Buldrini Angelo

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Buldrini Angelo
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Buldrini Angelo nato a Esanatoglia nel 1927 rastrellato il 5 maggio 1944 a Esanatoglia
Su certe colline per paura delle ritorsioni, o perché la guerra stava per finire, ci hanno portato in
Cecoslovacchia, abbiamo camminato a piedi 4 giorni e 4 notti; mentre camminavamo per strada ogni
20 metri c'era un morto, però non erano come noi, erano ebrei; dopo abbiamo cambiato strada, chissà
quanti morti c’erano ammazzati! Forse ci avevano portato apposta per impressionarci perché ci avevano
detto che non dovevamo assolutamente fermarci perché chi si fermava era morto. Ci dicevano: "non
abbiamo l'ambulanza per i soldati nostri figuriamoci per voi!”. Siamo andati in Cecoslovacchia e mi è
successa una cosa che è un po’ da ride: noi andavamo sempre in fila, eravamo circa un migliaio; io
con un mio compagno camminavamo sempre davanti per non fermarsi perché se restavi ultimo
dicevano che ti ammazzavano. Allora entravamo dentro dei portoni per vedere se c'era qualche secchio
con qualcosa da mangiare e alla fine qualcosa mangiavamo. In città qualche signore ci buttava giù le
patate e si faceva a lotta per prendere queste patate. Dopo, quando siamo partiti, una volta, in una curva,
questa è da ride: era una collina, era in campagna, un contadino faceva i stessi gesti tutti i giorni, aveva
un piccolo allevamento di maiali. In questa curva c'erano i soldati che ci guardavano in bicicletta (erano
gli ultimi giorni della guerra); questo contadino ha lasciato i maiali con i trocchi sotto (i trocchi sono
quelli che ci si danno da mangiare ai maiali); noi ci siamo lanciati verso questi maiali e questi
cominciavano a correre da tutte le parti. Intanto noi vuotavamo i trocchi di questi maiali per trovarci
qualche pezzetto di patate; dopoché il contadino ha visto tutti questi maiali sparsi, si è messo ad urlare
in tedesco e ne ha dette di tutti i colori. Dopo sono venuti i tedeschi che hanno sparato per aria, però noi
stavamo tutti a ride. “Pure nei testicoli dei maiali siamo andati mangiare!” (ride divertito)
Io ero ancora un ragazzino e ne combinavamo tante, eravamo 6000–7000 persone e producevamo gli
apparecchi a reazione. Lavoravo in una squadra di circa 30 persone con il caposquadra. Io, un altro
amico e mio cugino partivamo dal bosco e andavamo a dormire nella baracca. La sera però ti davano un
cartellino, l’ausweis e, se tu non eri lì la sera, non ti davano da mangiare il giorno dopo, perché in
questo cartellino ci mettevano un bollino per mangiare. La sera noi passavamo dal bosco e andavamo in
questa baracca e non se ne accorgeva quasi mai nessuno, però ogni tanto ci pescavano; una volta ci
pescò, io e mio cugino. In questa baracca c'erano 2 porte, un piccolo atrio, poi c'era la seconda porta:
tutto ad un tratto sentiamo che un guardiano apre la porta, io mi ero messo dentro l'armadio e mio
cugino si era messo sotto la branda; il guardiano che aveva sentito qualche rumore si era immaginato
che dentro la baracca ci fosse qualcuno e cominciò ad aprire le ante dell'armadio, quando ha aperto
l’anta dove stavo io, ha visto a me dentro l'armadio, aveva quelle crocchie vetriose, m’ha dato una botta
così forte che m’ha fatto cascà in ginocchio, poi aveva anche una rivoltella e mi ha detto “fai uscire il
tuo amico” (gli uscivano fuori i piedi dalla branda). Dopo ci ha portato nella baracca del capo, il
gauleiter, come lo chiamavano, che andava sempre menando; per prenderne di meno, una volta passavo
davanti io a lui, una volta passava lui davanti a me. Ci ha chiesto perché eravamo scappati e ci siamo
inventati che eravamo malati, perché quando uno è malato deve passare la visita; allora è venuto uno
che aveva un nervo nero, lo ha messo sopra il tavolo e ci ha detto "questo è per voi". A noi non ci
importava niente delle botte che ci davano, il terrore nostro era il campo di punizione. Dove andavamo
a lavorare c’era un campo di punizione con le SS Belga. Queste SS, quando passavamo noi per andare a
lavorare, avevano i cani poliziotti e a quelli che stavano lì in punizione, gli tagliavano, può darsi i
capelli, a mezza testa, mezza barba e gli lanciavano contro i cani o gli tiravano sassi; questo era
appunto il nostro terrore. Questo capo mi ha messo un banchetto, mi ha fatto mettere a torso nudo, in
ginocchio e poi con il nervo m’ha dato una ventina, trentina di frustate, non le contavo neppure più, ma
non mi importava. Invece quando si è messo mio cugino, dopo un po’ si è alzato su. Al capo gli ha
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fatto rabbia, gli ha dato una botta su un orecchio, io le avevo prese alla schiena, ma alla schiena fa
meno male e poi ci ha mandati a lavorare. La sera stessa è venuto su uno che ci ha detto: “Buldrini
Angelo e Buldrini Livio”, noi credevamo che ci portasse in un campo di punizione perché per quelle
cose portavano nel campo di punizione; io e i miei amici ci siamo messi a piangere. Io gli ho detto : “ tu
prendi la gavetta mia, prendi questo”, credevamo proprio di morire; nel campo di punizione si moriva!
Allora siamo andati nella baracca del capo per vedere se ci portavano nel campo di punizione, invece
siamo stati fortunati, altre botte! Ci dice “su la maglietta”, altre botte, poi ci ha detto di andare su un'
altra baracca, siamo andati in quest’altra baracca, c'era un barbiere italiano, ci ha tagliato i capelli a
zero, (ci aveva lasciato un ciuffo) e avevamo dieci giorni di punizione e non potevamo portare il
cappello per far vedere a tutti che eravamo in punizione, (a noi però non interessava niente, non ci
pettinavamo neppure più). Dopo ci ha detto "tutte le sere quando avete finito di lavorare venite giù e
segate le legne per noi”. Noi però in fondo eravamo contenti perché avevamo scampato il campo di
punizione. Però la mattina dopo (si vede che quando siamo andati a lavorare al capo nostro gli aveva
detto che c'erano due puniti che non potevano portare il cappello) lui stava dentro la baracca dove
stavano gli attrezzi per lavorare, quando ci ha visti ci ha detto “venite”. Entrati, noi ce lo
immaginavamo che questo qui ci voleva menare, mio cugino è scappato di corsa e non l’ ha preso, io
invece sono stato più lento, mi ha dato una pedata (però non mi interessava molto). Un’altra volta,
avevamo rubato un paio di scarpe: avevamo gli zoccoloni bucati, dovevano darceli nuovi ma non so
perché, quel tedesco che doveva darceli, mi aveva preso in antipatia e non voleva darmeli, c’era un
buchetto, diceva che non erano ancora tanto bucati e, siccome io insistevo, mi ha dato uno schiaffo. La
notte abbiamo visto certi tedeschi che si spogliavano, portavano tutti giacconi, avevano messo la
chiave su un pino con un chiodo; noi con uno di Perugia abbiamo detto : “dai, andiamo a vedere se c’è
qualcosa da mangiare, può darsi che troviamo qualche pezzo di pane”. Siamo andati su e non c’era
niente e abbiamo portato via questo paio di scarpe, era un sabato, la domenica è venuto il capo “qui,
due hanno rubato un paio di scarpe” - si vede che quelli la domenica, lavoravamo anche la domenica,
andando a casa, non avevano più trovato le scarpe - “io non voglio sapere neppure chi l’ha rubate,
questo era un tedesco bravo, basta che le andate a prendere e le riportate a posto.” I paesani nostri
avevano paura, pensavano “domani mattina viene su la Gestapo, mena a tutti!” I compagni nostri, non
gli andava di prendere le botte per noi altri. Si erano accorti che le avevamo rubate noi. Ci hanno detto
di andare a prenderle. Siamo andati a prenderle, l’abbiamo rimesse a posto e poi siamo scappati e siamo
andati a dormire. La mattina, di notte lavoravamo, invece è venuto mio cugino “Corri, corri, va’, va’..
voi due, se non dite chi è stato, lo dice alla Gestapo, vi ammazza, c’è il capo che vi aspetta”. Perché,
come dico, ci dovevano dare l’ausweis, il bollino per mangiare. Siamo corsi e siamo ritornati nella
baracca. Questo qui ci ha detto: “Non c’è niente da fare ragazzi, qui in Germania per un paio di scarpe
vi ammazza!” Ci siamo messi a piangere un’altra volta, non sapevamo che lo diceva per scherzo,
l’unico tedesco buono che avevamo trovato! “Che facevi il ladro tu in Italia?” “ Ma che ladro, avevo le
scarpe tutte sfondate, un altro paio non me le dava!” “allora non c’è niente da fare, sono obbligato dalla
Gestapo, vi ammazzano..” e piangeva anche quell’altro, si chiamava Viola, mi ricordo .. Allora c’erano
tutti manichi de pala… gli ho detto “mename tu, basta che non lo dici alla Gestapo”. Gli ho fatto
talmente pena… stavamo in ginocchio, m’ ha accarezzato sui capelli e m’ha detto “non sa niente
nessuno, via, vai.” L’unica volta che ho trovato un tedesco bravo…. Sono rimasto a bocca aperta.
Un’altra volta ho visto una cosa terribile, ci hanno portato nel lager 7, era il giorno di Pasqua, vicino a
noi c’era un morto, siamo andati giù dal capo a dirgli di portarlo via. Ci ha risposto “mo’ veniamo”,
ma… era sera e non era venuto nessuno, siamo ritornati giù a dirglielo. Ci ha mandato su due italiani, ci
hanno detto “aiutateci a metter su questo morto,” lo abbiamo messo su una barella e siamo andati ad
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una baracca, un italiano aveva la chiave, era un collaboratore senz’altro, apre: dentro c’era una buca
grossa, c’erano tutti morti, lo abbiamo buttato giù. Ma guarda cos’è! Per non farci vedere dove
buttavano i morti! L’avranno bruciati, tutti questi morti! Noi la baracca, la vedevamo tutti i giorni,
non pensavamo mai che fosse una tomba per quelli che morivano. Me ne sono successe
tante….Un’altra volta… pure per fare un bisogno ho preso un sacco di nerbate! Avevano fatto dei
carretti per facce fare i bisogni, però erano pieni, non ci si entrava più. Poco distante ho visto dei
gabinetti bianchi, bianchi, belli puliti, vado - noi eravamo pieni di pidocchi - quando esco entrava uno
della Gestapo, era un gigante, le bastonate che m’ha dato! Dopo m’ha lasciato. Però, per dire, ho preso
le botte anche per fare un bisogno……! Però ero un po’ irrequieto, qualche volta li mandavo a quel
paese, loro lo capivano e ti riempivano di bastonate, così prendevo qualche botta che potevo evitare.
Quando ci hanno portato in Cecoslovacchia, ho visto uno di Matelica morire. Siccome quando
passavamo in città (abbiamo camminato 4 giorni e 4 notti) le donne ci buttavano giù qualche patata,
tutti avevano 4-5 patate in tasca e, quando ci facevano riposare, andavamo sui pini a prendere dei
rametti secchi per accendere un focherello per metterle a cuocere; eravamo sempre in due, io avevo un
compagno che è morto, era montato su lui, io stavo sotto a raccogliere ‘ste fraschette, mi giro, vedo un
tedesco con un fucile, ci guarda come se non sapesse chi scegliere. Allora ho detto all’amico “scendi,
scendi”, l’amico è sceso, s’è girato, pahhh! ha ammazzato l’amico mio di Matelica!……Si moriva così,
stupidamente. Quando andavamo a lavarci, c’erano tutti tubi lunghi, eravamo 6000-7000 persone, gli
ultimi tempi c’erano 7-8-9 morti tutti i giorni. Per la fame un amico mio è morto. Siccome ci davano un
pezzetto di pane la sera, noi lo dividevamo: un pezzetto per la sera, un pezzetto per la mattina, lui era
tanto grosso, si chiamava Chiappa Italo, non ce la faceva, allora la mattina guardava noi altri….lì
diventi egoista per la fame. Anche se si tratta di tuo fratello non gli dai un pezzetto di pane, non
dai niente a nessuno. Diventi egoista! Guardi sempre per terra per trovare qualcosa, dalla fame!
Lì diventi egoista. Quello non ce la faceva più; il cugino gli disse : “Facciamo così: dividiamo solo
una razione, l’altra la nascondo nell’armadietto, così domani mattina la prendiamo e la dividiamo”. E’
durato 5 o 6 giorni, dopo si è messo a piangere: “voglio il pane mio, il pane mio!” dopo 5 - 6 mesi è
morto di fame. Stavamo a lavorare, è venuto su un tedesco, ha detto: “chi è Chiappa Giuseppe?” “Sono
io”. “E’ morto tuo cugino”. Ha chiesto “Dove sta?” . Li portava in un cimitero che aveva le fosse
comuni, mica poteva andare il cugino!
Come e quando fu rastrellato?
Io fui rastrellato ad Esanatoglia perché ci fu la fucilazione di 2 persone, perché aveva ammazzato due
tedeschi, due ufficiali della SS venuti alla conceria per prendere alcune pelli. I partigiani di Esanatoglia,
quando hanno saputo dei due tedeschi, sono andati per ammazzarli, uno l’hanno ammazzato nella
conceria, un altro ha saltato un ponte, lu Cascu. Quando questo ha saltato il ponte (io c’ero, non ero
partigiano per carità, c’erano gli slavi […] s’è rotto le gambe, ha tentato di alzarsi su, c’era uno slavo,
gli ha detto “muori canaglia” ta…ta..ta… Dove nasce il fiume Esino.
Per questo motivo, sono venuti i tedeschi il primo aprile e hanno fatto un rastrellamento, ci hanno detto
“dalla classe del ’27- 28, fino a 80-90 anni tutti in piazza”; avevano ucciso anche un ragazzo di
Esanatoglia, a Lentino, in campagna, che si era messo con i partigiani.
Avevano diviso: c’era la chiesa con la piazzetta, avevano diviso 2 o 3 da una parte, 3 o 4 da un’altra, ne
dovevano ammazzare 20, secondo la legge (10 per ogni tedesco ucciso), invece ne hanno ammazzati
soltanto due. Io ero un ragazzino, erano mischiati tedeschi e fascisti! Stavo lì, guardavo, io stavo a
vedé i fucili di questi, tutto potevo pensare che fucilasse questi (c’era il corso, il muro, la piazzetta della
chiesa), non stavano in fila, per non dare sull’occhio a noi, perché tutta Esanatoglia era su quella piazza.
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Allora un ufficiale fascista ha detto “Se voi date da mangiare ai partigiani - ha fatto saltare 3 case faremo saltà tutta Esanatoglia, e in più per far vedere che dalle parole passeremo ai fatti, fucileremo il
signor Ubaldini Paolo e Pistola Guido”. Hanno sparato, io li ho visti: uno se non lo ammazzava moriva
lostesso, un altro ha detto “pora famiglia mia!” poi l’hanno crivellato di colpi, è caduto giù, dopo hanno
preso i carri e sono scappati via; i morti li abbiamo portati all’ospedale e dopo un po’ di giorni è venuti
su e ci hanno detto “vi porteremo a lavorare”, mica dicevano che ci portavano in Germania. “Chi non si
presenta dal ’27 in poi gli faremo saltare le case”. Ci siamo presentati a Matelica, ci hanno portato a
Sforzacosta, andavano per ordine alfabetico, io sono stato uno dei primi, perché poi a Sforzacosta è
stato bombardato e alcuni sono scappati via, io allora stavo già in Austria.
A Che tipo di lavoro era destinato e come si svolgeva la giornata?
I primi giorni ci faceva lavorà, ci faceva riposà la domenica, dopo non c’era più domeniche, si lavorava
sempre, anche di notte si faceva i turni.
Che tipo di lavoro?
Lavoro di manovalanza, con un piccu e una pala, facevamo le strade. Le massicciate. Una volta man
mano che si facevano le strade, sono rimasto solo, il capo mi aveva detto: “quando finisci qui raggiungi
gli altri” che intanto erano andati avanti; io mi ero mezzo addormentato, è venuto su un tedesco, io non
mi ero accorto, m’ha dato uno schiaffo, m’ha dato una botta con il picco, 4 botte, m’è uscito il sangue
dai denti, dalle labbra. Dopo io ci pensavo, per quanto ero ragazzino, ci pensavo “Ma questo, se ha la
famiglia, che glie racconta? Oggi, un ragazzino, perché non lavorava, gli ho dato una botta qui?!
L’episodio che l’ha colpito di più o che ricorda più di ogni altro?
Quando m’ha tagliato i capelli a croce, che pensavamo che ci portasse al campo di punizione, il campo
di punizione era terribile. Quando passavamo c’erano le SS belga, vestite di nero, essi si facevano
vedere quando passavi, i campi li potevi vedé bene, stavano un po’ più in alto; allora essi, per
intimorirci, quando passavamo ci lanciavano i cani lupo oppure si spassavano a tirare i sassi, quello era
il terrore più grande, difficilmente esci vivo; io me l’ho scampata 2-3 volte, eravamo vicino a
Buchenwald, 20 km, il campo di sterminio. La paura nostra erano i campi di punizione, difficilmente ti
salvavi.
Come fu liberato?
Stavamo in una città tedesca Eisenach, a un certo punto i tedeschi ci hanno lasciato. Ci siamo svegliati
una mattina in Cecoslovacchia, ci siamo ritrovati in una conca e non sapevamo di essere in
Cecoslovacchia, non eravamo usciti mai di casa, urlavano : “ non c’è più i tedeschi, non c’è più i
tedeschi. Dopo, quando incominciavamo a camminare per i paesi per chiedere l’elemosina, si mangiava
abbastanza bene, non ti maltrattavano, con i cecoslovacchi. Dopo però i cecoslovacchi ci hanno messo
in un campo di concentramento; dopo abbiamo capito che eravamo fuori dalla Germania perché c’erano
i militari con la stella rossa, erano i russi, ecco come abbiamo capito di essere in Cecoslovacchia.
I Cecoslovacchi ci hanno messo in un campo di concentramento perché un interprete ci ha detto che
avevano messo gli italiani dentro una fabbrica, però questi italiani avevano venduto tutti i macchinari
alle famiglie cecoslovacche, allora ci hanno messo in questi campi, prigionieri, però ci davano da
mangiare. Dopodiché siamo riusciti a scappare e siamo ritornati in Germania ed un giorno per strada si
ferma una camionetta, erano americani. Noi stavamo tornando in Italia, avevamo una carrozzella dei
bambini, non sapevamo neanche dove stavamo andando. In questa camionetta, uno era di origine
siciliana e ci ha detto: “se voi andate così, quando arrivate a casa?” Ci hanno fatto aspettare, poi ci sono
venuti a prendere e ci hanno fatto stare in un teatro. Siamo stati 4 giorni sotto gli americani, 4 giorni
sotto i russi, il fronte non procede parallelo, si erano divisi le frontiere, poi piano piano i russi ci hanno
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portato su una tradotta in mezzo ad una campagna, poi finché non arrivavano gli americani, i russi non
ci facevano partire. Siamo stati 18 giorni in viaggio dentro un treno, ma ci davano da mangiare
Il ricordo più bello?
Quando quel tedesco mi disse che non aveva detto niente a nessuno, mi ricordo che mi accarezzò i
capelli….Io quel tedesco lo avrei fatto venir in Italia. ‘mo è morto, ho 75 anni io, quello ne aveva una
quarantina..
Il ricordo più brutto?
Ne ho tanti, ma quando mi tagliarono i capelli a croce, la paura del campo di concentramento, 10 giorni
di punizione, senza cappello, senza niente.