vado a scuola

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vado a scuola
RASSEGNA STAMPA CINEMATOGRAFICA
VADO A SCUOLA
Editore S.A.S. Via Goisis, 96/b - 24124 BERGAMO
Tel. 035/320.828 - Fax 035/320.843 - Email: [email protected]
SUR LE CHEMIN DE L'ÉCOLE
1
Regia: Pascal Plisson
Interpreti: Jackson Saikong, Salome Saikong, Samuel J. Esther, Gabriel J. Esther, Emmanuel J. Esther, Zahira Badi, Noura Azaggagh, Zineb
Elkabli, Carlito Janez, Micaela Janez
Genere: Documentario - Origine: Francia - Anno: 2013 - Soggetto: Marie-Claire Javoy, Pascal Plisson - Sceneggiatura: Marie-Claire Javoy,
Pascal Plisson - Fotografia: Simon Watel - Musica: Laurent Ferlet - Montaggio: Sarah Anderson, Sylvie Lager - Durata: 75' - Produzione:
Barthelemy Fougea per Winds, Ymagis, Herodiade con la partecipazione di Ocs e France 5 - Distribuzione: Academy Two (2013)
Ancora il 'vissuto'. Ce lo esprime un
documentarista francese, Pascal Plisson, che da anni gira il mondo per sorprendere il reale soprattutto nell' istante
in cui si verifica e consegnarlo poi al
cinema lasciando che le immagini parlino da sole. Come in questo "Vado a
scuola" che ha avuto un successo pieno,
pochi mesi or sono, al Festival di Locarno in Piazza Grande.
Quattro storie vere. Interpretate dai loro
stessi protagonisti, alternate, nella rappresentazione, fra di loro, ma senza che
i rispettivi personaggi si incontrino, anche perche ciascuno vive lontanissimo
dall'altro, tutti comunque accomunati
dall'età, ragazzine e ragazzini al massimo undicenni, e tutti con un'unica meta,
la scuola, cui vogliono andare ad ogni
costo, anche con mezzi di fortuna, tra
pericoli d'ogni sorta, superando distanze gravosissime. Ci viene subito presentato primo. Vive in Kenia, ha dieci anni
e ogni giorno, mattina e sera, deve percorrere a piedi ben quindici chilometri
per arrivare alla scuola evitando savane
ed elefanti. Segue una ragazzina di undici anni che vive tra le montagne impervie dell'Atlante marocchino. Il suo
viaggio faticoso è alleviato solo dalla
vicinanza di due coetanee con la sua
stessa destinazione, una scuola lontana.
Il terzo personaggio ci vien proposto in
India, ha avuto la poliomielite e si
muove su una sedia con le ruote che gli
ha fabbricato il padre e che i suoi due
fratellini debbono spingere lungo difficilissimi percorsi. Il quarto personaggio, anche lui undicenne, lo si incontra
in Patagonia, alla scuola ha la possibilità di andare con un cavallo che monta
insieme con la sorellina, superando pero distanze inimmaginabili lungo la
Cordigliera delle Ande. Tutti, interrogati alla fine, si dicono soddisfatti dei sa-
crifici che compiono perche, per ognuno di loro, lo studio rappresenta la possibilità di migliorarsi in futuro grazie
alle conoscenze che saranno riusciti ad
acquisire...
Senza mai un'ombra di retorica, senza
accenti indirizzati a dimostrare, una
rappresentazione diretta, serrata su quei
quattro personaggi, le loro famiglie, i
loro incontri e, al momento di concludere, la loro soddisfazione di aver potuto cominciare da lì a realizzare le proprie aspirazioni. Figure sempre dal vero, con il loro gestire autentico, con le
loro battute, nella versione originale
multilingue, sprizzanti sempre sapori
vivi di cronaca. Un cinema che convince e che può anche commuovere. Vorrei che lo accostassero qui da noi quei
ragazzini che, svegliandosi in case agiate, alle mamme che li scuotono dicendo:
'L'autista è pronto a portarti a scuola',
rispondono infastiditi: 'Non ne ho voglia'.
Il Tempo - 26/09/13
Gian Luigi Rondi
Sono due gli elementi che fanno l'interesse di "Vado a scuola" di Pascal Plisson: da una parte il rapporto tra documentario e finzione che sta alla base
della messa in scena (di questo film,
come sempre più spesso di tanti altri. A
cominciare dal Leone veneziano "Sacro
Gra") e dall'altra, ovviamente, il suo
argomento, il diritto all'istruzione che i
quattro protagonisti del film inseguono
con tanta determinazione.
Scovati in quattro parti del mondo lontanissime tra loro, le storie del film sono legate tra loro dalla determinazione
con cui i piccoli studenti scelgono testardamente di inseguire l'istruzione
scolastica. Per primi facciamo la conoscenza di Jackson e della sua sorellina
Salome: vivono in un microscopico villaggio nella savana del Kenya, distante
quindici chilometri dalla scuola governativa Sol Oudo, e l'unico modo che
hanno per raggiungerla è quello di percorrere a piedi, ogni mattina (e ogni sera per il ritorno), la distanza che separa
casa e istituto. Un 'problema' che non
comporta solo fati-a fisica, ma anche
rischi ben più consistenti, perché il territorio che devono attraversare e popolato di elefanti selvaggi (che ogni anno
uccidono quattro o cinque bambini. E la
scena dell'appello in classe, nella sua
burocratica efficacia, non si dimentica)
e altri possibili insidie, dalle iene al
serpenti ai predoni umani. Il che trasforma viaggio in una specie di scommessa quotidiana, con il fratello maggiore (Jackson aveva dieci anni quando
stato girato il film) che deve anche decidere la strada meno accidentata e pericolosa. Senza dimenticare che ogni
giorno i due piccoli allievi devono portare l'acqua da bere (la scuola non ne
possiede) e un po' di legna per accendere il fuoco per il pranzo (offerto dal governo quando le finanze lo permettono:
il che non succede tutti i giorni).
Sempre in Africa, ma tra le montagne
dell'Atlante marocchino, vive la dodicenne Zahira, nel villaggio berbero di
Douar Tinghrine. La scuola, per lei, dista 22 chilometri di accidentati sentieri
rocciosi e per questo si ferma tutta la
settimana in un collegio. Sul cammino
per Asni, dove seguirà le lezioni (da
grande vuole diventare un medico), incontra le amiche Zineb e Noura e insieme affrontano i problemi di quel
lungo viaggio, riuscendo a volte a ottenere per l'ultimo tragitto più pianeggiante un passaggio da qualche compassionevole automobilista.
L'undicenne Carlito, invece, vive in Pa-
tagonia e la scuola dista da casa sua più
di venticinque chilometri: da piccolo li
faceva a dorso di mulo, adesso il padre
gli ha comprato un cavallo - Chiverito su cui porta a lezione anche la sorellina
di sei anni, Micaela. Non è un viaggio
semplice (anche se non pericoloso come quello di Jackson) ma che può nascondere più di una insidia, a cominciare da certi passaggi a strapiombo o dal
rischio che il cavallo si azzoppi. E intanto deve insegnare alla sorellina a cavarsela da sola perché, per diventare
veterinario (il suo sogno), dovrà frequentare una scuola diversa da quella di
Micaela. La quarta storia è quella del
tredicenne Samuel, figlio di una poverissima famiglia di pescatori del golfo
del Bengala, colpito in giovane età dalla
poliomielite e non ancora riuscito a riconquistare l'uso delle gambe. Questo
non ha però diminuito la sua voglia di
imparare e ogni mattina i due fratellini
minori Emmanuel e Gabriel lo spingono
per 4 chilometri su una rudimentale sedia a rotelle costruita dal padre, attraverso sentieri sabbiosi, insidiose pozze
d'acqua, strade trafficate. Senza dimenticare i possibili 'incidenti'che possono
accadere a quel rudimentale mezzo di
trasporto.
Quattro storie costruite intorno alla determinazione di questi ragazzi, intimamente convinti dell'importanza dell'istruzione (anche grazie a delle famiglie
che non li ostacolano) e che pur di ottenerla sono disposti ad affrontare pericoli che spaventerebbero moltissimi loro
coetanei.
Queste storie Plisson (che ha alle spalle
moltissimi documentari) le filma con un
coinvolgimento dichiarato. La tecnica è
quella del documentario, anche se è evidente che alcune scene sono 'recitate'
o 'preparate' per l'occasione, come la
fuga precipitosa di Jackson e della sorellina davanti alla minaccia di un elefante imbizzarrito o l'episodio dell'autostop di Zahira e delle sue amiche o ancora quello della gomma che si stacca
dalla sedia a rotelle di Samuel. Ma sono
episodi che non stonano con il resto del
film, sospeso tra la realtà dei fatti raccontati e un approccio invece più emotivo, più coinvolgente, che vuole usare
le tecniche della finzione per aumentare
la forza del racconto. Piccoli espedienti
che non inficiano la potenza del film,
anche per merito dei piccoli protagonisti che ogni tanto sanno bucare lo
schermo con un sorriso o uno sguardo
che nessuna regia saprebbe 'ri-creare'
che regalano allo spettatore l'emozione
e la verità di un mondo per cui vale ancora la pena di lottare.
Il Corriere della Sera - 25/09/13
Paolo Mereghetti
Per gran parte dei bambini, soprattutto
nel mondo occidentale, l'accesso all'istruzione è una pura formalità e l'andare
a scuola una passeggiata, spesso resa
ancora più gradevole da automobili o
pulmini confortevoli e climatizzati. Ma
non per tutti è così. Qualcuno deve lottare per la conoscenza, consapevole che
studiare e imparare sono le uniche armi
per sperare in un futuro migliore. Nel
suo commovente documentario, "Vado
a scuola", in arrivo questa settimana
nelle nostre sale, il francese Pascal Plisson racconta la quotidiana avventura di
quattro bambini che per raggiungere la
propria classe devono affrontare ogni
giorno un lunghissimo viaggio non privo di pericoli. L'idea gli è venuta quando, realizzando un documentario sui
giovanissimi guerrieri Masai, uno di
loro gli ha confessato di voler cambiare
vita, di non voler più combattere, ma
andare a scuola. Da qui la voglia di cercare in altre parti del mondo altri bambini disposti a enormi fatiche e sacrifici
pur di arrivare a scuola in orario.
Jackson ha dieci anni e vive in Kenya.
Ogni mattina insieme alla sorellina percorre a piedi quindici chilometri nella
savana schivando pericolosissimi elefanti. L'undicenne Zahira, sulle tortuose
montagne dell'Atlante, in Marocco, dove la temperatura d'inverno scende a 25
gradi sotto zero, impiega addirittura un
giorno intero per arrivare alla meta, un
collegio dove poi alloggerà per tutta la
settimana. Samuel, un ragazzino del
Sud dell'India, non può camminare, ma
i suoi fratelli lo spingono fino a scuola
per otto chilometri su una malconcia
sedia a rotelle. Carlito infine percorre a
cavallo con la sorella venticinque chi-
lometri attraversando sterminati altopiani della Patagonia, in Argentina. Per
poter filmare questi piccoli eroi con naturalezza e cogliere i momenti fondamentali della loro impresa, il regista si è
piazzato ogni giorno sul loro cammino,
senza modificare le loro abitudini, suggerire dialoghi o inserire la voce di un
narratore fuori campo.
Ciò che colpisce del documentario non
è solo il fatto che questi bambini rischiano quotidianamente la vita per poter usufruire di un loro diritto, ma sono
estremamente consapevoli di quanto la
scuola abbia un ruolo fondamentale per
il loro futuro. Vogliono diventare medici e piloti, vogliono fare qualcosa non
solo per la propria famiglia, ma per il
paese in cui vivono e lottano con i denti
per raggiungere il loro obiettivo. Le
scritte in coda al film ci raccontano che
le cose stanno procedendo per il meglio. Jackson, ad esem-pio, grazie a una
borsa di studio, alloggia in un collegio e
non deve più temere gli elefanti. E un
giorno forse potrà volare in aereo su
tutta l'Africa, come sogna da sempre.
Avvenire - 29/09/13
Alessandra De Luca
Quattro storie per una docu-fiction dal
sapore antico. Tema: la difficoltà, la
fatica (fisica) di andare a scuola. I piccoli kenyoti Jackson e Salomè marciano
ogni mattina 2 ore nella savana stando
attenti ai pericolosissimi elefanti. Zahira
e altre due undicenni scarpinano tre ore
ogni lunedì tra le rocce dell'Atlante marocchino. Carlito invece, il più
'fortunato' del gruppo, porta la sorellina
Micaela a scuola a cavallo, 25 km. sugli
altipiani della Patagonia. Mentre il povero Samuel, poliomelitico, arriva a
scuola nel golfo del Bengala spinto sulla vecchia sedia a rotelle dai fratellini.
Facce, storie e paesaggi sono cosi forti
che parlerebbero da sé. Plisson, documentarista tv, ci aggiunge un tocco di
messinscena dichiarato, onestamente,
ma alla lunga un poco inerte. Resta l'emozione, incancellabile, della scoperta.
Il Messaggero - 26/09/13
Fabio Ferzetti