“ET SANCTA HELENA IN SUA ROTUNDA” Il mausoleo di Elena e la

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“ET SANCTA HELENA IN SUA ROTUNDA” Il mausoleo di Elena e la
Articolo tratto da ImagoRomae
“ET SANCTA HELENA IN SUA ROTUNDA”
Il mausoleo di Elena e la basilica dei SS. Marcellino e Pietro
sulla Labicana
- Parte II Di Gabriella Cetorelli Schivo ([email protected])
Parte I - Parte III
Fotografie ed apparato iconografico di Alfredo Corrao
DA FIGLIA DI UN OSTE A MADRE DELL’UOMO PIÙ POTENTE DEL TARDO IMPERO.
LA VITA DI FLAVIA JULIA HELENA RIECHEGGIA ANCORA NELLE IMPONENTI
STRUTTURE ARCHITETTONICHE
CHE COSTANTINO IL GRANDE, SUO FIGLIO, LE DEDICÒ NELLA CITTÀ ETERNA.
Vita di Elena
Il luogo di nascita dell’Augusta rimane tuttora incerto.
Secondo Procopio sarebbe originaria della Bitinia, ed in particolare di
Drepanum, presso Nicomedia, ma altri pongono la sua nascita ad Edessa, in
Mesopotamia, o a Naissus (Nisch) sul Danubio.
Anche la data è oggetto di controversie: alcuni studiosi suggeriscono, infatti,
l’anno 248-249, mentre altri si orientano intorno ad un periodo che oscilla
tra il 250 ed il 257.
Scarse sono pure le notizie riguardo alle sue origini; Eusebio ed altri storici
si riservarono di affrontare questo argomento, su cui si pronunciò, invece, S.
Ambrogio.
Egli osservò infatti che era persona di umile condizione e la ritenne figlia di
un oste (1).
Verso il 270 Elena sposò Gaio Flavio Valerio Costanzo, a cui fu più tardi dato
il nome di “Cloro”, ufficiale illirico.
Dalla loro unione nacque, nella seconda metà del III secolo a Naissus, in
Serbia, Costantino.
Quando nel 293, per volontà di Diocleziano, Costanzo Cloro fu preposto al
governo della parte occidentale dell’impero, dovette ripudiare Elena per
sposare la figliastra di Massimiano Erculeo, Flavia Massimiana Teodora, da
cui ebbe sei figli.
Con questa unione si stabiliva quel legame di parentela che risultava
necessario alla saldezza del sistema tetrarchico dioclezianeo.
Elena allora scomparve di scena. Fu solo nel 306, in seguito all’ascesa al
trono imperiale del figlio Costantino, che venne richiamata a corte.
Negli anni del suo soggiorno a Roma si rese sempre più manifesta la
venerazione dell’imperatore per la madre che fu elevata, insieme con Fausta,
al rango di Augusta in occasione dei Vicennalia del 325-326, con il nome
di Flavia Julia Helena, ma solo lei fu incoronata con il diadema in segno di
maestà.
Ebbe inoltre la sua effigie sulle monete ed il suo nome fu dato alla città
di Depranum, che venne chiamata Helenopolis. Elena possedette a Roma
grandi beni presso il Laterano.
Tutta questa regione sembra essere stata compresa nei vasti demani
dell’imperatore Massimiano. Si ignora in quale data Elena venne in possesso
di dette proprietà e per quanto tempo abbia abitato nel palazzo Sessoriano.
Questo sembra essere stato un edificio privato già noto ab antiquo e forse
agli inizi del III secolo divenuto di proprietà imperiale con Settimio Severo.
Agli inizi del IV secolo Elena vi compì importanti restauri ed aggiunte, fra cui
le terme Eleniane.
E’ invece dubbia la fondazione della basilica di S. Croce in Gerusalemme ad
opera dell’ imperatrice. Non sappiamo quale fosse la fede di Elena prima
dell’incoronazione di Costantino.
Dalla leggenda di S. Silvestro si apprende che quando l’imperatrice seppe
della conversione del figlio si mostrò dispiaciuta perché “era diventato
cristiano e non ebreo”, ma sempre secondo lo stesso racconto anch’essa
fu poi spinta ad accettare il battesimo da un miracolo di cui sarebbe stata
testimone.
Eusebio afferma esplicitamente che la conversione di Elena fu dovuta al
figlio.
Era infatti preciso desiderio di Costantino conquistare adepti alla nuova
fede, e a corte la conversione di Elena deve essere stata una delle migliori
ricompense per il suo “zelo missionario” .
Poiché Costantino le aveva dato il potere di ispezionare le province
dell’Oriente, essa intraprese intorno al 326, un viaggio in tali territori.
Il suo desiderio maggiore, però, era quello di raggiungere la Palestina per
onorare quei luoghi che erano stati testimoni della vita terrena di Cristo.
Questo viaggio, apprestato con tutte le risorse del tesoro imperiale, ha
lasciato un ricordo tangibile nella costruzione di alcuni edifici di culto, quali la
basilica della Natività a Betlemme e quella del Monte egli Ulivi, nonché nella
scoperta, da parte della stessa imperatrice, del Santo Sepolcro e del luogo
della vera Croce in seguito a scavi fatti eseguire sul Calvario.
La sua devozione per le reliquie e la sua attività edilizia fanno pensare
che condividesse la propensione del figlio per le espressioni visibili della
pietas religiosa. Tuttavia dei ritrovamenti operati da Elena tace la lettera di
Costantino al vescovo di Gerusalemme Macario e non ne abbiamo alcuna
menzione né da Eusebio nel racconto del viaggio di Elena nei luoghi santi, né
dai vescovi venuti da Tiro per la consacrazione della chiesa da lei fondata nel
335.
Nel 347, tuttavia, la reliquia della vera Croce era già diffusa e
successivamente nacque una leggenda particolareggiata che ebbe, nel
tempo, numerose raffigurazioni artistiche.
Piero della Francesca. Particolare de "Il ritrovamento della Vera Croce" .
Piero della Francesca. Particolare del volto di Elena.
Basilica di S.Francesco ad Arezzo
Vi sono molte incertezze, da parte degli storici, riguardo al luogo e alla data della morte
dell’imperatrice.
L’opinione più diffusa è che Elena sia morta durante il viaggio di ritorno dalla Palestina, nel 329
circa, mentre altri propendono per una data che si aggira tra il 329 ed il 335, cioè dopo il suo
ritorno a Roma.
L’imperatrice fu il primo membro della famiglia ad avere una sepoltura veramente regale nel
mausoleo presso la basilica dei SS. Marcellino e Pietro, sulla via Labicana.
Molto tempo dopo la Chiesa la proclamò santa e la sua festività è fissata, nel rito latino, al 18
agosto.
“Bona stabularia Helena Heriosolymam festinavit et scrutata est locum dominicae passionis,
tamque diligente praesepe domini requisivit. Bona stabularia, quae stabularium non
ignoravit…(Aurelio Ambrogio, De obitu Theodosii, XLII).
Statua di Santa Elena nella Basilica di San Pietro
Il sarcofago porfiretico dell’Imperatrice
Tra le donazioni fatte da Costantino al mausoleo di Elena il Liber Pontificalis
menziona un sepulchrum ex metallo porhyriticus exculptus sigillis come
tomba dell’imperatrice madre.
Si tratta di un sarcofago di dimensioni colossali, sul quale sono raffigurate
scene di vittoria di cavalieri romani sui barbari, a combattimento avvenuto.
Le due file di personaggi sono poste le une sotto le altre, mentre in alto, ai
lati, si scorgono due busti di cui uno maschile e l’altro femminile.
La forma esageratamente grande del sepolcro ha indotto alcuni studiosi a
supporre che il sarcofago, pur dovendo essere maestoso, fosse concepito per
contenere più di un corpo.
Tuttavia la considerazione del soggetto rappresentato e l’analisi stilistica del
monumento hanno generato non poche perplessità fra gli esperti.
Infatti alcuni hanno voluto attribuire il sarcofago a Costanzo Cloro,
ponendone così la datazione ai primi anni del IV secolo in base ai caratteri
iconografici delle immagini ed ai temi di battaglia.
Altri ritennero invece il lavoro eseguito in un periodo di tempo anteriore,
cioè tra il regno di Adriano e quello di Diocleziano, oppure identificarono il
sepolcro come appartenente a qualche grande generale di II secolo, oppure,
ancora, a Marco Aurelio.
La critica moderna è unanimamente concorde nell’assegnare a Costantino la
committenza del sarcofago porfiretico.
La presenza, su tutti i quattro lati, di scene militari, ha fatto ritenere che
in origine l’imperatore avesse pensato di approntare questo sepolcro come
propria sepoltura.
Il sarcofago di Elena presso il Museo Pio Clementino in Vaticano
Fu forse in seguito alla fondazione di Costantinopoli ed allo spostamento
della corte imperiale in quella città, che Costantino decise di farsi seppellire
nel mausoleo eretto presso la basilica Apostolorum nella nuova capitale (2).
Probabilmente fu in tale occasione che l’imperatore ripiegò nel destinare il
mausoleo ed il sarcofago come tomba di sua madre (3).
Nel VII secolo il sarcofago era ancora nel mausoleo della Labicana, come
attesta il De Locis.
Tuttavia nel IX secolo, quando si diffuse la consuetudine di impossessarsi
delle reliquie dei santi, sembra che il monaco Teutgise abbia trafugato il
corpo di S. Elena, per trasportarlo nell’abbazia di Hautvilliers presso Reims.
Si trattò comunque di una manomissione parziale, dal momento che sotto
il Pontificato di Innocenzo II (1130-1143), mani sacrileghe, fracto operculo
ipsius tumuli spogliarono i resti dell’imperatrice dei vestimenti preziosi.
Fu probabilmente in seguito a questo episodio che si decise di trasferire il
sarcofago nella chiesa dell’Aracoeli presso il Campidoglio.
Pochi anni dopo il sepolcro di Elena fu trasportato nel portico del Laterano,
ed in esso fu inumato Papa Anastasio IV (1153-1154), come afferma
Giovanni Diacono nel suo De ecclesia romana lateranensi .
Il sarcofago passò quindi nella tribuna della basilica e poi nell’annesso
chiostro, fino a quando Pio VI (1775-1799), fattolo restaurare, lo trasportò
a Vaticano, dove è tuttora conservato nella sala a croce greca del Museo Pio
Clementino.
(2) Tale decisione potrebbe mettersi in reazione al progressivo
deterioramento dei rapporti tra l’imperatore ed il senato romano, ancora
tendenzialmente incline al paganesimo, che si opponeva alla trasformazione
della capitale in centro ideologico della cristianità. Questo spiegherebbe
perché Costantino avrebbe fatto allargare considerevolmente la vecchia
cinta di mura di Bisanzio solo nel 328, essendo stato indotto dalla pressante
situazione politica a fare della nuova città, originariamente concepita per una
funzione più modesta, una rivale di Roma pagana.
(3) Interessante, a sostegno di tale argomento, è l’ipotesi del Tolotti,
secondo cui Elena avrebbe commissionato, come proprio sepolcro, il grande
mausoleo inserito nel muro esterno del deambulatorio della basilica di
S. Sebastiano. I caratteri di questa cella, che si presenta di dimensioni
maggiori rispetto agli altri mausolei che vi si addossavano, hanno indotto lo
studioso a supporre che tale mausoleo dovesse essere stato costruito per
un personaggio della famiglia imperiale, ed in particolare per la madre di
Costantino, individuata dal Tolotti come l’eventuale fondatrice della basilica
Apostolorum sull’Appia. Solo in un secondo momento, quindi, l’Augusta
sarebbe subentrata come destinataria del sontuoso mausoleo della Labicana,
probabilmente cedutole o impostole da Costantino, il cui pensiero era ormai
rivolto al nuovo sepolcro imperiale dell’Apostoleion di Costantinopoli.
Vista dal lato delle scene di guerra del sarcofago di Elena.
Questo testimonia che il sarcofago inizialmente non era
destinato ad Elena, ma a Costantino stesso.
La antica Via Labicana
La antica via Labicana (attuale Casilina) deve il suo nome all’antichissima
città del Lazio alla quale conduceva: Labico.
Il suo percorso si snodava lungo il territorio sottoposto ai colli Tuscolani, di
cui costituiva la principale arteria di comunicazione con Roma[4].
Sia la Labicana che la Prenestina partivano entrambe dalla Porta Esquilina
del recinto delle c.d. mura serviane (corrispondente al luogo dell’arco di
Gallieno), mentre nel recinto di Aureliano furono portate sotto i due archi del
monumento dell’acqua Claudia (attuale Porta Maggiore), la Labicana a destra
e la Prenestina sinistra.
Dopo circa un chilometro di percorso parallelo le due vie si biforcavano
all’altezza delle tomba del fornaio M. V. Eurisace.
Come tutte le altre vie consolari anche la Labicana era fiancheggiata, nel suo
primo tratto, da numerose ville e tombe, ed assunse una certa importanza
durante l’impero grazie all’esistenza del grande possedimento imperiale[5]
che si estendeva in questo territorio dal Celio fino a S. Cesareo, cioè oltre il
diciassettesimo miglio di questa strada.
Nel IV secolo la via Labicana era ancora molto frequentata, specie nel primo
tratto, per l’esistenza, immediatamente fuori dalla Porta Maggiore, della
Chiesa dei SS. Stratonico e Castulo, a cui era annesso un cimitero, e per
la presenza, al IV miglio, della catacomba dei SS. Marcellino e Pietro e del
mausoleo di Elena in località detta Subaugusta.
Vi erano inoltre numerosi cimiteri e santuari dislocati tra il VI ed il X miglio
del suo percorso.
Il patrimonio delle chiese romane, in questa regione, era uno dei più
consistenti e comprendeva anche la via Latina. Esso fu chiamato labicum
o labicanense e ciò dimostra l’importanza catastale di Labico nel medioevo
che superò quella di Preneste, nonostante la creazione della sede episcopale
suburbicaria in quest’ultima città.
Evidentemente i patrimoni ecclesiastici del tardo impero ebbero la stessa
conformazione topografica ed amministrativa del demanio imperiale, dal
quale provenivano, in larga parte, i fondi che li costituivano.
Il “Fundus ad duas lauros”
Al III miglio della via Labicana sorgeva il nucleo centrale di uno dei più
importanti possedimenti imperiali noto con la designazione topografia di “ad
duas lauros”. Tale nome derivò da un vicino campo di esercitazioni militari
[6] che aveva questo appellativo dovuto probabilmente all’esistenza di due
alberi giganteschi di lauro, oppure, come ha affermato il Tomassetti[7],
per la presenza in detta località di qualche ara votiva, con doppio lauro
scolpito. Tale toponimo fu alterato anche in Lauretum o Laurentum[8], onde
Laurentina fu chiamata, per errore, la via Labicana[9].
Nella vita di S. Silvestro[10] si narra della donazione alla chiesa, da parte di
Costantino, della grande proprietà. Si dice, infatti, che essa si estendeva da
Porta Maggiore fino alla Prenestina, e dalla via Latina al monte Cavo.
La donazione, fatta probabilmente da Elena al momento della morte, ci dà
i limiti del vasto possedimento collegato con il Sessorium, la grande villa
urbana dell’imperatrice madre
Il sepolcro di Eurisiace nell’attuale Porta Maggiore
Il centro della proprietà, probabilmente dotato di edifici che non hanno
lasciato traccia in seguito alla distruzione di questa regione avvenuta tra il
1923 ed il 1926 in occasione dei lavori per il campo di aviazione, doveva
trovarsi proprio fra il III ed il IV miglio della via consolare.
Qui si situa anche un cimitero degli equites singulares (corpo di cavalleria
personale dell'imperatore), come attestano i numerosi frammenti di iscrizioni
funerarie, relative a questo corpo di guardia, reperti in gran numero nella
zona e rinvenuti persino come materiale da costruzione nelle fondazioni del
mausoleo di Elena.
La relazione esistente tra questo cimitero ed il fundus è stata messa in
evidenza dal Tomassetti che osservò come, tra gli altri privilegi, fosse
concesso agli equites anche quello di avere sepoltura gratuita in proprietà
imperiale.
Anche il toponimo in comitatu, dato a tale contrada, non è estraneo a
questa circostanza, poiché si intendeva per comitatus lo stato maggiore
dell’imperatore.
D’altro canto fu lo stesso Tomassetti a dimostrare come lo sviluppo di
questo vasto latifondo imperiale sorse in relazione al trasferimento della
piazza d’armi dal Campo Marzio, sul Tevere, a questa parte del suburbio,
che divenne il luogo di sosta ove gli imperatori andavano ad assistere alle
esercitazioni militari.
Infatti, più che di un palazzo vero e proprio dovette trattarsi di un edificio
modesto, ed in parte esistente già in epoca antica, che fu restaurato nel
IV secolo con l’intento di porlo al centro della vasta proprietà situata fra la
Prenestina e la Tuscolana.
Questo dato viene tra l’altro suffragato dalle fonti in cui si dice che nel 455
Valentiniano, recatosi in località ad duas lauros, venne ucciso presso il
mausoleo di Elena “ludo gestationis intentum”[11] dai due ufficiali Optila e
Traustila, mentre, sceso da cavallo, si avviava a passare in rassegna.
Qui era pure situato il cimitero dei SS. Marcellino e Pietro, sorto nella
seconda metà del III secolo, in cui le fonti indicano la sepoltura di vari
martiri caduti nella persecuzione di Diocleziano.
Il cimitero comprendeva una vasta area sub divo ed una rete molto estesa,
che, svolgendosi su due piani, si sviluppava in varie regioni servite da
scale proprie. Intorno al 320 viene collocata la costruzione, ad opera di
Costantino[12], della basilica funeraria dedicata ai martiri eponimi della
catacomba, la quale presentava un impianto del tutto simile alla Basilica
Apostolorum (sulla via Appia), a quella di S. Lorenzo f.l.m., (sulla Tiburtina)
di S. Agnese sulla Nomentana (nella foto a fianco), a quella anonima detta
dei Gordiani (sulla Prenestina), a quella di S. Marco sull’Ardeatina.
La basilica[13], orientata est-ovest, adottava una pianta “circiforme” con
navate scandite da pilastri. Essa fu inserita in un portico intorno al quale,
come a S. Sebastiano, si addensavano, numerosi, i mausolei.
In un periodo pressappoco coevo alla costruzione della basilica fu innalzato,
da Costantino, un grande mausoleo circolare che venne addossato alla
facciata orientale della basilica.
Si tratta di una rotonda preceduta da un vestibolo, come a S. Costanza, la
cui cupola, alleggerita con pignatte (onde il nome di Torpignattara), ripete
forme ancora del tutto inerenti alla tradizione romana.
Un altro edificio funerario, facente parte del predio imperiale, è la c.d.
rotonda di Centocelle.
Si tratta di una costruzione in opera laterizia coperta a cupola, articolata da
nicchie continue, sorta in età post-costantiniana quando la proprietà eleniana
era all’apice della sua espansione.
L’ipotesi più diffusa è che fosse un sepolcro, ma le condizioni odierne del
monumento non permettono di identificarlo meglio.
La Basilica Costantiniana di Sant'Agnese sulla Nomentana
E’ dunque evidente come l’intero complesso ad duas lauros si presenti
costituito da una serie di edifici perfettamente corrispondenti all’ideologia
imperiale dell’epoca, di cui l’esempio più prossimo era costituito dal palazzo
di Massenzio sull’Appia.
Dopo l’assedio dei Goti, i cui danni al complesso si intravedevano nei
restauri alla chiesa operati da Papa Vigilio, l’intero possedimento iniziò una
rapida decadenza legata al progressivo abbandono della proprietà, con la
conseguente dispersione dei suoi monumenti.
Durante il medioevo il fundus, con la relativa contrada, entrò a far parte
dei possedimenti della Chiesa, nella giurisdizione di Subaugusta, cessata la
quale passò nelle pertinenze della basilica del Laterano. [segue..]
Gabriella Cetorelli Schivo
Il Mausoleo di Elena visto dall'alto
[4]
L’Ashby riteneva che la Labicana, originariamente, giungesse
direttamente al Tuscolo e di lì il suo percorso sarebbe stato prolungato fino a
Labico. Solo dopo la decadenza di questa città il suo tracciato sarebbe stato
ulteriormente ampliato fino alla via Latina.
[5] In esso va compreso anche il cimiero degli appartenenti al corpo di
cavalleria che aveva le funzioni di guardia imperiale: gli equites singulares
che furono disciolti da Costantino dopo la vittoria ad Saxa Rubra .
[6]
Tertulliano, Apologeticum, XXXV, col. 457: qui inter duas lauros
obsidente Caesarem.
[7] Tomassetti, C. R. IIII, p. 467.
[8] L. P. I, p. 183.
[9] L. P. I, p. 225.
[10] L. P. I, p. 182.
[11] La fonte è riportata in Ashby-Lugli, Flavi, p. 158.
[12] L.P. I, p. 182.
[13] Il Guyon (Stèles, pp. 223-224) in base ad uno studio epigrafico sulle
numerose iscrizioni degli equites singulares reperte in questa zona, ha
dimostrato che tale basilica fu elevata al centro dello stesso cimitero nel
momento in cui questo corpo di guardia subì la damnatio memoriae ad
opera di Costantino, come pure la basilica Lateranense fu innalzata sulle loro
caserme distrutte.
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Articolo tratto da ImagoRomae di Gabriella Cetorelli Schivo
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