GIACOBBE VUOLE RICONCILIARSI CON IL FRATELLO ESAÙ

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GIACOBBE VUOLE RICONCILIARSI CON IL FRATELLO ESAÙ
GIACOBBE VUOLE RICONCILIARSI CON IL FRATELLO ESAÙ
Genesi 32, 2-22
Prima di affrontare il futuro, la chiamata di Dio obbliga Giacobbe a confrontarsi con il suo
passato, con le conseguenze dei suoi atteggiamenti deplorevoli. È esattamente quello che ha
fatto Israele in Babilonia, riconoscendo di essere stato deportato per infedeltà al suo Dio, e
quindi tornando a Gerusalemme con il cuore contrito e deciso a ricominciare un capitolo
nuovo della sua storia. Storia voluta da Adonai che prenderà forma scritta nella Torah,
dopo l’esilio.
Giacobbe deve in concreto riconciliarsi con il fratello a cui aveva usurpato la primogenitura.
Per questo per tornare dal padre il patriarca decide di prendere la via più breve ma più
pericolosa. La via che passava attraverso il territorio di Edom dove viveva il fratello Esaù
che lo voleva uccidere (Gen 27,41).
L’autore vuole mostrare che
la storia della salvezza è una storia di riconciliazioni
che sfocerà nella riconciliazione più grande tra cielo e terra, tra Dio e l’umanità attuata dal
Figlio, il Cristo (Rm 5,10; 2Cor 5,18).
vv. 2-3 Lungo la strada Giacobbe fa uno straordinario incontro; alcuni angeli di Dio gli si
avvicinano quasi fossero accampati in quella zona. L’incontro vuole essere di buon auspicio
(Sl 34/33,8). Questo inciso nella storia di Giacobbe riporta una tradizione creata per
spiegare un toponimo, Macanaim, (duale di mahaneh che significa accampamento). Per
questo il termine ‘accampamenti’ sarà ripetuto sei volte nei primi versetti del capitolo.
Questo luogo, non ancora identificato, sarà importante nella storia di Israele al tempo di
Saul nel XI secolo a.C. (2Sam 2,8; 2Sam 17,24) e diventerà un distretto di Salomone nel
secolo successivo (1Re 4,14).
v. 4 Giacobbe mandò avanti a sé alcuni messaggeri al fratello Esaù… nella campagna di Edom.
Giacobbe sta per entrare nel territorio del fratello e capisce che deve giocare di astuzia per
trovare grazia (v.6) perché anche se sono passati vent’anni la ferita di Esaù è ancora aperta.
v. 5 Direte al mio signore Esaù: dice il tuo servo Giacobbe… Giacobbe non si rivolgerà mai a Esaù
chiamandolo fratello, ma solo chiamandolo ‘signore’. Non vuole avere un atteggiamento di
superiorità, pur conoscendo sia la profezia secondo cui ‘il maggiore servirà il minore’ (Gen
25,23) sia la benedizione del padre (Gen 27,29). Giacobbe vuole rimanere umile, si dichiara
servo del maggiore.
v. 6 Giacobbe ammette di essersi arricchito e vuole essere generoso con il fratello.
v.7 Esaù… sta venendoti incontro e ha con sé quattrocento uomini. Abramo nel massimo del suo
potere aveva riunito 318 uomini (Gen 14,14), questo significa che Esaù era diventato ricco e
potente. Questo suona come una minaccia per Giacobbe, che pensa di trovarsi di fronte ad
un grosso pericolo.
vv. 8-9 Giacobbe…divise in due accampamenti la gente che era con lui. Giacobbe si spaventa, anche
se sa che Dio è con lui, e cerca di affrontare la situazione con buon senso.
v. 10 Inizia il punto culminante del racconto: la preghiera di Giacobbe.
Alcuni esegeti considerano questo testo tardivo, cioè aggiunto in un secondo tempo, perché
non si adatta alla profanità del capitolo che non nomina mai Dio direttamente, né parla della
sua volontà. Nella narrazione tutto viene lasciato all’arbitrio dei personaggi ed alla legge
interna degli avvenimenti.
La preghiera è strutturata secondo uno schema tipico delle suppliche bibliche dove l’orante
riconosce sia la grandezza di Dio che le sue promesse e le sue scelte ed in nome di queste
chiede la salvezza e la protezione, ricordando sempre la sua debolezza e indegnità. (1Re
8,22-30; Dn 9, 15-19; Est 4, 17a-17h e 17l-17z; Sl 143/142).
v. 10a. Dio del mio padre Abramo…Vengono elencati i nomi e titoli di Dio
v. 10b Io ti farò del bene. La promessa di protezione
v. 11 Io sono indegno di tutta la benevolenza… ora sono divenuto tale da formare due accampamenti.
Vengono elencati i benefici ricevuti da Adonai nonostante l’indegnità di chi si sente solo un
servo.
v. 12 Salvami dalla mano di mio fratello Esaù…è il centro della supplica.
v. 13 Renderò la tua discendenza come la sabbia del mare… viene ricordata la promessa della
discendenza che si avvererà solo se i suoi figli non verranno uccisi.
vv. 14-16 Era consuetudine di cortesia portare regali ad una persona alto locata.
v. 17 Passate davanti a me e lasciate un certo spazio tra un branco e l’altro. Una volta ancora
Giacobbe gioca di astuzia e dispone davanti a sé i regali da dare al fratello in modo da creare
un effetto ‘sorpresa’ , facendo credere al fratello che il dono sia di dimensioni ridotte.
Quando Esaù si aspetta di incontrare il fratello subito dietro al dono, scopre altri doni che
continuano ad arrivare. Questo mostra due cose, che Giacobbe è diventato ricco e che
Giacobbe è generoso.
vv. 18-20 Giacobbe si sofferma a dire ai servi le parole da usare perché vuole sottolineare il
suo sentirsi ‘servo’ del fratello che considera ‘signore’.
v. 21 Placherò il suo volto con il dono…forse mi accoglierà con benevolenza. Giacobbe desidera
riconciliarsi con il fratello e fa quello che può. Il proseguo della narrazione nel capitolo
seguente dimostrerà che la riconciliazione avverrà.
Infatti l’autore vuole dire che :
Dio accompagna con la sua benedizione il credente che cammina verso il bene.