comparto aria - Provincia di Viterbo

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comparto aria - Provincia di Viterbo
Provincia di Viterbo – Assessorato Ambiente – Relazione sullo stato dell’ambiente
3 Caratterizzazione dello stato dell’ambiente e delle sue
vulnerabilità
E’ riportata di seguito l’analisi sullo stato dell’ambiente della provincia di Viterbo distinta per comparto
(aria, acqua, suolo, e sottosuolo, rifiuti ed energia) sull’intero territorio provinciale. Tale descrizione è
finalizzata a fornire un quadro di riferimento il più possibile dettagliato in relazione soprattutto alle
problematiche di particolare rilevanza per la Provincia di Viterbo e per il particolare grado di vulnerabilità
ambientale.
3.1 COMPARTO ARIA
Nel presente paragrafo vengono riportate le informazioni in nostro possesso relative all’inquinamento
atmosferico e vengono analizzate alcune criticità e situazioni di rischio nella provincia relaative al
comparto aria.
Inquinamento atmosferico e principali inquinanti.
Tutte le sostanze usate a vario titolo dall’uomo possono essere immesse nell’atmosfera e costituire una
causa di inquinamento.
Di norma si usa individuare, secondo l’origine, un inquinamento naturale ed un inquinamento
antropogenico.
L’inquinamento causato da processi naturali, quali le eruzione vulcaniche, la decomposizione di sostanze
organiche, etc., è tutt’altro che trascurabile ma, generalmente, si verifica con effetti contenuti in aree poco
antropizzate anche se il suo spostamento può interessare aree molto lontane.
Molto più significativo è l’inquinamento antropogenico derivante, cioè, dalle normali attività dell’uomo,
come le lavorazioni industriali, gli impianti termici e soprattutto il traffico veicolare. Di queste forme l’uomo
è il diretto responsabile.
Importante è ricordare che l’inquinamento, inteso come concentrazione effettiva degli inquinanti
aerodispersi, non è semplice e diretta conseguenza delle emissioni prodotte, le condizioni
meteoclimatiche infatti influenzano in maniera importante, a volte determinante, la presenza degli
inquinanti e le loro concentrazioni riuscendo anche ad aggravare una condizione caratterizzata da
emissioni di per sé poco significative.
Risulta evidente che una valutazione dell’inquinamento sul controllo di tutti i composti è pressoché
impossibile, per questo motivo si misurano degli inquinanti che possono considerarsi “spie di uno stato di
inquinamento”.
I principali inquinanti individuati dalla normativa italiana in tal senso sono:
anidride solforosa (SO2): la principale fonte di inquinamento da anidride solforosa è costituita dagli
impianti termici, specie se alimentati con combustibili non gassosi quali gasolio, carbone e olio
combustibile e, secondariamente, dalla motorizzazione. I danni ambientali da essa causati sono legati
prevalentemente alle piogge acide: infatti in caso di pioggia l’ SO2 reagendo con l’umidità origina acido
solforico, che provoca gravi conseguenze quali la corrosione dei terreni alcalini, l’acidificazione dei corpi
idrici superficiali, la dissoluzione chimica dei marmi esposti alle piogge e la corrosione chimica ed
elettrochimica dei metalli, in particolare ferro e zinco. Inoltre l’anidride solforosa è causa di specifiche
patologie all’apparato respiratorio.
• OSSIDI D’AZOTO (NOX): vengono prodotti in qualsiasi processo di combustione in cui si impiega l’aria
come comburente (negli autoveicoli, impianti termici, industrie), indipendentemente dal combustile usato.
La normativa vigente fissa dei limiti di emissione solamente per il biossido d’azoto che è un gas tossico
irritante per le mucose ed è responsabile di specifiche patologie a carico dell’apparato respiratorio con
diminuzione delle difese polmonari. Gli ossidi di azoto, reagiscono con l’umidità originando acido nitrico e
sono quindi assieme all’anidride solforosa responsabili delle piogge acide.
• PARTICELLE SOLIDE SOSPESE (PSS) O POLVERI: possono essere sabbia o sostanze di varia natura e
dimensione, fuliggine, composti metallici, sali, pollini. Le patologie da polveri sono molto variabili in
funzione della natura e delle dimensioni delle stesse, in particolare quelle aventi un diametro di 10 micron
(PM10 – polveri respirabili) causano danni all’apparato respiratorio.
• OZONO TROPOSFERICO (O3): si tratta di un inquinante “secondario” che si forma cioè in seguito a
reazioni fotochimiche che coinvolgono inquinanti immessi direttamente in atmosfera (primari) quali ossidi
di azoto e idrocarburi non metanici. Costituisce lo “smog fotochimico” ed è molto irritante per le vie
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respiratorie. A livello ambientale produce un rapido deterioramento dei materiali e diminuisce la
produttività delle piante.
• MONOSSIDO DI CARBONIO (CO): la principale sorgente di questo gas è costituita dagli scarichi del traffico
veicolare, soprattutto da quello a benzina. Viene facilmente assimilato per inalazione e può aggravare le
condizioni individuali di insufficienza respiratoria.
• IDROCARBURI (HC), BENZENE E I.P.A. (idrocarburi policiclici aromatici): le principali sorgenti di benzene e
degli altri idrocarburi aromatici sono costituite dalle emissioni dei veicoli a motore e dalle perdite per
evaporazione durante la lavorazione, lo stoccaggio e la distribuzione dei prodotti petroliferi. Si tratta di
sostanze di accertata cancerogenicità che vengono assimilate nell'organismo soprattutto per inalazione.
Cenni sulla normativa.
La normativa nazionale in materia di tutela della qualità dell’aria è basata sostanzialmente su:
•
regolamentazione delle emissioni, cioè qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta
nell’atmosfera, proveniente da un impianto, che possa produrre inquinamento atmosferico;
•
regolamentazione delle immissioni, cioè le sostanze solide, liquide o gassose, comunque
presenti nell’atmosfera e provenienti dalle varie fonti che possono produrre inquinamento atmosferico.
Nel 1988 con l’emanazione del D.P.R. n. 203 del 24 maggio sono state recepite una serie di direttive
Comunitarie (80/779, 82/884, 84/360 e 85/203) sia relativamente a specifici inquinanti (modificando in
parte il D.P.C.M. 28/3/83) sia relativamente all’inquinamento prodotto dagli impianti industriali, superando
in questo senso di fatto tutta la preesistente normativa.
Secondo il D.P.R. 203/88 tutti gli impianti avviati dopo il primo luglio 1988.per poter essere costruiti
necessitano di essere preventivamente autorizzati, inoltre devono essere dotati di sistemi di abbattimento
che assicurino il contenimento delle emissioni nei limiti stabiliti dalla legge.
Nel D.P.R. 203/88 vengono inoltre ridefiniti i valori limite e i valori guida per la qualità dell’aria, già oggetto
del D.P.C.M. 28/03/83, intendendo in particolare per:
• valori limite di qualità dell’aria i limiti massimi di accettabilità delle concentrazioni di inquinanti
nell’ambiente esterno;
• valori guida di qualità dell’aria i livelli di concentrazione da rispettare in aree di particolare protezione
ambientale nell’ambito di strategie di risanamento dell’inquinamento.
Il definitivo inquadramento normativo è avvenuto nel 1994 con il D.M.A. del 15 aprile 1994 “Norme
tecniche in materia di livelli e stati di attenzione ed allarme per gli inquinanti atmosferici nelle aree
urbane” aggiornato dal D.M.A. del 25 novembre 1994 “Aggiornamento delle norme tecniche in materia di
limiti e di concentrazione e di livelli di attenzione ed allarme per gli inquinanti atmosferici nelle aree
urbane e disposizioni per la misura di alcuni inquinanti di cui al D.M.A. 15 aprile 1994”. Dove si intende
per:
•
livello di attenzione la concentrazione di inquinante atmosferico che se persistente determina il
rischio di raggiungere il livello d’allarme;
• livello di allarme la concentrazione di inquinante atmosferico che può determinare una condizione di
rischio ambientale sanitario.
Con i suddetti Decreti vengono definite le concentrazioni dei livelli di attenzione e di allarme per i
principali inquinanti atmosferici, sono fissate le concentrazioni per gli “obiettivi di qualità” (valori medi
annuali di riferimento da raggiungere e rispettare a partire da una determinata data nelle aree urbane a
maggior rischio di inquinamento atmosferico) per gli inquinanti cosiddetti non convenzionali quali polveri
(PM10), benzene, I.P.A. e vengono indicati i metodi di riferimento per l’analisi.
Infine una recente normativa, il D.M. Ambiente 16.5.96, ha dettato specifici Livelli di Protezione per
l'ozono troposferico.
Con la legge n° 48 del 17/07/1989 la Regione Lazio ha delegato alle Province le funzioni amministrative,
di cui agli artt. 6 e 12 del D.P.R. 24/05/1988 n° 203, in materia di tutela della qualità dell’aria ai fini della
protezione della salute e dell’ambiente. Successivamente la legge 142/90 all’art. 14, comma g, ha
stabilito che tra le funzioni spettanti alle province ci fosse il controllo delle emissioni atmosferiche e
sonore. In particolare il combinato disposto dalla L.R. 48 ed il D.P.R. 203/88 attribuiscono alle Province i
seguenti compiti:
• rilascio di autorizzazioni alla costruzione, modifica sostanziale o trasferimento in altra località di
stabilimenti o altri impianti fissi ad uso industriale o di pubblica utilità che possano provocare
inquinamento atmosferico.
In tale ambito, la Provincia:
• accerta che siano previste tutte le misure appropriate per la prevenzione dell’inquinamento
atmosferico e che l’impianto progettato non comporti emissioni superiori ai limiti consentiti;
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• può invitare il richiedente ad apportare modifiche al progetto;
• stabilisce la quantità e qualità delle emissioni ed il termine per la messa a regime degli impianti;
• comunica alle strutture competenti ed all’impresa, la periodicità e la tipologia dei controlli necessari;
• accerta la regolarità delle misure effettuate e dei dispositivi di prevenzione dell’inquinamento e il
rispetto dei valori limite.
• rilascio delle autorizzazioni provvisorie alla continuazione delle emissioni da parte di impianti in
funzione, costruiti, ovvero autorizzati prima della data di entrata in vigore del D.P.R. 203/88 (impianti
esistenti).
In tale ambito la Provincia:
• acquisisce elementi di conoscenza sullo stato dell’ambiente atmosferico interessato dall’impianto,
sul tasso di utilizzazione dell’impianto e sulla durata della vita residua dello stesso, sulla qualità e
quantità delle emissioni, sugli oneri economici derivanti dall’applicazione della migliore tecnologia
disponibile;
• stabilisce prescrizioni sui tempi e modi di adeguamento.
• rilascio autorizzazione definitiva alla continuazione delle emissioni da parte di impianti esistenti.
In tale ambitola Provincia:
• accerta l’osservanza delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione provvisoria ovvero la
realizzazione del progetto di adeguamento autonomamente proposto dal richiedente;
• può stabilire prescrizioni integrative.
Inoltre sono competenze della Provincia:
• - la redazione e la tenuta dell'inventario provinciale delle emissioni atmosferiche;
• - l'effettuazione all'interno degli impianti di tutte le ispezioni ritenute necessarie per l'accertamento
delle condizioni che danno luogo alle emissioni.
• - la modifica delle prescrizioni dell’autorizzazione in seguito all’evoluzione della migliore tecnologia
disponibile e all’evoluzione della situazione ambientale;
• - l’obbligo, in caso di inosservanza delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione, ovvero in caso di
mancata realizzazione del progetto di adeguamento dell’emissione presentato dal richiedente in sede di
istanza di autorizzazione provvisoria, a procedere, secondo la gravità delle violazioni:
• alla diffida, assegnando un termine entro il quale debbono eliminarsi le irregolarità;
• alla diffida e contestuale sospensione dell’attività autorizzata per un tempo determinato, ove si
manifestino situazioni di pericolo per la salute e per l’ambiente;
• alla revoca dell’autorizzazione e alla chiusura dell’impianto, in caso di mancato adeguamento alle
prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni determinanti situazioni di pericolo e di
danno per la salute e per l’ambiente.
3.1.1 Censimento delle attività sottoposte al D.P.R. 203/88.
Sono sottoposti alla disciplina del D.P.R. 203/88:
• tutti gli impianti che possono dar luogo ad emissione nell’atmosfera;
• le caratteristiche merceologiche dei combustibili e il loro impiego;
• i valori limite ed i valori guida per gli inquinanti dell’aria nell’ambiente esterno ed i relativi metodi di
campionamento, analisi e valutazioni;
• i limiti delle emissioni inquinanti ed i relativi metodi di campionamento, analisi e valutazione.
Per il rilascio delle autorizzazioni gli impianti vengono suddivisi in impianti a “ridotto inquinamento” (R.I.) e
ad “inquinamento atmosferico” (I.A.) sulla base della tipologia di inquinanti che immettono in atmosfera e
della quantità delle materie prime utilizzate (allegati 1 e 2 del DPR 25/07/1991). In particolare nel D.P.R.
25/07/91 vengono indicate come attività a ridotto inquinamento quelle che producono emissioni inferiori ai
valori indicati nelle linee guida per il contenimento delle emissioni e che utilizzano nel ciclo di produzione
materie prime ed ausiliarie che non contengono sostanze ritenute cancerogene e/o teratogene e/o
mutagene e sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate.
Al 01/06/2002 le domande di autorizzazione presentate all’ufficio inquinamento atmosferico
dell’Amministrazione Provinciale di Viterbo a partire dal 1990 sono:
a) 377 domande di impianti esistenti (art. 12 e 12 R.I. del D.P.R. 203/88);
b) 186 domande di impianti nuovi (art. 6 e 6 R.I. del D.P.R. 203/88);
c)
60 domande di modifica di impianti esistenti e/o nuovi (art. 15 e 15 R.I. lettera A) del D.P.R. 203/88);
d) 24 domande di trasferimento di impianti esistenti e/o nuovi (art. 15 e 15 R.I. lettera B) del D.P.R.
203/88).
Di queste attività ne sono state autorizzate 239.
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