e spuntano i “colpevoli”
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e spuntano i “colpevoli”
ANNO LXII N.34 Il governo Berlusconi cadde vittima di un complotto: e spuntano i “colpevoli” Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76 Gli italiani non sono stupidi: lo sappia chi ha nascosto la verità su foibe e golpe bianco Girolamo Fragalà Gli italiani non sono più un popolo di santi, di poeti e di navigatori. Per una certa “casta” – la vera “casta”, quella che muove i burattini da dietro le quinte, oscura e complottista – siamo invece un popolo di ingenui, da plasmare come la creta, pronti ad essere imboccati cucchiaino dopo cucchiaino. Ma bisogna stare attenti, perché prima o poi anche chi è sotto ipnosi finisce per svegliarsi. In poche ore si sono alternate vicende che la dicono lunga su come si sia voluto e si continua a voler anestetizzare la gente. Il caso del “golpe bianco” contro il governo Berlusconi è di per sé gravissimo, non solo perché viviamo (o almeno crediamo di vivere) in un Paese che si autodefinisce democratico ma che permette a due o tre persone, a porte chiuse, di decidere chi devʼessere il premier e in che data deve accettare di esserlo, alla faccia di chi ha votato eleggendo i propri rappresentanti in Parla- d’Italia WWW.SECOLODITALIA.IT mento. Ma colpisce lʼatteggiamento di chi, una volta smascherato, invece di chiudersi nel silenzio e arrossire, mostra indifferenza manco fosse ancora seduto in cattedra: «Nellʼestate del 2011 ho avuto dal presidente della Repubblica dei segnali: mi aveva fatto capire che che in caso di necessità dovevo essere disponibile», ha infatti detto Monti. Che male cʼè? Niente di male, se vista nella sua ottica, e cioè nellʼottica di chi crede di essere lʼuomo della provvidenza, lʼintoccabile, il genio. Che probabilmente ha un concetto distorto di democrazia. Unʼaltra ipnosi, che dura da decenni, riguarda la tragedia delle Foibe: tra telegiornali e giornali radio, dichiarazioni ufficiali e ceri- martedì 11/2/2014 monie, tutti ribadiscono la necessità del ricordo. Ma il ricordo presuppone che sia fatta chiarezza sulle responsabilità, altrimenti accade come nei fatti cruenti degli anni di piombo, dove si piangono le vittime ma i colpevoli non sono stati mai individuati. Non a caso nessuno dice chiaramente che le atrocità delle Foibe furono fatte dai comunisti di Tito, con lʼ«aiuto» dei comunisti italiani. Non è una cosa di poco conto, anche per una forma di giustizia nei confronti di quegli italiani uccisi senza aver commesso nulla e per troppo tempo dimenticati dai libri di storia. Ma il giochino della sinistra continua, basti pensare alle parole del presidente del Senato proprio sulle Foibe: «Dobbiamo dire che per troppo tempo si è cercato di far dimenticare e questo non deve più avvenire». Giustissimo. Ma avrebbe dovuto dire “chi” ha cercato di far dimenticare e “perché”. Lui si è fermato a una frase che allʼapparenza può sembrare di svolta, ma che invece resta nel solco del non detto, una frase tanto furba quanto insidiosa. Il motivo è facile da capire. Tra il quasi non detto di Monti-Napolitano sul golpe e il non detto della sinistra sulle Foibe cʼè sempre quella convinzione che gli italiani siano un popolo di creduloni. Ma attenti a non svegliare il can che dorme. Paolo Di Nella, 31 anni dalla morte e nessun colpevole. Da Marino una corona di fiori, dopo i silenzi su Acca Larenzia Gloria Sabatini Il compagno Marino ha reso omaggio a Paolo Di Nella, il militante del Fronte della Gioventù morto il 9 febbraio 1983 fa in seguito a unʼemorragia celebrale causata dallʼaggressione del 2 febbraio a piazza Gondar. Il sindaco di Roma ha deposto ieri mattina a villa Chigi una corona per ricordare il giovane assassinato da due esponenti di Autonomia operai, nostalgici dei cupi anni di piombo. Paolo morì dopo sette giorni di coma, vegliato dai suoi amici che, giorno e notte, nei corridoi del Policlinico Umberto I di Roma, avevano atteso invano che riaprisse gli occhi. Una morte assurda sulla quale brucia la ferita di indagini lentissime e a dir poco “lacunose” che non hanno dato ancora un nome e un cognome agli assassini. È stato Valter Veltroni nel 2003 a inaugurare la nuova stagione di apertura quando, su proposta di An, decise di intitolargli il viale centrale di Villa Chigi. «È importante – ha detto il primo cittadino – al di là degli schieramenti ideologici ricordare insieme lʼomicidio di Paolo Di Nella, lʼultima persona uccisa in quella spirale di violenza». Presenti alla cerimonia di ieri anche la madre di Paolo e lʼex sindaco Gianni Alemanno, amico perso- nale di Di Nella, un militante sui generis, lontanissimo dagli stereotipi del neo-fascista, ambientalista “ante litteram” impegnato per la restituzione del parco di Villa Chigi alla comunità del quartiere. Un ragazzo “normale” che ricevette al suo capezzale la visita dellʼallora presidente della Repubblica, il partigiano Sandro Pertini, un gesto coraggioso per lʼepoca che avrebbe dovuto segnare il primo passo di una svolta civile per una pacificazione nazionale. Ma che ancora tarda a venire come dimostra la distruzione, solo un anno fa, della lapide intitolata a Di Nella. «Ho molto apprezzato la presenza di Marino perché è il segnale che le istituzioni, al di là del colore politico, riescono a ricordare con una memoria condivisa i ragazzi morti in quegli anni – ha commentato Alemanno – sono sempre ricordati i ragazzi di sinistra uccisi ed è giusto che per quelli di destra avvenga lo stesso». Forse una “riparazione”, quella di Marino, per il silenzio dellʼamministrazione per lʼanniversario della strage di Acca Larenzia dello scorso 7 gennaio in cui persero la vita Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni, “colpevoli” di militare a destra ai tempi in cui “uccidere un fascita non era reato”. Svelata la farsa: la manovra per chiamare Monti iniziò a giugno 2011. Su consiglio di Prodi e De Benedetti… 2 Luca Maurell Erano i giorni dei “responsabili” che entravano in pompa magna al governo per puntellare una maggioranza fragile, lo spread iniziava a salire a livelli di guardia, la Merkel ci osservava severa, lʼItalia sbandava sui mercati dei bond e sui campi di calcio, dove rimediava quattro gol dal Brasille mentre in Parlamento Berlusconi si riprendeva la fiducia, Tremonti saliva al Colle per tranquillizzare Napolitano sulla manovra e Bersani attaccava il governo nel tentativo di mandarlo a casa. Ma tutto, o quasi, era già deciso. Giugno 2001. Erano i giorni in cui, nel segreto più assoluto, nei luoghi più chic dei vacanzieri di una certa sinistra, Mario Monti si recava in pellegrinaggio dai big del Pd e si confidava sul possibile incarico che da lì a qualche mese (13 novembre) avrebbe ricevuto da Napolitano per sostituire Berlusconi e il governo democraticamente eletto e mai sfiduciato. Il primo passo dellʼarrivo di Monti a Palazzo Chigi fu la nomina, avvenuta il 6 novembre, a senatore a vita. Ma tutto era iniziato molto prima, come si scopre dalle anticipazioni di “Ammazziamo il gattopardo“, del giornalista Alan Friedman, volume accompagnato da una video inchiesta sul Secolo d’Italia sito del Corriere in cui Carlo De Benedetti e Romano Prodi svelano retroscena molto interessanti. A fine agosto 2011, la “tessera numero 1″ del Pd vide a Saint Moritz lʼamico Monti (su richiesta del prof…) per una sorta di consultazione preventiva: «Si parla di un incarico, ma tu accetta solo se te lo chiede a settembre, a dicembre sarebbe tardi…», spiegò De Benedetti al professore della Bocconi. Ma due mesi prima, nel buen ritiro di Prodi, a Castiglion della Pescaia, Monti aveva visto anche lʼex premier dellʼUlivo e insieme avevamo parlato proprio di una possibile “missione” del bocconiano: «Sei nella condizione di non poter chiedere nulla, ma allo stesso tempo se Napolitano te lo chiede, non puoi dire di no», gli aveva spiegato Prodi, come egli stesso racconta nel- lʼintervista. Monti, oggi, conferma: «Sì, se ne parlava, ma erano solo ipotesi…». Però conferma di aver parlato con Prodi e con De Benedetti della sua possibile nomina e di aver discusso con Napolitano un documento programmatico per il rilancio dellʼeconomia, preparato per il Capo dello Stato dallʼallora banchiere Corrado Passera tra lʼestate e lʼautunno del 2011. Intanto Monti e Napolitano, come svela Friedman, allʼinsaputa di Berlusconi, si parlavano in continuazione, mentre il Colle ostentava imparzialità e assisteva alle difficoltà del governo, che però continuava a incassare la fiducia. Non fu manovra di Palazzo, ha sempre ribadito Napolitano, fino a qualche giorno fa, quando durante un incontro con gli eurodeputati italiani al Parlamento europeo di Strasburgo, e riferendosi ai governi Monti e Letta, aveva detto che «sono stati presentati quasi come inventati per capriccio dalla persona del presidente della Repubblica». Questo, aveva tenuto a precisare il presidente della Repubblica, non è vero perché non si tratta di nomi diversi da quelli indicati nel corso delle «consultazioni con tutti i gruppi politici e parlamentari, come si conviene». La verità, però, è che almeno in tre già sapevano come sarebbe andata a finire, durante quella torrida estate del 2001. Due di loro erano del Pd. E un terzo, Monti, andava da loro a chiedere consigli. «Un incarico? Sì, Napolitano mi diede segnali in quel senso», ammette Monti, uscito politicamente distrutto da quella esperienza di cui oggi, suo malgrado, qualcuno ha voluto svelare i veri retroscena. Retroscena che inevitabilmente danno corpo ai sospetti dei berlusconiani, secondo cui “le rivelazioni di Alan Friedman destano forti dubbi sul modo di intendere lʼaltissima funzione di Presidente della Repubblica da parte di Napolitano”, dicono i capigruppo di FI di Camera e Senato, Renato Brunetta e Paolo Romani, che chiedono “urgenti chiarimenti e convincenti spiegazioni”. stanti ha invece occupato la chiesa di Santa Maria in Aquino, dopo avere transitato davanti a via Uffici del Vicario a pochi passi da Montecitorio. Al grido di «Assassini», «Vergogna» e «Ladri» il gruppo è arrivato ai piedi del palazzo dei gruppi parlamentari. Alcuni momenti di tensione si sono registrati con le forze dellʼordine. Calvani si è invece dissociato la protesta che si era registrata in mattinata sempre nella Capitale da parte di un altro gruppo di manifestanti del gruppo “9 dicembre”, saliti sulla Piramide Cestia, a Roma, per manife- stare contro governo e parlamento ritenuti “illegittimi”. Ai piedi del monumento alcuni manifestanti hanno anche alzato il braccio destro simboleggiando il saluto romano. Gesto subito stigmatizzato dallo stesso Calvani. «Alcuni elementi di Socialismo Nazionale (che si stanno mascherando sotto il nome di associazione Resistenza Italiana) – ha spiegato il leader del coordinamento 9 dicembre – hanno fatto unʼazione impropria facendo il saluto romano, fotografati anche da alcuni giornalisti. Loro si presentano come associazione Resistenza Italiana, che come Coordinamento 9 dicembre non riconosciamo, perché appartengono di fatto a Socialismo Nazionale che è unʼorganizzazione di estrema destra. Il Coordinamento 9 dicembre non rappresenta nessun partito politico». Due chiese occupate nel centro di Roma: la protesta dei Forconi cambia bersaglio Redazione Una quarantina di militanti del coordinamento 9 dicembre, la frangia intransigente del movimento dei Forconi guidata dallʼagricoltore pontino Danilo Calvani, sono entrati nella basilica di Santa Maria Maggiore e promette di accamparsi allʼinterno. Unʼaltra decina è entrata in Santa Maria in Aquiro, a pochi passi da Montecitorio. «Passeremo la notte qui – dicono entrambi i gruppi – Il sindaco Marino si è rifiutato di dare assistenza a dei cittadini italiani che chiedevano solo di mettere delle tende e quindi abbiamo deciso di entrare nella “nostra casa” visto che siamo credenti, chiedendo la benedizione di Papa Francesco». «I politici – ha detto il portavoce Calvani, che ha guidato il gruppo entrato nella basilica di Santa Maria Maggiore – non ci rappresentano, le istituzioni non ci rappresentano. Le forze dellʼordine non ci difendono o non possono difenderci. Hanno reso la nostra vita invivibile, e molte persone stanno perdendo la cosa più sacra, la vita appunto. Si stanno suicidando perché non hanno altra via dʼuscita, non riescono a vedere un futuro». Unʼaltra decina di manife- MARTEDì 11 FEBBRAIO 2014 Il Giorno della Memoria tra amnesie e polemiche. Imbrattato il monumento a Roma. Calerà di nuovo lʼoblio? MARTEDì 11 FEBBRAIO 2014 Secolo 3 d’Italia Giglielmo Federici A dieci anni dall'istituzione della legge di Stato che dedica il 10 febbraio alla commemorazione degli italiani gettati e dimenticati nelle foibe, bisogna dire che i risultati non sono lusinghieri sullo stato di salute della nostra memoria e dell'onestà intellettuale. Fino all'ultimo si è tentato di mettere il silenziatore a questa ricorrenza relegandola a una memoria storica di serie B. L'abolizione dei Viaggi della Memoria del sindaco Marino, il basso profilo delle celebrazioni in molte amministrazioni italiane, i furiosi attacchi al “Magazzino 18” di Simone Cristicchi, spettacolo coraggioso su una ferita tutta italiana, la dicono lunga su quanto poco è stato comunque fatto per risarcire le atrocità commesse su tanti italiani, andati incontro a un destino infame solo perché italiani. Del resto le foibe finirono nell'omertà sin da quando furono perpetrate. Perché tiravano in ballo le responsabilità del Pci e di un'ala cospicua della lotta partigiana nei massacri, perché incrinavano il rapporto con la vicina Jugoslavia di Tito, perché c'era il tabù della cortina di ferro che spartiva i due mondi, l'occidente filoamericano e l'Est filosovietico. Fu taciuto l'orrore degli infoibati e degli italiani messi in fuga dalla pulizia etnica dei comunisti di Tito. Una comunità di profughi, un patrimonio di memorie oscurato e tenuto in vita per anni da pubblicazioni coraggiose, dalle testimonianze di sopravvissuti di cui il Secolo d'Italia negli anni si è fatto custode. Solo mezzo secolo dopo cominciò lentamente a riaffiorare la memoria dal buio, con libri di testo, commemorazioni, fiction (sia pure edulcorate) fino ad arrivare all'istituzione della giornata della Memoria. Ora sembra tutto tornato nell'indifferenza. Le pagine strappate raccontano di una prima ondata di violenza esplosa subito dopo la firma dell'armistizio dell' 8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti, che sono la maggior parte. Torturano, massacrano, affamano e poi gettano nelle foibe circa un migliaio di persone. Ma la violenza aumenta nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupa Trieste, Gorizia e l'istria. Le truppe del Maresciallo Tito si scatenano contro gli italiani. A cadere dentro le foibe ci sono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini. I racconti dei superstiti parlano di una carneficina che testimonia l'odio politico-ideologico e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti. La persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947, fino a quando, cioè, viene fissato il confine fra l'italia e la Jugoslavia. Ma il dramma degli istriani e dei dalmati non finisce. Nel febbraio del 1947 l'italia ratifica il trattato di pace che pone fine alla Seconda guerra mondiale: l'istria e la Dalmazia vengono cedute alla Jugoslavia. Trecentocinquantamila persone si trasformano in esuli. La sinistra italiana li ignora: non suscita solidarietà chi sta fuggendo dalla Jugoslavia, da un paese comunista alleato dell'Urss. Ma non è solo il Pci a lasciar cadere l'argomento nel disinteresse. Anche la stessa classe dirigente democristiana lascia cadere nel buio la tragedia delle foibe. Il silenzio della storiografia ha fatto il resto. L'elaborazione di una delle pagine più angoscianti della nostra storia è purtroppo ancora agli inizi. L'oltraggio al monumento alle Foibe a Roma desta sconcerto. Chissà se basterà la messa in onda, ieri sera. di Magazzini 18 s Rai Uno, dopo vari tentennamenti? Chissà cosa lascerà il convegno rabberciato di fretta ieri dal sindaco di Roma, Marino, in Campidoglio ? Redazione La tanto auspicata ripresa è lontana. La produzione industriale nel 2013 è scesa del 3% rispetto al 2012 e a dicembre è tornata a calare dello 0,7% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, dopo il +1,5% di novembre. Lo rileva l'Istat che registra una contrazione su base mensile dello 0,9%. È in aumento, invece, il dato relativo al quarto trimestre (+0,7% rispetto al terzo). Rispetto al dicembre 2012 sono in aumento solo i beni intermedi (+5,6%), mentre calano quelli strumentali (-5,6%), l'energia (3,2%) e, in misura più contenuta, i beni di consumo (-1%). I settori che registrano i cali maggiori sono i macchinari e le attrezzature n.c.a (9,9%), le industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-6,9%) e la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (-6,5%). I maggiori incrementi sono infine nei prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+8,0%), nella fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (+7,5%) e della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+7,4%). I dati Istat sulla produzione industriale, secondo il Codacons, confermano la tesi dell'associazione che «i rialzi positivi dei mesi scorsi non erano indicativi di una inversione del trend e, men che meno, di una ripresa economia». Il Codacons ha chiesto al premier Enrico Letta di commentare questi dati, «visto che nei giorni scorsi aveva detto: la crisi è finita». «Gli italiani si sono stufati di sentir parlare, anche perché è dal 2009, l'anno più buio della crisi, che i politici dichiarano, ad ogni segno più registrato, che la crisi è finita». Secondo Federconsumatori e Adusbef la «nuova, allarmante, frenata» della produzione industriale rilevata dall'Istat era ''quasi inevitabile'', perché «va di pari passo con la preoccupante contrazione dei consumi». Secondo quanto rilevato dall'Onf-Osservatorio Nazionale Federconsumatori la contrazione dei consumi nel triennio 2012-2014 toccherà il -9,2% (con una minore spesa di 2.638 euro a famiglia). Dopo il calo del -4,7% nel 2012 e del -3,4% nel 2013, si prevede nel 2014 un'ulteriore frenata del -1,1%. LʼIstat conferma: la produzione industriale 2013 crolla del 3% I forconi irrompono nella Basilica di Santa Maria Maggiore: è la nostra casa Redazione Continua a sprazzi la battaglia politica dei forconi che, con blitz improvvisi, cercano di agitare le acque in forme di protesta. Una quarantina di militanti del coordinamento 9 dicembre, la frangia intransigente del movimento dei Forconi guidata dall'agricoltore pontino Danilo Calvani, sono entrati nella basilica di Santa Maria Maggiore promettendo di accamparsi all'interno. «Passeremo la notte qui – hanno annunciato non appena fatta irruzione – Il sindaco Marino si è rifiutato di dare assistenza a dei cittadini italiani che chiedevano solo di mettere delle tende e quindi abbiamo deciso di entrare nella “nostra casa” visto che siamo credenti, chiedendo la benedizione di Papa Francesco». Siamo tutti bagnati fradici – ha poi spiegato Calvani – non abbiamo potuto dormire, nonostante ciò siamo qui, siamo stati trattati malissimo, ora siamo qui nella “nostra casa” e continueremo la nostra lotta civile nel pieno rispetto delle leggi e della Costituzione e soprattutto della “casa che ci ospita”...». Siria, i qaedisti aiutati da finte ong occidentali. Nuovo massacro perpetrato dai ribelli 4 Secolo d’Italia Antonio Pannullo Era un segreto di Pulcinella. Solo i nemici del governo siriano fingevano di ignorare che gli jihadisti da tutto il mondo, in molti casi dall'Occidente, ricorrono a finte organizzazioni non governative (ong) per superare il confine con la Turchia e unirsi alle milizie che combattono nella guerra civile in Siria contro il regime di Damasco. È quanto si legge sul prestigioso e solitamente en informato Times, che cita funzionari britannici, secondo cui il fenomeno è in rapido aumento. Si tratta di piccole associazioni umanitarie, che dovrebbero portare il loro aiuto alle popolazioni colpite dal conflitto, ma che in verità vengono usate come mezzi per il reclutamento e l'invio al fronte di volontari. Si era visto anche nei Balcani, ma tutti preferirono tacere. Per contrastare questo fenomeno, sempre secondo i funzionari britannici, il confine fra Turchia e Siria è presidiato da sempre più agenti della Cia e dell'MI6, il servizio segreto per l'estero di Sua Maestà. Secondo gli esperti, infatti, arriva da lì la nuova minaccia terroristica per l'Occidente: si temono attac- chi portati da qualche reduce jihadista in Europa o negli Stati Uniti. Intanto il vice ministro degli Esteri siriano Faysal Miqdad ha detto che 50 persone, molte donne e bambini, sono state uccise in un massacro compiuto da terroristi. Miqdad sembrava riferirsi ad un massacro a Maan, nella provincia di Hama, che secondo l'ong Osservatorio nazionale per i diritti umani, ha provocato almeno 21 morti. Secondo la ong, citata dall'agenzia Afp, 21 civili e 20 miliziani alawiti pro-regime sono stati uccisi nel villaggio di Maan. Il vice ministro Miqdad, che parlava a Ginevra dove sono ripresi i negoziati tra governo e opposizione, ha invece affermato che le vittime sono tutte civili uccisi a sangue freddo, per ribadire che il primo argomento di cui si deve occupare la conferenza di pace è quello della lotta al terrorismo. Una definizione usata dal governo siriano per indicare tutti i ribelli armati, migliaia dei quali sono mercenari stranieri. Si è appreso poi che gli jihadisti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (Eiil) si sono ritirati dalla provincia, ricca di petrolio, di Deir Ezzor, nell'est della Siria, dopo aspri combattimenti contro altre brigate ribelli: lo ha reso noto l'Osservatorio siriano per i diritti umani (Osdh). «L'Eiil si è ritirato da tutto Deir Ezzor dopo aver combattuto il Fronte al-Nosra (affiliato ad al-Qaeda) e una decina di brigate ribelli che hanno attaccato le posizioni del gruppo e arrestato decine dei suoi membri», ha spiegato l'Osservatorio, che ha una vasta rete di fonti civili, mediche e militari in tutto il Paese. Sembra ormai evidente che potenze occidentali foraggiano i "ribelli" per mettere le mani sulle ricchezze naturali della Siria. Redazione Fallisce anche il modello Bosnia: dopo Iraq, Afghanistan, Libia, adesso anche quello che sembrava uno degli esperimenti più riusciti, quello dei Balcani, sta mostrando tutti i suoi limiti. La Bosnia sta per crollare, e tutto lascia pensare che il Kosovo, ancora più debole dal punto di vista infrastrutturale e sociale, la seguirà tra breve. Non si placa infatti l'ondata di proteste popolari in Bosnia dove, dopo gli scontri e le violenze dei giorni scorsi, nuove manifestazioni pacifiche sono in programma in diverse città della Federazione Bh, l'entità a maggioranza croato musulmana. I dimostranti sono già scesi in piazza a Gorazde, Livno, Mostar e a Brcko dove, a rinnovare le proteste contro crisi economica e corruzione, sono in tremila. A Sarajevo il palazzo della Presidenza, incendiato in parte sabato, è stato evacuato nel timore di nuovi assalti dei manifestanti. Domenica il capo della Direzione di coordi- namento delle forze di polizia, Himzo Selimovic, si è dimesso perché, come ha spiegato, non dispone di poteri necessari, per via del farraginoso assetto istituzionale, e non può garantire la sicurezza alla presidenza del Paese. Intanto, dalla sede del governo della Federazione i dipendenti stanno portando via fascicoli di documenti dopo che diversi ministri hanno lasciato il palazzo. A Mostar, nonostante il divieto di manifestare imposto dalle autorità, nella piazza centrale si sono radunate alcune centinaia di persone che manifestano in modo pacifico. Proprio nella capitale Sarajevo migliaia di manifestanti, che prima si erano riuniti davanti alla presidenza bosniaca, hanno protestato davanti alla poco distante sede del governo della Federazione Bh per chiedere le dimissioni del premier della Federazione, Nermin Niksic, e di tutto l'esecutivo. Su cartelli e striscioni si leggono richieste per l'abolizione dei cantoni, la riduzione del 50% degli stipendi dei parlamentari, l'aumento delle pensioni. Agenti dell'unità antisommossa della polizia hanno formato un cordone tra il palazzo, una parte del quale è la sede del Partito socialdemocratico di cui Niksic è un esponente, e i manifestanti. Un funzionario di polizia ha chiesto ai dimostranti di isolare un gruppo di giovani incappucciati e in possesso di molotov. Si è formata una rappresentanza dei manifestanti per trattare con il governo, che è in seduta permanente, ma i dimostranti chiedono prima le dimissioni. Intanto a Brcko i manifestanti insistono che si dimetta il sindaco, Ante Domic, mentre ha presentato le dimissioni, su richiesta della piazza, il sindaco di Bugojno. Si è nel frattempo conclusa senza incidenti la manifestazione di centinaia di persone a Mostar, nonostante il divieto delle autorità Nei giorni scorsi si sono dimessi gli esecutivi cantonali di Tuzla, Zenica, Sarajevo e Bihac. Fallisce anche il modello Bosnia: il popolo in piazza chiede le dimissioni del governo MARTEDì 11 FEBBRAIO 2014 Ucraina, i nazionalisti si dicono pronti a imbracciare le armi Redazione Il gruppo paramilitare ucraino nazionalista "Pravii Sektor", in prima fila nei recenti scontri tra manifestanti e polizia a Kiev, è pronto a entrare in politica «non appena la rivoluzione avrà successo». Lo ha detto il leader del movimento, Dmitro Iarosh. «Se ci sarà la pace - ha detto l'uomo, indicato dai suoi come il "comandante" - il movimento entrerà nella vita politica. Poi vedremo se avanzare una nostra candidatura alla presidenza o appoggiare uno dei politici esistenti». Una cosa è chiara, però, per loro: «L'ingresso nell'Unione europea non è una buona scelta per Kiev perché minaccia i valori tradizionali cristiani dell'Ucraina», ha detto ancora. Iarosh ha aggiunto di essere contro i matrimoni tra persone dello stesso sesso e ha definito l'immigrazione di massa «un'occupazione». Il gruppo paramilitare Pravii Sektor è pronto a imbracciare i fucili se necessario. Iarosh ha affermato che «se il governo deciderà di assaltare Maidan (la piazza al centro delle proteste antigovernative a Kiev, ndr) e usare armi da fuoco, il nostro gruppo sarà costretto a difendere la gente pacifica che c'è in Maidan. Questa - ha aggiunto non è solo la nostra posizione, ma è la posizione di tutta l'opposizione». Secondo Iarosh, infine, «difendere la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina è un dovere costituzionale e se ci sarà una minaccia alla nostra indipendenza o al nostro territorio, non solo Pravii Sektor ma tante altre persone in Ucraina imbracceranno le armi». Concordia, si ipotizza una gara di “inchini" tra Schettino e gli altri comandanti MARTEDì 11 FEBBRAIO 2014 Secolo 5 d’Italia Luca Maurelli La rotta della Costa Concordia la sera del naufragio del 13 gennaio 2012 fu molto simile a quella percorsa il 14 agosto 2011 per un analogo passaggio vicino al Giglio che, però, riuscì. Lo mostra un documento della compagnia Lloyd's portato ieri in aula a Grosseto da parti civili e difesa di Francesco Schettino. Nel 2011 il comandante della nave era Massimo Garbarino e non Schettino. Per parti civili e difesa era consuetudine di Costa Crociere fare passaggi ravvicinati. La compagnia assicurativa Lloyd's registra i tragitti delle navi assicurate in un sistema “listing tracking data” che monitora rotte e posizioni. In una mappa trovata dalle parti, e mostrata in aula come prova, si vede che la rotta della Concordia la sera del 14 agosto 2011 è rasente al Giglio in modo molto simile al tragitto seguito la sera del naufragio pochi mesi dopo. Dal documento si evince che nel 2011 la nave passa dallo stesso punto dell'impatto, impegnando una direttrice leggermente diversa, più parallela all'isola rispetto a quella tenuta da Schettino il 13 gennaio 2012. Il collegio dei giudici ha ammesso l'acquisizione del documento dei Lloyd's agli atti del processo, insieme a un articolo di Giglionews che annunciava il passaggio al Giglio del 14 agosto 2011, alle ore 22. Ma non tutti leggono il documento della compagnia britannica come un elemento utile alla difesa di Schettino. “C'era in atto una gara fra comandanti per dimostrare chi fosse più abile a passare più vicino possibile all'isola del Giglio”, attaccano gli avvocati di parte civile. «Prima Palombo, poi Garbarino e poi Schettino sono passati come tutti sanno, praticamente nello stesso punto del naufragio del 2013», ha detto Massimiliano Gabrielli, del pool Giustizia per la Concordia, in una pausa dell'udienza dopo che le parti hanno consegnato al tribunale un documento della compagnia assicurativa Lloyd's in cui si vedono le rotte della Costa Concordia accanto al Giglio quasi coincidenti. I passaggi precedenti, continua il legale, "hanno preparato la bravata di Schettino". «Come mai la compagnia assicurativa Lloyd's ha catalogato come mancato incidente il passaggio del 14 agosto 2011, con comandante Garbarino - conclude Gabrielli -, mentre la compagnia Costa Crociere no? L'inchino era una consuetudine». La rotta tenuta da Garbarino riuscì con un passaggio a 230 metri dalla punta della Gabbianara dove invece oggi c'è il relitto della Concordia. Intanto il Comune del Giglio, parte civile nel processo sul naufragio del 13 gennaio 2012, ha presentato ai giudici articoli del sito Giglionews firmati dall'ex comandante di Costa Crociere spa Mario Palombo in cui, per due date diverse si annunciano passaggi ravvicinati serali all'isola. Quello relativo al 2011 è stato acquisito agli atti del processo come prova. Roberto Mariotti Il 14% dei ragazzi ha incontrato le persone conosciute su Internet e il 13% dei quelli tra i 14 e i 20 anni ha scambiato il suo numero di cellulare con estranei contatti tramite chat. Di contro solo uno su 10 si connette a Internet per studiare. Più pericoli o opportunità dalla rete? A leggere i dati della ricerca promossa dal Moige, il Movimento italiano genitori, e presentata alla vigilia del Safer Internet Day, la giornata voluta dalla Commissione Europea per la sicurezza dei giovani in Rete, «i minori sul web non studiano e fanno ricerche senza verificare le fonti; giocano e chattano con sconosciuti; scambiano foto hot, prendono in giro i coetanei» tutte «pericolose abitudini dei nostri figli sulla rete». Il computer è uno strumento di uso quasi uni- versale tra i ragazzi, dicono i dati dell'indagine, svolta nelle scuole su mille studenti dai 6 ai 20 anni, dalla elementari alle superiori, circa la metà dei quali del Sud Italia: il 95,% ne ha uno in casa e l'87,8% lo utilizza ogni giorno per andare sul web. Uno su tre ha il computer in camera e di questi il 38% è giovanissimo, hanno tra gli 11 e i 13 anni. Un ragazzo su cinque cerca di nascondere le tracce di quello che ha fatto al pc eliminando la cronologia del browser, l'11% dichiara di visitare siti per adulti. E ancora, il 28% ha fatto amicizia con estranei, consapevole di trasgredire, e il 30% non usa la propria identità quando è collegato in chat. Sei su 10 "non hanno problemi a dichiarare di essersi divertito nel ricevere o inviare foto o video hot (il cosiddetto sex- ting)", di questi il 22,7% li ha ricevuto da sconosciuti che inviano materiale imbarazzante. Di tutto ciò – sottolinea il Moige – i genitori spesso sono ignari. Uno su tre perché «poco attrezzato» all'utilizzo delle nuove tecnologie. Ma in generale gli adulti controllano – secondo la ricerca – in maniera «molto blanda»: solo il 18,6% in famiglia impone dei limiti ai propri figli sul tempo trascorso al computer e il 35% non si è mai posto problema. " Allarme chat: troppi minorenni incontrano “sconosciuti” contattati sul web Nella blacklist una valanga di siti pedopornografici: quasi tutti hanno i server allʼestero Redazione Nel 2013 la Polizia postale e delle Comunicazioni ha censito e inserito nella blacklist 1.641 siti pedopornografici, 28.063 sono in totale quelli conosciuti. «Hanno tutti i server all'estero – spiega il direttore della Polposta Antonio Apruzzese – in Italia ce ne sono pochi, quando li troviamo li sequestriamo e chiudiamo». Le persone arrestate dal servizio della Polizia che sonda la Rete sono state 55, mentre 344 sono state denunciate. Inoltre ci sono state 430 perquisizioni. «Stiamo verificando che molto spesso gli adulti in Rete si fingono minori per iniziare contatti con gli adolescenti», ha detto in una conferenza stampa alla vigilia del Safer Internet Day, la giornata voluta dalla Commissione Europea per la sicurezza dei giovani in Rete. «Il web è qualcosa di nuovo e rivoluzionario, è un mondo in cui siamo dentro, dobbiamo trovare delle regole di utilizzo», ha aggiunto mettendo in guardia gli adolescenti: «Dà ai ragazzi la sensazione di poter parlare al mondo, senza farsi vedere. Ma devono capire che non è sempre possibile nascondersi, che la sciocchezza fatta su Internet diventa mondiale». Il computer dà la sensazione di rimanere invisibili e anonimi, ma non è così: «Solo apparentemente ci si può nascondere. Fare i furbi in Rete per esempio rubando i dati, essere molesti nei confronti dei propri compagni o parlare con degli sconosciuti non significa farlo in un altro mondo». «Zingaretti non può cancellare il centro trasfusionale di Formia» 6 Secolo d’Italia Redazione «Il centro trasfusionale di Formia deve essere salvato. Lʼassemblea pubblica che si è svolta a Formia, a cui oltre me hanno partecipato tantissimi cittadini, il sindaco, operatori, consiglieri comunali, ha messo in evidenza, ancora una volta, il ruolo strategico che il centro rappresenta per la sanità non solo nel comprensorio ma nell'intera provincia di Latina, contribuendo a garantire servizi efficienti in tutto il Lazio». Lo dichiara il consigliere di Forza Italia alla Regione Lazio Giuseppe Simeone, che spiega: «Il centro trasfusionale dellʼospedale “Dono Svizzero" di Formia è unʼeccellenza che offre servizi qualificati ad oltre 120 persone affette da patologie molto gravi che richiedono, anche ogni due giorni, una trasfusione. È il punto di riferimento per un bacino di migliaia di utenti, tra cui tanti malati oncoematologici o che necessitano di terapie specifiche come la salassoterapia. È il punto nevralgico per servizi di emergenza come per esempio Medicina, Rianimazione, Ostetricia, Ginecologia, Dialisi, Cardiologia e Chirurgia del Dea di I livello di Formia, dellʼospedale “San Giovanni di Dio" a Fondi, del presidio di Gaeta e della clinica “Casa del Sole" di Formia. La chiusura del centro, come chiaramente indicato nella delibera che assegna gli obiettivi da raggiungere ai direttori generali delle Asl, dovrebbe avvenire entro tre mesi, creando disagi evidenti a tutti i pazienti che dovrebbero affrontare un viaggio quasi quotidiano di circa 100 chilometri per raggiungere, con tutte le incognite della viabilità, il centro dellʼospedale “Santa Maria Goretti" di Latina con aggravi sia per le famiglie che sul piano economico a carico di chi sta già affrontando una situazione difficilissima. Lʼassemblea a chiusura dei lavori ha dato mandato al sindaco e al presidente Zingaretti di chiedere un incontro urgente a cui siano presenti il direttore generale della Asl di Latina, Michele Caporossi, e i quattro consiglieri regionali della provincia di Latina per definire tutte le azioni necessarie volte a valorizzare e mantenere operativa la struttura. Il nostro obiettivo deve essere far comprendere al presidente Zingaretti i disagi ed i disservizi che la chiusura del centro trasfusionale di Formia comporta per i pazienti affetti da patologie estremamente gravi e per le loro famiglie e, insieme, procedere alla modifica di quanto previsto dal decreto 480 e dai successivi atti che ne impongono la chiusura». Redazione «Bene l'intervento del cardinale Scola, che ha posto l'accento sulla necessità di un nuovo umanesimo. Mettere al centro l'uomo significa anche impegnarsi per una solidarietà concreta. Il cardinale sa che la Lombardia e Milano conoscono il valore dell'accoglienza. Sa che Milano è una città che ha sempre aperto le braccia a chi proviene da altre regioni e da altri Paesi, una città tradizionalmente ospitale, che integra e accoglie. Lo dimostrano i numeri del recente Rapporto Immigrazione Caritas Migrantes 2013: quasi un quarto (23%) degli stranieri presenti in Italia si trova in Lombardia». Lo afferma Riccardo De Corato, capogruppo di Fratelli d'Italia in Regione e vicepresidente del Consiglio comunale, a commento dell'intervento del cardinale Scola in Consiglio regionale. «Siamo la Regione con la più alta presenza di stranieri, con oltre un milione di presenze – continua De Corato – A Milano gli stranieri regolari sono 261.412, con un'incidenza sul totale della popolazione del 19%. Sono dati che il cardinale conosce, così come conosce la disponibilità dei lombardi e dei milanesi. Ma, quando il fenomeno dell'immigrazione diviene ingestibile a causa del numero soverchiante di stranieri, a causa della crisi, a causa del venir meno di occasioni di lavoro per tutti, non solo per gli immigrati, allora nascono tensioni sociali che mettono a rischio la stessa convivenza civile. Ricordo che in Lombardia ci sono 90mila clandestini, 23mila solo a Milano. Nelle periferie il rapporto tra italiani e stranieri è di uno a dieci. Sono soprattutto gli anziani e i meno abbienti a sobbarcarsi la parte più difficile in fatto di integrazione. Piuttosto che offrire condizioni di vita non dignitose, è preferibile da un lato regolare i flussi e dall'altro aiutare gli immigrati nei loro Paesi. Non si tratta di essere intolleranti o egoisti – conclude De Corato – si tratta semplicemente di affrontare il tema con razionalità e senza ipocrisia». De Corato: Milano accoglie gli immigrati ma è necessario regolare i flussi MARTEDì 11 FEBBRAIO 2014 Anche il Consiglio di Stato contro la nomina alla Asl di Frosinone Redazione «Una recentissima pronuncia del Consiglio di Stato (dec. n.300 del 22 gennaio 2014) ribadisce che la Fondazione Policlinico Tor Vergata deve essere considerata un soggetto di diritto privato. E quindi, oltre al presidente Zingaretti (dichiarazione espressa il 19 novembre 2013 in Consiglio regionale), anche la magistratura afferma che si ha a che fare con un ente di diritto privato. Ne consegue, semmai ci fossero stati dubbi, che le perplessità sollevate in merito alla nomina della dottoressa Mastrobuono presso la Asl di Frosinone risulterebbero più che fondate, avendo ricoperto negli ultimi due anni incarichi in enti di diritto privato, quale appunto è la Fondazione Policlinico Tor Vergata. Dunque quella nomina, violando lʼarticolo 5, comma 1, del decreto legislativo 39/2013, deve essere immediatamente revocata per inconferibilità», così dichiara Fabrizio Santori, consigliere di La Destra alla Regione Lazio e componente della commissione Salute. «Dieci giorni fa abbiamo rivolto le prime cinque domande al presidente Zingaretti e al dottor D'Amato, responsabile della cabina di regia sulla sanità, in merito alle nomine del dottor D'Alba presso la Asl Roma H e della dottoressa Mastrobuono presso la Asl di Frosinone. In attesa di pubblicare le ulteriori cinque domande, ad oggi non è giunta ancora alcuna risposta, nonostante la Regione possa ormai avvalersi di numerosi consulenti e dirigenti esterni profumatamente retribuiti». Alex Britti, ingiustamente snobbato dal Sanremo di Fazio, si rifà con il tour invernale Secolo MARTEDì 11 FEBBRAIO 2014 d’Italia Priscilla Del Ninno Fazio lo snobba, e lo esclude da Sanremo, ma le piazze lo attendono con ansia. E lui, Alex Britti, si prepara al bagno di folla. «Sono una sorta di Soldini, un navigatore solitario, e sul palco canto e suono da solo. Ma faccio più casino di un intero complesso». Il cantautore romano, dunque, si sta preparando per Chitarra Voce Piede, il tour invernale nei teatri, che prenderà il via il 27 febbraio, da Brindisi, durante il quale porterà in giro l'ultimo album di inediti Bene così, uscito a giugno scorso. «Farò tutto da solo, da qui il nome del tour. Sarà uno spettacolo intimo, colloquiale. Mi piace pensare di ricreare un'atmosfera casalinga, come essere in un grande salone con gli amici», racconta Britti. E gli amici, in effetti, non mancheranno. «A seconda di dove farò tappa, chiamerò a partecipare qualcuno, per delle vere e proprie jam session». A Roma, il 6 marzo, ad esempio, ci dovrebbero essere Pier Davide Carone, Stefano Di Battista e il comico Dado. Del resto, nel curriculum di Alex le collabo- razioni non si contano più: da Joe Cocker a Pavarotti, da Patti Smith a Edoardo Bennato, solo per citarne alcuni. E allora Soldini, che fine fa? «Be', quando si naviga, ci si ferma anche in porto per cena. E in mare si incontrano anche altre barche. La navigazione non è fine a se stessa». E allora, tra le “barche” che Britti ha incontrato, c'è anche Bianca Atzei. Nel toto-nomi che ha preceduto l'ufficializzazione dei 14 big del prossimo Sanremo, la loro coppia artistica era data quasi per certa. «È vero, abbiamo un pezzo che uscirà a fine febbraio, Vero mai. Lo abbiamo presentato a tante trasmissioni, Sanremo compresa. Ma non è stato selezionato. Se mi dispiace? Non tanto – ammette candidamente –. Al festival tornerò un'altra volta. Per questa edizione evidentemente non ero allineato. Fazio? Una figura un po' strana, lontana dai miei gusti». Così, in attesa del Sanremo che verrà, Britti si concentra sul tour. «Sono un cantante pop, ma suono jazz e blues. E utilizzerò la tecnologia, registrandomi in tempo reale e costruendo basi sonore». Per un nuovo disco, invece, bisognerà attendere: «Non pianifico – rivela Britti – altrimenti diventa routine anche il mestiere del musicista. Dopo il tour invernale ci sarà quello estivo. Poi forse potrei tornare in studio»... Gli Europei si riscoprono “pirati” per necessità: il 70% di loro scarica i film da Internet Bianca Conte La crisi – complice la pigrizia – riscrive la lista delle priorità: e il cinema finisce in fondo all'elenco. A dirlo è un sondaggio a campione realizzato dalla Commissione Europea, che evidenzia come buona parte dei suoi cittadini allora, costretta a scegliere tra frutta e verdura, tra necessità e virtù, ha imparato a ottimizzare costi e benefici. E dato che il cinema è sì, arte popolare per eccellenza, ma ormai anche intrattenimento entrato dalla porta di servizio nelle stanze della fruizione casalinga, il compromesso è fatto: piuttosto che spendere denaro in benzina, parcheggio e costo dei biglietti, il cittadino europeo smaliziato dalla recessione ha imparato ad attrezzarsi anche per il godimento dei cosiddetti beni di lusso; complice anche – va detto – un articolato modo, sempre in più in voga, di fruire dello strumento televisivo tra canali a pagamento, on demand e l'abusatissimo sistema in streaming. E l'industria di celluloide del “vecchio continente” sprofonda così, sempre di più, nel gorgo del deficit. E allora, pirati sì, ma per necessità: il 70% dei cittadini europei scarica film da Internet o se li guarda in streaming, per lo più illegalmente. Un numero «non sorprendente» per la Commissione Ue che ha effettuato lo studio, visto che, spiega Bruxelles, «mentre il pubblico ha grande interesse per i film», le sale sono spesso lontane, e l'offerta di titoli «piuttosto limitata». E l'industria cinematografica europea perde una grande occasione di introiti, quando invece «potrebbe sfruttare diversi tipi di piattaforme online di tipo commerciale per accrescere la disponibilità di film», venendo incontro ad una domanda che oggi è soddisfatta solo dal mercato illegale. Lo studio Ue sugli europei che guardano film è condotto su circa 5.000 persone tra i 4 e 50 anni in dieci Stati membri, Regno Unito, Francia, Italia, Spagna, Germania, Polonia, Croazia, Romania, Lituania e Danimarca. «L'indagine conferma che l'industria cinematografica europea non Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale Editore SECOLO DʼITALIA SRL Fondatore Franz Turchi d’Italia Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76 Consiglio di Amministrazione Tommaso Foti (Presidente) Alberto Dello Strologo (Amministratore delegato) Alessio Butti Antonio Giordano Antonio Triolo Ugo Lisi 7 sfrutta appieno le potenzialità per raggiungere un nuovo pubblico o per valorizzare i partenariati transfrontalieri», spiega la Commissione. I risultati dicono infatti che l'Europa produce oltre mille film all'anno, che per la maggior parte restano dentro i confini nazionali, e che il 68% degli interpellati scaricano film gratuitamente dalla rete. L'industria cinematografica che naviga in brutte acque, allora, forse dovrebbe imparare dalla lezione imposta dai “pirati”, e come diversificare l'offerta distributiva e la rotta attraverso cui raggiungere il più alto numero di utenti. Insomma, dovrebbe apprendere come riuscire a fare di necessità virtù... Vicedirettore Responsabile Girolamo Fragalà Redazione Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/68817503 mail: [email protected] Amministrazione Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/688171 mail: [email protected] Abbonamenti Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/68817503 mail: [email protected] La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 250