GUIDA PER LA PROTESI DI SPALLA CORRETTO2

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GUIDA PER LA PROTESI DI SPALLA CORRETTO2
BREVE GUIDA ALLA PROTESI DI SPALLA:
Premesse anatomiche
L’articolazione della spalla (scapolo-omerale) è costituita dalla testa dell’omero, che ha la forma di una
porzione di sfera, e dalla cavità glenoidea (o glena) della scapola, che ha forma vagamente ovale ed è poco
profonda (fig. 1).
Fig. 1 – L’articolazione della spalla (scapolo-omerale).
Per il corretto funzionamento della spalla hanno un ruolo fondamentale i quattro muscoli e tendini della
cuffia dei rotatori, che mantengono la testa omerale saldamente accostata e centrata sulla glena e
forniscono la forza in rotazione interna ed esterna (fig.2) e il deltoide, un muscolo potente indispensabile
per i movimenti di elevazione del braccio.
Fig. 2 – I muscoli stabilizzanti della spalla
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Quando è indicato un intervento di protesi
Le situazioni nelle quali può rendersi necessario un intervento di protesi di spalla sono varie.
La più frequente è l’artrosi, che comporta rispetto alla spalla normale (fig. 3) la perdita delle cartilagini di
rivestimento con conseguente scomparsa dello spazio articolare tra omero e scapola, la deformazione delle
superfici articolari e la formazione di escrescenze ossee dette osteofiti (fig. 4): a volte avviene
spontaneamente con l'invecchiamento, altre volte è favorita e condizionata da danni precedenti
all’articolazione, ad esempio traumi severi o le ripetute lussazioni di spalla.
Figg. 3-4:
Radiografia di una spalla normale e di una spalla artrosica.
Una variante particolare di artrosi è quella che consegue a lesione massiva della cuffia dei rotatori, in cui
l’omero risale verso l’alto perdendo la centrazione con la glena. Si parla di artropatia da lesione inveterata
di cuffia(fig. 5).
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Figg. 5-6: Radiografia di una spalla con artropatia da lesione inveterata di cuffia e di una spalla con artrite
reumatoide.
Poi vi sono le malattie reumatiche (fig. 6) come l’artrite reumatoide, l’artrite psoriasica e altre;
le necrosi della testa omerale (fig. 7), in cui una porzione della testa non riceve più apporto di sangue,
degenera e si deforma (possono essere facilitate dall’uso di cortisonici e da varie altre condizioni); gli esiti
di fratture mal consolidate (fig. 8) con deformazione dell’articolazione.
Figg. 7-8: Radiografia di una spalla con necrosi della testa omerale e di una spalla con artrosi e necrosi posttraumatica
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Una situazione a parte è rappresentata da alcune fratture dell’omero prossimale in cui non vi è la possibilità
di ricostruire un’articolazione funzionale e talora la soluzione corretta può essere l’impianto immediato di
una protesi, ma queste non fanno parte della descrizione in corso.
Vi è la giusta indicazione all’impianto di una protesi quando una delle malattie elencate porta ad un dolore
intenso e mal controllabile e ad una perdita importante dei movimenti della spalla, per cui il paziente non
è più in grado di svolgere le sue attività quotidiane. Dunque la decisione deve essere ponderata
accuratamente: se l’articolazione è degenerata ma il dolore è scarso e il paziente riesce a fare comunque
tutte le sue attività senza troppi disagi, probabilmente non è tempo di optare per una protesi.
Quale protesi impiantare?
Le soluzioni attualmente disponibili sono numerose. Una prima decisione da prendere è se occorra una
protesi “totale”, con sostituzione di entrambi i versanti della articolazione (testa omerale e glena
scapolare); oppure se sia sufficiente sostituire il solo versante omerale: in questo caso si parla tecnicamente
di “emiartroplastica”. Vi sono infatti situazioni, come la necrosi dell’omero o fratture dell'omero
prossimale, in cui la superficie glenoidea non è danneggiata e perciò non vi è necessità di sostituirla.
Componente omerale – Il tipo di protesi più utilizzato è composto da uno stelo che fa presa nel terzo
prossimale della diafisi omerale e da una calotta con superficie sferica. Per impiantare questa protesi si
deve sezionare ed eliminare la testa dell’omero degenerata e poi “scavare” opportunamente il canale
omerale per inserire stabilmente lo stelo (ad incastro o con cemento). L’esperienza con questi tipi di protesi
cosiddette “anatomiche” risale agli anni ’50. Rappresentano tuttora il tipo di impianto più diffuso (fig. 9).
Figg. 9-10: Protesi di spalla anatomica totale: componente omerale con stelo, componente glenoidea con
metal back; Protesi di rivestimento.
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Negli ultimi decenni sono state messe a punto delle componenti omerali più conservative e meno invasive.
Questo significa togliere meno osso e riempire un tratto più breve dell’omero. Queste protesi più rispettose
della struttura ossea sono le “protesi di rivestimento” e le “protesi emicefaliche” (ovvero “di metà testa”).
Trovano indicazione quando il danno alla superficie articolare non è troppo esteso, l’omero prossimale non
è deformato e la consistenza dell’osso è soddisfacente. Pertanto si impiantano in una fascia di età più
giovanile rispetto alla media delle protesi.
Una protesi di rivestimento è una sorta di calotta metallica che va appunto a rivestire la testa omerale dopo
averla preparata con frese sferiche.
Una protesi emicefalica si mette invece dopo avere resecato uno strato sottile della testa omerale ed è
dotata di un breve fittone che non arriva a penetrare nel canale midollare.
Queste protesi sono state ideate con lo scopo di sacrificare meno osso, quindi conservare uno “stock”
osseo più abbondante per eventuali futuri reinterventi, ma si possono impiantare solo in una minoranza dei
casi.
Componente glenoidea – Quando è degenerata anche la superficie articolare della scapola (la glena o
glenoide), ai tre tipi di protesi omerali già visti – anatomica, di rivestimento, emicefalica – si accoppia una
componente scapolare con superficie concava, che può essere composta da una base metallica (il “metal
back”) su cui si incastra una sorta di scudo in polietilene (fig. 9 e 12); oppure può essere tutta in polietilene
(fig. 11).
Figg. 11-12: Protesi emicefalica con componente glenoidea in polietilene (radiotrasparente) e con
componente glenoidea in metallo (metal back) e polietilene.
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Protesi inversa –Un altro modello di protesi totale che si è andato affermando negli anni più recenti e che
merita un discorso a parte è la cosiddetta “protesi inversa” (fig. 13). Tale impianto porta questo nome
perché le geometrie sono rovesciate rispetto all’articolazione naturale: alla scapola viene fissata una
componente convessa, semisferica, mentre la superficie concava si trova sul versante dell’omero. Per
ragioni biomeccaniche complesse questo sistema è indicato nei casi in cui la funzione della cuffia dei
rotatori è compromessa per lesione massiva irreparabile. In queste situazioni gli altri tipi di protesi non
permetterebbero di recuperare un soddisfacente movimento attivo. Per la funzionalità della protesi inversa
condizione indispensabile è che il deltoide sia efficiente.
La protesi inversa è indicata in genere in pazienti non più giovani, la cui cuffia dei rotatori presenta una
vasta lesione, o che magari è così degenerata da lasciare supporre che nel volgere di pochi anni andrà
incontro a lesione massiva.
Fig. 13 - Protesi inversa.
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Il ricovero
Quando si viene ricoverati di solito gli esami principali necessari per valutare la spalla (una TAC per lo studio
delle strutture ossee, spesso anche una RMN per giudicare le condizioni della cuffia dei rotatori) sono stati
già eseguiti e valutati nelle visite ambulatoriali.
Vengono eseguiti esami del sangue e una visita dell’Anestesista, che illustra al paziente le modalità
dell’anestesia (locoregionale, generale o mista). Se non emerge la necessità di ulteriori accertamenti si
conferma la programmazione dell’intervento.
La durata dell’operazione è variabile, comunque nella gran parte dei casi va da 60’ a 90’. La permanenza in
sala operatoria comprende in più un tempo di preparazione preliminare, in genere di almeno un’ora, e un
periodo di sorveglianza dopo la fine dell’intervento.
Nelle ore successive all'intervento è generalmente consentito al paziente alzarsi da letto con adeguata
assistenza.
Solo dopo l’intervento si stabilisce come dovrà essere mobilizzata e riabilitata la spalla. Nella maggior parte
dei casi per la protezione della spalla è sufficiente un tutore leggero con busta reggibraccio.
Salvo situazioni particolari i movimenti più elementari dell’arto e anche della spalla possono essere iniziati
nei primi giorni (portare la mano al viso, usare le posate, ecc.).
La dimissione avviene quando le condizioni generali e gli esami del sangue risultano stabilizzati: in genere
occorrono 4-5 giorni dopo l’intervento. Alla dimissione viene fissato l’appuntamento per il primo dei
controlli in ambulatorio.
Complicazioni
Come in tutte le attività che svolgiamo quotidianamente (lavorare, fare sport, viaggiare…) anche durante o
dopo gli interventi chirurgici possono verificarsi degli eventi avversi, che prendono appunto il nome di
complicazioni.
Dopo un intervento di protesi di spalla possono essere di vari tipi, fortunatamente sono eventi rari.
Comprendono la formazione di ematomi (cioè raccolte di sangue nella spalla operata); paralisi di un
nervo (quando avvengono sono quasi sempre conseguenti a stiramento e quindi
transitorie), frattura dell’omero o della scapola (cedimento dell’osso osteoporotico durante la preparazione
o l’inserimento di una componente della protesi).
Come per tutti gli interventi, soprattutto quando includono l’applicazione di impianti artificiali, esiste un
rischio di infezione nonostante la profilassi antibiotica.
Altra possibile complicazione è l’instabilità dell’articolazione protesica, che può cioè lussarsi.
A lunga distanza, come per tutte le protesi, può verificarsi il problema della mobilizzazione, cioè il distacco
di una componente protesica dall’osso che la ospita. Questa evenienza è rara per le componenti omerali,
più probabile per quelle glenoidee.
Cosa si può e cosa non si deve fare
Gli obiettivi che ci si pone quando si decide di mettere una protesi di spalla sono l’eliminazione del dolore
(che si ottiene in più del 90% dei casi) e un miglioramento dei movimenti, la cui ampiezza è però variabile:
ad esempio, un gesto come portare la mano a toccare la schiena dal basso è recuperabile solo in una
minoranza dei casi. La condizione di partenza influenza fortemente il risultato funzionale che si può
conseguire. In linea di massima si può dire che i risultati più brillanti si ottengono nelle necrosi circoscritte
della testa omerale, mentre i meno soddisfacenti si hanno negli esiti di fratture.
Con una protesi di spalla non si devono praticare (per tutta la vita) attività gravose, come spostare grossi
pesi, usare utensili (ad esempio zappe, vanghe ecc.), fare sport che richiedono sforzi bruschi della spalla
(tennis, golf…). Inoltre si deve accuratamente evitare il rischio di traumi e cadute, perché una eventuale
frattura dell’osso in corrispondenza della protesi può rappresentare un problema molto complesso.
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