La comunicazione e le sue scienze

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La comunicazione e le sue scienze
La comunicazione e le sue scienze
Eddo Rigotti*
Non sempre ci si può fidare dell’etimologia per comprendere un termine, ma
nel caso di “comunicazione” l’indagine storica ci viene senz’altro in aiuto.
Communicare, con due emme in tutte le lingue eccetto che in italiano, è composto da una prima parte che non crea alcuna difficoltà interpretativa: cum. La
seconda invece crea gravi problemi: che cos’è quel munico? Quel che c’è dentro è il munus. Bisogna ricordare che in latino communicare voleva dire permettere all’altro di usare un proprio bene. Quindi si poteva communicare la
mensa (tecum mensam meam communicabo era un invito a pranzo), la casa,
un messaggio, un gaudium, cioè partecipare una gioia.
Ma che cosa vuol dire esattamente questa parola munus? Vuol dire due cose:
da un lato dono e dall’altro compito, dovere, funzione. E proprio in quest’apparente stranezza penso si nasconda tutta la logica della comunicazione: significa
un bene fondamentale che diventa un dovere.
Per accostarci a questa realtà possiamo pensare al modo di dire: “Hai voluto la
bicicletta? Pedala!” Si usa, ad esempio, nel caso di un amico che si è sposato: è
arrivato il primo figlio, poi il secondo, adesso il terzo, e il terzo non dorme, così
il nostro amico passa molte notti in bianco. Arriva al lavoro e confessa ai colleghi la sua situazione: “Non ne posso più!” E allora gli dicono: “Hai voluto la
bicicletta? Pedala!”. Sembra una risposta cinica, ma in realtà è molto delicata,
perché vuol dire: “Ricordati però che grande bene hai ricevuto!” Certo, un bene
comporta un dovere, una cura: il bimbo che arriva chiede cure, attenzioni; e
chiede questa cura perché il bene che arriva va mantenuto, è caro, nel senso
che è amato e anche costoso.
Dunque tra i vari sensi di munus non c’è ambiguità né omonimia: si tratta
piuttosto di una polisemia, perché c’è un legame effettivo tra i vari aspetti.
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Docente presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università della Svizzera
italiana (Lugano).
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Communicare era proprio questo partecipare un bene. In seguito c’è stata una
specializzazione, una restrizione di significato: non ogni bene ma i sensi attraverso i segni.
Questo scambio di beni – la comunicazione – è specifico della persona umana,
e ne costituisce una caratteristica definitoria: proprio a essa si riferiva Aristotele
definendo l’uomo “animale dotato di logos”, cioè di linguaggio e di ragione. Ciò
che si scambia, che si comunica, è dunque la conoscenza, l’esperienza e il suo
senso.
Non è dunque un caso che, per studiare questa realtà così profondamente
legata con la natura della persona, siano necessari più punti di vista – e d’ascolto – che ne mettano a tema, di volta in volta, aspetti e dinamiche differenti.
Non esiste infatti una sola scienza della comunicazione, capace d’interpretarla
in tutta la sua estensione e profondità, ma vi sono diverse discipline che interrogano la stessa realtà della comunicazione con domande e interessi differenti.
Proprio qui sta, a mio avviso, uno dei maggiori pregi del testo di Lorenzo
Cantoni e Nicoletta Di Blas: l’offrire una presentazione di temi di comunicazione che ne evidenziano insieme la necessaria pluralità d’approcci e l’altrettanto
necessaria unità d’orizzonte: nel richiamare che molte sono le discipline coinvolte non dimenticano che una è la realtà studiata.
Il volume che presento può essere considerato dunque una sintesi ad extra
(essoterica) del contributo che diverse discipline offrono alla comprensione
dell’esperienza comunicativa, una sintesi che giunge a offrire, in taluni punti,
prospettive d’analisi e d’applicazione nuove e originali. Non si tratta, infatti, di
una semplice riduzione o semplificazione di contenuti disciplinari, rivolta a
specialisti delle singole discipline, ma di un loro profondo ripensamento, inteso
a enuclearne e a trasmetterne quegli elementi che possono aiutare non esperti,
di formazione tecnica, ad accostare in modo scientificamente avveduto la complessa – e misteriosa – realtà della comunicazione.
A Lorenzo e Nicoletta va il merito d’aver fatto sintesi: la sintesi infatti, com’è
noto, non è un punto di partenza, ma d’arrivo, cui è possibile giungere solo una
volta che si sia raggiunto un punto di vista unitario e unificante di ciò che si
sintetizza, e una volta che si sia superato il rischio che talora presenta la comunicazione per addetti ai lavori (interna, esoterica): d’ignorare cioè aspetti problematici, o d’avvolgersi in dialettiche di scuola, lontane dall’effettiva esperienza e dalle pratiche comunicative.
Non è un caso, poi, che un tale sforzo di sintesi e d’armonizzazione sia stato
sollecitato in un contesto tecnico, all’apparenza lontano da preoccupazioni
comunicative: è invece proprio là dove, oggi, si producono le più avanzate
tecnologie per la comunicazione che si fa più urgente – e più concreta – la
domanda su che cosa sia la comunicazione e su come la si possa favorire o
ostacolare.
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Le tecnologie infatti favoriscono lo scambio delle informazioni (di qui il termine stesso d’informatica o scienza dell’informazione), offrendo nuove opportunità alla comunicazione umana. Esse, verrebbe da dire, integrano in se stesse
alcune dinamiche informativo/comunicative, sono strumenti intelligenti che
aprono inediti spazi comunicativi e liberano energie per una più attenta focalizzazione sul punto di partenza e su quello d’arrivo della comunicazione, cioè
sulle persone che stanno al di qua e al di là degli strumenti tecnici, che li
producono e li usano per attuare la comunicazione, per partecipare cioè di
quel bene di cui s’è detto.
Se, come scrive Paolo Paolini, la comunicazione può giovare agli esperti di
tecnologie, senz’altro le tecnologie dell’informazione e della comunicazione
giovano agli esperti di comunicazione, spingendoli a meglio analizzare, proprio grazie alla mediazione tecnologica, la natura della comunicazione e le sue
dinamiche.
La sfida che le tecnologie pongono all’esperto di comunicazione – e Lorenzo e
Nicoletta l’hanno raccolta con intelligenza e generosità – è quella di andare
ancor più alle cose stesse, di riscoprire e indagare, nelle molteplici possibilità
dischiuse, la natura profonda della comunicazione.
Eddo Rigotti