Il Regno di Sardegna - "E. Mattei"
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Il Regno di Sardegna - "E. Mattei"
Il Regno di Sardegna Sardegna - Piemonte • Vi siete mai chiesti perché il Piemonte , che ha fatto l’Italia, fosse dentro ad uno Stato che si chiamava Regno di Sardegna ? In effetti fino al 1848 la Sardegna non solo costituiva una entità politica a se stante, appunto un Regno, ma i Savoia potevano vantare il titolo regale in quanto erano Re di Sardegna : infatti il possesso della sola Contea del Piemonte non avrebbe conferito loro la dignità regale che tanto agognavano. Il Regno Sardo-Piemontese Nel 1700 fu nominato re di Spagna Filippo V d’Anjou, nipote di Luigi XIV; ciò fece temere l’unione tra Spagna e Francia; subito si formò una coalizione tra Inghilterra, Austria, e Olanda contro Spagna e Francia. Nel 1703 il principe Carlo d’Asburgo (Austria) si insediò a Barcellona dove fu proclamato re di Spagna. La Sardegna che sembrava aver riconosciuto come legittimo re Filippo V, fu lacerata da notevoli tensioni e si formarono due fazioni: uno a favore dei francesi e l’altro filoasburgico. Nel 1713 con il trattato di Utrecht fu sancita la separazione tra la Francia e la Spagna ma anche tra la Spagna e l’impero; la Sardegna fu assegnata agli Asburgo di Spagna e divenne così una delle tante pedine di scambio per l’equilibrio europeo. Filippo V non accettando i termini del trattato nel 1717 occupò la Sardegna. Si formò così una coalizione per far rispettare i termini dell’accordo e con il Trattato di Londra del 1718 la Sardegna fu assegnata ai Savoia (che avrebbero voluto invece la Sicilia). La Spagna tentò di resistere ma, attaccata per mare e per terra, fu costretta a chiedere la pace e l’8 Agosto 1720 la Sardegna cessò definitivamente di essere un regno in unione personale con la corona di Spagna. Difficoltà dei Savoia in Sardegna • • • • I Savoia non volevano la Sardegna anche perché il regno presentava non pochi problemi: Cultura e tradizioni spagnole Aspirazioni di tipo autonomistico Acceso permanere del sistema feudale Sistema legislativo composito e difficilmente armonizzabile (coesistenza della Carta de logu con i Capitoli di Corte spagnoli) Difficoltà dei Savoia in Sardegna • Situazione economica (agricoltura e allevamento) fortemente condizionata dal sistema feudale e da metodi di conduzione arcaici • Industria estrattiva, un tempo fiorente, ormai abbandonata • Mancanza di rete viaria interna e di trasporti via mare … commercio difficilissimo e in mano a stranieri • Condizioni igienico-sanitarie pessime • Analfabetismo elevatissimo (modesto livello delle università e degli istituti scolastici) • Difficile rapporto città – campagna (= isolamento delle comunità e persistenza dei privilegi delle città) Il malcontento dei sardi Per risolvere tutti questi problemi sarebbe servita una classe politica cosciente delle difficoltà da affrontare ma, soprattutto, una forte coesione tra i due popoli sardo – piemontese … inutile dire che le condizioni necessarie per agire bene mancarono entrambe. Addirittura i Savoia (nel tentativo di estendere i propri domini nel nord Italia) cercarono di liberarsi della Sardegna offrendola prima alla Spagna e poi alla Francia. Ciò fu di conseguenza mal visto dall’aristocrazia sarda che con una delegazione di nobili si recò in Francia per offrire la Sardegna a Luigi XV purché li aiutasse a rovesciare il governo piemontese. La Sardegna rimane ai Savoia • Carlo Emanuele III nel 1748 avviò nel Regno la trasformazione dell’apparato di governo e di quello amministrativo; innanzi tutto istituì il Supremo Consiglio di Sardegna in sostituzione del Supremo Consiglio d’Aragona, con il compito di indicare le linee d’intervento da applicare nell’isola: i due settori che tentò di modificare maggiormente furono l’istruzione pubblica e lo sviluppo demografico. Si cercò di diffondere l’uso della lingua italiana, con non poche resistenze, dato che la classe politica parlava lo spagnolo. L’istruzione continuò comunque ad essere dominata dalla chiesa e non si fece nulla per combattere l’analfabetismo. Anche per lo sviluppo demografico non si riuscì a fare molto: vaste aree erano semideserte e ciò favoriva il banditismo e anche la poca sicurezza delle coste. Si tentò con l’insediamento dei coloni (Isola di san Pietro – Asinara ecc.), che però fu un fallimento. Primi cambiamenti • • • • • • • • • Nel 1759 Bogino fu nominato reggente della Segreteria di stato per gli affari della Sardegna e si ebbero alcuni importanti interventi: Opere di bonifica Razionalizzazione dell’amministrazione giudiziaria Qualificazione professionale di avvocati e magistrati Riordino del servizio postale Riforma del sistema scolastico (rifondazione delle università di Cagliari e Sassari) Imposizione dell’uso dell’italiano negli atti pubblici Riordino degli ospedali Istituzione dei tribunali del commercio Istituzione dell’archivio di Stato a Cagliari, ecc. Vecchi problemi Gli interventi adottati erano maturati in un ambiente culturale e sociale molto diverso da quello sardo; i veri problemi dell’isola nascevano principalmente dal permanere del sistema feudale e dalla invariata diffidenza tra sardi e burocrati piemontesi. Quando nel 1789 scoppiò la rivoluzione francese, scoppiò anche la guerra tra i Savoia e la Francia e fu progettata l’invasione della Sardegna ma i miliziani sardi sconfissero gli invasori (fra cui lo stesso Napoleone Bonaparte) per ben due volte. Da qui il rilancio dello spirito autonomistico. I delegati sardi a Torino • • • • Atteggiamento dei sardi sempre più critico nei confronti del vicerè e invio a Torino di una delegazione per fare precise richieste alla corona: Nella cariche ecclesiastiche, negli impieghi civili e militari dovevano essere nominati dei sardi Istituzione di un Ministero per la Sardegna a Torino Istituzione a Cagliari di un Consiglio di Stato per i controlli di legittimità Riconferma di alcuni privilegi riconosciuti storicamente al Regno e ormai caduti in desuetudine La cacciata dei piemontesi I delegati sardi non furono presi sul serio, non ricevettero le risposte attese e in Sardegna il malcontento aumentava come la volontà di ribellarsi: fu così che il 28 Aprile del 1794 i Cagliaritani insorsero cacciando i piemontesi. Gli stamenti (= rami in cui si articolava l’antico parlamento sardo) assunsero le redini del governo e il vicerè si imbarcò e fuggì dall’isola. I Savoia a Cagliari Venne inviato un nuovo vicerè ma le cose non cambiarono; si accese ulteriormente lo spirito liberale. Nel 1799 i Savoia si rifugiarono a Cagliari per sfuggire alle armate francesi e ogni idea autonomistica venne abbandonata, ma il territorio soffriva per l’elevata pressione fiscale, per lunghi periodi di carestia, per i problemi connessi al permanere del sistema feudale. Nel 1835 fu avviata la fase di abolizione del sistema feudale. La fine del Regnum Sardiniae L’aspirazione all’autonomia non fu più ritenuta valida: ora il riscatto della Sardegna era visto nell’unione con gli Stati di terraferma. Nel 1847 i rappresentanti degli stamenti chiesero a Carlo Alberto l’unione e la richiesta fu accettata. Finì il Regnum Sardiniae autonomo: la legislazione fu abrogata, le antiche magistrature e gli stamenti soppressi. Fu emanato lo Statuto Albertino. Il 1848 • Cosa è accaduto nel 1848 ? Semplicemente la fine del Regno di Sardegna in quanto tale e la ri-denominazione di Regno di Sardegna ad una entità politica più vasta. • In occasione dell’ondata patriottica che scuote l’Italia , una esigua minoranza di formazione liberale chiede e ottiene dal sovrano la “eguaglianza con gli stati continentali”. Il cambiamento • Ciò significa l’ abolizione del Parlamento Sardo e l’integrazione della Rappresentanza Sarda nel Parlamento di Torino e conseguentemente scompare pure la figura istituzionale del Vicerè, terminano le guarentigie risalenti al periodo spagnolo, il Paese è declassato da Regno a “Provincia”, insomma un decadimento in termini di prestigio internazionale e una sostanziale perdita di libertà in termini di usi e tradizioni proprie. Lo stemma dei quattro mori • L'uso di un emblema è legato all'assetto istituzionale della Sardegna, dalla sua costituzione in Regno fino alla nascita della Regione autonoma. Lo stemma giunge in Sardegna alla metà del Trecento, durante la conquista aragonese, come sigillo della cancelleria reale, ma dopo la formazione del Regno di Spagna nel 1479 si lega fortemente al Regno di Sardegna. Lo stemma resta in uso fino all'adozione del tricolore italiano come bandiera nazionale. Dopo la proclamazione della Repubblica ed il riconoscimento dell'autonomia regionale, la Sardegna si riappropria dello stemma, approvato dal Consiglio regionale nel 1950 e concesso, come da prassi, con un decreto del Presidente della Repubblica il 5 luglio 1952. Lo stemma conosce numerose varianti che riguardano i tratti somatici dei mori, da negroidi a mediterranei, la presenza della benda, talvolta figurata come una corona, e la sua posizione sulla fronte o sugli occhi, la direzione del viso. Il gusto dell'epoca ha poi determinato la forma e la decorazione dello scudo. La forma grafica riconosciuta formalmente ai fini istituzionali consolida la rappresentazione documentata a partire dalla metà del Settecento. Lo stemma di Aragona Lo statuto albertino Lo Statuto albertino è la carta costituzionale del regno di Sardegna, concessa il 4 marzo 1848 dal re Carlo Alberto sotto la pressione degli eventi di quell'anno. Dopo il 1861 è stato adottato dal Regno d'Italia fino al 1948. Esso era una carta costituzionale ottriata, ossia concessa unilateralmente dal sovrano che autolimitava il proprio potere. Non era perciò il frutto di una rivoluzione, e non metteva in questione il fondamento del potere, che restava perciò in mano al sovrano. Lo Statuto era espressione del patto difensivo tra le forze tradizionalmente conservatrici (monarchia, nobiltà, clero) e la borghesia, unite contro la minaccia di una rivoluzione sociale. I caratteri dello Statuto: i diritti • Lo Statuto era espressione del liberalismo moderato. • I diritti che venivano ufficialmente sanciti erano però sistematicamente subordinati alle leggi, che venivano invocate come limite ai diritti stessi. Perciò i diritti non valevano in modo uguale per tutti, ma solo per coloro che disponevano del potere di fare le leggi. La società progettata dallo Statuto era perciò, per così dire, a due strati: era una società aperta per coloro che appartenevano alle classi dominanti, mentre era una società chiusa per le classi subalterne. I diritti • • • • • • • • I diritti teoricamente sanciti dallo Statuto sono: Eguaglianza giuridica Libertà individuale Libertà di domicilio Libertà di stampa Libertà di riunione Diritto di proprietà Libertà di religione La monarchia costituzionale • Lo Statuto albertino comprendeva tre principi (monarchico, aristocratico e "democratico") cui corrispondevano tre organi (il re, il Senato, la Camera dei deputati). Questi tre organi esercitano collettivamente il potere legislativo: non si ha perciò il principio della separazione dei poteri (tipico delle costituzioni americane e francesi). Lo Statuto albertino progetta un governo misto, il cui obiettivo è di unificare nello stato le diverse componenti della società. Naturalmente da questo schema sono escluse le classi sociali più basse: il governo misto è pensato per cercare la stabilità in una società divisa in ceti (ossia composta da "diseguali") L'evoluzione dello Statuto • Lo Statuto albertino nacque dunque secondo uno schema tripartito (re, senato e camera). Ben presto tuttavia la vita politica del Piemonte e poi del Regno d'Italia si trasformò secondo uno schema bipartito (re + senato da una parte e Camera dall'altra). Questo avvenne perché il Senato era di nomina regia e non esisteva un tetto massimo al numero dei suoi membri. Quando le posizioni del Senato si discostavano da quelle del sovrano, era sufficiente per quest'ultimo nominare una "infornata" di nuovi senatori, naturalmente fedeli al sovrano. La composizione del corpo elettorale • La composizione del corpo elettorale piemontese risultava di 80.000 votanti su 4.900.000 abitanti, ossia di 1 elettore ogni 69 abitanti. • A ogni deputato corrispondevano circa 300 elettori. Questo permetteva un contatto personale molto intenso tra gli elettori e il candidato: la campagna elettorale poteva in pratica svolgersi nei salotti, dal momento che si trattava di convincere un numero molto ristretto di persone La composizione del suffragio Il sistema non poteva restare stabile, proprio a causa della limitatissima base di consenso su cui poggiava (circa il 2% della popolazione totale) Di conseguenza fu indispensabile allargare la base del suffragio modificando la legge elettorale a più riprese:1882, 1912, 1919, 1946 Caratteristiche dello Stato Costituzionale • Lo statuto Albertino segna il tramonto dello Stato assoluto e la nascita di un sistema di governo costituzionale moderno. I poteri si distinguono in legislativo, esecutivo e giudiziario. Quello legislativo ha il compito di fare leggi, e quello esecutivo di farle rispettare e quello giudiziario ha per oggetto l'attuazione della giustizia. In uno Stato assoluto questi tre poteri sono accentrati in un'unica persona che porta sempre alla perdita o alla limitazione della libertà dei cittadini. Lo Stato moderno oltre che costituzionale è anche democratico, organizzato cioè in modo da garantire la partecipazione del popolo all'esercizio del potere. Questo accade attraverso l'elezione dei rappresentanti che godono la fiducia ed esprimono la volontà dei cittadini. La carta ottriata Una costituzione può nascere in due modi: può esser deliberata da un'apposita assemblea elargita dal costituente o sovrano, in questo caso prende il nome di ottriata. Il potere legislativo • Il potere legislativo è esercitato dal re e da due camere: la camera dei deputati e Senato. I senatori sono nominati dal re a vita mentre i deputati sono eletti dal ristretto e privilegiato gruppo di cittadini. I deputati possono ricevere istruzioni dagli elettori, ma non sono tenuti a seguirli. Essi rimangono in carica cinque anni. La formazione delle leggi avviene così: proposta la legge, essa viene esaminata dalle giunte, poi viene discussa e approvata da una camera e trasmessa all'altra. Dopo che è stata provata dalle due camere la legge viene presentata al re, il quale la approva e attesta l'esistenza della legge. Se la legge viene respinta, il progetto non può esser presentato nella stessa sessione, uno dei tanti periodi che compongono la legislatura. • I parlamentari si avvalgono di alcuni privilegi: non possono essere perseguiti a causa delle opinioni espresse e dei voti dati e non possano essere arrestati senza l'autorizzazione delle rispettive camere. Essi inoltre non ricevono alcun compenso per il servizio prestato e se non hanno un reddito personale non possono svolgere attività parlamentare. Il potere esecutivo • Il potere esecutivo appartiene al re. Il re è il capo supremo dello stato ciò significa che è rappresentante di se stesso. Il re esercita questa funzione assieme ai ministri, nominati e revocati da esso, responsabili degli atti del sovrano. Il re è infatti esente da ogni responsabilità attraverso l'inviolabilità regia. L’ordine giudiziario • All'età dell'assolutismo il re era primo giudice del regno, i magistrati erano funzionari regi strettamente dipendenti dal sovrano; ora lo statuto dice che i giudici ottengono l'inamovibilità dopo tre anni di servizio; in pratica esso permette ai giudici di svolgere la loro funzione in modo autonomo. Un'altra garanzia tendente ad assicurare il libero e corretto funzionamento della giustizia, era la possibilità di seguire da parte di tutti i processi. Diritti e doveri dei cittadini • Tutte le costituzioni degli stati moderni riconoscono ai cittadini i diritti di libertà. Nel continente europeo i diritti comuni a tutti gli uomini si affermano per la prima volta nella "Dichiarazione dei diritti dell'uomo “ (ONU 1948). I passi più importanti sono: gli uomini nascono e vivono liberi e uguali nei diritti; la libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce agli altri; tutti i cittadini hanno diritto concorrere personalmente o per mezzo di rappresentanti alla formazione delle leggi; nessuno deve essere disturbato nelle sue opinioni; la libertà di pensiero è uno dei diritti più importanti. Alcuni diritti sanciti dallo statuto sono: la libertà individuale (nessuno può essere arrestato se non nei casi previsti dalla legge); il domicilio è inviolabile; il diritto di libertà di stampa. Questi diritti sono riconosciuti dallo statuto ma non garantiti, cioè non si ha l'inviolabilità assoluta di quei diritti. DIFFERENZE TRA LA COSTITUZIONE ITALIANA E LO STATUTO ALBERTINO COSTITUZIONE ITALIANA STATUTO ALBERTINO caratteristiche lunga, votata, rigida breve, elargita, flessibile forma di Stato repubblica democratica monarchia popolo re sovranità DIFFERENZE TRA LA COSTITUZIONE ITALIANA E LO STATUTO ALBERTINO COSTITUZIONE ITALIANA STATUTO ALBERTINO camera dei deputati eletto ogni cinque anni eletto ogni 5 anni potere esecutivo pres. consiglio dei ministri ministri di nomina regia potere giudiziario magistrati ordinari istituiti magistrati di nomina regia DIFFERENZE TRA LA COSTITUZIONE ITALIANA E LO STATUTO ALBERTINO COSTITUZIONE ITALIANA STATUTO ALBERTINO dichiara guerra, comanda forze armate, promulga leggi. Egli è eletto potere esecutivo, dichiara guerra, comanda forze armate, fa trattati di pace. potere legislativo parlamento parlamento (+ re) senato eletto ogni cinque anni a vita e di nomina regia capo di Stato DIFFERENZE TRA LA COSTITUZIONE ITALIANA E LO STATUTO ALBERTINO diritto di voto religione COSTITUZIONE ITALIANA STATUTO ALBERTINO suffragio universale (>18) suffragio ristretto stato laico cattolica Carlo Alberto per la grazia di Dio Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme Con lealtà di Re e con affetto di Padre Noi veniamo oggi a compiere quanto avevamo annunziato ai Nostri amatissimi sudditi col Nostro proclama dell'8 dell'ultimo scorso febbraio, con cui abbiamo voluto dimostrare, in mezzo agli eventi straordinari che circondavano il paese, come la Nostra confidenza in loro crescesse colla gravità delle circostanze, e come prendendo unicamente consiglio dagli impulsi del Nostro cuore fosse ferma Nostra intenzione di conformare le loro sorti alla ragione dei tempi, agli interessi ed alla dignità della Nazione. Considerando Noi le larghe e forti istituzioni rappresentative contenute nel presente Statuto Fondamentale come un mezzo il più sicuro di raddoppiare coi vincoli d'indissolubile affetto che stringono all'Italia Nostra Corona un Popolo, che tante prove Ci ha dato di fede, d'obbedienza e d'amore, abbiamo determinato di sancirlo e promulgarlo, nella fiducia che Iddio benedirà le pure Nostre intenzioni, e che la Nazione libera, forte e felice si mostrerà sempre più degna dell'antica fama, e saprà meritarsi un glorioso avvenire. Perciò di Nostra certa scienza, Regia autorità, avuto il parere del Nostro Consiglio, abbiamo ordinato ed ordiniamo in forza di Statuto e Legge fondamentale, perpetua ed irrevocabile della Monarchia, quanto segue: Disposizioni relative alla Corona Art. 1. La Religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola Religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi. Art. 2. Lo Stato è retto da un Governo Monarchico Rappresentativo. Il Trono è ereditario secondo la legge salica Disposizioni relative alla Corona Art. 3. Il potere legislativo sarà collettivamente esercitato dal Re e da due Camere: il Senato, e quella dei Deputati. Art. 4. La persona del Re è sacra ed inviolabile. Disposizioni relative alla Corona Art. 5. Al Re solo appartiene il potere esecutivo. Egli è il Capo Supremo dello Stato: comanda tutte le forze di terra e di mare; dichiara la guerra: fa i trattati di pace, d'alleanza, di commercio ed altri, dandone notizia alle Camere tosto che l'interesse e la sicurezza dello Stato il permettano, ed unendovi le comunicazioni opportune. I trattati che importassero un onere alle finanze, o variazione di territorio dello Stato, non avranno effetto se non dopo ottenuto l'assenso delle Camere. Art. 6. Il Re nomina a tutte le cariche dello Stato; e fa i decreti e regolamenti necessari per l'esecuzione delle leggi, senza sospenderne l'osservanza, o dispensarne. Disposizioni relative alla Corona Art. 7. Il Re solo sanziona le leggi e le promulga. Art. 8. Il Re può far grazia e commutare le pene. Disposizioni relative alla Corona • Art. 9 • Il Re convoca in ogni anno le due Camere: può prorogarne le sessioni, e disciogliere quella dei Deputati; ma in quest'ultimo caso ne convoca un'altra nel termine di quattro mesi. Art. 10 proposizione La delle leggi apparterrà al Re ed a ciascuna delle due Camere. Per ogni legge d'imposizione di tributi, o di approvazione dei bilanci e dei conti dello Stato, sarà presentata prima alla Camera dei Deputati. Disposizioni relative alla Corona Art. 11 Il Re è maggiore all'età di diciotto anni compiuti. Art. 12 Durante la minorità del Re, il Principe suo più prossimo parente, nell'ordine della successione al trono sarà Reggente del Regno, se ha compiti gli anni vent'uno. Disposizioni relative alla Corona Art. 13 Se, per la minorità del Principe chiamato alla Reggenza, questa è devoluta ad un parente più lontano, il Reggente, che sarà entrato in esercizio, conserverà la Reggenza fino alla maggiorità del Re. Art. 14. In mancanza di parenti maschi, la Reggenza apparterrà alla Regina Madre. Disposizioni relative alla Corona Art. 15 Se manca anche la Madre, le Camere, convocate fra dieci giorni dai Ministri, nomineranno il Reggente. Art. 16 Le disposizioni precedenti relative alla Reggenza sono applicabili al caso, in cui il Re maggiore si trovi nella fisica impossibilità di regnare. Però, se l'Erede presuntivo del trono ha compiuti diciotto anni, egli sarà in tal caso di pieno diritto il Reggente. Disposizioni relative alla Corona • Art. 17 La Regina Madre è tutrice del Re finché egli abbia compiuta l'età di sette anni; da questo punto la tutela passa al Reggente. • Art. 18 I diritti spettanti alla podestà civile in materia beneficiaria, o concernenti all'esecuzione delle Provvisioni d'ogni natura provenienti dall'estero, saranno esercitati dal Re. Disposizioni relative alla Corona • Art. 19. La dotazione della Corona è conservata durante il Regno attuale quale risulterà dalla media degli ultimi dieci anni. Il Re continuerà ad avere l'uso dei reali palazzi, ville e giardini e dipendenze, non che di tutti indistintamente i beni mobili spettanti alla corona, di cui sarà fatto inventario a diligenza di un Ministro responsabile. Per l'avvenire la dotazione predetta verrà stabilita per la durata di ogni Regno dalla prima legislatura, dopo l'avvenimento del Re al Trono. Art. 20. Oltre i beni, che il Re attualmente possiede in proprio, formeranno il privato suo patrimonio ancora quelli che potesse in seguito acquistare a titolo oneroso o gratuito, durante il suo Regno. Il Re può disporre del suo patrimonio privato sia per atti fra vivi, sia per testamento, senza essere tenuto alle regola delle leggi civili, che limitano la quantità disponibile. Nel rimanente il patrimonio del Re è soggetto alle leggi che reggono le altre proprietà. Disposizioni relative alla Corona • Art. 21. Sarà provveduto per legge ad un assegnamento annuo del Principe ereditario giunto alla maggiorità, od anche prima in occasione di matrimonio; all'appannaggio dei Principi della Famiglia e del Sangue Reale delle condizioni predette; alle doti delle Principesse; ed al dovario delle Regine. • Art. 22. Il Re, salendo al trono, presta in presenza delle Camere riunite il giuramento di osservare lealmente il presente Statuto. Disposizioni relative alla Corona • Art. 23. Il Reggente prima d'entrare in funzioni, presta il giuramento di essere fedele al Re, e di osservare lealmente lo Statuto e le leggi dello Stato. DEI DIRITTI E DEI DOVERI DEI CITTADINI • Art. 24. Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado, sono eguali dinanzi alla legge. Tutti godono egualmente i diritti civili e politici, e sono ammissibili alle cariche civili, e militari, salve le eccezioni determinate dalle Leggi. • Art. 25. Essi contribuiscono indistintamente, nella proporzione dei loro averi, ai carichi dello Stato. DEI DIRITTI E DEI DOVERI DEI CITTADINI • Art. 26. La libertà individuale è guarentita. Niuno può essere arrestato, o tradotto in giudizio, se non nei casi previsti dalla legge, e nelle forme ch'essa prescrive. • Art. 27. Il domicilio è inviolabile. Niuna visita domiciliare può aver luogo se non in forza della legge, e nelle forme ch'essa prescrive. DEI DIRITTI E DEI DOVERI DEI CITTADINI • Art. 28. La Stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi. Tuttavia le bibbie, i catechismi, i libri liturgici e di preghiere non potranno essere stampati senza il preventivo permesso del Vescovo. • Art. 29. Tutte le proprietà, senza alcuna eccezione, sono inviolabili. Tuttavia quando l'interesse pubblico legalmente accertato, lo esiga, si può essere tenuti a cederle in tutto o in parte, mediante una giusta indennità conformemente alle leggi. DEI DIRITTI E DEI DOVERI DEI CITTADINI • Art. 30. Nessun tributo può essere imposto o riscosso se non è stato consentito dalle Camere e sanzionato dal Re. • Art. 31. Il debito pubblico è garantito. Ogni impegno dello Stato verso i suoi creditori è inviolabile. DEI DIRITTI E DEI DOVERI DEI CITTADINI • Art. 32. È riconosciuto il diritto di adunarsi pacificamente e senz'armi, uniformandosi alle leggi che possono regolarne l'esercizio nell'interesse della cosa pubblica. Questa disposizione non è applicabile alle adunanze in luoghi pubblici, od aperti al pubblico, i quali rimangono interamente soggetti alle leggi di polizia. DEL SENATO • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Art. 33. Il Senato è composto di membri nominati a vita dal Re, in numero non limitato, aventi l'età di quarant'anni compiuti, e scelti nelle categorie seguenti: Gli Arcivescovi e Vescovi dello Stato; Il Presidente della Camera dei Deputati; I Deputati dopo tre legislature, o sei anni di esercizio; I Ministri di Stato; I Ministri Segretarii di Stato; Gli Ambasciatori; Gli Inviati straordinarii, dopo tre anni di tali funzioni; I Primi Presidenti e Presidenti del Magistrato di Cassazione e della Camera dei Conti; I Primi Presidenti dei Magistrati d'appello; L'Avvocato Generale presso il Magistrato di Cassazione, ed il Procuratore Generale, dopo cinque anni di funzioni; I Presidenti di Classe dei Magistrati di appello, dopo tre anni di funzioni; I Consiglieri del Magistrato di Cassazione e della Camera dei Conti, dopo cinque anni di funzioni; Gli Avvocati Generali o Fiscali Generali presso i Magistrati d'appello, dopo cinque anni di funzioni; Gli Uffiziali Generali di terra e di mare. Tuttavia i Maggiori Generali e i Contr'Ammiragli dovranno avere da cinque anni quel grado in attività; I Consiglieri di Stato, dopo cinque anni di funzioni; I Membri dei Consigli di Divisione, dopo tre elezioni alla loro presidenza; Gli Intendenti Generali, dopo sette anni di esercizio; I membri della Regia Accademia delle Scienze, dopo sette anni di nomina; I Membri ordinarii del Consiglio superiore d'Istruzione pubblica, dopo sette anni di esercizio; Coloro che con servizi o meriti eminenti avranno illustrata la Patria; Le persone, che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione de' loro beni, o della loro industria. DEL SENATO • Art. 34. I Principi della Famiglia Reale fanno di pieno diritto parte del Senato. Essi seggono immediatamente dopo il Presidente. Entrano in Senato a vent'un anno, ed hanno voto a venticinque. • Art. 35. Il Presidente e i Vice-Presidenti del Senato sono nominati dal Re. Il Senato nomina nel proprio seno i suoi Segretarii. DEL SENATO • Art. 36. Il Senato è costituito in Alta Corte di Giustizia con decreto del Re per giudicare dei crimini di alto tradimento, e di attentato alla sicurezza dello Stato, e per giudicare i Ministri accusati dalla Camera dei Deputati. In questi casi il Senato non è capo politico. Esso non può occuparsi se non degli affari giudiziari, per cui fu convocato, sotto pena di nullità. • Art. 37. Fuori del caso di flagrante delitto, niun Senatore può essere arrestato se non in forza di un ordine del Senato. Esso è solo competente per giudicare dei reati imputati ai suoi membri. DEL SENATO • Art. 38. Gli atti, coi quali si accertano legalmente le nascite, i matrimoni e le morti dei Membri della Famiglia Reale, sono presentati al Senato, che ne ordina il deposito ne' suoi archivi. DELLA CAMERA DEI DEPUTATI • Art. 39. La Camera elettiva è composta di Deputati scelti dai Collegii Elettorali conformemente alla legge. • Art. 40. Nessun Deputato può essere ammesso alla Camera, se non è suddito del Re, non ha compiuta l'età di trent'anni, non gode i diritti civili e politici, e non riunisce in sé gli altri requisiti voluti dalla legge. DELLA CAMERA DEI DEPUTATI • Art. 41. I Deputati rappresentano la Nazione in generale, e non le sole provincie in cui furono eletti. Nessun mandato imperativo può loro darsi dagli Elettori. • Art. 42. I Deputati sono eletti per cinque anni: il loro mandato cessa di pien diritto alla spirazione di questo termine. DELLA CAMERA DEI DEPUTATI • Art. 43. Il Presidente, i VicePresidenti e i Segretarii della Camera dei Deputati sono da essa stessa nominati nel proprio seno al principio d'ogni sessione per tutta la sua durata. • Art. 44. Se un Deputato cessa, per qualunque motivo, dalle sue funzioni, il Collegio che l'aveva eletto sarà tosto convocato per fare una nuova elezione. DELLA CAMERA DEI DEPUTATI • Art. 45. Nessun Deputato può essere arrestato, fuori del caso di flagrante delitto, nel tempo della sessione, né tradotto in giudizio in materia criminale, senza il previo consenso della Camera. • Art. 46. Non può eseguirsi alcun mandato di cattura per debiti contro di un Deputato durante la sessione della Camera, come neppure nelle tre settimane precedenti e susseguenti alla medesima. DELLA CAMERA DEI DEPUTATI • Art. 47. La Camera dei Deputati ha il diritto di accusare i Ministri del Re, e di tradurli dinanzi all'Alta Corte di Giustizia. DISPOSIZIONI COMUNI ALLE DUE CAMERE • Art. 48. Le sessioni del Senato e della Camera dei Deputati cominciano e finiscono nello stesso tempo. Ogni riunione di una Camera fuori del tempo della sessione dell'altra è illegale, e gli atti ne sono intieramente nulli. • Art. 49. I Senatori ed i Deputati prima di essere ammessi all'esercizio delle loro funzioni prestano il giuramento di essere fedeli al Re di osservare lealmente lo Statuto e le leggi dello Stato e di esercitare le loro funzioni col solo scopo del bene inseparabile del Re e della Patria. DISPOSIZIONI COMUNI ALLE DUE CAMERE • Art. 50. Le funzioni di Senatore e di Deputato non danno luogo ad alcuna retribuzione od indennità. • Art. 51. I Senatori ed i Deputati non sono sindacabili per ragione delle opinioni da loro emesse e dei voti dati nelle Camere. DISPOSIZIONI COMUNI ALLE DUE CAMERE • Art. 52. Le sedute delle Camere sono pubbliche. Ma, quando dieci membri ne facciano per iscritto la domanda, esse possono deliberare in segreto. • Art. 53. Le sedute e le deliberazioni delle Camere non sono legali né valide, se la maggiorità assoluta dei loro membri non è presente. DISPOSIZIONI COMUNI ALLE DUE CAMERE • Art. 54. Le deliberazioni non possono essere prese se non alla maggiorità de' voti. • Art. 55. Ogni proposta di legge debb'essere dapprima esaminata dalle Giunte che saranno da ciascuna Camera nominate per i lavori preparatori. Discussa ed approvata da una Camera, la proposta sarà trasmessa all'altra per la discussione ed approvazione; e poi presentata alla sanzione del Re. Le discussioni si faranno articolo per articolo. DISPOSIZIONI COMUNI ALLE DUE CAMERE • Art. 56. Se un progetto di legge è stato rigettato da uno dei tre poteri legislativi, non potrà essere più riprodotto nella stessa sessione. • Art. 57. Ognuno che sia maggiore di età ha il diritto di mandare petizioni alle Camere, le quali debbono farle esaminare da una Giunta, e, dopo la relazione della medesima, deliberare se debbano essere prese in considerazione, ed, in caso affermativo, mandarsi al Ministro competente, o depositarsi negli uffizii per gli opportuni riguardi. DISPOSIZIONI COMUNI ALLE DUE CAMERE • Art. 58. Nessuna petizione può essere presentata personalmente alle Camere. Le Autorità costituite hanno solo il diritto di indirizzare petizioni in nome collettivo. • Art. 59. Le Camere non possono ricevere alcuna deputazione, né sentire altri, fuori dei proprii membri, dei Ministri, e dei Commissarii del Governo. DISPOSIZIONI COMUNI ALLE DUE CAMERE • Art. 60. Ognuna delle Camere è sola competente per giudicare della validità, dei titoli di ammessione dei proprii membri. • Art. 61. Così il Senato, come la Camera dei Deputati, determina per mezzo d'un suo Regolamento interno, il modo secondo il quale abbia da esercitare le proprie attribuzioni. DISPOSIZIONI COMUNI ALLE DUE CAMERE • Art. 62. La lingua italiana è la lingua officiale delle Camere. E' però facoltativo di servirsi della francese ai membri, che appartengono ai paesi, in cui questa è in uso, od in risposta ai medesimi. • Art. 63. Le votazioni si fanno per alzata e seduta, per divisione; e per scrutinio segreto. Quest'ultimo mezzo sarà sempre impiegato per la votazione del complesso di una legge, e per ciò che concerne al personale. DISPOSIZIONI COMUNI ALLE DUE CAMERE • Art. 64. Nessuno può essere ad un tempo Senatore e Deputato. DEI MINISTRI • Art. 65. Il Re nomina e revoca i suoi Ministri. • Art. 66. I Ministri non hanno voto deliberativo nell'uno o nell'altra Camera se non quando ne sono membri. Essi vi hanno sempre l'ingresso, e debbono essere sentiti sempre che lo richiedano. DEI MINISTRI • Art. 67. I Ministri sono responsabili. Le Leggi e gli Atti del Governo non hanno vigore, se non sono muniti della firma di un Ministro. DELL'ORDINE GIUDIZIARIO • Art. 68. La Giustizia emana dal Re, ed è amministrata in suo Nome dai Giudici ch'Egli istituisce. • Art. 69. I Giudici nominati dal Re, ad eccezione di quelli di mandamento, sono inamovibili dopo tre anni di esercizio. DELL'ORDINE GIUDIZIARIO • Art. 70. I Magistrati, Tribunali, e Giudici attualmente esistenti sono conservati. Non si potrà derogare all'organizzazione giudiziaria se non in forza di una legge. • Art. 71. Niuno può essere distolto dai suoi Giudici naturali. • Non potranno perciò essere creati Tribunali o Commissioni straordinarie. DELL'ORDINE GIUDIZIARIO • Art. 72. Le udienze dei Tribunali in materia civile, e i dibattimenti in materia criminale saranno pubblici conformemente alle leggi. • Art. 73. L'interpretazione delle leggi, in modo per tutti obbligatorio, spetta esclusivamente al potere legislativo. DISPOSIZIONI GENERALI • Art. 74. Le istituzioni comunali e provinciali, e la circoscrizione dei comuni e delle provincie sono regolati dalla legge. • Art. 75. La Leva militare è regolata dalla legge DISPOSIZIONI GENERALI • Art. 76. E' istituita una Milizia Comunale sovra basi fissate dalla legge • Art. 77. Lo Stato conserva la sua bandiera: e la coccarda azzurra è la sola nazionale. DISPOSIZIONI GENERALI • Art. 78. Gli Ordini Cavallereschi ora esistenti sono mantenuti con le loro dotazioni. Queste non possono essere impiegate in altro uso fuorché in quello prefisso dalla propria istituzione. Il Re può creare altri Ordini, e prescriverne gli statuti. • Art. 79. I titoli di nobiltà sono mantenuti a coloro, che vi hanno diritto. Il Re può conferirne dei nuovi. DISPOSIZIONI GENERALI • Art. 80. Niuno può ricevere decorazioni, titoli, o pensioni da una potenza estera senza l'autorizzazione del Re. • Art. 81. Ogni legge contraria al presente Statuto è abrogata. DISPOSIZIONI TRANSITORIE • Art. 82. Il presente Statuto avrà il pieno suo effetto dal giorno della prima riunione delle due Camere, la quale avrà luogo appena compiute le elezioni. Fino a quel punto sarà provveduto al pubblico servizio d'urgenza con Sovrane disposizioni secondo i modi e le forme sin qui seguite, omesse tuttavia le interinazioni e registrazioni dei Magistrati, che sono fin d'ora abolite. • Art. 83. Per l'esecuzione del presente Statuto il Re si riserva di fare le leggi sulla Stampa, sulle Elezioni, sulla Milizia comunale, e sul riordinamento del Consiglio di Stato. Sino alla pubblicazione della legge sulla Stampa rimarranno in vigore gli ordini vigenti a quella relativi. DISPOSIZIONI TRANSITORIE • Art. 84. I Ministri sono incaricati e responsabili della esecuzione e della piena osservanza delle presenti disposizioni transitorie. Dato in Torino addì quattro del mese di marzo l'anno del Signore mille ottocento quarantotto, e del Regno Nostro il decimo ottavo. CARLO ALBERTO Il Ministro e Primo Segretario di Stato per gli affari dell'Interno BORELLI Il primo Segretario di Stato per gli affari Ecclesiastici, di Grazia e di Giustizia, Dirigente la Grande Cancelleria AVET Il Primo Segretario di Stato per gli affari di Finanze DI REVEL Il Primo Segretario di Stato dei Lavori Pubblici, dell'Agricoltura, e del Commercio DES AMBROIS Il Primo Segretario di Stato per gli Affari Esteri E. DI SAN MARZANO Il Primo Segretario di Stato per gli affari di Guerra e Marina BROGLIA Il Primo Segretario di Stato per la Pubblica Istruzione C. ALFIERI