[email protected]
Castelfranchi
via Albricci 9
20122 Milano
UN ORIENTAMENTO MULTIBRAND
Come pubblicato a pagina 13 del numero di aprile ricordiamo
che grazie ad un accordo stipulato tra ALDAI e primarie società di
Orientamento e Placement milanesi, è disponibile in Associazione
un nuovo servizio, completamente gratuito per i Soci, finalizzato
ad assicurare la miglior risposta possibile all’attuale situazione di crisi.
I dirigenti interessati avranno la possibilità d’incontrare, presso
la sede dell’Associazione, consulenti senior esperti sia di sviluppo
della carriera sia di ricollocazione quotidianamente in contatto
con le aziende per le posizioni aperte.
l
l
Telefono per
info o colloqui
preventivi
INDIRIZZO E-MAIL
I dirigenti in servizio riceveranno tutte le informazioni sulle
tecniche di employability per il potenziamento del proprio piano
di sviluppo di carriera come ad esempio aumentare la visibilità sui
Professional Network, attivare per tempo la rete di conoscenze utili
a creare nuove opportunità di lavoro, ecc.
I dirigenti disoccupati troveranno invece professionisti in grado
di inquadrare la situazione lavorativa per aprire loro un panorama
completo di possibili opzioni incrociando l’esperienza dei dirigenti
con le opportunità ancora realizzabili per ricollocarsi sul mercato,
compreso l’utilizzo di servizi pagati dai fondi pubblici disponibili,
come la Dote Unica Lavoro della Regione Lombardia ecc.
L’incontro specialistico, gratuito, avrà la durata massima di un’ora
e mezza e si terrà presso i locali ALDAI di via Larga 31 - Milano previo appuntamento. I colleghi interessati potranno inviare una
e-mail all’indirizzo: [email protected] indicando all’oggetto
“Multibrand” specificando inoltre la propria situazione professionale
e la consulenza richiesta.
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DI
Dirigenti Industria maggio 2014
335/1820830 http://www.uomoeimpresa.it
SOLIDARIETÀ A COSTO ZERO?
CON IL 5 x MILLE SI PUÒ
La prossima scadenza riguardante
la dichiarazione dei redditi offre a noi
tutti l’occasione di destinare il 5x mille
ad Associazioni senza fine di lucro.
Per questo Vi prego di indirizzare
il 5 x mille alla VISES e di sensibilizzare
in tal senso i vostri amici.
Basta porre la firma sulla dichiarazione dei redditi
nello spazio riservato alla donazione del 5 x mille
che dovrà essere intestata a:
VISES ONLUS - Codice Fiscale 08002540584
Sul sito www.vises.it potrete conoscere le modalità
di utilizzo dei fondi a noi pervenuti e verificare il
bilancio controllato dai nostri revisori e certificato
dalla Società di revisione internazionale KPMG.
Potete inoltre trovare maggiori informazioni
sui numerosi progetti realizzati in 25 anni di
volontariato dai dirigenti italiani in Italia e all’estero.
Ove siate interessati a partecipare attivamente
o a sostenere l’Associazione scrivete all’indirizzo:
[email protected] per avere informazioni
più precise in merito alle iniziative in atto.
Rita Santarelli - Presidente VISES
Presbiopia:
quando allungare le braccia non basta più.
Avete superato la soglia degli "anta" e la messa a fuoco
da vicino non è più un gioco da ragazzi? Vi trovate
spesso ad allungare le braccia per leggere? Niente di
grave, sie-te solo presbiti.
Si tratta di un’evoluzione fisiologica legata ad una progressiva perdita di elasticità del cristallino che riduce la
sua capacità di adattamento alle varie distanze di visione.
Come vede il presbite? Difficoltà nel mettere a fuoco gli
oggetti posti a distanza ravvicinata; il presbite riesce a
migliorare la qualità della sua visione solo aumentando la
distanza della messa a fuoco. Ma dopo una certa età, le
braccia non bastano più.
La problematica dell’invecchiamento della vista è cruciale, poiché direttamente legata alla qualità della vita.
Per effetto dell’evoluzione della società, gli over 45 sono
sempre più attivi e “smart”.
Per tutti i presbiti oggi la vista è strategica: le loro esigenze visive cambiano rapidamente e profondamente
per consentire loro di mantenere uno stile di vita al passo con i tempi. La vista è sollecitata continuamente - in
particolare nel passaggio dalla visione da vicino, a quella
intermedia, a quella da lontano - e ha quindi bisogno di
soluzioni all’avanguardia.
La Ricerca viene in aiuto con le tecnologie innovative
alla base delle nostre nuovi lenti multifocali. Per i presbiti, un’esperienza visiva senza precedenti: non solo un
unico paio di occhiali per vedere contemporaneamente
a tutte le distanza, ma anche la possibilità di superare i
compromessi che da sempre hanno limitato la performance di questa tipologia di lenti.
L’obbiettivo è sviluppare lenti sempre più performanti
che si adattino perfettamente al comportamento visivo
del portatore.
Ciò è reso possibile grazie alla nuova tecnologia che riprogetta l’intera struttura della lente, scomponendola in
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e precise. Il risultato per i portatori è straordinario: fino
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i loro familiari
e i dipendenti.
a
ssistenza sanitaria
Il Fasi guarda sempre avanti
Lo storico francese Charles Rollin nel 1726 nel suo Trattato
degli Studi afferma: “È già un gran progresso il desiderio
di progredire”. Il FASI, condividendo pienamente questo
desiderio di progresso, innovazione, modernità ed
eccellenza, continua il suo dialogo e la collaborazione con le
migliori realtà mediche e sanitarie del territorio.
In linea con questa mission e nell’ottica di garantire sempre
il servizio migliore ai suoi associati, martedì 25 marzo 2014
il Presidente FASI dott. Stefano Cuzzilla, ha fatto visita
al Centro Diagnostico Italiano CDI di Milano, partecipando
ad un incontro in cui si è parlato di nuove tecnologie,
progresso e futuro.
“La tua prevenzione oggi e domani” è stato invece il tema
dell’incontro, aperto a tutti i soci FASI, che si è tenuto presso
l’Istituto Clinico Humanitas mercoledì 2 aprile scorso.
La prevenzione è una delle peculiarità del Fondo
e rappresenta un punto cardine nella campagna che il FASI
sta portando avanti con determinazione ed impegno.
A tal proposito pubblichiamo di seguito un articolo realizzato
dal dott. Edoardo Ligabue, Direttore della Divisione di
Oculistica del Centro Diagnostico Italiano, che, spiegando
come si esegue oggi un intervento di cataratta, esprime al
meglio quel senso di progresso che è già diventato realtà;
a seguire, la relazione tenuta dal Presidente Cuzzilla al
Convegno di Humanitas testimonia la perseveranza di FASI
nel sostenere temi come la prevenzione, decisivi per uno
sguardo sempre proiettato al domani.
Chiara Tiraboschi
FASI IN AZIONE: intervento di cataratta con laser
a femtosecondi al Centro Diagnostico Italiano CDI
o
Stefano Cuzzilla, Eros Andronaco, Maurizio Volonghi
Presidente e Consiglieri di Amministrazione del Fasi
Stefano Cuzzilla e Silvia Bedini.
40
DI
ggi l’intervento di cataratta
sta vivendo una importante
rivoluzione tecnologica: l’utilizzo del laser a femtosecondi
per l’esecuzione delle fasi chirurgiche
più importanti. È quanto afferma il dott.
Edoardo Ligabue, direttore della Divisione di Oculistica del CDI.
L’ultima vera novità chirurgica risaliva
agli anni ’80 con la facoemulsificazione
per la cataratta ed il laser ad eccimeri
per la correzione dei difetti visivi.
Finalmente oggi si può effettuare l’intervento di cataratta senza l’utilizzo di
bisturi, infatti negli USA la “bladeless
cataract surgery” è una realtà ed i centri oftalmici statunitensi più importanti
offrono già ai loro pazienti questa possibilità.
Il laser a femtosecondi è il bisturi più
preciso al mondo, ha una risoluzione
nanometrica, può operare direttamente
all’interno dell’occhio senza dover “aprire” il bulbo oculare, può essere programmato al computer in modo da effettuare
in pochi secondi interventi impossibili
manualmente.
Fino ad ora l’incisione, l’apertura del-
Dirigenti Industria maggio 2014
la capsula contenente il cristallino e la
frammentazione dello stesso venivano
eseguite utilizzando bisturi metallici,
pinze chirurgiche e facoemulsificatori
con ultrasuoni.
La manualità di queste fasi comportava
un certo grado di imprecisione, induzione di astigmatismo, posizionamento del
cristallino artificiale poco prevedibile,
infiammazione post operatoria.
Il laser può costruire l’incisione corneale seguendo una forma intrastromale
all’interno della cornea impossibile da
eseguire manualmente, garantendo così
un posizionamento, dimensionamento
ed una tenuta perfetta.
Può effettuare l’apertura della capsula
contenente il cristallino catarattoso mediante un’apertura circolare (capsuloressi) perfettamente centrata e dimensionata per il cristallino artificiale che verrà
inserito. In tal modo si possono sfruttare
al massimo le proprietà ottiche superiori
delle nuove lenti intraoculari di categoria Premium con una maggior precisione di risultato.
Gli studi clinici dimostrano che la precisione nella dimensione della capsulo-
a
ssistenza sanitaria
ressi arriva al 100% contro appena il 10%
(entro 0,25 mm) della pinza manuale.
(diagramma lavoro di: Nagy, ZZ. Intraocular femtosecond laser applications in
cataract surgery. Cataract & Refractive
Surgery Today. September 2009:79-82).
Da sinistra: Edoardo Ligabue, Stefano Cuzzilla, Maurizio Volonghi, Eros Andronaco e Annalisa Sala.
Lenti intraoculari Premium
L’energia che viene dissipata all’interno
dell’occhio per la facoemulsificazione si
riduce del 56% rispetto agli ultrasuoni
standard, riducendo molto l’infiammazione post operatoria e le possibili conseguenze sulle strutture oculari adiacenti al cristallino.
Il laser consente quindi di operare con
maggior sicurezza tutti i tipi di cataratta,
da quelle di routine a quelle complicate
perché associate, per esempio, a miopia,
glaucoma, cornea guttata, pseudoesfoliatio, maculopatia, ecc.
Il laser a femtosecondi per la cataratta
ha già ottenuto dal 2010 anche l’approvazione dell’ente FDA statunitense a riprova della sua validità.
La procedura ha dei tempi chirurgici
brevissimi (circa 40 secondi per il laser
e 2-3 minuti per l’inserzione lente), però
comporta lo spostamento del paziente
dalla sala laser alla sala operatoria con
un maggior impegno del personale
addetto ed un tempo totale superiore
all’intervento classico.
È opinione unanime nella comunità
scientifica oftalmologica che questa
procedura soppianterà l’intervento manuale in breve tempo.
Il suo utilizzo nell’intervento di cataratta
consente una sicurezza, precisione e costanza di risultati inarrivabili fino ad ora.
L’unica difficoltà è naturalmente legata
al costo elevato della strumentazione
necessaria, unito al maggior personale
medico, paramedico e tecnico coinvolto
■
nell’intervento.
Il cristallino naturale opacato dalla
cataratta viene sostituito con una lente
intraoculare (IOL) inserita nel sacco
capsulare. L’ultima generazione di
queste lenti viene definita “Premium”
perché fornisce prestazioni ottiche
nettamente superiori alle lenti
“Standard” comunemente utilizzate.
Infatti hanno una geometria “asferica” come il cristallino naturale al fine
di migliorare la sensibilità al contrasto, dare un’immagine ad alta definizione
e migliorare la visione con scarsa illuminazione. Inoltre possono correggere,
quando presente, buona parte dell’astigmatismo corneale. Infine, se il paziente
ha i necessari requisiti anatomici oculari, possono essere multifocali per ridurre
la necessità di occhiali aggiuntivi nella lettura.
Cosa è un laser a femtosecondi
Gli impulsi del laser ai femtosecondi sono così
corti e precisi che al mondo non esiste nulla
di simile. Hanno una durata pari soltanto ad
alcuni miliardesimi di milionesimi di secondo.
In un minuto vi sono tanti femtosecondi
quanti sono i minuti che costituiscono l’età
dell’universo. Indipendentemente dal tipo di
materiale investito, l’incredibile potenza del
laser a femtosecondi, evapora quasi all’istante
praticamente senza lasciare tracce e per di più con una
precisione nanometrica. L’impiego di questo tipo di laser
in medicina dimostra anche l’efficacia e la precisione di tale tecnologia,
per esempio quando si deve effettuare l’intervento di cataratta o correggere
un difetto visivo come la miopia o la presbiopia. Così com’è possibile concentrare
l’impulso laser ultra-corto su un qualsiasi punto dello spazio, è possibile anche
concentrare il fascio affinché penetri in materiali trasparenti, quali la cornea o
l’interno dell’occhio. Pertanto si può praticare la chirurgia oculistica senza dover
«aprire» il bulbo oculare prima d’ogni intervento. La zona vicina all’incisione
praticata dal laser resta anch’essa completamente fredda. Non vi è perciò
alcun rischio che il calore danneggi i tessuti.
DI
Dirigenti Industria maggio 2014
41
a
ssistenza sanitaria
Incoraggiare
la prevenzione:
i progetti FASI
Stefano Cuzzilla
Presidente FASI
Relazione al Convegno “La tua prevenzione oggi e domani”
Istituto Clinico Humanitas - Rozzano (MI) - 2 aprile 2014
l
a prevenzione è diventata negli ultimi anni una delle voci di impegno
per il Fondo dei dirigenti industriali che presiedo, ma sono convinto
costituisca innanzitutto una sfida per il
sistema sanitario nel suo complesso, un
elemento centrale da tenere presente
nella programmazione di lungo periodo.
L’incontro organizzato da Humanitas ha
il merito di indurci a riflettere sulle abitudini e su quegli indicatori quotidiani
che conosciamo sotto il nome di “fattori
di rischio”.
Ragionare su questi aspetti è il primo
passo verso una compiuta presa di
coscienza del proprio stato di salute,
o meglio del proprio benessere. È un
42
DI
esercizio individuale che può aprire alla
rivoluzione culturale di cui abbiamo bisogno e a cui mi appello spesso, quando
intervengo in convegni sul tema della
prevenzione.
Lo faccio anche perché, ancor prima di
essere Presidente del FASI, mi considero
un dirigente, un collega di tutti gli iscritti del Fondo: in questo caso, posso dire
di conoscere da vicino lo stile di vita dei
manager, i ritmi di lavoro a cui ci sottoponiamo e i rischi ai quali la categoria è
più esposta, ancor più nell’età avanzata.
Poiché credo che sia possibile operare
le scelte politiche migliori soltanto conoscendo la condizione dei destinatari
finali di quelle scelte, ho promosso all’interno del nostro Fondo un dibattito ad
hoc sulla prevenzione sanitaria che ha
portato, nel 2011, all’introduzione dei
Dirigenti Industria maggio 2014
primi pacchetti per il contrasto delle patologie più ricorrenti.
Ho trovato attenzione e condivisione sia
da parte di Confindustria sia di Federmanager, che rappresentano le nostre Parti
sociali e che desidero ringraziare anche
in questa occasione per il coraggio con
cui hanno sostenuto, tra le altre cose,
anche la decisione di lasciare a totale carico del FASI tutti i costi relativi alle prestazioni sanitarie di screening e diagnosi
precoce.
E i nostri dirigenti stanno dimostrando di apprezzare l’importanza dell’investimento in un capitolato del tutto
nuovo per il FASI. Rivoluzionario, appunto. Sono oggi attivi alcuni pacchetti di prevenzione che mirano ad aggredire la
patologia prima che essa si manifesti
a
mentre altri sono allo studio. A tal proposito, giornate di incontro come quella
odierna sono utilissime, perché ci offrono elementi aggiuntivi di valutazione e
informazioni qualificate che poi possiamo, in un certo senso, riportare a casa
migliorando ulteriormente i nostri strumenti, dal nomenclatore tariffario alla
progettazione dei piani di cura.
Ecco dunque l’obiettivo che sento stringente: trasformare il FASI da Fondo sanitario che cura la salute dei suoi assistiti a
Fondo sanitario che promuove e sostiene il benessere della persona.
In questa fenomenologia del cambiamento, di cui ci facciamo interpreti, riposa tutta l’evoluzione del concetto di
salute dell’individuo.
“La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non consiste soltanto in un’assenza di malattia
o di infermità”. Era il 1948 quando l’Organizzazione mondiale della Sanità individuava il cardine di un concetto che
doveva ancora affermarsi nella opinione pubblica.
Oggi, abbiamo fatto passi in avanti, collettivizzando questa consapevolezza
e abbracciando in pieno il valore della
“promozione della salute”, di cui la prevenzione sanitaria costituisce forse la
più chiara attuazione.
Contemporaneamente, dobbiamo riconoscere che la prevenzione costituisce
uno strumento chiave per agganciare
l’obiettivo di sostenibilità del sistema
sanitario.
Su quest’ultimo punto desidero intendermi bene: se il FASI sostiene integralmente il costo delle prestazioni sanitarie
di prevenzione non è per declinare la
spesa in termini d’investimento economico.
È innegabile, e lo affermano autorevoli
studi, che l’investimento in prevenzione
si traduce in futuri risparmi, ma ciò non
vale necessariamente per il nostro Fondo che ha una popolazione dirigenziale
che per il 55% ha già raggiunto un’età
superiore ai 65 anni e che, per la natura flessibile della professione, è sempre
soggetta a variazioni.
Sotto questo profilo, la natura di Fondo
contrattuale ci consente, anche nel campo della prevenzione, di programmare
l’azione di assistenza a seconda delle ca-
Romano Ambrogi e Stefano Cuzzilla.
ratteristiche del momento storico in cui
operiamo e delle esigenze della nostra
popolazione.
Se con il supporto di Confindustria e
Federmanager sosteniamo questo capitolato lo facciamo perché di fronte
agli scenari presenti e futuri della sanità
integrativa, crediamo che possiamo assumerci le nostre responsabilità e fare le
nostre scelte.
In definitiva, sentiamo il dovere di agire
in favore dell’azione medica preventiva,
al di là del possibile vantaggio economico futuro.
Non è accettabile, infatti, che il nostro
Paese sia ultimo nella classifica europea
per investimenti: solo lo 0,5% della spesa
sanitaria complessiva è effettivamente
investito in programmi di prevenzione.
Un gradino sopra di noi, fanno meglio
Cipro, Lituania e Malta.
Ed è immediatamente evidente che quel
0,5% speso in prevenzione non solo si
scontrerà con gli scenari futuri dominati dal progressivo invecchiamento della
popolazione, ma è poca cosa anche rispetto alla situazione attuale.
Sappiamo dai più recenti studi epidemiologici che le principali malattie croniche, come il diabete o l’obesità, sono
già oggi responsabili del 70% delle disabilità e dell’85% dei decessi nel mondo.
Il costo diretto e indiretto (calcolato in
perdita di giornate di lavoro) delle sole
malattie cardiovascolari è stimato essere
in Europa di 200 miliardi l’anno.
Per di più, l’OCSE, nell’ultimo rapporto
2013 sulla salute, ci avverte che dal 2009
ad oggi la spesa in prevenzione si è ridotta praticamente in tutti i Paesi dell’area,
rappresentando al massimo il 3 o il 4%
della spesa sanitaria complessiva.
DI
ssistenza sanitaria
Questo trend negativo è spiegato come
un ulteriore effetto della crisi economica
globale. Grecia e Italia hanno la maglia
nera per la flessione degli investimenti sanitari nazionali dal 2009 al 2013, cui corrisponde – e non ce ne meravigliamo – un
forte aumento della spesa sostenuta dai
cittadini di tasca propria.
Esiste peraltro una correlazione tra produttività del sistema economico e stato
di salute della popolazione in età attiva.
Dagli studi e dalle indagini conoscitive
che abbiamo realizzato al FASI in questi
ultimi anni, emerge chiaramente che un
luogo di lavoro sano e sicuro è anche più
produttivo, con dipendenti più motivati,
smentendo di fatto che il costo sostenuto in forme di welfare sanitario sia una
spesa accessoria da cui si può prescindere.
Dunque, avviandomi a tracciare le mie
conclusioni, quello che stiamo realizzando al FASI nel campo della prevenzione
è esattamente un esempio della corretta
attuazione del principio integrativo che
è alla base del nostro welfare di secondo
livello.
Proprio pochi giorni fa, il Comitato nazionale di Bioetica, nel suo parere al Governo sullo stato della salute, ha posto
l’accento sull’importanza delle condotte
individuali, in grado di incidere sullo stato della salute tanto e parimenti ai fattori di ordine biologico o a quelli di ordine
socio-culturale.
Possiamo riflettere su come realizzare
l’universalità del diritto alla salute sancita all’articolo 32 della Carta, oppure
soffermarci sui motivi che hanno spinto i Padri costituenti a collocare questo
principio nel titolo dedicato ai rapporti
etico-sociali.
Capire che per la salute esiste un diritto
fondamentale dell’individuo e, contemporaneamente, esiste un interesse della
collettività.
Ecco che allora il FASI si riconosce quale
portatore di un interesse diffuso e sceglie di incentivare sia la prevenzione
primaria, come responsabilità dell’individuo, sia la prevenzione secondaria, intervenendo con gli strumenti a disposizione per garantire un’esistenza in buona salute ai dirigenti e, di conseguenza,
alle imprese in cui operano o hanno
■
operato. Dirigenti Industria maggio 2014
43
sede e uffici
via Larga, 31 - 20122 Milano
M1 Duomo - M3 Missori
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Forum ALDAI Dirigentinsieme
Chi siamo e che cosa facciamo
L’ALDAI (Associazione Lombarda Dirigenti Aziende Industriali) con
circa 17.000 iscritti è il maggiore tra i Sindacati territoriali che fanno capo alla
Federazione Nazionale (FEDERMANAGER). Al fine di perseguire i propri scopi
istituzionali di tutela e promozione dell’immagine e del ruolo dei dirigenti industriali, l’Associazione si occupa delle problematiche collettive e individuali della
categoria, nelle situazioni più diverse, offrendo servizi nei vari settori agli iscritti
quale che sia la loro condizione: dirigenti in servizio, inoccupati, in pensione o
che svolgono attività di tipo professionale. Tra i vari servizi, prestati gratuitamente, ricordiamo:
l il Servizio Sindacale rivolto a fornire ai dirigenti iscritti supporto
ed assistenza nell’ambito di tutte le problematiche relative all’instaurazione,
svolgimento e cessazione del rapporto di lavoro nonché ad aspetti
di carattere fiscale e previdenziale;
il Servizio FASI/ASSIDAI che fornisce consulenza ed assistenza in merito
alla stesura ed alla presentazione delle pratiche di rimborso oltre che
di iscrizione ai due Fondi;
l il Servizio Orientamento e Formazione per i dirigenti interessati:
alla ricerca di nuove opportunità professionali, al bilancio delle competenze
e ai percorsi formativi di sviluppo professionale, all’analisi delle criticità
manageriali con il “Tutoring” dei colleghi Senior e alle iniziative
di riqualificazione e ricollocazione per i dirigenti inoccupati.
l
Ricordiamo infine le iniziative di carattere culturale (organizzazione di conferenze, convegni, corsi, concerti, visite guidate) e ricreativo tendenti a favorire
l’aggregazione tra i soci (viaggi).
Di tutti i servizi riportiamo le necessarie indicazioni per poter stabilire gli opportuni contatti.
Servizi e contatti
aldai
Presidenza
Presidente: ROMANO AMBROGI - [email protected]
l Vicepresidente: FRANCO DEL VECCHIO - [email protected]
l Vicepresidente: FRANCESCO SOLETTI - [email protected]
l Tesoriere: ANTONIO ZENATELLI
l
Direzione [email protected]
l Direttore: ANNALISA SALA
l Segreteria Presidenza e Direzione - [email protected]
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l Consulenze sindacali
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Cristiana Bertolotti: [email protected]
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Valeria Briganti 02.58376.221
Francesca Sarcinelli 02.58376.222
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1°, 2°, ultimo lunedì di ogni mese dalle 8.00 alle 15.30
3° mercoledì di ogni mese dalle 8.00 alle 15.30
l Rosanna Versiglia - Consulenze previdenza complementare / INPS
Martedì e giovedì dalle 9.00 alle 14.00
l Valeria Briganti - Consulenze previdenza complementare / INPS
Mercoledì dalle 8.30 alle 12.30
l Silvia Barbieri - Consulenze convenzione ENASCO / INPS
Tutti i venerdì dalle 9.00 alle 12.00
3° lunedì di ogni mese dalle 14.00 alle 17.00 solo domande di pensione
l Giovanni Mura - Consulenze fiscali
Martedì pomeriggio e mercoledì pomeriggio
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DI
Dirigenti Industria maggio 2014
Servizio FASI/ASSIDAI [email protected]
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l Ricevimento degli iscritti previo appuntamento
l Consulenze telefoniche martedì, giovedì e venerdì ore 14.00-17.00
Servizio Orientamento e Formazione [email protected]
Silvia Romagnoli 02.58376.219 (pomeriggio) [email protected]
Massimo Bondi 02.58376.220
Cristina Bergamini 02.58376.219
Servizio Amministrazione - Organizzazione [email protected]
MICHELA BITETTI [email protected]
Viviana Cernuschi 02.58376.227
Laura De Bella 02.58376.231
Stefano Corna 02.58376.234
Giordano Bergomi 02.58376.235
Gruppo Giovani Dirigenti [email protected]
Coordinatore: MARIO CAPPIELLO
ARUM s.r.l. Società Editrice e Servizi ALDAI
Presidente: PATRIZIA GIORGETTI
l Redazione “Dirigenti Industria” - [email protected]
Gabriella Canuti 02.58376.237
l
COMITATO NAZIONALE DI COORDINAMENTO DIRIGENTI PENSIONATI
Presidente: MARCELLO GARZIA - [email protected]
l Presidente Onorario: SERGIO ZEME 02.58376.209 [email protected]
l
FONDIRIGENTI
Agenzia Lavoro - [email protected]
l
Unione Regionale Federmanager Lombardia
Presidente: TIZIANO NEVIANI 0372.535411
[email protected]
[email protected]
l
Coordinamento Cida Lombardia
Presidente: ROMANO AMBROGI - [email protected]
l
a
ssistenza sanitaria
Domande e risposte...
Rubrica del Servizio Fasi e Assidai di ALDAI
Benedetta Pisto Responsabile Servizio Fasi e Assidai di ALDAI
LE DOMANDE CHE SPESSO I DIRIGENTI PONGONO
Se il dirigente deve recarsi negli Stati Uniti, la polizza FASI in caso di necessità
di assistenza sanitaria, che tipo di copertura fornisce sia al dirigente
sia al suo nucleo familiare?
Dato che i costi sanitari negli USA sono altissimi, la cosa più giusta da fare è quella
di stipulare con la propria agenzia viaggi la polizza sanitaria a copertura totale
“Europe Assistance” sia per il dirigente sia per il suo nucleo familiare, per l’intero periodo
di soggiorno negli U.S.A. Il Fasi eroga l’importo previsto dal tariffario in vigore.
Per i figli invalidi, che tipo di assistenza può fornire il FASI?
a)i figli invalidi (in base alla normativa INPS sugli assegni familiari) possono essere inseriti
nel programma FASI, purchè non siano titolari di reddito superiore ad € 706,11 mensili
lordi: in tal caso vengono considerati nel nucleo familiare del dirigente con il solo
contributo FASI del dirigente stesso anche dopo il venire meno del genitore.
b)i figli invalidi con una pensione di reversibilità superiore a euro 706,11 mensili lordi
possono chiedere di aprire una posizione autonoma FASI, entro 12 mesi dal decesso
del dirigente, con i versamenti della quota individuale pari ai seguenti importi:
220,00 euro per i dirigenti in servizio
264,00 euro per i dirigenti in pensione
655,00 euro per i dirigenti in prosecuzione volontaria.
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l
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delle norme igienico-sanitarie:
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❚ Odontoiatria infantile
Struttura Odontoiatrica di riferimento
La struttura odontoiatrica è aperta
ai pazienti nei seguenti giorni e orari:
Lun-Mar-Mer-Gio-Ven
dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 14.30 alle 19.30
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Lo Studio aderisce al Progetto
Prevenzione malattie sistemiche e
trattamento dell’edentulia con protesi
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interamente a carico del Fondo.
o
pinioni
Ultima chiamata
Guido Dalla Casa
[email protected]
“L’Occidente è una nave che sta colando a picco,
la cui falla è ignorata da tutti.
Ma tutti si danno molto da fare
per rendere il viaggio più confortevole”.
Emanuele Severino
L’avvertimento
Il 16 gennaio scorso è stato proiettato al
Cinema Odeon di Firenze il film “Ultima
chiamata” di Enrico Cerasuolo. Il titolo
mi invita a fare alcune considerazioni.
Come noto, nel 1972 uscì in italiano il
rapporto “I limiti dello sviluppo”, promosso da Aurelio Peccei e dal Club di
Roma; sono stati co-autori del volume
Jay W. Forrester, Donella e Dennis Meadows, Jorgen Randers. È bene ricordare
che Aurelio Peccei non era un filosofo
ambientalista, ma un dirigente.
Mentre allora il libro aveva destato un interesse notevole, dopo non se ne è quasi
più parlato, malgrado la sua enorme importanza.
Il rapporto era stato impostato schematizzando il sistema mondiale in cinque
grandezze: la popolazione umana, le
risorse naturali, gli alimenti, l’inquinamento e la produzione industriale. Erano poi stati analizzati i tipi di interazione
fra queste grandezze su scala mondiale
e si erano fatte delle proiezioni sul futuro
estrapolando gli andamenti delle cinque
grandezze. Quindi si teneva conto del
progresso tecnico, mentre, trattandosi
di proiezioni, si supponeva di non modificare le interazioni fra le grandezze;
infine si ipotizzava che non cambiasse il
modo di vivere e di pensare della cultura
dominante, cioè si faceva l’ipotesi cosiddetta BAU (business as usual). Con queste premesse erano stati ricavati dodici
diagrammi basati su varie ipotesi.
Il risultato forse più interessante di quello studio è stata la constatazione che
quasi tutte le ipotesi, che aumentavano
le risorse a disposizione anche in modo
considerevole o portavano alcune varia-
46
DI
zioni “ottimistiche” alle altre grandezze,
si concludevano con “l’impazzimento”
dei rispettivi diagrammi. Anche l’ipotesi
di continuare a disporre di nuove risorse
senza limiti aveva come conseguenza il
collasso del sistema, sempre con l’ipotesi
BAU. Questo proverebbe che non si tratta di un problema di esaurimento di risorse, ma dell’impossibilità di persistenza di un sistema come quello economico
di produrre-vendere-consumare all’interno della Biosfera, che è un sistema complesso che funziona in modo stazionario
lontano dall’equilibrio termodinamico.
Questo si può vedere anche partendo
dalla teoria dei sistemi, come evidenziato nel libro Assalto al pianeta, di Pignatti e Trezza (Ed. Bollati Boringhieri, 2000),
in cui si dimostra che il problema non
è causato semplicemente dalla scarsità
di risorse, ma ha radici più profonde, legate al modo di procedere del sistema
economico, che dipende da un’unica variabile (il denaro) e non può integrarsi in
un sistema complesso con grandissimo
numero di variabili, come l’Ecosfera.
Solo due dei diagrammi esaminati rappresentavano, dopo un certo tempo,
un andamento stazionario delle cinque
grandezze, ma entrambi richiedevano
come condizione necessaria e non sufficiente la stabilizzazione della popolazione umana mondiale attorno all’anno
1975 (che corrisponde alla metà di quella attuale), cosa che già allora appariva
utopistica e che notoriamente non si è
verificata.
Si vede subito che, tracciando una verticale sull’anno 2014 e osservando l’andamento delle cinque grandezze, troviamo proprio la situazione attuale: le
risorse in rapida diminuzione, popola-
Dirigenti Industria maggio 2014
zione e inquinamento che continuano
a salire inesorabilmente, alimenti e produzione industriale che hanno appena
passato il picco e iniziano a scendere.
Malgrado la serietà dell’avvertimento,
per più di 40 anni si è continuato come
prima.
Avvisi caduti nel vuoto
Le proiezioni a conclusione del rapporto si stanno rivelando esatte: infatti in
questi decenni non si sono modificate le
interazioni fra le grandezze esaminate,
cioè il cosiddetto BAU. Malgrado tutto,
si vuole continuare come prima, con la
crescita, che è la causa del male.
Si noti che il rapporto del Club di Roma
non è mai andato fuori da posizioni antropocentriche, non ha mai fatto considerazioni morali, pure molto importanti
dato che stiamo togliendo lo spazio vitale a tutti gli esseri senzienti (altri animali, vegetali, ecosistemi), sostituendo
in modo massiccio materia inerte a sostanza vivente. Il rapporto non è quindi
basato sulle idee dell’Ecologia Profonda, ma ancora antropocentrico. Siamo
completamente entro il paradigma cartesiano-newtoniano, anche se con un
approccio abbastanza sistemico e non
viene avanzato alcun dubbio sulla visione del mondo antropocentrica, allora
e tuttora imperante. In quegli anni “Il
punto di svolta” non era ancora iniziato,
e anche oggi, se è in corso, procede con
estrema lentezza. Il libro di Fritjof Capra
che porta quel titolo, è uscito in italiano
dieci anni dopo, nel 1984.
Quindi c’erano tutte le premesse perché
il rapporto del Club di Roma potesse
o
pinioni
essere accettato, esaminato, ascoltato
senza sforzi eccessivi di dover effettuare
un “cambio di paradigma” o di dover rovesciare subito una visione del mondo.
Ripeto, così è andata a vuoto l’ultima
chiamata: sono passati più di 40 anni, ora
è troppo tardi perché si possano evitare
eventi traumatici. Allora la popolazione
umana mondiale era circa la metà di quella attuale e corrispondeva al massimo dei
valori considerati ancora accettabili perché il pianeta potesse continuare a vivere
ed a mantenersi in situazione stazionaria:
oggi ci troviamo in un transitorio che non
può durare a lungo.
È comunque doveroso più che mai tentare qualcosa, informare il più possibile,
ridurre le nascite e i consumi, per rendere l’evento traumatico meno grave.
L’uomo non evita mai le catastrofi, ne guarisce. Non mi ricordo chi l’ha detto, ma
speriamo che sia vero.
In questi 40 anni si sono distrutti migliaia di ecosistemi, si è tolto lo spazio vitale
a milioni di specie di esseri senzienti, si
sono abbattute metà delle foreste del
Pianeta, si è alterata l’atmosfera terrestre
e si vuole continuare in questa follia.
Tra l’altro, proprio in quegli anni è stato
pubblicato l’articolo di Arne Naess “The
Shallow and the Deep” che indica convenzionalmente la nascita in Occidente
dell’Ecologia Profonda: il filosofo norvegese ha introdotto idee ancora più
radicali e rivoluzionarie, quasi nuove per
l’Occidente e a mio avviso indispensabili per un vero cambio di paradigma o
di visione del mondo, cioè per una vera
modifica del modo di vivere. Le sue idee
riportano la nostra specie all’interno della Natura, dove doveva restare da sempre. Tutto in quegli anni. Una sintesi in
italiano del pensiero di Naess si trova nel
libro: Ecosofia – Ed. RED, 1994.
Inoltre, come dettaglio significativo per
l’Italia, proprio negli anni 1973-74 ci furono le “domeniche senza macchine”.
Insomma, in quei pochi anni, all’inizio
degli anni Settanta del secolo scorso, c’è
stata, in Italia e in tutto il mondo, l’ultima chiamata della Terra. Nessuno ha
risposto.
Dopo alcuni anni dalle “domeniche senza macchine” qualche giornalista “spiritoso” scrisse che l’esperimento non fu
più ripetuto, anche se i motivi ci sarebbero stati ampiamente, “perché stava
per succedere una mezza rivoluzione”.
Non è vero. Allora abitavo nei pressi di
Torino e ricordo benissimo quelle domeniche: mio figlio, che allora aveva
sette-otto anni, mi ha chiesto ancora
per diverso tempo perché non c’erano
più giornate belle come quelle, anche
se tutte le auto in sosta occupavano
comunque spazi inutilmente. In realtà
le autorità industrialiste-sviluppiste si
erano prese una gran paura che la gente si accorgesse di quanto era bello un
mondo senza automobili. Così non se ne
è più parlato.
Attualmente sulla Terra gli umani sono
oltre sette miliardi e aumentano di 90
milioni all’anno, scompaiono 100.000
Kmq di foreste all’anno, l’anidride carbonica aumenta di 3 ppm all’anno, si
estinguono 30 specie al giorno, la biodiversità si degrada a vista, il consumo di
territorio fa registrare cifre vertiginose.
Palesemente questi fenomeni, conseguenze inevitabili della crescita economica, non possono continuare ancora
a lungo. Quindi la Natura deve cercare
di guarire dal suo male, facendo terminare quella forma del pensiero umano
che ha invaso tutto il mondo e lo sta
distruggendo. Occorre partire da altre
basi, occorre abbandonare completamente: la competizione economica, la
globalizzazione, la crescita, il mercato e la
corsa ai consumi. Se invece si mantengono tali premesse, i problemi del mondo
sono chiaramente insolubili.
La Vita ha tre miliardi di anni, l’umanità
ha un milione di anni, la cosiddetta “civiltà” ha forse diecimila anni, la crescita
economica-industriale ha meno di duecento anni: la folle presunzione della nostra specie (o della nostra civiltà) è solo
un delirio di grandezza.
Tornando al rapporto sui limiti dello sviluppo, ci sono stati aggiornamenti nel
1993, nel 2006 e nel 2013: sono stati totalmente ignorati anche dai mezzi di informazione. Recentemente è uscito un
libro che riporta una sintesi divulgata,
rapida e sintetica della situazione, sempre senza uscire da una visione antropocentrica (Stephen Emmott – Dieci miliardi. Il mondo dei nostri figli, Feltrinelli,
DI
...Recentemente è uscito
un libro che riporta
una sintesi divulgata,
rapida e sintetica della
situazione, sempre senza
uscire da una visione
antropocentrica...
Dirigenti Industria maggio 2014
47
o
pinioni
2013). Come al solito, l’Autore non è un
filosofo ambientalista, ma uno studioso che insegna Scienze computazionali
all’Università di Oxford. La popolazione
umana ha continuato a crescere anche
oltre le previsioni e continua con andamento esponenziale e un tempo di raddoppio di quaranta anni. Così Emmott
ci avverte: il titolo parla di una cifra tonda, dieci miliardi, ma alla fine del secolo
dovremmo scrivere 28 miliardi, perché
mancano 80 anni, cioè due raddoppi,
quindi quattro volte, sette per quattro
fa 28, è un conto che sa fare anche un
bambino di terza elementare, ma evidentemente non ne sono capaci i soloni,
economisti, politicanti e simili, che governano il mondo, almeno così credono.
O forse qualcuno pensa che possa vivere
una Terra con 28 miliardi di umani, cioè
di un Primate di 80 Kg che pretende anche di mangiare carne?
Il libro di Emmott è fatto di tanti flash
di estrema chiarezza che riportano la
situazione mondiale nei vari campi e ci
dicono quali disastri stanno dietro la costruzione di tanti oggetti che ci sembrano “banali”: tutti dovrebbero leggerlo e
meditarlo anche se, come dice l’Autore,
nessuno farà niente. Con le cifre in gioco, i problemi del Pianeta sono ormai
chiaramente insolubili.
Conclusioni
All’inizio degli anni Settanta del secolo
scorso probabilmente la situazione era ancora controllabile con un deciso cambio di
rotta, soprattutto perché la popolazione
umana era circa la metà di quella attuale:
ora è troppo tardi per sperare in modifiche
dolci e graduali verso una situazione compatibile con la vita della Terra.
Un collasso economico mondiale è divenuta una speranza. I veri catastrofisti sono coloro che pensano che ci sarà
“la ripresa” e tutto andrà avanti come
prima, cioè che continueremo a sottrarre spazio alla Vita e a distruggere le
capacità omeostatiche della Terra che si
basano sulla biodiversità e la complessità delle relazioni fra tutte le entità interessate. La crescita è chiaramente una
grave patologia del Pianeta.
Non ci resta che prepararci spiritualmente a superare il collasso che dopo porterà – speriamo – ad un mondo in grado di
vivere e continuare a consentire la vita a
milioni di specie di esseri senzienti.
Ora possiamo salire sul ponte del Titanic e goderci lo spettacolo, ricordando comunque che molti dei naufraghi
sono sopravvissuti, magari dopo un
bagno un tantino freddo nelle acque
dell’Atlantico.
■
Analfabetismo digitale italiano
Luciano De Stefani
Consigliere Direttivo ALDAI
Una recente indagine ISTAT ha calcolato che la popolazione italiana, tra i 6 ed i 75 anni, è caratterizzata dal 74%
di “analfabeti digitali”, cioè coloro che non hanno mai utilizzato Internet (analfabeti digitali totali = 37%) o lo utilizzano
sporadicamente – non negli ultimi tre mesi – (analfabeti digitali parziali = 13%), oppure lo usano ma non sono in grado
di utilizzare i servizi più comuni di Internet quali l’home banking, pagamenti elettronici, interazione con le Pubbliche
Amministrazioni (analfabeti digitali funzionali = 24%).
Le cause di questa situazione che ci vede molto lontani dalla media europea, sono molteplici e non tutte imputabili
ai cittadini italiani.
L’iniziativa di Telecom Italia, NavigareInsieme, ha avuto notevole successo anche tra i Soci ALDAI.
Nel tentativo di cercare di colmare il gap informo che la Fondazione Humaniter – emanazione della Società Umanitaria
e con sede negli stessi splendidi chiostri quattrocenteschi di via Daverio 7 o via San Barnaba 48 a Milano – organizza un
interessante numero di corsi di informatica.
Il costo d’iscrizione a Humaniter è di € 210, per il 1° anno, ed i corsi d’informatica hanno un costo che ancora
non è stato stabilito ma sarà di circa € 50 a quadrimestre ed inizieranno ad ottobre 2014.
Abbiamo ottenuto dalla Presidenza della Società Umanitaria uno sconto del 10% sulla quota d’iscrizione
per i Soci ALDAI ed i loro familiari.
Sarà possibile iscriversi ai corsi da lunedì 26 maggio 2014 telefonando al numero 02/5519.2966
oppure (per gli analfabeti digitali parziali o funzionali) on-line con carta di credito nel sito www.humaniter.org.
Chi è interessato è bene che si affretti perché le adesioni sono molto numerose e molti corsi si esauriscono rapidamente.
48
DI
Dirigenti Industria maggio 2014
o
pinioni
Privatizzare sì… ma?!
Edoardo Lazzati
i
Presidente Federmanager Pavia
n una situazione di incertezza e di
instabilità politica, tra una fibrillazione ed un’altra provocate dalla
legge elettorale, si comincia a mettere sul piatto un tema delicato, quale
quello delle privatizzazioni, che evoca
un tempo ormai lontano in cui tali operazioni avrebbero dovuto rilanciare il
Paese, oltre che sanare il deficit, per poi
rivelarsi, in qualche caso un disastro, in
qualche altro un modesto successo rispetto alle aspettative.
Purtroppo nel nostro Paese il tema viene
affrontato dalla politica quando la situazione economica è tragica e le esigenze
di fare cassa, con un sistema fiscale ormai al limite della oppressione, porta ad
improvvisare in una materia molto delicata e complessa.
Non vi è dubbio che, in linea generale
meno presenza pubblica c’è nell’economia e meno possibilità esistono di ingerenza della politica e delle conseguenti
manovre clientelari negli assetti di comando delle imprese.
Occorre innanzitutto avere le idee molto
chiare sui settori che sono strategici per
qualsiasi Stato e su quelli che tali non
sono; produrre panettoni o inscatolare
verdure certamente non ha sostanzialmente nulla di strategico ed i privati
possono gestire questo business con più
efficacia e con più concorrenza nell’interesse del consumatore; così come, sempre per semplificare ed esemplificare,
non vedo nulla di strategico nel produrre tabacco.
Ma quando si parla di energia, bisogna
essere più cauti, soprattutto quando si
tratta di assets che costituiscono i cosiddetti monopoli naturali, nell’ambito
dei quali le politiche della concorrenza
si possono attuare creando dei “mercati
fittizi”, attraverso un complesso di regole
sostanzialmente rigide, sulle quali deve
poi vigilare una authority pubblica.
Occorre quindi sempre distinguere tra la
facile demagogia del “privato è sempre
meglio” e “pubblico è sempre peggio”.
Un esempio facile facile è la privatizzazione di ENEL; avrebbe dovuto portare
secondo il Governo di allora un netto
abbassamento del costo dell’energia;
ma se non si dispone in autosufficienza
della materia prima, si rischia di essere
velleitari. Oggi i tanti operatori dell’energia, nell’ambito dei quali operano centinaia e centinaia di aziende controllate
dai Comuni e quindi dalla politica locale
con pesanti conseguenze sulla inefficienza del sistema corrono e concorrono ad acquistare energia nucleare dalla
Francia.
Certo, il singolo azionista ritiene di essere molto soddisfatto quando vengono
staccate le cedole; ma il piccolo azionista dovrebbe valutare anche come viene tutelato il suo capitale investito; e la
forte perdita di valore delle azioni ENEL,
probabilmente conseguente, oltre che
al forte calo dei consumi, ad una politica
di grande espansione all’estero che, ad
oggi, sembra aver creato solo un pesantissimo debito, dovrebbe fare riflettere
anche i più accesi liberisti.
Il costo dell’energia è tra i più pesanti d’Europa con gravissimo danno alle
imprese produttrici, senza neppure più
possibilità da parte dello Stato, azionista di minoranza, di intervenire in alcun
modo.
Tutto ciò soltanto per confermare che
privatizzare, tanto per mostrare di essere liberisti a tutti i costi, non ha alcun
senso. E veniamo al progetto del Governo di privatizzare un pezzetto di Poste
Italiane.
Intanto va subito detto che privatizzare
per fare cassa come si è sostanzialmente verificato con ENEL ed ENI, non ha
senso; più comprensibile l’idea se, rigorosamente, le entrate da privatizzazione vanno immediatamente a ridurre il
cancro del debito pubblico. Si tratta di
una cura chemioterapica che può avere
effetti positivi.
Ma anche in questo caso ritengo si prospetti un dubbio: si doveva aprire un
DI
nuovo ciclo di privatizzazione proprio
partendo dalle Poste? Il problema non
è se debba essere o meno lo Stato a
consegnare la corrispondenza o i pacchi; ci mancherebbe altro! Chiunque lo
può fare! Ma le Poste oggi sono diventate una grande struttura finanziaria, un
grande collettore del risparmio privato
con una importante produzione di strumenti finanziari che coinvolgono milioni
di risparmiatori.
Non sto dicendo che non si può fare; ma
poiché Poste Italiane hanno raggiunto
un buon grado di efficienza e di organizzazione, perché non cominciare da settori pubblici inefficienti, numerosi e più
importanti nel loro complesso?
Alludo evidentemente alle aziende distributrici di gas ed energia elettrica,
molto numerose nel territorio nazionale, che con una privatizzazione (almeno
al 51%), nell’ambito di un settore ormai aperto alla concorrenza tra privati,
potrebbero garantire lo stesso introito
previsto per la piccola privatizzazione di
Poste Italiane, ma ottenendo un duplice
più importante obiettivo; togliere dalle
mani della politica un potente strumento di clientelismo partitico e rendere
molto più efficienti aziende da sempre
abituate al caldo torpore della protezione pubblica.
Perché di un simile tema nessuno parla?
Perché l’opposizione che spesso mostra
i muscoli non affronta questo tema? Anche il cosiddetto liberista Centro Destra
tace, perché nella grande torta delle
municipalizzate inzuppano volentieri il
biscotto tutti quanti senza distinzione
alcuna.
Ecco, mi piacerebbe che su questo tema
Federmanager facesse sentire chiaramente il suo parere, presentando alla
politica un concreto progetto nell’interesse del Paese, inserendosi su temi (debito pubblico e privatizzazioni) di forte
ed immediata attualità.
Sono solo un illuso di una piccola e periferica provincia lombarda?
Pazienza. Ma qualche volta è bello an■
che illudersi.
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ultura e tempo libero
Concerto di Primavera ALDAI
La vera gioia è un affare serio*
Paolo Tomelleri.
Josef Oskar
c
Responsabile della sezione “musica” del Gruppo Cultura ALDAI
Stephanie Trick e Paolo Alderighi.
ome tradizione da diversi anni a
questa parte il Concerto di Primavera conclude l’attività pre-estiva
del Gruppo Cultura dell’ALDAI
per la stagione 2013-2014.
Non potevamo non concludere con la
musica, perché la musica ci viene dalle
muse ed è una componente primaria
della bellezza della nostra esistenza.
Cosa sarebbe la vita senza la musica?
Nietzsche diceva: “La vita senza la musica sarebbe un errore”. La musica spazia
dalla classica alla liturgica, dal bel canto
al corale, dal rock al pop e si potrebbe
continuare così per diverse righe.
Il Concerto di Primavera, fin dalla sua nascita, è dedicato alla musica jazz. Fenomeno musicale tra i più importanti del
Novecento, il jazz è nato dalla fusione di
elementi cultural-musicali molto diffe-
50
DI
Dirigenti Industria
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ultura e tempo libero
renti. Blues, spiritual, work-song, ragtime, musica afro-caraibica sono alcuni
tra gli ingredienti di un linguaggio nuovo e capace di esprimere in maniera profonda il melting pot culturale americano.
Il pianista milanese Paolo Alderighi, la
cui fama è ormai internazionale, accompagnato dal suo trio, con Roberto Piccolo al contrabbasso e Nicola Stranieri
alla batteria, proporrà un percorso tra i
diversi stili del jazz, grazie alla collaborazione di tre importanti ospiti: il clarinettista Paolo Tomelleri, artista poliedrico
amatissimo dal pubblico italiano ed in
particolar modo da ALDAI per una collaborazione ormai di molti anni, il sax-baritono Carlo Bagnoli, uno dei grandi
esperti del jazz nelle sue varie sfaccettature, anche lui spesso ospite dei Concerti di Primavera, e la giovane pianista
americana Stephanie Trick, astro nascente del pianismo stride, ragtime e
boogie woogie.
Paolo Alderighi collabora da circa quindici anni con Paolo Tomelleri e Carlo Bagnoli in varie formazioni stabili e all-stars
e con Stephanie Trick ha da tre anni un
progetto a quattro mani dedicato agli
stili classici del jazz. Con il suo trio ha recentemente registrato un CD dedicato
alla storia di Broadway. Paolo Tomelleri
e Carlo Bagnoli hanno curricula ricchissimi, hanno effettuato moltissime incisioni e collaborato con grandi nomi del jazz
mondiale.
Il repertorio della serata sarà ricco di
contrasti: oltre a brani standard, stilisticamente differenti (Jazz Classico, New
Orleans, Ragtime, Swing e Bebop) saranno eseguite anche alcune composizioni
originali di Paolo Tomelleri, Carlo Bagnoli e Paolo Alderighi.
Siamo fieri di avere selezionato negli
anni passati artisti di alto livello, il che
ha fatto si che l’asticella si sia alzata,
stimolandoci a puntare al massimo sia
come programma sia come esecutori.
Quest’anno siamo lieti di presentare una
squadra di musicisti di livello assoluto,
tra il meglio che ci sia in Italia e non solo
in Italia. Musicisti in grado di procurare
■
vera gioia. * Il grande filosofo latino Seneca usava
dire: “la vera gioia è un affare serio”.
Claudio Bagnoli.
Concerto di Primavera ALDAI
giovedì 19 giugno 2014 ore 21.00
Auditorium San Fedele - via Hoepli 3/B - Milano
Vi aspettiamo numerosi!
Buon ascolto e buon divertimento.
L’ingresso è libero fino ad esaurimento dei posti,
non è prevista prenotazione.
DI
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ultura e tempo libero
Il golf: lo sport dei manager
Programma Golf 2014
Vladimiro Sacchetti
Coordinatore Gruppo Sport & Turismo ALDAI
[email protected]
a
nche quest’anno con il mese
di marzo è iniziata la stagione golfistica e tutti i nostri
colleghi non vedono l’ora di
riprendere ferri e scarpe da golf e incamminarsi per i verdi percorsi profumati di
primavera.
Giovedì 7 marzo 2014 presso il famoso
Golf Club Castello di Tolcinasco si è tenuta la presentazione del Circuito golfistico
Golfmanager 2014. È stato proiettato anche un interessante filmato con le migliori immagini delle gare e delle premiazioni
dell’anno scorso (www.aldai.it cliccando
su Gruppi di Lavoro - GolfManager).
La serata, che ha visto riuniti oltre 120
colleghi, è proseguita presso il ristorante
del Golf Castello di Tolcinasco con una
simpatica cena con musica dal vivo e
danze.
Il Circuito 2014 è composto da otto
gare con cena che si terranno da marzo sino ad ottobre (con esclusione dei
troppo afosi mesi di luglio e agosto), un
weekend lungo ad Asiago e due soggiorni di una settimana a Marrakech e
alla Gran Canaria.
Sono state inserite gare in nuovi quattro
prestigiosi golf dove non eravamo ancora andati.
Grazie ai sempre più generosi sponsor,
sono notevolmente aumentati il numero e il valore dei premi per i vincitori del
circuito.
Premi finali:
una settimana per due persone
pensione completa in hotel presso
Riva dei Tessali;
un corso di guida veloce di quattro
giorni incluso soggiorno in albergo
5 stelle;
un treno completo di gomme
per l’auto;
quattro cerchi in lega;
l
l
l
Presentazione del circuito 2014 Golf Tolcinasco.
l
tre week-end per due persone
a Donnafugata.
Abbiamo pensato anche ai colleghi
meno competitivi e per loro abbiamo
aumentato i premi ad estrazione. Abbiamo aggiunto ad ogni gara:
DI
l
l
l
un traghetto Sardegna A/R per due
persone + auto della Corsica Ferries;
due legni da golf;
due cene romantiche per due
persone presso il ristorante San Lucio;
due giubbini imbottiti
e molti altri premi.
■
CIRCUITO 2014
CIRCOLO
LOCALITÀ
DATA
GIORNO
GARA
Molinetto
Cernusco (MI)
24 marzo
lunedì
Stableford
Marrakech
Marocco
28 marzo
4 aprile
1 settimana
gara locale
Monticello
Cassina Rizzardi (CO)
16 aprile
mercoledì
Stableford
Ambrosiano
Bubbiano (MI)
8 maggio
giovedì
Stableford
Bergamo Albenza
Almenno San Salvatore (BG)
26 maggio
lunedì
Stableford
Golf Asiago
Asiago (VI)
13 - 15 giugno
tre giorni
Stableford
Pinetina
Appiano Gentile (CO)
25 giugno
mercoledì
Stableford
Margara
Fubine (AL)
18 settembre
giovedì
Stableford
Castello di Tolcinasco
Pieve Emanuele (MI)
7 ottobre
martedì
Finale del circuito
Gran Canaria
Isole Canarie
26 ottobre
2 novembre
1 settimana
gara locale
l
52
l
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I libri di maggio 2014
Renato Ariano
Il vento è un’autostrada per pollini.
Viaggio avventuroso
di un polline inquieto
Ed. Leucotea
Pagine 172 - euro 12,90
Giorgio Campiglio
L’altra Italia
Storia del Rio de la Plata dalla
Repubblica a Peròn (1853-1955)
Ed. Greco & Greco
Pagine 142 - euro 11,00
Dopo la fase epica della scoperta e
dell’Indipendenza che aveva visto gli
italiani protagonisti della storia del Rio
de la Plata come esploratori, navigatori,
mercenari e missionari, nobili e borghesi, questo libro, seguito cronologico di
quello pubblicato nel 2009, L’altra Italia,
il Rio de lo Plata dalle origine alla Repubblica, intende illustrare le successive vi-
54
DI
Il grande viaggio avventuroso
del polline inquieto “Zeffirino”
Mai farsi ingannare dai generi. Vi sono
libri che hanno una storia non meno
interessante di quella che raccontano. È
questo il caso di “Il vento è un’autostrada
per pollini. Viaggio avventuroso di un polline inquieto” già presentato in anteprima al Palazzo dei Congressi di Roma
nel dicembre del 2013 e recentemente
proposto anche ai lettori milanesi alla libreria Feltrinelli grazie allo scrittore Italo
Ruscigni e all’avvocato Giuliano Boaretto, con la partecipazione dello scienziato Edoardo Boncinelli e del politologo
Giorgio Galli. Primario di medicina generale, allergologo e scrittore, già autore
di interessanti saggi, il professor Renato
Ariano ci scorta nel lungo e avvincente
viaggio del polline Zeffirino attraverso
sentieri inconsueti: l’avventura, la fantasia, l’ironia e la scienza in una sorta di fiaba per bambini e adulti dall’animo sem-
plice e innocente. Forse perché Zeffirino
è anche in ciascuno di noi. In realtà, per
cinque lunghi anni l’autore ha organizzato le sue giornate per ritagliare uno
spazio utile al suo libro esplicitamente
pieno di letteratura; un romanzo che costituisce un libro dentro il libro con un
fine divulgativo e consente di imparare
con divertimento. L’immersione del registro narrativo in un tempo verbale iterativo, l’imperfetto dentro il quale l’autore
accompagna con mano il lettore a una
maggiore consapevolezza dei processi
che portano alla diffusione dei pollini
che affliggono i soggetti allergici.
Ma c’è un motivo in più per leggere queste pagine dal gusto classico e lieve ed
è l’omaggio che Ariano tributa consapevolmente al saggio Eudosso. Insomma,
un libro colto di agevole lettura che non
indulge alla pedanteria delle nozioni per
ritrovare e ritrovarsi con un pizzico di
gioco.
Gianni Fossati
cende che ebbero per protagonista per
più di un secolo il popolo, nella più grande emigrazione italiana della storia.
Contadini, operai e imprenditori geniali
sono i personaggi di questa nuova straordinaria epopea che continuamente si
intreccia con le vicende culturali e politiche di un’Italia costituitasi in stato unitario. Alla generazione dei navigatori, Sebastiano Caboto, Amerigo Vespucci, Andrea Doria, Grifeo e Pancaldo e dei padri
della Patria, Alberti, Castelli, Belgrano,
Mascardi, Berruti, fece poi seguito quella
del consolidamento politico ed economico del nuovo stato, Derchi, Mitre, Rocca, Pellegrini e infine Peròn.
È in quest’ottica che si deve interpretare
il libro per rendersi conto di quanto la
storia delle due “Italie”, quella mediterranea e quella atlantica, sia in fondo complementare molto più di quanto si possa
comunemente immaginare. Le vicende
sono narrate in parallelo e sono spesso
speculari con quelle del nostro Paese,
la cui cultura politica ed economica rimase troppo a lungo polarizzata dalla
contrapposizione tra “americanisti” e
“africanisti”.
In considerazione della complessità
dell’argomento e della scarsità di fonti,
il libro si pone come stimolo ad altri che
vorranno approfondire questa interessante materia, rimasta inspiegabilmente
dimenticata, almeno da questa parte
dell’oceano.
Dirigenti Industria maggio 2014
Giorgio Campiglio è nato il 29 aprile 1942
a Milano, dove si è laureato e dove è sempre vissuto. Per la sua attività ha compiuto
frequenti viaggi all’estero e ha sempre coltivato la sua più grande passione: la storia
contemporanea, con particolare riguardo all’immigrazione italiana oltremare.
Nel 1980 ha pubblicato “Storia dell’Africa
bianca” (PAN) e successivamente nel 2009,
“L’altra Italia, il Rio de la Plata dalle origini
alla Repubblica” (Bietti), focalizzato sulle
più antiche relazioni tra la Repubblica di
Genova e quelli che sarebbero diventati i
futuri paesi Argentina e Uruguay.
Il volume è disponibile
nelle seguenti librerie:
Mondadori - piazza Duomo Milano
Feltrinelli - Galleria di Milano
Rizzoli - Galleria di Milano
Hoepli - via Hoepli - Milano
Greco & Greco Editore - via Verona 10
20135 Milano - tel. 02/5831.2811
www.grecoegrecoeditori.it
Per un manager preparato
alle nuove realtà, più consapevole,
più sicuro di sé, più sereno
• Tutela legale e sindacale
• Assistenza sanitaria integrativa
• Consulenza previdenziale e fiscale
• Network professionale
• Orientamento e formazione manageriale
• Valorizzazione delle competenze
... e ancora
• consulenza sui Fondi di previdenza
complementare
• consulenza per il sostegno al reddito GSR
• copertura assicurativa “Polizza Tutela Legale”
Contributo
Associativo 2014
• verifiche e conteggi sulle competenze
di fine rapporto
euro 240,00 - dirigenti in servizio
• ricevimento della rivista “Dirigenti Industria”
euro 120,00 - dirigenti in pensione
• consulenze in ambito formativo e incentivi
al ricollocamento dei dirigenti
euro 112,00 - dirigenti in pensione ante 1988
• Progetto Tutoring
• Sportello Assicurativo Praesidium
Un segnale di solidarietà nei confronti dei colleghi che hanno perso il lavoro:
ALDAI dimezza la quota associativa (€ 120,00) dei dirigenti inoccupati che
autocertificano un reddito inferiore a € 50.000 annui (modello scaricabile dal sito).
CONVENZIONI CON:
euro 30,00 - contributo una tantum
per chi si iscrive per la prima volta
• Società di placement specializzate
già convenzionate anche con GSR/Fasi
• Formaper - Punto Nuova Impresa per un servizio
mirato agli aspiranti imprenditori
• Assocaaf per compilazione dei Modelli 730 e Unico
• 50&Più Enasco per invio telematico domanda
di pensione all'INPS e altre prestazioni
• 50&Più Servizi Srl per gli adempimenti
del rapporto dei collaboratori familiari
• 50&Più Caaf per l’assistenza nell’iter
della dichiarazione di successione
Via Larga 31 – 20122 Milano
Tel. 02/58376.1 – Fax 02/5830.7557
www.aldai.it – [email protected]
mensile dell’ASSOCIAZIONE
LOMBARDA DIRIGENTI AZIENDE
INDUSTRIALI
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segretaria di redazione
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Doppia sotto copertina 420x297 mm
Inserto PI - quartino 210x297 mm (fronte retro)
hanno collaborato
a questo numero
Romano Ambrogi, Franco Del Vecchio, Bruno Lodi,
Sergio Augelloni Fabbri, Patrizia Forcina, Paola Poli,
Daniele Brioni, Giorgio Ambrogioni, Giuseppe Mazzoni,
Gianluca Coppola, Stefania Bandini, Ludovico Ciferri,
Mario Giambone, Giovanni Mura, Sergio Zeme,
Mario Cardoni, Stefano Cuzzilla, Eros Andronaco,
Maurizio Volonghi, Benedetta Pisto, Guido Dalla Casa,
Luciano De Stefani, Edoardo Lazzati, Josef Oskar,
Vladimiro Sacchetti, Gianni Fossati
on-line
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Buona lettura
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immerso in un grande giardino fiorito con tante varietà botaniche,
❚ spiaggia privata, di sabbia bianchissima e scogli, raggiungibile
con l’ascensore a mare,
❚ piscina “hollywoodiana” a quattro petali, con vasche per bambini
e per idromassaggio,
❚ livello di ristorazione eccellente, ricco di squisiti piatti serviti al tavolo
(un famoso gastronomo ha scritto “Alla Pizzuta avrete due gioie sicure
al giorno, i pasti”),
❚ escursioni di grande suggestione: dalla mini-crociera di un giorno alle
isole Eolie alla visita al Museo di Reggio Calabria (Bronzi di Riace), alle gite
in motobarca a Capo Vaticano e alle varie escursioni sui pianori montani,
❚ tornei sportivi e di carte (bocce, bridge e burraco, pallavolo, ping-pong, ecc.),
❚ brillante animazione (giochi, ginnastica, acqua-gym, cabaret e assistenza
sportiva).
Avvincenti tornei
di bridge e burraco
Una settimana di gioco
dal 13 al 20 settembre,
organizzata per gli ospiti
e diretta da istruttori federali.
La spiaggia privata di sabbia bianchissima
e scogli.
Come si giunge al Resort “La Pizzuta”
In aereo, treno o auto. Per l’arrivo in aereo (aeroporto di Lamezia Terme)
o in treno (stazione di Tropea) meglio prenotare con buon anticipo per avere
le quotazioni migliori. In ogni caso il villaggio assicura il servizio transfer con taxi
convenzionato. Se invece si giunge in auto percorrendo l’Autosole, il casello di uscita
è Pizzo Calabro, direzione Tropea seguendo la litoranea statale.
Informazioni e prenotazioni
Visitate il Resort cliccando www.lapizzuta.it
Per info e prenotazioni: Segreteria milanese di Piazza Velasca, 5 (Torre Velasca, 8° piano).
Tel. 02 798 493 - Cell. 335 5216 217 - Fax 02 76007916 - E-mail: [email protected]
La serata speciale con “cena di gala”
a bordo piscina.