Esercitazione II - Case study Gregor Schmidt a Bangalore

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Esercitazione II - Case study Gregor Schmidt a Bangalore
Esercitazione II - Case study
Gregor Schmidt a Bangalore
Questo case study contiene numerosi temi/ problemi di carattere interculturale.
A) Identificatene almeno cinque
B) Individuateli nel testo (sottolineandoli e numerandoli)
C) Spiegate brevemente di cosa si tratta (a fondo pagina); potete fare riferimento alle
teorie che conoscete (Hofstede, Thomas, Hall etc.)
D) Cosa consigliereste a Gregor Schmidt? Come dovrebbe comportarsi per sentirsi a suo
agio?
Gregor Schmidt è responsabile del reparto ricerca e sviluppo per una grossa azienda
tecnologica con sede principale a Francoforte. I prodotti del suo dipartimento verranno
presto realizzati dalla filiale che la ditta ha in India, per questo Schmidt deve visitare
spesso la sede di Bangalore.
La sua prima visita a Bangalore sta per avere inizio: dato che viaggia spesso per lavoro,
tante cose sono gia’ una routine per lui: organizzazione del viaggio, preparazione delle
valigie e dei documenti da portare con sé, medicine; soprattutto è molto informato che le
condizioni igieniche in India sono decisamente peggiori che in Europa. Ed ecco che si
premunisce anche di pillole per disinfettare l’acqua. Ha un’ aggiornatissima mappa
climatica dell’India in base alla quale decide quale tipo di abbigliamento indossare
durante il suo soggiorno. Non dimentica neppure i gadgets della ditta per i suoi colleghi
indiani.
Dopo otto ore di volo, un transfer piuttosto complicato tra due aereoporti (caldo, traffico,
mendicanti che ostruiscono il passaggio e macchine e pedoni ovunque) e due ulteriori ore
di volo nazionale arriva finalmente a Bangalore, stanco e sudato.
Il collega indiano che aveva conosciuto a Francoforte lo viene a prendere all’ aereoporto e
questo fa molto piacere a Schmidt: siedono entrambi in macchina, il collega indiano sa
persino parlare il tedesco e la macchina è confortevole, con il climatizzatore funzionante.
Durante il viaggio Schmidt ha occasione di guardare fuori dal finestrino: il traffico è
intenso e anche insolito ai suoi “occhi” europei: molti pedoni, biciclette, carri, auto,
persino mucche e ed elefanti che trasportano legno e fogliame.
Improvvisamente il traffico, già lento, si ferma completamente: una mucca è in mezzo
alla strada e blocca il passaggio. Il collega indiano sorride indulgente e si rilassa al
volante. Attende, semplicemente. Schmidt comincia a diventare nervoso. “Abbiamo un
meeting fra 2 ore e vorrei passare in hotel prima a darmi una rinfrescata!”. Il collega
indiano risponde calmo: “Abbiamo tempo”.
“Ma come fa ad essere così tranquillo?” pensa tra se’ Schmidt, “è una persona colta,
moderna e brava nel suo lavoro. Si fa influenzare così tanto dalle superstizioni locali?”
Alla fine riescono a procedere. Dopo un quarto d’ora di viaggio Schmidt vede dal
finestrino della macchina tanto verde, parchi, bambini che giocano per la strada. “Sono
figli di persone ricche?” chiede incuriosito all’indiano.
Stranamente non gli viene data risposta. Forse il collega indiano non ha capito la
domanda, pensa Schmidt.
La prassi interculturale – Paola Dellepiane
Arrivano in hotel, dopodiche’, tre ore dopo, in ritardo rispetto all’agenda, sono nella ditta
per il meeting pianificato. Tutti sono rilassati e sorridenti, chiedono al collega tedesco
come sta, com’ è andato il volo. La conversazione si svolge in inglese. Schmidt risponde a
tutti “Well, thanks” e cerca di argomentare il motivo del ritardo – nessuno sembra
prestarvi attenzione.
Il team dei colleghi indiani consiste in tre uomini e due donne.
Schmidt non li ha mai visti prima, così il collega indiano che lo era andato a prendere all’
aereoporto (e che parla il tedesco), glieli presenta uno a uno. Schmidt stringe la mano a
tutti. Uno di loro, il piu’ anziano, invece di stringergli la mano, fa un leggero inchino verso
Schmidt, la cui mano rimane sospesa in aria. Dopodiche’, con la collega donna, succede
la stessa cosa: la mano del tedesco rimane sospesa in aria in quanto la collega non
accenna a dargli la sua. Con la seconda collega Schmidt pensa di agire di conseguenza.
“Ora ho capito come funziona” pensa tra se’ e se’ e rimane immobile. Ma la collega gli fa
un piccolo inchino e gli stende la mano. Schmidt, imbarazzato e confuso, si affretta a
rispondere al gesto e nella fretta fa cadere un libro che lei aveva in mano. Lui si affretta a
raccoglierlo con la mano sinistra e a riconsegnarglielo. Ma con sua sorpresa la collega
sembra non notarlo e non si riprende il libro.
Uno dei colleghi invita tutti a sedersi in sala riunione per procedere con il meeting. Il
primo meeting dura molto poco; il collega stesso suggerisce che le negoziazioni
proseguano il giorno dopo, quando l’ospite tedesco si sara’ ripreso dal lungo viaggio.
C’e’ tempo per tutto, in fondo!
Schmidt chiede al collega che parla la sua lingua quanti giorni ci sono a disposizione per
le trattative.
“Dipende da Lei, Signor Schmidt” risponde l’indiano.
„Ok, ma quanto dureranno in tutto?“
„Cosa?“
„Le trattative per lanciare in nuovi prodotti“
“Beh, non sono in grado di dirglielo”
“Non e’ in grado di dirmelo?!”
“Quanto tempo ha a disposizione? Quanto vuole stare a Bangalore?”
Dieci minuti dopo il collega lo riporta in albergo; durante il tragitto gli racconta la storia
del capo stazione indiano: una volta un europeo era alla stazione per prendere il treno e
notó che i tre orologi della stazione mostravano orari diversi.
Chiese il motivo al capo stazione, il quale rispose:” Qual’ è lo scopo di avere tre orologi
se tutti e tre mostrano lo stesso orario?”. Schmidt pensa che questo annedoto nel suo
paese potrebbe apparire divertente, anche se un po’ assurdo. Ma qui in India
rispecchiava pienamente la realta’: anche lui, persino all’aereoporto, aveva visto tre
orologi con orari diversi.
Dopo un pisolino, nel tardo pomeriggio, decide di fare un giro in citta’: si trova in mezzo
al caos puro, gente, macchine, mucche, di tutto insomma. Tra se’ e se’ pensa: “La
chiamano la Silicon Valley dell’India! A me sembra uno dei posti piu’ primitivi che
esistano!”
La sorpresa successiva la ha quando entra in un ristorante per mangiare: all’ apparenza
un ottimo ristorante ma sul menu manca il maiale…? Che costa strana, lui di solito va
sempre al ristorante indiano a Francoforte, conosce la cucina indiana.
Inoltre nota come la gente del posto mangi con le mani, senza usare ne’ forchetta ne’
coltello. “Usano le dita! Chissa’ come sara’ il pranzo di domani con i colleghi” pensa tra di
se’, un po’ sconcertato.
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Sulla via del ritorno chiede ad un passante, naturalmente in inglese, indicazioni per
l’albergo: il passante si limita a scuotere la testa. Schmidt pensa che non abbia capito e
gli ripete la domanda; l’uomo scuote nuovamente la testa; alla terza volta che Schmidt
gli pone la domanda, l’uomo gli risponde, in modo piuttosto forte e animato: “yes, yes,
go!”
Alla fine, tornato in albergo, Schmidt e’ sconcertato; il primo giorno a Bangalore e’ finito,
domani si ricomincia; una strana inquietudine e senso di disagio lo assale: dipende solo
dal jet lag?
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