5. Perché il testo sul lino era stato ridotto in fasce?

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5. Perché il testo sul lino era stato ridotto in fasce?
4. C’era relazione tra la mummia e il testo in etrusco?
5. Perché il testo sul lino era stato ridotto in fasce?
Molte le domande sulla storia di questo reperto, che però sono destinate a rimanere senza risposta.
Il liber linteus di Zagabria venne trovato in Egitto e si ipotizza il fatto che il libro sia stato portato (o fatto venire)
dall’Etruria da immigrati etruschi. Si tratta di un libro di carattere religioso, più precisamente rituale, probabilmente impiegato durante i culti di una comunità straniera stabilitasi in Egitto. Secondo Pallottino non si può
escludere l’ipotesi che il libro sia stato scritto in Egitto, nell’ambito della supposta comunità etrusca, avendo
però come modello un testo derivato da un originale, proveniente dalla madrepatria o comunque ispirato a
formule tradizionali.
Il liber linteus di Zagabria viene datato tra il III e il I secolo a.C. sulla base dei caratteri che compongono le parole. L’eccezionalità del ritrovamento risiede, oltre che per il fatto di essere stato trovato in Egitto, nel non essere
un testo epigrafico ma librario, cioè un testo manoscritto; inoltre, un altro elemento che lo rende eccezionale
è il suo essere una testimonianza così eloquente di quei contatti fra il mondo etrusco e l’Egitto greco-romano
che sicuramente devono essere stati frequenti e che per un caso fortuito sono testimoniati da questo reperto
archeologico.
Il liber linteus Zagrabiensis
Forse il gruppo di persone cui apparteneva il libro scomparve ed è da quel momento che questo oggetto rimase “abbandonato” perdendo di conseguenza la sua funzione originaria; probabilmente è da questo momento che venne riutilizzato come stoffa per imballaggio e, ridotto in strisce sottili, utilizzato per avvolgere la
mummia di una ragazza, che poi venne comprata da un europeo e portata in Europa.
Il liber linteus della mummia di Zagabria è un libro di tela di lino, una delle più antiche attestazioni di confezione
libraria del tipo a codex, cioè di un libro a pagine come i nostri libri moderni, la versione alternativa al volumen
o rotolo. Accanto al papiro e alla pergamena sappiamo che la stoffa a Roma era molto utilizzata come materia
scrittoria fin dall’età arcaica ed era soprattutto impiegata per una particolare categoria di documenti di archivio: quelli di carattere religioso. In Etruria i libri lintei si vedono riprodotti nei monumenti funerari a partire dal
IV secolo a.C.
Per lunghezza di testo questo documento ha confronti solo con le Tavole di bronzo di Gubbio, anch’esse di
contenuto religioso e rituale, ed entrambi si distaccano profondamente da ogni altro oggetto fino ad ora conosciuto. Le Tavole Iuguvine (foto 2) contengono 4250 parole, mentre le bende della mummia di Zagabria
contengono 1130 parole più o meno sicuramente leggibili. Il manoscritto della mummia è comunque il più
esteso testo etrusco che possediamo, oltre che l’unico di carattere librario in grado di fornirci un’idea di quella
letteratura sacrale presente in Etruria che sappiamo esistere dalle fonti classiche. Il suo valore storico-documentario è naturalmente legato al contenuto e quindi alle sue interpretazioni.
Gli studiosi non hanno alcun dubbio sul fatto che si tratti di materia attinente alla sfera religiosa. Un esempio
è la costante ricorrenza delle parole ais, aiser, aiseraš, aisvale, aisna, aisunal, che le “glosse” degli antichi scrittori (cioè termini etruschi interpretati in greco o in latino) consentono di tradurre con “dio”, “dei” e con i loro
derivati. Inoltre sono presenti nomi sufficientemente riconoscibili di alcune divinità come Nerunsl (Nettuno),
Culšcva (Culsu), Tuchla (Tuchulca), Veiveš (Veiove), Unialti ( Uni); come la presenza di molte parole che appartengono alla sfera semantica del linguaggio sacrificale e a formule di offerta, primo fra tutti il verbo tur, “offrire”,
che hanno ulteriormente confermato l’interpretazione del testo. Quindi è ragionevole supporre che questo
testo è un rituale corredato da prescrizioni di cerimonie che sono descritte nei particolari attraverso lo svolgimento di singoli atti sacri, come si conoscono già da alcuni testi latini, come nel De agri cultura di Catone e nelle
Tavole Iuguvine. Comunque, ancora ad oggi è impossibile effettuare una traduzione letterale di gran parte
delle frasi e delle parole. L’esame delle singole parole analizzate nel contesto in cui si trovano, insieme allo studio degli intervalli di scrittura che segnano la partizione in paragrafi più o meno lunghi, ha consentito di riconoscere almeno l’esistenza di parti ben distinte dal punto di vista dei contenuti. Si può così individuare la presenza di tre grandi sequenze riferibili a cerimonie sacrificali rispettivamente dedicate, con formulari più o
meno analoghi, a tre diverse entità divine:
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