IL PRIVILEGIO ARTIGIANO

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IL PRIVILEGIO ARTIGIANO
COMMISSIONE PRECEDURE CONCORSUALI
Gruppo di studio formato da:
Malagoli Rag. Claudio (responsabile)
Altomonte Dott. Luca
Giovanardi Dott.ssa Enrica
Luppi Dott.ssa Stefania
Menetti Dott. Pietro Marco
Pignatti Morano Dott. G. Battista
Quartieri Dott.ssa Cristina
Riva Dott. Andrea
Spinelli Dott. Alberto
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IL PRIVILEGIO ARTIGIANO
1) RIFERIMENTI NORMATIVI
L’art.2751 bis del c.c. p.5 assegna un privilegio generale sui mobili del creditore ai crediti
dell’impresa artigiana e delle società od enti cooperativi di produzione e di lavoro, per i corrispettivi
dei servizi prestati e della vendita dei manufatti.
PREMESSA
Il codice civile non da una definizione puntuale d’artigiano. L’unico indizio ce lo fornisce l’art.
2083 del codice civile che definisce artigiano un piccolo imprenditore al pari dei coltivatori diretti
del fondo, dei piccoli commercianti, e di coloro che esercitano un’attività professionale
organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.
Per il c.c. l’artigiano è un piccolo imprenditore, quindi un soggetto in possesso di tutte le
caratteristiche di chi svolge un’attività imprenditoriale, ovvero di chi esercita professionalmente
un’attività economica organizzata al fine della produzione e dello scambio di beni e servizi1,
ma con caratteristiche dimensionali particolari.
Il codice civile lascia, quindi, un vuoto normativo, in quanto, non entra nel merito delle
caratteristiche dimensionali che l’imprenditore deve possedere per potersi definire artigiano.
Un primo intervento, in tal senso, si ha con la legge 25 luglio 1956 n. 860 che provvede a definire
artigiana l’impresa con queste caratteristiche:
a) produce beni e servizi di natura artistica o usuale;
b) è organizzata con il lavoro proprio del titolare e dei suoi familiari;
c) è gestita a rischio e pericolo del titolare;
d) utilizza anche personale subalterno - senza limiti di numero per le imprese operanti nei
lavori artistici, “tradizionali”, e dell’abbigliamento su misura, con limitazione numerica
negli altri casi. La condizione indispensabile è che i dipendenti siano sempre guidati
dal titolare dell’impresa.
Questa definizione si discosta dal concetto espresso dal codice civile in quanto focalizza come
criterio qualificatore dell’impresa artigiana non le dimensioni e quindi l’aspetto quantitativo ma la
particolare natura dell’attività e quindi l’aspetto qualitativo.
La materia è stata successivamente aggiornata con la legge 8 agosto 1985 n. 443 meglio nota come
legge-quadro per l’artigianato che introduceva i cosiddetti limiti dimensionali ed anche altri
elementi caratterizzanti. Questa norma a sua volta, ha subito nuove modificazioni delle leggi 20
1
Art. 2082 c.c. nozione d’Imprenditore
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maggio 1997 n. 133 e n. 5 marzo del 2001 n. 57, con implicazioni che riguardavano il numero dei
dipendenti, il capitale investito nonché l’eventuale forma societaria.
La legge 8 agosto 1985 n.443 prende pieno possesso del vuoto normativo lasciato dal codice civile
e sviluppa organicamente i concetti di: imprenditore artigiano, impresa artigiana e limiti
dimensionali, oltre ad introdurre l’albo delle imprese artigiane e acconsentire la costituzione di
consorzi, società consortili e associazioni tra imprese artigiane.
Imprenditore artigiano
“E’ colui che esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare, l’impresa artigiana,
assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri ed i rischi inerenti alla sua direzione e
gestione e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo
produttivo.”
Da questo concetto emergono alcuni elementi interessanti che devono essere necessariamente
sviluppati in fase istruttoria:
1. La contrapposizione tra la figura “artigiano imprenditore” che assume a tutti gli effetti un rischio
d’impresa e che per tale ragione dovrebbe percepisce un profitto anche in considerazione del fatto
che, se dovesse superare certi limiti dimensionali, potrebbe essere soggetto a fallimento, e la figura
di artigiano che emerge dalla giurisprudenza consolidata2, secondo la quale l’artigiano per poter
beneficiare del privilegio dovrebbe ricavare dalla propria attività un reddito equiparabile a quello di
lavoratore dipendente e non un profitto inteso come remunerazione dei fattori produttivi organizzati
in una struttura industriale avente autonoma capacità produttiva, in cui l’opera del titolare non è più
essenziale né principale.
Si noti, che per effetto della riforma del diritto fallimentare potremmo avere degli artigiani che per
limiti dimensionali sono soggetti a fallimento ma che in virtù delle particolari caratteristiche
dell’impresa o della particolare attività svolta possono beneficiare del citato privilegio. Ciò significa
che il concetto dimensionale non è preponderante, ma è un elemento da valutare alla stregua di
altri.
2. I criteri da utilizzare per giungere alla quantificazione della retribuzione figurativa dell’artigiano.
3. La prevalenza del lavoro dell’artigiano, anche manuale, nel processo produttivo.
Impresa artigiana
Come la definisce la legge 8 agosto 1985 “E artigiana l’impresa che, esercitata dall’imprenditore
artigiano nei limiti dimensionali di cui alla presente legge, abbia per scopo prevalente lo
svolgimento di un’attività di produzione di beni, anche semilavorati, o di prestazioni di servizi,
2
Vedere tra l’altro Trib. Milano 10 giugno 1993, dir. Fall. 194, II 257
3
escluse le attività agricole e le attività di prestazioni di servizi commerciali, di intermediazione nella
circolazione dei beni o ausiliarie di queste ultime, di somministrazione al pubblico di alimenti e
bevande, salvo il caso che siano solamente strumentali e accessorie all’esercizio dell’impresa. Nel
secondo comma viene aggiunto che “ è artigiana l’impresa che nei limiti dimensionali di cui alla
presente legge e con gli scopi di cui al precedente comma, è costituita ed esercitata in forma di
società, anche cooperativa escluse le società per azioni e in accomandita per azioni a condizione
che la maggioranza dei soci, ovvero uno nel caso di due soci, svolga in prevalenza lavoro personale,
anche manuale, nel processo produttivo e che nell’impresa il lavoro abbia funzione preminente sul
capitale”.
In sintesi l’impresa artigiana deve:
1. essere esercitata dall’imprenditore artigiano;
2. rispettare limiti i dimensionali;
3. avere per scopo prevalente un’attività di produzione di beni o di prestazioni di servizi, con
esclusione di tutte le altre, salvo il caso in cui queste attività siano solamente accessorie all’esercizio
dell’impresa;
4. essere costituita in una forma giuridica particolare con esclusione delle società per azioni e in
accomandita per azioni
5. essere iscritta all’albo delle imprese artigiane ai fini dei benefici attribuiti dalle leggi regionali
Limiti dimensionali
L’impresa artigiana può essere svolta anche con la prestazione d’opera di personale dipendente
diretto personalmente dall’imprenditore artigiano o dai soci rispettando limiti che variano in
funzione delle diverse tipologie industriali e in relazione alle diverse attività d’impresa.
Impresa che lavora in serie
Può avere un numero massimo di 18 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a
nove. Questo limite può essere elevato a 22 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti.
Impresa che lavora in serie purché con lavorazione non del tutto automatizzata.
Numero massimo di 9 dipendenti, compresi gli apprendisti in un numero non superiore a 5. Il
numero massimo può essere portato ad 12 a
condizione che gli elementi aggiuntivi siano
apprendisti
Impresa che svolge la propria attività nei settori delle lavorazioni artistiche, tradizionali e
dell’abbigliamento su misura.
Numero massimo non superiore a 32 dipendenti compresi gli apprendisti che non possono superare
le 16 unità. Il numero massimo può essere elevato a 40 dipendenti a condizioni che le unità
aggiuntive siano apprendisti.
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Imprese di trasporto
Massimo 8 dipendenti
Imprese di costruzioni edili
Massimo 10 dipendenti compresi gli apprendisti in un numero non superiore a 5. Il numero
massimo può essere elevato a 14 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti.
Ai fini del calcolo bisogna considerare che:
Gli apprendisti passati in qualifica, per un periodo di due anni non sono da considerare nel computo
dei dipendenti.
Il calcolo dei dipendenti deve essere fatto rispettando i seguenti criteri:
- Non sono computati i lavoratori a domicilio definiti dalla legge 18 dicembre 1973 n.877 a
condizione che non superino un terzo dei dipendenti non apprendisti occupati presso l’impresa
artigiana;
- Sono computati i familiari dell’imprenditore, benché partecipanti all’impresa familiare, che
svolgono la loro attività di lavoro prevalentemente e professionalmente nell’ambito dell’impresa
artigiana;
Sono computati tranne uno, i soci che svolgono il prevalente lavoro personale nell’impresa
artigiana
Non sono computati i portatori di handicap di qualsiasi tipo;
Sono computati i dipendenti qualunque sia la mansione svolta
Albo delle imprese artigiane
E’ istituito l’albo delle imprese artigiane, al quale sono tenute ad iscriversi tutte le imprese aventi
requisiti previsti dalla legge quadro.
Le imprese artigiane che superino per un massimo del 20% i limiti dimensionali di cui all’art. 4 (
punto precedente) mantengono il diritto ad essere iscritte a condizione che lo scostamento non sia
superiore a tre mesi nell’anno.
Consorzi, società consortili e associazioni tra imprese artigiane
I consorzi e le società consortili, anche in forma di cooperativa, costituiti tra imprese artigiane sono
iscritti in sezione separata dell’albo delle imprese artigiane e ad essi vengono estese le agevolazioni
previste per le imprese artigiane.
Eventuale forma societaria
In base alla normativa speciale l’attività artigiana può essere esercitata in forma societaria secondo
le seguenti tipologie:
1 Società in nome collettivo
2 Società cooperative
5
3 Società a responsabilità limitata uni personale S.R.L.U, purché l’unico socio sia in possesso
dei requisiti indicati nell’art 2 della legge quadro e non sia socio di altra S.R.L.U o socio
accomandatario di altra S.A.S anche non artigiana;
4 Società a responsabilità limitata pluripersonale, sempreché la maggioranza dei soci, ovvero
uno nel caso di due soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale nel processo
produttivo e detenga la maggioranza del capitale sociale e degli organi deliberanti della società;
5 Società in accomandita semplice: tutti i soci accomandatari devono svolgere in prevalenza
lavoro personale (anche manuale) nel processo produttivo ed essere in possesso dei requisiti previsti
dall’art 2 della 443/85. I soci accomandatari artigiani non possono essere soci di altra S.R.L.U o
accomandatari di altra S.A.S.
Commenti
Ciò detto a livello giurisprudenziale esistono tre diverse correnti di pensiero che cercherò di
esprimere brevemente:
La prima, ritiene che le due normative di riferimento vale a dire art. 2083 del c.c. e la legge 4 agosto
del 1985 n. 443 siano indipendenti l’una dall’altra ai fini delle procedure concorsuali. Cosa
significa? Semplicemente, la normativa della legge quadro detta i criteri utili a definire la natura
artigiana d’impresa esclusivamente in relazione ai fini dei benefici previsti dalla legislazione
regionale di sostegno. Mentre la disciplina codicistica art. 2083, avente per definizione portata
generale, è la sola che possa costituire supporto per la soluzione di problemi legati alla sfera
fallimentare, nella fattispecie legati all’attribuzione del privilegio ex art. 2751 bis n. 5.
La seconda, parte dal presupposto che l’art. 2751 bis n. 5 concede il privilegio ai crediti
dell’impresa artigiana e non a qualsiasi piccolo imprenditore, di conseguenza i riferimenti guida
sono da ricercarsi nella legge quadro.
La terza, ha ritenuto che quel privilegio spetti solo alle società in nome collettivo, di tutti i tipi,
regolari o no a condizione che:
a) la maggioranza dei soci svolga in prevalenza lavoro manuale nel processo produttivo
b) il lavoro, anche dei dipendenti, abbia funzione prevalente sul capitale.
Fermo restando questi superiori orientamenti resta da definire il problema dell’attribuibilità del
privilegio artigiano, in quanto è evidente che non è possibile non attribuire il privilegio nel caso in
cui i parametri di riferimento siano quelli della legislazione speciale.
2) ISTRUTTORIA PER IL RICONOSCIMENTO DEL PRIVILEGIO
Indipendentemente da questi orientamenti giurisprudenziali, i riferimenti normativi stabiliscono con
chiarezza che la qualità di artigiano dipende esclusivamente dalla sussistenza degli elementi
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oggettivi e soggettivi previsti dalla legge che il giudice deve accertare sulla base degli elementi di
prova forniti dal creditore istante. Ne discende che il curatore fallimentare indirizzerà l’indagine
all’analisi della struttura organizzativa dell’impresa, attraverso l’esame dei documenti3 la cui
allegazione alla domanda di ammissione al passivo fallimentare dovrà ritenersi assolutamente
indispensabile ai fini dell’ottenimento della collocazione del credito in via privilegiata.
Importante ricordare che la giurisprudenza dominante (confortata dalla Corte Costituzionale)4
ritiene che l’iscrizione nel registro delle imprese artigiane non abbia natura costitutiva della qualità
di artigiano, può tuttavia costituire una presunzione semplice della ricorrenza della qualità di
artigiano.
Infine è assodato, dalla giurisprudenza di merito, che gli elementi che più di ogni altro qualificano
l’impresa artigiana sono determinanti dalla prevalenza del lavoro del titolare dell’impresa e dalla
preminenza del fattore lavoro – comprensivo del lavoro del titolare e dei dipendenti – rispetto al
capitale investito.
Il curatore fallimentare dovrà quindi accertare:
a) La preminenza del fattore lavoro sul capitale investito.
La preminenza del fattore lavoro sul capitale investito non deve essere inteso solo in senso
quantitativo, ovvero il peso di un fattore produttivo sull’altro, ma anche in senso funzionale e
qualitativo, in rapporto con le caratteristiche strutturali fondamentali dell’impresa artigiana ed
alla natura del bene prodotto e del servizio reso5.
Quindi, sotto l’aspetto qualitativo e funzionale, possiamo trovare imprese artigiane caratterizzate
dall’opera qualificante dell’imprenditore o dei suoi collaboratori e che, tuttavia, pur a fronte di una
limitata organizzazione, hanno bisogno strutturalmente di un notevole impiego di capitali.
Per contro, possiamo trovare imprese nelle quali l’aspetto qualitativo/funzionale perde di significato
e quindi il giudizio resta affidato al ruolo giocato dal rapporto capitale e lavoro, ad esempio si
3
Certificato d’iscrizione all’albo delle imprese artigiane, copia della dichiarazione sostituti d’imposta Mod. 770 degli
ultimi due anni con riferimento alla data della presentazione o copia del libro matricola, Modello Unico (IVA e Redditi)
degli ultimi due anni con riferimento alla data della presentazione; bilanci degli ultimi due anni con riferimento alla data
della presentazione.
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Nota Quatraro - Cass. 4455/01, Cass. 17 dicembre 1993, n. 12519, Rep. giur. it. 1993, voce privilegi, n.24; Cass. 5
luglio 1990, n. 7085. Fall. 1991, 51 Trib. Perugia 24 ottobre 1988, Trib. Torino, 27 ottobre 1987, Fall., 1988, 484. Sul
punto, cfr. Miglietta - Prandi , op.cit., 162-165, anche per indicazioni giurisprudenziali contrarie. Corte Cost., 24 luglio
1996, n. 307, Foro it. 1996, I, 3596, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 2751
bis n. 5 c.c. e 13, comma 6, legge 8 agosto 1985n. 443 (e, pertanto, pur occupandosi di norme diverse dall’art. 1 legge
fall.) ha affermato che l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane, anche nell’ambito delle regioni a statuto speciale e
delle provincie autonome, costituisce il presupposto per fruire delle agevolazioni previste dalla legge - quadro o da altre
disposizioni, ma non vale a far sorgere una presunzione assoluta circa la qualifica artigiana dell’impresa stessa ai fini
del riconoscimento del privilegio generale sui mobili previsto dal c.c.; al contrario, è consentito al giudice di sindacare
la reale consistenza dell’impresa creditrice, con la conseguente eventuale disapplicazione dell’atto amministrativo di
iscrizione all’albo una volta accerta l’illegittimità. In ogni caso, anche la giurisprudenza che ha ritenuto qualificante
quell’iscrizione, ne ha disconosciuto la vincolatività, per sussistenza di quel potere di disapplicazione.
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verifica quando l’attività dell’imprenditore, pur caratterizzata da una qualificazione professionale
della stessa, non è espressione di un’arte o di una capacità professionale ricollegabile alla persona
che qualitativamente la caratterizza, né richieda rilevanti investimenti di capitale, potendosi
svolgere indifferentemente con elevati o modesti capitali.
Al fine di rilevare la prevalenza del lavoro sul capitale, ci viene in aiuto la giurisprudenza di merito,
in particolare la sentenza della Corte di Cassazione del 2 giugno 1995 n. 6221, sez. I ha legittimato i
criteri che devono essere seguiti al fine di rilevare la prevalenza dell’uno sull’altro.
In particolare si segnala che le grandezze che esprimono meglio il lavoro e il capitale sono le voci
che costituiscono il costo del lavoro e il valore del capitale investito.
Il costo del lavoro è formato da tutti gli elementi retributivi che costituiscono il costo del lavoro per
il personale dipendente, per le collaborazioni a progetto oltre ai compensi percepiti dall’artigiano o
dai soci, ovvero, dai compensi figurativi nel caso in cui nel conto economico dell’impresa non
compaiano voci attribuibili alle prestazioni svolte dal titolare o dai soci, sempre che svolgano il loro
lavoro in misura prevalente all’interno dell’impresa.
Avremo pertanto come costi per:
1) dipendenti e collaborazioni
- le retribuzioni,
- i ratei ferie, tredicesime, e quattordicesime,
- i contributi inps e INAIL,
- la quota trattamento fine rapporto,
2) l’artigiano ed eventuali soci
- il costo evidenziato nel conto economico per le loro prestazioni, oppure, in mancanza di questo il
salario figurativo dell’artigiano;
- i contributi sostenuti a loro favore per INPS, INAIL o per altre casse riscontrabili nel conto
economico dell’impresa.
Di difficile quantificazione è la retribuzione figurativa.
La Cassazione, nella sentenza sopra riportata, va ad individuare come elemento quantificatore del
salario figurativo, l’utile attribuito ai soci. La Corte sa benissimo che si tratta tecnicamente di una
forzatura, in quanto ingloba un quid attribuibile alla remunerazione del capitale. Tuttavia, ritiene
che il valore così ottenuto sia di per se valido, ma che debba essere interpretato, da caso a caso, alla
luce della particolare attività svolta dall’impresa e quindi sul rapporto funzionale tra il lavoro del
titolare e dei suoi dipendenti rispetto al capitale.
Il capitale investito è costituito dal capitale fisso più il capitale circolante.
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Cass. 20 settembre 1997 n.9340, Cass. 2 giugno 1995 n.6221
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Il capitale fisso è rappresentato da tutti i beni durevoli che partecipano al ciclo produttivo inclusi
quindi i beni in comodato d’uso anche gratuito e quelli in leasing.
Il valore da prendere come riferimento, come ci indica la sentenza della Corte di Cassazione del 2
giugno 1995 n. 6221, sez.I, è il costo storico rivalutato, in quanto deve essere rispondente alla
mutata variazione di valore in termini monetari. Tuttavia il valore così formato non può essere
identificato come valore del capitale fisso riferito ad anno, ovvero, come valore del capitale fisso
consumato nel periodo di riferimento. Per ottenere un valore confrontabile con il costo del lavoro è
necessario applicare ad ogni classe di cespite, come ci viene indicato dalla sentenza sopra riportata,
l’aliquota di ammortamento fiscale ad essa attribuita in relazione alla tipologia di attività. La
sommatoria dei vari ammortamenti costituisce il valore del capitale fisso consumato nell’anno.
La Corte, quindi, attribuisce piena valenza ai coefficienti di ammortamento, definendoli strumenti
idonei a quantificare quella parte di capitale fisso che viene consumata nel periodo considerato.
Il capitale circolante è rappresentato dalla liquidità immediata, differita e dalle rimanenze. Tuttavia
il valore che ci interessa non è la totalità dei mezzi finanziari impiegati nel periodo di riferimento
ma solo l’ammontare strettamente necessario per il funzionamento dell’impresa. Questo si ottiene
rapportando al valore del fatturato netto di vendita il valore del capitale di esercizio. Il valore
ottenuto esprime il tasso di rotazione del capitale di esercizio, ovvero quante volte il capitale
circolante gira nell’arco di un anno. Per ottenere il valore del capitale circolante strettamente
necessario al funzionamento dell’impresa è necessario dividere il valore del capitale circolante per
il tasso di rotazione.
Il valore così ottenuto andrà sommato al capitale fisso ottenendo il valore del capitale investito che
andrà confrontato con il costo del lavoro in precedenza descritto.
Dal confronto di questi dati siamo in grado di quantificare la prevalenza del lavoro sul capitale.
Non bisogna tuttavia mai dimenticare che queste valutazioni quantitative devono essere sempre lette
e interpretate in funzione delle caratteristiche strutturali fondamentali dell’impresa artigiana
ed alla natura del bene prodotto e del servizio reso.
b Prevalenza del lavoro personale – individuato anche dal carattere della manualità – del
titolare dell’impresa nel processo produttivo.
Elementi idonei a far perdere la natura artigianale dell’impresa possono essere:
- la presenza di un’organizzazione industriale, avente autonoma capacità produttiva, in cui l’opera
dell’artigiano non è più essenziale né principale;
- un elevato investimento in capitali;
- un volume d’affari molto elevato nella costruzione e vendita di beni;
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Questi elementi possono essere individuati dall’esame:
a- dell’atto costitutivo e dello statuto, nei quali è possibile verificare l’oggetto sociale e l’effettiva
natura artigianale dell’attività svolta;
b- del libro matricola o dal libro unico del lavoro, al fine di accertare la relazione esistente sotto
l’aspetto numerico, qualitativo e funzionale, tra lavoratore artigiano titolare dell’impresa e salariati
esterni;
c- delle dichiarazioni fiscali e bilanci dell’impresa, per accertare il volume d’affari, la consistenza
dei mezzi finanziari utilizzati in rapporto al fattore umano.
c) Accertamento dei Crediti
Oggetto di tutela sono i crediti che rappresentano il corrispettivo dei servizi prestati e della vendita
dei manufatti – intesi come frutto del legame che deve esistere tra il prodotto dell’attività d’impresa
e l’attività lavorativa dell’artigiano e dei soci.
Quindi, in sede di accertamento, è necessario verificare che il credito non tragga origine da attività
diverse da quelle sopra descritte ad esempio i corrispettivi percepiti a fronte di un contratto
d’appalto d’opera non sono considerati crediti privilegiati.
In sintesi il riconoscimento del privilegio del credito dell’artigiano ha come scopo di tutelare il
lavoro e quindi la remunerazione per quell’attività.
Riepilogo: Riconoscimento dell’artigianalità brevi considerazioni
Il principale obiettivo sul quale è necessario focalizzare l’attenzione ai fini del riconoscimento del
privilegio artigiano è l’accertamento della sussistenza nel creditore dei requisiti dell’artigianalità.
In questo senso la verifica del curatore fallimentare passa attraverso queste fasi:
a) l’iscrizione del creditore all’albo delle imprese artigiane;
b) la sussistenza del requisito della prevalenza del lavoro personale dell’artigiano o della
maggioranza dei soci nel processo produttivo;
c) la preminenza del lavoro sul capitale;
d) il rispetto dei limiti dimensionali.
L’iscrizione all’albo delle imprese artigiane è sì una condizione costitutiva ai fini dell’ottenimento
delle agevolazioni fiscali e finanziarie ma non ai fini del riconoscimento del privilegio. E’, di fatto,
una condizione necessaria ma non sufficiente dell’artigianalità. Ciò a maggior ragione se
consideriamo che per le imprese artigiane costituite nella forma di s.r.l. pluripersonale l’iscrizione
all’albo è facoltativa, oppure, l’abolizione dell’albo da parte della provincia autonoma di Bolzano.
L’accertamento che l’artigiano o la maggioranza dei soci svolga in prevalenza lavoro personale
anche manuale nel processo produttivo è di regola facilmente individuabile, soprattutto, nel caso in
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cui il creditore sia un imprenditore individuale o una società di pochi soci o a base familiare: in
questi casi tale prevalenza può essere anche presunta se non diversamente provato.
Più complicato risulta l’accertamento della preminenza del fattore lavoro sul capitale investito.
Per semplificare il compito del verificatore ci si potrebbe muovere per gradi. In prima battuta si
potrebbe fare un’analisi partendo dai dati di bilancio lavorando solo sul capitale fisso e sul costo del
lavoro. Ovvero, si potrebbero confrontare gli ammortamenti con il costo del lavoro integrato dal
salario dell’artigiano o dei soci oppure dalla retribuzione figurativa.
Da questa analisi, tutto sommato abbastanza veloce, si è già in grado di valutare se questa
condizione è rispettata oppure no, nel caso in cui i risultati fossero incerti si potrebbe aggiungere
agli ammortamenti il capitale circolante “consumato nell’anno”. Per finire se siamo ancora
nell’incertezza conviene mettere in pratica i criteri indicati nel punto 2.a. – preminenza del fattore
lavoro sul capitale -.
Infine, non bisogna mai dimenticare che i risultati devono essere sempre letti tenendo conto del
settore economico e merceologico dell’impresa e dalla durata del ciclo produttivo. Molta attenzione
va posta anche alle lavorazioni dislocate presso terzi.
Un elemento indicatore è rappresentato dal fatturato che, preso fine a se stante non è molto
significativo, ma può essere utile per un’immediata verifica della potenzialità produttiva
dell’impresa artigiana, in considerazione, ma non è una regola, della proporzionalità generalmente
esistente, tra capitale investito e fatturato. Si segnala che in passato il Tribunale di Firenze si è
spinto ben oltre, creando una prassi diffusa, nel senso di fissare un tetto di fatturato al di sotto del
quale l’artigianalità dell’impresa si presume.
Infine non resta da dire che i requisiti dell’artigianalità devono sussistere al momento della
prestazione del servizio o consegna del bene che ha dato origine al credito e non al momento della
costituzione dell’impresa.
Interessi
Sono riconosciuti e collocati in privilegio fino al “deposito del progetto di riparto nel quale il
credito è soddisfatto anche se parzialmente” (Art. 54 L.F., riformato).
I.V.A.
IL codice attribuisce all’IVA e più in generale ai tributi indiretti un privilegio speciale sul bene
oggetto della prestazione originante il credito. In pratica, in sede di verifica, non sempre viene
collocata in privilegio, per il motivo che spesso il bene non è riscontrabile nell’attivo fallimentare.
(a cura di: Andrea Riva)
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