Mauro Giacomantonio, Lucia Mannetti e Marco Lauriola

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Mauro Giacomantonio, Lucia Mannetti e Marco Lauriola
Oggi le tessere e domani il mosaico:
Construal Level Theory e distanza
psicologica
Mauro Giacomantonio, Lucia Mannetti e Marco Lauriola
La Construal Level Theory è una teoria recentemente sviluppatasi nell’ambito della psicologia
sociale cognitiva con l’obiettivo di studiare gli
effetti della distanza psicologica sul modo in cui le
persone elaborano le informazioni, sui loro giudizi
e comportamenti. Oltre a presentare e discutere i
principali contributi della teoria ed il suo elevato
potenziale nella spiegazione e previsione del comportamento, nel presente lavoro verranno discusse
criticamente le principali ambiguità teoriche che
ancora caratterizzano questo recente approccio.
Coerentemente con tali scopi, verranno prima trattate le basi teoriche della Construal Level Theory
e gli studi che le supportano, per poi esaminare
approfonditamente le implicazioni comportamentali della distanza psicologica. Nell’ultima parte della
rassegna si discuteranno le principali criticità e le
linee di ricerca futura che da esse possono derivare.
«Più lontano accade una catastrofe o un
incidente, più alto deve essere il numero
di morti e feriti perché faccia notizia»
Legge di Fuller sul giornalismo
La citazione riportata sopra sug-
gerisce che una stessa informazione possa essere elaborata ed interpretata in modo diverso a seconda
che appartenga ad una realtà vicina o lontana. Quindi, sebbene
cinica, la massima di Fuller sottolinea chiaramente come il giudizio
e le valutazioni delle persone siano
soggette all’impatto della distanza
dall’esperienza diretta. In quali
condizioni questo avviene? Quali
sono i processi che sottendono la
diversa elaborazione in funzione della distanza? Quali sono le implicazioni sui giudizi, sulle scelte e sui comportamenti e sulle relazioni con gli altri?
Queste domande sono particolarmente rilevanti per le discipline di studio che,
come la psicologia sociale, hanno lo scopo di contribuire alla comprensione del
comportamento umano. Infatti, sebbene il «qui e ora» sia la dimensione fondamentale entro la quale ci si trova ad agire, le persone devono spesso basare le loro
azioni su considerazioni che riguardano stimoli psicologicamente distanti. Nella
quotidianità, infatti, ci viene richiesto di fare piani per il futuro, di stimare quanto
tempo è passato da un certo evento, di valutare comportamenti messi in atto in un
PSICOLOGIA SOCIALE
n. 2, maggio-agosto 2010
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continente diverso dal nostro, di riflettere su cosa sarebbe meglio fare nel caso ci
trovassimo in una situazione improbabile, di giudicare un evento con gli occhi di
un’altra persona. Ognuna di queste situazioni ci richiede di trascendere il qui ed
ora e obbliga ad elaborare informazioni psicologicamente distanti. Diviene quindi
estremamente rilevante esaminare accuratamente come gli individui si rappresentano oggetti o eventi distanti, come valutano le informazioni ad essi attinenti e quali
tipi di conseguenze ne derivano.
Sebbene vi siano stati alcuni autori che in passato hanno dedicato attenzione
allo studio della distanza psicologica (tra gli altri, Lewin, 1951; Duncan e Fantino, 1972), non si è mai assistito al fiorire di uno strutturato paradigma di ricerca
sul tema prima della Construal Level Theory (CLT). Questa teoria si è sviluppata
nell’ultimo decennio nell’ambito della psicologia sociale a partire dal contributo di
Trope e Liberman (1998) al quale, negli anni successivi, hanno fatto seguito un numero sempre crescente di pubblicazioni sulle principali riviste di psicologia sociale
e cognitiva. Obiettivo centrale della Construal Level Theory è, appunto, quello di
studiare come la distanza psicologica influenzi la risposta delle persone nei confronti di oggetti, eventi o comportamenti (Trope e Liberman, 2003).
Lo scopo principale del presente lavoro è di passare in rassegna i principali contributi della CLT alla letteratura psicologico-sociale includendo anche i risultati più
recenti che non vengono menzionati in altre rassegne sul tema (Trope e Liberman,
2003; Liberman, Trope e Stephan, 2007). Si cercherà di mettere in luce la rilevanza
di tali studi nel campo della psicologia sociale sottolineando sia la loro capacità di
aprire ed ispirare nuove e originali linee di ricerca, sia di riprendere e reinterpretare
risultati e processi ben noti. Si cercherà, inoltre, di sottolineare come la distanza
psicologica possa avere un impatto considerevole sui comportamenti delle persone
e non solo sulle strategie di elaborazione delle informazioni. In ultimo, discuteremo
attentamente le ambiguità teoriche che caratterizzano questo approccio.
Coerentemente con questi scopi, nella prima parte del lavoro cercheremo prima
di definire il concetto di distanza psicologica come inteso dalla CLT e di presentare
le ipotesi di base della teoria che riguardano il modo in cui la distanza psicologica
influenza l’elaborazione delle informazioni. Esporremo poi le evidenze empiriche a
sostegno di queste ipotesi organizzando la trattazione in base alle quattro dimensioni di distanza psicologica trattate dalla CLT: distanza temporale, distanza spaziale,
distanza sociale e ipoteticalità. Nella seconda parte della rassegna ci occuperemo
degli studi che hanno indagato le conseguenze della distanza psicologica su giudizi, atteggiamenti e comportamenti. In particolare, si passeranno in rassegna gli
studi che hanno esaminato gli effetti della distanza psicologica sulla percezione del
comportamento altrui, sulle preferenze e la presa di decisione, sul sé e sui comportamenti economici e di consumo. Tale organizzazione dei contributi, oltre a rendere
l’idea di quanto siano ampie le implicazioni della distanza psicologica sui processi
mentali e sui comportamenti, consente di includere agevolmente la maggioranza
degli studi condotti sulla base della CLT pubblicati nell’ultimo decennio. Nella par-
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te finale del contributo, discuteremo i principali meriti della CLT e, soprattutto, i
problemi teorici che la caratterizzano e le possibili linee di ricerca future che dovrebbero essere intraprese per risolverli.
1. Le basi della Construal Level Theory
1.1. Distanza psicologica e livello di construal
Ogni informazione o stimolo considerato dalle persone riguarda eventi che possono
essere collocati su una dimensione continua i cui estremi sono la massima vicinanza
e la massima distanza dall’esperienza diretta. Tanto più un oggetto è distante dalla
nostra esperienza diretta, tanto più è psicologicamente distante da noi. A questo
proposito, Liberman e coll. (2007) puntualizzano che «anything that is not present
is distal» (p. 353).
Partendo da questa definizione generale di distanza psicologica, la CLT ha
provveduto ad una operazionalizzazione più chiara e specifica della distanza psicologica distinguendo quattro sottodimensioni che la compongono. Infatti, un oggetto o evento può essere distante dalla nostra esperienza diretta perché appartenente
ad un futuro lontano (distanza temporale) o ad un luogo remoto (distanza spaziale).
Allo stesso modo, un’azione può essere distante perché non condotta da noi ma da
un’altra persona (distanza sociale) o perché è improbabile che accada (ipoteticalità). Liberman e coll. (2007) sottolineano anche che le stime di queste distanze sono
soggettive e variabili. È quindi la percezione di distanza ad essere responsabile degli
effetti che discuteremo di seguito.
Al cuore della CLT vi è l’ipotesi che ognuna di queste dimensioni di distanza
psicologica abbia un effetto determinante sul livello di construal adottato, cioè sul
modo in cui le persone interpretano, percepiscono e comprendono la realtà. Più
nello specifico, quando un oggetto è collocato ad un’elevata distanza psicologica
(ad esempio, in un altro continente geografico), esso non può essere oggetto di
esperienza diretta e la conseguente mancanza di informazioni dettagliate e concrete
porterà ad adottare un alto livello di construal dell’oggetto, cioè a creare rappresentazioni astratte e decontestualizzate. Il risultato di questo processo mentale è simile
ad uno schema poiché organizza attivamente la conoscenza integrando diverse caratteristiche dell’oggetto/evento intorno ad elementi semplici e generali (Smith e
Trope, 2006; Schul, 1983; Smith, 1998). Proprio in funzione della semplicità e della
schematicità, gli elementi che tipicamente possono essere inclusi in questo tipo di
rappresentazioni sono quelli primari, centrali, prototipici e sovraordinati di una
situazione come, ad esempio, gli scopi che determinano un’azione (Fiske e Taylor,
1991). Come notato, da Trope e Liberman (2003), un cambiamento degli elementi
inclusi in rappresentazione astratta produce un cambiamento rilevante nel significato dell’evento.
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Di contro, in presenza di ridotta distanza psicologica, l’oggetto/evento può
essere esperito direttamente e sono disponibili numerose informazioni concrete e
contestualizzate. Ciò porta ad adottare un basso livello di construal, ovvero a formarsi una rappresentazione mentale più dettagliata, meno schematica e più contestualizzata in cui saranno inclusi gli elementi più secondari, periferici, incidentali e
subordinati. Ad esempio, la rappresentazione includerà informazioni sulle modalità
con cui viene svolta un’azione (Vallacher e Wegner, 1987). Un cambiamento degli
elementi inclusi in rappresentazione concreta non produce cambiamenti rilevanti
nel significato dell’evento.
Secondo la CLT l’associazione tra rappresentazioni astratte e distanza psicologica si mantiene anche quando siano disponibili identiche informazioni riguardo
oggetti vicini o distanti (Trope, Liberman e Wakslak, 2007). In altre parole, gli individui apprendono attraverso l’esperienza che gli oggetti psicologicamente distanti
non sono corredati da informazioni affidabili e dettagliate e, come conseguenza, che
una rappresentazione astratta di questi oggetti è più appropriata di una concreta.
Una volta che l’associazione tra rappresentazione astratta e distanza psicologica si è
consolidata, gli individui tenderanno a generalizzarla estendendola ad oggetti nuovi, a prescindere dalla disponibilità di informazioni dettagliate e accurate. Perciò,
l’alto livello di construal sarà adottato per oggetti distali anche quando la qualità e la
quantità delle informazioni sono identiche a quelle disponibili per gli oggetti prossimali. Ad esempio, la stessa informazione riguardante una persona (Mario spinge
Giulia) viene rappresentata in termini astratti quando riguarda una località remota
nello spazio (New York) portando così ad un’attribuzione interna basata su tratti di
personalità (Mario è rozzo e violento). Al contrario, quando la stessa informazione
riguarda una località prossima nello spazio (la stanza a fianco), essa viene costruita ad un basso livello, aumentando così la probabilità di ottenere un’attribuzione
esterna basata su caratteristiche concrete e incidentali (Mario ha fretta) (Nussbaum,
Liberman e Trope, 2006).
È importante notare che l’associazione tra distanza psicologica e livello di construal è di natura bidirezionale. Da un lato, infatti, la distanza psicologica è in grado
di indurre un alto livello di construal. Dall’altro, gli oggetti o gli eventi costruiti ad
alto livello sono percepiti come psicologicamente distanti. A testimonianza della
bidirezionalità di questa relazione, Liberman, Trope, MecCrea e Sherman (2007)
hanno mostrato che descrivere un’attività in termini astratti (fare una telefonata ad
un compagno di scuola) piuttosto che concreti (digitare il numero telefonico di un
compagno di scuola) induce ad attendersi che l’azione venga effettuata in futuro
distante più che vicino.
Dopo aver trattato i concetti fondamentali alla base della CLT, nei prossimi paragrafi passeremo in rassegna i lavori che hanno supportato empiricamente queste
ipotesi. Nello specifico, vedremo come ognuna delle quattro dimensioni di distanza
psicologica menzionate sopra influenzi il modo in cui le persone si rappresentano
oggetti ed eventi.
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1.2. Distanza temporale
La distanza temporale è stata la prima dimensione su cui si è focalizzata la ricerca
basata sulla CLT (la prima etichetta della teoria era Temporal Construal Theory) producendo un notevole numero di studi che hanno analizzato il modo in cui le persone
rappresentano eventi temporalmente vicini (presenti) o distanti (passato o futuro).
L’ipotesi alla base di questi studi è che l’elevata distanza temporale spinga a rappresentazioni più astratte e schematiche rispetto alla ridotta distanza temporale.
Coerentemente con questa ipotesi, Liberman, Sagristano e Trope (2002) hanno mostrato che gli individui preferivano categorizzare un insieme di oggetti (ad
esempio, attrezzi da campeggio) in poche e ampie categorie quando questi oggetti
venivano immaginati in un futuro distante. Al contrario, quando gli stessi oggetti
sono immaginati in un futuro prossimo, essi vengono categorizzati in un numero
maggiore di categorie e di minore ampiezza. Simili conclusioni si possono trarre
dallo studio in cui gli stessi autori hanno chiesto ai partecipanti di giudicare quanto
fossero interessanti una serie di attività quotidiane (ad esempio, incontrare altre
persone, fare i compiti a casa, guardare il telegiornale) contestualizzate in un futuro
distante o vicino. Usando la tecnica dello scaling multidimensionale1 gli autori hanno mostrato che era necessario un numero minore di dimensioni per classificare i
giudizi espressi nei confronti delle attività lontane rispetto a quelle vicine.
Come accennato precedentemente, le rappresentazioni astratte e concrete di
eventi non si differenziano solo per il modo in cui le informazioni sono organizzate
(semplice e schematico vs. complesso e dettagliato), ma anche per il tipo di informazioni ed elementi che vengono incluse nella rappresentazione. A questo proposito,
Liberman e Trope (1998) hanno ipotizzato che l’elevata distanza temporale porti a
basare le rappresentazioni su elementi centrali e sovraordinati come, ad esempio,
gli scopi di un’azione. Al contrario, la bassa distanza temporale dovrebbe indurre a
creare rappresentazioni basate su elementi secondari e subordinati come, ad esempio, le modalità con cui un’azione viene svolta. Per testare questa ipotesi, gli autori
hanno chiesto ai partecipanti di compilare una versione adattata del questionario
level of personal agency di Vallacher e Wegner’s (1989). Nel questionario vengono
elencate una serie di azioni (ad esempio, pagare l’affitto, guidare una macchina,
parlare ad un bambino). Per ogni azione sono disponibili una descrizione, detta di
basso livello, che fa riferimento a «come» l’azione viene eseguita e una descrizione,
detta di alto livello, che fa riferimento a «perché» l’azione viene eseguita. Ad esempio, l’azione di «chiudere a chiave una porta» ha due possibili descrizioni: proteggere la casa e girare la chiave nella serratura. La prima fa chiaramente riferimento
allo scopo dell’azione, mentre la seconda alle modalità con cui essa viene condotta.
Come ipotizzato, quando le azioni descritte venivano collocate in un futuro distan1
Lo scaling multidimensionale è una tecnica statistica utile ad esplorare similarità e dissimilarità
in un insieme di dati attraverso rappresentazioni grafiche (Kruskal e Wish, 1978).
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te, i partecipanti ritenevano più adeguate le descrizioni di alto livello, mentre, quando le azioni venivano collocate in un futuro vicino, i partecipanti ritenevano più
adeguate le descrizioni di basso livello.
Al pari di quelli che accadranno in un futuro lontano, anche gli oggetti o eventi
appartenenti al passato remoto sono inaccessibili all’esperienza diretta. Basandosi
sulla CLT è quindi possibile ipotizzare che tali eventi saranno rappresentati in
modo più astratto rispetto a quelli collocati nel passato prossimo o nel presente.
Ad esempio, Day e Bartels (2008, studio 3) hanno trovato che i partecipanti adottavano un alto livello di construal per rappresentare eventi che venivano situati
temporalmente un anno prima dell’esperimento. Come conseguenza, essi tendevano a percepire una maggiore similarità tra gli eventi, ma solo se essi condividevano
caratteristiche astratte. Quando venivano contestualizzati in un passato vicino (una
settimana prima dell’esperimento), i partecipanti adottavano un basso livello di
construal e quindi percepivano maggiore similarità quando gli eventi condividevano caratteristiche concrete. È interessante notare che nello studio condotto da Day
e Bartels i partecipanti non avevano ricordi degli eventi che hanno dovuto giudicare. Semplicemente, gli eventi venivano descritti e collocati in un passato vicino o
lontano dallo sperimentatore. Semin e Smith (1999), invece, hanno studiato direttamente come la distanza temporale nel passato influenzi il modo in cui vengono
rappresentati dei ricordi personali. Gli autori hanno trovato che al crescere della
distanza temporale (un anno prima vs. due settimane prima) aumentava il grado di
astrazione con cui questi eventi venivano descritti. Kyung, Menon e Trope (2009)
hanno ottenuto risultati simili anche se con una procedura opposta. Infatti, questi
autori hanno manipolato direttamente il livello di construal tramite un priming che
predisponeva le persone a formarsi rappresentazioni astratte o concrete e, successivamente, hanno chiesto di stimare quanto tempo fosse trascorso da un particolare evento. Come previsto, i partecipanti in condizione di alto construal indicavano
che era intercorso un lasso di tempo maggiore rispetto a quelli in condizione di
basso construal.
Questi risultati sono comprensibili in base al modello di McClelland e colleghi
(McClelland, McNaughton e O’Reilly, 1995) che prevede la coesistenza di due sistemi mnemonici separati: il sistema ad apprendimento lento ed il sistema ad apprendimento veloce. Sebbene ogni nuova informazione venga registrata in entrambi i
sistemi, il sistema ad apprendimento lento tende a immagazzinarle in modo astratto
e sommario mentre quello ad apprendimento veloce in modo concreto e dettagliato. Poiché il sistema ad apprendimento veloce ha capacità limitate, con il passare del
tempo le informazioni vengono perse o trasferite al sistema ad apprendimento lento
rimanendo quindi disponibili in memoria solo in forma astratta e schematica. Questo modello suggerisce che i ricordi appartenenti ad un passato distante sono comunicati in modo astratto (Semin e Smith, 1999) o più facilmente accessibili (Kyung e
coll., 2009) quando le persone adottano un alto livello di construal semplicemente
perché essi vengono conservati in modo astratto e schematico.
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1.3. Distanza spaziale
Anche la distanza spaziale ha ricevuto una considerevole attenzione all’interno della
CLT. L’ipotesi di base che sottende lo studio di questa dimensione rispecchia quella
esposta precedentemente in merito alla distanza temporale. In particolare, la CLT
prevede che al crescere della distanza spaziale aumenti la probabilità di effettuare
una rappresentazione astratta dell’oggetto o evento considerato.
Al fine di testare questa ipotesi, Henderson, Fujita, Trope e Liberman (2006)
hanno chiesto ai partecipanti di giudicare un video in cui veniva rappresentato il
comportamento di un gruppo composto da tre persone. A metà dei partecipanti
veniva detto che il video era stato registrato in una località vicina (tre chilometri,
condizione di bassa distanza spaziale), mentre all’altra metà che era stato registrato
in una località lontana (tremila chilometri, condizione di alta distanza spaziale). Durante la visione del video, i partecipanti dovevano premere un pulsante ogni volta
che assistevano ad una sequenza comportamentale significativa e compiuta. Come
ipotizzato, i partecipanti segnalavano un minor numero di unità comportamentali
quando il gruppo era collocato in una località lontana piuttosto che in una vicina,
denotando così una rappresentazione più semplice e schematica in condizione di
elevata distanza spaziale. Fujita, Henderson, Eng, Trope e Liberman (2006) hanno
dimostrato come la distanza spaziale influenzi anche il livello di astrazione con cui
vengono descritti gli eventi. Più nel dettaglio, gli autori hanno chiesto ai partecipanti di scrivere ciò che avevano visto in un video apparentemente filmato in località vicina o lontana. In seguito, gli autori hanno codificato il contenuto delle descrizioni
usando il Linguistic Category Model (LCM, Semin e Fiedler, 1988). Come atteso, i
partecipanti descrivevano il contenuto del filmato usando un linguaggio più astratto
(maggior uso di aggettivi piuttosto che di verbi d’azione) quando credevano che il
video fosse stato ripreso in una località lontana. I verbi d’azione, al contrario, venivano usati maggiormente quando i partecipanti erano stati indotti a credere che il
filmato fosse stato girato in una località vicina.
1.4. Distanza sociale
Possono essere distinte diverse sottodimensioni di distanza sociale (vedi anche Liberman e coll., 2007): sé vs. altri; ingruop vs. outgroup; potere sociale; livello di formalità della relazione; similarità interpersonale. Ognuna di queste sottodimensioni
ha effetti sulla percezione della distanza o della vicinanza dell’altro da sé. Ad esempio, una persona appartenente all’outgroup o in una posizione di potere maggiore
rispetto a quella dell’osservatore sarà percepita come più distante di una persona
appartenente all’ingroup o caratterizzata da livelli di potere equivalenti. La ridotta
distanza sociale permette di acquisire informazioni specifiche e dettagliate rispetto
ai sentimenti ed i pensieri delle altre persone, dando così la possibilità di compren-
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dere la complessità dell’altro. Questo darà vita a rappresentazioni degli altri basate
su elementi concreti che tengono in considerazione anche gli elementi contestuali e,
più in generale, tutte le informazioni più specifiche e di dettaglio. Al contrario, rispetto a coloro che sono socialmente distanti, è più probabile che le persone creino
rappresentazioni più astratte e basate su categorie ampie e schematiche. Tali effetti
sono stati documentati per ognuna delle sottodimensioni di distanza psicologica
menzionati sopra e verranno discussi di seguito.
Gli effetti distanza implicata nella differenza tra sé e gli altri sul modo in cui le
persone si rappresentano gli eventi erano stati documentati anche prima dell’elaborazione della CLT. La ricerca sull’effetto attore-osservatore nell’attribuzione (Jones
e Nisbett, 1972) ha mostrato che le persone tendono a fornire spiegazioni situazionali del proprio comportamento basate su informazioni concrete e contestuali. Al
contrario, nel fare inferenze relative ad altri, le persone enfatizzano il ruolo causale
delle disposizioni stabili e centrali. Come accennato precedentemente, le disposizioni generali sono tipicamente più astratte delle attribuzioni situazionali e sono più
probabili quando le persone si formano rappresentazioni mentali astratte. Nella
prospettiva della CLT, le persone quindi tendono ad adottare un livello di construal
basso per interpretare le proprie azioni e alto per interpretare le azioni degli altri
proprio in funzione della distanza sociale. È interessante notare che le persone tendono a rappresentare anche sé stesse usando l’alto livello di construal quando viene
richiesto di assumere la prospettiva di una terza persona (vs. prima persona) (Frank
e Gilovich, 1989; Libby e Eibach, 2002). Questo tipo di risultato è particolarmente
informativo perché esclude la possibilità che gli effetti dovuti alla distanza sociale
tra sé e gli altri siano dovuti alle differenze nelle conoscenza riguardo al target o
nella salienza delle informazioni relative al comportamento in opposizione a quelle
relative alla situazione. Infatti, nel creare una rappresentazione di sé utilizzando diverse prospettive, si hanno comunque a disposizione lo stesso tipo di informazioni.
Nonostante ciò la distanza dovuta all’acquisire una prospettiva esterna porterà a
rappresentazioni più astratte.
Anche il fatto che i membri dell’outgroup siano rappresentati in modo più
astratto rispetto a quelli dell’ingroup ha ricevuto ampio sostegno da ricerche non
basate sulla CLT. Ad esempio, Fiedler, Semin, Finkenauer, e Berkel (1995), utilizzando il LCM, hanno mostrato che i membri dell’outgroup sono descritti con termini più astratti rispetto a quelli dell’ingroup. Coerentemente con questo, i membri
dell’outgroup sono percepiti come più omogenei e meno differenziati dei membri
dell’ingroup (Jones, Wood e Quattrone, 1981).
Smith e Trope (2006) hanno ottenuto risultati in linea con quelli esposti precedemente operazionalizzando la distanza sociale come potere sociale. I risultati
hanno mostrato che, quando confrontati con un gruppo di controllo, i partecipanti
a cui veniva richiesto di richiamare un episodio della loro vita in cui avevano esercitato potere su un’altra persona utilizzavano categorie maggiormente inclusive per
categorizzare un insieme di oggetti, preferivano una descrizione di alto livello delle
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azioni elencate nel questionario level of personal agency di Vallacher e Wegner’s
(1989) e facevano un maggior uso dell’emisfero destro mostrandosi così generalmente più inclini al pensiero astratto rispetto al gruppo di controllo. È interessante
menzionare che Smith, Wigboldus e Dijksterhuis (2008) hanno trovato che i partecipanti sottoposti ad un priming di pensiero astratto riportavano un maggior senso
di potere personale rispetto ai partecipanti sottoposti ad un priming di pensiero
concreto. Gli autori hanno così dimostrato che, se da un lato il potere induce un
alto livello di construal, dall’altro un alto livello di construal può incrementare la
percezione di potere.
Gli studi condotti da Stephan, Liberman e Trope (2010) hanno invece supportato l’ipotesi che la formalità relazionale può essere vista come una forma di distanza sociale che influenza la tendenza a creare rappresentazioni astratte o concrete. In
particolare, gli autori hanno chiesto ai partecipanti di rivolgersi ad un compagno di
studio adottando un linguaggio molto educato (condizione di alta formalità, alta distanza psicologica) o più colloquiale e meno educato (condizione di bassa formalità,
bassa distanza psicologica). Utilizzando il LCM, è stato trovato che nella condizione
di alta formalità le persone tendevano ad utilizzare un linguaggio più astratto rispetto alla condizione di bassa formalità.
La relazione tra distanza sociale, in termini di similarità interpersonale, e modalità di rappresentazione degli eventi è stata studiata da Liviatian, Trope e Liberman
(2008). Gli autori hanno ipotizzato che le persone simili a sé (ad esempio, persone
che abbiano frequentato gli stessi corsi universitari o che abbiano gusti simili ai
propri rispetto all’uso del tempo libero) siano percepite come meno distanti psicologicamente, e che quindi le rappresentazioni che le riguardano sono più concrete e
maggiormente basate su caratteristiche secondarie e subordinate a rappresentazioni
di altri dissimili da sé. Come atteso, quando veniva richiesto ai partecipanti di fare
previsioni riguardo la propensione di una terza persona ad accettare un lavoro, essi
ricercavano in misura maggiore informazioni secondarie (ad esempio, lo stile di
abbigliamento e il periodo di formazione richiesto) piuttosto che primarie (ad esempio, salario e numero di ore lavorative) quando la persona target veniva percepita
come simile (vs. dissimili) a sé.
Nel complesso, sia le ricerche classiche della psicologia sociale, sia le ricerche
più recenti direttamente ispirate dalla CLT, supportano l’idea che la distanza sociale, nelle molteplici forme in cui può essere operazionalizzata, porta ad interpretare
e rappresentare sé stessi e gli altri in termini di alto construal.
1.5. Ipoteticalità
Un’altra dimensione della distanza psicologica è l’ipoteticalità, ovvero la probabilità
che un evento accada. Secondo la CLT, quando questa probabilità è bassa, l’evento
considerato sarà percepito come psicologicamente distante. Per esempio, conside-
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riamo l’eventualità di vincere la lotteria nazionale. La probabilità che questo accada
è molto remota e, per questo motivo, tale evento è distante dalla nostra esperienza
diretta così come qualcosa che accadrà in un lontano futuro o in un luogo lontano.
Al contrario, la probabilità che guidando ci si debba fermare ad un semaforo rosso
è estremamente alta e molte più informazioni di dettaglio sono disponibili riguardo
a questo evento.
Basandosi sui risultati ottenuti studiando le altre dimensioni di distanza psicologica, la CLT ipotizza che le rappresentazioni di eventi improbabili saranno più astratte rispetto a quelle di eventi probabili. Uno schema astratto, infatti, è più adatto a
rappresentare un evento improbabile poiché include gli aspetti essenziali dell’evento
senza porre vincoli al tipo di manifestazione concreta che esso può assumere. In altre
parole, vengono tenuti in considerazione gli aspetti che non sono soggetti a cambiamenti qualora dovessero aggiungersi ulteriori informazioni concrete. Per testare
questa ipotesi, Wakslak, Trope, Liberman e Roten Alony (2006) hanno sottoposto i
partecipanti di uno studio ad un priming di alta (bassa) probabilità chiedendo loro
di comporre frasi di senso compiuto utilizzando alcune parole a loro disposizione.
In una condizione tali frasi erano legate ad eventi improbabili (ad esempio, il suo
arrivo non è atteso) mentre in un’altra condizione riguardavano eventi probabili (ad
esempio, il suo arrivo è atteso). Come risultato, i partecipanti con priming di eventi
improbabili hanno preferito descrizioni di alto livello nel questionario level of personal agency rispetto ai partecipanti con priming di eventi probabili.
Come per le altre dimensioni di distanza psicologica, l’associazione tra ipoteticalità e astrazione della rappresentazione è di natura bidirezionale. Questo significa
che ad una rappresentazione concreta si accompagnerà la percezione che l’evento probabilmente accadrà. Questo effetto è stato dimostrato da Wakslak e Trope
(2009a) che, dopo aver indotto uno stile di pensiero astratto o concreto, chiedevano
ai partecipanti di leggere diversi scenari i cui protagonisti erano indecisi se intraprendere o meno un’attività. In seguito, veniva chiesto di stimare con quale probabilità i protagonisti degli scenari avrebbero intrapreso l’attività. Come prevedibile,
in condizione pensiero astratto la probabilità che l’attività fosse portata a termine
era stimata come più bassa rispetto alla condizione di pensiero concreto.
1.6. Equivalenza e associazione tra le dimensioni di distanza psicologica
Le ricerche passate in rassegna fino a questo punto suggeriscono che le diverse
forme di distanza psicologica (spaziale, temporale, sociale e ipoteticalità) hanno effetti equivalenti sul livello di construal della realtà, cioè sul grado di astrazione o
concretezza con cui rappresentiamo gli oggetti o eventi che di volta in volta consideriamo. Tuttavia, molti di questi risultati sono stati ottenuti chiedendo ai partecipanti
di fare valutazioni o di esprimere giudizi molto complessi. Proprio per via di tale
complessità, l’associazione tra distanza psicologica e livello di astrazione potrebbe
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essere stata influenzata da altri fattori come, ad esempio, differenze nella conoscenza dell’oggetto da valutare. I partecipanti, cioè, potrebbero aver optato per delle
rappresentazioni astratte degli oggetti distanti poiché in possesso di minori informazioni rispetto ad essi. Sebbene la diversa conoscenza degli oggetti e degli eventi
sia l’origine dell’associazione tra distanza psicologica e livello di construal, la CLT
ipotizza che tale associazione venga generalizzata a situazioni in cui la conoscenza
di oggetti vicini o lontani è equivalente.
Tale questione è stata affrontata da Bar-Anan, Liberman e Trope (2006) che, per
testare l’ipotesi che distanza spaziale, sociale, temporale e ipoteticalità siano tutte
dimensioni associate a diversi livelli di rappresentazione a prescindere dal tipo di
informazioni possedute, hanno utilizzato l’Implicit Association Test (Greenwald et
al., 1998). Tramite questa tecnica utile a valutare l’associazione implicita tra stimoli
che vengono presentati, gli autori hanno trovato che parole pertinenti ad alta distanza psicologica (ad esempio, straniero, illusione, prossimo anno, polo nord) avevano
una relazione più forte con parole relative ad un alto livello di construal (ad esempio, astratto, universale), mentre parole connesse con bassa distanza psicologica
(ad esempio, reale, amico, ora, qui) erano più associate a parole connesse con basso
livello di construal (ad esempio, specifico, dettagliato). In otto esperimenti gli autori
hanno mostrato che l’associazione tra distanza psicologica e livello di construal è valida per ognuna delle quattro dimensioni di distanza psicologica ipotizzate. Utilizzando una misura in cui non vi erano oggetti da essere rappresentati, né un contesto
in cui essi potessero essere situati, gli autori hanno reso difficile un’interpretazione
dei risultati precedenti in termini di differenze nella conoscenza.
Il lavoro di Bar-Anan et al. (2006) supporta l’idea che le distanze sociale, temporale, spaziale e ipoteticalità siano tutte istanze di una dimensione sovraordinata:
la distanza dall’esperienza diretta. Come conseguenza ci si può attendere anche che
le quattro dimensioni siano associate tra loro. Al fine di dimostrare tale interrelazione, Bar-Anan, Liberman, Trope e Algom (2007) hanno utilizzato una versione
immagini-parole dello Stroop Task (Stroop, 1935; Melara e Algom, 2003). Ai partecipanti veniva presentata l’immagine stilizzata di un paesaggio in cui una freccia era
posta in una posizione vicina o lontana rispetto al punto di vista dell’osservatore. Il
compito dei partecipanti era quello di stabilire quale delle due posizioni occupasse
la freccia. Tuttavia, nei diversi trials del compito, all’interno della freccia, appariva
una parola riguardante entità psicologicamente distanti (ad esempio, «altri» o «forse») o vicine (ad esempio, «noi» e «certo»). Come risultato, i partecipanti erano
più veloci nello svolgere il compito quando la parola che leggevano era congruente
con la posizione della freccia (ad esempio, noi/posizione vicina e loro/posizione
lontana). Questo effetto è stato replicato utilizzando parole che rappresentavano
tutte e quattro le forme di distanza psicologica e mostra chiaramente che le persone
percepiscono un’associazione tra tali dimensioni.
Gli studi riportati in questo paragrafo sono particolarmente interessanti perché,
oltre ad assolvere il principale scopo per cui sono progettati, dimostrano che sia
Oggi le tessere e domani il mosaico: Construal Level Theory e distanza psicologica
205
l’associazione tra distanza psicologica e livello di construal che quella tra le varie forme di distanza possono essere attivate e rese accessibili in modo automatico anche
quando non strumentali o necessarie per gli obiettivi dell’individuo. Questo suggerisce che la distanza psicologica è una dimensione influente e pervasiva nell’orientare le percezioni e le azioni degli individui.
Sommario. Il principale obiettivo della prima parte di questo lavoro era quello
di spiegare e passare in rassegna la ricerca riguardante le ipotesi alla base della
CLT. A tal fine, abbiamo prima chiarito che per distanza psicologica si intende
l’impossibilità di avere un’esperienza diretta con gli stimoli. In seguito, abbiamo
osservato come la distanza psicologica sia associata all’alto livello di construal, cioè
a rappresentazioni astratte e decontestualizzate della realtà che includono gli aspetti
più generali, centrali e caratterizzanti degli oggetti o eventi considerati dalle persone. Abbiamo sottolineato che tale legame si generalizza anche a situazioni in cui gli
individui hanno informazioni equivalenti per entità vicine e lontane e che ha una natura bidirezionale. Gli studi passati in rassegna hanno dimostrato che ognuna delle
quattro dimensioni di distanza psicologica ipotizzate (distanza temporale, spaziale,
sociale e ipoteticalità) ha effetti simili sul modo in cui vengono rappresentate le
informazioni. Infine, nell’ultimo paragrafo, abbiamo discusso due importanti studi
che hanno documentato in maniera diretta che vi è un’associazione automatica tra
le quattro dimensioni di distanza e che queste, a loro volta, sono tutte associate con
il livello di construal. Nella seconda parte della rassegna discuteremo le conseguenze psicologiche e comportamentali della distanza psicologica.
2. Le conseguenze della distanza psicologica
Come premesso nell’introduzione, la seconda parte di questo lavoro tratterà in
modo approfondito le conseguenze della distanza psicologica sui giudizi e i comportamenti delle persone. La ricerca degli ultimi dieci anni, infatti, ha dimostrato
che la distanza psicologica influenza, attraverso i cambiamenti indotti nel livello
di construal, un ampio repertorio di processi psicologici e comportamentali. Per
semplicità di esposizione, gli studi sono stati raggruppati in base all’affinità dei comportamenti e processi trattati. Si è arrivati così a quattro grandi categorie tematiche:
percezione degli altri, preferenze, sé e comportamenti di consumo.
2.1. Effetti della distanza psicologica sulla percezione di altri
Un tema di studio classico della psicologia sociale è quello della «personologia ingenua» (Gilbert, 1998), cioè il modo in cui le persone comuni arrivano a conoscere
stati temporanei e disposizioni permanenti delle altre persone. Recentemente, la
CLT ha dato un contribuito rilevante allo studio dei processi attraverso cui le per-
206
Mauro Giacomantonio, Lucia Mannetti e Marco Lauriola
sone percepiscono e formulano giudizi rispetto agli altri mostrando che la distanza
psicologica influenza le attribuzioni causali, le previsioni sui comportamenti degli
altri, i giudizi morali riguardanti tali comportamenti e le credenze che gli altri condividano scopi comuni. Tali contributi verranno passati in rassegna nel presente
paragrafo.
Dallo studio dei processi di attribuzione e inferenza sui comportamenti di altri
è emerso che le persone tendono costantemente ad attribuire le azioni altrui a corrispondenti caratteristiche stabili sottovalutando il ruolo delle influenze situazionali
(correspondence bias, Gilbert e Malone, 1995; Ross, 1977). Poiché le disposizioni
stabili possono essere viste come elementi astratti e decontestualizzati, nei termini
di CLT questo bias riflette un alto livello di construal delle azioni degli altri. Pertanto, sempre basandosi sulla CLT, è possibile ipotizzare che l’errore fondamentale di
attribuzione sia più probabile quando si valutano le azioni di una persona psicologicamente distante. Henderson, Fujita, Liberman e Trope (2006) hanno raccolto una
serie di evidenze in sostegno di questo ragionamento usando una versione del paradigma di attribuzioni sugli atteggiamenti di Jones e Harris (1967). Gli autori hanno
chiesto a degli studenti di leggere un brano che sosteneva una particolare posizione
all’interno di un argomento controverso. A metà dei partecipanti veniva raccontato
che il brano era stato scritto in condizione di libera scelta, mentre all’altra metà veniva detto che l’autore del brano era stato forzato a scrivere in favore di quella specifica posizione. Sebbene quest’ultima informazione fosse determinante per stabilire
se l’azione fosse intenzionale, essa è anche un’informazione contestuale e concreta
che non viene quindi inclusa nelle rappresentazioni caratterizzate da alto livello di
construal. Di conseguenza, quando la distanza spaziale era bassa, il brano veniva
considerato informativo del reale atteggiamento dello scrittore solo quando scritto
in condizione di libera scelta. Al contrario, l’alta distanza spaziale induceva a credere
che il brano fosse informativo a prescindere dalla condizione in cui era stato scritto.
In sintesi, l’alta distanza psicologica può indurre gli individui a fare attribuzioni basandosi maggiormente su disposizioni stabili più che su influenze situazionali.
Se l’alto livello di construal è responsabile di attribuzioni disposizionali e stabili
allora è possibile che, quando chiamati a fare previsioni sui comportamenti futuri
degli altri, le persone si aspettino una condotta coerente ed uniforme in scenari e situazioni tra loro molto diverse. In un esperimento di Nussbaum, Trope e Liberman
(2003), è stato chiesto ai partecipanti di immaginare un loro conoscente in diverse
situazioni (ad esempio, in una festa di compleanno e in una fila) sia in futuro prossimo che remoto. In seguito, per ognuna delle situazioni immaginate, i partecipanti
dovevano giudicare il loro conoscente in base ad una serie di dimensioni di personalità. A conferma dell’ipotesi, i punteggi emersi sulle dimensioni di personalità avevano una minore variabilità cross-situazionale quando i comportamenti venivano
immaginati in un futuro distante.
Un’altra interessante linea di ricerca ha esaminato l’influenza della distanza psicologica sul giudizio morale. Diversi autori hanno ipotizzato che i principi morali,
Oggi le tessere e domani il mosaico: Construal Level Theory e distanza psicologica
207
rispetto alla considerazione delle determinanti contestuali del comportamento, siano
più enfatizzate nelle rappresentazioni di azioni future (Eyal, Liberman e Trope 2008;
Agerström e Björklund, 2009). La moralità, infatti, quando confrontata con informazioni relative al contesto, può essere concepita come una caratteristica del comportamento astratta e di alto livello. Eyal e coll. (2008) hanno trovato che trasgressioni morali (ad esempio, mangiare il proprio cane o pulire la casa con la bandiera nazionale)
venivano giudicate come più deplorevoli e offensive quando collocate in un futuro
distante. In modo simile, azioni virtuose sotto l’aspetto della moralità (ad esempio,
adottare un bambino) erano percepite come più giuste quando collocate in un futuro
distante. È interessante notare che, poiché una terza persona viene rappresentata in
termini più astratti rispetto al modo in cui si rappresenta sé stessi, gli autori hanno
replicato i risultati trovando che le azioni immorali venivano giudicate in modo più
severo quando commesse da un’altra persona più che da sé stessi.
Sapere se le persone sono membri di un gruppo, cioè se hanno caratteristiche in
comune o scopi condivisi, è un’informazione indispensabile per orientare la percezione sociale (Sherman, Castelli e Hamilton, 2002) e le attribuzioni (Yzerbyt, Rogier
e Fiske, 1998). La percezione di target sociali come dotati di unità e omogeneità (entitativity) è quindi una dimensione fondamentale del giudizio sociale. Henderson
(2009) ha ipotizzato che la percezione di entitativity sia più forte quando i target da
giudicare sono psicologicamente distanti. Secondo l’autore, una rappresentazione
astratta di un insieme di individui dovrebbe enfatizzare le caratteristiche più prototipiche e comuni di quegli individui. Al contrario, una rappresentazione concreta
dovrebbe rendere più salienti le caratteristiche idiosincratiche o situazionalmente determinate delle persone. Come conseguenza, un insieme di individui lontani
sarà più probabilmente percepito come un gruppo caratterizzato dalla condivisione
degli scopi. Henderson ha dimostrato la fondatezza di questo ragionamento chiedendo di valutare la veridicità della descrizione di un gruppo dopo aver variato la
distanza spaziale e il grado di condivisione degli scopi implicato nella descrizione.
I giudizi di veridicità erano più alti quando gruppi coesi erano descritti in località
distanti e gruppi non coesi in località vicine.
Sommario. Le ricerche illustrate in questo paragrafo evidenziano la profonda
influenza della distanza psicologica sul modo in cui le persone percepiscono e valutano il comportamento degli altri. L’alto livello di construal indotto dalla distanza
psicologica spinge a fare più attribuzioni interne e stabili e a sottovalutare l’influenza dei fattori situazionali sul comportamento valutato. Inoltre, si è osservato come
la distanza psicologica sia fonte di giudizi morali più estremi e di un’accresciuta
percezione di entitativity, cioè che i membri di un gruppo siano coesi e condividano
scopi comuni. Mentre in questo paragrafo ci siamo concentrati esclusivamente su
giudizi riguardanti altre persone, nel prossimo vedremo come la presa di decisione e
le preferenze personali subiscono l’influenza della distanza psicologica. Passeremo
quindi a valutare conseguenze intrapersonali più che interpersonali del livello di
construal.
208
Mauro Giacomantonio, Lucia Mannetti e Marco Lauriola
2.2. Effetti della distanza sulle preferenze e sulla presa di decisione
Secondo la CLT, gli individui creano le loro preferenze e prendono decisioni tenendo in considerazione sia le caratteristiche di alto livello (primarie, astratte) che
quelle di basso livello (secondarie, concrete) dell’oggetto da valutare. Tuttavia, il valore delle caratteristiche secondarie potrebbe essere in qualche misura sottostimato
quando sia presente alta distanza psicologica. In modo simile, il valore associato
alle caratteristiche primarie potrebbe non avere un peso rilevante nell’influenzare
la decisione quando sia presente bassa distanza psicologica. Quindi, se il valore associato alle caratteristiche primarie di un oggetto è più positivo del valore associato
alle caratteristiche di basso livello, l’attrattività di un’opzione dovrebbe aumentare
al crescere della distanza psicologica. Al contrario, se il valore associato alle caratteristiche di basso livello è più positivo di quello associato alle caratteristiche
di alto livello, l’attrattività di un’opzione dovrebbe decrescere all’aumentare della
distanza psicologica. In altre parole, a seconda della distanza psicologica, le caratteristiche di alto (basso) livello di un oggetto sono più influenti nel determinare il
grado di interesse verso un oggetto. Liberman e Trope (1998), basandosi su queste
premesse, si sono focalizzati sull’impatto della distanza temporale sulle considerazioni riguardanti la desiderabilità e la fattibilità durante la presa di decisione. Nei
termini della CLT, la desiderabilità è una caratteristica primaria di un oggetto in
quanto riflette il valore legato al fine dell’azione. La fattibilità, invece, è concepita
come una caratteristica di basso livello in quanto fa riferimento alle considerazioni
riguardanti i mezzi necessari a raggiungere il fine preposto. Di conseguenza, l’alta
distanza psicologica dovrebbe enfatizzare l’interesse per la desiderabilità diminuendo al contempo quello per la fattibilità. Coerentemente con questo ragionamento,
gli autori hanno chiesto a degli studenti universitari di scegliere tra degli esercizi
che si differenziavano per l’alta o bassa difficoltà (dimensione legata alla fattibilità)
e per l’alto o basso interesse intrinseco (dimensione legata alla desiderabilità). I risultati hanno dimostrato che gli studenti erano più attenti alla difficoltà del compito
quando immaginavano di svolgere gli esercizi nel futuro prossimo. Al contrario,
quando immaginavano di svolgere gli esercizi nel futuro remoto, gli studenti erano
più attenti alla capacità dell’esercizio di destare interesse.
La desiderabilità e la fattibilità non sono le uniche qualità che influenzano le
scelte individuali in funzione della distanza psicologica. Molte altre caratteristiche
sono state indagate. Per esempio, Sagristano, Trope e Liberaman (2002) hanno applicato la distinzione tra desiderabilità e fattibilità alle decisioni in condizioni di
rischio. Nell’ambito delle scommesse, il guadagno che si può ottenere è comparabile alla desiderabilità dello scopo, mentre la probabilità di ottenere tale outcome è
comparabile alle considerazioni di fattibilità. Ne segue che la distanza psicologica
possa aumentare il peso relativo delle considerazioni relative al guadagno più che
delle considerazioni relative alla probabilità nel determinare le preferenze riguardo
le scommesse. Tale affermazione contraddice, almeno per alcuni aspetti, i modelli
Oggi le tessere e domani il mosaico: Construal Level Theory e distanza psicologica
209
di utilità soggettiva attesa (cfr. Dawes, 1998). In questi modelli, la probabilità ed il
valore dell’outcome concorrono in egual misura nel dar forma alle preferenze individuali riguardanti le decisioni in condizioni di rischio. Tuttavia, Sagristano e colleghi (2002) hanno dimostrato che la probabilità di una scommessa è subordinata al
guadagno. Più in dettaglio, gli autori hanno mostrato che l’importanza soggettiva
della probabilità dipende dall’importanza soggettiva del guadagno, mentre non è
vero il contrario. In questo caso è quindi possibile affermare che l’outcome sia un
elemento primario e di più alto livello rispetto alla probabilità nel rappresentarsi
una scommessa. Coerentemente con questo modello di relazione gerarchica tra outcome e probabilità, gli autori hanno trovato che i partecipanti in condizione di alta
distanza psicologica esprimevano una più marcata preferenza per una scommessa
con alto guadagno (ad esempio, 90 euro) e bassa probabilità (10%). Al contrario, la
bassa distanza psicologica spostava la preferenza dei partecipanti verso scommesse
con basso guadagno (10 euro) e alta probabilità (90%) sebbene le due scommesse
avessero la stessa utilità attesa.
Lo stesso ragionamento è stato applicato con successo allo studio del modo in
cui pro e contro influenzano il processo di scelta. Eyal, Liberman, Trope e Walther
(2004) hanno mostrato che, nel decidere se intraprendere un’azione, le considerazioni riguardanti i contro sono subordinate alle considerazioni relative ai pro.
Si viene così a delineare un rapporto gerarchico simile a quello discusso sopra tra
desiderabilità e fattibilità e tra guadagno e probabilità. Quindi, nel decidere se svolgere un’attività psicologicamente distante, i pro saranno più salienti e influenti dei
contro. A sostegno di questa ipotesi, gli autori hanno trovato che i partecipanti di
un loro esperimento, quando invitati a generare una serie di argomenti in favore o
contro alcuni comportamenti, hanno elencato più pro che contro quando hanno
immaginato che i comportamenti in questione appartenessero ad un futuro lontano
piuttosto che vicino.
Per comprendere al meglio le implicazioni della distanza psicologica sui processi decisionali, è necessario esaminare anche le influenze degli stimoli e degli stati affettivi sulle preferenze e la decisione. Recentemente, Williams e Bargh (2008) hanno
ipotizzato che la distanza psicologica dovrebbe diminuire l’intensità delle risposte
a stimoli evocativi dal punto di vista emotivo. Abbracciando una prospettiva evolutiva e adattiva del comportamento, gli autori spiegano questa previsione in base
al fatto che la distanza viene interpretata come sinonimo di sicurezza e assenza di
minaccia. A sostegno di questo ragionamento, gli autori hanno trovato che le persone gradivano maggiormente la lettura di un brano imbarazzante dopo essere stati
sottoposti ad un priming di elevata, piuttosto che ridotta, distanza psicologica.
Sebbene, oltre a questa, vi siano altre ricerche in linea con l’idea che la distanza
psicologica diminuisca l’impatto dell’affetto e delle emozioni nella formulazione
delle valutazioni (vedi anche Kross, Ayduk e Mischel, 2005) la CLT precisa che
in almeno due casi questo effetto si possa rovesciare. Il primo caso è quello delle
emozioni di «alto-livello» cioè emozioni che richiedono di trascendere l’esperienza
210
Mauro Giacomantonio, Lucia Mannetti e Marco Lauriola
diretta e immediata come, ad esempio, le emozioni sociali riflessive (senso di colpa, orgoglio, vergogna) o quelle legate ai pensieri contro fattuali (rammarico). Tali
emozioni si contrappongono a quelle di «basso livello» come la felicità, la paura e la
tristezza che non necessitano di trascendere l’esperienza diretta. Trope e Liberaman
(2003) ipotizzano (fino ad ora non vi è riscontro empirico di questa ipotesi) che le
emozioni di basso livello siano più influenti in caso di ridotta distanza psicologica,
mentre quelle di alto livello, essendo rappresentate in modo più astratto, sono più
influenti quando l’oggetto da valutare è psicologicamente distante. La seconda eccezione è quella in cui le emozioni sono rilevanti per l’obiettivo prefissato (Trope e
Liberman, 2000). Poiché, infatti, le informazioni rilevanti per l’obiettivo sono rappresentate in modo più astratto, il loro impatto sulla preferenza sarà enfatizzato in
presenza di elevata distanza. A riprova di ciò, Trope e Liberman (2000, studio 5)
hanno trovato che, in condizione di alta distanza temporale, i partecipanti erano più
propensi a visionare un filmato divertente (alto valore affettivo) piuttosto che informativo (alto valore cognitivo) se il loro obiettivo era di natura affettiva (migliorare
il proprio umore). Al contrario, se l’obiettivo era cognitivo (apprendere qualcosa
di un nuovo argomento) la distanza psicologica induceva un rovesciamento delle
preferenze.
Sommario. In sintesi, gli studi passati in rassegna in questo paragrafo mostrano
che le preferenze ed il processo di decisione sono influenzati in modo rilevante dalla
distanza psicologica. Le caratteristiche di alto livello sono più influenti nel determinare l’attrattività generale di un oggetto o evento quando esso viene rappresentato
in modo astratto. Dall’altro lato, le caratteristiche di basso livello sono più influenti
nello stabilire l’attrattività di un oggetto rappresentato concretamente. La desiderabilità, il guadagno, gli argomenti in favore e, più in generale, le caratteristiche
rilevanti per l’obiettivo (sia di natura affettiva che cognitiva), hanno in comune il
fatto di essere informazioni primare, centrali e sovraordinate. La fattibilità, la probabilità, gli argomenti a sfavore e le caratteristiche secondarie costituiscono tutte
informazioni di basso livello, subordinate e secondarie.
2.3. Effetti della distanza sul sé
Le ricerche discusse in questo paragrafo riguardano le tre fondamentali funzioni
del sé (Baumeister, 1998). La prima, la funzione riflessiva, è finalizzata alla formazione e al mantenimento di un insieme di conoscenze riguardanti sé stessi chiamato
appunto concetto di sé. La seconda funzione del sé va rintracciata nella capacità (o
necessità) di relazionarsi agli altri. Nella relazione con gli altri, infatti, le persone
definiscono il loro sé esercitando un ruolo attivo attraverso diverse strategie di presentazione o di elaborazione delle informazioni. L’ultima funzione ha una natura
esecutiva e riguarda il controllo esercitato sugli altri, sull’ambiente e, di particolare
interesse per questa rassegna, su sé stessi.
Oggi le tessere e domani il mosaico: Construal Level Theory e distanza psicologica
211
La funzione del sé che ha ricevuto maggiore attenzione dai ricercatori della CLT
è sicuramente la consapevolezza riflessiva. Lo schema di sé che deriva dall’autoconsapevolezza ha la particolarità di essere allo stesso tempo stabile e malleabile
(Markus e Kunda, 1986). Infatti, è possibile distinguere una rappresentazione di sé
basata su una serie di aspetti molto stabili che sono diventati cronicamente accessibili per via della loro importanza nel definire il sé, ed una rappresentazione di sé
costituita da una serie di aspetti che riflettono comportamenti o motivazioni temporanee e contestualizzate. Wakslak, Nussbaum, Liberman e Trope (2008) hanno
ipotizzato che il primo tipo di rappresentazione dovrebbe essere più accessibile in
condizioni di alta distanza psicologica poiché è più astratta e unitaria e composta
da elementi che sono più coerenti e interconnessi tra loro. Al contrario, la bassa
distanza psicologica dovrebbe favorire la rappresentazione più malleabile e contestualizzata poiché più concreta e composta da elementi poco interconnessi e molto
specifici. Basandosi su questo ragionamento, gli autori hanno trovato che, nel descrivere sé stessi in futuro lontano (vs. vicino), i partecipanti riportavano descrizioni
meno complesse, basate su categorie sociali ampie e inclusive. Gli autori hanno anche analizzato le implicazioni di questo risultato in termini di previsioni del proprio
comportamento trovando che, quando chiamati a fare previsioni riguardo i propri
comportamenti in un futuro lontano, i partecipanti si affidavano alle caratteristiche
più centrali del sé, mentre, nel prevedere comportamenti in un futuro immediato,
essi si basavano su aspetti più specifici della situazione. Come conseguenza, i comportamenti appartenenti ad un futuro lontano venivano percepiti come più rappresentativi del carattere generale della persona.
Kivetz e Tyler (2007) hanno ottenuto risultati in linea con quelli di Wakslak e
colleghi esaminando la distinzione tra il sé idealistico – che può essere considerato
una rappresentazione di alto livello basata su valori e principi astratti – ed il sé pragmatico – che può essere considerato come una rappresentazione mentale di basso
livello principalmente guidata da preoccupazioni pratiche. L’attivazione del sé idealistico indirizza l’attenzione verso i temi legati all’identità, mentre l’attivazione del
sé pragmatico indirizza verso i temi più strumentali. Come conseguenza, la distanza
psicologica dovrebbe attivare con maggiore probabilità il sé idealistico che, a sua
volta, dovrebbe incrementare il peso delle considerazioni legate all’identità durante
il processo di scelta. Al contrario, la prossimità psicologica dovrebbe attivare il sé
pragmatico che, a sua volta, attiverà il peso degli attributi strumentali durante la
presa di decisione. Kivetz e Tyler (2007) hanno chiesto ai partecipanti di ordinare
per ranghi quattro attributi di diversi corsi universitari. Nella condizione in cui
il corso si sarebbe tenuto in un futuro lontano, i partecipanti hanno classificato
come più importanti gli attributi del corso legati all’identità (ad esempio, il professore del corso tratta gli studenti con rispetto e dignità). Quando invece il corso era
programmato in un futuro vicino, i partecipanti attribuivano il massimo rango agli
attributi con alto valore strumentale (ad esempio, il professore solitamente assegna
voti alti).
212
Mauro Giacomantonio, Lucia Mannetti e Marco Lauriola
Un’analisi meno diretta degli effetti della distanza sulla rappresentazione di sé
è stata condotta da Eyal, Sagristano, Trope, Liberman e Chaiken (2009, ipotesti
simili e risultati identici sono stati ottenuti da Torelli e Kaikati, 2009) che si sono focalizzati sugli effetti della distanza psicologica sulla relazione tra valori e intenzioni
comportamentali. Oltre ad essere un elemento centrale nell’identità degli individui
(Rokeach, 1973), i valori possono guidare il comportamento in diverse situazioni.
Tuttavia, la relazione tra valori e intenzioni risulta molto variabile nella sua intensità. Eyal e colleghi suggeriscono che tale relazione possa essere intensificata dalla
distanza psicologica. I valori, infatti, sono elementi astratti e di alto livello e vengono
quindi usati per effettuare previsioni riguardanti comportamenti appartenenti al
futuro remoto. All’opposto, le previsioni su comportamenti più vicini nel tempo
saranno basate più probabilmente su informazioni appartenenti al contesto di riferimento. A conferma di ciò gli autori, dopo aver misurato i valori, hanno presentato
ai partecipanti alcune vignette in cui erano rappresentate una serie di tipiche situazioni di vita quotidiana. Per ogni vignetta, i partecipanti dovevano riportare la loro
intenzione di eseguire il comportamento descritto. Come atteso, le correlazioni tra
valori e intenzioni comportamentali erano più alte quando le situazioni descritte
nelle vignette erano contestualizzate in un futuro remoto.
Per quanto riguarda la dimensione del sé legata all’interazione con gli altri,
Carter e Sanna (2008) hanno dimostrato che la distanza temporale influenza la
strategia di presentazione del sé adottata dalle persone. Gli autori, in particolare, si sono basati sulla distinzione tra strategie di presentazione indiretta, in cui
la persona mette in evidenza le sue relazioni con persone che hanno una buona
immagine (ad esempio, vivo nello stesso palazzo di un famoso attore) e strategie
dirette, basate cioè sull’enfasi posta sulle proprie esperienze e qualità (ad esempio,
ho preso il voto più alto all’esame di stato). Le strategie indirette sono basate su associazioni astratte e globali, mentre le strategie di presentazione diretta sono basate su esperienze e aspetti concreti e molto specifici. Date queste premesse, è logico
attendersi che le strategie indirette siano più probabilmente usate per presentare
il sé in un futuro distante, mentre le strategie dirette siano più utilizzate nel futuro
più prossimo. I dati raccolti dagli autori, oltre a sostenere questo ragionamento,
hanno supportato anche l’opposta direzione di influenza. Nello specifico, strategie
di presentazione indirette venivano percepite più psicologicamente distanti rispetto a quelle dirette.
Il sé assolve anche una importante funzione esecutiva. Esso, infatti, è fortemente
coinvolto nella regolazione e nel controllo del proprio comportamento. L’insuccesso
nell’auto-controllo implica l’agire in accordo con il vantaggio a breve termine (ad
esempio, mangiare una torta) piuttosto che con quello a lungo termine (ad esempio,
ridurre il colesterolo; Ainslie e Haslam, 1992). La CLT inquadra i vantaggi a lungo
termine come caratteristiche di alto livello di una situazione, e i vantaggi a breve
termine come caratteristiche di basso livello (Fujita, Trope, Liberman e Levin-Sagi,
2006). Quindi, l’attivazione di un alto livello di construal dovrebbe spingere gli indi-
Oggi le tessere e domani il mosaico: Construal Level Theory e distanza psicologica
213
vidui ad attribuire maggior valore ai vantaggi a lungo termine rispetto a quelli a breve
termine. In altre parole, la distanza psicologica dovrebbe favorire l’auto-controllo.
Coerentemente con questa ipotesi, Fujita e coll. (2006) hanno chiesto a degli studenti
di stringere tra le dita il più a lungo possibile una molla, presentando questo compito
come una misura psicofisiologica di personalità. Ai partecipanti veniva detto che
più a lungo avrebbero tenuto la presa, più accurato sarebbe stato il feedback che
avrebbero ricevuto. La scomodità data dallo stringere la molla è una caratteristica di
basso livello della situazione (guadagno a breve termine) se confrontata con la possibilità di ricevere un feedback accurato (guadagno a lungo termine). I risultati hanno
mostrato che i partecipanti con alto livello di construal mantenevano la stretta sulla
molla più a lungo dei partecipanti con basso livello di construal.
Risultati analoghi sono stati ottenuti da Freitas, Salovey e Liberman (2001)
che, in modo simile a Fujita e coll. (2006), hanno mostrato che le persone con alto
livello di rappresentazione sono più propense a ricercare feedback accurati e realistici sul loro carattere o sulle loro prestazioni anche se questo dovesse risultare in
una minaccia per l’autostima. Al contrario, le persone con basso livello di construal
sono più propense a ricercare feedback positivi sebbene inaccurati. L’accuratezza,
infatti, è considerata un aspetto centrale nel ricevere un feedback, mentre, in tale
situazione, la preservazione dell’autostima è considerata un aspetto periferico e
secondario.
Un’interessante estensione di questi risultati è ravvisabile nel lavoro di Fuijta
e Han (2009). In linea con la precedente ricerca, gli autori hanno mostrato che
l’alto livello di construal agevolava le persone nel resistere alle tentazioni. Oltre ad
esaminare la condotta (scegliere una mela o una barretta di cioccolato come ricompensa per l’esperimento), gli autori hanno anche misurato l’atteggiamento implicito
verso l’oggetto di tentazione, trovando che l’alto livello di construal predisponeva i
partecipanti ad associare la barretta di cioccolata con gli attributi negativi. L’associazione implicita, misurata tramite lo IAT, mediava l’effetto della manipolazione
sul comportamento. Tale risultato è particolarmente interessante perché contraddice numerosi modelli teorici dell’autocontrollo che prevedono l’utilizzo di processi
deliberativi e consapevoli al fine di resistere e contrastare le tentazioni (Muraven
e Baumeister, 2000; Metcalfe e Mischel, 1989; Strack e Deutsch, 2004). La ricerca
di Fuijta e Han, al contrario, ha dimostrato che le rappresentazioni astratte delle
tentazioni spingono automaticamente le persone a farne valutazioni negative senza
richiedere sforzi di deliberazione.
Abbiamo appena osservato che nelle specifiche situazioni in cui si determina
un conflitto tra due obiettivi – quello a breve termine e quello a lungo termine –
il livello di construal riduce questo conflitto inducendo una valutazione negativa
delle tentazioni. A prescindere da contesti specifici, però, è anche possibile che le
persone percepiscano che i loro scopi di vita generali non sono tra loro coerenti e
che quindi è necessario impegnare un alto ammontare di energie per poterli perseguire tutti. Ad esempio, una persona può avere la percezione che «eccellere negli
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Mauro Giacomantonio, Lucia Mannetti e Marco Lauriola
studi» e «viaggiare» siano due obbiettivi in conflitto e che difficilmente troverà il
tempo e le energie per fare entrambe le cose. Tuttavia, Freitas, Clark, Kim e Levy
(2009) hanno mostrato anche che la predisposizione ad utilizzare rappresentazioni
astratte degli oggetti ed eventi riduce la percezione di discordanza tra gli obiettivi
aiutando a ricondurli ad un macro-obiettivo gerarchicamente sovraordinato. Nel
caso dell’esempio, lo studente potrebbe pensare che «viaggiare» ed «eccellere negli
studi» siano sottodimensioni del macro-obiettivo «conoscere meglio il mondo». Gli
autori hanno mostrato che la tendenza stabile a crearsi rappresentazioni astratte
favorisce la percezione che i propri obiettivi siano armoniosamente connessi e che i
propri sforzi in diverse aree della vita siano coerenti tra loro, aumentando quindi i
livelli di affetto positivo riportato dai partecipanti.
Sommario. In questo paragrafo abbiamo analizzato l’effetto della distanza psicologica e del livello di construal su ognuna delle tre funzioni principali del sé.
Per quanto riguarda la funzione autoriflessiva, abbiamo esaminato come la distanza
psicologica favorisca rappresentazioni basate sugli aspetti più stabili del sé. Questo
porta le persone a pensare al proprio comportamento futuro come maggiormente
dotato di coerenza cross-situazionale e basato sui propri valori personali e più in
generale su elementi rilevanti per la propria identità. Nella relazione con gli altri, la
distanza psicologica induce a presentare il sé in modo indiretto, cioè enfatizzando
la propria appartenenza, vicinanza o somiglianza con persone di successo. I risultati riguardanti l’impatto sull’autoregolazione sono sicuramente quelli con le più
vaste implicazioni sul benessere delle persone. Si è osservato, infatti, che l’adozione
dell’alto livello di construal aiuta le persone ad esercitare un maggiore autocontrollo
nel resistere alle tentazioni anche senza che sia implicato uno sforzo intenzionale e
consapevole da parte della persona. Nel complesso, questi risultati mostrano come
i diversi livelli di construal adottati in funzione della distanza psicologica non solo
influenzano il modo in cui le persone rappresentano se stesse ma anche il modo in
cui si auto-regolano.
2.4. Effetti della distanza psicologica sui comportamenti di consumo ed economici
Lo studio dei comportamenti di consumo ha fatto ampio ricorso ai risultati della
ricerca nel campo degli atteggiamenti ed in particolare sulla persuasione e sul cambiamento degli atteggiamenti (Johnson, Pham e Johar, 2007). Recentemente, anche
la CLT ha fornito contributi originali a queste importanti aree di studio. Infatti, la
ricerca sulla persuasione si è spesso basata su modelli di elaborazione duale delle
informazioni (Petty e Cacioppo, 1986; Eagly e Chaiken, 1995), i quali distinguono
tra una via sistematica e una via periferica di elaborazione delle informazioni persuasive. Sebbene anche la CLT preveda che le informazioni vengano elaborate a due
diversi livelli (alto, astratto vs. basso, concreto), tali livelli sono ampiamente indipendenti dalla quantità di energie cognitive implicate. Questo significa che costru-
Oggi le tessere e domani il mosaico: Construal Level Theory e distanza psicologica
215
ire le informazioni in modo astratto non necessariamente richieda un maggiore (o
minore) sforzo rispetto al costruire le informazioni in modo concreto. La differenza
tra i due livelli di elaborazione delle informazioni, quindi, è di natura qualitativa più
che quantitativa e si basa principalmente sul modo in cui queste informazioni vengono elaborate. Passeremo adesso in rassegna alcuni studi che hanno studiato gli
effetti della distanza psicologica e del concomitante livello di construal sui processi
persuasivi.
Nel paragrafo dedicato agli effetti della distanza psicologica sulle preferenze
e sulla presa di decisione abbiamo discusso alcuni studi che mostravano che la distanza psicologica influenza drasticamente l’enfasi posta sulle caratteristiche di alto
(basso) livello di un oggetto, opzione o situazione durante il processo di scelta.
Basandosi su questi risultati, Fujita, Eyal Chaiken, Trope e Liberman (2008) hanno
ipotizzato che un messaggio finalizzato ad enfatizzare le caratteristiche positive di
alto livello di un oggetto (opposto alle caratteristiche positive di basso livello) dovrebbe avere un maggior impatto persuasivo nel futuro distante rispetto a quello
vicino. In uno studio, Fujita e coll. (2008) hanno presentato ai partecipanti una
serie di argomenti a favore dell’acquisto di un lettore DVD. In una condizione gli
argomenti enfatizzavano una caratteristica positiva legata alla desiderabilità (il lettore DVD è prodotto con materiali ecologici). Nell’altra condizione, gli argomenti
erano basati su caratteristiche positive legate alla fattibilità («il manuale d’uso del
lettore DVD è semplice e comprensibile»). Quando l’acquisto del lettore DVD era
immaginato in un futuro distante, i partecipanti valutavano più positivamente il
prodotto se presentato in base alla desiderabilità. Quando invece l’acquisto del lettore DVD veniva presentato in base della fattibilità, esso otteneva valutazioni più
positive nel futuro immediato. In questo modo, gli autori hanno dimostrato che il
potere persuasivo di un argomento basato su caratteristiche di basso livello come la
fattibilità è maggiore quando sia presente bassa distanza psicologica. Al contrario,
un argomento basato su caratteristiche di alto livello come la desiderabilità è più
persuasivo quando sia presente alta distanza psicologica.
Una conclusione simile può essere tratta dallo studio condotto da Freitas,
Langsman, Clark e Moeller (2008). Gli autori hanno comparato la pubblicità di
un prodotto strutturata in termini di «sé» (ad esempio, Lexus. Because it’s all about
you) con quella strutturata in termini di qualità del prodotto (ad esempio, Lexus.
Only the very best). Poiché il sé costituisce un elemento di più alto livello rispetto
alla qualità del prodotto, gli autori hanno ipotizzato e trovato che i messaggi basati
sul sé venivano percepiti come più influenti dai partecipanti che avevano una tendenza stabile a rappresentarsi le azioni in modo astratto.
L’effetto della distanza psicologica è stato studiato anche su un comportamento economico di natura interpersonale come la negoziazione integrativa. Nelle negoziazioni integrative esistono molteplici argomenti di contrattazione con diverse
priorità tra le parti. Ad esempio, nella negoziazione riguardante l’acquisto di una
vettura si può discutere del prezzo, dell’assicurazione e degli optional inclusi. Al
216
Mauro Giacomantonio, Lucia Mannetti e Marco Lauriola
venditore può interessare maggiormente il prezzo, mentre al compratore il numero
di optional inclusi. Per realizzare un accordo vantaggioso è necessario individuare
questo pattern di priorità e scambiare concessioni sugli argomenti di minore priorità tra le parti. Henderson, Trope e Liberman (2006), hanno dimostrato che questo
sistema di concessioni, definito logrolling, è più probabile quando i negoziatori si
rappresentano la negoziazione in modo astratto piuttosto che concreto. In una rappresentazione di alto livello, infatti, gli argomenti con maggiore priorità, cioè le caratteristiche primarie della situazione, acquisiscono maggiore valore. Questo, come
trovato da Henderson e colleghi, rende più probabile il processo di logrolling e
quindi il successo negoziale. Anche De Dreu, Giacomantonio, Shalvi e Sligte (2009;
vedi anche Giacomantonio, De Dreu e Mannetti, 2010) hanno mostrato che la distanza psicologica può facilitare il raggiungimento di soluzioni integrative aiutando
i negoziatori a non bloccare le trattative di fronte ad argomenti difficili. Nelle negoziazioni su argomenti multipli, infatti, spesso accade che i negoziatori non riescano a
raggiungere una soluzione perché si focalizzano in modo particolare sull’argomento
su cui vi è maggiore disaccordo, trascurando quindi gli altri argomenti negoziali in
base ai quali sarebbe più semplice trovare una soluzione. Nell’ipotesi degli autori,
tale «blocco» negoziale può essere superato grazie all’alto livello di construal che
spinge gli individui a non focalizzare la loro attenzione su un unico elemento ma a
considerare l’insieme degli argomenti che compongono la negoziazione. Coerentemente con questo ragionamento gli autori hanno trovato che i partecipanti di uno
studio traevano beneficio dall’alto livello di construal quando l’argomento negoziale
più difficile era il primo ad essere discusso, cioè quando la probabilità di rimanere
focalizzati sull’elemento più complesso era massima. Non vi era effetto del livello di
construal quando l’argomento più difficile veniva discusso per ultimo, cioè quando
i negoziatori avevano già avuto la possibilità di esaminare gli argomenti più agevoli
e semplici.
Più in generale, è stato dimostrato che l’alta distanza psicologica favorisce la
cooperazione e la risoluzione dei conflitti nei contesti di interdipendenza a motivazione mista come, ad esempio, i dilemmi sociali (Sanna, Parks, Chang e Kennedy,
2009).
Sommario. Nel presente paragrafo abbiamo analizzato l’effetto della distanza
psicologica sulle scelte di consumo delle persone focalizzandoci principalmente sui
processi di persuasione. Abbiamo osservato che i messaggi persuasivi basati su elementi che vengono inclusi nelle rappresentazioni astratte sono più influenti quando
le persone elaborano le informazioni in modo astratto. Ad esempio, quando il ricevente adotta un alto livello di construal, ha più successo enfatizzare la desiderabilità
di un oggetto o la sua pertinenza con il concetto di sé rispetto a rimarcare la fattibilità o la qualità dell’oggetto stesso. Oltre alla persuasione, la distanza psicologica può
influenzare direttamente anche le strategie di risoluzioni dei conflitti, favorendo un
approccio cooperativo e orientato alla risoluzione dei problemi nella negoziazione
e nei dilemmi sociali.
Oggi le tessere e domani il mosaico: Construal Level Theory e distanza psicologica
217
3. Conclusioni
La CLT può essere considerata il primo paradigma teorico e di ricerca che abbia
affrontato sistematicamente il tema della distanza psicologica esaminando i suoi
effetti sull’elaborazione delle informazioni e sul comportamento.
Al fine di passare in rassegna i principali contributi della CLT, ci siamo prima
concentrati sulla definizione della distanza psicologica e delle dimensioni che la
compongono per poi analizzare i suoi effetti sul livello di construal adottato per
rappresentare la realtà. In seguito ci siamo occupati degli effetti e delle implicazioni
comportamentali della distanza e del livello di construal. I principali risultati sono
riassunti in tabella 1.
Come si può notare, la tabella è organizzata intorno ai due livelli di construal
della realtà distinti dalla CLT: il livello alto, che consiste di rappresentazioni astratte
e basate sulle caratteristiche centrali e sovraordinati, ed il livello basso, che consiste
di rappresentazioni concrete e basate sulle caratteristiche secondarie e subordinate.
Nella parte alta della tabella vengono presentati gli antecedenti in termini di distanza psicologica e le principali caratteristiche dei due livelli di construal. Nella parte
bassa della tabella vengono riassunti i principali effetti su preferenze, previsioni, sé
e persuasione individuati dagli studi passati in rassegna nel presente lavoro.
Negli ultimi anni la CLT si è affermata come un approccio teorico particolarmente influente nell’ambito della psicologia sociale. L’interesse degli studiosi è stato
attratto dalla vastità e ricchezza delle implicazioni comportamentali della distanza
psicologica che sono state accuratamente documentate da questo paradigma di ricerca. Proprio in ragione della numerosità dei comportamenti e dei processi considerati e della trasversalità applicativa dei principi teorici basilari, la CLT può essere
considerata una teoria comprensiva e di ampio respiro che ha sia il potenziale per
aprire nuove e interessanti linee di ricerca dall’importante valore applicativo, come
ad esempio quelle sull’autocontrollo e sulla risoluzione dei conflitti, sia la solidità
teorica e metodologica per criticare o reinterpretare precedenti contributi.
Quest’ultimo aspetto è possibile grazie al fatto che la CLT ha effettuato due
operazioni teoriche molto importanti. La prima è stata quella di dare una chiara
definizione al concetto di distanza psicologica e di ricondurre ad essa alcune dimensioni che fino ad ora erano sempre state considerate separatamente. In altre
parole, grazie agli studi della CLT adesso sappiamo, ad esempio, che quando si
parla di distanza temporale e di distanza sociale si sta parlando di dimensioni affini
che hanno la potenzialità di produrre effetti molto simili sull’elaborazione delle informazioni e sul comportamento. Il secondo, e forse più importante merito teorico,
è stato quello di aver individuato nel livello di construal il mediatore degli effetti
della distanza sui comportamenti. La CLT, infatti, ha dimostrato che tutte le quattro sottodimensioni di distanza (temporale, spaziale, sociale e ipoteticalità) hanno
lo stesso effetto sul livello di construal adottato e che tutti gli effetti della distanza
sulle preferenze, le attribuzioni, le decisioni, le relazioni interpersonali sono sempre
218
Mauro Giacomantonio, Lucia Mannetti e Marco Lauriola
TAB. 1. Sommario della CLT
Alto Livello
di Costruzione
Basso Livello
di Costruzione
Antecedenti
Indotto da oggetti/eventi/altre perso- Lontani nel tempo
ne/comportam enti
Lontani nello spazio
Diversi da sé stessi
Improbabili
Caratteristiche
Vicino nel tempo
Vicino nello spazio
Simili a sé stessi
Probabili
Tipo di rappresentazione
Astratta,
Semplice Strutturata
Decontestualizzata
Caratteristiche primarie
Elementi sovraordinati
Caratteristiche rilevanti
per l’obiettivo
Concreta,
Complessa Destrutturata
Contestualizzata
Caratteristiche secondarie
Elementi subordinati
Caratteristiche irrilevanti
dall’obiettivo
Basata su
Effetti
Preferenze
Maggiore enfasi su
Desiderabilità
Guadagno
Pro
Caratteristiche primarie
Fattibilità
Probabilità
Contro
Caratteristiche secondarie
Previsioni
Predizioni basate su
Caratteristiche centrali
Tratti di personalità
Valori
Caratteristiche periferiche
Influenze situazionali
Influenze situazionali
Sé
Maggiore enfasi su
Concetto di sé centrale Sé
idealistico
Obiettivi a lungo temine
(maggiore auto controllo)
Sé operativo
Sé pragmatico
Obiettivi a breve termine
(minore auto controllo)
Persuasione
Maggiore persuasione
Messaggi basati sulla
desiderabilità Messaggi
centrati sul sé
Messaggi basati sulla fattibilità Messaggi centrati
sulla qualità
mediati dal grado di astrazione con cui le persone rappresentano le informazioni.
Queste due precisazioni teoriche aiutano a fare nuova luce sulle ricerche che avevano già considerato l’influenza di una delle sottodimensioni di distanza psicologica
sul comportamento o sui giudizi, come ad esempio le ricerche sul time-discounting
(Loewenstein e Prelec, 1992). Le ricerche su questo tema analizzano l’effetto del
tempo sulle preferenze e convergono nel concludere che gli individui tendono ad
attribuire un valore minore ad un guadagno al crescere della distanza temporale con
cui questo verrà ottenuto (Read e Loewenstein, 2000; Mischel, Shoda e Rodriguez,
1989). In altre parole, gli individui tendono a preferire una ricompensa immediata
ad una futura anche quando la seconda è di maggior valore. La CLT, grazie alla
precisa analisi del modo in cui la distanza influenza la strategia di elaborazione delle
informazioni, reinterpreta questi risultati aggiungendo la distinzione tra il valore
associato alle caratteristiche primarie e sovraordinate (ad esempio, il guadagno) e
Oggi le tessere e domani il mosaico: Construal Level Theory e distanza psicologica
219
quelle secondarie e subordinate (ad esempio, la probabilità). Se il valore soggettivo
di una certa opzione sarà determinato dalle sue caratteristiche secondarie (probabilità) più che da quelle primarie (guadagno), allora si avrà un decremento dell’attrattività dell’opzione all’aumentare della distanza temporale da essa. Ad esempio,
una scommessa con un’alta probabilità e un basso guadagno verrà considerata poca
attrattiva in un futuro lontano perché gli aspetti legati alla probabilità non saranno
inclusi nella rappresentazione astratta che viene formata. Tuttavia, se un’opzione è
interessante per via delle sue caratteristiche sovraordinate e primarie (guadagno)
più che per quelle subordinate e secondarie (probabilità), l’attrattività generale di
questa opzione dovrebbe aumentare al crescere della distanza temporale da essa
poiché questi aspetti riceveranno particolare enfasi nelle rappresentazioni astratte
che le persone si formano dell’opzione. Si evidenzia quindi la necessità di distinguere tra alto e basso livello di construal per poter comprendere a pieno gli effetti della
distanza temporale sulle preferenze individuali.
Tale distinzione consente anche di rivedere i risultati delle ricerche cha hanno
mostrato che le rappresentazioni del sé in un futuro distante siano generalmente ottimistiche e positive (Regan, Snyder e Kassin, 1995). Gli studi discussi nel paragrafo
sul sé, infatti, mostrano come le rappresentazioni future siano basate sugli elementi
centrali con cui la persona definisce il sé. Se quindi la persona ha una concezione di
sé generalmente positiva, la distanza temporale amplificherà questa visione dando
vita ad una rappresentazione positiva. Al contrario, però, se gli elementi di base
della visione di sé sono negativi (come nel caso di bassa autostima) la distanza temporale sarà origine di una rappresentazione negativa.
Nonostante gli evidenti meriti legati alla semplicità, alla vastità delle implicazioni ed alla capacità di integrare diversi costrutti fino ad ora considerati separatamente, la CLT è una teoria giovane che non ha ancora approfondito sufficientemente
alcuni degli elementi centrali su cui essa si fonda. Essa è quindi soggetta ad alcune
ambiguità teoriche. Ad esempio, in merito alla relazione tra distanza psicologica e
livello di astrazione delle rappresentazioni, Semin (2007) nota che la CLT si limita a
proporre l’esistenza di un’associazione che viene generalizzata in base all’esperienza
passata anche quando sono disponibili uguali informazioni circa eventi vicini e lontani (vedi paragrafo 1.1), senza approfondire adeguatamente perché o come questo
avviene. Coerentemente con questa osservazione, Fiedler (2007) mette in dubbio
la spiegazione avanzata dalla CLT in merito alla relazione tra distanza psicologica e
livello di construal, sostenendo che gli effetti di tutte le forme di distanza siano mediati prima di tutto dalla differenza di informazioni disponibili riguardo agli stimoli
prossimali e distali. Infatti, anche a fronte di informazioni equivalenti, le persone
tendono arricchire le rappresentazioni di oggetti vicini con inferenze auto-generate,
ricordi di esperienze passate, scenari immaginati e conoscenze pregresse. Queste
informazioni auto-generate si aggiungono a quelle fornite dagli sperimentatori e
creano rappresentazioni più ricche e dettagliate. Secondo questa logica, quindi, la
concretezza delle rappresentazioni di oggetti vicini non è dovuta ad una associa-
220
Mauro Giacomantonio, Lucia Mannetti e Marco Lauriola
zione ipergeneralizzata e automatica, quanto all’effettiva quantità di informazioni
disponibili, indipendentemente dal fatto che esse siano auto o etero generate. Va
notato tuttavia, che il ragionamento di Fiedler non è in grado di spiegare i risultati
gli studi di Bar- Anan e coll. (2006, 2007) che hanno dimostrato in modo inequivocabile la natura automatica di questa associazione.
Bargh (2006; vedi anche Williams e Bargh, 2008) critica invece il punto di vista
della CLT sulla interrelazione tra le quattro dimensioni di distanza individuate. In
particolare, egli si oppone all’idea che tutte le dimensioni siano ugualmente associate
tra loro e che esse possano essere tutte ugualmente raccolte sotto il più ampio ombrello concettuale della distanza psicologica. Basandosi sui lavori di Lakoff e Johnson,
(1980) e Boroditsky (2000), l’autore propone che la distanza spaziale è una forma di
distanza più concreta delle altre, l’unica esperibile direttamente tramite i sensi, e che
tutte le altre forme di distanza, compreso il concetto generale di distanza psicologica,
vengano formate durante l’infanzia proprio sulla base della distanza spaziale. Infatti,
le informazioni spaziali sono le più facili da analizzare per i bambini proprio perché
concrete e direttamente esperibili. Altre forme di distanza, come il tempo, sono più
astratte e complesse e il loro significato viene compreso solo tramite analogia con
la distanza spaziale. Questo ragionamento stabilisce una relazione asimmetrica tra
le varie forme di distanza che vede la distanza spaziale come elemento percettivo
basilare. In base a questo logica, e in opposizione con quanto teorizzato dalla CLT, la
distanza spaziale può influenzare la percezione di altre forme di distanza, mentre non
è vero il contrario. Ad esempio, Boroditsky (2000) ha dimostrato che un priming di
distanza spaziale può influenzare la percezione di informazioni temporali ambigue,
mentre il priming di distanza temporale non influenza la percezioni di informazioni
spaziali ambigue. Bargh (2006) incoraggia uno studio più approfondito delle relazioni che legano le varie manifestazioni di distanza al fine di comprendere meglio come
e perché queste producano effetti simili sul livello di construal.
Oltre a concentrarsi sulle ambiguità relative alla relazione tra le varie istanze di
distanza psicologica, nel futuro la CLT dovrebbe considerare l’opportunità di rivedere ed ampliare la tassonomia delle sottodimensioni di distanza psicologica. Alcuni contributi, infatti, spingono a pensare che tale tassonomia non sia esaustiva o sufficientemente inclusiva. Fiedler (2007) propone tre ulteriori dimensioni di distanza
psicologica. La prima è distanza informativa e consiste nel numero di informazioni
che una persona possiede riguardo un evento o oggetto. Chiaramente, maggiore è
il numero di informazioni possedute, minore è la distanza psicologica. La seconda
è la distanza affettiva che consiste nel grado di valenza affettiva legata ad un oggetto. L’ultima è la distanza di prospettiva. Ad esempio, quando una persona investe
molto tempo nel processo decisionale la rappresentazione che si creerà riguardo al
problema della scelta sarà più concreta e dettagliata di quella che si potrebbe creare
al primo approccio con il problema.
La revisione di tale tassonomia dovrebbe anche considerare l’inclusione e lo
studio di altre variabili che, sebbene siano associate con la distanza e abbiano gli
Oggi le tessere e domani il mosaico: Construal Level Theory e distanza psicologica
221
stessi effetti sul livello di construal, non possono essere propriamente considerate
manifestazioni di distanza psicologica. Un interessante esempio di questo tipo di
variabili viene fornito da Clark e Semin (2008). Assumendo una prospettiva conversazionale, gli autori hanno mostrato che il grado di astrazione con cui viene raccontato un evento varia in funzione della presenza di conoscenza condivisa tra gli interlocutori. In particolare, le persone tendono ad adottare (o ad aspettarsi) descrizioni
più concrete quando vi è conoscenza condivisa. Inoltre, gli autori hanno trovato
che la presenza o assenza di conoscenza condivisa influenza il livello di construal
adottato più della distanza temporale in cui l’evento veniva collocato. Questo studio
sottolinea l’importanza di approfondire l’impatto dei processi sociali, oltre a quelli
più puramente cognitivi, sul livello di construal.
Un altro esempio di variabile che, sebbene non inclusa nella CLT, è in grado di
influenzare il livello di construal è la novità (o familiarità) delle informazioni esaminate. Förster, Liberman e Shapira (2009) hanno dimostrato che, di fronte a stimoli
nuovi, le persone elaborano le informazioni in modo più astratto. Sebbene gli autori
riconoscano che la novità sia strettamente connessa con l’ipoteticalità (entrambe
implicano che non vi sia ancora stata esperienza diretta dell’oggetto), essi sostengono che non è possibile parlare di dimensioni equivalenti. Infatti, alcuni eventi
possono essere improbabili pur essendo familiari mentre altri eventi possono essere
probabili pur essendo nuovi. Come debba essere interpretata la novità nei termini
della CLT rimane dunque una questione aperta. Simili dubbi valgono anche per altre variabili che influenzano il livello di construal pur non essendo forme di distanza
psicologica, come ad esempio la fluenza cognitiva (Alter e Oppenheimer, 2008) e
l’auto-affermazione (Wakslak e Trope, 2009b; Schmeichel e Vohs, 2009). Ulteriori
studi sono necessari per risolvere tali ambiguità.
Ricerche future dovrebbero estendere anche le conoscenze sulle conseguenze
della distanza psicologica in domini ancora inesplorati. Infatti, la maggioranza degli
studi presentati in questa rassegna trattano le conseguenze intra-personali e, anche
se in misura minore, quelle inter-personali della distanza. Ad eccezione dello studio
di Henderson (2009), nessuna ricerca a noi nota analizza gli effetti della distanza
psicologica sui comportamenti inter-gruppi. Eppure, appare subito evidente come
la relazione tra i gruppi sia soggetta alla (se non basata sulla) distanza psicologica.
Un aspetto particolarmente interessante, poi, è che le ipotesi basate sulla CLT in
merito alle relazioni inter-gruppi non sono sempre coerenti con risultati di ricerca
consolidati in questo ambito. Ad esempio, gli studi menzionati precedentemente
in merito alla negoziazione convergono nel suggerire che la distanza psicologica
promuove la cooperazione e la risoluzione integrativa dei conflitti (Sanna, 2009;
Henderson et al., 2006; De Dreu et al., 2009). Da questo si dovrebbe dedurre che
la distanza sociale implicata dal negoziare o, più in generale, dal relazionarsi con un
membro dell’outgroup dovrebbe promuovere un approccio cooperativo tra membri di gruppi diversi. Tuttavia, ricerche passate hanno dimostrato l’esatto contrario
(tra gli altri Halevy, 2008; Howard, Gardner e Thompson, 2007). Questo spinge a
222
Mauro Giacomantonio, Lucia Mannetti e Marco Lauriola
pensare che, sebbene diverse forme di distanza abbiano un effetto simile sul livello
di construal, esse possano avere al contempo implicazioni comportamentali diverse
ed opposte. L’ambito inter-gruppi appare un contesto ideale dove testare questo
tipo di ragionamento teoricamente molto rilevante per la CLT.
Sebbene in questo ultimo paragrafo abbiamo enfatizzato particolarmente le debolezze e le ambiguità teoriche della CLT, è possibile affermare serenamente che
questo sia uno dei più prolifici e ampi approcci teorici degli ultimi anni, caratterizzato da una profonda capacità di ispirare nuove ricerche e di generare ipotesi semplici e chiare riguardanti numerosi processi psicologici. In sintesi, il fascino
principale della CLT risiede proprio nell’ambizione e nella capacità di studiare una
molteplicità di comportamenti e processi psicologici diversi in relazione ad un’unica variabile: la distanza psicologica.
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Tiles today and mosaic tomorrow: Construal Level Theory and psychological distance
Construal Level Theory is a recent framework developed within the domain of social cognition with the aim to explain how psychological distance affects information processing
and, in turn, evaluations and behaviors. In the present work we will present main findings
based on Construal Level Theory discussing their potential to explain and predict behavior.
Furthermore, theoretical ambiguities will be discussed. According to the aims of the present
work, in the first part of the paper we will review research supporting theoretical foundations of Construal Level Theory, while in the second part we will examine in depth behavioral implications of psychological distance. Finally, in the last part of the review, critical
remarks will be discussed in order to stimulate future research.
Keywords: construal level theory, abstraction, psychological distance.
Mauro Giacomantonio, Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione, Università Sapienza di Roma
Via Dei Marsi, 78, 00185, Roma, Italy
[email protected]
Lucia Mannetti, Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione, Università Sapienza di Roma
Via Dei Marsi, 78, 00185, Roma, Italy
email:
Marco Lauriola, Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione, Università Sapienza di Roma
Via Dei Marsi, 78, 00185, Roma, Italy
email
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