università politecnica delle marche analisi della sostenibilità socio

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università politecnica delle marche analisi della sostenibilità socio
UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE
DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE, ALIMENTARI ED AMBIENTALI
Scuola di Dottorato di Ricerca in Scienze Agrarie
CURRICULUM
GESTIONE SOSTENIBILE DEI SISTEMI COLLINARI E MONTANI
Ciclo XIII
Settore scientifico disciplinare: AGR/01 Economia ed Estimo Rurale
ANALISI DELLA SOSTENIBILITÀ SOCIOECONOMICA ED AMBIENTALE DEI
BIOCARBURANTI NEL CONTESTO EUROPEO E
BRASILIANO
Biofuels and Sustainability:
Analysis of Socio-Economic and Environmental Impacts
in the European and Brazilian context
Coordinatore del curriculum GSCM
Chiar.ma Prof.ssa Adele Finco
Tesi di dottorato di:
Tutore accademico:
Dott.ssa Deborah Bentivoglio
Chiar.ma Prof.ssa Adele Finco
Esame finale A.A. 2014-2015
Abstract
Negli ultimi anni la produzione e il consumo dei biocarburanti sono aumentati a
livello globale. Tale incremento è stato incentivato soprattutto grazie al supporto e
agli incentivi adottati dai vari Paesi promotori finalizzati alla riduzione delle
emissioni di gas serra e alla sicurezza energetica.
Ad oggi il mercato globale è dominato dall’etanolo (79%) e dal biodiesel (21%). In
particolare, l'Unione Europea domina il mercato del biodiesel mentre il Brasile è il
più grande produttore ed esportatore mondiale di zucchero, nonché il più grande
produttore al mondo e consumatore di etanolo da canna da zucchero per il settore del
trasporto.
Tuttavia, recentemente, sono state sollevate incertezze relative alla reale sostenibilità
dei biocombustibili, sia dal punto di vista ambientale che socio-economico. Accanto
ai dubbi relativi alle loro performance in termini di riduzione di emissioni di GHG
rispetto ai combustibili fossili, sono emerse critiche relative all’impatto che tali
biocarburanti hanno sull’utilizzo del suolo (ILUC), sulla perdita di biodiversità e
sull’aumento dei prezzi dei mercati delle commodities agricole usate come materie
prime per la loro produzione.
A tal proposito, la ricerca condotta si inserisce a pieno all’interno di tale dibattito e si
pone l’obiettivo di valutare la sostenibilità ambientale e le implicazioni socioeconomiche della produzione di biocombustibili nel contesto europeo che in quello
brasiliano, soffermandosi in particolare sull’analisi econometrica dei prezzi delle
commodities agricole utilizzate come materie prime di origine.
Al fine di valutare la sostenibilità ambientale è stata applicata un’analisi
multicriteriale grazie all’applicazione di uno studio meta-analitico volto ad
identificare i criteri ambientali per la stima dell’impatto della filiera biodiesel. Lo
scopo è stata quello di individuare l’alternativa migliore tra le diverse tipologie di
biomassa utilizzata per la produzione del biodiesel in Europa (olio di colza, di
girasole, di palma e di soia).
La valutazione della sostenibilità socio-economica è stata invece effettuata tramite
l’analisi delle serie storiche e la successiva applicazione di un modello a correzione
di errore (VECM) al fine di verificare se i prezzi delle commodities agricole, (olio di
colza nel contesto europeo e zucchero nel contesto brasiliano) siano influenzati dai
prezzi dei biocombustibili di riferimento, quali biodiesel ed etanolo, e viceversa. Tale
relazione è stata studiata anche in relazione al combustibile fossile di riferimento,
ossia la benzina (o gasolina) per il Brasile e il diesel per l’Europa.
Sintetizzando i risultati, per quanto riguarda l’impatto ambientale, dall’applicazione
multicriteria, si evince che nel caso in cui si considerino prioritari i criteri di
sostenibilità ambientale, la soluzione migliore a livello europeo sarebbe quella del
biodiesel da olio di girasole. Tale soluzione risulterebbe molto interessante per
l’Europa e in particolar modo per l’Italia. Tuttavia la filiera del girasole risulta
inaccessibile dal punto di vista economico aziendale. Va da sé che nell’ipotesi in cui
si consideri prioritario il criterio economico, la produzione di biodiesel da olio di
palma, di derivazione estera, risulterebbe la soluzione migliore, creando squilibri dal
punto di vista ambientale e in particolare di cambiamento di uso del suolo (ILUC).
I risultati dello studio socio-economico tramite l’analisi delle serie storiche indica,
ceteris paribus, che i prezzi dei biocarburanti sono influenzati soprattutto dai prezzi
delle materie prime anche se emerge con chiarezza che le variazioni dei prezzi dei
biocarburanti non influenzano in misura sostanziale i prezzi degli alimenti.
1
Abstract
The last decade has seen a rapid increase in the production and consumption of
biofuels at global level. This development has been especially stimulated by policy
as a means to promote energy security and to reduce the emissions of greenhouse
gases. Nowadays, world biofuel markets are dominated by ethanol (79%) and
biodiesel (21%). In particular, Biodiesel market is dominated by the European
Union, at the same time Brazil is the world’s biggest sugar producer and exporter, as
well as the world’s largest producer and consumer of sugarcane ethanol as a
transportation fuel.
However, several authors have recently raised concerns about the environmental
benefits and social-economic implications of biofuels production such as underlying
uncertainties over the life cycle emissions of greenhouse gas emissions (GHG),
possible deforestation for feedstock production, degradation of soil (ILUC) and air
quality, increased water consumption, possible loss of biodiversity, possible
competition with food production, and other potential social imbalances.
The aim of this work is to investigate the impacts of biofuels on the environmental
aspects and food prices in the European and Brazilian context.
In order to assess the environmental performance this work aims to identify
environmental criteria in order to evaluate the impact of the entire biodiesel
production chain thought an exploratory meta-analysis of international scientific
research. The information from the meta-analysis enabled the design and
implementation of a multi-criteria methodology to define the best alternative
between different agricultural raw materials used for biodiesel production (rapeseed
oil, sunflower oil and palm oil) according to the principles of sustainability expressed
by current EU policy.
In order to explore relationship between food commodity and biofuel prices a time
series models is used. In particular, both the impact of EU biodiesel prices on diesel
and rapeseed oil prices and Brazilian ethanol prices on sugar and gasoline prices are
investigated using a vector error corrections model (VECM).
The multi-criteria shows that from an environmental perspective the best solution at
European level is biodiesel production based on sunflower oil. This solution would
be very interesting for Europe and especially for Italy. However, the sunflower chain
is not feasible from the economic point of view, especially for the biodiesel
company. In fact, if the economic aspect is priority, the palm oil from Malaysia is the
best alternative.
Finally, the results from the time series analysis suggest that biofuels prices are
mainly affected by feedstock prices, but there is no strong evidence that changes in
biofuels prices affect food prices, for the market and time period considered.
2
3
Indice
Indice
Indice ................................................................................................................................ 4
Introduzione .................................................................................................................. 10
I PARTE: OVERVIEW SUL SETTORE DEI BIOCOMBUSTIBILI .................... 13
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti ................................................................................................................. 14
1.1 I biocarburanti: definizione ...................................................................................14
1.2 Filiera biodiesel e filiera etanolo ............................................................................16
1.3 La produzione e il consumo mondiale dei biocombustibili .................................18
1.3.1 La produzione e il consumo dell’etanolo: lo scenario Brasiliano...................21
1.3.2 La Produzione e il consumo del biodiesel: lo scenario Europeo ....................27
1.4 La Produzione e il consumo del biodiesel nel contesto italiano ..........................35
1.5 Il mercato delle materie prime per la produzione di biodiesel ed dell’etanolo .39
1.5.1 Il mercato degli olio vegetali ..........................................................................39
1.5.2 La canna da zucchero......................................................................................49
1.6 Il costo di produzione e il prezzo dell’etanolo e del biodiesel .............................53
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti .......................... 67
Introduzione ..................................................................................................................67
2.1 Le politiche ambientali per le fonti rinnovabili e i biocombustibili in Europa .68
2.1.1 La Direttiva 2009/28/CE – Renewable Energy Directive (RED) ...................71
2.2 Strumenti politici per i biocarburanti in Europa ................................................76
2.3 Sistema di certificazione per i biocarburanti .......................................................78
2.3.1 Comunicazione della Commissione n. 2010/C 160/01 del 19 Giugno 2010 ..79
2.3.2 Comunicazione della Commissione n. 2010/C 160/02 del 19 Giugno 2010 ..79
2.3.3 Decisione della Commissione n. 2010/335/UE del 10 Giugno 2010 .............80
2.4 Comunicazione ILUC: COM(2012) 595 ...............................................................82
2.5 Breve quadro normativo del biodiesel in Italia ....................................................85
2.6 La politica Brasiliana sull’etanolo e sul biodiesel ................................................91
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche ..................................................................................... 95
Introduzione ..................................................................................................................95
3.1 L’impatto ambientale dei biocombustibili ............................................................96
3.1.1 Cambiamento d’uso del suolo ........................................................................97
3.1.2 Emissioni di Gas ad Effetto Serra (GHG) ....................................................102
4
Indice
3.1.3 Biodiversità ...................................................................................................105
3.1.4 Acqua ............................................................................................................107
3.2 L’impatto economico-sociale dei biocombustibili e la volatilità dei prezzi nel
settore agricolo ............................................................................................................112
3.2.1 Interazione tra settore agro-energetico e mercato delle commodities
agricole ..................................................................................................................116
3.3 Sostenibilità e criteri di sostenibilità secondo la normativa Europea ..............122
3.3.1 Breve excursus sulla normativa italiana in materia di sostenibilità ..............126
3.4 Le iniziative di certificazione della sostenibilità per i biocarburanti ...............128
3.4.1 Altre iniziative ..............................................................................................133
II PARTE: BACKGROUND METODOLOGICO: materiali e metodi ................ 137
Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima dell’impatto ambientale 138
4.1 L’analisi multicriteria: definizione......................................................................138
4.2 La meta-analisi come supporto all’analisi multicriterio ...................................146
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche ................................................................... 148
5.1 L’analisi delle serie storiche .................................................................................150
5.1.1 L’approccio classico .....................................................................................150
5.1.2 L’approccio moderno....................................................................................153
5.2 Il processo stocastico: definizione e caratteristiche ...........................................153
5.2.1 L’autocovarianza e la relativa funzione di autocorrelazione ........................157
5.3 I processi stocastici stazionari ..............................................................................158
5.4 Modelli non stazionari e processi integrati .........................................................159
5.5 Test per la verifica dell’ipotesi di stazionarietà .................................................161
5.5.1 Il test di Dickey-Fuller (DF) e di Dickey-Fuller aumentato (ADF) .............162
5.5.2 Il test di Phillips-Perron (PP) ........................................................................163
5.5.3 Il test di Kwiatkowski-Phillips-Schmidn-Shin (KPSS) ................................163
5.6 Processi multivariati .............................................................................................163
5.7 La cointegrazione e i processi cointegrati ...........................................................166
5.7.1 Modelli ECM (Error Correction Mechanism) ..............................................167
5.7.2 Test per la verifica della presenza di coitegrazione ......................................168
5.8 Processi a volatilità persistente: modelli ARCH e GARCH .............................170
5.8.1 Il concetto di volatilità ..................................................................................172
III PARTE: CASI DI STUDIO.................................................................................. 175
Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel .............. 176
5
Indice
6.1 La meta-analisi comparativa ...............................................................................177
6.2 L’analisi multicriterio...........................................................................................182
6.3 Risultati dell’analisi ..............................................................................................187
6.4 Discussione dei risultati ottenuti ..........................................................................190
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato ........................................................................................................................ 193
Introduzione ................................................................................................................193
7.1 Le fonti dati: Descrizione e costruzione delle variabili utilizzate .....................193
7.2 I test di stazionarietà sulle serie storiche del biodiesel e dell’etanolo ..............198
7.3 L’analisi di cointegrazione ...................................................................................199
7.4 Stima del modello a correzione di errore (VECM model) ................................201
7.5 Analisi dinamica: decomposizione della varianza e funzione di impulsorisposta .........................................................................................................................204
7.5.1 L’effetto dei biocombustibili sul mercato energetico e sulle commodity
agricole ..................................................................................................................211
Discussione e Conclusioni ........................................................................................... 218
Allegato 1: Studi considerati nella meta-analisi ....................................................... 226
Allegato 2: Questionario AMC .................................................................................. 229
Appendice 1: Test di stazionarietà ............................................................................ 231
Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a correzione di errore
(VECM)........................................................................................................................ 243
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza .............................................................................................................. 252
Bibliografia .................................................................................................................. 274
Sitografia...................................................................................................................... 295
RINGRAZIAMENTI.................................................................................................. 297
6
“L’uomo deve perseverare nell’idea che l’incomprensibile sia comprensibile;
altrimenti rinuncerebbe a cercare.”
(J. W. Goethe)
7
8
Alla mia mamma e al mio papà
perché il loro ricordo non mi abbandoni mai
9
Introduzione
Introduzione
In questi ultimi anni l’attenzione verso i problemi energetici ed ambientali sono
aumentati soprattutto come conseguenza del crescente aumento alla domanda di
energia, soddisfatta prevalentemente da risorse energetiche primarie non rinnovabili
di origine fossile che sono responsabili dell’emissione in atmosfera dei gas serra
(GHG). In tale contesto, è divenuto crescente l’interesse per le fonti rinnovabili, sia
per far fronte al calo delle risorse fossili e all’instabilità dei prezzi, sia agli effetti dei
cambiamenti
climatici
in
corso,
i
quali
impongono
un
forte
impegno
nell’intraprendere tutti gli interventi possibili per ripristinare condizioni di maggiore
equilibrio. Inoltre, considerando gli obblighi sottoscritti nel Protocollo di Kyoto
(1997), si dovrà cercare di ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra e ciò sarà reso
possibile solo utilizzando fonti energetiche rinnovabili. Con il termine di “fonti
energetiche rinnovabili” si vogliono indicare tutte le fonti di energia non fossile,
solare, eolica, idraulica, geotermica, maremotrice del moto ondoso e le biomasse.
Nell’ambito delle nostre competenze economico agrarie
è sembrato interessante
focalizzare l’attenzione sulle energie da biomassa o agroenergie derivanti da processi
di produzione agricola, ossia di biocarburanti di prima generazione. All’interno delle
agroenergie distinguiamo la categoria dei biocarburanti (biofuels) a cui appartengono
il biodiesel e l’etanolo, oltre all’olio vegetale e al biometano.
Ad oggi il biodiesel e l’etanolo rappresentano i principali biocombustibili prodotti e
utilizzati nel settore dei trasporti a livello internazionale come sostituiti dei
combustibili fossili, rispettivamente del diesel e della benzina. La loro produzione è
aumentata a livello globale negli ultimi anni grazie al supporto e agli incentivi
adottati dai vari Paesi promotori. Nel 2012, la produzione globale combinata di
etanolo e biodiesel risulta essere pari a circa a 106 miliardi di litri. Rispetto al 2011,
la produzione globale di etanolo è diminuita del -4%, mentre la produzione di
biodiesel è leggermente aumentata del +5%. Pertanto il biodiesel rappresenta il 21%
della produzione di biocarburanti a livello mondiale, mentre l’etanolo il 79%. I primi
cinque produttori di etanolo nel 2013 sono gli Stati Uniti, il Brasile, l’Europa, la Cina
e il Canada, sebbene gli Stati Uniti e il Brasile abbiano rappresentato da soli l’84%
(57% e 27%, rispettivamente) del totale mondiale. Per quanto riguarda la produzione
10
Introduzione
globale di biodiesel, questa risulta in continua crescita dal 2008. In dettaglio, l'UE nel
suo insieme rappresenta ancora il 40% della produzione globale di biodiesel con
circa 10,5 miliardi di litri.
In accordo con il Worldwatch Institute (2014), ad oggi, a livello mondiale, i
biocarburanti per i trasporti, essenzialmente etanolo e biodiesel, rappresentano circa
lo 0,8% del consumo globale di energia, l’8% dell'energia primaria derivata da
biomasse, il 3,4% dei carburanti per il trasporto su strada e il 2,5% di tutti i
carburanti per i trasporti.
A tal proposito, i biocarburanti di prima e seconda generazione rappresentano oggi
un’alternativa possibile finalizzata alla riduzione dell’impatto ambientale e alla
sicurezza dell’offerta energetica. Al contempo, essi rappresentano un’opportunità per
la creazione di occupazione e di sviluppo rurale nel prossimo futuro.
Tuttavia, recentemente sono state sollevate incertezze relative alla sostenibilità dei
biocarburanti di prima generazione sia dal punto di vista ambientale che socioeconomico (Rajagopal et al., 2007; Timilsina et al., 2010, Gnansounou, 2011).
Accanto ai dubbi relativi alle loro performance in termini di riduzione di emissioni di
GHG rispetto ai combustibili fossili, (Searchinger et al., 2008), sono emerse critiche
relative all’impatto che tali biocarburanti hanno sull’utilizzo del suolo (ILUC) e
sull’aumento dei prezzi di mercato delle materie
prime utilizzate sia a scopo
alimentare che energetico (dibattito food-fuel) (Abbot et al., 2010). Infatti, negli
ultimi anni si è verificato un aumento della volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli.
Tale fenomeno da sempre presente, si è intensificato negli ultimi anni diventando un
vero e proprio elemento strutturale del mercato agricolo mondiale ed europeo, tanto
da far sì che ad oggi la stabilità del mercato agricolo è considerata come uno dei
principali obiettivi della politica agricola comune post 2013 (Matthews, 2010).
Alla luce di quanto emerso dal dibattito internazionale, diversi sono gli studi
scientifici dedicati a valutare sia la reale sostenibilità ambientale dei biocarburanti sia
ad identificare e analizzare il ruolo dei biocombustibili sulla volatilità dei prezzi nel
settore agricolo.
A tal proposito, la ricerca condotta nell’ambito della tesi di dottorato con lo scopo di
approfondire e verificare le ipotesi emerse nel dibattito internazionale si pone
l’obiettivo di valutare la sostenibilità ambientale e socio-economica del settore dei
biocarburanti, attraverso un’analisi della letteratura scientifica e la scelta di
metodologie dedicate utilizzate nel contesto internazionale. L’obiettivo generale
11
Introduzione
della tesi di dottorato è lo studio del settore dei biocarburanti di prima generazione
ovvero derivanti da biomassa agricola, quali il biodiesel nel contesto europeo e
l’etanolo nel contesto brasiliano. L’analisi implica lo studio della sostenibilità
ambientale, economica e sociale dei biocarburanti e le implicazioni di mercato,
ovvero sui prezzi delle commodities. In dettaglio, lo scopo è quello di analizzare le
cause dei mutamenti del prezzo delle derrate agricole utilizzando la metodologia di
analisi delle serie storiche e lo studio dei nessi causali.
Al fine di rispondere a tali obiettivi, la tesi si articola in tre sezioni per un totale di
sette capitoli. La prima parte è volta a delineare gli aspetti definitori e normativi del
settore dei biocombustibili. In particolare:
 il primo capitolo si pone l’obiettivo di descrivere i concetti chiave e lo stato
dell’arte della filiera biodiesel ed etanolo in termini di produzione, consumo,
materie prime per la produzione (oli vegetali nel caso del biodiesel e canna da
zucchero nel caso dell’etanolo), costi di produzione e prezzi;
 il secondo capitolo si propone di analizzare il quadro normativo europeo e
brasiliano, nonché le politiche che hanno condizionato la governance del
settore bioenergetico;
 il terzo capitolo propone una review della letteratura scientifica internazionale
in ambito economico ed economico ambientale.
La seconda parte si pone l’obiettivo di descrivere le metodologie di analisi applicate.
In dettaglio:
 il quarto capitolo è volto a descrivere la meta-analisi e l’analisi multicriteria;
 il quinto capitolo è dedicato a delineare la metodologia dell’analisi delle serie
storiche e i rispettivi modelli econometrici.
Infine l’ultima parte mostra i casi di studio e i relativi risultati. In dettaglio:
 il sesto capitolo è l’applicazione della metodologia multicriteria sulla filiera
biodiesel europea tramite studio meta-analitico;
 il settimo capitolo è l’applicazione del modello a correzione di errore (VECM
model) sui prezzi delle commodities agricole
e dei biocombustibili nel
contesto europeo e in quello brasiliano.
Seguono la discussione e le conclusioni.
12
I
PARTE:
OVERVIEW
SUL
SETTORE
DEI
BIOCOMBUSTIBILI
13
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il
mercato dei biocarburanti
1.1 I biocarburanti: definizione
Per definizione, un biocarburante è “un combustibile solido, liquido o gassoso per i
trasporti ricavato dalla biomassa” (Direttiva Europea sui biocarburanti 2003/30/CE)1,
dove per biomassa si intende “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui
provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla
silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti
industriali e urbani”. Se a causa della sua facilità d’uso, la forma liquida è di gran
lunga la più usata, la forma gassosa sta cominciando ad avere un significativo
successo. I biocarburanti possono essere prodotti a partire da materie prime diverse,
secondo le varie tecniche di lavorazione. Le principali filiere di produzione dei
biocarburanti liquidi sono mostrate in figura 1.
Figura 1: Principali filiere produttive dei biocarburanti
Fonte: biofuels-platform.ch, 2010
1
La definizione normativa è inserita nella Direttiva stessa
14
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Ad oggi il biodiesel e il bioetanolo rappresentano i principali biocombustibili
prodotti e utilizzati nel settore dei trasporti a livello internazionale come sostituiti dei
combustibili fossili (Finco et al., 2012). Essi sono definiti biocaburanti di prima
generazione e si distinguono da quelli di seconda generazione” o a “carburanti
sintetici”, sviluppati attraverso il processo di Fischer-Tropsch2 (syndiesel, il
dimetiletere, il biometanolo o il bioidrogeno), che ad oggi sono oggetto di un’intensa
attività di ricerca e sviluppo.
Il biometano, derivante da un processo di purificazione del biogas e simile al gas
naturale, risulta ad oggi ancora poco utilizzato nel settore del trasporto. Tuttavia gli
obiettivi dell’Unione europea di riduzione dei gas serra rendono interessante l’uso
del biometano anche nel settore dei trasporti. In alcuni paesi europei l’uso del
biometano per l’autotrazione è già una realtà (Svezia, Svizzera e Germania). Il
biogas risulta essere invece una realtà già avviata. In particolare il biogas è prodotto
dalla fermentazione anaerobica di sostanze organiche come residui provenienti da
allevamento (liquame, letame e avanzi di mangime), produzione alimentare (avanzi
di frutta e verdura, resti della lavorazione di carne, pesce e latte, avanzi della
fabbricazione della birra, avanzi di cibo, ecc.) e da acque reflue di depuratori
industriali comunemente poste all'interno di fermentatori. Questo fermentatore
trasforma i materiali organici in biogas utilizzando un processo biologico complesso
a circa 38-55 °C. Più della metà del gas risultante da questo processo è costituito da
metano (CH4), mentre il resto è anidride carbonica (CO2) (Fig. 2).
Figura 2: Produzione di biogas e biometano
2
Il processo Fischer-Tropsch è un processo chimico industriale utilizzato per produrre combustibili sintetici o
olio sintetico a partire da miscele gassose di monossido di carbonio e idrogeno (“gas di sintesi”) in presenza di
catalizzatore.
15
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Costruendo impianti di biogas, l'agricoltura offre un importante contributo alla
distribuzione di energia prodotta da fonti rinnovabili e allo smaltimento dei rifiuti
organici. Sottoprodotto della produzione di biogas sono i digestati, che possono
essere a loro volta utilizzati come fertilizzante di alta qualità.
Di seguito verrà descritta in dettaglio la filiera biodiesel e la filiera bioetanolo, in
quanto oggetto di studio della seguente tesi.
1.2 Filiera biodiesel e filiera etanolo
Il biodiesel può essere prodotto dagli oli vegetali, ottenuti dalle colture oleaginose
dedicate (semi colza, girasole, soia e palma), dai grassi animali e vegetali e dagli oli
esausti di origine alimentare recuperati mediante la raccolta differenziata. Nella
figura 3 che segue è rappresentata la filiera di produzione che si compone di diverse
fasi.
Figura 3: Filiera biodiesel
La materia prima di partenza sono i semi oleosi dai quali, attraverso la spremitura
(processo fisico – meccanico) o l’estrazione (processo chimico) con solventi, si
ottiene l’olio vegetale grezzo. In seguito alla lavorazione dei semi oleosi si ottengono
anche dei co-prodotti come: gusci e tegumenti dei semi, panello proteico o expeller
(ottenuto in seguito alla spremitura dei semi) e la farina disoleata (residuo
dell’estrazione dell’olio tramite solventi) spesso utilizzati nell’alimentazione
16
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
animale. L’olio grezzo deve essere successivamente depurato e raffinato con una
serie di trattamenti fisico - chimici, al fine di raggiungere un elevato grado
qualitativo del prodotto e rimuovere sostanze estranee che possono portare a basse
rese in biodiesel. Gli oli raffinati sono caratterizzati da un’elevata viscosità, che
pregiudica il loro utilizzo soprattutto nei motori diesel più evoluti. Per ottenere un
prodotto con proprietà affini al gasolio si effettua la reazione di transesterificazione
(o esterificazione) da cui si ottiene il biodiesel. Il principale sottoprodotto derivante
dal processo di transesterificazione è la glicerina3 che può essere utilizzata in vari
settori industriali, tra cui quello farmaceutico, alimentare e cosmetico.
Il biodiesel, prodotto finale della filiera, può essere utilizzato per l’autotrazione o per
il riscaldamento nei motori termici e può essere inoltre commercializzato in diverse
forme:
 in miscele B5-B7, ossia contenenti biodiesel rispetto al gasolio, in misura ≤
5%, per gli utenti sia in rete4, che in extra-rete5 (autotrazione);
 in miscele B25, con contenuto di biodisel fino al 25% per gli utenti in
extrarete;
 in miscele B20 - B30, con contenuto in biodiesel pari al 20% o 30%, per
autotrazione delle flotte pubbliche;
 puro al 100% o B100 per essere miscelato o utilizzato tal quale nel
riscaldamento.
I requisiti minimi del biodiesel, sotto il profilo merceologico, sono definiti attraverso
normative tecniche UNI EN6, differenti a seconda della destinazione del prodotto
(autotrazione e riscaldamento). Tuttavia, alcune proprietà del biodiesel (la stabilità e
la viscosità) possono variare a seconda della materia prima utilizzata.
Il Bioetanolo (alcool etilico) è un biocarburante liquido che è attualmente prodotto
principalmente da materie prime organiche contenenti zuccheri, come ad esempio
3
Chimicamente glicerolo (è un triolo, presenta cioè 3 gruppi OH; la formula chimica è: C3H8O3).
4
Rete: con il termine rete si identificano i prodotti (gasoli, benzine, ecc.) venduti attraverso gli impianti stradali,
cioè i distributori di carburanti.
5 Extra Rete: con il termine extrarete si identificano i prodotti venduti al di fuori degli impianti stradali (es.: gasoli
per autotrazione, riscaldamento, agricolo e marina, le benzine ed oli combustibili). Gli acquirenti sono i
rivenditori, le grandi, piccole e medie industrie, trasportatori, condomini, società di servizi, enti pubblici,
municipalizzate.
6 La EN 14213 si riferisce al biodiesel per il riscaldamento, mentre la EN 14214 a quello per autotrazione.
17
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
canna da zucchero, mais, grano, barbabietola da zucchero ed altre colture/materie
prime che contengono zucchero o amido.
Tutti gli zuccheri fermentabili (cioè glucosio, saccarosio, ecc.) possono essere
convertiti in etanolo tramite un processo di fermentazione.
A seconda dello stato di polimerizzazione, gli zuccheri devono essere sottoposti a
una o diverse fasi di trattamento, con l’obiettivo di trasformare le varie catene
polimeriche in semplici zuccheri fermentabili. Dopo la fermentazione per mezzo di
microrganismi (lieviti, batteri, ecc.), l’etanolo viene recuperato per distillazione
(etanolo idrato al 92- 96% vol.) a cui segue una disidratazione, ottenendo etanolo
anidro al 99,7% in volume. In figura 4 è rappresentato un esempio di processo
schematico della produzione di bioetanolo da cereali.
Figura 4: Schema di produzione dell’etanolo
Fonte: biofuels-platform.ch, 2010
1.3 La produzione e il consumo mondiale dei biocombustibili
Nel 2012, la produzione globale combinata di etanolo e biodiesel risulta essere pari a
circa a 106 miliardi di litri (Fig. 5). Rispetto al 2011, la produzione globale di etanolo
è diminuita (-4%) da 86,1 a 83,1 miliardi di litri, mentre la produzione di biodiesel è
leggermente aumentata (+5%) da 22,4 miliardi di litri nel 2011 a 22,5 milioni di litri
nel 2012. Pertanto il biodiesel rappresenta il 21% della produzione di biocarburanti a
livello mondiale, mentre l’etanolo il 79%.
18
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Figura 5: Produzione globale di biocombustibili (etanolo e biodiesel) 1975-2012 (miliardi di litri)
Fonte: F.O Licht - REN21, 2013
I primi cinque produttori di etanolo nel 2013 sono gli Stati Uniti, Brasile, l’Europa, la
Cina e il Canada, ma gli Stati Uniti e il Brasile hanno rappresentato l’84% (57% e
27%, rispettivamente) del totale mondiale (Fig. 6). La produzione di etanolo degli
Stati Uniti, che deriva principalmente dal mais, nel 2013 risultava essere pari a 13,3
miliardi di galloni (pari a 50,2 miliardi di litri7), in calo del 5% rispetto al 2011. La
produzione del Brasile invece proveniente da canna da zucchero, è salita del 12% a
6,3 miliardi di galloni (23,8 miliardi di litri). Gli altri produttori principali
rappresentano volumi di gran lunga inferiori. In dettaglio l'Unione europea (UE) nel
suo complesso ha prodotto 1,3 miliardi di galloni (4,9 miliardi di litri) di etanolo nel
2013 mentre la produzione cinese e quella del Canada risultavano essere pari a 0,7
miliardi di galloni (pari a 2,6 miliardi di litri) e 0,5 miliardi di galloni (1,9 miliardi di
litri) rispettivamente.
7
1 gallone risulta essere pari a circa 3,78 litri
19
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Figura 6: Produzione di etanolo globale
Fonte: F.O. Licht, cited in Renewable Fuels Association, Ethanol Industry Outlook 2008-2013 reports.
Per quanto riguarda la produzione globale di biodiesel (Fig.7), questa risulta in
continua crescita dal 2008.
Figura 7: Produzione di biodiesel globale
Fonte: REN21, 2014
In dettaglio, l'UE nel suo insieme rappresenta ancora il 40% della produzione globale
di biodiesel con circa 10,5 miliardi di litri. Ruolo meno importante è quello degli
20
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Stati Uniti, del Brasile e dell’Argentina. Nel 2013 gli Stati Uniti hanno portato la
produzione del biodiesel a 4,8 miliardi di litri, mentre l'Argentina ha perso il secondo
posto con 2,3 miliardi di litri. Il Brasile ha preso il secondo posto con una produzione
di 2,9 miliardi di litri.
In accordo con il Worldwatch Institute (2014), ad oggi i biocarburanti per i trasporti,
essenzialmente etanolo e biodiesel, rappresentano circa il 0,8% del consumo globale
di energia, l’8% dell'energia primaria mondiale derivata da biomasse, il 3,4% dei
carburanti per il trasporto su strada a livello mondiale, e il 2,5% di tutti i carburanti
per i trasporti.
Di seguito verranno analizzati in dettaglio le produzioni e i consumi dei principali
produttori di biocombustibili oggetto di questa tesi ossia il Brasile e l’Unione
Europea.
1.3.1 La produzione e il consumo dell’etanolo: lo scenario Brasiliano
Ad oggi il Brasile rappresenta il secondo produttore di etanolo nel mondo e il primo
produttore di etanolo da canna da zucchero.
Figura 8: Produzione di Etanolo Brasile per anno SAFRA*
Fonte: UNICA, ALCOPAR, BIOSUL, SIAMIG, SINDALCOOL, SIFAEG, SINDAAF, SUDES e MAPA,
2014.
*Nota: L’anno SAFRA o ZAFRA corrisponde al periodo di taglio della canna da zucchero (Aprile- Marzo)
ossia l’annata agraria.
21
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Nel 2014 la produzione di etanolo da canna da zucchero risultava essere di 27,5
milioni di metri cubi8, registrando un incremento pari al 18% rispetto al 2013 (Fig.8).
Il 93% dell’etanolo viene prodotto nella sola regione del Centro-Sud che comprende
ben 11 Stati quali San Paolo, Minas Gerais, Paranà, Spirito Santo, Rio Grande do
Sul, Santa Catarina, Mato Grosso, Mato Grosso do Sul, Goiás, Rio de Janeiro e il
Distretto Federal.
In particolare, nel 2014 lo Stato di san Paolo con circa 14 milioni di m3 è
responsabile del 51% della produzione nazionale, seguita dal Goiás (14%) e dal
Minas Gerais (10%). Nel Nord-Est i principali produttori di etanolo sono Alagoas
(1,8%) e Pernambuco (1,1%) (Tab.1).
Tabella 1: Produzione di Etanolo per Stato per anno SAFRA (‘000 m3)
Stato/SAFRA
Acre
Alagoas
Amazonas
Bahia
Ceará
Espírito Santo
Goiás
Maranhão
Mato Grosso
Mato Grosso do Sul
Minas Gerais
Pará
Paraíba
Paraná
Pernambuco
Piauí
Rio de Janeiro
Rio Grande do Norte
Rio Grande do Sul
Rondônia
Santa Catarina
São Paulo
Sergipe
Tocantins
Sud-Centro
Nord-Nord/Est
Brasile
2005/2006
0
546
6
103
1
235
729
56
771
496
959
42
268
1.040
326
35
136
74
3
0
0
9.944
48
4
14.313
2006/2007
0
637
6
95
1
173
822
128
757
641
1.291
52
313
1.322
343
51
87
78
6
0
0
10.966
63
12
16.065
2007/2008
0
853
8
141
1
252
1.214
170
894
877
1.775
36
342
1.859
508
36
120
49
7
0
0
13.335
49
0
20.333
2008/2009
0
845
8
141
9
275
1.726
182
952
1.076
2.181
45
391
2.049
530
45
128
115
6
7
0
16.722
90
3
25.115
2009/2010
0
626
5
118
11
238
2.196
168
826
1.261
2.251
38
389
1.885
400
41
113
122
2
9
0
14.912
77
2
23.684
2010/2011
1
716
7
127
3
187
2.895
182
857
1.849
2.558
23
298
1.619
385
35
61
83
6
11
0
15.354
103
16
25.386
2011/2012
3
673
6
118
8
224
2.677
177
844
1.631
2.084
39
357
1.402
358
37
76
106
7
12
0
11.598
133
111
20.543
2012/2013
4
543
4
155
4
178
3.130
160
975
1.917
1.994
33
306
1.299
275
33
37
72
2
9
0
11.830
111
157
21.362
2013/2014
5
508
5
174
9
182
3.879
168
1.104
2.231
2.657
38
338
1.488
314
32
85
57
5
11
0
13.938
106
196
25.569
1.509
1.779
2.193
2.411
2.006
1.990
2.138
1.866
1.961
15.822
17.844
22.526
27.526
25.690
27.376
22.681
23.228
27.530
Fonte: UNICA, ALCOPAR, BIOSUL, SIAMIG, SINDALCOOL, SIFAEG, SINDAAF, SUDES e MAPA,
2014.
E’ noto come il Brasile produce e utilizza due differenti tipologie di etanolo, l’anidro
e l’idrato. Il primo viene miscelato alla gasolina9 (27,5% dal 24 settembre 201410), il
secondo può essere consumato puro.
8
Ricordiamo che 1 m3 di etanolo corrisponde a 1000 litri.
9
In Brasile la benzina è comunemente chiamata gasolina.
10
Legge n° 13033 del 24 settembre 2014, Art. 5.
22
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Figura 9: Produzione di Etanolo anidro e idrato per Stato per anno SAFRA
Fonte: UNICA, ALCOPAR, BIOSUL, SIAMIG, SINDALCOOL, SIFAEG, SINDAAF, SUDES e MAPA,
2014.
Dal grafico (Fig.9) possiamo osservare come fino al 1999 la produzione dell’etanolo
idrato risultava maggiore rispetto a quella dell’anidro. Viceversa a partire dagli anni
2000, la produzione di etanolo anidro risultava essere superiore rispetto all’idratato,
situazione che perdurò fino al 2005, quando la produzione di quest’ultimo superò
nuovamente l’etanolo anidro. La forte crescita dell’etanolo idratato registrata negli
ultimi anni rispecchia l’inserimento dei veicoli flex a partire dal 2003. Possiamo
infatti notare come a partire dal 2008 fino ad oggi circa il 90% della flotta brasiliana
è costituita da veicoli flex (Fig 10).
Figura 10: Consumo di automobili in Brasile8 per tipo di combustibile
Fonte: ANFAVEA, 2014
23
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Nel 2014 circa il 56% della produzione di etanolo era costituita dall’etanolo idrato
(circa 15 milioni di m3), mentre il 44% dall’etanolo anidro (circa 12 milioni di m3)
(Fig.11).
Figura 11: Percentuale di produzione di etanolo anidro e idrato per Stato e anno SAFRA
Fonte: UNICA, ALCOPAR, BIOSUL, SIAMIG, SINDALCOOL, SIFAEG, SINDAAF, SUDES e MAPA,
2014.
L’etanolo prodotto in Brasile viene destinato quasi esclusivamente per il consumo
interno (Fig.12).
Figura 12: Etanolo consumato ed esportato in Brasile (m3)
Fonte: Servicos de Comèrcio Exterior (SECEX) e ANP, 2014
24
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Nel 2013 la percentuale di etanolo consumata rappresentava il 90% dell’etanolo
prodotto; solo il 10% è stato esportato. In accordo con il SECEX e il MAPE, nel
2013 l’etanolo esportato risultava essere pari a circa 2,8 milioni di m3. Il 57% di tale
esportazioni viene destinato agli Stati Uniti, seguono la Corea del Sud e i Paesi Bassi
con il 12% e il 5%. Tuttavia negli ultimi anni la produzione di etanolo si è ridotta,
soprattutto per quanto riguarda quello idrato. In particolare dal grafico sottostante è
possibile osservare come negli ultimi anni il consumo di etanolo è diminuito a favore
di quello della gasolina (Fig.13).
Figura 13: Percentuale di etanolo idrato e di gasolina consumati in Brasile (m3)
Fonte: ANP, 2014
Diversi sono i fattori che spiegano tale fenomeno. In genera l'aumento della domanda
di etanolo è dovuta principalmente ad un aumento della produzione dei veicoli flex
fuel, in forte crescita a partire soprattutto dal 2005. Tuttavia la crescita stabile di tali
veicoli come mostrato nel grafico sopra esposto, non è sufficiente a garantire un’alta
domanda dell’etanolo. Ciò è dovuto al fatto che i consumatori guidano la richiesta
dei due combustibili in funzione dal rapporto vigente tra il prezzo dell’etanolo e
quello della gasolina. Tale rapporto è la regola generale per determinare se i
proprietari di auto flex sceglieranno di usare etanolo, rapporto prezzo inferiore del 70
per cento, o benzina, rapporto prezzo sopra il 70 per cento (USDA, 2013; Bacchi et
al 2011). Nel grafico sottostante (Fig. 14) possiamo osservare come negli ultimi anni
tale rapporto è stato a favore della gasolina piuttosto che dell’etanolo. Ciò pertanto
ha causato la migrazione dell’etanolo per la benzina.
25
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Figura 14: Variazione e relazione di prezzo dell’etanolo e della gasolina
Fonte: ANP, 2014
Inoltre tale slittamento è stato favorito dal Governo Brasiliano, il quale ha applicato
una politica di congelamento dei prezzi della gasolina.
Dal 2004 il Brasile ha inoltre iniziato a produrre anche il biodiesel. Il National
Program on Biodiesel Production and Usage (PNPB) che è stato introdotto nel 2005,
ha infatti istituito l’obbligo di miscelazione del biodiesel al diesel. A partire dal 1
Gennaio 2010 l’obbligo di miscelazione risulta essere pari al 5%. A partire dal primo
Novembre 2014 tale valore si è innalzato al 7%11. Di seguito un grafico che mostra
l’evoluzione della produzione del biodiesel brasiliano (Fig.15).
Figura 15: Produzione di biodiesel in Brasile
Fonte: ANP, 2014
11
Legge n° 13033 del 24 settembre 2014, Art. 1.
26
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Nel 2013 la produzione brasiliana di biodiesel risultava pari a circa 3 milioni di m 3.
In accordo con la ANP (2014), i principali produttori risultano essere lo stato del Rio
Grade do Sul (30%), del Goias (20%) e del Mato Grosso (20%).
Figura 16: Materie prime utilizzate per la produzione di
biodiesel(2013)
4% 1%
1% 3%
Olio di soia
Grasso animale (Bovino,
Suino, Pollo)
23%
Olio di cotone
Olio di palma
Olio di frittura
68%
Altro
Fonte: ANP, 2014
La principale materia prima utilizzata è l’olio di soia con il 68%, seguito dai grassi
animali (soprattutto di origine bovina) con il 23% e l’olio di cotone con il 3%
(Fig.16).
1.3.2 La Produzione e il consumo del biodiesel: lo scenario Europeo
Nel suo insieme l’Unione Europea produce circa 12,8 milioni di tonnellate di
biocombustibili equivalenti al 14% della produzione globale12. In dettaglio, nel 2013
sono state prodotte circa 3,6 milioni di tonnellate di etanolo13 e 9,2 milioni di
tonnellate di biodiesel14, rappresentando rispettivamente il 28% e il 72% dei
biocombustibili all’interno dell’Unione Europea (Fig.17). Dal grafico è possibile
notare come il tasso di crescita dell’etanolo è maggiore rispetto a quello del
12
Riferito ad una produzione mondiale pari a 91 milioni di tonnellate di biocombustibili.
13
1 tonnellata di etanolo corrisponde a 1267 litri.
14
1 tonnellata di biodiesel corrisponde a 1136 litri.
27
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
biodiesel. Infatti rispetto al 2005, la produzione di etanolo è aumentata del 414%,
mentre il biodiesel del 187%.
Figura 17: Produzione di biocombustibili nell’EU
Fonte: REN21, 2014
In termini di produzione di etanolo, nel 2013 i principali produttori risultano essere la
Francia (22%), la Germania (18%) e la Spagna (9%) (Fig.18).
Figura 18: Produzione di etanolo in EU dal 2008 al 2013 (1000 tonnellate)
Fonte: REN21, 2014
28
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
In termini di produzione di biodiesel15, nel 2011 l’EU ha prodotto circa 8,6 milioni di
tonnellate di biodiesel (Fig.19). Tuttavia è possibile notare come la prodizione del
biodiesel dell’EU nel 2011 ha registrato una riduzione del 10% rispetto all’anno
precedente.
Figura 19: Produzione di biodiesel in EU-27 dal 2002 al 2011 (1000 tonnellate)
Fonte: EBB, 2013
La Germania rimane il principale produttore di biodiesel Europeo con 2,8 milioni di
tonnellate (pari al 33% della produzione globale europea) seguita dalla Francia, la cui
produzione risulta pari a 1,6 milioni di tonnellate (pari al 18% della produzione).
Spagna e Italia si collocano al terzo e quarto posto con 604 e 479 mila tonnellate
rispettivamente (7% e 6% della produzione europea).
Per quanto riguarda la capacità produttiva di biodiesel, nel 2012 ha raggiunto circa
23,5 milioni di tonnellate (Fig.20).
15
Si fa notare che per quanto riguarda i dati sul biodiesel europeo per ogni Stato Membro essi sono disponibili
solo fino al 2011.
29
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Figura 20: Capacità produttiva in EU-27 dal 2003 al 2012 (1000 tonnellate)
Fonte: EBB, 2013
Come possiamo notare dal grafico sopra raffigurato gli anni di rapida espansione
della capacità di produzione del biodiesel europeo sembrano essere finiti. Dal 2006 al
2009 infatti la capacità produttiva è aumentata del 244%. A partire dal 2009 la
capacità è invece rimasta piuttosto stabile evidenziando un calo di interesse ad
investire nel settore del biodiesel a causa delle difficili condizioni di mercato di tale
comparto negli ultimi anni (USDA 2013).
Ad oggi sono circa 200 gli impianti che operano nell’Unione Europea (EUBIA,
2013) (Fig. 21).
30
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Figura 21: Mappa dei principali impianti di biodiesel in Europa
Fonte: Agra CEAS based on F.O. Licht, 2011
Dalla figura si può notare come gli impianti di biodiesel non sono equamente
distribuiti in Europa. La collocazione in prossimità del Mar del Nord è in aumento e
ciò è dovuto alla facilità di accesso della materia prima importata (olio di palma e
olio di soia) per la produzione di biodiesel. Per questo motivo i principali impianti
sono dislocati al Nord della Francia e della Germania, nonché in Olanda e Belgio
(Ecofys, et al., 2011). Il 34% della capacità produttiva deriva da 28 impianti dislocati
soprattutto in Germania (12 impianti), seguita dalla Francia (5 impianti) (Tab.2). Il
leader europeo della produzione risulta essere Diester Industrie, i cui principali
impianti, aventi una capacità produttiva pari a 2,5 milioni di tonnellate, risultano
essere collocati in Francia (5), Germania (1), Italia (1) e Belgio (1).
31
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Tabella 2: Principali impianti di biodiesel in Eu e capacità produttiva (milioni di tonnellate) 2013
Compagnia
Collocazione e numero di
impianti
Stato
Diester Industri e
Diester International
Nestle Oil
Biopetrol Industries
ADM Biodiesel
Infinita (Musim Mas)
Marseglia Group (Ital
Green Oil e Ital Bi Oil)
Verbio AG
Cargill/Agravis
Petrotec
Capacità
produttiva 2013
(milioni di litri)
Finlandia
Svizzera
Germania
Spagna
Francia (5), Germania (1),
Italia (1), Belgio (1)
Filandina (2), Olanda (1)
Germania (2), Olanda (1)
Germania (3)
Spagna (2)
Italia
Italia (2)
560000
Germania
Germania
Germania
Germania (2)
Germania (2)
Germania (2), Spagna (1)
450000
250000
185000
Francia
2500000
1180000
1000000
975000
900000
Fonte: EurObserv'ER, 2014
In termini di consumo (Fig.22) fino al 2012 si è assistito ad un incremento
dell’utilizzo dei biocarburanti nel settore dei trasporti nell’EU-28.
Figura 22: Trend del consumo dei biocarburanti utilizzati nel settore dei trasporti nel EU-27 (ktep)
16000
14000
12000
Ktep
10000
8000
6000
4000
2000
0
2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
Consumo 1110 1421 1927 3019 5385 7685 9826 1170413089136351460813615
* 2013= dato stimato
Fonte: EurObserv'ER 2014
Tuttavia a partire dal 2013 per la prima volta si osserva una riduzione del 6,8% dei
consumi, passando da 14,6 a 13,6 Mtep16.
16
Tep=Tonnellata equivalente di petrolio.
32
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Del totale dei biocarburanti consumati nel 2013, il 79% è rappresentato dal biodiesel.
La Francia è il leader per quanto riguarda il consumo con una percentuale pari al
21% del totale. Seguono la Germania (18%) e l’Italia (11%) (Tab.3).
Tabella 3: Consumo di biocarburanti nel settore dei trasporti in Eu-28 (2013)
Fonte: EurObserv'ER 2014
In accordo con l’USDA, a partire dal 2006 al 2012 le importazione di biodiesel
all’EU sono state in continua crescita. In dettaglio nel 2012 l’EU-28 ha importato
circa 2,9 milioni di tonnellate di biodiesel (USDA, 2014) (Fig. 23).
33
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Figura 23: Import ed export di biodiesel nell’EU17
* 2013= dato stimato
Fonte: USDA report, 2014
I principali paesi fornitori risultano essere gli Stati Uniti, l’Argentina e l’Indonesia
(Fig.24). Mentre i principali paesi importatori all’interno dell’EU sono l’Olanda, la
Spagna, l’Italia e il Regno Unito.
Figura 24: Principali paesi esportatori di biodiesel in EU (Tonnellate)
* 2012= dato stimato
Fonte: EBB e EUROSTAT, 2013
17
I dati originali sono stati convertiti da milioni di litri a milioni di tonnellate utilizzando la seguente conversione
definita dal Massachusetts Institute of Technology (MIT) - German Federal Agency for Renewable Resources
(FNR): 1136 litri di biodiesel=1 tonnellata di biodiesel.
34
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
In particolare, fino al 2009, l’EU si riforniva soprattutto di biodiesel proveniente dal
mercato Americano. Tuttavia l'introduzione di dazi compensativi e antidumping sulle
esportazioni USA di biodiesel all'UE hanno ridotto drasticamente le importazioni
dagli Stati Uniti. Di conseguenza, il vuoto è stato riempito negli anni successivi con
un aumento delle importazioni di biodiesel principalmente da Argentina ed
Indonesia, e, in misura minore, da Canada, e Malesia. Lo spostamento della
dipendenza Americana a quella Argentina ha fatto sì che a partire dal 2013 l’EU ha
introdotto nuove misure volte a ridurre le importazioni da tale Stato, così come per
Indonesia. Secondo l’ultimo rapporto USDA 2014, le importazioni del biodiesel di
tali stati nel 2013 subiranno un drastico calo.
In termini di export, l’Unione Europea no presenta dati significativi (esportazioni
inferiori al 1% della sua produzione).
1.4 La Produzione e il consumo del biodiesel nel contesto italiano
Ad oggi l'Italia è il quarto più grande produttore europeo di biodiesel dopo la
Germania, la Francia e la Spagna. Il Biodiesel è prodotto principalmente da semi di
colza importati (40%), da soia (30 %), e da olio di palma (25%). Il resto è costituito
da oli vegetali riciclati (UCO), olio di girasole, e grassi animali 18. L'olio di colza è in
gran parte importata da paesi dell'UE (Francia, Germania, Paesi Bassi, e Belgio),
mentre l'olio di soia o è importata dalla UE o di produzione nazionale da semi
importati. L'olio di palma è principalmente importato da Indonesia e Malesia. Il
Biodiesel viene utilizzato esclusivamente in miscele con diesel tradizionale per il
trasporto (USDA, 2014).
Secondo la Assocostieri, l’associazione rappresentativa dei produttori di biodiesel19,
l’Italia nel 2012 ha prodotto, circa 287 mila tonnellate di biodiesel, registrando un
18
In Italia possono essere utilizzati per la produzione di biodiesel solo i grassi animali di categoria I (per la
classificazione dei grassi animali si veda il Regolamento (CE) n. 1774/2002) in accordo con il testo coordinato
del decreto-legge 22 giugno 2012, n.83; Capo IV misure per lo sviluppo e il rafforzamento del settore energetico,
art.34. Il contributo per il conseguimento dell'obiettivo di cui all' articolo 3, paragrafo 4, della direttiva
2009/28/CE, di tale categoria di grassi è considerato pari a due volte il loro contenuto energetico.
19
Assocostieri è una associazione tra aziende che operano nel settore della logistica energetica, costituitasi a
Roma il 24 Febbraio del 1983 per iniziativa di alcuni imprenditori energetici che operano nell’ambito del mercato
internazionale (www.assocostieri.it).
35
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
drastico calo del 54% rispetto all’anno precedente. Osservando il grafico sottostante
(Fig.25) si evince che la produzione nazionale di biodiesel dal 2003 al 2006 è
aumentata del 117%; nel 2007 la stessa produzione subisce un brusco decremento (21% rispetto al 2006) per poi aumentare nuovamente fino al 2010 (+70%), anno in
cui si registra un nuovo calo.
Figura 25: Produzione e capacità produttiva del biodiesel in Italia
Fonte: Assocostieri, 2014
In termini di capacità produttiva, si evidenzia come lo sviluppo sia sempre avvenuto
con tassi di crescita superiori a quelli della effettiva produzione realizzata. Gli
impianti, infatti, sono stati realizzati con capacità produttive molto elevate e con un
parziale sfruttamento della reale efficienza dell’impianto. Nel 2012, la capacità
produttiva è stata superiore a 2 milioni di tonnellate, a fronte di una produzione di
sole 287 mila tonnellate.
Dal lato del consumo (Fig.26), nel 2012, l’immissione in rete totale20 è stata di circa
1,4 milioni di tonnellate, di cui il 20% coperto dalla produzione nazionale mentre la
restante quota è garantita dalle importazioni pari al 1162 tonnellate derivanti
principalmente dall’Indonesia (29 %) seguita dalla Spagna (23%) e dall’Olanda
(18%) (USDA, 2014).
20
Immissione in consumo: quantitativo complessivo di biodiesel che deve essere messo in consumo.
36
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Figura 26: Mercato del biodiesel in Italia nel 2012 (mila tonnellate)
Fonte: Assocostieri, 2014
In dettaglio, rispetto al 2008, l’Italia ha incrementato i volumi di importazione del
384%, mentre le esportazioni sono in calo del 49%. In termini di immissione in
consumo, il 2012 ha segnalato un incremento del 91% rispetto al 2008 (Fig.27).
Figura 27: Evoluzione dell’import, dell’export e delle immissione in consumo di biodiesel in Italia
(tonnellate)
Fonte: Assocostieri, 2014
Secondo i dati Assocostieri, gli impianti presenti sul territorio nazionale, nel 2014,
sono 13 di cui 1 in fase di realizzazione (Tab.4). Rispetto al 2011, 9 impianti sono
stati chiusi, e 4 sono invece di nuova apertura.
37
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Tabella 4: Impianti di biodiesel in Italia: in rosso gli attuali, in nero quelli chiusi, in blu i nuovi
Impianti di biodiesel
Regione
Località
Capacità
(ton)
1
ALCHEMIA
ITALIA
Veneto
Rovigo (RO)
15.000
OLIMPO
Puglia
Corato (BA)
100.000
BIOFUEL
Friuli Venezia
Torviscosa (UD)
60.000
Torviscosa (UD)
100.000
SRL
2
BIO-VE-OIL
SRL
3
CAFFARO
SRL
4
Giulia
CAFFARO
BIOFUEL
Friuli Venezia
SRL
Giulia
5
CEREAL DOCKS SPA
Veneto
Vicenza (VI)
150.000
6
COMLUBE SRL
Lombardia
Castenedolo – Brescia
120.000
7
DP
Lazio
Aprilia (LT)
155.520
Sicilia
Priolo (SR)
200.000
Lombardia
Cologno Monzese
100.000
LUBRIFICANTI
SRL
8
ECOIL*
9
F.A.R.
(MI)
10
FOREDBIO SPA
Campania
Nola Marigliano (NA)
70.000
11
ECO FOX SRL
Abruzzo
Vasto (CH)
200.000
12
ILSAP BIOPRO
Calabria
Lamezia terme (CZ)
60.000
13
ITAL BI OIL SRL
Puglia
Monopoli (BA)
190.304
14
ITAL GREEN OIL SRL
Veneto
San Pietro di Morubio
365.000
(VR)
15
GDR
Lombardia
Cernusco sul Naviglio
BIOCARBURANTI
16
MASOL
50.000
(MI)
Toscana
Livorno (LI)
250.000
CONTINENTAL
BIOFUL S.R.L.
17
MYTHEN SPA
Basilicata
Ferrandina (MT)
200.000
18
NOVAOL SRL
Toscana
Livorno (LI)
250.000
19
NOVAOL SRL
Emilia Romagna
Ravenna (RA)
200.000
20
OIL.B SRL
Lombardia
Solbiate Olona (VA)
200.000
21
OXEM S.p.A.
Lombardia
Mezzana Bigli (PV)
200.000
22
PFP ITALIA Srl
Lombardia
Castenedolo (BS)
120.000
Totale attivi **
2.490.824
* Impianti da realizzare
** Nel totale sono esclusi gli impianti da realizzare
Fonte: Assocostieri, 2014
38
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
1.5 Il mercato delle materie prime per la produzione di biodiesel ed
dell’etanolo
1.5.1 Il mercato degli olio vegetali
Gli oli vegetali presentano diversi usi: alimentare, industriale, per la produzione di
biodiesel e come alimento per gli animali. La crescente domanda per il cibo
rappresenta oggi il principale driver per la crescita degli oli vegetali, tuttavia la
recente espansione delle energie rinnovabili, soprattutto biocarburanti ed elettricità
da cogenerazione, ha creato una nuova fonte di espansione per tale settore (RosilloCalle et al., 2009; Serra et al., 2011).
Nel biennio 2013/2014 i principali oli vegetali prodotti a livello globale sono stati
rappresentati dall’olio di palma, dall’olio di soia, dall’olio di colza e dall’olio di
girasole (Fig.28).
Figura 28: Produzione mondiale di oli vegetali 2001/2002-2013/2014
Fonte: USDA report, 2014
In accordo con l’USDA (2014), la produzione dell’olio di palma con circa 60 milioni
di tonnellate, rappresenta il 35% degli oli vegetali21, seguito dall’olio di soia (26%),
dall’olio di colza (15%) e da quello di girasole (9%). Tutti gli oli vegetali mostrano
21
Su un totale di circa 170 milioni di oli vegetali (inclusi l’olio di cocco, di cotone, di oliva e di arachide.
39
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
un incremento positivo rispetto al 2001, in particolare il maggior incremento si
registra nell’olio di palma (+134%) e in quello di girasole (+109%).
Come mostrato in tabella 5 l’India, con un incremento delle importazioni pari al 77%
rispetto al 2007/2008, si colloca al primo posto tra i paesi importatori di oli vegetali,
seguita dalla Cina, che perde il suo primato, e dall’Unione Europea.
Tabella 5: Importazioni mondiale di oli vegetali (Milioni di tonnellate)
EU-27
Cina
India
USA
Egitto
Pakistan
Bangladesh
Iran
Turchia
Altri
Totale
2007/2008 2008/2009 2009/2010 2010/2011 2011/2012 2012/2013 2013/2014
9,03
9,24
8,9
8,53
9,12
9,89
9,22
8,76
9,77
9
8,39
9,23
10,79
9,94
5,91
8,79
9,07
8,58
10,03
10,68
11,47
3,11
3,23
3,34
3,61
3,83
3,79
4,04
1,27
1,75
1,9
2,42
2,31
1,91
2,29
2,02
2
2,07
2,12
2,26
2,3
2,5
1,13
0,96
1,31
1,38
1,41
1,44
1,46
1,27
1,09
1,13
1,45
1,35
1,43
1,67
0,84
0,83
0,62
0,86
1,11
1,26
1,38
16,95
16,1
18,23
20,67
21,18
21,03
20,6
50,29
53,76
55,57
58,01
61,83
64,52
64,57
Fonte: USDA report, 2014
In termini di esportazioni invece, l’Indonesia e la Malesia rappresentano i principali
paesi esportatoli di oli, nonostante la Malesia mostra un leggero calo (-2,3%) rispetto
al 2011/2012 (Tab.6).
Tabella 6: Esportazioni mondiale di oli vegetali (Milioni di tonnellate)
2007/2008 2008/2009 2009/2010 2010/2011 2011/2012 2012/2013 2013/2014
Indonesia
16,07
18,09
18,72
18,46
20,73
22,64
22,8
Malesia
15,57
16,53
16,91
18,57
19
19,99
18,56
Argentina
7,05
5,64
5,1
5,59
4,65
4,65
4,85
Ucraina
1,35
2,16
2,69
2,7
3,33
3,32
3,99
Canada
1,36
1,57
1,86
2,49
2,75
2,63
2,61
Russia
0,35
1,02
0,76
0,41
1,8
1,27
2,12
Altri
12,19
11,02
12,11
12,5
12,65
13,89
13,54
Totale
53,94
56,03
58,15
60,72
64,91
68,39
68,47
Fonte: USDA report, 2014
Passando al contesto Europeo (Tab.7), la produzione di oli vegetali nel 2013/2014
risulta essere pari a circa 17 milioni di tonnellate, in aumento (+5%) rispetto al
40
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
2010/2011. Anche le importazioni (+15%), così come le esportazioni (+33%),
registrano un incremento rispetto al 2010/2011. Ad oggi gli oli vegetali vengono
utilizzati soprattutto a scopo alimentare (52%) e per la produzione di biocombustibili
(37%). Tuttavia l’incremento di tali oli per la produzione dei biocombustibili risulta
essere maggiore (+7% rispetto al 2010/2011) rispetto a quello registrato per uso
alimentare (+2% rispetto al 2010/2011).
Tabella 7: Mercato degli oli vegetali in Europa (‘000 tonnellate)
2010/2011
2011/2012
2012/2013
2013/2014
Stock iniziale
2198
1666
1346
1205
Produzione
16538
16674
16099
17370
Importazioni
8109
8989
9883
9326
DOMANDA TOTALE
26845
27329
27328
27901
Esportazioni
1562
1967
2405
2084
Uso industriale
2893
2820
2580
2454
Biocombustibili
8288
8030
8280
8945
Uso alimentare
12351
12082
12376
12611
430
490
482
429
USO DOMESTICO TOTALE
23962
23422
23718
24439
Stock finale
1324
1443
1205
1362
DISTRIBUZIONE TOTALE
26848
27329
27328
27881
Mangime
Fonte: USDA report 2012, 2013, 2014
In accordo con la FEDIOIL (2013) nel 2013 i principali oli prodotti a livello europeo
sono rappresentati dall’olio di colza con circa 9,7 milioni di tonnellate, dall’olio di
girasole con 2,7 milioni di tonnellate e l’olio di soia con 2,4 milioni di tonnellate,
mentre l’olio di palma rappresenta l’olio maggiormente importato (circa 6,9 milioni
di tonnellate). Dal grafico sottostante (Fig.29) è possibile notare come mentre la
produzione sia dell’olio di soia che di quello di girasole risulta piuttosto costante a
partire dagli anni 2000, l’olio di colza registra un forte incremento pari al 160%.
41
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Figura 29: Principali oli vegetali prodotti in Europa
Fonte: FEDIOL, 2014
L’olio di colza viene prodotto soprattutto in Germania e in Francia, l’olio di girasole
in Francia e Spagna, mentre l’olio di soia in Germania, Spagna e Olanda (FEDIOL,
2013).
Figura 30: Principali oli vegetali importati in Europa
9000
8000
1000 tonnellate
7000
6000
5000
4000
3000
2000
1000
0
2000
Olio di girasole 254
Olio di colza
129
Olio di soia
193
Olio di palma 2454
2001
235
136
340
3002
2002
696
126
358
3135
2003
640
126
303
3286
2004
588
47
112
3973
2005
912
69
272
4202
2006
1340
653
950
4572
2007
1228
474
961
4502
2008
1101
403
1075
4941
2009
927
462
531
5418
2010
1001
405
690
5414
2011
756
625
739
4930
2012
1020
331
365
5729
2013
864
298
311
6909
Fonte: FEDIOL, 2014
42
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
In termini di importazione, a partire dal 2006 fino al 2012, l’UE registra un volume
degli oli importati pressoché costante. Nel 2013 invece si evidenzia un incremento
(Fig.30).
In dettaglio, l’olio di palma si colloca al primo posto tra gli oli importati (6,9 milioni
di tonnellate), seguito dall’olio di girasole (0,9 milioni di tonnellate). Secondo la
FEDIOL (2014), nel 2013, l’EU-27 ha importato circa 7 milioni di tonnellate di olio
di palma, registrando un incremento del +181% rispetto al 2000. Dal grafico è
possibile notare come negli ultimi due anni le importazioni di olio di soia e di olio di
colza evidenziano dei cali rispettivamente pari al 58% e 52%.
In termini di esportazione (Fig.31) invece, dopo un brusco calo registrato dal 2000 al
2007, l’UE mostra un aumento dei volumi esportati. I volumi risultano tuttavia
abbastanza limitati e riguardano soprattutto l’olio di soia (0,9 milioni di tonnellate) e
di colza (0,5 milioni di tonnellate).
Figura 31: Principali oli vegetali esportati in Europa
2000
1800
1600
1000 tonnellate
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
2000 2001 2002
Olio di girasole 315 259 186
Olio di colza
460 262 427
Olio di soia
1103 1338 1142
2003
270
186
893
2004
285
149
571
2005
256
107
490
2006 2007 2008
199 140 131
85
62 162
225 245 332
2009
121
140
413
2010
153
153
437
2011
174
263
470
2012
200
254
895
2013
311
507
885
Fonte: FEDIOL, 2014
In accordo con l’USDA (2014), la maggior parte dell’olio di colza viene utilizzato
per la produzione del biodiesel, mentre l’olio di girasole viene usato quasi
esclusivamente a scopo alimentare. L’olio di soia infine viene usato sia per uso
alimentare che per scopo energetico. In particolare, fino al 2010, l'UE-28 era un
importatore netto di olio di soia, utilizzato principalmente per la produzione di
43
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
biodiesel. Dal 2011 tuttavia, l'UE-28 è diventato un esportatore netto di olio di soia,
registrando esportazioni doppie rispetto alle importazioni. A seguito dell'attuazione
della RED infatti, l’olio di soia è diventato più difficile da utilizzare come materia
prima per l'industria del biodiesel, e l'UE ha importato preferibilmente biodiesel da
Argentina e Indonesia, piuttosto che l’olio di soia e l’olio di palma. In dettaglio nel
2012 i principali oli vegetali usati per la produzione di biodiesel sono rappresentati
dall’olio di colza (66%22), che si conferma al primo posto nonostante i cali registrati
negli ultimi anni, seguito dall’olio di palma (10%) e da quello di soia (8%) (Fig.32).
Figura 32: Principali feedstock utilizzati per la produzione di biodiesel in Europa
* 2013= dato stimato; 2014=previsione
Fonte: USDA report 2013 e 2014
Nel 2010, sono stati utilizzati circa 5,7 milioni di ettari coltivati in tutto il mondo per
la produzione di biocarburanti consumati all’interno dell’Europa (Bentivoglio et al.,
2012). Di questi terreni, circa 3,2 milioni di ettari si trovano dentro l’Unione
Europea, i restanti 2,4 milioni al di fuori.
22
Riferito ad una totale di 9,2 milioni di tonnellate di materie prime per la produzione di biodiesel (inclusi grassi
animali, oli da cucina usati - UCO, olio di girasole ed altri oli).
44
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Facendo riferimento al biodiesel, nel 2010 sono stati destinati circa 47% di terreni
per produrre feedstock al di fuori dell’EU, la restate parte, rappresentata dal 53%, si
trova invece al di fuori del contesto europeo (Fig.33).
Figura 33: Terreno utilizzato per coltivare feedstock utili alla produzione di biodiesel consumati in Europa
(‘000 ha)
Fonte: Ecofys, Fraunhofer, BBH, EEG, Winrock International report, 2013
Per quanto riguarda la coltivazione della colza, questa avviene soprattutto all’interno
del territorio europeo (78%). In Francia e Germania si colloca il 55% dei terreni
adibiti a tale coltura (Fig.34). Al di fuori dell’EU, il 43% degli ettari destinati alla
produzione di colza a scopo energetico si trovano in l’Ucraina.
45
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Figura 34: Terreno utilizzato per coltivare colza utili alla produzione di biodiesel dentro (blu) e fuori
(arancione) dell’Europa
Fonte: Ecofys, Fraunhofer, BBH, EEG, Winrock International report, 2013
L’olio di palma viene totalmente prodotto al di fuori dell’EU (Fig.35). Infatti in
Indonesia e in Malesia23 si trovano l’83% e il 17% dei terreni volti a fornire tale olio.
Figura 35: Terreno utilizzato per coltivare olio di palma utile alla produzione di biodiesel fuori
dell’Europa
17%
83%
Indonesia
Malesia
Fonte: Ecofys, Fraunhofer, BBH, EEG, Winrock International report, 2013
23
Va sottolineato che l’Indonesia e la Malesia destinano solo l’1% e lo 0,3 % del loro terreno a fini energetici.
46
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Anche i terreni usati per produrre soia a scopo energetico si collocano soprattutto al
di fuori dell’EU (97%) (Fig.36).
Figura 36: Terreno utilizzato per coltivare soia utile alla produzione di biodiesel dentro (blu) e fuori
(arancione) dell’Europa
Fonte: Ecofys, Fraunhofer, BBH, EEG, Winrock International report, 2013
Infine per quanto la coltivazione del girasole (Fig.37), questa avviene solo all’interno
del territorio europeo. In Francia si colloca il 90% dei terreni destinati a tale coltura.
Figura 37: Terreno utilizzato per coltivare girasole utile alla produzione di biodiesel all’interno
dell’Europa
1%
9%
90%
Francia
Spagna
Italia
Fonte: Ecofys, Fraunhofer, BBH, EEG, Winrock International report, 2013
47
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Considerando infine i prezzi internazionali relativi ai primi 4 oli consumati e prodotti
in Europa, dal grafico sottostante (FIg.38) è possibile notare come negli ultimi 10
anni i prezzi medi più bassi sono relativi all’olio di palma (721 $/ton) seguito
dall’olio di soia (870 $/ton). Al contrario l’olio di girasole (1175 $/ton), oltre a quello
di colza (1032 $/ton), presentano il prezzo medio internazionale più alto. Sempre il
girasole dimostra di essere l’olio che presenta la maggior oscillazione seguito dal
colza. In particolare negli ultimi dieci anni si è assistito ad un aumento dei prezzi dei
principali oli vegetali sui mercati internazionali a partire dalla seconda metà del 2007
e ha raggiunto un massimo nella prima parte del 2008; successivamente i prezzi,
dopo un altrettanto rapido tracollo verso la metà del 2009, hanno di nuovo ripreso ad
aumentare nella seconda metà del 2010 fino a raggiungere un nuovo picco nei primi
mesi del 2011. Nei mesi successivi i prezzi hanno registrato nuovamente una
riduzione e ad fino ad oggi hanno iniziato a contenersi, rimanendo tuttavia a livelli
relativamente alti.
Figura 38: Prezzi dei principali oli vegetali in Europa
2500
1500
1000
500
0
giu-04
nov-04
apr-05
set-05
feb-06
lug-06
dic-06
mag-07
ott-07
mar-08
ago-08
gen-09
giu-09
nov-09
apr-10
set-10
feb-11
lug-11
dic-11
mag-12
ott-12
mar-13
ago-13
gen-14
giu-14
$/tonnellata
2000
Mesi
Olio di palma
Olio di colza
Olio di soia
Olio di Girasole
Fonte: http://www.indexmundi.com, 2014
48
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
1.5.2 La canna da zucchero
Ad oggi la produzione di etanolo in Brasile deriva esclusivamente dalla canna da
zucchero. In accordo con il MAPA/SAPCANA24, nel 2013 la superficie brasiliana
destinata alla canna da zucchero ha raggiunto circa 8,5 milioni di ettari, registrando
un incremento del 45% rispetto al 2005 e rappresentando solo l’1% di tutta la
superficie arabile del Brasile25 (Fig. 39).
Figura 39: Ettari di canna da zucchero Brasile per anno SAFRA* (‘000)
*Periodo di mietitura della canna da zucchero (Aprile – Marzo)
Fonte: MAPA/SAPCANA, 2013
In termini di produzione, sempre nel 2013, il Brasile ha raggiunto circa 590 milioni
di tonnellate di canna da zucchero registrando un incremento del 54% rispetto al
2005. Tuttavia a causa dell’instabilità climatica registrata soprattutto negli ultimi
anni la produttività della canna risulta nel 2013 pari a 69,4 t/ha (Tab.8), valore
inferiore rispetto alla media nazionale che si attesta intorno ai 73 t/ha.
24
Ministério da agricultura, pecuária e abastecimento secretaria de produção e agroenergia - departamento da
cana-de-açúcar e agroenergia.
25
Riferito ad una superficie totale del Brasile pari a 852000000 ha (Hoffmann, 2006).
49
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Tabella 8: Produzione e produttività della canna da zucchero Brasile
Anno
SAFRA
2005/2006
2006/2007
2007/2008
2008/2009
2009/2010
2010/2011
2011/2012
2012/2013
Produttività (ton/ha)
Centro-Sud Nord/Nord-Est
Brasile
70,4
44,1
65,5
74,5
48
69,6
75,4
52,6
71,4
84,9
60
81,1
86
54,8
81,4
81
56
77,5
68,6
57,5
67,1
72,5
49,5
69,4
Produzione (milioni di ton)
Centro-Sud Nord/Nord-Est
Brasile
334136,6
48345,4
382482
373921,9
54904
428825,9
431235,5
64609,7
495845,2
508638,8
64099,7
572738,5
542825
60231,4
603056,4
561037,4
63463,8
624501,2
494935,7
66056,1
560991,8
533517,6
55719,6
589237,2
Fonte: MAPA/SAPCANA, 2013
Come mostrato in tabella, circa il 90% della produzione di canna da zucchero è
concentrata nel centro sud26, area particolarmente vocata a tale produzione (Fig.40).
In dettaglio, nel 2013 lo stato di San Paolo ha destinato circa 4,4 milioni di ha alla
canna da zucchero, rappresentando da solo il 62% della produzione di tale coltura nel
solo centro Sud (MAPA/SAPCANA, 2013).
Figura 40: Produzione canna da zucchero in Brasile
Fonte: Goldenberg, 2008
26
Il centro Sud comprende 11 stati: San Paolo, Minas Gerais, Paranà, Spirito Santo, Rio Grande do Sul, Santa
Catarina, Mato Grosso, Mato Grosso do Sul, Guias, Rio de Janeiro e il Distretto Federal.
50
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Per quanto riguarda l’evoluzione storica del destino della canna da zucchero nella
regione del centro sud possiamo notare come a partire dagli anni 90, praticamente
l’80% della produzione della canna era destinata all’etanolo. Tale percentuale è
andata a diminuire anno per anno, tanto che nel 2003, le aziende destinavano più
canna per la produzione di zucchero piuttosto che per la realizzazione di alcool per
etanolo. A partire dal 2004 possiamo affermare che la proporzione destinata allo
zucchero o all’etanolo risulta essere circa la medesima (Fig.41).
Figura 41: Evoluzione storica del destino della canna da zucchero nella regione del Centro Sud (%)
Fonte: Bachi et al., su dati UNICA, 2011
Al 2013, circa il 50,5% della produzione della canna da zucchero è destinata alla
produzione di etanolo, mentre il 49,5% alla produzione di zucchero. In dettaglio nel
2013 sono state prodotte circa 38 milioni di tonnellate di zucchero e 23 milioni di m3
di etanolo (di cui circa 13 milioni di tipo idrato e 10 di tipo anidro)27 (Tab.9).
27
Ricordiamo che 1 tonnellata di canna da zucchero produce circa 135-140kg di zucchero da cui otteniamo circa
80-90 litri di etanolo (Bacchi, 2014).
51
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Tabella 9: Produzione Brasiliana di etanolo, zucchero e canna da zucchero
Anno
SAFRA
2000/2001
2001/2002
2002/2003
2003/2004
2004/2005
2005/2006
2006/2007
2007/2008
2008/2009
2009/2010
2010/2011
2011/2012
2012/2013
2013/2014*
Etanolo Anidro
m3
5584730
6479187
7009063
876789
8172488
766245
8078306
6464520
9630481
6937770
8027283
8623641
9695126
11786431
Etanolo idrato
m3
4932805
4988608
5476363
5872025
7035421
2144939
9861122
13961459
18050758
18800905
19876837
14112926
13778228
16115991
Etanolo Totale
m3
10517535
11467795
12485426
6748814
15207909
2911184
17939428
20425979
27681239
25738675
27904120
22736567
23473354
27902422
Zucchero
Canna da Zucchero
Ton
16020340
18994363
22381336
24944434
26632074
26214391
30735077
31297619
31506859
33033479
38069510
35970397
38357134
37734570
Ton
254921721
292329141
316121750
357110883
381447102
382482002
428816921
495843192
572738489
603056367
624501165
560993790
589237141
656636467
* dato attualizzato a Maggio 2014
Fonte: D CAA/SPAE/MAPA/, 2014
Circa il 70% della produzione annua di zucchero viene esportata (UNICA, 2013),
(Fig.42) rappresentando più del 50% delle esportazioni internazionali delle
commodity prodotte dallo stato brasiliano. L’etanolo viene invece quasi
esclusivamente utilizzato per il consumo domestico (circa il 90%).
Figura 42: Esportazioni di zucchero (tonnellate)
Fonte: UNICA, 2013
52
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Secondo l’ultima indagine effettuata dal MAPA, nell’anno 2013 in Brasile sono state
rilevate 389 industrie di canna da zucchero, di cui 250 ad attitudine mista, 11
produttrici di solo zucchero, 117 aziende di etanolo e 11 non attive. Di queste 75
sono collocate nel centro nord e 314 nell’area del centro sud. Il solo stato di San
Paolo possiede 274 industrie, rappresentando il 53% del totale delle aziende di canna
nel centro sud.
1.6 Il costo di produzione e il prezzo dell’etanolo e del biodiesel
Nel paragrafo che segue verranno descritti i costi di produzione e i prezzi di mercato
dei biocombustibili considerati.
 etanolo
Di seguito vengono presentati i costi di produzione dell’etanolo anidro e idrato
riferito all’anno SAFRA 2012/2013 distinto per regione “Tradizionale”, “di
espansione” e “Nord-est” (Fig.43).
Figura 43: Aree destinate alla produzione di canna da zucchero
Fonte: PECEGE-ESALQ, 2013
In particolare viene definita “Tradizionale” la regione che è tipicamente vocata alla
produzione di canna da zucchero ossia lo Stato San Paolo, lo stato del Paraná e
quello di Rio de Janeiro. Per regione “di espansione” si intendono invece gli Stati in
53
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
cui la produzione di canna da zucchero è in espansione come nello Stato del Goiás,
del Minas Gerais, del Mato Grosso do Sul e del Mato Grosso. Infine la regione
'Nordest' è composto da Stati ubicati nord-est del Brasile, ossia l’Alagoas, il Paraíba
e Pernambuco, meno vocati alla produzione di canna da zucchero. I costi di
produzione analizzati vengono distinti in (Fig 44):
 costi operativi effettivi (COE) corrispondenti alle spese effettivamente
sostenute nello svolgimento dell'attività diretta di produzione;
 costi operativi totali (COT) i quali includono ai costi operativi effettivi i costi
di ammortamento (A);
 costi totali (CT) che incorpora alla voci precedenti il costo di retribuzione del
capitale (RC) e della terra (RT) impiegati nell’attività di produzione ossia il
costo opportunità definito come il costo derivante dal mancato sfruttamento
del capitale e della terra.
Figura 44: Schema dei Costi di produzione
Fonte: PECEGE/CNA 2012, Marques (2009) e Xavier et al., 2009
Di seguito un grafico che riassume tali costi relativi alla produzione di un metro cubo
di etanolo anidro e idrato nel periodo di safra 2012/2013. Dalle tabelle 10 e 11 che
seguono si evidenzia come il costo di produzione di 1 metro cubo di etanolo idrato
varia da 1300 a 1565 R$, ossia circa tra 0,60-0,71 $/litro, mentre per quanto riguarda
l’etanolo anidro i costi oscillano tra 1386 e 1649 R$, corrispondenti a circa da 0,63 a
54
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
0,75 $/litro28. E’ possibile notare come i costi di produzione dell’etanolo anidro sono
leggermente superiori rispetto a quelli dell’etanolo idrato a causa dei processi chimici
maggiori che tale tipologia di etanolo deve subire al fine di essere miscelato alla
gasolina. In generale i costi di produzione delle regioni tradizionali e di quelle in via
di espansione risultano pressoché equivalenti. I costi maggiori si registrano invece
nelle regioni del Nord-Est. Ciò è dovuto al fatto che la produttività della canna da
zucchero in tale regione risulta essere inferiore rispetto alle altre e allo stesso tempo
la produzione nel Nord-Est è caratterizzata da un’attività ad elevata intensità di
manodopera (circa un quarto dei costi di produzione) rispetto alle altre due regioni
che utilizzano una forte meccanizzazione (PECEGE-ESALQ, 2013).
Tabella 10: Costi di produzione etanolo anidro (R$/m3)
COSTI
COE
Ammortamento
COT
RC+RT
CT
Regione
Tradizionale
951,32
199,69
1151,01
229,23
1380,24
REGIONI
Regione di
espansione
904,99
249,81
1154,8
231,48
1386,28
Regione del
Nord-Est
1145,09
253,16
1398,25
251,03
1649,28
Fonte: PECEGE-ESALQ, 2013
Tabella 11: Costi di produzione etanolo idrato (R$/m3)
COSTI
COE
Ammortamento
COT
RC+RT
CT
Regione
Tradizionale
882,13
189,53
1071,65
217,56
1289,22
REGIONI
Regione di
espansione
843,51
237,09
1080,60
219,70
1300,30
Regione del
Nord-Est
1086,79
240,27
1327,06
238,25
1565,31
Fonte: PECEGE-ESALQ, 2013
Se mettiamo in relazione i costi di produzione con il prezzo potenziale al produttore
(Fig.45), è possibile notare come in entrambe le tipologie di etanolo il margine
28La
conversione è stata fatta considerando che 1m3 corrisponde a 1000 litri e che nel periodo considerato 1
dollaro ($) era equivalente a 2,2022 Real brasiliani (R$).
55
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
economico risulta essere negativo. In dettaglio nel caso dell’etanolo anidro
evidenziamo una perdita del -6,4% per la regione tradizionale, del -5,2% nella
regione di espansione e del -11,4% nella regione del Nord-Est.
Figura 45: Costi di produzione e prezzo potenziale etanolo anidro (R$/m3)
Fonte: PECEGE-ESALQ, 2013
Le perdite maggiori si registrano nella produzione dell’etanolo idrato (-11,9%
regione tradizionale, -12,2% regione di espansione e -17,5% regione di Nord-Est)
(Fig.46).
56
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Figura 46: Costi di produzione e prezzo potenziale etanolo idrato (R$/m3)
Fonte: PECEGE-ESALQ, 2013
In accordo con il PECEGE (2013), se si confrontano i costi di produzione
dell’etanolo con quelli dello zucchero in relazione al prezzo potenziale di vendita è
possibile osservare come il margine economico risulta invece essere positivo in tutte
e tre le regioni analizzate e in particolar modo nel Nord-Est in cui l’attività di
produzione dello zucchero risulta pertanto più attrattiva. In dettaglio i costi totali di
produzione di una tonnellata di zucchero variano infatti da 882 a 1010 R$, ossia circa
tra 400 e 459 $ per tonnellata29. Lo zucchero rimane pertanto l’attrattiva preferita
rispetto all’etanolo.
Considerando infine l’evoluzione dei costi di produzione nei diversi anni possiamo
osservare dai grafici che seguono (Fig.47) come si evidenzia un incremento dei costi
di produzione dall’anno 2007/2008 al 2012/2013 pari al 70% per la regione
tradizionale, del 65% per quella di espansione e del 60% nel Nord-Est per quanto
riguarda l’etanolo anidro.
29La
conversione è stata fatta considerando che nel periodo analizzato 1 dollaro ($) era equivalente a 2,2022 Real
brasiliani (R$).
57
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
Figura 47: Evoluzione dei costi di produzione etanolo anidro (R$/m3)
Fonte: PECEGE-ESALQ, 2013
Il medesimo comportamento si è registrato per l’etanolo idrato. In dettaglio si
osserva un incremento del 70% nell’area tradizionale, del 65% in quella di
espansione e del 60% nel Nord-Est (Fig.48).
Figura 48: Evoluzione dei costi di produzione etanolo idrato (R$/m3)
Fonte: PECEGE-ESALQ, 2013
Tali incrementi sono dovuti principalmente ad aumenti registrati nel corso degli anni
dei diversi fattori produttivi impiegati negli stadi di produzione dell’etanolo come nel
costo della manodopera, dei fertilizzanti ecc. Ricordiamo infatti che la produzione di
etanolo comprende due fasi: una fase agricola, in cui viene prodotta la canna da
zucchero e una fase industriale, in cui l’azienda converte la canna da zucchero in
etanolo e in zucchero in percentuali variabili (Fig.49). In accordo con l’PECEGE
58
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
(Programa de Educação Continuada em Economia e Gestão de Empresas) circa il
60% dei costi totali di produzione sono rappresentati dalla fase agricola, mentre il
40% dalla fase industriale.
Figura 49: Diagramma di flusso del processo agroindustriale
Passando al contesto dei prezzi, a partire dal 1933 fino agli anni 2000 il prezzo
dell’etanolo era definito dal Governo Brasiliano. A partire dal 1997, per quanto
riguarda l’etanolo anidro, e dal 1999, per quanto riguarda l’etanolo idrato, fino ad
oggi, il prezzo del biocombustibile è passato dal mercato tutelato a quello libero. Il
grafico che segue mostra l’andamento dei prezzi dell’etanolo anidro e idrato nello
stato di San Paolo.
Figura 50: Prezzo al produttore dell’etanolo anidro e idrato nello Stato di San Paolo
Fonte: CEPEA, 2014
Dal grafico (Fig.50) è possibile notare come il prezzo dell’etanolo, sia anidro che
idrato, risulta essere piuttosto stabile. E’ possibile tuttavia notare un pico di prezzo
59
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
dell’etanolo anidro durante i primi mesi del 2011. Ciò è dovuto al fatto che in tale
periodo c’è stato un aumento del consumo della gasolina che risultava essere poco
costosa a causa del mancato innalzamento del prezzo da parte del Governo
Brasiliano. L’aumento del consumo della gasolina si è ripercosso in un aumento
della richiesta di etanolo anidro, che tuttavia non era presente (carenza di stock). Si è
assistito pertanto ad un importazione del etanolo anidro dagli Stati Uniti con
conseguente incremento del prezzo.
In generale possiamo affermare che la differenza del livello di prezzo dell’etanolo
che si registra nel corso degli anni è principalmente associata al quantitativo di canna
da zucchero prodotto e all’allocazione di quest’ultima per la produzione di zucchero
o etanolo. Altri fattori possono influenzare tale variabilità tra i quali la resa, la
vendita dei veicoli flex e il prezzo della gasolina che rappresenta il combustibile
sostitutivo all’etanolo idrato e nonché il combustibile miscelato all’etanolo anidro
(Bacchi et al., 2011). In relazione a quest’ultimo aspetto, se confrontiamo i prezzi del
biocombustibile con quello della gasolina (Fig.51), possiamo notare come l’etanolo
mostra un prezzo molto più competitivo rispetto al combustibile fossile.
Figura 51: Prezzo dell’etanolo idrato nelle varie fasi della catena produttiva (produttore, distributore e alla
pompa) e prezzo della gasolina alla pompa nello Stato di San Paolo
Fonte: CEPEA, ESALQ-USP, ANP 2013
Tuttavia non sempre l’etanolo riesce a competere con la gasolina. Ciò dipende dalla
diversa resa dei due combustibili definita dal rapporto dei due prezzi. Infatti, se il
60
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
rapporto tra il prezzo dell’etanolo e quello della gasolina risulta essere maggiore del
70% è più conveniente utilizzare la gasolina rispetto all’etanolo, viceversa se il
rapporto risulterà essere minore l’etanolo idrato sarà l’alternativa preferita. Dalla
figura sottostante (Fig. 52) che mette in luce tale rapporto nei diversi stati del Brasile,
è possibile notare come la gasolina, nonostante il suo prezzo elevato, risulta essere
più competitiva rispetto all’etanolo fatta eccezione per lo stato di San Paolo e lo
Stato del Goiania, in cui l’etanolo risulta essere l’alternativa più conveniente.
Figura 52: Rapporto tra prezzo dell’etanolo e gasolina (resa)
Fonte: USDA, 2013
 Biodiesel
I costi di produzione del biodiesel sono determinati dal costo della materia prima,
dalla resa e dal costo della trasformazione, cui vanno sottratti i ricavi provenienti
dalla vendita dei sottoprodotti che sono rappresentati principalmente la glicerina. La
materia prima costituisce la principale voce di costo e presenta un’elevata variabilità
a seconda della provenienza. Tale voce di costo, sia essa riferita al girasole o a
qualsiasi altra oleaginosa, come la soia o la colza, è la voce che maggiormente
potrebbe incidere sul prezzo finale del biocombustibile, erodendo il margine
operativo degli impianti di produzione. Tuttavia lo sviluppo di una filiera corta delle
oleaginose, se adeguatamente incentivata a livello politico, potrebbe abbattere i costi
logistici, garantire la qualità del prodotto fondamentale per la formazione del prezzo
finale del biocombustibile e ridurre il rischio di approvvigionamento delle imprese.
61
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
La tabella che segue (Tab.12) riassume i costi totali di produzione del biodiesel
distinti in costi di coltivazione, costi di spremitura e costi di trasformazione30.
Tabella 12: Costi di produzione biodiesel, 2014
PRICIPALI VOCI DI COSTO
Resa in granella (t/ha)
Resa in olio (%)
Resa in olio vegetale (t/ha)
Resa in panello di estrazione (%)
Resa in panello (t/ha)
Prezzo unitario panello (€/t)
Valore panello (€/ha)
Costi di coltivazione (t/ha)
Costo granella (€/t)
Costi di spremitura (€/t)
Costo dell’olio (€/t)
Costo di trasformazione (€/t)
COSTO BIODIESEL (€/t)
Girasole
2,5-3
45
1,13-1,35
53
1,33-1,59
100
133-159
1324
530-441
40
884-746
90
974-836
Soia
3,5-4
20
0,7-0,8
78
2,73-3,12
180
491-561
1499
428-375
40
842-800
90
932-890
Colza
3-3,5
42
1,26-1,47
56
1,68-1,96
130
218-255
1297
432-371
40
1218-1060
90
1308-1150
*Molti valori in tabella sono stati forniti direttamente dagli impianti di produzione mediante indagine
Sulla base delle produzioni agricole medie e dei costi medi di coltivazione, emerge
come il costo complessivo dell’olio grezzo vari tra da 884-746 euro/t per il girasole,
842-800 euro/t per la soia e 1308-1150 per il colza. I costi di trasformazione dell’olio
in biodiesel sono stati considerati pari a 90 €/t. Tale voce di costo comprende i costi
di esterificazione, di trasporto e altri costi aggiuntivi. Nel complesso il costo di
produzione del biodiesel oscilla in un range tra i 932 euro/t (0,85 euro/litro31) ed i
1380 euro/t (1,26 euro/litro) a seconda della materia prima utilizzata. Dalla tabella si
evidenzia come il colza risulti la coltura oleaginosa più conveniente per la
produzione di biodiesel in termini di costo di coltivazione che risulta pari a circa
1.300 €/ha, mentre la soia pur avendo la resa in olio più bassa e costi di coltivazione
più elevati, è la coltura che permette di ottenere il minor prezzo del biodiesel data
l’elevata resa in granella. Si precisa comunque che il colza, a parità di costo di
30Nella
fase di trasformazione in biodiesel, le voci di costo che devono essere valutate sono quelle relative alla
produzione di materia, alla spremitura e rettifica dell’olio (raffinazione).
31
Considerata una densità è pari a 0,9 kg/l
62
Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei
biocarburanti
produzione, nel processo di trasformazione in biodiesel, manifesta performance
qualitative migliori.
Al fine di valutare la redditività del settore del biodiesel è stata effettuata un’analisi
economica di un impianto rappresentativo che riassume, in media, le caratteristiche
degli impianti di biodiesel presenti in Italia32. L’impianto considerato produce
150.000 tonnellate all’anno di biodiesel. Per semplicità, è stato ipotizzato solo
l’utilizzo dell’olio di colza, che rappresenta la materia prima maggiormente
impiegata dalle aziende produttrici italiane e presenta le migliori caratteristiche per la
trasformazione in biodiesel. L’analisi economica si è basata sull’applicazione della
metodologia break-even analysis e si fonda sul confronto di tutte le voci di costo con
le voci attive relative alla vendita del prodotto finale. I costi sono dati dalla somma di
tutti gli esborsi richiesti per la gestione e la manutenzione ordinaria e straordinaria
dell’impianto, mentre i ricavi sono costituiti dai proventi derivanti dalla vendita del
biodiesel e della glicerina come sottoprodotto. Dal confronto costi-ricavi, è stato
determinato il Margine Operativo Netto o EBI-T (earning before interest and taxes),
detto anche reddito operativo. Una volta individuati i parametri utili allo studio della
potenzialità economico strutturale, vale a dire prezzi e costi (fissi e variabili), è stato
determinato il profitto. Mediante l’equazione del profitto viene individuata la linea di
pareggio che evidenzia le combinazioni di prezzo dell’olio vegetale e di prezzo del
biodiesel che assicurano all’impianto un profitto pari a zero. I dati sono stati elaborati
in modo da evidenziare l’incidenza dei costi di produzione sulla redditività
dell’impianto. In particolare, sono stati considerati il costo dell’investimento, i costi
di gestione, di trasformazione, di trasporto nonché i costi dell’olio vegetale (Tab.13).
32
Analisi derivante delle informazioni raccolte tramite un indagine.
63
Tabella 13: Costi totali di produzione biodiesel
PRICIPALI VOCI DI COSTO
Rata annuale prestito bancario
Costi di gestione e manutenzione
Costo della biomassa - olio di colza
Altri costi
Costo di trasformazione
Totale costi di produzione
Costi di produzione per tonnellata (€/ton)
€
1.554.048
12.000.000
103.500.000
1.500.000
9.750.000
130.554.048
%
1,19
9,19
79,28
1,15
7,47
100,00
870
Dalla tabella emerge come il costo della biomassa vegetale (olio di colza) è la voce
che incide maggiormente sul totale dei costi (80%). Ciò significa che il costo di
produzione del biodiesel è fortemente correlato con le variazioni dei prezzi degli oli
vegetali sul mercato di riferimento (Rotterdam). Il margine operativo netto, dato
dalla differenza dei ricavi con i costi di produzione, risulta negativo (Tab.14). Tale
risultato è riconducibile in particolare al livello del prezzo del biodiesel che viene
fissato dalle compagnie petrolifere, senza tenere conto dei costi di produzione
sostenuti dalle imprese.
Tabella 14: Margine netto dell’impianto del biodiesel
VOCI CONSIDERATE
Biodiesel venduto (tonnellate)
Prezzo del biodiesel (€/ton)
Glicerina venduta (tonnellate)
Prezzo della glicerina (€/ton)
MARGINE NETTO (€)
MARGINE NETTO PER TONNELLATA
€
150.000
750
15.000
80
-16.854.048
-112
Infatti un aspetto interessante riguarda la formazione del prezzo del biodiesel che non
possiede un proprio mercato, ma è legato all’andamento del prezzo del petrolio. Non
è infatti possibile individuare un prezzo del biodiesel sul mercato Platts33 come per
33
Il Platts è un’agenzia specializzata e indipendente con sede a Londra, parte del gruppo Mc Graw Hill, che
definisce il valore a cui le raffinerie possono vendere una tonnellata di benzina o di gasolio in quel dato giorno.
Le quotazioni Platts dei prodotti raffinati e, di conseguenza, i prezzi internazionali dei carburanti non hanno
sempre una precisa correlazione con quelli del greggio e spesso mostrano andamenti di segno opposto, perché
rappresentano mercati diversi, influenzati da variabili differenti.
64
il gasolio e la benzina. Il prezzo del biodiesel deriva da una contrattazione tra
produttori e compagnie petrolifere. Le componenti che concorrono alla formazione
del prezzo sono essenzialmente due: il prezzo del diesel su base Platts ed un premio
che generalmente varia tra 200 e 300 euro alla tonnellata in relazione al prezzo
dell’olio vegetale e ad alcuni parametri qualitativi dello stesso. E quindi:
dove:
- Pl: prezzo medio mensile del diesel pubblicato su base Platts
- Cm: cambio €/$
- Densità diesel: 0,845
- Densità biodiesel: 0,882
Il cosiddetto “business margin”, che corrisponde alla differenza tra i costi sostenuti
per la produzione del biodiesel ed il prezzo del diesel su Platts, rappresenta invece il
valore che permetterebbe di coprire i costi di produzione e che i produttori di
biodiesel vorrebbero spuntare. Tuttavia, è emerso che il prezzo riconosciuto dalle
compagnie petrolifere corrisponde a circa il 65% del “business margin”, percentuale
che dipende dal potere contrattuale dei produttori e risulta a sua volta proporzionale
alla quota di contingente defiscalizzato a loro assegnata. Purtroppo, essendo frutto di
una contrattazione tra le parti, non siamo in grado di stabilire la quota dei mancati
costi che entra a far parte del prezzo riconosciuto ai produttori. Va inoltre precisato
che, nell’attualità, le dinamiche del mercato internazionale sul biodiesel da un lato e
la riduzione del contingente defiscalizzato dall’altro, hanno fatto sì che la formazione
del prezzo del biodiesel avvenga tramite un semplice meccanismo d’asta (al ribasso)
imposto dalle compagnie petrolifere. Il mercato bioenergetico pertanto inizialmente
propenso al riconoscimento di un prezzo alla qualità del prodotto, risulta oggi
sottoposto alla competizione non sempre leale con i biocarburanti provenienti
dall’estero. A tali condizioni risulta difficile per i produttori italiani essere
competitivi.
Di seguito un grafico (Fig.53) che mostra l’andamento del prezzo del biodiesel. Il
prezzo del biocombustibile fa riferimento al prezzo alla pompa in Germania e risulta
essere un blend.
65
Figura 53: Prezzo del biodiesel alla pompa
Fonte: Bloomberg, 2013
Dal grafico (Fig.54) è possibile notare come il prezzo del biodiesel negli ultimi anni
risulta essere piuttosto stabile. In particolare se si confrontano le variazioni del
prezzo del biodiesel con quelle della materia prima principale di riferimento, ossia
l’olio di colza, e del diesel è possibile osservare come il prezzo del biocombustibile
risulta piuttosto stabile.
Figura 54: Prezzi indicizzati biodiesel, diesel e olio di colza (2008=100)
66
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i
biocarburanti
Introduzione
Con la ratifica del protocollo di Kyoto34, l’Europa ha accettato la sfida di ridurre le
emissioni di gas ad effetto serra (GHG)35 associate alla produzione e al consumo di
energia. A tale scopo, la Commissione Europea, nel giugno del 2000, ha indetto il
primo European Climate Change Programme (ECCP I), nel quale vengono
identificate una serie di misure, di politiche comuni e coordinate (CCPMs) per
l’intera EU al fine di adempiere agli obblighi del Protocollo stesso. Queste CCPMs
sono state adottate o sono comunque in una fase avanzata. Molte di queste CCPMs
prendono forma come Direttive, che devono essere recepite dagli Stati Membri
tramite leggi nazionali, altre come Regolamenti, direttamente applicati dagli Stati
Membri. In aree specifiche sono previsti anche degli accordi volontari tra la
Commissione Europea e i soggetti interessati (stakeholders). La maggior parte delle
CCPMs hanno come obiettivo la riduzione delle emissioni nei settori dell’energia e
dei trasporti, in quanto in questi settori il potenziale di riduzione delle emissioni di
GHG è potenzialmente molto alto.
In dettaglio l’Unione Europea, al fine di rispettare il protocollo di Kyoto della
Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici e gli ulteriori
impegni assunti a livello internazionale per la riduzione delle emissioni di gas a
34
Il Protocollo di Kyoto è un trattato internazionale in materia di ambiente sottoscritto nell’omonima città
giapponese l’11 dicembre 1997 da più di 160 Paesi, ed entrato in vigore il 16 febbraio 2005, dopo la ratifica da
parte della Russia; esso costituisce lo strumento attuativo della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui
cambiamenti climatici e si propone come primo grande passo verso una strategia internazionale volta al
raggiungimento di una progressiva riduzione delle emissioni di gas serra in atmosfera. Il Protocollo impegna i
Paesi industrializzati ad una diminuzione di almeno il 5,2% delle emissioni globali dei principali gas ad effetto
serra rispetto ai valori del 1990, ed il periodo previsto per il conseguimento di questo obiettivo è tra il 2008 e il
2012.
35
Sono chiamati gas serra (o greenhouse gas) quei gas presenti in atmosfera, che sono trasparenti alla radiazione
solare in entrata sulla Terra ma riescono a trattenere, in maniera consistente, la radiazione infrarossa emessa dalla
superficie terrestre, dall'atmosfera e dalle nuvole. I gas serra possono essere di origine sia naturale che antropica,
e assorbono ed emettono a specifiche lunghezze d'onda nello spettro della radiazione infrarossa. Questa loro
proprietà causa il fenomeno noto come effetto serra. I principali sono: il vapore acqueo (H2O), il biossido di
carbonio (CO2), l'ossido di diazoto (N2O) e il metano (CH4).
67
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
effetto serra, ha attuato una serie di misure al fine di controllare il consumo di
energia e di incrementare l’utilizzo di energia derivante da fonti rinnovabili.
L’obiettivo è quello di assicurare risparmi energetici più elevati ed incrementare
l’efficienza energetica, tramite l’utilizzo dei meccanismi attuati, che costituiscono
parti importanti del pacchetto necessario per ridurre le emissioni di GHG. Tali fattori
hanno un’importante funzione anche nel promuovere la sicurezza degli
approvvigionamenti energetici, nel favorire lo sviluppo tecnologico e l’innovazione e
nel creare posti di lavoro e sviluppo regionale, specialmente nelle zone rurali ed
isolate. In particolare, i maggiori progressi tecnologici, il ricorso a tecnologie
energeticamente efficienti e l’utilizzo di energia proveniente da fonti rinnovabili,
sono tra gli strumenti più efficaci con cui la Comunità può ridurre la sua dipendenza
dalle importazioni di petrolio, in cui il problema della sicurezza degli
approvvigionamenti energetici è molto evidente. Di seguito verrà descritta la
cronistoria normativa sulle energie rinnovabili e sui biocombustibili.
2.1 Le politiche ambientali per le fonti rinnovabili e i biocombustibili in
Europa
Numerosi sono stati gli interventi normativi e programmatici realizzati dall’UE per
rispondere alle esigenze per la produzione alternativa di energia, necessari a
soddisfare sia il crescente bisogno di fonti rinnovabili, che la riduzione delle
emissioni di CO2, rispondendo così agli accordi siglati nel Protocollo di Kyoto. Nel
1996, la Commissione Europea ha adottato il Libro Verde “Energia per il futuro: le
fonti energetiche rinnovabili”, ponendosi l’arduo obiettivo di raddoppiare entro 15
anni il contributo dell’energia rinnovabile al consumo interno lordo di energia (il
12% nel 2010), con la creazione di 500.000 posti di lavoro (CE, 1996). Nel Libro
Verde la Commissione Europea ha analizzato sia le problematiche che i possibili
vantaggi derivabili dall’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili; tra i limiti, la
Commissione ha evidenziato gli elevati costi fissi ed i lunghi periodi ammortamento
per le imprese, ma anche diversi problemi tecnici ed economici per la connessione
alle reti elettriche centralizzate. Tra i vantaggi, sono stati indicati la maggior
sicurezza degli approvvigionamenti e la diminuzione della dipendenza europea dalle
importazioni di energia, la maggiore competitività tecnologica delle industrie, i
minori impatti ambientali e la riduzione delle emissioni, incrementando il tasso di
occupazione.
68
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
Successivamente al Libro Verde, la Commissione Europea ha emanato il Libro
Bianco “Energia per il futuro: le fonti energetiche rinnovabili”, dove sono stati
sottolineati e descritti con maggior dettaglio i vantaggi derivanti dall’utilizzo delle
fonti energetiche rinnovabili e dove è stato definito il tasso-obiettivo di penetrazione
delle rinnovabili, pari al 12% entro il 2010 (CE, 1997). Nel Libro Bianco è stato
stimato un investimento complessivo per conseguire l’obiettivo, di 165 miliardi di
euro per il periodo 1997-2010, mentre l’investimento al netto dei costi evitati per
l’acquisto di combustibile è stato stimato pari a 95 miliardi di euro. Tra i benefici,
notevoli, sono stati individuati: un incremento occupazionale dai 500.000 ai 900.000
posti di lavoro, un risparmio totale di costi per il combustibile di circa 21 miliardi di
euro nel peridio 1997-2010, con una riduzione di importazione di combustibile del
17,4% ed una diminuzione delle emissioni di CO2 pari a circa 402 milioni di
Tonnellate/anno nel 2010.Al Libro Verde ed al Libro Bianco sono seguite numerose
Direttive al fine di attuare le principali azioni previste.
Il 27 ottobre 2001 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea
la Direttiva 2001/77/CE “sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti
energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”. La Direttiva prevedeva
che entro il 27 ottobre 2002, e successivamente ogni cinque anni, gli Stati Membri
avessero adottato e pubblicizzato una relazione che stabilisse per i dieci anni
successivi, gli obiettivi indicativi nazionali di consumo totale di elettricità prodotta
da fonti energetiche rinnovabili, in termini di percentuale sul consumo di elettricità.
Inoltre prevedeva la pubblicazione da parte degli Stati Membri, per la prima volta
entro il 27 ottobre 2003, e successivamente ogni due anni, di una relazione
contenente un’analisi del raggiungimento degli obiettivi indicativi nazionali; la
Commissione doveva, quindi, pubblicare una relazione contenente le sue
conclusioni, entro il 27 ottobre 2004 e successivamente ogni due anni e, sulla base
delle relazioni degli Stati Membri e presentare al Parlamento Europeo una relazione
di sintesi sull’attuazione della Direttiva entro il 31 dicembre 2005 e successivamente
ogni 5 anni. La direttiva ribadiva l’obbligo del 12% di consumo interno lordo di
energia da fonti rinnovabili entro il 2010, imponendo di raggiungere una quota
indicativa del 22,1% di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili sul
consumo totale di elettricità della Comunità, entro lo stesso periodo. Secondo la
normativa gli Stati Membri avevano l’onere di garantire l’origine dell’elettricità
prodotta e di ridurre eventuali ostacoli di qualsiasi tipologia, compresi quelli
69
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
normativi; in particolare è di notevole importanza rilevare l’obbligo, imposto ai
gestori di rete, di trasmettere, di distribuire e di garantire che la tariffazione
dell’elettricità proveniente da impianti che utilizzano fonti energetiche rinnovabili,
rifletta i vantaggi in termini di costi che ne derivano (art. 7, Direttiva 2001/77/CE).
Per ottenere le finalità prefissate, la Direttiva prevedeva obiettivi differenziati per
ogni singolo Stato Membro, avente facoltà di scegliere gli strumenti e le misure di
sostegno di mercato delle fonti rinnovabili, più idonee alle diverse situazioni. A
livello nazionale la Direttiva è stata recepita tramite l’adozione di meccanismi di
sostegno, come i Certificati Verdi (CV)36, aiuti agli investimenti, esenzioni fiscali,
restituzione d’imposta e regimi di sostegno diretto dei prezzi. Come meccanismo di
mercato in molti Stati Membri è stato introdotto l’obbligo ad importatori e produttori
di energia da fonti non rinnovabili, di immettere in consumo una quota di energia
elettrica derivante da fonti energetiche rinnovabili, al fine di incentivarne la
produzione.
Per incentivare la promozione della produzione e l’uso dei biocarburanti in modo da
diminuire l’utilizzo e di conseguenza l’impatto ambientale dei carburanti diesel e
benzina, nel maggio del 2003, l’Unione Europea ha pubblicato la Direttiva
2003/30/CE “sulla promozione dell’uso dei biocarburanti o di altri carburanti
rinnovabili nei trasporti”. Tale direttiva ha istituito dei “valori di riferimento” per la
progressiva immissione in consumo dei biocarburanti pari al 2% della quota di
mercato nel 2005 e al 5,75% nel 2010, rispetto all’impiego dei combustibili fossili, al
fine di garantire la penetrazione nel mercato della distribuzione dei carburanti di una
quota minima di biocombustibili. La Direttiva si è inserita pienamente tra le misure e
gli obiettivi preposti dal Protocollo di Kyoto, nonché tra le politiche per la sicurezza
per l’approvvigionamento energetico e chiedeva agli Stati Membri di monitorare e
comunicare puntualmente i risultati raggiunti e giustificare eventuali scostamenti
dall’obiettivo europeo (es.: Richiesta CE di chiarimenti all’Italia per l’obiettivo 2005
del 28/06/2006).
36
Nel mercato dei CV, la domanda è costituita dall’obbligo per produttori e importatori di immettere
annualmente una “quota minima d’obbligo” di energia prodotta da fonti rinnovabili, pari al 2% di quanto prodotto
e/o importato da fonti convenzionali nell’anno precedente (D.Lgs. del 16 Marzo 1999, n.79).
Per quanto riguarda l’offerta, questa è rappresentata dai CV emessi a favore degli operatori con impianti che
hanno ottenuto la qualificazione I.A.F.R. (Impianti Alimentati da Fonti Rinnovabili), dal Gestore dei Servizi
Elettrici (GSE).
70
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
Importanti agevolazioni, dal punto di vista della tassazione per le fonti rinnovabili,
sono state raggiunte con la Direttiva 2003/96/CE (“Ristruttura il quadro
Comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità), nella quale si
ribadisce che gli Stati membri devono obbligatoriamente applicare una tassazione
“minima” (ACCISA)37 ai prodotti energetici quando sono impiegati come
combustibili o carburanti38. In particolare tale direttiva ha l’obiettivo di migliorare il
mercato interno esentando o riducendo i biocarburanti da accise.
Pertanto i
programmi di agevolazione sui biocarburanti consentiti dalla direttiva 2003/96/CE
sono in linea con il dettato della direttiva 2003/30/CE sulla promozione dei
biocarburanti, consentendo di sostenere la nascita di un tessuto industriale
comunitario nel settore della produzione di biocarburanti.
Infine l’ultimo testo normativo relativo alle fonti energetiche rinnovabili è la
Direttiva 2009/28/CE del 23 Aprile 2009 “sulla promozione dell’uso dell’energia
da fonti rinnovabili”, che risulta di fondamentale importanza, in quanto affronta la
promozione dell’utilizzo sia dell’energia da fonti rinnovabili, che dei biocarburanti o
di altri combustibili rinnovabili nel settore dei trasporti. Inoltre, introduce novità di
notevole interesse in relazione ad argomenti di carattere ambientale ed in materia di
cambiamento climatico, e per questi motivi verrà approfondita nel seguente
paragrafo.
2.1.1 La Direttiva 2009/28/CE – Renewable Energy Directive (RED)
La direttiva 2009/28/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009,
“Sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e
successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”, fa parte del
pacchetto clima-energia39, sorgendo quindi nel quadro della lotta al cambiamento
climatico,
ma
senza
dimenticare
il
fondamento
della
sicurezza
37
Accisa: imposta sulla fabbricazione e sul consumo. È un tributo indiretto che colpisce singole produzioni e
singoli consumi. In Italia le accise più importanti sono quelle relative ai prodotti energetici (precedentemente
limitati solo agli oli minerali derivati dal petrolio), all’energia elettrica, agli alcolici e ai tabacchi. L’accisa è
un’imposta che grava sulla quantità dei beni prodotti e si esprime in termini di aliquote che sono rapportate
all’unità di misura del prodotto (es. m3). L’accisa concorre a formare il valore dei prodotti, ciò vuol dire che
l’IVA sui prodotti soggetti ad accisa grava anche sulla stessa accisa.
38 Direttiva 2003/96 /CE Art. 2.
39Approvato in data 17/12/2008, il pacchetto è volto a conseguire gli obiettivi che l’UE si è fissata per il 2020:
ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra, portare al 20% il risparmio energetico e aumentare al 20% il
consumo di fonti rinnovabili; contiene 6 proposte legislative: Sistema di scambio delle emissioni di gas a effetto
serra (ETS), Ripartizione degli sforzi per ridurre le emissioni, Cattura e stoccaggio geologico del biossido di
carbonio, Accordo sulle energie rinnovabili, Riduzione del CO2 da parte delle auto, Riduzione dei gas a effetto
serra nel ciclo di vita dei combustibili.
71
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
dell’approvvigionamento energetico. Come si evince già dal titolo della Direttiva,
questa va ad abrogare altre due Direttive già in vigore in Europa: la “Direttiva
2001/77/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001 sulla
promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel
mercato interno dell’elettricità” e la “Direttiva 2003/30/CE del Parlamento Europeo e
del Consiglio dell’8 maggio 2003 sulla promozione dell’uso dei biocarburanti o di
altri carburanti rinnovabili nei trasporti”. La Direttiva 2009/28/CE stabilisce un
quadro per promuovere l’energia da fonti rinnovabili, fissando obiettivi nazionali
obbligatori sia per la quota complessiva di tale energia sul consumo finale lordo sia
sui trasporti, regolando i trasferimenti statici tra gli Stati membri, i progetti comuni
tra Stati membri e con paesi terzi, le garanzie d’origine, le procedure amministrative,
di informazione e di formazione, l’accesso alla rete elettrica per l’energia da fonti
rinnovabili e fissando criteri di sostenibilità per biocarburanti e bioliquidi (art. 1). In
dettaglio lo scopo della Direttiva è quello di raggiungere l’obiettivo comunitario del
20% della quota di energia da fonti rinnovabili entro il 2020, e per fare in modo che
ciò avvenga, la quota di energia da fonti rinnovabili di ogni Stato membro dovrà
essere pari all’obiettivo nazionale generale di consumo finale lordo (allegato I parte
A) come mostrato nella tabella che segue (Tab.15). Gli Stati adotteranno tutte le
misure necessarie a raggiungere la quota stabilita nella traiettoria indicativa (allegato
I parte B), utilizzando regimi di sostegno o misure di cooperazione con Stati Membri
o Terzi.
72
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
Tabella 15: Obiettivi nazionali generali per la quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale di
energia nel 2020
Fonte: Direttiva 2009/28/CE
Per quanto riguarda il settore dei trasporti, la Direttiva 2003/30/CE fissava un
obiettivo indicativo di introduzione di una quota di biocarburanti pari al 5,75% di
tutti i combustibili per il trasporto stradale da raggiungere nel 2010. Con la presente
Direttiva (art. 3) la quota di energia di ogni Stato membro da fonti rinnovabili per
ogni forma di trasporto dovrà essere pari al 10% del consumo finale entro il 2020
(Fig.55).
73
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
Figura 55: Uso dei biocarburanti nell’EU e obiettivi stabiliti dalle relative Direttive Europee (%)
Fonte: Elaborazione ENEA su dati EurObserv’ER - Biofuels Barometer, 2009
Ogni Stato membro adotta un piano di azione nazionale con il quale fissa gli obiettivi
da raggiungere entro il 2020 per la quota di energia da fonti rinnovabili consumata
nei trasporti, elettricità e riscaldamento/raffreddamento (art. 4).
Punto di fondamentale importanza discusso nella presente Direttiva, è quello di
garantire la sostenibilità ambientale tramite l’introduzione di criteri severi per
misurare la sostenibilità dei biocarburanti; infatti, all’articolo 17 vengono definiti una
serie di criteri per i biocarburanti e bioliquidi. Questi sono eligibili se presentano un
beneficio di riduzione delle emissioni di CO2 pari ad almeno il 35%
immediatamente, al 50% per il 2017 e al 60% per i nuovi impianti nel 2018. Al fine
di assicurare i massimi livelli di sostenibilità, gli articoli 17.3, 17.4, 17.5 prevedono
che per raggiungere l’obiettivo del 10% non saranno contabilizzati, e che quindi non
potranno neanche beneficiare dei regimi di sostegno, i biocarburanti derivanti da
materie prime ottenute:
 da terreni ad elevata biodiversità catalogati nel gennaio 2008 o
successivamente come foreste primarie o altri terreni boschivi, come aree
designate a norma di legge per la protezione della natura e di ecosistemi o
specie rari minacciati di estinzione, o come terreni erbosi naturali ad elevata
biodiversità;
 da terreni con elevati stock di carbonio e che dal gennaio 2008 erano
classificati come zone umide o zone boschive continue;
74
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
 dai terreni classificati come torbiere nel gennaio 2008.
Ogni Stato Membro ha l’obbligo di dimostrare che i criteri sopra indicati sono stati
rispettati nella fase di produzione dei biocarburanti e bioliquidi. La Comunità, dal
canto suo, si impegna a concludere accordi con i paesi terzi che contengano
disposizioni sui criteri di sostenibilità corrispondenti a quelli contenuti nella presente
Direttiva, accordi che dimostrano la produzione sostenibile di biocarburanti e
bioliquidi dalle materie prime provenienti da questi paesi (art. 18).
Al fine di valutare le emissioni di gas serra derivanti dalla produzione e dall’utilizzo
dei biocombustibili, nell’articolo 19 della presente Direttiva viene proposta una
metodologia di calcolo di tali emissioni. A solo titolo informativo si riporta qui di
seguito la formula principale di tale metodologia, rimandando però al testo originale
per maggiori dettagli:
E = eec + el + ep + etd + eu – esca – eccs – eccr – eee
dove
E = il totale delle emissioni derivanti dall’uso del carburante;
eec = le emissioni derivanti dall’estrazione o dalla coltivazione delle materie prime;
el = le emissioni annualizzate risultanti da modifiche degli stock di carbonio a
seguito del cambiamento della destinazione dei terreni;
ep = le emissioni derivanti dalla lavorazione;
etd = le emissioni derivanti dal trasporto e alla distribuzione;
eu = le emissioni derivanti dal carburante al momento dell’uso;
esca = la riduzione delle emissioni grazie all’accumulo di carbonio nel suolo
mediante una migliore gestione agricola;
eccs = la riduzione di emissioni grazie alla cattura e allo stoccaggio geologico del
carbonio;
eccr = la riduzione delle emissioni grazie alla cattura e alla sostituzione del carbonio;
eee = la riduzione di emissioni grazie all’elettricità eccedentaria prodotta dalla
cogenerazione.
Infine, concludendo il quadro descrittivo della Direttiva 2009/28/CE, nell’articolo
19, è inoltre indicato che la Commissione ha l’obbligo negli anni successivi di
presentare relazioni in cui si valutava l’impatto del cambiamento indiretto della
destinazione dei terreni sull’emissione di gas ad effetto serra.
75
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
2.2 Strumenti politici per i biocarburanti in Europa
Oltre alle Direttive sovra citate, le politiche di sostegno hanno avuto un ruolo
fondamentale nello sviluppo del settore dei biocarburanti. In particolare, nel
determinare la convenienza della produzione dei biocarburanti intervengono la
politica energetica ed ambientale, la politica fiscale, la politica commerciale e la
politica agricola. Gli strumenti utilizzati possono pertanto essere classificati in tre
grandi categorie:
 misure che influenzano l’offerta: riduzione o abolizione delle accise
(defiscalizzazione), incentivi agli investimenti, sussidi alla produzione di
materia prima agricola;
 misure che influenzano la domanda: miscelazione obbligatoria, acquisto
obbligatorio da parte dei gestori dell’energia;
 misure che influenzano la tecnologia e lo sviluppo del mercato: investimenti
pubblici in ricerca, accordi contrattuali.
Si tratta pertanto di un’ampia tipologia di politiche di sostegno e regolamentazione
che possono agire su specifici segmenti della supply chain. Senza questo rilevante
livello di protezione esterna e di sostegno pubblico probabilmente la produzione di
biocombustibili non si sarebbe diffusa nei Paesi sviluppati (Zezza, 2007).
Per quanto riguarda il primo aspetto, ossia le misure che condizionano l’offerta, già
partire dal 1992 la Politica Agricola Comunitaria (PAC) aveva previsto sussidi per la
produzione di colture energetiche. La riforma Mac-Sharry del 1992 aveva infatti
introdotto l'obbligo di mantenere una certa superficie di terreni non destinata a
coltivazioni per uso alimentare (“set-aside land”). Nel 2003, un'ulteriore riforma del
PAC garantiva un incentivo di 45 euro per ogni ettaro destinato a coltivazioni
utilizzate per fini energetici. Grazie a ciò, nel 2005 più del 95% dei terreni destinati a
coltivazioni non alimentari beneficiava di tale incentivo fornendo così un implicito
sostegno finanziario alla produzione di biocarburanti. Tuttavia, nel gennaio 2009,
attraverso la riforma "Health Check" della PAC, la Commissione Europea ha
definitivamente abolito il sussidio per la coltivazione energetica e la messa a riposo
del terreno (Set-aside-land). In termini di defiscalizzazione, l’Unione Europea
prevede un trattamento fiscale preferenziale rispetto a quello riservato ai carburanti
76
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
tradizionali. Molti Paesi europei40 hanno infatti adottato esenzioni totali o parziali per
i biocarburanti, con l’obbiettivo di compensare gli elevati costi di produzione
registrati rispetto ai combustibili fossili. Tuttavia, anche in questo caso, ad oggi molti
paesi non attuano più tale strumento. In Italia per esempio, la politica nazionale per il
settore del biodiesel prevedeva inizialmente una abolizione totale dell’accisa, di
seguito una riduzione dell’accisa per un contingente di 250.000 tonnellate e poi per
un contingente di 18.000 tonnellate. Dal 2010 nessuna esenzione è prevista. Infine,
per quanto concerne gli incentivi agli investimenti, nell’UE aiuti alla costruzione
degli impianti sono stati concessi in occasione della riforma dell’OCM zucchero ai
produttori che riconvertivano gli zuccherifici. In questo caso, pur non essendo
espressamente prevista la destinazione produttiva degli impianti, la riconversione in
stabilimenti destinati alla produzione di etanolo e biodiesel è stata prevalente.
Il principale strumento di incentivazione della domanda è rappresentato dalle regole
di miscelazione obbligatoria. Gli standard che stabiliscono la miscelazione
obbligatoria dei biocarburanti con i combustibili fossili possono essere definiti in
valori assoluti o in percentuale sul consumo totale di carburanti. La Direttiva
2003/30/CE prevedeva il raggiungimento di una quota di immissione dei
biocarburanti pari al 2% al 2005 e al 5,75% al 2010 sul consumo totale nel settore dei
trasporti. L’attuale Direttiva 28/2009/CE prevede per il 2020 di raggiungere
l’obiettivo comunitario del 20% della quota di energia da fonti rinnovabili. La stessa
Direttiva stabilisce il raggiungimento di una quota di immissione dei biocarburanti
del 10% entro il 2020 sul consumo totale nel settore dei trasporti. Inoltre, con la
proposta “COM(2012)595” dell’ottobre 2012 volta a revisionare Direttiva 98/70/CE
e Direttiva 2009/28/CE, l’UE propone di contenere al 5% la quantità di biocarburanti
derivanti da colture alimentari che può essere presa inconsiderazione nel calcolo di
quota su consumi finali nei trasporti ai fini di obiettivo del 10%. L’obbiettivo è
quello di incentivare la produzione dei biocarburanti con impatto basso o nullo dal
punto di vista di emissioni da ILUC, come quelli di seconda o terza generazione.
Infine tra le misure che influenzano la tecnologia e lo sviluppo del mercato ricadono
anche altri strumenti come gli incentivi alla diffusione dei veicoli flex-fuels e i
40
Nell’Unione Europea non esiste un unico regime e la riduzione delle accise sulla benzina viene decisa a livello
di singolo Stato Membro e varia tra 0 e 0,60 € per litro, con la maggioranza dei Paesi attorno a 0,30 €/l.
77
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
programmi di acquisto pubblico. Questo tipo di incentivo è tuttavia poco usato in
Europa. Esso prevale soprattutto in Brasile o in negli Stati Uniti d’America.
2.3 Sistema di certificazione per i biocarburanti
Il 10 Giugno 2010 la Commissione Europea al fine di rispettare la sostenibilità dei
biocarburanti, ha incoraggiato l’industria, i governi e le Organizzazioni Non
Governative (ONG) a istituire sistemi di certificazione per tutti i tipi di biocarburanti
usati nell’UE, compresi quelli importati, definendo inoltre i requisiti che tali
certificazioni devono rispettare per ottenere il riconoscimento della Commissione. La
serie di misure previste sono volte a garantire che i biocarburanti, commercializzati
ed acquistati nella Comunità Europea, rispettino determinati criteri e standard
qualitativi di eco-compatibilità, in tutti i passaggi della filiera produttiva, fino alla
distribuzione. Appositi ispettori avranno il compito di controllare il rispetto delle
misure e di verificare tutti i cicli di produzione. È bene precisare che i sistemi
previsti dalla Commissione Europea sono volontari, ma in realtà spingono
all’obbligatorietà dei controlli, ciò poiché i biocarburanti che non riceveranno questa
certificazione, non verranno sommati alle quantità che ogni Paese UE deve utilizzare
al fine di rispettare le Direttive Europee. La certificazione facilita il rispetto dei
criteri stabiliti dall’UE in base ai quali i biocarburanti devono consentire riduzioni
considerevoli delle emissioni di gas a effetto serra e non devono provenire da foreste,
zone umide e aree naturali protette.
Le regole applicabili ai sistemi di certificazione rientrano in una serie di orientamenti
esplicativi per l’attuazione della Direttiva sull’energia da fonti rinnovabili, che è
entrata in vigore a Dicembre 2010. Il pacchetto di misure adottato consiste in due
comunicazioni e una decisione, intese ad aiutare le imprese e gli Stati Membri ad
attuare la direttiva sull’energia da fonti rinnovabili.
I documenti sono i seguenti:
- una comunicazione sui sistemi volontari e i valori standard nei biocarburanti
dell’UE e il sistema di sostenibilità dei bioliquidi;
- una comunicazione sull’attuazione pratica del regime UE di sostenibilità per i
biocarburanti e i bioliquidi e sulle norme di calcolo per i biocarburanti;
- la decisione sugli orientamenti per il calcolo degli stock di carbonio nel suolo.
Come già detto, i documenti sono incentrati sui criteri di sostenibilità per i
biocarburanti e sulle azioni necessarie per verificare che siano impiegati unicamente
78
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
biocarburanti sostenibili. Di seguito una breve descrizione. Un’analisi più dettagliata
sarà proposta nel capitolo 3.
2.3.1 Comunicazione della Commissione n. 2010/C 160/01 del 19 Giugno 2010
L’UE con la direttiva sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili ha
introdotto nel 2009 il regime vincolante di sostenibilità più completo e avanzato al
mondo nel suo genere. Il regime di sostenibilità è costituito da due strumenti
concepiti per ridurre l’onere amministrativo degli operatori economici:
1) possibilità di ricorrere a «sistemi volontari» o «accordi bilaterali e
multilaterali» riconosciuti per dimostrare la conformità ad alcuni o a tutti i criteri
di sostenibilità e
2) possibilità di applicare i «valori standard» istituiti dalla direttiva al fine di
dimostrare la conformità al criterio di sostenibilità riguardante la riduzione delle
emissioni di gas serra.
La Commissione può decidere che i sistemi volontari o gli accordi bilaterali e
multilaterali conclusi dall’Unione Europea contengono dati accurati, in merito ai
criteri di sostenibilità e può aggiungere valori standard per i nuovi metodi di
produzione dei biocarburanti/bioliquidi e aggiornare i valori esistenti. La
comunicazione illustra in che modo la Commissione intende espletare le proprie
funzioni per giungere ad adottare le decisioni descritte; fornisce, inoltre,
informazioni agli Stati Membri, ai paesi terzi, agli operatori economici e alle
organizzazioni non governative. Oltre a questa, la Commissione ha adottato un’altra
comunicazione sull’applicazione pratica del regime UE di sostenibilità per i
biocarburanti e i bioliquidi e sulle norme per il calcolo per i biocarburanti, finalizzata
ad agevolare un’applicazione omogenea del regime di sostenibilità.
2.3.2 Comunicazione della Commissione n. 2010/C 160/02 del 19 Giugno 2010
La comunicazione in oggetto illustra in che modo gli Stati Membri e gli operatori
economici possono concretamente attuare i criteri di sostenibilità e le norme di
calcolo per i biocarburanti esplicato nella direttiva sulle energie rinnovabili; non ha
carattere vincolante, ma è finalizzata ad assistere gli Stati Membri e ad agevolare
79
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
un’applicazione coerente dei criteri di sostenibilità, che si applicano ai biocarburanti
e ai bioliquidi prodotti nell’UE e anche a quelli importati.
Gli Stati Membri hanno il compito di verificare che siano rispettati i criteri di
sostenibilità quando i biocarburanti/bioliquidi:
1. sono contabilizzati ai fini degli obiettivi nazionali previsti dalla direttiva sulle
energie rinnovabili;
2. sono utilizzati per misurare il rispetto degli obblighi in materia di energie
rinnovabili;
3. beneficiano di un sostegno finanziario per il loro consumo;
4. sono contabilizzati ai fini dell’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra
previsto
dalla
Direttiva
sulla
qualità
dei
carburanti
(unicamente
biocarburanti);
5. beneficiano di aiuti agli investimenti e/o al funzionamento in conformità della
disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela ambientale
(unicamente biocarburanti);
6. sono presi in considerazione nell’ambito delle disposizioni riguardanti i
veicoli alimentati da carburante alternativo contenute nel regolamento sulle
emissioni di CO2 prodotte dalle autovetture (unicamente bioetanolo «E85»).
2.3.3 Decisione della Commissione n. 2010/335/UE del 10 Giugno 2010
Come illustrato nei paragrafi precedenti, la Direttiva 2009/28/CE stabilisce le regole
per il calcolo dell’impatto dei gas a effetto serra di biocarburanti, bioliquidi e
carburanti fossili di riferimento, che tengono conto delle emissioni risultanti da
modifiche degli stock di carbonio a seguito della modifica della destinazione dei
terreni. L’allegato V della suddetta Direttiva definisce il metodo per calcolare
l’impatto delle emissioni di gas a effetto serra e contiene le regole per calcolare le
emissioni annualizzate delle variazioni degli stock di carbonio derivanti dalle
modifiche di destinazione del terreno. Al fine di calcolare gli stock di carbonio nel
suolo e completare le regole stabilite nell’allegato V, la Commissione Europea ha
emanato la Decisione della Commissione del 10 Giugno 2010, “relativa alle linee
direttrici per il calcolo degli stock di carbonio nel suolo ai fini dell’allegato V della
Direttiva 2009/28/CE”; la base per redigere suddetta decisione è costituita dalle
80
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
Linee Guida del 2006, del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici
(IPCC) per gli Inventari Nazionali dei Gas a Effetto Serra.
Considerando che non si presentano in una forma facilmente applicabile dagli
operatori economici, essendo dirette all’istituzione degli inventari nazionali dei gas a
effetto serra, la Commissione si è basata su altre fonti scientifiche di dati, nei casi in
cui queste linee appaiono deficitarie delle informazioni necessarie per la produzione
di biocarburanti e di bioliquidi o quando tali informazioni non sono accessibili.
Analizzando la presente Decisione è possibile notare come per il calcolo degli stock
di carbonio presenti nelle materie organiche del suolo, si è tenuto conto del clima, del
tipo di suolo, della copertura e della gestione del suolo, nonché degli apporti. Nelle
figure che seguono (Fig.56 e 57) sono riportate, rispettivamente, la ripartizione
globale in regioni climatiche e la ripartizione globale in tipi di suolo.
Figura 56: Regioni climatiche
Fonte: Decisione della Commissione n. 2010/335/UE, 2010
81
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
Figura 57: Distribuzione geografica dei tipi di suolo
Fonte: Decisione della Commissione n. 2010/335/UE, 2010
Per determinare gli stock di carbonio nel suolo o le perdite di carbonio nei suoli
organici la metodologia IPCC riguarda in particolare la perdita di carbonio dovuta al
drenaggio dei terreni e prende in considerazione solo le perdite annuali. Dato che il
drenaggio dei terreni comporta una consistente perdita di stock di carbonio che non
può essere compensata dalla riduzione dei gas a effetto serra consentita da
biocarburanti o bioliquidi e dato che il drenaggio delle torbiere è vietato dai criteri di
sostenibilità fissati nella Direttiva 2009/28/CE, sono presenti delle regole generali.
Per quanto riguarda il calcolo degli stock di carbonio nella biomassa vivente e nelle
materie organiche morte è stato usato un approccio a bassa complessità;
conformemente a tale metodologia è ragionevole presumere che tutti questi stock di
carbonio si perdano al momento della conversione dei terreni.
Le linee direttrici presenti all’interno della Decisione, hanno lo scopo di fornire
valori standard, che consentano agli operatori economici di utilizzare i valori effettivi
degli stock di carbonio associati alla destinazione dei terreni di riferimento e alla
destinazione dei terreni dopo la conversione, ai fini del calcolo dell’impatto della
conversione dei terreni sulle emissioni di gas a effetto serra.
2.4 Comunicazione ILUC: COM(2012) 595
Il 17 ottobre del 2012, la Commissione Europea ha presentato al Parlamento e al
Consiglio Europeo una proposta COM(2012) 595 finalizzata ad apportare delle
importanti modifiche alla Direttiva del 1998 sulla qualità della benzina e del diesel
82
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
(Direttiva 98/70/CE) e alla più recente Direttiva sulla promozione delle energie
rinnovabili (Direttiva 2009/28/CE).
La proposta deriva dall’esigenza di considerare in maniera differente l’impatto
ambientale delle varie tipologie di biocarburanti immessi sul mercato, soprattutto dal
punto di vista delle emissioni aggiuntive derivanti da un cambio di destinazione
d’uso dei suoli (ILUC: Indirect Land Use Change). In altre parole, l’intenzione della
Commissione è quella di evitare che la crescente domanda di biocarburanti
nell’Unione Europea provochi un eccessivo spostamento delle produzioni alimentari
verso terre non agricole, come foreste e zone umide, provocando “indirettamente” un
aumento delle emissioni ad effetto serra e riducendo, di fatto, i benefici ambientali
derivanti dal consumo di biocarburanti.
In quest’ottica la Commissione Europea ha avanzato le seguenti proposte di
emendamento delle due direttive:
 limitare, nel raggiungimento degli obiettivi al 2020 della Direttiva europea
sulle energie rinnovabili, il contributo dei biocarburanti convenzionali la cui
coltivazione è a elevato rischio di ILUC;
 aumentare il rendimento dei processi di produzione dei biocarburanti
riducendone le emissioni di almeno il 60% e scoraggiando nuovi investimenti
in impianti poco efficienti;
 incrementare la quota di mercato dei biocarburanti di nuova generazione (a
basso ILUC), in modo tale da aumentare il loro contributo al raggiungimento
degli obiettivi al 2020;
 obbligare gli Stati Membri e i fornitori di carburanti a dare stime
relativamente all’effetto ILUC dei propri biocarburanti.
In dettaglio, aspetto fondamentale della proposta della Commissione, è di contenere
al 5% la quantità di biocarburanti e bioliquidi derivanti da colture alimentari (cereali,
amido, zucchero e oli) che può essere presa in considerazione nel calcolo della quota
di biocarburanti sui consumi finali di energia utilizzati nei trasporti ai fini
dell’obiettivo europeo del 10%. A ciò si aggiunge la proposta di incentivare i
biocarburanti che hanno un impatto basso o nullo dal punto di vista delle emissioni
da ILUC, come quelli di seconda (derivati da prodotti agricoli e vegetali di scarto
come paglia e rifiuti) o terza generazione (biocombustibili prodotti dalle alghe o che
non impattano sull’uso dei suoli).
83
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
La proposta è stata fortemente criticata, soprattutto dai rappresentanti di questo
settore, tanto che il Consiglio dei Ministri dell’energia dell’Unione Europea ha
raggiunto un accordo politico solo il 14 giugno del 2014. In dettaglio l'accordo
riconosce e affronta il fenomeno ILUC, inizia una transizione ai biocarburanti con
rischi ILUC inferiori e fornisce una prospettiva chiara di investimento, proteggendo
allo stesso tempo gli investimenti effettuati. Esso comprende, in particolare:
 Riduzione delle emissioni indirette da cambiamento dell'uso del suolo
attraverso una soglia del 7% del consumo finale di energia nel settore dei
trasporti nel 2020 per i biocarburanti convenzionali ai fini dell'obiettivo del
10% della direttiva sulle energie rinnovabili (contro il 5% inizialmente
proposto la Commissione);
 Incoraggiare il passaggio alla seconda e terza generazione di biocarburanti
("advanced"), attraverso incentivi per i biocarburanti avanzati, invitando gli
Stati membri a promuovere il consumo di tali biocarburanti e richiedendo
loro di fissare obiettivi nazionali per i biocarburanti avanzati basati su un
valore di riferimento dello 0,5% dell’obiettivo del 10% di energie rinnovabili
nel settore dei trasporti della direttiva RED. Gli Stati membri possono
impostare un obiettivo più basso, in base a tre categorie di ragioni oggettive.
Tuttavia, essi devono giustificare qualsiasi impostazione di un obiettivo più
basso di 0,5 punti percentuali e segnalare eventuali ragioni del nonraggiungimento del loro obiettivo nazionale. La Commissione pubblicherà
una relazione di sintesi sui risultati degli Stati membri nei confronti dei loro
obiettivi nazionali di biocarburanti avanzati;
 Il nuovo allegato IX della direttiva sulle energie rinnovabili contiene le
materie prime per i biocarburanti avanzati che contano il doppio verso gli
obiettivi. Inoltre, ai fini dell'obiettivo nazionale, possono essere contati i
biocarburanti avanzati non compresi nell'allegato IX ed utilizzati in impianti
esistenti prima dell'adozione della presente direttiva;
 Ulteriori incentivi per i biocarburanti avanzati attraverso l'estensione dello
strumento dei trasferimenti statistici della direttiva sulle fonti rinnovabili per
coprire tali biocarburanti avanzati; il doppio conteggio del contributo di
questi biocarburanti è esteso agli obiettivi globali sulle energie rinnovabili;
 La fornitura di incentivi per generare energia elettrica da fonti rinnovabili al
fine di ridurre le emissioni di gas serra nel settore dei trasporti. A questo
84
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
proposito, sono stati introdotti un fattore di moltiplicazione di 5 per l'energia
elettrica da fonti rinnovabili in veicoli elettrici stradali e di 2,5 per il trasporto
ferroviario elettrificato;
 La relazione ILUC sulla riduzione delle emissioni di gas serra derivante
dall'uso di biocarburanti sarà effettuata dalla Commissione sulla base dei dati
trasmessi dagli Stati membri; a tal fine, i fattori provvisori stimati ILUC sono
inclusi nei nuovi allegati alle direttive sulle energie rinnovabili e la qualità del
carburante;
 Una clausola di revisione che prevede la possibilità di introdurre fattori ILUC
stimati corretti nei criteri di sostenibilità.
2.5 Breve quadro normativo del biodiesel in Italia
Nel contesto Italiano il biodiesel è entrato nell’ordinamento giuridico nel 1995 con il
Testo Unico delle Accise (Decreto legislativo 504/95), in cui si stabilisce che può
essere usato sia come carburante che come combustibile, puro o miscelato, ed è
sottoposto ad accisa secondo l’aliquota prevista per il combustibile o il carburante
equivalente (biodiesel-gasolio). Nel testo viene riportato che il contingente annuo di
125.000 tonnellate di “biodiesel” è completamente esentato dall’accisa. Al decreto
legislativo 504/95 fu inizialmente data attuazione con il Decreto del 22 maggio n.
219 1998 concernente modalità di applicazione del trattamento agevolato del biodisel
e criteri di ripartizione del contingente agevolato. In seguito, viste le successive
modifiche introdotte sia dalla Legge 23 dicembre 2000 n.388 (finanziaria 2001) dove
si prevedevano disposizioni concernenti l’esenzioni dell’accisa sul biodisel e, in
particolare, stabiliva nell’ambito di un programma triennale l’esenzione dall’accisa
nei limiti di un contingente annuo di 300.000 tonnellate di biodisel, che dalle altre
novità introdotte a livello europeo la materia è stata regolata dal Decreto del Ministro
dell’economia e della finanze 25 luglio 2003 n.256 concernente le modalità di
applicazione dell’accisa agevolata sul prodotto denominato “biodisel” e che abroga
le disposizioni previste dal DM n. 219/98.
Un nuovo programma agevolativo è stato introdotto con la Legge del 30 Dicembre
2004, n.311 (legge finanziaria 2005) che prevede nell’ambito di un programma della
durata di sei anni, (dal 1° gennaio 2005 fino al 31 Dicembre 2010) il biodiesel, puro
o miscelato con oli minerali, è esentato dall’accisa nei limiti di un contingente di
85
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
200.000 tonnellate, mentre il bioetanolo è esentato per un quantitativo annuo pari a
100.000 tonnellate.
Per favorire la costruzione di una filiera nazionale delle agroenergie viene emanato il
Decreto legislativo del 27 Maggio del 2005, n.102 il quale cerca di definire quali
sono gli scopi ricercati tramite una intesa di filiera ed il contratto quadro, favorendo
l’integrazione di filiere e la valorizzazione dei prodotti agricoli e agroalimentari
tenendo comunque conto degli interessi dei consumatori. Il contratto quadro intende
sviluppare gli sbocchi commerciali sui mercati interni ed esterni orientando la
produzione agricola, garantendo la sicurezza degli approvvigionamenti e ridurre le
fluttuazioni dei prezzi.
Negli ultimi anni sono stati fatti passi più concreti e decisi per favorire lo sviluppo
dell’utilizzo dei biocarburanti, anche in seguito all’emanazione della direttiva
2003/30/CE dell’8 maggio del 2003, e che l’Italia, ha recepito con decreto legislativo
del 30 Maggio 2005 contribuendo alla promozione delle fonti di energia rinnovabili
riducendo l’emissione dei gas serra. In esso inizialmente erano stati fissati obiettivi
indicativi nazionali più bassi rispetto a quelli previsti dalla direttiva europea (pari
rispettivamente all’1% entro il 31 dicembre 2005 e al 2,5 entro la fine del 2010). Si
era previsto anche un regime di defiscalizzazione a 200.000 tonnellate annue di
biodiesel ed etanolo. Inoltre, tale decreto introduceva disposizioni per incentivare i
prodotti agricoli non destinati all’alimentazione ma alla produzione di biocarburanti
e altri carburanti rinnovabili, prevedendo misure incentivanti per la stipula di accordi
di filiera con le principali organizzazioni del settore agricolo e del settore dei
carburanti per i trasporti.
Nuove disposizioni a favore dei biocarburanti vengono introdotte dalla Legge 11
marzo 2006, n.81, prevedendo l’obbligo per i produttori di carburanti diesel e
benzina di immettere al consumo dei biocarburanti di origine agricola a seguito della
sottoscrizione di appositi contratti di coltivazione, realizzati nell’ambito di contratti
quadro, o intese di filiera, in misura pari al’1% dei carburanti diesel e della benzina
immessi al consumo nell’anno precedente. Tale percentuale deve essere incrementata
di un punto percentuale per ogni anno fino al 2010. In questo modo i valori previsti
per l’obbligo di immissione dei biocarburanti sono sostanzialmente uguali a quelli
della direttiva europea. Successivamente La finanziaria 2007 (Legge 27 Dicembre
2006, n. 296) stabilisce le percentuali degli obiettivi indicativi nazionali, che ora
sono così fissati:
86
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti

1% entro fine 2005;

2,5% entro fine 2008;

5,75 entro fine 2010.
Inoltre la stessa legge rinnova per il triennio 2007-2010 lo stanziamento annuo di 73
milioni di euro per lo sgravio parziale di bioetanolo ed estende il contingente
defiscalizzato di biodiesel destinato ad essere impiegato in autotrazione in miscela
con il gasolio riportandola a 250.000 tonnellate al quale verrà applicata una aliquota
di accisa pari al 20% di quella applicata al gasolio usato come carburante.
L’assegnazione di una quota di 70.000 tonnellate annue è assegnata ai produttori di
biodiesel che hanno stipulato contratti di coltivazione realizzati nell’ambito di
contratti quadro o intese di filiera e delle relative quantità di biodiesel ottenibili dalle
materie prime oggetto dei contratti sottoscritti, proporzionalmente a tali quantità. La
restante parte del contingente pari a 180.000 tonnellate è assegnata, dall’Agenzia
delle Dogane, agli operatori che producono biodiesel come “quota generica”. Alle
70.000 tonnellate di biodiesel provenienti da filiera viene assicurata la priorità
nell’assegnazione delle quote agli operatori; per questa parte del contingente non
sono previste altre forme di agevolazione.
Successivamente con la Legge del 29 Novembre n.222 del 2007 (conversione in
legge del decreto del 1 ottobre 2007), viene modificato il testo dell’art. 22 bis,
comma 1 del decreto legislativo 26 ottobre 1995 n. 504, precisando che i quantitativi
di biodiesel rientrante nel contingente annuo di 250.000 tonnellate vengono
assoggettati ad aliquota d’accisa ridotta con la specifica finalità di compensare i
maggiori costi produttivi. Inoltre vengono indicate specifiche modalità per la
contabilizzazione del beneficio spettante ai depositari autorizzati titolari di depositi
fiscali presso i quali sono state effettuate miscelazioni di quantitativi di biodiesel
rientranti nel contingente agevolato di gasolio. In tale decreto viene inserita la
previsione che, per ogni anno di validità del programma vengano considerati al fine,
di una nuova ripartizione tra gli operatori, oltre i quantitativi del contingente non
ammessi in consumo, anche quelli non miscelati o non ancora trasferiti ad impianti di
miscelazione. La previsione del termine del 30 giugno dell’anno successivo, entro
cui effettuare l’immissione in consumo dei predetti quantitativi viene, inoltre, estesa
anche all’effettuazione delle miscelazioni e al trasferimento dei quantitativi non
miscelati o trasferiti.
87
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
La finanziaria 2008 ((legge 24 Dicembre 2007 n. 244) riprendendo l’idea della legge
del 27 dicembre 2006 n. 296 (art. 1 comma 368) stabilisce che, per l’anno 2009, la
quota minima è fissata, senza oneri aggiuntivi a carico dello Stato, nella misura del 3
per cento di tutto il carburante, benzina e gasolio, immesso in consumo nell’anno
solare precedente, calcolata sulla base del tenore energetico.
Nel 2008 e precisamente nel mese di aprile vengono emanati due decreti; il Decreto
del Ministero dello Sviluppo Economico n.100 nel quale vengono riportate le
sanzioni amministrative per il mancato raggiungimento dell’obbligo di immissione in
consumo del territorio nazionale di una quota minima di biocarburante e, il Decreto
del Ministerro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali del 29 Aprile 2008,
n.110, che definisce i criteri, condizioni e modalità per l’attuazione dell’obbligo di
immissione di consumo nel territorio nazionale di una quota minima di biocarburanti.
Un quadro normativo definitivo del biodiesel viene disegnato dal Decreto Legge del
3 Settembre 2008, n.156 che conferma quanto previsto dalla finanziaria 2007 ed apre
la strada all’assegnazione delle quote relative al contingente “filiera” realizzato con
materie prime (in particolare di colza, soia e girasole) derivanti da accordi di
coltivazione stipulati a livello nazionale e comunitario. In questo decreto vengono
fissate le modalità per assegnare il plafond di 250.000 tonnellate di biodiesel per il
quale scatta il “bonus fiscale”, come già ricordato, con una riduzione dell’accisa a
84,60 €/m3, rispetto ai 423,00 €/m3 previsti per il gasolio (l’accisa corrisponde ad un
importo pari al 20% di quello per il gasolio). Il decreto dà il via alla libera
assegnazione delle 70.000 tonnellate “riservate” agli oli vegetali ottenuti nell’ambito
degli accordi di filiera o dei contratti quadro. Le restanti 180.000 tonnellate sono
riservate al biodiesel non da filiera. Le 250.000 tonnellate complessive, vengono
assegnate tramite Agenzia delle Dogane. Le quote da “riservare” alla filiera hanno
priorità nell’assegnazione.
Successivamente con la Legge 30 Dicembre 2008, n.205 viene ridefinito all’art.2
l’assegnazione del contingente di biodiesel defiscalizzato in cui il termine per
miscelare il biodiesel con il gasolio, ovvero per trasferirli ad impianti di miscelazione
nazionali, ovvero, per il biodiesel destinato ad essere usato tal quale, per essere
immessi in consumo, è prorogato al 30 giugno 2009.
Con la Legge del 23 Luglio 2009 n.99
il comma 1 dell'articolo 8 del decreto
legislativo 30 maggio 2005, n. 128, è sostituito dal seguente: «Le miscele
combustibili diesel-biodiesel con contenuto in biodiesel inferiore o uguale al 7 per
88
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
cento, che rispettano le caratteristiche del combustibile diesel previste dalla norma
CEN prEN 590 - Settembre 2008, possono essere immesse in consumo sia presso
utenti extra rete che in rete. Le miscele con contenuto in biodiesel in misura
superiore al 7 per cento possono essere avviate al consumo solo presso utenti extra
rete e impiegate esclusivamente in veicoli omologati per l'utilizzo di tali miscele».
Inoltre, nel regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 3
settembre 2008, n. 156, recante la disciplina per l'applicazione dell'accisa agevolata
sul biodiesel, il limite del 5 per cento del contenuto sul biodiesel di cui agli articoli 7
e 9 è elevato al 7 per cento.
L’adozione della Legge del 23 Dicembre 2009 n.191 “Disposizioni per la formazione
di un bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge Finanziaria 2010)” abbassa il
contingente di biodiesel da 250.000 tonnellate a 18.000 tonnellate. Tale misura
tuttavia termina il 31 Dicembre 2010. Dal 2011 il biodiesel non beneficia più dello
strumento di defiscalizzazione e l’unica forma di aiuto rimane la quota di immissione
introdotta dal Decreto Legge del 25 gennaio 2010 il quale fissa una quota di
immissione al consumo di biocarburanti del 3,5% per il 2010, 4% per il 2011, e 4,5%
per il 2012.
Per concludere il quadro, la politica attualmente vigente verte su due decreti:

D.lgs 28/2011 del 3 marzo (il cosiddetto Decreto Rinnovabili) rappresentante
l’attuazione della Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da
fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive
2001/77/CE e 2003/30/CE.

D.lgs 55/2011 del 31 marzo che recepisce la Direttiva 2009/30/CE, che modifica
la direttiva 98/70/CE, per quanto riguarda le specifiche relative a benzina,
combustibile diesel e gasolio, nonché' l'introduzione di un meccanismo inteso a
controllare e ridurre le emissioni di gas a effetto serra, modifica la direttiva
1999/32/CE per quanto concerne le specifiche relative al combustibile utilizzato
dalle navi adibite alla navigazione interna e abroga la direttiva 93/12/CEE.
Il primo decreto nel recepire gli obiettivi di immissione in rete di biocarburanti
previsti dalla Direttiva 2009/28/CE, fissa le quote obbligatorie di immissione al
consumo di biocarburanti del 5% per il 2014 e 10% per il 2020. Il secondo definisce
invece le modalità di funzionamento del Sistema nazionale di certificazione della
sostenibilità dei biocarburanti e bioliquidi, le procedure di adesione allo stesso
89
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
sistema nonché le procedure per la verifica degli obblighi stabiliti e le disposizioni
che gli operatori e i fornitori devono rispettare per l’utilizzo del sistema di equilibrio
di massa.
Di seguito viene proposta una tabella riassuntiva (Tab.16) delle principali politiche
adottate in Italia.
Tabella 16: Principali politiche adottate in Italia per il settore dei biocarburanti
Decreto Legislativo n.504
del 26 ottobre 1995
Legge n.388
del 23 dicembre 2000
Legge Finanziaria 2001
Legge n.311
del 30 dicembre 2004
Legge Finanziaria 2005
Decreto Legislativo n.128
del 30 maggio 2005
Legge n.266
del 23 dicembre 2005
Legge Finanziaria 2006
Legge n.81
del 11 marzo 2006
Legge n.296
del 27 dicembre 2006
Legge Finanziaria 2007
Legge n.244
del 24 dicembre 2007
Legge Finanziaria 2008
Decreto n.110
del 29 aprile 2008
Legge del 23 luglio 2009
n.99
Legge del 23 dicembre
2009 n.191
Legge Finanziaria 2010
Decreto Legge 25 gennaio
2010
Decreto Legislativo n.28
del 3 Marzo 2011
Decreto Legislativo n.55
del 31 Marzo 2011
Contingente annuo defiscalizzato di 125.000 tonnellate (esenzione totale
dell’accisa).
Contingente di biodiesel di 300.000 tonnellate.
Contingente di biodiesel di 200.000 tonnellate.
Recepisce la Direttiva 2003/30/CE e definisce un contingente di
biodiesel di 200.000 tonnellate.
Contingente di biodiesel di 200.000 tonnellate di cui 20.000 da
utilizzare su autorizzazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze
in seguito alla sottoscrizione di contratti di coltivazione nell’ambito di
contratti quadro o intese di filiere.
Obbligo per i produttori di diesel e benzina di immettere al consumo
biocarburanti (di origine agricola a seguito della sottoscrizione di
contratti quadro o intese di filiera) pari all’1% dei carburanti diesel e
benzina immessi al consumo l’anno precedente. Tale percentuale dovrà
essere incrementata di un punto percentuale per ogni anno fino al 2010.
Contingente di biodiesel di 250.000 tonnellate (aliquota accisa ridotta
del 20%) di cui: 180.000 tonnellate assegnate dall’Agenzia delle dogane
e 70.000 tonnellate per il biodiesel da filiera.
Quota d’immissione dei biocarburanti pari al 3% di tutto il carburante,
benzina e gasolio, immesso in consumo nell’anno solare precedente
(calcolata sulla base del tenore energetico).
Definisce i criteri per l’attuazione dell’obbligo di immissione al
consumo.
Limite di miscelazione per il biodiesel del 5%, successivamente
innalzato al 7%.
Contingente di biodiesel ridotto da 250.000 a 18.000 tonnellate.
Quota d’immissione dei biocarburanti ed altri carburanti rinnovabili del:
 3,5% per il 2010;
 4% per il 2011;
 4,5% per il 2012.
Quota d’immissione dei biocarburanti ed altri carburanti rinnovabili del:
 5% per il 2014;
 10% per il 2020;
Sostenibilità dei biocarburanti
90
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
2.6 La politica Brasiliana sull’etanolo e sul biodiesel
Il Brasile è il pioniere nella produzione di bioetanolo derivante da canna da zucchero
nonché la nazione con il programma sui biocarburanti più sviluppato ed integrato al
mondo. Il governo brasiliano ha infatti sempre giocato un ruolo attivo nel definire gli
obiettivi della politica energetica nazionale, regolando i sussidi e gli obblighi di
miscelazione della benzina con l’etanolo a seconda dei prezzi del petrolio e di quelli
dello zucchero (Libro on line Sviluppo sostenibile. Tutela dell'ambiente della salute
umana). Già a partire dal 1931 si decretava l’obbligo di miscelazione con la benzina
con una percentuale pari al 5%41. Dagli anni 70 in poi, a seguito della crisi
petrolifera, la produzione dei biocarburanti viene rafforzata dal programma Proalcool
(National Alcohol Program Proàlcool) introdotto nel 1975. L’obiettivo stabilito era
quello di:
 limitare i vincoli per l’approvvigionamento energetico (all’epoca pari all’80%
del consumo totale);
 stimolare l’economia delle regioni del Sud attraverso la diffusione di industrie
di etanolo, alzando così il livello di occupazione;
 sviluppare l’economia nazionale, sfruttando terra e risorse sino ad allora
inutilizzate;
 stimolare la domanda interna di beni capitali quali, in particolare i macchinari
industriali.
Inoltre, l’intervento statale a sostegno del prezzo dell’etanolo ha garantito a questo
carburante la competitività di mercato con la benzina. Infine il governo Brasiliano ha
elargito cospicui finanziamenti per la creazione sia di nuove distillerie, sia di una rete
capillare di distribuzione, creando inoltre numerosi accordi con i costruttori di
automobili, al fine di sviluppare un mercato per i veicoli appositamente modificati.
Nei successivi dieci anni la commercializzazione dei biocarburanti ha avuto un
enorme successo: il 96% delle automobili vendute in Brasile nel 1985 erano
alimentate ad etanolo (Fig.58).
41
Decreto nº 19.717 del 20/02/31; Decreto-Lei n°737 del 23/09/38; Decreto nº 20.169 del 01/07/31.
91
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
Figura 58: Evoluzione della produzione di etanolo e dei veicoli dedicati
Fonte: MAPA, 2010 e ANFAVEA, 2012
Il calo dei prezzi del petrolio dopo il 1985 ha portato tuttavia ad una battuta d’arresto
nella diffusione dell’etanolo combustibile; le vendite di veicoli alimentati ad etanolo
sono crollate all’1% alla fine del 1990 e la sopravvalutazione della valuta brasiliana
(1994-1999) ha portato ad un aumento dei costi di produzione dell’etanolo. A partire
dal 1992 il governo ha cercato di limitare questi inconvenienti incrementando il
quantitativo di etanolo nella benzina al 22% (fino al 1992 la percentuale era pari al
14%), percentuale innalzata al 24% a partire dal 1998 fino agli anni 2000, anno in cui
tale percentuale fu abbassata al 20%. Tale valore risultò essere stabile fino al 2007.
Negli anni ’90 inoltre sono stati attuati decreti di deregolamentazione dei mercati
dell’energia e dei carburanti; nel 1998 il governo ha liberalizzato il prezzo dell’alcool
idrato per essere utilizzato nei carburanti e nel 1999 ha stabilito che le vendite di
etanolo idrato come carburante dovessero essere effettuate mediante aste pubbliche.
Successivamente, l’aumento dei prezzi del petrolio che ha caratterizzato il periodo
2003-2008, ha riportato l’etanolo al suo successo iniziale, anche grazie
all’introduzione del motore flex fuel, che permette di utilizzare benzina e/o etanolo:
il biocarburante è diventato nuovamente conveniente, favorendo la nascita di nuove
ricerche per le alternative al petrolio. Nel 2006, l’83% delle auto vendute in Brasile
sono state Flex Fuel Vehicles (FFV), ottenendo così l’indipendenza dal petrolio
(Fig.59).
92
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
Figura 59: Evoluzione macchine a gasolina e flex-fuel
Fonte: ANFAVEA, 2013
Ad oggi, tuttavia, non sono presenti sovvenzioni dirette per la produzione di etanolo.
Dopo la regolamentazione del settore dell’etanolo avutasi nel 1998, l’unica forma di
controllo pubblico rimane la fissazione del tasso di miscelazione obbligatorio che è
fissato nell’ordine del 20-27,5% in relazione alle condizioni di mercato a partire dal
2007 fino ad oggi. In dettaglio dal 2007 la percentuale di miscelazione passò dal 20%
al 25% fino al 2010; nell’anno successivo tale percentuale ritornò al 20% (Kanadani
Campus, 2010). A partire dal 2013 fino al 24 settembre 2014, la percentuale risulta
essere pari al 25%. Ad oggi la percentuale è stata innalzata al 27,5%. La leva del
tasso di miscelazione costituisce una forma di sussidio indiretto per i produttori locali
dal momento che si ripercuote sul prezzo dello zucchero e dell’etanolo. Fino al 2010
il governo Brasiliano protegge il mercato interno attraverso l’importazione di
barriere commerciali. Sia il mercato dello zucchero che quello dell’etanolo erano
protetti dalla competizione esterna attraverso una tariffa del 20% sulle importazioni
di zucchero, del 30% su quelle di etanolo, con l’eccezione dei paesi del Mercosur42
42
Il Mercosur (dizione spagnola, Mercosul secondo la dizione portoghese) è il mercato comune dell'America
meridionale[1]. Ne fanno parte in qualità di Stati membri Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela, ma
il Paraguay è stato sospeso nel 2012. Sono inoltre Stati associati la Bolivia e il Cile (dal 1996), il Perù (dal 2003),
la Colombia e l'Ecuador (dal 2004). Il Venezuela è diventato membro a pieno titolo dell'organizzazione il 31
luglio 2012, dopo ben 6 anni dall'avvio del processo, che è stato rallentato dall'opposizione del Paraguay.
L'organizzazione fu istituita con il Trattato di Asunción firmato il 26 marzo 1991 da Brasile, Argentina, Uruguay
e Paraguay. Nel 1995 sono stati contestualmente aboliti i dazi doganali tra i quattro Paesi e istituita una tariffa
doganale comune verso paesi terzi. L'obiettivo del Mercosur è la realizzazione di un mercato comune, anche se
93
Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti
che godono di una tariffazione preferenziale per le esportazioni verso il Brasile. Ad
oggi tale tariffa è stata azzerata (USDA, 2013).
Dal 2004 il Brasile ha inoltre iniziato a produrre anche il biodiesel. Sulla base
dell’esperienza ottenuta infatti con i programmi a favore del bioetanolo, il Brasile è
pronto ad investire anche nel settore del biodiesel: il National Program on Biodiesel
Productionand Usage (PNPB) è stato infatti inaugurato nel 2005. Il PNPB
inizialmente aveva stabilito un obbligo di miscelazione del biodiesel con il diesel
pari al 2% fino al 2008. Tale percentuale fu poi innalzata al 3% e al 4% nell’anno
successivo. A partile dal 2010 tale percentuale è stata definita al 5%. A partire dal 1
Novembre 2014 tale valore è stato elevato al 7%.
Le produzioni brasiliane si basano soprattutto sulla soia, anche se sono presenti altri
importanti stabilimenti di oli vegetali (ricino, palma e jathropa). Contrariamente
all’etanolo, il biodiesel non è economicamente competitivo e per questo viene
sovvenzionato. I regimi di sostegno, sono essenzialmente due, di cui il primo si
riferisce alle aste organizzate dal governo, in cui la National Petroleum Agency
(ANP) compra determinati quantitativi di biodiesel per assicurare gli obiettivi
dell’offerta: i prezzi pagati durante le aste sono superiori ai costi di produzione,
stimolando così l’offerta. La seconda forma di assistenza viene attuata attraverso le
esenzioni fiscali, con particolare attenzione alla localizzazione regionale della
produzione e alla provenienza della materia prima (Social Fuel Stamp Scheme):
infatti, una determinata percentuale di materie prime deve essere acquistata da
famiglie di agricoltori al fine di essere qualificati per i benefici fiscali. A seconda del
tipo di materia prima e della sua provenienza regionale, gli incentivi fiscali variano
dal 73% al 100%, degli esistenti tributi federali. (GAIN Report, Barros, Brasilian
Annual Report 2012).
esistono ancora forti ostacoli protezionistici tra i vari stati. Esso potrebbe esser paragonato al vecchio MEC se
non esistessero forti asimmetrie tra i vari Paesi.
94
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le
implicazioni ambientali e socio-economiche
Introduzione
I biocarburanti di prima e seconda generazione rappresentano ad oggi l’alternativa
possibile per la riduzione dell’impatto ambientale, la sicurezza dell’offerta
energetica, così come un’opportunità per la creazione di occupazione nonché di
sviluppo rurale. A tal riguardo, le certificazioni di sostenibilità dei biocarburanti
volute dalla comunità europea ed internazionale, rappresentano una risposta a tali
preoccupazioni legate all’impatto ambientale e socio economico, ampiamente
dibattuto in ambito scientifico.
Tuttavia, incertezze relative alla reale sostenibilità43 degli stessi sia dal punto di vista
ambientale che economico che sociale, sono state recentemente sollevate (Rajagopal
et al., 2007; Timilsina et al., 2011, Gnansounou, 2011). Accanto ai dubbi relativi
alle loro performance in termini di riduzione di emissioni di GHG rispetto ai
combustibili fossili, soprattutto nel caso in cui il cambiamento d’uso del suolo venga
preso in considerazione (Searchinger et al., 2008), sono emerse critiche relative
all’impatto che tali biocarburanti hanno sull’utilizzo del suolo (LUC e ILUC) e
sull’aumento dei prezzi dei mercati delle commodities agricole (dibattito food-fuel)
usate come materie prime per la produzione dei biofuels (Abbot et al., 2009) (Fig
60).
43
Il concetto di sostenibilità è stato introdotto dal rapporto Brundtland (WCED 1987): “lo sviluppo sostenibile è
uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di
soddisfare i propri bisogni”.
95
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
Figura 60: Concetto di sostenibilità
Al fine di focalizzare l’attenzione su tali tematiche, seguirà un’analisi della
letteratura vigente in ambito di sostenibilità sia ambientale che economico-sociale.
Di seguito verrà inoltre analizzata la normativa di riferimento per la sostenibilità.
Si specifica tuttavia che per la valutazione della sostenibilità dei biocarburanti, vari
approcci e metodologie sono state proposte in letteratura negli ultimi anni, che vanno
dall’utilizzo di modelli di equilibrio (Ferreira et al., 2014), alle analisi multi criteri
(Turcksin et al., 2011; Perimenis et al., 2011) all’individuazione di indicatori di
sostenibilità (Silva Lora et al., 2011; Diaz-Chavez, 2011; Gnansounou, 2011;
Timilsina et al., 2011) e all’applicazione di modelli econometrici. Il concetto di
sostenibilità è di per sé complesso in quanto coinvolge una serie di aspetti economici,
sociali ed ambientali. Per i biocarburanti, la questione è inoltre complicata per via
delle diverse tipologie di biocarburanti che possono essere prodotti, della varietà di
materie prime che possono essere impiegate e dei molteplici soggetti coinvolti nella
catena di produzione (produttori di materie prime, produttori di biocarburanti,
distributori e autorità pubbliche).
3.1 L’impatto ambientale dei biocombustibili
Nel presente paragrafo verranno analizzati i principali effetti ambientali relativi alla
produzione dei biocarburanti quali:
1. Cambiamento d’uso del suolo
2. Emissioni di Gas ad Effetto Serra (GHG)
96
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
3. Biodiversità
4. Acqua: impatti, requisiti e qualità
3.1.1 Cambiamento d’uso del suolo
Il cambiamento d’uso del suolo dovuto all’agricoltura e alla deforestazione è uno dei
fattori principali che influisce sul cambiamento climatico, che non è legato, quindi,
solamente alla produzione e all’utilizzo di energia. La deforestazione e la
combustione dei vegetali sono comuni soprattutto nei Paesi tropicali e sono legate a
deforestazioni legali o illegali, all’espansione di aree di pascolo e di coltivazione e
all’uso di biomassa legnosa come carburante; la conversione di foreste e savane in
terreni coltivati porta ad un rilascio di CO2 a causa della combustione o della
decomposizione microbica del carbonio organico immagazzinato nelle piante e nel
suolo. Infatti, in seguito al cambiamento d’uso di un suolo, il quantitativo di carbonio
immagazzinato
varia
in
relazione
al
tipo
di
terreno
naturale
presente
precedentemente alla coltivazione e deve essere calcolato; solo gli studi più recenti44
hanno tenuto conto dell’importanza di queste perdite nel bilancio dei GHG. In
particolare, relativamente al cambiamento d’uso del suolo si deve effettuare una
differenziazione:
 Cambiamento di uso del suolo DIRETTO: quando per la produzione di
biocombustibili viene messo a coltivazione un ecosistema naturale come
torbiere, foreste e praterie, oppure quando vengono riammessi alla
coltivazione terreni incolti o abbandonati.
 Cambiamento di uso del suolo INDIRETTO: quando per la produzione di
biocombustibili vengono impiegati territori adibiti a produzioni non
energetiche (ad uso alimentare e foraggero), che in ogni caso devono essere
44Ad
esempio: Greenhouse Gas Balances for Biomass: Issues for further discussion (Fehrenbach H., 2008), The
Gallagher Review of the indirect effects of biofuels production (RFA., 2008), Introduction: biofuels and the
environment in the 21st century (Howarth R. W. et al., 2009), Air quality issues associated with biofuel
production and use (Hess P. et al., 2009), Greenhouse gas implications of land use and land conversion to biofuel
crops (Ravindranath N.H. et al., 2009), Direttiva 2009/28/CE (2009).
97
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
comunque prodotte e ciò avviene tramite la messa a coltura di ecosistemi
naturali (Ravindranath et al., 2009).
La valutazione del cambiamento dell’uso del suolo diretto è difficile, perché richiede
una conoscenza esatta della variazione degli stock di carbonio, ma è ancora più
complessa nel caso degli effetti indiretti. Per esempio, se la produzione di cibo e
foraggio di una certa zona coltivata viene rimpiazzata dalla produzione di materie
prime per i biocarburanti, si deve presumere che questa produzione di cibo e foraggio
dovrà avere luogo in qualche altra zona perché la domanda di cibo (e di foraggio) a
livello mondiale rimane costante o addirittura aumenta. Vi è una notevole incertezza
per quanto riguarda il tipo, la scala e i tempi dei cambiamenti indiretti del suolo e,
quindi, per quanto riguarda la misurazione e la quantificazione di questi cambiamenti
nella valutazione dei risparmi di GHG che i biocarburanti possono offrire. Per
quantificare le emissioni di GHG derivanti dalla modifica dell’uso del suolo, devono
pertanto essere determinati:
 Il tipo di coltura che è stata sostituita;
 Il tipo di modifica dell’uso del suolo che si verifica come conseguenza della
sostituzione della coltura;
 La quantità di carbonio liberato derivante dalla modifica dell’uso del suolo.
Utilizzando una tecnica ingegneristica, Fritsche e Wiegmann (2008) hanno
confrontato i bilanci dei gas ad effetto serra per i biocarburanti, includendo l’effetto
diretto ed indiretto del cambiamento di uso del suolo sulle emissioni. Gli autori
hanno scoperto che, se le emissioni legate al cambiamento di uso del territorio
vengono ignorate, i biocarburanti potrebbero ridurre le emissioni di gas serra 49-90%
a seconda del tipo di materia prima. D’altra parte, se vengono considerate le
emissioni dovute al cambiamento dell’uso del suolo, il totale delle emissioni di gas
serra aumenterebbe da 1 fino al 102%. Fischer et al. (2009) hanno stimato i risparmi
netti di gas serra in vari scenari di impiego dei biocarburanti utilizzando un approccio
di equilibrio generale per catturare le variazioni di emissione dovute alla destinazione
d’uso. Dal momento che le perdite di carbonio dovute al cambiamento di uso del
suolo avvengono al momento della conversione dei terreni, mentre il risparmio di gas
serra derivante dalla sostituzione dei combustibili fossili con i biocarburanti matura
gradualmente nel tempo, il risparmio di gas serra netto per i biocarburanti di prima
generazione non sarebbe positivo, almeno per i primi di 20 anni. Ci vorrebbero,
98
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
invece, 50 anni per realizzare un risparmio considerevole di emissioni di gas serra
derivanti dalla diffusione su larga scala di biocarburanti. Come già detto, la domanda
di terreni per la produzione dei biocarburanti aumenta le tradizionali esigenze
dell’agricoltura e della silvicoltura. Inoltre, considerando la crescita della
popolazione globale, così come l’aumento dei consumi pro capite dei paesi in via di
sviluppo, può essere previsto un aumento futuro della domanda di terreni per
l’approvvigionamento alimentare. Mentre alcune di queste esigenze possono essere
soddisfatte con migliore rese dei raccolti per unità di superficie, aumentate di circa
l’1,5% negli ultimi decenni per le colture di base, per soddisfare l’incremento di
produzione del 40% previsto entro il 2030, sarà necessaria una maggiore superficie
di terra da mettere a coltura, prudenzialmente stimata in 500 milioni di ettari, al fine
di soddisfare la domanda aggiuntiva di cibo (Bustamante MMC et al., 2009).
Esistono molti studi che hanno stimano le superfici necessarie al fine di soddisfare
gli obiettivi specifici dei biocarburanti (Russi D., 2008; Koh, Pin Lian et al., 2008;
Ozdemir E. D,et al., 2009). Tuttavia, i risultati variano considerevolmente a causa
della differenza di approccio metodologico, delle diverse ipotesi circa le colture
utilizzate e l’efficienza di conversione da biomassa a combustibile. Gurgel et al.
(2007) hanno dichiarato che l’espansione della coltivazione di materie prime per i
biocarburanti si verifica in gran parte a spese delle foreste naturali e dei pascoli
(soprattutto se non è prevista nessuna offerta di suolo), mentre il terreno agricolo, le
foreste gestire e i pascoli naturali evidenziano dei piccoli cambiamenti. Gran parte
dei terreni dedicati alla coltivazione delle materie prime per i biocarburanti si trova in
Africa e America centrale e meridionale, e, in misura minore, negli Stati Uniti,
Messico, Australia e Nuova Zelanda, dove sono presenti vaste foreste e pascoli
naturali con una superiore produttività di biomassa. Al contrario in Cina ed India, a
causa della loro domanda alimentare immensa e produttività del terreno
relativamente inferiore, non vengono evidenziate regioni che possano sostenere
significativamente l’espansione dei terreni per la produzione delle materie prime per
i biocarburanti. Hertel et al. (2010) hanno provato che le riduzioni maggiori di
copertura del suolo tendono a verificarsi a livello dei pascoli, anche se in Brasile e
nell’UE è stata rilevata una grande diminuzione percentuale di terreni forestali. Un
altro fattore molto importante da considerare è che quando i paesi produttori di
biocarburanti convertono terreni agricoli per la produzione di biocarburanti, le ridotte
99
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
esportazioni dei prodotti alimentari ed i maggiori prezzi delle materie prime,
inducono la conversione del suolo nei paesi tropicali come Brasile, Argentina e
Indonesia, al fine di soddisfare la domanda alimentare insoddisfatta. Oltre alla
conversione dei terreni per la coltivazione delle materie prime dei biocarburanti,
Hertel et al. (2010) hanno utilizzato il modello Global Trade Analysis Project
(GTAP), per dimostrare che la superficie coltivata per varie colture potrà mutare in
seguito all’ampliamento della produzione di biocarburanti nel periodo 2006-2015 per
soddisfare gli obblighi nazionali degli Stati Uniti e dell’Unione Europea. Gli autori
hanno evidenziato sostanziali aumenti di superficie coltivata a semi oleosi nell’UE,
in Canada e in Oceania (47,8%, 19,4% e 19,3%, rispettivamente) e per la canna da
zucchero in Brasile (22,9%). Relativamente ai cereali, la superficie coltivata è
aumentata del 6,2% negli Stati Uniti, mentre nella maggior parte delle altre regioni è
aumentata moderatamente (ad eccezione di un calo significativo in Brasile e
nell’Unione Europea). La superficie coltivata a semi oleosi, tuttavia, presenta
notevoli incrementi in tutte le regioni, il che implica che l’obbligo europeo per i
biocarburanti avrà ripercussioni enormi sul questo mercato globale. Hertel et al.
(2010) hanno incorporato risposte mediate sul mercato con l’utilizzo dei
sottoprodotti, nell’analisi dei requisiti del terreno necessari per aumentare la
produzione di etanolo da mais negli Stati Uniti così da rispettare l’obbligo nazionale
del 2015. Convertendo solamente 0,28 ettari di terreni per ogni ettaro di mais
coltivato per la produzione di etanolo, la conseguente conversione globale
riguarderebbe circa 3,8 milioni di ettari di superfici boschive e pascoli, che
verrebbero trasformati in terre coltivate a causa dell’obbligo da rispettare negli Stati
Uniti. Un ottimo approccio che può essere applicato al fine di contrastare la crescente
scarsità di terra coltivabile, potrebbe essere quello di portare terreni agricoli
abbandonati di nuovo in produzione. Field et al. (2008) hanno stimato che notevoli
quantità di terreni agricoli abbandonati, tra i 475 e i 580 milioni di ettari, possono
essere destinate alla produzione di biocarburanti. Anche se i coltivi abbandonati, i
pascoli, i boschi, o altre aree naturali possono essere idonei alla coltivazione di
biocarburanti, De Vries et al. (2007) suggeriscono che soprattutto i pascoli saranno
utilizzati per la conversione. Il riferimento è relativo, in particolare, ai pascoli
permanenti ed ai terreni abbandonati, che presentano dei vantaggi in quanto non vi
sono divieti sulla loro conversione, mentre alcuni paesi, come l’India e la Cina,
100
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
hanno divieti legali sulla conversione di terreni forestali per le coltivazioni; anche
l’Unione Europea dal 2009 ha vietato la conversione di torbiere e terreni forestali.
Inoltre, i pascoli permanenti coprono una superficie di 3.378 milioni di ettari in tutto
il mondo e, anche se parte di questi saranno inutilizzabili per la coltivazione, l’attuale
area coltivabile è pari a circa 1.411 milioni di ettari. La produzione di biocarburanti
dovrebbe concentrarsi su terreni degradati o marginali, eppure terre degradate sono
poco adatte per l’agricoltura, per definizione, poiché in genere prive di acqua e
sostanze nutritive. Alcune colture, come la Jatropha, sono promosse come prodotti in
grado di resistere alla siccità, ma le rese sono basse in zone con scarsa piovosità, e
sono presenti vincoli quali l’approvvigionamento idrico e la temperatura. La
produzione di biomassa nelle aree degradate può dare, quindi, respiro agli ecosistemi
naturali e ai terreni ricchi di carbonio e potrebbe costituire una misura ragionevole
per ridurre la competizione per le superfici tra la produzione di biomassa per la
bioenergia e la produzione di cibo. Alcune terre marginali sono carenti di elementi
nutrivi che possono essere “aggirati” grazie all’utilizzo di input chimici, si
presentano quindi come buoni obiettivi per la produzione alimentare avanzata,
mentre alcuni suoli degradati fisicamente e di poco valore per la produzione
alimentare o forestale, potrebbero essere buoni candidati per lo sviluppo di erbe
perenni ed alberi, che potranno costituire la materia prima per la produzione dei
biocombustibili di seconda generazione. Se la produzione di etanolo cellulosico
diventasse commercialmente valida, le colture ed i residui forestali che attualmente
non fanno parte della filiera di produzione energetica, saranno in grado di contribuire
alla produzione di biocarburanti, alleviando la pressione esercitata sul terreno. È
importante notare che 100 milioni di tonnellate di residui di mais provenienti da
terreni coltivati solo negli Stati Uniti, potrebbero essere recuperati per produrre
biocarburanti. È importante notare che i rifiuti agricoli e forestali rappresentano le
uniche fonti di produzione di biocombustibili, che non richiedono il cambiamento di
uso del territorio al di là di ciò che avviene per la produzione alimentare e per le
attività forestali esistenti.
101
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
3.1.2 Emissioni di Gas ad Effetto Serra (GHG)
L’utilizzo dei biocarburanti ha lo scopo di sostituire i combustibili fossili, evitando o
riducendo così le emissioni di gas serra associate a questi ultimi. Tuttavia,
un’espansione su larga scala dei biocarburanti può causare un aumento di emissioni
di GHG nell’atmosfera a causa del cambiamento d’uso del suolo, dovuto alla
sostituzione di foreste esistenti, al fine di soddisfare l’incremento della domanda di
colture agricole per la fornitura di cibo e di colture energetiche per la produzione dei
biocarburanti. Inoltre, l’aumento dei gas ad effetto serra varia a seconda della
tipologia di materia prima utilizzata, del processo di produzione delle stesse e degli
input impiegati (ad esempio, fertilizzanti azotati) nonché dal consumo di
combustibili fossili nell’ambito dell’intero ciclo produttivo. L’analisi del ciclo di vita
(LCA)45, mostra un ampio margine in termini di riduzione globale delle emissioni di
gas serra dovute all’utilizzo di biocarburanti in sostituzione dei combustibili fossili,
che varia a seconda delle aspetti sopra indicati (Rasetti et al., 2012). Sulla base della
valutazione del ciclo di vita, l’etanolo da canna da zucchero in Brasile fornisce la
massima riduzione delle emissioni di gas serra. Ciò è dovuto agli alti rendimenti e
all’utilizzo degli scarti della canna da zucchero (cioè, la bagassa) per produrre
energia utilizzata nel processo, nonché per la cogenerazione di energia elettrica
(FAO, 2008; Macedo et al., 2008). L’OCSE ha stimato che l’etanolo da canna da
zucchero riduce le emissioni di gas serra del 90% rispetto a una quantità equivalente
di benzina. I biocarburanti di seconda generazione, derivanti da materie prime
lignocellulosiche, devono diffondersi ancora a livello commerciale, infatti, gli
impianti presenti e quelli in costruzione sono essenzialmente impianti pilota.
Numerosi studi (tra cui FAO, 2008; Crutzen et al., 2008) hanno anticipato che questi
biocarburanti potrebbero ridurre drasticamente le emissioni di gas serra in tutto il
ciclo di vita (nell’ordine del 70-90%), rispetto ai biocarburanti di prima generazione
a causa delle più elevate rese energetiche per ettaro e grazie all’energia disponibile
45
L’LCA è un metodo utilizzato per valutare gli impatti ambientali di un prodotto, un processo o un servizio
durante il suo intero ciclo di vita. La sua principale caratteristica è il suo tipo di approccio, definito “dalla culla
alla tomba” (“from cradle to grave”): il prodotto viene infatti seguito e analizzato in ogni fase della sua vita,
dall’estrazione e dalla trasformazione delle materie prime fino allo smaltimento, passando per la produzione, il
trasporto e l’utilizzo.
102
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
dall’elaborazione di alcuni componenti e parti delle piante (principalmente lignina)46.
Producendo energia elettrica per cogenerazione, si potrebbe raggiungere un
risparmio addirittura vicino, se non superiore, al 100%47. Da considerare, che le
riduzioni delle emissioni di gas serra presentano notevoli variazioni a seconda della
tipologia di biocarburante prodotto (Rasetti et al., 2014), come è possibile vedere in
figura 61.
Figura 61: Comparazione delle riduzioni (%) di GHG per differenti tipologie di biocarburanti
Fonte: Sims et al., 2010
Come si può vedere in figura, l’etanolo da barbabietola da zucchero offre riduzioni di
gas serra di circa il 25-60%, mentre l’etanolo prodotto da frumento genera riduzioni
di gas serra che possono arrivare al 90%, ma, in determinati casi, le emissioni
possono incrementare addirittura del 10%. L’etanolo da mais genera le più piccole
riduzioni di emissioni di gas ad effetto serra, presentando le prestazioni più variabili;
i risultati vanno da valori nulli (anche negativi, in alcuni casi) fino a valori di quasi il
60%, rispetto alla benzina fossile. Farrell et al., (2006) hanno dichiarato che l’etanolo
da mais, negli Stati Uniti, ridurrebbe le emissioni di gas serra solo del 13%, in quanto
il processo di produzione è molto intensivo a livello energetico: gli input energetici
46 Simile all’utilizzo della bagassa nella produzione dell’etanolo in Brasile.
47 Analogamente, il syndiesel prodotto attraverso gassificazione/processo di Fischer-Tropsch è in grado di
fornire una riduzione di gas serra di quasi il 100% o addirittura superiore, considerando, anche in questo caso, il
surplus produttivo di energia elettrica rinnovabile ottenuto .
103
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
possono rappresentare quasi l’80% degli output. Tuttavia, Liska Adam J. et al.
(2009) hanno dimostrato che il potenziale di riduzione potrebbe essere notevolmente
migliorato al 48-59% attraverso una migliore resa e gestione delle colture, delle
operazioni di bioraffineria, e dell’utilizzazione dei coprodotti48. Per quanto riguarda
il biodiesel di prima generazione, quello da olio di palma è considerato
generalmente, in termini di risparmio di gas serra, il biodiesel con il rendimento
migliore, tipicamente compreso nell’intervallo tra il 25 e l’80%. Tuttavia, le stime
relative alle quantità risparmiate di gas serra, derivanti da questa tipologia di
biodiesel, sono particolarmente inclini a sottovalutare il pieno impatto dei gas serra;
considerando la frequente sostituzione nell’Asia Sud-Orientale delle foreste tropicali
o delle torbiere, con piantagioni di palma, le quantità di CO2 rilasciate da queste
riserve naturali sono enormi, rendendo negativo il bilancio di GHG risparmiate. La
riduzione delle emissioni del biodiesel da girasole sembra convergere intorno al 6080%, mentre per la soia tende ad essere circa il 50-70%. La grande variabilità dei
valori può essere spiegata dalla disparità del rendimento agricolo tra le regioni, dalle
ipotesi fatte per quanto riguarda l’assegnazione di glicerina (importante co-prodotto
dalla lavorazione del biodiesel), così come dal tipo di sostanze chimiche e
dall’energia di processo utilizzate. Altra importante materia prima per il biodiesel è il
colza, ed un gran numero di studi ha concluso che il risparmio di gas serra ottenuto
da questo biodiesel normalmente va dal 20 all’80%. Il quadro del risparmio
potenziale di gas serra ottenuto con i biocarburanti tende a scomparire, tenendo conto
del rilascio del carbonio immagazzinato nelle foreste o praterie, durante la
conversione di questi terreni per la produzione delle colture energetiche49; infatti,
includendo nei calcoli le emissioni legate al cambiamento dell’uso del suolo,
occorrerebbero decine o centinaia di anni per compensare tali valori (periodo di
recupero del carbonio). Danielsen et al. (2009), hanno stimato che sarebbero
necessari dai 75 ai 93 anni di utilizzo di biocarburanti per compensare la perdita di
carbonio dovuta alla conversione delle foreste; la durata è variabile in funzione della
modalità di eliminazione della foresta. Inoltre è stato stimato che la conversione delle
48
Si potrebbe raggiunge il 67% nel caso di una bioraffineria avanzata, a circuito chiuso, con la presenza di un
digestore anaerobico.
49
Si noti comunque che la conversione di savane degradate per la produzione di canna da zucchero, o la
coltivazione di Jatropha Curcas, può aumentare la quantità di carbonio incorporato nel terreno.
104
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
torbiere richiederebbe più di 600 anni per produrre un risparmio di emissioni di gas
serra, mentre la coltivazione della palma da olio su pascoli degradati potrebbe
produrre un risparmio effettivo di emissioni di GHG entro 10 anni. Anche i
biocarburanti di seconda generazione non sono attraenti da questa prospettiva; infatti,
se il panico verga 50per la produzione di biocarburanti fosse coltivato su terreni dove
ora è prodotto il mais statunitense, considerando il conseguente cambiamento
indiretto della destinazione dei suoli, si avrebbe un periodo di recupero del carbonio
pari a 52 anni e le emissioni aumenterebbero per oltre 30 anni del 50%. Danielsen et
al. (2009), sostengono che la riduzione delle emissioni raggiunta attraverso i
biocarburanti, sarebbe economicamente meno attraente rispetto all’imboschimento
dei pascoli ed ipotizzano che la riduzione della deforestazione potrebbe essere una
strategia più efficace per mitigare il cambiamento climatico, rispetto all’uso dei
biocarburanti.
3.1.3 Biodiversità
L’effetto della produzione dei biocarburanti sulla biodiversità dipende dal tipo di
terreno utilizzato; se per la produzione vengono ripristinati terreni degradati,
l’impatto potrebbe essere positivo. D’altra parte, se vengono drenate le torbiere o
vengono convertiti i paesaggi naturali in piantagioni di biocarburanti, l’effetto è
generalmente negativo e, dal momento che molte coltivazioni attuali di biocarburanti
sono particolarmente adatte alla coltivazione in zone tropicali, la loro espansione
potrebbe convertire gli ecosistemi naturali di questi paesi, “hot-spots” di biodiversità.
Secondo Ogg (2009) i sussidi europei per i biocarburanti sono fattori determinanti
per la perdita della foresta pluviale in Indonesia, principale luogo di coltivazione
della palma, che fornisce l’olio vegetale con il più basso costo al mondo.
L’espansione delle piantagioni di palma da olio, che non richiedono quantità elevate
di fertilizzanti o pesticidi, possono innescare la perdita delle foreste pluviali e la
biodiversità in esse. Koh and Wilcove (2008) stimano che la metà delle piantagioni
di palma da olio sviluppate in Malesia e in Indonesia, hanno sostituito le foreste
naturali. Allo stesso modo, più del 60% della coltivazione della canna da zucchero in
50 Il panico verga (Panicum virgatum) è un’erba delle zone caratterizzate da clima caldo ed è una delle specie
dominanti delle praterie di erba alta nell’America settentrionale.
105
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
Brasile è praticata nella regione “Mata Atlantica”, uno degli “hot-spots” di
biodiversità più importanti al mondo; la produzione di canna da zucchero e di soia
stanno contribuendo alla radura del “Cerrado”, la savana con maggiore biodiversità
al mondo. A causa dell’espansione dei terreni agricoli in Brasile, le zone ricche di
specie di uccelli potrebbero essere a rischio scomparsa. L’espansione dei
biocarburanti, se di elevate dimensioni, potrebbe provocare la perdita di agrobiodiversità a causa dell’intensificazione dell’agricoltura, a causa della monocoltura,
poiché la maggior parte delle piantagioni per la produzione di biocombustibili si
basano su una sola specie. La Royal Society (2008) ha evidenziato, un fattore molto
importante da considerare e cioè la vulnerabilità a cui potranno essere sottoposte le
specie e le varietà utilizzate come materie prime (es. canna da zucchero, ecc.), nei
confronti dei nuovi parassiti e malattie, che posseggono il potenziale per distruggere
il raccolto e per diffondersi negli habitat naturali. I biocarburanti di seconda
generazione presentano un’altra serie di problemi: alcune delle materie prime più
promettenti sono classificate come specie invasive, che richiederanno una gestione
corretta, al fine di evitare conseguenze indesiderate. Inoltre, molti degli enzimi
necessari per elaborare la materia prima dovrebbero essere utilizzati con particolare
attenzione nei processi di produzione industriale, in quanto sono stati geneticamente
modificati per migliorare la loro efficienza. Tuttavia, sono state eseguite alcune
prove, i cui risultati suggeriscono che la biodiversità può essere migliorata e può
essere restaurato il funzionamento degli ecosistemi, tramite la coltivazione delle
materie prime per i biocarburanti, introducendo nuove specie perenni in aree
degradate o marginali. Tilman et al. (2006) hanno utilizzato dati sperimentali ottenuti
da campi sperimentali su terreni degradati e abbandonati al fine di dimostrare che,
rispetto all’etanolo da mais o al biodiesel da soia, l’uso di miscele a basso input ad
elevata diversità di colture perenni ottenute da pascoli nativi, garantiscono maggiori
rese energetiche nette, una maggiore riduzione delle emissioni di gas serra e minor
inquinamento da agro farmaci, e che queste performance sono positivamente
correlate al numero di specie. Si può concludere che gli effetti sulla biodiversità
dipendono quindi dal tipo di materia prima prodotta e sono legati al tipo e
all’intensità di conversione dei terreni e della gestione applicata. In tabella 17 viene
offerta una panoramica.
106
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
Tabella 17: Effetti specifici delle materie prime sulla biodiversità
Fonte: Elaborazione su dati OFID - IIASA, 2009
3.1.4 Acqua
L’acqua è un fattore chiave della produzione agricola ed il suo contributo è sempre
più prezioso. Ad oggi, l’area irrigata è estesa ad oltre 270 milioni di ettari in tutto il
mondo, circa il 18% del totale delle terre coltivate. L’agricoltura è il settore che
consuma i quantitativi di acqua più elevati tra le attività umane; infatti i prelievi
d’acqua per l’irrigazione sono pari al 70% del totale dell’utilizzo delle risorse idriche
rinnovabili da parte dell’uomo: circa 2.630 miliardi di m3 all’anno nel 2000, su un
totale di 3.815 miliardi di m3 all’anno (Tab.18).
107
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
Tabella 18: Fabbisogni netti di acqua di irrigazione e prelievi di acqua per l’agricoltura, nel periodo 20002030 (Previsioni)
Fonte: Ns. elaborazione su dati OFID - IIASA, 2009
È stato stimato che solo circa il 50% dei prelievi d’acqua raggiunge le colture
agricole, mentre il resto viene perso nei sistemi ed impianti di irrigazione. Le colture
irrigue producono circa il 40% della produzione agricola totale, con rese
generalmente 2 volte superiori a quelle delle colture che beneficiano solo dell’acqua
meteorica. Ad esempio, la FAO stima che, ogni anno, i cereali irrigati producono
circa il 60% del totale su 1,2 miliardi di tonnellate di cereali prodotti nei paesi in via
di sviluppo (FAO, 2008). È stato stimato che, entro il 2050, i terreni irrigati a livello
mondiale aumenteranno di 356 milioni di ettari, rispetto ai 271 milioni di ettari nel
2000. Le proiezioni nella Tabella dei prelievi idrici agricoli mostrano una crescita da
2.630 km3 del 2000, a 2.924 km3 nel 2030 e a 3.090 km3 nel 2050, con aumenti
dell’11 e del 17%, rispettivamente. Andando a considerare anche le conseguenze
dovute ai cambiamenti climatici e al surriscaldamento globale, può essere aggiunto
un ulteriore 5-9% nel 2030 e un 8-10% entro il 2050; quindi, la domanda di acqua
solo per la produzione alimentare aumenterà sensibilmente nei prossimi decenni,
rischiando di aggravare i problemi dovuti alla scarsità d’acqua in diverse regioni. Per
quanto riguarda i biocarburanti, se la coltivazione delle materie prime necessarie si
espandesse notevolmente, potrebbe facilmente causare uno stress aggiuntivo
all’approvvigionamento idrico, soprattutto se la produzione di feedstock irrigati fosse
108
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
praticata in regioni caratterizzate da carenza idrica. Secondo le stime riportate in
Tabella 19, nel 2005 erano presenti 10 milioni di ettari utilizzati per la coltivazione di
materie prime necessarie alla produzione di etanolo; i feedstock erano principalmente
canna da zucchero in Brasile, India e Sud Africa, e mais negli Stati Uniti e Cina.
Tabella 19: Uso dell’acqua per la coltivazione delle materie prime per la produzione di etanolo (2005)
Fonte: elaborazione su dati OFID - IIASA, 2009
Queste materie prime rappresentavano circa l’1,4% in termini di evapotraspirazione,
sul totale delle colture agricole e circa il 2% dei prelievi di acqua per l’irrigazione.
Da notare che la produzione di bioetanolo nel 2008 è stata quasi doppia, rispetto al
livello indicato per il 2005 in Tabella. Per quando riguarda il biodiesel, l’utilizzo di
acqua per irrigazione delle materie prime agricole è stato trascurabile; da considerare
che più della metà del biodiesel a livello mondiale è stato prodotto in Europa,
soprattutto da colza coltivata senza irrigazione. L’International Water Management
Institute ha recentemente osservato che, a livello globale, non c’è abbastanza acqua
per produrre cibo e di biocarburanti, ma, nei paesi dove l’acqua è già scarsa, come
l’India e la Cina, la crescita delle colture destinate alla trasformazione in
biocarburanti, intensificherà i problemi esistenti. Tuttavia, ci sono grandi differenze
relativamente al fabbisogno di acqua delle differenti materie prime, così come
esistono grandi differenze della quantità d’acqua disponibile dalle precipitazioni e
109
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
dalle risorse idriche per l’irrigazione, in base alla localizzazione. Di conseguenza, il
calcolo dell’acqua totale di irrigazione richiesta per litro di bioetanolo prodotto, può
variare notevolmente tra sedi diverse (Tab.20).
Tabella 20: Acqua di irrigazione richiesta per la produzione di etanolo
Fonte: Ns. elaborazione su dati OFID - IIASA, 2009
Gli impatti della produzione dei biocarburanti sulle risorse idriche, dipendono in
larga misura da scelte appropriate di materie prime adatte ad essere coltivate e da
pratiche di gestione adeguate. Promuovere la produzione di zucchero di canna in
zone caratterizzate da carenza idrica, può causare danni all’ambiente, come
recentemente riportato da McCornick et al. (2009) per il bacino Krishna in India.
L’uso del sorgo dolce o della Jatropha, con requisiti di acqua inferiori a quelli della
canna da zucchero, può creare maggiori opportunità per la coltivazione pluviale,
anche se con rendimenti nettamente inferiori. Per ridurre al minimo la concorrenza di
acqua con la produzione alimentare, nonché per garantire il massimo risparmio di gas
serra dei biocarburanti, dovrebbe essere scoraggiata la produzione delle materie
prime
in
condizioni
irrigue,
favorendo
l’utilizzo
delle
sole
piogge.
Indipendentemente dalla produzione di biocarburanti, forse il modo più efficace per
affrontare un aumento della domanda di acqua, è quello di migliorare l’efficienza di
uso dell’acqua in agricoltura, cioè si deve trovare il modo di ottenere un maggior
raccolto per unità d’acqua consumata. La produzione di biocarburanti nei prossimi
non inciderà solamente sulla quantità d’acqua, ma anche sulla qualità delle acque, sia
a causa del ruscellamento degli agrofarmaci, sia per le sostanze nocive prodotte nei
processi di trasformazione e di conversione della materia prima. Anche se questi
fattori non riguardano solo i biocarburanti, la maggior concorrenza per le risorse
agricole, dovuta alla produzione delle materie prime per i biocarburanti, può
aggiungersi ai rischi di intensificare le pressioni ambientali create dal sovra
110
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
sfruttamento delle risorse, dalle scarse pratiche agricole, o dagli aumentati cicli dei
nutrienti ed inquinanti, che superano il limite e la capacità di auto-sostenersi e autodepurarsi dei sistemi biologici. È ben noto che il mais richiede più fertilizzanti e
pesticidi, rispetto alla maggior parte delle colture alimentari; quindi una grande
espansione della produzione di etanolo a base di mais, come sta avvenendo negli
Stati Uniti d’America, aumenta il rischio di contaminazione delle acque sotterranee,
riduce la qualità delle acque, ed è tra le cause di eutrofizzazione51 dei corpi idrici.
L’inquinamento delle acque è stato un grave problema ambientale nelle regioni
produttrici di canna da zucchero in Brasile fino ai primi anni ‘80, quando è stata
attuata la normativa per vietare lo scarico diretto delle vinacce. Le principali fonti
industriali di inquinamento, dovute ai processi cui è sottoposta la canna da zucchero,
sono le acque reflue derivanti dal lavaggio degli steli prima della trasformazione e le
vinacce prodotte durante la distillazione. Questi sottoprodotti causano la
contaminazione delle acque, dovuta alle elevate concentrazioni di materia organica,
che vanno ad aumentare la richiesta biochimica di ossigeno (BOD5)52 dei corpi
idrici. Per evitare il deterioramento della qualità dell’acqua sono necessari una severa
regolamentazione ed il controllo dello smaltimento dei rifiuti ricchi di nutrienti
derivanti dai processi industriali. Il riutilizzo dei sottoprodotti della canna da
zucchero nei campi riduce l’applicazione di fertilizzanti chimici, con il rischio, però,
di eccesso di apporti vicino agli impianti di trasformazione. Sono state identificate
diverse tecnologie al fine di aumentare immediatamente l’efficienza e la sostenibilità
degli zuccherifici attuali e di quelli futuri, come per esempio la riduzione del
consumo di acqua attraverso la chiusura dei circuiti di trattamento dell’acqua, l’uso
della bagassa per generare elettricità ed il miglioramento del bilancio energetico della
produzione di etanolo, nei processi di produzione e raccolta. I tassi di riciclo
dell’acqua negli zuccherifici brasiliani sono aumentati, passando da circa il 63% nel
51
Il termine eutrofizzazione, indica una condizione di ricchezza di sostanze nutritive in un dato ambiente, nello
specifico una sovrabbondanza di nitrati e fosfati in un ambiente acquatico. L’accumulo di questi elementi causa la
proliferazione di alghe microscopiche che, a loro volta, non essendo smaltite dai consumatori primari (es.
plancton), determinano una maggiore attività batterica, aumentando così il consumo globale di ossigeno, la cui
mancanza, provoca alla lunga la morte dei pesci.
52
Domanda di ossigeno biochimico (mg/l di O2) assunto come misura indiretta del carico organico inquinante
(biodegradabile).
111
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
1990 all’88% nel 2005. Ad oggi, sono disponibili adeguate conoscenze, abilità
operative e tecnologie ben sviluppate che consentirebbero di ottenere una produzione
ed espansione sostenibile della canna da zucchero. Tuttavia, l’adozione di nuove
tecnologie richiede un ambiente economico e politico favorevole, che agevoli gli
investimenti in tecnologie pulite. Il Brasile ha accumulato una notevole esperienza in
ambito di produzione sostenibile della canna da zucchero; sarà, quindi, fondamentale
condividere e trasferire queste conoscenze e garantire l’applicazione delle nuove
tecnologie e delle migliori pratiche in Brasile, come in altre regioni dell’America, in
Asia e soprattutto in Africa. È importante sottolineare che la diffusione dei sistemi di
produzione dei biocombustibili, non crea solo ulteriori rischi ambientali, ma può
anche generare nuove opportunità per una migliore gestione ambientale. Un’accurata
selezione delle materie prime che soddisfi le condizioni ambientali e l’attuazione
delle migliore pratiche introducendo questi nuovi sistemi colturali, potrebbe
migliorare la sostenibilità del settore agricolo, riducendo la domanda di fertilizzanti e
di pesticidi ed evitando la necessità di acqua per l’irrigazione. I benefici ambientali
potrebbero essere ottenuti anche dalle piante legnose ed erbacee destinati a diventare
importanti come materie prime lignocellulosiche per la produzione dei biocarburanti
di seconda generazione. Queste piante perenni richiedono un minor numero di input
agricoli, migliorando ed estendendo il periodo di copertura della vegetazione. Alcune
specie legnose, come il salice ed il pioppo, possono filtrare le sostanze nutritive che
possono causare inquinamento tramite ruscellamento e lisciviazione, garantendo
inoltre alte produzioni in termini di biomassa. Prudenti scelte nell’uso del suolo
potrebbero, quindi, contribuire a ridurre il suo degrado e l’inquinamento delle acque
e potrebbero accrescere gli stock di carbonio nei terreni degradati e marginali,
fornendo al contempo energia.
3.2 L’impatto economico-sociale dei biocombustibili e la volatilità dei
prezzi nel settore agricolo
Gli sviluppi del mercato agricolo hanno di recente attirato l’attenzione a causa
dell’aumento dei prezzi alimentari al consumo, e ancor più delle fluttuazioni dei
prezzi delle materie prime agricole. La volatilità dei prezzi delle commodity agricole
è un fenomeno che si è sempre verificato, ma negli ultimi anni tale fenomeno è
diventato un vero e proprio elemento strutturale del mercato agricolo mondiale ed
112
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
europeo tanto da far sì che ad oggi la stabilità del mercato agricolo è considerata
come uno dei principali obiettivi della politica agricola comune post 2013
(Matthews, 2010; Finco et al., 2013). Nei quaranta anni precedenti all’ultima crisi nei
mercati delle commodity agricole vi sono stati quattro periodi di improvvisi aumenti
dei prezzi (e successivo declino) (1973-75, 1978-79, 1986-87 e 1995), sebbene solo
quello del triennio 1973-75sia stato di intensità paragonabile al più recente.
I recenti rapporti OCSE-FAO (OECD-FAO Agricultural Outlook 2010, 2011, 2012)
hanno dedicato particolare attenzione alla volatilità e all’incremento dei prezzi dei
prodotti agricoli di base.
A tal proposito, come testimoniato dal Rapporto sull’andamento dei prezzi delle
commodities agricole (Fanfani R. et al., 2011) se si analizzano gli andamenti del
mercato mondiale Europeo e Nazionale negli ultimi dieci anni si osservano
fortissime oscillazioni (Fig.62). In particolare l’aumento dei prezzi delle principali
commodities agricole sui mercati internazionali, si è verificato a partire dalla seconda
metà del 2007 e ha raggiunto un massimo nella prima parte del 2008;
successivamente i prezzi agricoli ,che avevano raggiunto un loro massimo sui
mercati internazionali nel 2008, dopo un altrettanto rapido tracollo verso la metà del
2009, hanno di nuovo ripreso ad aumentare nella seconda metà del 2010 fino a
raggiungere un nuovo picco nei primi mesi del 2011. Nei mesi successivi i prezzi
hanno registrato nuovamente una riduzione e ad oggi hanno iniziato a contenersi,
rimanendo tuttavia a livelli relativamente alti. L’andamento generale dei prezzi
tuttavia presenta tendenza disomogenea tra i singoli prodotti. Infatti, l’ascesa dei
prezzi fino a metà del 2008, è stata trainata dai prezzi dei cereali (grano e riso in
particolare), degli oli e dei grassi (soia e oli vegetali), mentre i prodotti lattiero
caseari avevano subito un forte aumento in precedenza. Al contrario il comparto
delle carni non ha registrato un analogo comportamento, mentre i prezzi dello
zucchero si sono attestati su livelli intermedi. Il rapido declino dei prezzi registrato a
partire dal 2008 fino alla metà del 2009 è stato, invece, particolarmente rilevante per
gli oli e grassi, mentre i prodotti lattiero-caseari sono drasticamente crollati, di oltre
la metà. La discesa dei prezzi dei cereali pur essendo stata consistente, si è
stabilizzata su valori intermedi per effetto principale delle quotazioni elevate del riso,
rispetto a quelle del grano e del mais.
113
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
A partire dalla seconda metà del 2009 si è assistito ad una nuova impennata dei
prezzi delle principali commodities agricole, ma l’aumento ha riguardato prodotti
diversi rispetto al 2007-2008. In particolare nel nuovo e più recente boom dei prezzi
del 2010-11, il prezzo dello zucchero ha raggiunto un valore tre volte superiore a
quello del 2002-04, seguito solo in parte dall’aumento anche dei prezzi dei prodotti
lattiero caseari. Tale nuova impennata si caratterizza, inoltre, per il forte aumento
degli oli, e solo più recentemente anche i cereali hanno ripreso ad aumentare.
Figura 62: Evoluzione dei prezzi delle Commodities Agricole 2001-2021 (USD/t –USD/hl)
Fonte: OECD-FAO 2012
Alla luce di quanto emerso dalla breve analisi sovrastante, in letteratura sono stati
condotti numerosi studi con lo scopo di identificare e analizzare le principali cause
della volatilità dei prezzi nel settore agricolo. Di seguito (Fig.64) vengono elencati i
principali fattori osservati come causa della volatilità dei prezzi in tale settore,
desunti dall’analisi bibliografica condotta (Abbott et al., 2009; Abbot et al., 2011,
Balcombe 2009; Sarris 2009; Huchet-Bourdon 2011; Gilbert 2010; Gilbert et al.,
114
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
2010; De Schutter .2010; Jacks 2010, Muller et al., 2011, Huchet-Bourdon, M. 2011,
OECD-FAO, 2011).
Figura 64: Fattori alla base della volatilità dei prezzi delle Commodities Agricole
Due sono gli elementi che sembrano aver giocato un ruolo fondamentale sulla
dinamica dei prezzi del mercato agricolo: lo squilibrio tra domanda e offerta e le
politiche.
Per quanto riguarda l’evoluzione della domanda e dell’offerta, questa è stato
provocato da vari motivi. In particolare dal punto di vista della domanda, negli ultimi
anni si è assistito ad un aumento della domanda mondiale dei prodotti alimentari
dovuta alla crescita delle economie emergenti, quali Cina, India e Brasile. A questa
si è aggiunta la cresce domanda di prodotti agricoli per usi agro energetici
incentivata sia dalle politiche volte alla produzione dei biocarburanti sia dalla
crescita dei prezzi del petrolio. Dal punto di vista dell’offerta, invece la mancanza di
investimenti nel settore agricolo, nonché i bassi stock delle materie prime degli
ultimi anni sono spesso citate come fattori contribuenti.
Altro elemento di carattere macroeconomico e finanziario non legato direttamente al
settore delle commodities agricole, ma che ha comunque inciso sulla volatilità dei
loro prezzi risulta essere il deprezzamento del dollaro statunitense. A questo si
aggiungono fattori relativi soprattutto agli effetti del cambiamento climatico il quale
ha provocato fenomeni di siccità ed eccesso di pioggia. Merita indubbiamente di
essere annoverata anche la variazione delle politiche di importazione ed
115
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
esportazione nonché il fenomeno della speculazione finanziaria nel mercato delle
commodities agricole.
Per quanto riguarda le politiche, si sottolinea come le ultime riforme PAC abbiano
modificato la politica dei mercati, determinando una minor protezione alle frontiere
e una riduzione dei prezzi di sostegno interni, creando così un effetto destabilizzante
nel settore agricolo nonché una inesorabile instabilità dei mercati. A tal proposito,
l’Unione Europea sta orientando la nuova PAC verso l’identificazione di linee guida
volte a ridurre la volatilità dei prezzi e dei mercati mondiali.
3.2.1 Interazione tra settore agro-energetico e mercato delle commodities agricole
Focalizzando l’attenzione sull’interazione tra settore agro energetico e mercato delle
commodities agricole, diversi ricercatori hanno cercato di quantificare:
1) l'impatto della produzione nonché delle politiche dei biocarburanti sui prezzi
delle commedies agricole (si fa riferimento ai picchi di prezzo tra il 2007/08 e il
2010/2011) e in particolare sul mercato delle materie prime usate sia a scopo
energetico sia alimentare come l’ olio di colza, l’olio di soia, l’olio di palma,
l’olio di girasole, lo zucchero, la barbabietola il mais e il grano (Per esempio si
veda: Banse et al. 2008, Banse et al., 2012; Hertel et, 2010);
2) l’impatto dei prezzi dei biocombustibili sui prezzi delle commodites agricole
(Per esempio si veda: Serra et al., 2011 e 2012 , Zilberman et al., 2012,
Ajanovic 2010, Rosegrant 2008, Taheripour et al. 2008, Khanna et al., 2010,
Ciaian et al., 2011a e b, Wixson et al., 2012).
Relativamente al primo punto, la maggior parte della letteratura che si occupa
dell’analisi dell’effetto dell’introduzione dei biocombustibili sui prezzi dei prodotti
alimentari utilizza modelli di equilibrio generali o parziali. Di contro a questi e
parallelamente a quanto espresso nel punto due, l’analisi delle serie storiche è
ampiamente applicata per lo studio della dinamica dei prezzi.
Ad oggi una vasta letteratura analizza tali tematiche. Come afferma Zilberman
(Zilberman et al., 2012) mentre i prezzi dei biocarburanti non sembrano influenzare i
prezzi delle materie prime alimentari, la loro introduzione, incentivata soprattutto
dalle politiche vigenti, sembra tuttavia creare incrementi in questo senso. D’ altro
canto, come dichiara Gerber (Gerber et al. 2009), i vari calcoli degli impatti della
116
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
produzione di biocarburanti sui prezzi dei prodotti alimentari e sulle materie prime
ottenuti dai differenti studi sono difficili da conciliare. Ciò è dovuto in gran parte alla
serie intricata di ipotesi considerate, alle differenze tra gli scenari di base esaminati
nonché alle metodologie applicate. Come conferma anche Timmer (Timmer 2008) la
modellazione risulta essere complicata e pertanto non è sorprendente che gli analisti
e i diversi modelli applicati producano stime differenti di ciò che è la causa degli
elevati prezzi degli alimenti. Ciò nonostante, sebbene la letteratura attuale sia giunta
a conclusioni diverse le une dalle altre, vi è un ampio consenso relativamente al fatto
che gli aumenti di prezzo in nessun modo siano limitati esclusivamente
all’introduzione dei biocarburanti, ma che piuttosto derivino da diversi fattori (Per
esempio si veda Abbott et al., 2008, Lipsky 2008, Sarris 2009, Trostle 2008, Gilbert
2010, Hochman et al., 2011). Di seguito verrà condotta una breve overwiev relativa
sia all’impatto della produzione nonché delle politiche dei biocarburanti sui prezzi
delle commedies agricole sia all’impatto dei prezzi dei biocombustibili sui prezzi
delle commodites agricole.
 L'impatto della produzione e delle politiche dei biocarburanti sui prezzi
delle commedies agricole
Lo studio condotto da Mueller (Mueller et al., 2011) che effettua una review delle
principali cause dell’incremento dei prezzi dei prodotti alimentari e la relativa
correlazione con la produzione dei biofuels, mostra come il contributo dei biofuels
sull’incremento dei prezzi sia piuttosto modesto variando dal 3 al 30%. Tale concetto
è inoltre ribadito da Zilberman (Zilberman et al., 2012) il quale dichiara che i
biofuels non sono la principale causa dei recenti boom dei prezzi dei prodotti
alimentari, aggiungendo che ogni tipologia di biocombustibile prodotto conduca
nella realtà ad un impatto differente. Risultato opposto è evidenziato da Mitchell
(Mitchell, 2009) il quale dichiara che il 70-75% dell’incremento dei prezzi sia dovuto
alla produzione dei biocombustibili. Una buona parte della corrente letteratura ha
attribuito nelle politiche sviluppate per il sostegno del settore dei biocarburanti, con
conseguente incremento della produzione degli stessi, uno dei principali punti di
connessione tra mercato energetico, materie prime ad uso energetico e prodotti
117
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
alimentari (Per esempio si veda Hertel et, 2010, Janda et al., 2011, Banse et al. 2008,
Dimaranan al., 2012, Banse et al., 2012).
Un recente report condotto dalle principali organizzazioni internazionali (Policy
Report, 2011 by FAO, IFAD, IMF, OECD, UNCTAD, WFP, the World Bank, the
WTO, IFPRI e UN HLTF) ha evidenziato come tra il 2000 e il 2009, la produzione
mondiale di bioetanolo sia quadruplicata e la produzione di biodiesel aumentata di
dieci volte nei paesi dell'OCSE, soprattutto grazie al sostegno delle politiche vigenti.
Ne consegue che durante questo periodo la domanda di colture per la produzione di
biocarburanti è aumentata, provocando un conseguente aumento dei prezzi
internazionali del frumento, così come dei cereali secondari, dei semi oleosi e degli
oli vegetali, rispettivamente secondo i valori dell'8%, 13%, 7% e del 35%. Si
sottolinea inoltre che tale incremento è proseguito negli anni successivi e
ragionevolmente continuerà a sussistere finché i governi imporranno specifici
mandati (obblighi di miscelare proporzioni fisse di biocarburanti con carburanti
fossili, o obiettivi vincolanti per i biocarburanti nel consumo energetico). Pertanto la
produzione di biocarburanti aggraverà la scarsa elasticità della domanda al prezzo
contribuendo alla volatilità dei prezzi agricoli. Anche uno degli ultimi rapporti
OCSE/FAO sull’agricoltura (OCSE/FAO Agricultural Outlook 2012-2021) ribadisce
tale concetto, sostenendo che la continua espansione della produzione di
biocarburanti finalizzata a soddisfare gli obblighi delle politiche vigenti, creerà in
futuro un'ulteriore domanda delle materie prime impiegate per la produzione di
biocarburanti come il grano, i cereali secondari, gli oli vegetali e lo zucchero. Uno
studio condotto dal Department for Enviromental., Food and Rural Affairs (DEFRA
2008), ha tuttavia sottolineato che l’impatto della produzione dei biofuels sui prezzi
del grano avrà un effetto relativamente piccolo nel mercato Europeo, mentre l’effetto
sul mercato Statunitense sarà inevitabile. Come sottolineato da Elliot (eliot),
l’incremento dei prezzi del petrolio, combinato alle politiche di supporto ha reso i
biofuels più attraenti, e ciò ha incoraggiato soprattutto la produzione dell’etanolo da
corn all’interno degli Stati Uniti. Questo ha contribuito ad un incremento del prezzo
dei cereali a livello mondiale del 30%.
Un’analisi condotta dall'Istituto per le prospettive tecnologiche (IPTS) per la DG
Agricoltura ha dichiarato che senza un sostegno da parte della politica Europea ai
biofuels, la domanda interna di biocarburanti sarebbe di molto inferiore, e pertanto si
118
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
assisterebbe ad una riduzione dei prezzi all'interno dell'UE, con conseguente
diminuzione dei prezzi nel mercato mondiale.
Dal momento che la domanda di materie prime necessarie per la produzione di
biodiesel (semi oleosi e oli vegetali) a livello mondiale è maggiore rispetto a quella
dei feedstock per il bioetanolo (cereali o lo zucchero), in futuro qualsiasi pressione
diretta esercitata sui mercati alimentari mondiali a causa di politiche dell'UE per i
biocarburanti potrà creare un incremento di prezzo maggiore per i semi oleosi e gli
oli vegetali piuttosto che per i cereali o lo zucchero (Fonseca et al., 2010).
Al contrario di quanto fin ora espresso, il report condotto dall’ IFPRI (Al-Riffai et
al., 2010) ha mostrato che l'effetto delle politiche dei biocarburanti sui prezzi
alimentari resterà molto limitata, definendo una variazione di prezzo massimo
relativo alle produzioni alimentari pari al +0,5% in Brasile e +0,14% in Europa.
Baffes e Haniotis (Baffes et al., 2010) sostengono che in tutto il mondo solo l’1,5%
della superficie è coltivato a cereali/semi oleosi e questo suscita seri dubbi sulle
affermazioni che dichiarano che i biocarburanti possano portare ad un grande
cambiamento della domanda globale. Essi aggiungono inoltre che, mentre il dibattito
finora si è concentrato principalmente sulla quantità di colture alimentari dirottate
verso la produzione di biocarburanti e verso il conseguente effetto sui prezzi, minore
attenzione è stata dedicata a una questione ben più importante legata al fatto che la
produzione dei biofuels rappresenta un’opportunità di sviluppo per il settore agricolo
nonché un motore per la creazione di una serie di esternalità positive (De Gorter et
al., 2010).
Timilsina (Timilsina et al., 2011), ribadisce a tal proposito, che l’aumento dei prezzi
del petrolio registrato negli ultimi anni ha creato una riduzione degli output agricoli;
al contrario, l’espansione dei biofuels, potenziata dunque non solo dalle politiche, ma
anche dalla forte variazione dei prezzi dell’energia, ha invece incrementato la
produzione di prodotti agricoli, sostenendo tale settore.
Un ulteriore punto di partenza per l’analisi della relazione biofuels e prezzi delle
commodites agricole consiste nello scindere gli effetti provocati dall’etanolo (che è il
principale biofuels presente nel mercato americano) da quelli del biodiesel (prodotto
largamente nel mercato europeo). A tal proposito lo studio condotto da Kristoufek
(Kristoufek et al., 2012) che conferma una correlazioni positiva tra biocarburanti e
prezzi, sottolinea la necessità di una distinzione tra etanolo e biodiesel. Ciò
119
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
chiaramente in accordo anche con Tyner (Tyner et al., 2010) il quale ribadisce che le
politiche per i biocarburanti negli Stati Uniti e nell’Unione Europea mostrano
differenze significative.
 L’impatto dei prezzi dei biocombustibili sui prezzi delle commodites agricole
Soffermandoci invece sulla relazione tra prezzi dei biocombustibili e prezzi delle
commodities agricole, la maggior parte della letteratura vigente finora si è
concentrata soprattutto sul mercato americano e su quello brasiliano dell’etanolo,
mentre il mercato europeo del biodiesel non ha ricevuto molta attenzione risultando
di recente considerazione.
Coerentemente con la letteratura vigente, le stime e le previsioni della trasmissione
dei prezzi sono effettuate nella maggior parte dei casi attraverso un’analisi di
cointegrazione seguita dalla determinazione di un modello vettoriale a correzione di
errore (VECM) o in misura minore, tramite il calcolo di un modello autoregressivo
vettoriale (VAR) (Serra et al., 2013).
La maggior parte degli articoli recensiti in questa sezione si basano su prezzi spot53,
essendo l'utilizzo dei prezzi dei futures meno comune. I prezzi del petrolio, così
come quelli del diesel, sono spesso ottenuti dall’US Energy Information
Administration (EIA) o nel contesto brasiliano dall’ Agência Nacional do Petróleo,
Gás Natural e Biocombustíveis (ANP). Le serie dei prezzi relative all’etanolo
brasiliano sono ottenute dal Centro di Studi Avanzati in Economia Applicata
(CEPEA), mentre i prezzi dell’etanolo americano fanno riferimento soprattutto al
Renewable Fuels Association (RFA). Per quanto riguarda i prezzi del biodiesel
derivano dalla piattaforma Bloomberg, Reuters o Datastream. Infine per quanto
riguarda i prezzi delle commodity agricole i principali riferimenti sono la Food and
Agriculture Organization (FAO), l’U.S. Department of Agriculture (USDA), il
Centro di Studi Avanzati in Economia Applicata (CEPEA) e la piattaforma
Bloomberg.
In riferimento al mercato dell’etanolo americano, Saghaian (2010) sostiene la
presenza di cointegrazione tra i prezzi del petrolio, dell'etanolo, del frumento, del
53
Prezzo di mercato corrente
120
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
mais e della soia. In dettaglio il prezzo del petrolio guida i prezzi del mais, della
soia, del frumento e dell'etanolo, mentre l'etanolo influisce sui prezzi del mais nel
lungo periodo. Uno studio condotto dalla Serra et al., nel 2011 fornisce evidenze di
come il mercato del mais risponde agli squilibri del mercato dell’etanolo, ma non a
quelli del petrolio. Anche Katchova e Wixson (2012) sottolineano come i prezzi del
mais, della soia e del petrolio rappresentano indicatori di futuri cambiamenti dei
prezzi dell'etanolo, così come i prezzi dell'etanolo lo saranno per le materie prime di
produzione. Al contrario di quanto esposto sopra Zhang et al. (2009), Mallory et al.
(2012) e Qiu et al. (2012) provano come uno shock dei prezzi dei combustibili fossili
e del mercato dei biocarburanti non hanno ricadute sul prezzo del food.
Passando al mercato dell’etanolo brasiliano, Rapsomanikis e Hallam (2006) e
Balcombe e Rapsomanikis (2008) analizzano i prezzi dell'etanolo, dello zucchero e
del petrolio al fine di investigare le dinamiche dell’industria dell'etanolo brasiliano
attraverso un VECM model. Dalle analisi condotte emerge come il prezzo del
petrolio influenza sia il prezzo dello zucchero che quello dell’etanolo nel lungo
periodo. A sua volta variazioni nel prezzo dello zucchero sono trasmesse al mercato
dell’etanolo, ma non viceversa. Anche l’analisi condotta da Serra, Zilberman, e Gil
(2011) che utilizza i prezzi settimanali dello zucchero, dell’etanolo e del petrolio da
giugno 2000 a febbraio 2008, mostra come i prezzi dell’etanolo sono positivamente
correlati sia ai prezzi dello zucchero che a quelli del petrolio. Tale risultato è
supportato da un ulteriore studio della Serra (2011) in cui viene inoltre evidenziato
come l’etanolo non è in grado di colpire né il mercato dello zucchero né quello del
petrolio.
Per quanto riguarda il mercato del biodiesel, Busse et al. (2010) hanno esaminato la
trasmissione verticale dei prezzi nella filiera del biodiesel in Germania durante la
rapida crescita di tale settore a partire dal 2002 fino al suo declino nel 2009,
concentrandosi soprattutto sulle connessioni tra i prezzi dell’olio di colza, di soia, del
biodiesel e del diesel. Dall’analisi condotta è emerso come il prezzo del petrolio
presenti un forte impatto sul prezzo del biodiesel, e come i prezzi del biodiesel
influenzino quelli dell’olio di colza. Tale risultato viene nuovamente confermato nel’
articolo successivo del 2012 (Busse et al. 2012). L'industria del biodiesel spagnola
viene invece analizzata da Hassouneh et al. (2012). Dall’analisi condotta emerge
come vi è relazione di lungo periodo tra il prezzo del biodiesel, del girasole e del
121
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
petrolio. Ciò implica come il prezzo del biodiesel viene influenzato sia dal prezzo del
feedstock che da quello del combustibile fossile. L’analisi mostra inoltre come il
prezzo del biodiesel ha una limitata capacità di influire sul prezzo del girasole.
Infine diversi studi analizzano il mercato internazionale mettendo in relazione
entrambi i biocombustibili e le commodity agricole. Ad esempio lo studio condotto
da Kristoufek et al. (2012) indaga la relazione tra prezzo del biodiesel, dell’etanolo
dei combustibili fossili e delle relative materie prime negli Stati Uniti e in Germania.
L'analisi, che si basa su un minimal spanning tree e un hierarchical tree, mostra come
entrambi i biocarburanti sono influenzati sia dai prezzi della propria materia prima
che dal carburante fossile. In dettaglio, l’etanolo risulta molto più connesso al prezzo
della materia prima, ossia lo zucchero, piuttosto che con il prezzo della gasolina.
Viceversa il prezzo del biodiesel sembra essere più connesso a quello della materia
prima di riferimento. Lo studio evidenzia inoltre come entrambi i biocombustibili
hanno una limitata capacità di colpire il mercato alimentare. Quest’ultimo concetto
viene ribadito anche nello studio condotto da Vacha et al. (2012) che analizza le
interconnessioni tra i prezzi dell’etanolo e del biodiesel con i relativi prezzi sia delle
materie utilizzate per la loro produzione (zucchero, grano, soia, olio di colza) sia del
diesel e della gasolina. Anche in questo caso si evidenzia come i prezzi del biodiesel
sono maggiormente collegati ai prezzi del carburante, mentre il prezzo dell'etanolo è
più legata ai prezzi alimentari.
3.3 Sostenibilità e criteri di sostenibilità secondo la normativa Europea
Come già descritto nel capitolo precedente la Direttiva 2009/28/CE (RED) (EC,
2009) sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili include una serie di
criteri di sostenibilità obbligatori come parte di uno schema di sostenibilità per i
bioloquidi e i biocarburanti, nonché richieste di monitoraggio e di report da parte sia
degli Stati Membri che della Commissione Europea. Simili richieste di sostenibilità
sono, inoltre, contenute nella Direttiva 2009/30/EC (Fuel Quality) (EC, 2009b) sulla
qualità dei carburanti, che riguarda le specifiche relative a benzina, combustibile
diesel e gasolio, nonché l’introduzione di un meccanismo inteso a controllare e
ridurre le emissioni di gas a effetto serra.
122
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
Secondo quanto stabilito dalle due Direttive54, i bioliquidi e i biocarburanti, al fine di
poter essere conteggiati per il raggiungimento dei target europei ed essere eleggibili
ai fini del supporto finanziario, indipendentemente dal fatto che la materia prima
utilizzata per produrli sia stata coltivata all’esterno o all’interno dell’Unione Europa,
debbono:
 garantire una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra lungo tutto il loro
ciclo di vita (dalla coltivazione del seme alla produzione di energia);
 non essere ottenuti da materie prime provenienti da terreni che presentano un
elevato valore in termini di biodiversità o un elevato stock di carbonio.
La riduzione di emissioni di gas a effetto serra grazie all’uso di bioliquidi e
biocarburanti sostenibili deve essere almeno pari al 35%55. La percentuale di
riduzione dovrà invece raggiungere il 50% dal 2017 e il 60% dal 2018.
Il calcolo delle emissioni reali di gas a effetto serra può essere effettuato, secondo le
citate Direttive56, attraverso l’utilizzo di valori standard, reali o disaggregati57.
L’eventuale calcolo dei valori deve essere effettuato considerando tutte le fasi del
ciclo di vita del biocarburante, incluse la coltivazione e l’estrazione della materia
prima, la lavorazione, il trasporto, l’uso e tenendo conto delle emissioni derivanti
dalle modifiche degli stock di carbonio in seguito al cambiamento di destinazione dei
terreni.
Per quanto riguarda invece il criterio sulla provenienza della materia prima, la
Direttiva impone che i biocarburanti non siano prodotti a partire da terreni con un
elevato valore in termini di biodiversità, ovvero:
 foreste primarie e altri terreni boschivi;
 aree designate per scopi di protezione della natura, o per la protezione di
ecosistemi o specie rare, minacciate o in pericolo di estinzione;
 terreni erbosi naturali ad elevata biodiversità.
Sono inoltre esclusi i terreni che presentano un elevato stock di carbonio, ossia:
 zone umide;
54
Art. 17 della RED e art. 7-ter della Fuel Quality.
55
Nel caso di impianti di produzione già in servizio il 23 gennaio 2008, si applicherà dal 2013.
56
Art.19 della RED e art. 7-quinquies della Fuel Quality.
57
Valori standard: allegati V-A e IV-A delle Direttive; valori reali: metodologia contenuta negli allegati V-C e
IV-C delle Direttive; valori disaggregati: allegati V-D e IV-D delle Direttive.
123
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
 zone boschive continue;
 terreni aventi un’estensione superiore ad un ettaro caratterizzati dalla
presenza di alberi di altezza superiore a cinque metri e da una copertura della
volta compresa tra il 10% e il 30%;
 terreni classificati come torbiere.
Le materie prime agricole coltivate nella Comunità e utilizzate per la produzione di
biocarburanti e di bioliquidi debbono, inoltre, essere ottenute nel rispetto delle
prescrizioni e delle norme previste dalle disposizioni contenute nella politica agricola
comunitaria, che impone il rispetto della condizionalità ovvero stabilisce requisiti
minimi per il mantenimento di buone condizioni agricole, ambientali e criteri di
gestione obbligatoria.
L’art. 21 della RED prevede inoltre che, ai fini della dimostrazione del rispetto degli
obblighi di consumo, il contributo dei biocarburanti di seconda generazione58 è
considerato doppio di quello degli biocarburanti. Ciò vale a dire che l’Unione
Europea spinge verso la produzione di biocarburanti di seconda generazione
considerati in generale più sostenibili rispetto a quelli convenzionali.
Lo schema di sostenibilità include, inoltre, richieste di monitoraggio e di report, sia
da parte degli Stati Membri che della Commissione (art. 22 e art. 23 della RED),
riguardanti l’impatto complessivo della produzione di biocarburanti su biodiversità,
risorse idriche, qualità dell’acqua e del suolo, riduzione netta delle emissioni di gas a
effetto serra, nonché sulle variazioni del prezzo dei prodotti e cambiamento d’uso del
suolo.
Anche se non sono stati previsti criteri di sostenibilità sociale, la Commissione
europea è tenuta, a relazionare sull’impatto economico-sociale che la produzione di
biocarburanti comporta nella Comunità e nei paesi terzi tra cui la disponibilità di
prodotti alimentari a prezzi accessibili (art. 17(7)).
Per quanto riguarda la verifica del rispetto dei criteri di sostenibilità59, gli Stati
Membri devono imporre agli operatori economici60 l’obbligo di dimostrare che sono
58
Biocarburanti prodotti a partire da rifiuti, residui, materie cellulosiche di origine non alimentare e materie
ligno-cellulosiche.
59
Art. 18 della RED e l’art. 7-quater della Fuel Quality.
124
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
stati rispettati i suddetti criteri di sostenibilità lungo tutta la catena di produzione
(chain of custody). A tal fine, gli operatori economici sono tenuti ad utilizzare un
sistema di equilibrio di massa, che consente di miscelare partite di materie prime o
partite di biocarburanti con caratteristiche di sostenibilità diverse, associando le
informazioni sulle caratteristiche di sostenibilità alla miscela ottenuta (EC, 2011)
ovvero tenendo presente che le informazioni sulle caratteristiche di sostenibilità
rimangono associate alle partite. In aggiunta, gli operatori economici devono
presentare informazioni riguardanti le misure adottate per la tutela del suolo, delle
risorse idriche e dell’aria, per il ripristino dei terreni degradati e per evitare il
consumo eccessivo di acqua in zone afflitte da carenza idrica.
Per semplificare l’operato dei piccoli operatori o agricoltori, la Commissione, oltre
ad ammettere il ricorso a valori standard, ha previsto la possibilità di aderire a sistemi
volontari nazionali o internazionali che implementino i criteri di sostenibilità (art.
18(4)).
La Commissione si è impegnata, inoltre, a concludere accordi bilaterali o
multilaterali con paesi terzi, che contengano disposizioni sulla sostenibilità conformi
ai criteri proposti dalla RED (art. 18(4)).
Per incoraggiare l’istituzione di sistemi di certificazione per tutti i tipi di
biocarburanti e fornire informazioni aggiuntive sull’applicazione pratica dei criteri di
sostenibilità, la Commissione ha adottato nel 2010 due Comunicazioni61 e una
Decisione62, volte ad aiutare gli Stati Membri nell’attuazione del regime di
sostenibilità ed a comprendere i requisiti che tali certificazioni dovranno rispettare.
La Comunicazione 160/01 (EC, 2010a) riguarda, in particolare, il processo di
valutazione che la Commissione avvia in seguito ad una richiesta di riconoscimento
di un sistema volontario o di un accordo bilaterale o multilaterale, a prescindere dalla
sua provenienza o dal fatto che si tratti di un sistema concepito da governi o da
organizzazioni private.
60
Per operatore economico si intende qualunque persona fisica o giuridica stabilita nella comunità o in un Paese
terzo che offre, mette a disposizione, produce o utilizza biocarburanti e bioliquidi destinati al mercato
comunitario.
61
Comunicazione 2010/C 160/01 sui sistemi volontari e i valori standard da utilizzare nel regime UE di
sostenibilità per i biocarburanti e i bioliquidi e Comunicazione 2010/C 160/02 sull’attuazione pratica del regime
UE di sostenibilità per i biocarburanti e i bioliquidi e sulle norme di calcolo per i biocarburanti.
62
Decisione 335 del 2010.
125
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
La seconda Comunicazione, 160/02 (EC, 2010b) riguarda invece l’attuazione pratica
del regime di sostenibilità e le relative norme di calcolo.
La Decisione 2010/335/UE (EC, 2010c) contiene infine le linee guida per il calcolo
degli stock di carbonio nel suolo, completando le regole introdotte all’allegato V
della RED.
3.3.1 Breve excursus sulla normativa italiana in materia di sostenibilità
Per quanto riguarda l’Italia, si fa presente che il recepimento della direttiva
2009/28/CE è avvenuto tramite il Decreto Legislativo n.28 del 3 marzo 2011, mentre
l’attuazione Direttiva 2009/30/CE è avvenuta tramite il Decreto Legislativo n.55 del
31 marzo 2011.
Il primo decreto63 stabilisce che, a decorrere dal 1 gennaio 2012, i biocarburanti
utilizzati nei trasporti potranno essere computati per il raggiungimento degli obiettivi
nazionali ed accedere agli strumenti di sostegno, solo se rispettano i criteri di
sostenibilità contenuti nel secondo decreto.
L’articolo 1 (comma 6, art. 7-ter) del Decreto 55 introduce infatti i “criteri di
sostenibilità per i biocarburanti” relativi al risparmio di emissioni di gas a affetto
serra e ai terreni che non possono essere utilizzati per la produzione di materie prime,
cosi come previsti dalla Direttiva64.
Al fine della verifica del rispetto dei criteri di sostenibilità65, il decreto stabilisce che
tutti gli operatori economici appartenenti alla filiera di produzione dei biocarburanti
dovranno aderire al Sistema Nazionale di certificazione della sostenibilità, i cui
contenuti
e
regole
devono
essere
definiti
con
un
opportuno
decreto
interministeriale66.
A Gennaio 2012, tale decreto, condiviso tra il Ministero dello Sviluppo Economico e
il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, è stato firmato. Le
finalità del decreto che rendono di fatto applicabili e operative le disposizioni degli
63
Al Titolo VII, art. 38.
64
I terreni sono i medesimi con l’aggiunta di alcune specifiche per adattarne le tipologie al territorio nazionale,
quali le aree protette ai sensi della legge 394/1991 o i siti della rete Natura 2000.
65
Art. 1 comma 6, art. 7-quater.
66
Art. 2 comma 6.
126
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
atti normativi precedenti, riguardano in estrema sintesi: le modalità di funzionamento
del sistema nazionale di certificazione della sostenibilità; le procedure di adesione
allo stesso sistema; le procedure per gli obblighi di informazione; le disposizioni che
gli operatori e i fornitori devono rispettare per l’utilizzo del sistema di equilibrio di
massa.
Lo schema che riprende pienamente i contenuti delle direttive europee, è costituito
dagli elementi che possono essere così sintetizzati:
1. qualifica dell’operatore e tracciabilità;
2. gestione del sistema di equilibrio di massa;
3. metodologia di calcolo delle emissioni di GHG;
4. modalità di rilascio del certificato di conformità dell’azienda;
5. documentazioni rilasciate dagli operatori in accompagnamento al prodotto;
6. valutazione del rischio e metodologia per stabilire la frequenza delle verifiche
ispettive;
7. modalità di svolgimento delle verifiche di conformità da parte dell’organismo
di certificazione, inclusa l’opzione delle verifiche di gruppo;
8. qualifica del personale utilizzato per le verifiche.
Analizzando questi elementi costitutivi dello schema, è facile evincere che i punti
chiave che riguardano nella sostanza il rispetto della sostenibilità dei biocarburanti, si
riducono fondamentalmente a due, ovvero la gestione del sistema di equilibrio di
massa e il calcolo delle emissioni di GHG. Le altre questioni di sostenibilità
ambientale, come il cambiamento di uso del suolo o la tutela della biodiversità,
sembrano quindi essere demandate al punto due (sistema di equilibrio di massa) che,
lo ricordiamo, è il metodo utilizzato per assicurare la rintracciabilità lungo la catena
di consegna dei biocarburanti e deve riguardare una o più partite che costituiscono il
lotto di sostenibilità.
Inoltre il decreto designa l’organismo di accreditamento ACCREDIA come unico
organismo autorizzato a svolgere attività di accreditamento67 e vigilanza sul mercato.
Tuttavia, si ricorda che, secondo il decreto, fino al 31 agosto valgono le norme
transitorie ossia le partite di biocarburanti cedute al fornitore o all’utilizzatore entro
tale data, sono ritenute sostenibili purché l’operatore economico dimostri al fornitore
67
L’accreditamento degli organismi di certificazione avviene ai sensi della norma ISO 45011:1999.
127
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
o all’utilizzatore di essere in possesso del certificato di conformità dell’azienda
rilasciato nell’ambito del Sistema Nazionale di Certificazione o di analogo
documento rilasciato nell’ambito di un sistema volontario o di un accordo
multilaterale. La tabella 21 sottostante riassume la citata normativa sulla
sostenibilità.
Tabella 21: Riferimenti normativi europei ed italiani
3.4 Le iniziative di certificazione della sostenibilità per i biocarburanti
Lo schema di certificazione per la sostenibilità dei biocarburanti, riconosciuto a
livello europeo e nazionale, risulta costituito da un insieme di elementi fondamentali
che possono diversificarsi nelle modalità con cui vengono costruiti e monitorati dalle
singole organizzazioni di certificazione (Finco, 2012).
Si specifica che per schema di certificazione si deve generalmente intendere un
insieme di regole e procedure definite, nonché attività svolte dagli organismi di
certificazione per l’attestazione di conformità di un servizio.
Venendo alla descrizione degli schemi di certificazione volontaria si specifica che
dal 19 luglio 2011 alla fine del 2014, la Commissione Europea ha riconosciuto 19
schemi volontari che possono essere applicati nei 27 Stati Membri dell’EU. Gli
schemi riconosciuti sono:
 L’International Sustainability & Carbon Certification (ISCC): lo schema è
un’iniziativa internazionale, iniziata nel 2006, guidata dalla compagnia tedesca
128
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
Meo Carbon Solutions e sostenuta dal Ministero Federale Tedesco (BMELV)
tramite l’Agenzia per le Risorse Rinnovabili (FNR), volta al riconoscimento
della sostenibilità delle biomasse e dei biocombustibili. A Febbraio 2011, più di
450 compagnie di 25 paesi europei, americani e sud-est asiatici usavano tale
sistema, successivamente sottoposto nel Marzo 2011 a valutazione da parte della
Commissione Europea.
 Il Bonsucro EU (Better Sugar Cane Initiative): lo schema è un’iniziativa
sviluppata da un’associazione di più soggetti (produttori di zucchero, investitori,
commercianti e NGOs) specifica per la produzione di bioetanolo da canna da
zucchero applicabile a livello globale. La versione finale dello schema è stata
rilasciata a dicembre 2010 e presentata alla Commissione Europea a Marzo
2011.
 Il Roundtable on Responsible Soy (RTRS) EU RED: lo schema è stato
promosso dalla compagnia inglese ProForest in cooperazione con il WWF
Svizzero nel 2004 e sottoposto a valutazione da parte della Commissione nel
Maggio 2011. Tale schema è dedicato alla certificazione dei biocarburanti da
soia coltivata al di fuori dell’Unione Europea.
 Il Roundtable on Sustainable Biofuels (RSB) EU RED: lo schema è
un’iniziativa sviluppata a partire dal 2006, coordinata dall’Università svizzera
EPFL (Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne) e da un comitato direttivo
multi-stakeholders costituito da agricoltori, produttori di biocarburanti, industria
dei trasporti, ONG ambientali e sociali, istituti di ricerca e investitori. Lo schema
è applicabile per la certificazione di tutte le materie prime e tipologie di
biocarburanti a livello globale e la versione finale è stata sottoposta alla
Commissione Europea nel Maggio 2011.
 Il Biomass Biofuels voluntary scheme (2BSvs): lo schema è un’iniziativa
francese sviluppata da un Consorzio di associazioni di produttori sia della
materia prima che di biocarburanti, presentata dalla Commissione nel Maggio
129
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
2011. Il sistema copre tutti i tipi di biocarburanti e tutta la filiera di produzione a
livello globale68.
 L’Abengoa RED Bioenergy Sustainability Assurance (RSBA): lo schema è
un’iniziativa sviluppata dall’omonima compagnia Abengoa bioenergy, uno dei
maggiori produttori europei di biocarburanti. Inizialmente lo schema era valido
solo per i produttori di biocarburanti della compagnia e successivamente
sottoposto a valutazione da parte della Commissione Europea per il
riconoscimento come schema volontario ad Aprile 2011.
 Il Greenergy Brazilian Bioethanol verification programme (Greenergy): lo
schema di certificazione, dell’omonima azienda Greenergy, produttrice e
fornitrice di carburante e biocarburante in Gran Bretagna, è stato sviluppato nel
2007 ed è specifico per la produzione di bioetanolo da canna da zucchero in
Brasile. Tale sistema, basato sul Renewable transport Fuel Obligation scheme
(RTFO) della Gran Bretagna, è stato presentato alla Commissione Europea a
Gennaio 2011.

L’Ensus voluntary scheme under RED for Ensus bioethanol production: lo
schema riguarda il bioetanolo ottenuto dal grano da foraggio dell’UE prodotto
dallo stabilimento Ensus One. La domanda di riconoscimento alla Commissione
Europea è stata presentata il 21 novembre 2011.

Il Red Tractor (Red Tractor Farm Assurance Combinable Crops & Sugar Beet
Scheme): il sistema riguarda cereali, semi oleosi e barbabietole da zucchero
coltivati nel Regno Unito fino al primo punto di consegna di questi prodotti. Tale
schema è stato presentato alla Commissione il 4 aprile 2012.

Lo SQC (Scottish Quality Farm Assured Combinable Crops (SQC) scheme): lo
schema è stato presentato alla Commissione il 27 marzo 2012 con richiesta di
riconoscimento. Esso copre frumento, granoturco e semi di colza invernali
prodotti nel nord della Gran Bretagna fino al primo punto di consegna di queste
colture.
68
Si specifica che questo schema di certificazione è stato adottato dalla società Novaol srl, azienda leader nella
produzione di biodiesel in Italia, e prima azienda a certificarsi a livello nazionale secondo lo standard 2 Be
Sustainable volunatry scheme (2BSvs).
130
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche

Il Red Cert: lo schema è stato presentato il 21 febbraio 2012 alla Commissione
ai fini del riconoscimento. Il regime può coprire una vasta gamma di
biocarburanti e bioliquidi.

Il NTA 8080: lo schema di certificazione è stato presentato il 15 marzo 2012 alla
Commissione ai fini del riconoscimento. Questo sistema, che consiste nella
norma NTA 8080, nella norma 8081 e in documenti di sistema supplementari, è
in grado di coprire un'ampia gamma di biocarburanti e bioliquidi diversi.

RSPO RED (Roundtable on Sustainable Palm Oil RED): lo schema è stato
presentato alla Commissione il 10 febbraio 2012. Il sistema copre i prodotti a
base di olio di palma.

Biograce GHG calculation tool: Il sistema volontario è uno «strumento di
calcolo delle emissioni di gas serra Biograce» ed è stato presentato il 19 febbraio
2013 alla Commissione ai fini del riconoscimento. Tale strumento consente di
calcolare le emissioni di gas serra per un’ampia gamma di biocarburanti e
bioliquidi. I sistemi volontari che se ne avvalgono devono garantire il corretto
utilizzo dello strumento e l’osservanza di norme adeguate in materia di
affidabilità, trasparenza e controllo indipendente.

HVO Renewable Diesel Scheme for Verification of Compliance with the
RED sustainability criteria for biofuels: Il sistema è adatto a tutte le materie
prime utilizzate per il biodiesel di tipo HVO (compresi olio di palma greggio,
olio di colza, olio di soia e grassi di origine animale) e ha portata globale.
Comprende l’intera catena d’approvvigionamento, dalla produzione di materie
prime alla distribuzione di biocarburanti. Il sistema volontario è stato presentato
alla Commissione il 14 agosto 2013.

Il Gafta Trade Assurance Scheme: Il sistema è adatto a tutte le materie prime
utilizzate per la produzione di biodiesel e ha portata globale. Il presente sistema
comprende le fasi di scambio, trasporto e stoccaggio delle materie prime di
origine agricola dall'azienda agricola fino al primo trasformatore e, relativamente
alle altre fasi, si affida ad altri sistemi volontari riconosciuti dalla Commissione.
Esso è stato presentato alla Commissione il 18 febbraio 2014.

Il KZR INiG: Il sistema riguarda materie prime coltivate e raccolte nell'UE
nonché rifiuti e residui provenienti dall'UE. Esso copre l'intera catena
131
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
d'approvvigionamento, dalla produzione di materie prime alla distribuzione di
biocarburanti. Esso è stato presentato alla Commissione il 17 luglio 2012.

Il Trade Assurance Scheme for Combinable Crops: La versione aggiornata
del sistema è stata trasmessa il 7 febbraio 2014. Il sistema è applicato nel Regno
Unito e può coprire le colture combinabili, come i cereali, i semi oleosi e le
barbabietole
da
zucchero.
Questo
sistema
comprende
le
fasi
di
commercializzazione, trasporto e stoccaggio delle materie prime di origine
agricola dall'azienda agricola fino al primo trasformatore e, relativamente alle
altre fasi, si affida ad altri sistemi volontari riconosciuti dalla Commissione. In
quanto tale spetta al «Trade Assurance Scheme for Combinable Crops» accertarsi
che il riconoscimento della Commissione in merito a tali sistemi con cui
collabora resti applicabile per la durata della cooperazione.

L’Universal Feed Assurance Scheme: La versione originale di tale schema è
inizialmente stata trasmessa alla Commissione il 16 maggio 2011. La versione
aggiornata del sistema è stata poi trasmessa il 7 febbraio 2014. Il sistema è
applicato nel Regno Unito e può coprire gli ingredienti per mangimi e mangimi
composti nonché le colture combinabili. Questo sistema comprende le fasi di
commercializzazione, trasporto e stoccaggio delle materie prime di origine
agricola dall'azienda agricola fino al primo trasformatore e, relativamente alle
altre fasi, si affida ad altri sistemi volontari riconosciuti dalla Commissione. In
quanto tale spetta all'«Universal Feed Assurance Scheme» accertarsi che il
riconoscimento rilasciato dalla Commissione in merito a tali sistemi con cui
collabora resti applicabile per la durata della cooperazione.
Gli schemi approvati, pur soddisfacendo i criteri di sostenibilità previsti dalle
Direttive, si distinguono in base ai principi e ai criteri di riferimento, alle
metodologie applicate per il calcolo delle emissioni GHG, nonché ai metodi di
verifica della catena di rintracciabilità e del rispetto dei criteri (audit) e all’utilizzo o
meno dell’approccio meta-standard. I principi descrivono generalmente l’obiettivo
dello schema di certificazione e si compongono di criteri che si riferiscono agli
aspetti ambientali, economici e sociali presi in esame al fine di garantire la
sostenibilità della filiera di produzione dei biocarburanti.
132
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
3.4.1 Altre iniziative
Parallelamente ai sistemi di certificazione volontaria riconosciuti dalla Commissione
Europea, alcuni paesi europei ed extra-europei nonché compagnie produttrici di
biocarburanti hanno promosso, rispettivamente, leggi ed iniziative, volte a garantire
la sostenibilità dei biocarburanti.
Tra le iniziative legislative vigenti, rientrano: la “Renewable Transport Fuel
Obligation (RTFO)” della Gran Bretagna; la “Biofuels Life Cycle Assessment
Ordinance (BLCAO)” della Svizzera; la “Regulation of Fuels and Fuel Additives:
Changes to Renewable Fuel Standard Program (RFS2)” degli Stati Uniti; il “Low
Carbon Fuel Standard (LCFS)” della California e il “Social Fuel Seal” del Brasile.
Prima dell’entrata in vigore della RED, anche il governo olandese e tedesco avevano
adottato iniziative legislative volte alla sostenibilità della produzione di biomassa per
i biocarburanti, rispettivamente la “Sustainable Production of Biomass (SPB)” e la
“Biomass Sustainability Ordinance (BioNachV)”, che sono state sostituite dalla
normativa comunitaria.
Tra le altre iniziative, sono compresi: la “Verified Sustainable Ethanol Initiative
(SEKAB)” promossa da una compagnia svedese e la “Sustainable Biodiesel Alliance
(SBA)” promossa dall’omonima associazione Sustainable Biodiesel Alliance.
E’ necessario sottolineare che, oltre alle iniziative riguardanti la sostenibilità dei
biocarburanti considerate nel presente lavoro, esistono una serie di iniziative volte a
certificare la sostenibilità della biomassa a scopo energetico, come il “Roundtable on
Sustainable Palm Oil (RSPO)”, il “Council on Sustainable Biomass Production
(CSBP)”, il “Green Gold Label 2: Agriculture Source Criteria (GGLS2)”, o la
sostenibilità delle bioenergie in generale come la “Global Bioenergy Partnership
(GBEP)” che non verranno di seguito trattati.
In breve, le principali caratteristiche dei sistemi di certificazione dei biocarburanti
vengono di seguito sintetizzate.
 Renewable Transport Fuel Obligation Programme (RTFO)
Nel Regno Unito, la Renewable Transport Fuel Obligation (RTFO) impone
l’obbligo, a partire dal 2008, di produrre biocarburanti in modo sostenibile.
L’obbligo è gestito dalla Renewable Fuels Agency (RFA) e dà luogo a certificazioni
(Carbon Certificates) che possono essere vendute sul mercato e che dimostrano che
una percentuale del carburante venduto è rinnovabile e sostenibile.
133
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
L’RTFO si basa su 7 principi ambientali e sociali e rispettivi criteri, che includono: la
conservazione dello stock di carbonio; la conservazione della biodiversità; la
conservazione del suolo; l’uso sostenibile della risorsa idrica; la tutela della qualità
dell’aria; il rispetto dei diritti dei lavoratori; il rispetto dei diritti relativi alla terra.
 Biofuels Life Cycle Assessment Ordinance (BLCAO)
Nel 2009, il Dipartimento Federale per l’Ambiente, il Trasporto, l’Energia e le
Cominicazioni (DETEC) svizzero ha adottato la “Biofuels Life Cycle Assessment
Ordinance (BLCAO)”, che definisce come debba essere provato l’impatto
ambientale positivo dei carburanti da materie prime rinnovabili in modo da ottenere
una riduzione delle tasse previste dalla “Mineral Oil Tax Ordinance (MinOTO)”. Gli
aspetti ambientali da considerare sono: la salvaguardia di foreste pluviali e di territori
ad elevata biodiversità; il rispetto delle regolazioni vigenti in relazione all’uso del
suolo, dell’acqua e dell’aria; il rispetto delle buone pratiche agricole; la gestione dei
rifiuti; e la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nell’intero ciclo di vita.
 Renewable Fuels Standard (RFS2)
Negli Stati Uniti, l’Environmental Protection Agency (EPA) è responsabile della
definizione e dell’attuazione del Renewable Fuels Standard (RFS2), che modifica il
programma RFS1 sulla base dell’“Energy Independence and Security Act” (EISA)
del 2007. L’RFS2 stabilisce i livelli minimi di miscelazione dei carburanti
rinnovabili nel settore dei trasporti (da 9 miliardi di galloni nel 2008 a 36 miliardi di
galloni nel 2022). L’RFS prevede inoltre soglie minime di riduzione delle emissioni
di GHG per tutto il ciclo di vita, che differiscono a seconda della tipologia di
biocarburante.
 Low Carbon Fuel Standard (LCFS)
Nel 2009, l’autorità californiana per il controllo delle emissioni CARB (California
Air Resources Board) ha approvato il regolamento LCFS (Low Carbon Fuel
Standard), operativo dal 2010, allo scopo di ridurre le emissioni di GHG del 10%
entro il 2020 attraverso una diminuzione dell’intensità di carbonio (quantità di
carbonio emesso per unità di energia). Queste riduzioni non includono solamente le
emissioni al tubo di scarico, ma anche tutte quelle associate all’intero ciclo di vita dei
vari carburanti (approccio well-to-wheel o field-to-wheel).
I fornitori di carburanti per il trasporto sono tenuti pertanto a dimostrare annualmente
che il mix di carburanti che offrono, rispetti gli standard di intensità imposti da
134
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
LCFS. In tal modo, si viene a creare un sistema di crediti e di debiti, in cui i crediti
sono generati da carburanti con intensità di carbonio più bassa rispetto allo standard,
mentre i deficit risultano dall’uso di carburanti con intensità di carbonio più elevate
dello standard. I fornitori di carburante possono comprare crediti generati da altri
fornitori per coprire i propri debiti.
 Social Fuel Seal
Il programma Selo Combustíve Social (Social Fuel Seal) del Brasile è stato definito
nel 2004 e rivisitato nel 2009. Il programma, gestito dal Ministero dello sviluppo
agricolo, ha lo scopo di promuovere l’inserimento dei piccoli produttori agricoli nella
filiera di produzione del biodiesel. In particolare, il Social Fuel Seal consiste in una
certificazione rilasciata ai produttori di biocarburanti che acquistano quote di materie
prime dai piccoli produttori agricoli variabili tra il 10% e 30% a seconda della
regione di origine e che garantiscono assistenza tecnica e una remunerazione
adeguata. In cambio, i produttori di biodiesel ottengono incentivi fiscali e accesso
preferenziale al credito.
 Verified Sustainable Ethanol Initiative (SEKAB)
La SEKAB, compagnia svedese leader a livello europeo per la produzione di etanolo,
ha sviluppato nel 2008, in collaborazione con i produttori di etanolo brasiliani, la
“Verified Sustainable Ethanol Initiative”.
Gli obiettivi dell’iniziativa consistono nel garantire la qualità dell’etanolo prodotto ai
consumatori svedesi; nell’aumentare l’offerta di etanolo prodotto in modo sostenibile
in stretta collaborazione con le industrie brasiliane; nel persuadere gli altri paesi
europei a sviluppare sistemi per assicurare qualità e sostenibilità e nel facilitare lo
sviluppo di regolamenti internazionali per la produzione di biocarburanti sostenibili.
L’iniziativa prevede inoltre una serie di requisiti per la produzione di etanolo in
modo sostenibile come la riduzione delle emissioni di CO2 di almeno l’85% rispetto
alla benzina, considerando tutto il ciclo di vita del prodotto; la tolleranza zero per la
distruzione di foreste pluviali; la tolleranza zero per la violazione dei diritti umani e
del lavoro e il continuo monitoraggio al fine di verificare il rispetto dei criteri,
effettuato da parti terze indipendenti.
135
Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni
ambientali e socio-economiche
 Sustainable Biodiesel Alliance (SBA)
La “Sustainable Biodiesel Alliance (SBA)” è un’organizzazione no profit, che opera
negli Stati Uniti, con l’obiettivo di rendere l’industria del biodiesel una soluzione al
problema della dipendenza dal petrolio.
L’SBA ha stabilito indicatori e standard di sostenibilità (Baseline Practises for
Sustainability), che verranno sviluppati gradualmente man mano che verranno
raccolte informazioni dai membri di questa organizzazione, fino alla stesura finale
dei criteri che saranno alla base di una certificazione SBA. Le pratiche per la
sostenibilità sono suddivise in quattro sezioni: la produzione sostenibile di materia
prima; la produzione sostenibile di biodiesel; la distribuzione sostenibile di biodiesel;
e l’uso sostenibile del biodiesel. Ogni sezione è divisa in categorie che stabiliscono i
principi che fungono da obiettivi finali da rispettare per tutti coloro che intervengono
nella catena di produzione del biocarburante.
L’SBA include una serie di principi generali di carattere ambientale e sociale tra cui
la riduzione delle emissioni di gas serra, la conservazione dell’energia, del suolo,
dell’acqua e dell’aria, la conservazione della biodiversità, l’uso di organismi
modificati geneticamente (OGM), dei prodotti chimici e di materie prime di nuova
generazione, nonché la sicurezza del cibo e la salvaguardia delle comunità locali e
dei lavoratori.
136
II PARTE: BACKGROUND METODOLOGICO: materiali
e metodi
137
Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima dell’impatto ambientale
Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima
dell’impatto ambientale
Introduzione
La produzione e l’utilizzo dei biocarburanti come sostituti dei combustibili fossili nel
settore dei trasporti ha come scopo principale quello di soddisfare le richieste di
sostenibilità ambientale e di sicurezza energetica auspicate nelle politiche
internazionali e vincolanti per lo sviluppo futuro del settore energetico europeo e
mondiale. Per cercare di valutare gli impatti ambientali dovuti al loro utilizzo e di
verificare il rispetto dei criteri di sostenibilità, sono stati sviluppati diversi strumenti
che prendono in considerazione le diverse fasi del ciclo di vita dei biocombustibili.
Tuttavia, la mancanza di un metodo che possa essere universalmente riconosciuto ha
fatto sì che si sviluppassero una serie di metodologie diverse le une dalle altre e che
spesso non consentono un confronto dei dati finali da loro forniti.
Il presente capitolo si propone di dare una descrizione dell’analisi multicriterio, una
delle principali metodologie attualmente in uso volta a valutare gli impatti
ambientali. Tale metodologia permette infatti il confronto e la scelta tra diverse
alternative in presenza di differenti criteri di valutazione e risulta uno strumento
estremamente utile come supporto nelle scelte decisionali dell’operatore pubblico e
privato e nella pianificazione delle politiche pubbliche.
4.1 L’analisi multicriteria: definizione
Le tecniche multicriterio (AMC) rientrano a pieno titolo come strumento operativo
della valutazione di impatto ambientale.
Possiamo distinguere due tipologie di AMC:
 l’Analisi Multi Obiettivi (AMO);
 l’Analisi Multi Attributi (AMA).
L’utilizzo dell’analisi AMA, rispetto all’AMO, permette di guidare la scelta tra un
numero finito ed esplicito di alternative decisionali, basandosi sul criterio di
efficienza paretiana. Come è stato affermato da Rehman e Romero (1993),
l’affermazione dell’esistenza di obiettivi multipli nel processo decisionale comporta
una fondamentale qualificazione della funzione di utilità del decisore che è
138
Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima dell’impatto ambientale
strutturata su più argomenti. Il modello decisionale ottimizzante sarà pertanto il
seguente:
MAX U = [u(f1(x),..., fk(x),...,fk(x)]
dove:
U = utilità totale del decisore da massimizzare;
u = funzione che esprime l'utilità rispetto ai K criteri decisionali;
fk(x) = rappresenta lo stato del criterio (attributo/obiettivo)k-esimo;
x = un vettore n-dimensionale composto da variabili dette decisionali.
Il modello descritto dalla funzione sopra esposta guida la scelta tra le n alternative
(ipotesi progettuali) finite (A1, A2,…An), esplicitate a priori, mediante una loro
valutazione rispetto ad un numero finito, n, di criteri (f1, f2,…fn) per i quali ciascuna
alternativa presenta un certo indice di prestazione definita da un punteggio.
Nel complesso le fasi di un’analisi multicriterio sono le seguenti (Fig.65):
1. Individuazione degli obiettivi;
2. Individuazione delle alternative progettuali;
3. Individuazione degli indicatori/criteri;
4. Determinazione delle matrici di valutazione;
5. Standardizzazione dei dati;
6. Attribuzione dei pesi ai singoli aspetti ambientali o criteri;
7. Calcolo degli ordinamenti;
8. Risultati e analisi post-matriciali.
139
Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima dell’impatto ambientale
Figura 65: Fasi dell’analisi multicriterio
Problem Definition
Alternatives
Criteria
Scoring
Decision Matrix
User Preferences
Decision Rules
Sensitivity Analysis
Final Decision
In generale l’obiettivo deve risultare specifico, misurabile, attendibile, rilevante e
con dei confini bene definiti ossia “SMART” (Specific, Mesaurable, Attenable,
Relevant and Time-board).
Individuato l’obiettivo, la prima fase consiste nella definizione delle alternative,
ossia le diverse ipotesi progettuali che solitamente risultano essere finite. Segue la
determinazione dei criteri. Quest’ultimi rappresentano lo strumento attraverso il
quale le varie alternative, vengono comparate l’una con l’altra rispetto all’obiettivo
del decisore. Questi criteri possono venire suddivisi in sottocriteri oppure possono
essere organizzati in classi di genere (“clusters”). Solitamente criteri e attributi sono
ritenuti sinonimi e sono definiti come indicatori misurabili in modo quantitativo e/o
qualitativo delle prestazioni o degli impatti delle alternative analizzate. Una volta
definite le alternative e i criteri, il “nocciolo centrale” del modello è costituito dalla
matrice di valutazione: una matrice bidimensionale n x m, dove una dimensione
140
Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima dell’impatto ambientale
rappresenta gli n obiettivi (o i criteri) e l’altra le m opzioni di scelta (o alternative di
progetto, di processo, di luogo, ecc.) (Tab.22).
Tabella 22: Matrice di valutazione
A1
A2
…..
An
C1
x1
x11
x12
x1n
x1n
C2
x2
x21
x22
x2n
x2n
…
…
…
…
…
…
…
…
…
…
…
…
…
…
…
xm
xm1
xm2
xmn
xmn
Cn
In essa vengono registrati n x m indicatori, che possono avere diverse unità di misura
a seconda del criterio considerato:

Quantitative (misurazioni);

Qualitative (giudizi verbali, numeri con valore ordinale, simboli);

Miste.
A questo punto viene effettuata la standardizzazione, processo che serve a rendere
omogenei e operabili i dati della matrice di valutazione. I dati inseriti pertanto
verranno trasformati in valori a-dimensionali con una o più funzioni logicomatematiche. Si hanno due tipi di standardizzazione:
 Lineare;
 Tramite funzione di valore/utilità.
Per quanto riguarda l’attribuzione di un peso a ciascun criterio, la valutazione trae
la sua origine dalla consapevolezza che non tutti i criteri hanno la stessa importanza
nell’economia del sistema e che questa viene valutata relativamente alla lista di
indicatori selezionata. È pertanto opportuno definire i pesi in modo che riflettano il
cambiamento relativo in qualità ambientale, economica e sociale dovuto alla
realizzazione del progetto (Segale e Pareglio, 1990). Vari sono i sistemi di
attribuzione dei pesi ai criteri. Dall’esperienza maturata nelle applicazioni alcuni
studiosi si sono interrogati, ad esempio, se sia corretto adottare per l’intero insieme
141
Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima dell’impatto ambientale
delle soluzioni ammissibili il medesimo insieme di pesi. Dati due soli obiettivi 1 e 2
è infatti ragionevole supporre che ad elevati livelli di raggiungimento dell’obiettivo 1
e conseguentemente, a bassi livelli per l’obiettivo 2, il decisore associ al
perseguimento di quest’ultimo un peso superiore al primo e viceversa.
Di norma la scelta del “sistema pesi” da assegnare a ciascun criterio è realizzata
tramite diverse tecniche. Tra le più importanti si cita:
 il metodo Delphi;
 il confronto a coppie.
Il metodo Delphi è un procedimento che prevede la formazione di un gruppo di
esperti o decisori (politici, tecnici, attori sociali) che attraverso l’ausilio di specifiche
informazioni sono in grado di pervenire ad un risultato finale di gerarchizzazione dei
criteri di valutazione (Bazzani et al. 1993). Tale metodo consente, tramite la
somministrazione di questionari, di ottenere non soltanto opinioni singole, ma di
sollevare un confronto, una sorta di dibattito “virtuale”, intorno all’oggetto di una
ricerca, tra gli esperti selezionati per il campione. Si tratta di un metodo qualitativo,
partecipativo, previsionale e di confronto. Ci sono molti modelli di Metodo Delphi,
ma quello classico è caratterizzato da diverse fasi:
1. Definizione del problema;
2. La scelta dei partecipanti al panel Delphi;
3. Preparazione del questionario;
4. Somministrazione del questionario;
5. Elaborazione dei dati del questionario.
La selezione del gruppo Delphi deve essere condotta secondo un attento
ragionamento, in base ad una scelta mirata di “chi” scelgo (criterio dell’expertise)
piuttosto che di “quanti” ne scelgo; il criterio guida non è quindi “più è alto il
numero del gruppo, più i risultati saranno attendibili e rappresentativi”. La fase
successiva è quella della preparazione del questionario da somministrare al campione
con una serie di domande, per lo più aperte e di carattere generale, che hanno
l’intento di far emergere i punti di vista del gruppo di esperti selezionato. Una volta
somministrato il questionario segue l’analisi e l’elaborazione delle risposte. Il
Metodo Delphi offre diversi vantaggi nel suo utilizzo rispetto ad altre metodologie
che presuppongono sempre uno scambio d’informazioni, un confronto e una
comunicazione di gruppo (come, per esempio, conferenze, brainstorming ed altri
processi interattivi). Tale processo di comunicazione, che avviene in forma anonima,
142
Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima dell’impatto ambientale
consente la riduzione dell’influenza del leader e di qualsiasi barriera psicologica e
professionale: ogni membro è libero di dare il suo contributo senza temere il giudizio
degli altri interlocutori. Al Metodo Delphi sono state rivolte anche delle critiche. La
tecnica Delphi è stata infatti accusata di mancanza di rigore scientifico, ma non è
chiaro il motivo per cui dovrebbe essere metodologicamente meno valida di tecniche
come l’intervista, l’analisi di casi di studio o di storie di vita che sono ormai
utilizzate come strumenti di indagine e analisi politica.
Nel metodo del confronto a coppie si cerca di stabilire i pesi sulla base
dell’importanza assunta da ciascun criterio di valutazione nei confronti degli altri.
Gli impatti vengono dunque analizzati rapportandoli tra loro ed esprimendo un
giudizio di valore che indica la loro reciproca importanza. In genere si dà un valore
uguale ad 1 per l’importanza maggiore, 0 per quella minore e 0,5 se hanno uguale
importanza. Si costruisce così una matrice dei confronti a coppie quadrata e
simmetrica rispetto alla diagonale principale (Fig.66).
Figura 66: Struttura di una matrice dei confronti a coppie
Ci
A1
A2
A3
A1
1
m12
m13
A2
1/m12
1
m23
A3
1/m13
1/m23
1
Per convenzione, gli elementi della matrice sono positivi; quelli sotto la diagonale
principale sono reciproci di quelli sopra e quindi i valori della diagonale sono pari
all’unità. Questi valori vengono poi aggregati in un vettore finale di pesi (Fig.67)
attraverso alcune funzioni del tipo: Autovettore Massimo, Minimi Quadrati, ecc.
CRITERI
Figura 67: La matrice di valutazione e il vettore pesi
A1
A2
x1
x11
x2
…..
An
PESI
x12
x1n
w1
x21
x22
x2n
w2
…
…
…
…
…
…
…
…
…
…
…
…
…
…
…
…
…
…
xm
xm1
xm2
…
xmn
wn
143
Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima dell’impatto ambientale
Il calcolo degli ordinamenti delle alternative permette di combinare pesi e criteri
rispetto a ciascuna alternativa. I metodi per fare ciò sono molti ed includono una
ricca varietà di tecniche che si basano sul medesimo schema: rendere espliciti i
contributi delle diverse opzioni di scelta o alternative nei confronti dei diversi criteri
o attributi. I metodi di valutazione multicriterio più noti sono:
 PBS o bilancio sociale di pianificazione, nato per adattare l’analisi economica
ai problemi della pianificazione fisica e che si configura come un
procedimento di valutazione multidimensionale. Fa riferimento all’analisi
costi benefici (ACB) desumendo gli stessi principi teorici e integrando
l’analisi con una valutazione degli impatti quanti-qualitatitivi sui diversi
gruppi sociali;
 Analisi di Regime (Nijkamp e Hinloopen, 1988), variante Rankrit e il metodo
EVAMIX (Nijkamp et al., 1990), che hanno il pregio di prendere in
considerazione sia dati quantitativi (ordinali) che dati qualitativi (cardinali). I
criteri così suddivisi vengono anche definiti come hard/soft;
 Il metodo AHP, nato negli anni 70 ad opera di Thomas Lorie Saaty (Saaty,
1980), che parte da un approccio diverso dai precedenti e analizza i problemi
decisionali considerando gli attori coinvolti e gli obiettivi. Il problema, una
volta definiti i criteri, viene articolato secondo una scala gerarchica in cui si
evidenziano gli elementi in gioco;
 Il metodo ELECTRE o analisi di concordanza/discordanza (Roy, 1985), una
famiglia di metodi decisionali multicriterio che ebbe origine in Europa nella
metà degli anni 60. La caratteristica comune tra essi è che tutti effettuano
un’analisi di concordanza, valutando fattori che non si oppongono al fatto che
un’alternativa possa essere meglio di un’altra; viceversa effettuano un’analisi
di discordanza, misurando quanto la scelta di un’alternativa possa essere
negativa ai fini della decisione finale.
 La somma pesata (Weighted Summation), un metodo di valutazione semplice
e frequentemente utilizzato. Ogni valore standardizzato nella matrice viene
moltiplicato per il peso del criterio corrispondente e sommato con quelli della
stessa riga di appartenenza.
La gerarchizzazione delle alternative che costituisce la soluzione del problema viene
infine testata dalle analisi post matriciali, tra cui l’analisi di sensitività e l’analisi
dell’indice di concordanza e discordanza.
144
Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima dell’impatto ambientale
 L’analisi di sensitività è un’indagine che si effettua sui risultati del modello di
supporto alle decisioni per verificare quali variazioni del modello possono
generare
differenze
sostanziali
nelle
performance
delle
alternative.
Generalmente, si indagano i valori dei criteri e degli indicatori a cui
corrisponde il “punto di inversione”, ossia quando la graduatoria delle
alternative si inverte. È particolarmente indicato nei casi d’incertezza e
assicura una corretta valutazione di tutti i possibili punti di vista del
problema. Vi sono tre principali tipi di analisi di sensitività:
1.
Sensitività sul metodo: si applica un diverso metodo di
standardizzazione dei dati e (quando possibile) di computazione dei
punteggi finali;
2.
Sensitività sui criteri: si aggiungono o si eliminano alcuni
criteri di decisione;
3.
Sensitività sui pesi (la più applicata): si fanno variare i giudizi
di merito di alcuni criteri.
La prima serve a controllare la dipendenza dei risultati dal metodo di calcolo.
La seconda garantisce la validità dello schema adottato; più in dettaglio, è
possibile riscontrare se la gerarchia contiene criteri superflui o, peggio, se
mancano criteri fondamentali. La terza permette di constatare il grado di
influenza di ogni fattore sulla decisione finale. Inoltre, opportune
combinazioni del secondo e terzo metodo permettono di verificare diversi
“angoli di incidenza” (punti di vista) del problema.
 Nell’analisi concordanza/discordanza si stabilisce invece se un’alternativa è
in grado di dominare un’altra rispetto ai valori di concordanza/discordanza.
Tale metodologia si basa sul confronto a coppie di tutte le alternative e
misura due diversi “indici”: l’indice di concordanza e quello di discordanza.
La concordanza misura la soddisfazione di scegliere l’Alternativa 1 (A1)
sull’Alternativa n (An) rispetto ai criteri 1, 2, ecc ed è la somma dei soli pesi,
per i quali criteri si esplica l’appagamento di scegliere la prima alternativa
rispetto alla seconda. Viceversa, la discordanza misura il rammarico nello
scartare l’Alternativa 1 (A1) sull’Alternativa n (An). A questo punto è
possibile costruire due matrici dei paragoni a coppie (rispettivamente quella
di discordanza e quella di concordanza) con i valori così ricavati. Questi
valori si aggregano rispettivamente in due vettori, i cui elementi sono gli
145
Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima dell’impatto ambientale
Indici di Concordanza (Ic) e Indici di Discordanza (Id). Le alternative
verranno poi ordinate in due graduatorie: per indice di concordanza crescente
e per indice di discordanza decrescente.
Al di là delle distinzioni tra singoli approcci, i metodi di analisi multicriterio si
basano su alcuni assunti di base e sono concretamente utilizzabili con programmi
operativi software.
4.2 La meta-analisi come supporto all’analisi multicriterio
La metodologia descritta nel paragrafo sovrastante rappresenta uno strumento
utilizzati per la valutazione degli impatti ambientali. Tuttavia al fine di sintetizzare le
informazioni necessarie per condurre un’AMC che risultano essere messe a
disposizione dalle ricerche scientifiche è possibile applicare una meta-analisi. La
meta-analisi può essere definita come una metodologia di analisi statistica inerente
alla raccolta di risultati analitici, provenienti da studi diversi, e avente come scopo
l’integrazione delle conoscenze. Il suo compito è quello di combinare informazioni
provenienti da ricerche passate per ottenere un unico dato di sintesi. Si tratta di una
revisione sistematica (processo di raccolta, revisione e presentazione di tutte le
evidenze disponibili) e quantitativa della letteratura e va distinta dalle revisioni
qualitative in cui i risultati dei diversi lavori pubblicati sono riportati ma non
sintetizzati in un’unica stima globale. La possibilità di combinare in qualche modo
risultati provenienti da studi diversi rappresenta un interessante approccio alternativo
che consente di rafforzare le conoscenze. È indubbio, tuttavia, che l’accorpamento di
risultati provenienti da ricerche differenti ponga, alle volte, seri problemi sia di
metodo sia di interpretazione. Spesso infatti ci si trova a dover analizzare ed
interpretare risultati ottenuti da studi troppo eterogenei sia come obiettivo finale sia
come impostazione generale. È evidente inoltre che non tutte le indagini forniranno
lo stesso contributo alla definizione dell’obiettivo. La difficoltà maggiore risiede
proprio nel cercare di pesare in modo corretto le informazioni con valore intrinseco
diverso. Pertanto le conclusioni della meta-analisi dipendono fondamentalmente dal
numero e dalla qualità degli studi esaminati nonché dal tipo di analisi utilizzata.
La meta-analisi si compone di diverse fasi:
1. Definire il problema;
2. Ricercare tutti gli studi che affrontano il problema;
3. Selezionare gli studi rilevanti;
146
4. Valutare la qualità degli studi;
5. Calcolare i risultati per ogni studio e combinarli in maniera appropriata;
6. Interpretare i risultati.
Il primo passo consiste nella definizione chiara degli obiettivi dell’analisi. Si passa in
seguito alla ricerca bibliografica, allo scopo di raccogliere tutta la letteratura di
rilievo. In tale fase è importante definire i criteri di inclusione e di esclusione degli
studi che verranno analizzati ed i motivi per i quali questi criteri vengono utilizzati. È
evidente che i criteri di inclusione sono direttamente in relazione allo scopo della
meta-analisi, e che pertanto potranno essere inclusi solo gli studi che riportano
chiaramente il dato necessario alla definizione del problema. Una volta che gli studi
sono stati individuati, occorre analizzarli per valutare l’affinità con l’obiettivo
stabilito. Si dovrà poi specificare la ragione per l’esclusione di alcuni studi e valutare
la qualità di quelli considerati. A questo punto è necessario calcolare i risultati per
ogni studio e combinarli in maniera appropriata. Per far ciò è necessario valutare se i
risultati degli studi scelti possono essere combinati in modo ragionevole. Di
fondamentale importanza per una meta-analisi è infatti la valutazione dell’eventuale
presenza di eterogeneità. In pratica si valuta se gli studi utilizzati differiscono l’un
l’altro in maniera significativa, e per tale motivo non è opportuno combinarli l’uno
con l’altro. Nel caso sia evidente la presenza di eterogeneità, è conveniente indagare
sulle possibili cause della stessa. Infine si proseguirà con l’interpretazione dei
risultati. È necessario sottolineare che la meta-analisi è una metodologia giovane e
quindi non si può considerare una scienza esatta. Essa può fornire risultati utili, ma
occorre prestare attenzione alla sua validità a causa di scarse informazioni, di errori
di pubblicazione o dell’eterogeneità degli studi considerati.
147
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
Introduzione
Una serie storica è un insieme finito di osservazioni, ordinate nel tempo, di un certo
fenomeno che si evolve in modo aleatorio con cadenza periodica costante (mensile,
trimestrale, annuale ecc.). È quindi definita come una parte finita di una realizzazione
di un processo stocastico, dove per processo stocastico si intende un insieme ordinato
di variabili casuali, indicizzate dal parametro t, detto tempo (Fig.68).
Figura 68: Molteplicità delle serie storiche originate in un processo
Diverse possono essere le tipologie di serie storiche, tra le quali distinguiamo:
 SERIE STORICHE ECONOMICHE (ad esempio numeri di indici di prezzi al
consumo o all’ingrosso, dati sull’occupazione);
 SERIE STORICHE DEMOGRAFICHE (ad esempio il numero di matrimoni,
il numero di nascite, i tassi di mortalità);
 SERIE STORICHE FISICHE (ad esempio il livello delle precipitazioni, la
temperatura max e min);
 SERIE STORICHE TURISTICHE: (ad esempio il numeri degli numero degli
esercizi alberghieri ed extralberghieri e del rispettivo numero di posti letto in
una determinata provincia);
 SERIE STORICHE BINARIE (in cui le osservazioni possono assumere due
valori come variazioni positive e negative).
148
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
Inoltre una serie storica può essere univariata in cui in ciascun istante o intervallo di
tempo si osserva un unico fenomeno oppure multivariata quando in ciascun istante o
intervallo di tempo si osservano due o più fenomeni.
L’analisi delle serie storiche si pone lo scopo di ricercare il processo generatore di
tale serie, ossia identificare le componenti dell'andamento della serie, in modo da
potersi concentrare sul movimento di fondo della stessa, ed utilizzare queste
informazioni per effettuare previsioni.
In generale vengono attribuiti all’analisi delle serie storiche le seguenti finalità:
 DESCRITTIVE: (descrizione sintetica dell’andamento del fenomeno) che
consistono nel presentare i dati mediante un grafico, il time plot, che
rappresenta l'evoluzione della serie rispetto al tempo; nell'esplorarli con
strumenti statistici e misure sintetiche atte a cogliere le caratteristiche della
serie storica, fra cui la stazionarietà, la presenza di una tendenza, i segnali di
un ciclo, l'esistenza di effetti stagionali, l'identificazione di irregolarità e
disomogeneità (dati mancanti o dati abnormi non consistenti con gli altri e
dovuti ad annate sfavorevoli, calamità naturali, scioperi, guerre, effetti di
calendario, errori di rilevazione), nonché ad individuare punti di discontinuità
(cioè improvvisi cambiamenti di livello); nell'effettuare aggiustamenti,
eliminazioni, sostituzioni e trasformazioni preliminari dei dati;
 ESPLICATIVE: (individuazione del meccanismo generatore della serie e
delle relazioni tra il fenomeno osservato ed altri fenomeni) il cui obiettivo è la
ricerca del meccanismo che può aver dato origine all'insieme delle
osservazioni. Ciò viene espresso da un modello ipotetico, generalmente
matematico, capace di riprodurre i dati che compongono la serie storica come
realizzazione del processo generatore, nonché la spiegazione degli eventuali
nessi correlativi o causali fra più serie e la verifica di ipotesi;
 PREVISIVE: (inferenza sui valori futuri del fenomeno in base alla sua storia
passata) volte a gettare uno sguardo verso il futuro a breve, medio o lungo
termine mediante l'ausilio di metodi oggettivi e soggettivi. Le previsioni
vengono generalmente elaborate assumendo che i fattori che hanno
manifestato
rilevanza nell'evoluzione temporale passata
agiscano e
interagiscano anche per il futuro con le stesse modalità: si tratta quindi per lo
più di proiezioni (estrapolazioni), i cui risultati vanno comunque configurati
149
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
nella logica dell'incerto; peraltro, il loro grado di fiducia decresce
rapidamente con l'allontanarsi dell'orizzonte temporale cui si riferiscono;
 DI CONTROLLO di processi e sistemi che si evolvono nel tempo.
Lo scopo previsionale viene spesso privilegiato rispetto alle altre finalità.
5.1 L’analisi delle serie storiche
L’analisi delle serie storiche si pone lo scopo di ricercare il processo generatore di
tale serie, ossia identificare le componenti dell'andamento della serie, in modo da
potersi concentrare sul movimento di fondo della stessa, ed utilizzare queste
informazioni per effettuare previsioni.
A tale scopo generalmente si assume che una serie storica osservata Y(t) possa essere
definita secondo la seguente equazione:
Yt = f(t)+ut
dove si assume che la serie osservata sia il risultato della composizione di una
sequenza deterministica {f(t)} detta componente sistematica della serie e di una
sequenza di variabili casuali {ut}, detta componente stocastica della serie. Le due
componenti non sono singolarmente osservabili.
Le serie storiche possono essere analizzate seguendo due approcci: il primo,
cosiddetto classico o tradizionale, consiste nella descrizione delle caratteristiche della
serie storica con strumenti propri della statistica, quali medie mobili, regressioni e
interpolazioni. Il secondo approccio, più moderno, detto anche stocastico, consiste
nella determinazione del modello teorico di riferimento in grado di generare una
serie “simile” a quella oggetto di analisi e di studio e fare inferenza su di essa.
Mentre l’approccio classico ha carattere prevalentemente descrittivo, l’approccio
statistico si pone soprattutto finalità di tipo previsionale. Di seguito si analizzeranno i
fondamenti teorici di entrambi i metodi.
5.1.1 L’approccio classico
L’approccio classico all’analisi delle serie storiche assume che la componente
stocastica ut rappresenti l’insieme di tutte le circostanze (trascurabili) che, in
aggiunta alla legge f(t), fanno variare il fenomeno e sono assimilabili a residui o
150
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
errori accidentali. Da un punto di vista statistico questo equivale ad ipotizzare che la
componente u(t) del processo sia generata da un processo white noise, cioè da una
successioni di variabili casuali indipendenti, ugualmente distribuite di media nulla e
varianza costante. Pertanto la componente stocastica u(t) viene trascurata e
l’attenzione si concentra sulla stima di f(t) vista come il risultato dell’azione
congiunta di tre componenti, direttamente non osservabili ma concettualmente ben
definibili: il trend, il ciclo e la stagionalità (Fig.69).
Figura 69: Componenti di una serie storica
A tal proposito il modello può essere sintetizzato nel seguente modo:
Yt= f (Tt, Ct, St, Et)
151
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
dove Yt è la variabile osservata al tempo t, Tt, Ct, St, e Et, sono le componenti
sistematiche osservate nello stesso istante di tempo. Più in particolare:
 Tt rappresenta la componente di tendenza o trend, cioè la tendenza generale
della serie storica, l’andamento di lungo periodo che la variabile oggetto di
osservazione ha avuto nell’arco di un tempo
 Ct è la componente ciclica, cioè l’alternanza registrata dalla serie nel corso di
più anni, in genere in un periodo variabile fra i 5 e i 15-20 anni, a seconda
della variabile oggetto di osservazione.
 St è la componente stagionale, legata cioè al diverso andamento che registra
la serie nel corso di un anno solare, dovuto quindi a cause direttamente
connesse al succedersi delle stagioni naturali.
 Et rappresenta la componente accidentale, o di errore.
Dopo aver individuato le componenti è necessario definire il modello che sia in
grado di metterle in relazione. Generalmente le quattro componenti vengono
combinate in due tipi di modelli di aggregazione:
1) modello additivo:
Yt = Tt + Ct+ St+ Et
2) modello moltiplicativo:
Yt = Tt * Ct * St * Et
Il modello moltiplicativo può essere ricondotto ad un modello additivo mediante
trasformazione logaritmica
3) modello misto: quando il trend e il ciclo vengono attribuite ad un’unica
componente
Yt = Tt * Ct * St + Et oppure Yt = T ×C + S * A
Nel modello additivo le componenti sono espresse nella stessa unità di misura della
variabile osservata e ciascuna determinante è stimata in maniera autonoma e
indipendente dalle altre. Il modello moltiplicativo, di solito più usato per la
rappresentazione dei fenomeni economici, ha solo la componente di tendenza
espressa nell’unità di misura della variabile osservata. Le altre componenti sono
rappresentati da coefficienti che amplificano o riducono l’effetto della componente di
tendenza a seconda di come vadano ad influire in quel dato istante le componenti
cicliche, stagionali ed accidentali.
152
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
Riassumendo nell’approccio classico dunque l’analisi della serie storica si realizza
attraverso la scomposizione della serie nelle componenti di tendenza, ciclo e
stagionalità, e la successiva determinazione delle diversi componenti della serie. Per
questo motivo questa metodologia viene spesso denominata anche analisi delle
componenti. In tale approccio la previsione si realizza attraverso la determinazione di
una funzione matematica lineare, parabolica, iperbolica, spesso stimata con il metodo
dei minimi quadrati. I valori futuri della serie vengono poi estrapolati dalla funzione
matematica ed aggiustati dalle altre componenti di ciclo e stagionalità. Tale
metodologia viene usata più per finalità descrittive che non per finalità previsionali
in quanto, prevedendo solo la componente di tendenza del fenomeno, non è in grado
di pervenire a buone previsioni.
5.1.2 L’approccio moderno
L’approccio moderno ipotizza invece che f(t) manchi o sia già stata eliminata
(mediante stima o altri metodi). L’attenzione viene posta sulla componente stocastica
ut69 che viene modellata attraverso metodi statistici opportuni. In tale approccio detto
molto spesso statistico o stocastico, l’analisi delle serie temporali avviene attraverso
la specificazione di un modello teorico di riferimento70 che è in grado di generare, in
base a dei coefficienti stimati, una serie temporale quanto più possibile vicina a
quella oggetto di analisi e previsione. L’analisi e la successiva previsione viene poi
effettuata sul modello teorico costruito.
5.2 Il processo stocastico: definizione e caratteristiche
Un processo stocastico consiste semplicemente in una successione di variabili casuali
Y = {Yt : −∞ < t < +∞} ordinate nel tempo e con arbitrarie relazione di dipendenza
interne. In altre parole i processi stocastici sono modelli matematici utili per
descrivere la “legge” probabilistica con cui un certo fenomeno fisico può evolvere
nel tempo. Possiamo quindi considerare la serie storica osservata ossia le
osservazioni disponibili, come “un pezzettino” di una realizzazione di un processo
stocastico e utilizzare questi dati per cercare di capire la legge probabilistica che li ha
generati. La serie storica osservata può cioè essere utilizzata per fare inferenza sul
69
Processo stocastico: struttura probabilistica ignota
70
Modello: rappresentazione semplificata del processo stocastico
153
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
modello che ha generato i dati. Stimare dai dati la distribuzione di probabilità di un
processo stocastico è praticamente impossibile. Pertanto molto spesso ci si limita
perciò a descrivere il processo solamente sulla base dei suoi momenti primo e
secondo ossia:
 media: μt = E(Yt),
 varianza: σt2 = var(Yt),
 autocovarianza: γ(t1, t2) = cov(Yt1, Yt2),
La media è anche detta momento di ordine primo, la varianza e l’autocovarianza
sono momenti di ordine secondo.
Il fatto che per i processi stocastici sia possibile definire dei momenti è una
caratteristica dei processi stocastici stessi in quanto strutture probabilistiche. Di
conseguenza, quando però si vuole utilizzare tali strutture come base per fare
inferenza si pongono due problemi (Lucchetti, 2013):
1. Se la serie che si osserva (peraltro non nella sua interezza) è una sola
realizzazione delle molte possibili, la possibilità di fare inferenza sul processo
non può essere data per scontata; infatti non è possibile dire quali
caratteristiche della serie osservata sono specifiche della realizzazione
osservata e quali invece si presenterebbero osservandone un’altra.
2. Se anche fosse possibile utilizzare una sola realizzazione per fare inferenza
sulle caratteristiche del processo, è necessario che esso sia stabile nel tempo,
cioè che i suoi momenti (media, varianza, ecc.) non cambino nel tempo, o,
per lo meno, nell’intervallo di osservazione.
Queste osservazioni fanno sì che di tutti i possibili processi stocastici possibili
soltanto su alcuni di essi è possibile fare inferenza, e, quindi, utilizzare un modello
teorico al posto di una qualsiasi serie osservata per:
1. descriverne le caratteristiche;
2. spiegarne il comportamento rispetto al tempo;
3. fare delle estrapolazioni per prevedere le possibili realizzazioni future.
A tal proposito, i processi stocastici sui quali è possibile fare inferenza sono quelli
che presentano le caratteristiche seguenti:
 stazionarietà;
 ergodicità;
 invertibilità.
154
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
Per processo stocastico stazionario si intende un fenomeno che evolve secondo leggi
probabilistiche e che non presenti sistemici cambiamenti nella media e/o nella
varianza. Questi tipi di processi sono molto più semplici da trattare, per tal motivo si
cerca di ricondurre a processi di questo genere. Tuttavia molto spesso le serie
storiche, soprattutto quelle economiche, non risultano essere generate da processi
stocastici stazionari. Esse infatti presentano andamenti caratterizzati da una notevole
periodicità, spesso riconducibile a fattori stagionali. Ciò tuttavia non risulta essere un
problema in quanto attraverso opportuna trasformazioni dei dati della seria stessa è
possibile ricondurre alla stazionarietà anche serie storiche che originalmente non
risultano tali. Ad oggi si parla di stazionarietà in due sensi: stazionarietà forte (anche
detta stretta) e stazionarietà debole.
Un processo stocastico è stazionario in senso forte se la distribuzione congiunta di un
insieme di n osservazioni agli istanti t1,.….,tn è uguale alla distribuzione congiunta
delle osservazioni agli istanti t1+k,.….,tn+k. In altri termini, un processo è
stazionario in senso forte se le caratteristiche delle distribuzioni di tutte le marginali
(media, varianza, covarianza) rimangono costanti al passare del tempo, o, come si
dice, sono invarianti.
Un processo stocastico si dice stazionario in senso debole se solo i momenti primi e
secondi, cioè le medie e le varianze, sono costanti nel tempo, mentre i momenti
superiori al secondo possono dipendere dall’ampiezza temporale. Dal punto di vista
grafico una serie temprale stazionaria si presenta come nel grafico seguente (Fig.70).
Figura 70: variazione mensile della produzione industriale USA
Fonte: Appunti analisi serie storiche, Lucchetti 2013
155
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
Come è possibile notare un processo è stazionaria quando il suo tracciato segue
un’andatura irregolare fluttuando intorno ad un valore medio.
Il processo stocastico più semplice è il cosiddetto rumore bianco (o white noise).
Esso è composto da un numero infinito di variabili casuali e media zero e varianza
costante. Un processo white noise non presenta momenti superiori al secondo e sia
media che la varianza sono costanti nel tempo, in pratica le variabili casuali non
conferiscono al processo alcune memoria di sé.
Passando ora al concetto di ergodicità, essa è una proprietà dei processi stocastici che
assicura che le medie nel tempo forniscano stime consistenti dei momenti (media,
varianza e autocovarianza) del processo stocastico. In sostanza l’ergodicità richiede
che la memoria del processo sia limitata, così che osservazioni molto distanti nel
tempo siano fra loro non correlate. Tale condizione viene sintetizzata nella seguente
proprietà dei processi stocastici che deriva dal teorema ergodico di Slutsky:
Di conseguenza se un processo è ergodico è possibile usare le informazioni
contenute nella sua evoluzione nel tempo e fare inferenza sulle caratteristiche. Il
“teorema ergodigo” dice appunto che l’osservazione di una serie “abbastanza lunga”
è equivalente, ai fini inferenziali, all’osservazione di un gran numero di realizzazioni.
Ad esempio, se un processo ergodico ha valore atteso μ, allora la sua media
aritmetica nel tempo è uno stimatore consistente di μ, e quindi μ può essere stimato
in modo consistente come se si disponesse di molte realizzazioni del processo
anziché di una sola (Johonston et. al., 2012).
Infine la condizione di invertibilità riguarda la possibilità di esprimere un processo
come una funzione delle variabili casuali del “passato” e di un white noise (DI
FONZO T. - LISI F., Complementi di statistica economica ecc):
E’ importante sottolineare il fatto che il concetto di stazionarietà non
necessariamente implica l’ergodicità, in altri termini è possibile che un processo sia
stazionario ma non possedere momenti (non ergodico). I due concetti tuttavia
coincidono soltanto quando il processo è di tipo gaussiano, cioè quando la
distribuzione congiunta di un qualunque sottoinsieme di element i del processo è una
normale di Gauss. Poiché l’ipotesi di ergodicità non è testabile attraverso dei test di
156
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
fiducia, mentre la teoria ha elaborato diversi metodi per testare la stazionarietà di un
processo stocastico, in seguito si farà riferimento soltanto ai processi stocastici di
tipo gaussiano, perché dall’esito del test sulla stazionarietà si garantiscono entrambe
le proprietà.
5.2.1 L’autocovarianza e la relativa funzione di autocorrelazione
Nei processi stocastici stazionari l’autocovarianza assume un ruolo fondamentale.
Essa è un indice delle relazioni lineari esistenti tra coppie di variabili casuali,
componenti il processo stocastico, prese con uno sfasamento pari a k. In altre parole
essa rappresenta l’indice della relazione lineare che esiste fra un valore del processo
al tempo t e gli stessi valori al tempo t+k. Una proprietà analoga vale per la funzione
di autocorrelazione totale (ACF da AutoCorrelation Function), la quale rappresenta
infatti una misura normalizzata della funzione di autocovarianza (La funzione di
autocorrelazione che deriva direttamente da quella di autocovarianza).
Normalmente i fenomeni economici e sociali presentano infatti una dipendenza dal
tempo in cui sono osservati. Tale caratteristica è detta autocorrelazione per il fatto
che i dati rilevati nel presente hanno una dipendenza con il passato.
L’autocorrelazione può estendersi al passato più o meno recente. In particolare, se il
valore del presente è correlato solo al valore precedente si dice che
l’autocorrelazione è di ordine 1. Si parla invece di autocorrelazione di ordine k se il
valore presente della serie è correlato con k valori precedenti.
In generale, la correlazione tra due variabili può essere dovuta al fatto che esiste
effettivamente un legame lineare diretto tra le variabili o al fatto che queste ultime
sono correlate con una terza variabile. Nel contesto delle serie storiche, buona parte
della correlazione tra Yt e Y t +k può essere dovuta alla correlazione che tali variabili
hanno con Y t+1, Y t+2,...,Y t+ k−1 . Un possibile modo per tenere conto di ciò è
considerare
la
funzione
di
autocorrelazione
parziale
(PACF,
da
Partial
AutoCorrelation Function) che misura l’autocorrelazione tra Y t e Y t +k al netto
delle variabili intermedie (L’autocorrelazione parziale, indicata con la lettera p è una
misura della relazione lineare che esiste fra il termine del processo al tempo t e il
termine del processo al tempo t+k “depurata” dalla correlazione dei valori intermedi
del processo).
157
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
Nelle time series esiste un particolare rappresentazione grafica che viene impiegata
per visualizzare le autocorrelazioni che la serie presenta con il passato. Tale
rappresentazione viene denominata correlogramma (Fig.71) e consiste in un
diagramma ad “aste” (detti spike) che contiene in ascissa i ritardi o lag, ordinati dal
più recente al più remoto e, in ordinata, i corrispondenti valori di autocorrelazione.
Per determinare l’ordine di autocorrelazione che la serie presenta con il passato è
necessario vedere quante “aste” consecutive, dalla più recente alla più remota cadono
fuori da un’area evidenziata dalle bande di confidenza.
Figura71: Esempi di correologrammi
5.3 I processi stocastici stazionari
La statistica economica e l’econometria hanno elaborato una serie di modelli
stocastici per studiare il comportamento delle serie storiche. Fra i modelli che la
teoria ha elaborato si evidenziano:
 il modello white-noise. Esso è uno dei più importanti processi stocastici. Si
tratta di un processo puramente casuale, {ε}t, che consiste in una sequenza di
variabili casuali indipendenti ed identicamente distribuite, di media nulla e
varianza costante;
 i modelli autoregressivi, indicati con la sigla AR (p). Sono dei modelli
univariati caratterizzati cioè dal fatto che il comportamento della variabile
osservata yt dipende esclusivamente dai suoi valori passati, a meno di uno
shock casuale (et). Più in dettaglio i modelli AR sono dei modelli in cui il
valore della serie al tempo t è una funzione lineare di un certo numero p di
158
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
valori passati, più un errore che non è possibile stimare. Tale errore in
precedenza è stato definito rumore bianco o white noise. Questo modello è
dunque capace di descrivere e prevedere con un accettabile margine di errore
quei fenomeni che hanno un andamento nel tempo approssimabile ad una
retta (si tratta di un normale modello di regressione lineare), e anche quelli
che presentano delle oscillazioni dovute alla stagionalità. Il processo AR più
semplice è il cosiddetto random walk (passeggiata casuale), dove il parametro
p assume valore 1, e, pertanto, viene indicato con sigla AR(1);
 i modelli a media mobile detti anche mooving everage dallo loro traduzione
in lingua inglese, e indicati con la sigla MA (q). Sono dei processi stocastici
univariati caratterizzati dal fatto che il comportamento della variabile
osservata e modellata (yt) dipende solo dai valori presenti e passati degli
shock che la stessa variabile ha subito nel tempo vale a dire della componente
di errore. Il termine mooving average deriva dal fatto che la variabile yt è una
somma ponderata dei valori più recedenti degli shock;
 i modelli ARMA (p,q) nascono dall’unione del modello autoregressivo e a
media mobile sono caratterizzati dal fatto che il comportamento della
variabile risposta yt dipende linearmente sia dai suoi valori passati, che dai
valori presenti e passati degli shock. Sono quelli più utilizzati su serie
temporali che non presentano stagionalità, quindi su serie temporali di dati
annuali, sulle quali si devono compiere operazioni di medie mobili e di
regressione per raggiungere la stazionarietà della serie, condizione necessaria
per fare analisi e previsioni e di cui si parlerà in seguito. In pratica i modelli
ARMA si utilizzano per tutte quelle serie temporali stazionarie intorno a un
trend (Trend Stationary, indicati con la sigla TS).
I modelli di serie storiche fin qui considerati sono tutti stazionari. Tuttavia è piuttosto
frequente il caso di serie per le quali è ragionevole ipotizzare un processo non
stazionario.
5.4 Modelli non stazionari e processi integrati
Considerando i momenti di una serie storica e limitandosi ai primi due (media e
varianza) la non stazionarietà può dipendere dal fatto che la media non è costante e/o
che non sono costanti i momenti secondi. Nel primo caso si parla di non stazionarietà
in media, e tipicamente si verifica in presenza di un trend, nel secondo si parla di non
159
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
stazionarietà in varianza o covarianza. Al fine di poterle analizzare le serie storiche
mediante l’approccio moderno è necessario renderle stazionarie tramite alcuni
accorgimenti. Nel caso in cui una serie non è stazionaria in media ci sono due modi
per renderela stazionaria: per sottrazione del trend (o detrendizzazione) e per
differenziazione. Nel primo caso una serie viene resa stazionaria in media mediante
sottrazione del trend facendo la differenza tra il valore osservato della stessa ed il
valore assunto dal trend al medesimo tempo. Se il trend è stimato correttamente si
ottiene un processo stazionario intorno ad un trend o processo TS (Trendstationarity). Nel secondo caso, una serie viene resa stazionaria in media mediante
differenziazione ossia semplicemente sottraendo al valore corrente il valore assunto
dalla serie al tempo precedente. Si ottiene un processo stazionario in differenza o
processo DS (Difference-stationarity). Quest’ultimi sono più generalmente noti come
processi integrati. Più in dettaglio un modello in cui si effettuano operazioni di
differenza fra un valore e il precedente, si definisce integrato, dall’inglese Integrated,
e viene indicato con la lettera I(d). La lettera d indica l’ordine di integrazione, cioè il
numero di volte che l’operatore differenza viene applicato alla serie. Potrebbe
capitare, infatti che il processo debba essere differenziato più di una volta al fine di
renderlo stazionario ed invertibile, premesse necessarie al fine di modellare la serie.
I modelli non stazionari più utilizzati sono:
 Il modello passeggiata casuale o random walk;
 I modelli ARIMA (p,d,q) sono modelli univariati che presentano sia
componenti autoregressive sia a media mobile come i modelli ARMA, ma, a
differenza di questi ultimi, la serie di origine sulla quale viene fatta l’analisi è
costituita dalle differenze fra un valore della serie e il precedente. Infatti la
lettera
I
sta
“Integrated”
(integrato).
Essi
rappresentano
pertanto
un’estensione dei modelli ARMA e diventano stazionari dopo d
differenziazioni successive.
Box e Jenkins hanno proposto un metodo per costruire, a partire dai dati, un modello
ARIMA che rappresenti adeguatamente il processo generatore di una serie storica.
Esso consta di tre fasi fondamentali:
1. Identificazione dei parametri p, d, q attraverso la funzione di autocorrelazione
e la funzione di autocorrelazione parziale;
2. stima dei parametri;
3. controllo diagnostico.
160
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
Tuttavia, l’eliminazione di componenti deterministiche di trend delle serie storiche o
la trasformazione di variabili in processi stocastici stazionari, se da un lato consente
il conseguimento della stazionarietà in media, dall’altro determina la perdita di
potenziali e preziose informazioni di lungo periodo contenute nelle variabili. La
soluzione a questa perdita viene indicata nell’uso di modelli dinamici contenenti
variabili espresse in livelli, com’è appunto nei modelli dinamici contenenti
meccanismi di correzione dell’errore (ECM). Il vantaggio di una modellazione ECM
è proprio quello di riconciliare queste due opposte esigenza evitando così che al
problema della non stazionarietà venga dato una soluzione drastica, come quella
rappresentata dall’utilizzo di variabili espresse solo in differenza (Binotti, 20052006).
5.5 Test per la verifica dell’ipotesi di stazionarietà
Più di una volta abbiamo sottolineato nei paragrafi precedenti che per effettuare
previsioni sui valori futuri della serie storica è necessario fare ipotesi semplificatrice
ossia è necessaria la stazionarietà del processo stocastico. E’ quindi molto importante
essere in grado di capire se le serie che si stanno analizzando siano stazionarie o non
stazionarie. Tutto questo viene verificato attraverso i test di radice unitaria (unit root
test). A tal proposito verranno qui di seguito elencati alcuni test statistici che
permettono una prima semplice discriminazione tra processi stocastici non stazionari
o a radice unitaria e processi stocastici stazionari:
 Il test di Dickey-Fuller (DF) e Dickey-Fuller aumentato (ADF);
 Il test di Phillips-Perron (PP);
 Il test di Kwiatkowski-Phillips-Schmidn-Shin (KPSS).
La struttura di tutti i test risulta essere la stessa. In dettaglio Per definire e verificare
in modo rigoroso la stazionarietà delle serie storiche possiamo descrivere ogni
osservazione come il risultato di un processo autoregressivo (AR) identificando un
modello di comportamento della variabile in funzione dell’osservazione precedente:
yt=βyt-1 + εt
dove β è un coefficiente che stabilisce L’influenza del valore precedente (yt-1) sul
valore corrente della variabile (yt) e εt è una componente di disturbo casuale che
costituisce la parte stocastica del processo (mentre βyt-1 rappresenta la parte
deterministica). Se -1<β<1 la serie è stazionaria, quando invece β = -1 o β = 1 la serie
161
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
non è stazionaria e viene definita random walk o cammino casuale e può essere
rappresentata come:
yt=yt-1 + εt
Se la serie yt viene differenziata (yt-yt-1) e la differenza prima (Δyt) è stazionaria
allora si dice che yt contiene una radice unitaria o integrata di ordine uno I(1). In
base a quanto esposto si possono formulare due ipotesi alternative di partenza che
risultano alla base dei test di stazionarietà.
5.5.1 Il test di Dickey-Fuller (DF) e di Dickey-Fuller aumentato (ADF)
L’DF test (Standard augmented Dickey and Fuller tests 1979) si basa sulle seguenti
ipotesi di partenza:
 sotto l'ipotesi nulla Ho: c’è la presenza di una la radice unitaria nel processo
generatore della variabile studiata (processo non stazionario);
 mentre, sotto l'alternativa H1: il processo è stazionario
Tuttavia il test DF presenta delle problematiche ossia dovute al fatto che si afferma
che sotto Ho, la variabile studiata è I(1) e, quindi, il test non può essere effettuato
usando i valori critici della t-Student, ma una diversa tabulazione proposta dalla
stesso Dickey-Fuller. La conseguenza immediata di ciò è che per accettare o rifiutare
l’ipotesi nulla bisogna consultare apposite tavole che però non mancano mai nei libri
di econometria moderni così come nei pacchetti econometrici (Lucchetti, 2013). Una
seconda osservazione riguarda il fatto che sotto l’ipotesi Ho non è possibile
evidenziare processi stazionari di ordine superiore al primo. A tal proposito è
avvenuto il passaggio al test ADF (Augmented DF). Il test ADF ha gli stessi valori
critici del test DF. In esso è possibile la scelta dell'ordine di integrazione o
"augmentation" del test DF che è guidata sia dalla periodicità dei dati, che da criteri
informativi. Il più noto tra questi è il criterio di informazione di Akaike (AIC)
introdoto da Akaike (1973), ma ve ne sono altri come ad esempio il Bayesian
Information Criterion (BIC) o Schwarz criterion (anche SC, SBC, SBIC) e
l’Hannan–Quinn information criterion (HQC). Maggiore è il valore atteso, peggiore
è l'adattamento e quindi la bontà del modello, pertanto il valore dei criteri informativi
devono essere i più bassi possibili (minimizzazione dei criteri informativi).
162
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
5.5.2 Il test di Phillips-Perron (PP)
Il test di Phillips-Perron (PP, 1997) presenta il medesimo sistema di ipotesi del DF
test e ADF test. Viena da molti indicato come esempio di test “senza modello”
(Gardini et al., 2000), in quanto come Il DF test è basato esclusivamente sul
coefficiente di autocorrelazione uguale ad 1 (sotto l’ipotesi Ho non è possibile
evidenziare processi stazionari di ordine superiore al primo) problema superato
grazie all’ADF test.
5.5.3 Il test di Kwiatkowski-Phillips-Schmidn-Shin (KPSS)
Il test di Kwiatkowski-Phillips-Schmidn-Shin (KPSS, 1992) è un altro test per la
verifica della stazionarietà che si differenzia dai precedenti per il Sistema di ipotesi
che si andrà a verificare che risulta essere opposto all’ADF test e al PP test. In questo
caso: sotto l’ipotesi nulla il processo stocastico è stazionario, mentre sotto l’ipotesi
alternativa il processo è un I(1). Esattamente come i test precedentemente esposti la
verifica delle ipotesi non potrà essere fatta secondo una distribuzione classica, ma
seguirà una distribuzione asintotica non standard.
5.6 Processi multivariati
E’ piuttosto raro che un fenomeno complesso come quelli che si studiano in
economia possa essere descritto da una sola variabile (modello univariato). I modelli
VAR a differenza dei precedenti (AR, MA, ARMA, ARIMA) sono dei modelli
multivariati, dove cioè la variabile che si vuole prevedere dipende, oltre che dalla
serie storica della variabile stessa, anche da altre variabili osservate negli stessi
istanti di tempo, o relative a un determinato periodo. Nella definizione di modelli
complessi, anche di natura economica, capita spesso di studiare dei fenomeni che
vengano spiegati da più di una variabile. In questi casi si devono utilizzare dei vettori
(da cui deriva l’acronimo della lettera V) di variabili osservate per gli stessi istanti di
tempo o relativi ad un periodo. La previsione su una data variabile viene fatta
attraverso lo studio contemporaneo di tutte le variabili. In pratica il modello VAR
costituisce la generalizzazione multivariata del processo AR. Nella loro
rappresentazione più classica, i modelli VAR(p) possono essere rappresentati come
segue:
yt = A1yt-1 + A2yt-2 + A3yt-3 + … + Apyt-p + et
163
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
dove yt, Ai e yt-i sono tutte matrici. Esattamente come visto in precedenza è
possibile fare delle riflessioni quando un processo VAR risulti essere stazionario.
Riscrivendo in forma matriciale il generico VAR di ordine p:
La condizione di stazionarietà è verificata solo se |A-λI| = 0, cioè se i valori di λ
(autovalori) sono in modulo minori di 1. Tale condizione viene generalmente
effettuata sotto forma grafica. Tutti gli autovalori vengono rappresentati come punti
sul piano complesso e per soddisfare la condizione di stazionarietà devono essere
compresi nel cerchio unitario (Fig.72).
Figura 72: Autovalori nel cerchio unitario
Il modello generale VAR (p) contiene molti parametri che risultano essere difficili da
interpretare. Pertanto le proprietà dinamiche sono spesso sintetizzate tramite analisi
succesive. I VAR infatti vengono ampiamente usati per la previsione e per l’analisi
delle caratteristiche dinamiche delle serie che li compongono. Gli usi che si possono
fare delle stime di un VAR sono molti, ma si possono riassumere in tre applicazioni:
 analisi di casualità secondo Granger;
 funzione di risposta di impulso;
 decomposizione della varianza.
Per quanto riguarda l’analisi di casualità, questa ha lo scopo di valutare la capacità
previsiva di una variabile per le altre variabili del sistema. Se una variabile y1 (o un
gruppo di variabili) è di ausilio nel migliorare la previsione di un’altra variabile y2 (o
gruppo di varibili) allora y1 causa y2 secondo Granger (Grancer-Casualità o GC).
Tale analisi si basa sul seguente principio: la causa precede sempre l’effeto. Ad
164
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
esempio possimo dire che il consumo è GC del reddito. Tuttavia sono sorte delle
perplessità relative a tale analisi; è infatti da notare come non sempre la relazione
risulta vera o corretta . Infatti il concetto logico di causa-effetto prescinte da ciò che
accade nella realtà. E’ infatti possibile che la causa si manifesti solo dopo l’effetto.
Per quanto riguarda la funzione di risposta di impulso, questa descrive gli effetti di
uno shok temporaneo alla variabile j del VAR sulla variabile i. In termini economici,
la funzione di risposta di impulso rappresenta l'effetto di uno shock dato dalla
variazione del livello di mercato avvenuta al tempo t, trasmesso alle altre variabili
del sistema cointegrato nei periodi successivi. Per effettuare l’analisi dinamica, il
programma scelto simula uno shock pariad un errore standard ed in seguito a questo
genera una funzione di risposta di impulso con un orizzonte di previsione temporale
fissato a 10 periodi; ogni periodo corrisponde ad una settimana. Graficamente le
relazioni di impulso hanno il seguente aspetto (Fig.73).
Figura 73: Esempio di risposte di impulso
Dalla figura a si evince che un impulso negativo sul prezzo del frumento, causa una
diminuzione di prezzo con un decadimento rapido nelle prime 2-3 settimane a cui
succede un lento decadimento nei periodi seguenti. Nella fig.b il decadimento è più
lento e si prolunga per un periodo di 4-5 settimane. Uno shock negativo sul mais
(fig.c), provoca, invece un immediata crescita dei prezzi del frumento nei primi 2
periodi ed un lento decadimento successivo. La figura d emula l’andamento della
figura a.
Infine l’analisi della varianza mostra quale proporzione della varianza degli errori
sulla j-essima variabile del sistema a un un determinato orizzonte possa essere
attribuita a innovazioni nelle variabili considerate. Affinchè l’operazione abbia
165
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
senso, è necessario che la varianza totale dell’errore di previsione sia unicamente
funzione di varianze e non covarianze. Come per la funzione di risposta di impulso,
la scomposizione della varianza richiede shok tra loro ortagonali.
5.7 La cointegrazione e i processi cointegrati
La nozione di cointegrazione di serie storiche è direttamente legata al concetto di
ordine di integrazione di un processo stocastico. Una combinazione lineare tra serie
storiche non stazionarie da origine, in generale, ad una serie storica che è a sua volta
non è stazionaria; tuttavia, può accadere che tale combinazione generi un processo
stazionario; in tal caso si dice che esiste cointegrazione. Più in dettaglio, come
afferma il teorema di rappresentazione di Granger (Engel e Granger, 1987),
consideriamo due variabili (scalari) X1t ed X2t e supponiamo che X1t ∼ I(1) ed
X2t∼ I(1); combinando linearmente X1t ed X2t, in genere, la variabile ottenuta, ut,
sarà a sua volta I(1). Se esiste una costante a (reale) tale che ut = (X1t - aX2t) ∼ I(0),
allora le due serie si dicono cointegrate ed a è il parametro di cointegrazione.
In termini generali, ricorrendo al concetto di equilibrio, si può affermare che un
processo cointegrato rappresenta una relazione di equilibrio di lungo periodo tra le
variabili non stazionarie coinvolte e che ogni qualvolta si verifica una deviazione da
quella traiettoria il sistema corregge l’errore riportandosi su di essa (Un processo
cointegrato rappresenta una relazione di lungo periodo tra le variabili coinvolte).
In questo modo risultano collegati l’approccio della teoria della cointegrazione e
quello della modellazione fondata su modelli dinamici con componenti di correzione
dell’errore (ECM); inoltre, diviene possibile stimare direttamente e sottoporre a test
l’esistenza delle relazioni di equilibrio ipotizzate dalla teoria economica.
Nei modelli macroeconomici (Taylor, 2007) il concetto di equilibrio viene
generalmente utilizzato per individuare quelle situazioni in cui le variabili oggetto di
studio assumono una configurazione teorica nella quale non vi è tendenza al
cambiamento. Nell'ipotesi in cui la condizione di equilibrio venga perturbata da un
qualsiasi fattore, possono innescarsi o meno dei processi di aggiustamento in grado
di ripristinare la posizione originaria; se ciò avviene si è in presenza di un equilibrio
stabile. L'equilibrio stabile ha delle implicazioni dal punto di vista empirico. Infatti,
trasponendo temporalmente questa nozione, è ragionevole pensare che a meno di
fluttuazioni di breve periodo, le variabili d'equilibrio dovrebbero seguire un
prefissato sentiero di crescita. Di conseguenza, sulla base di osservazioni storiche,
166
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
potremmo chiederci se le variabili di interesse siano realmente "attratte" dal sentiero
di sviluppo ipotizzato dalla teoria. L'analisi della cointegrazione riprende l'idea di
polo di attrazione o di attrattore secondo la quale due o più variabili economiche,
benché caratterizzate da un diverso comportamento nel breve periodo, possono
muoversi insieme nel tempo e mostrare, coerentemente con le indicazioni della
teoria, una stessa tendenza secolare. In sostanza l'analisi della cointegrazione
consente di "catturare" gli eventuali poli di attrazione di variabili economiche
misurate nel tempo.
5.7.1 Modelli ECM (Error Correction Mechanism)
In linea puramente pratica, il concetto di cointegrazione viene usato quando, in
seguito alla combinazione lineare di due serie storiche integrate rispettivamente di
ordine d e b (con d > b) viene prodotto un processo integrato di ordine c, il cui valore
risulta essere minore della differenza dei due livelli precedenti (c < d < b): si abbassa
quindi il grado di integrazione delle variabili semplicemente stimando un modello
che le leghi tra loro. Partendo da un processo scritto in forma matriciale
dove yt risulta essere un processo stocastico multivariato e integrato (ad esempio
I(1)) e β è una matrice di costanti, si può affermare che esiste cointegrazione tra le
variabili se zt presenta un livello di integrazione minore (ad esempio I(0)).Se questo
è vero, è ora possibile attribuire alcune definizioni alle componenti dell’equazione:
 β prende il nome di vettore di cointegrazione;
 nell’ipotesi in cui esistano più vettori e vengano raccolti all’interno di una
matrice, questa renderà il nome di matrice di cointegrazione;
 il numero di vettori β viene definito rango di cointegrazione.
Fatte queste premesse, di seguito viene definito il modello VECM. La teoria che sta
alla base di questi modelli risulta essere rappresentata dal teorema di Granger: per
ogni sistema cointegrato esiste una rappresentazione ECM; se le serie sono integrate
e se questa rappresentazione esiste, allora è possibile affermare che le serie sono
cointegrate. Per la comprensione di questi modelli è possibile partire da un semplice
VAR(1):
yt = Ayt-1 + et
167
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
calcolandone le differenze (Δyt)
Δyt = Πt-1 + et
con Π= A - I.
Osservando il rango di Π dell’equazione sopra, è possibile suddividere gli scenari
possibili in tre situazioni:
 r = 0: il processo è un random walk e non è presente cointegrazione tra le
variabili;

r = n: il processo è stazionario;
 0 < r < n: le variabili sono cointegrate.
Se si sostituisce αβ’ = Π, dove β è la matrice di cointegrazione e α la matrice dei pesi
che quantifica l’effetto sulla variabile zt-1, e in seguito β’yt-1 = zt-1, si ottiene la
seguente equazione:
Questa è la rappresentazione del modello ECM, nella cui rappresentazione più
classica può essere scritto aggiungendo un componente autoregressiva che aiuta ad
eliminare l’effetto di disturbo
Ulteriormente è possibile inserire anche un nucleo deterministico all’interno
dell’ECM, trasformando così l’equazione nel modo seguente
dove dt può assumere qualunque valore.
5.7.2 Test per la verifica della presenza di coitegrazione
Quando le serie storiche risultano di ordine uno è necessario verificare se esse sono o
no cointegrate. Per analizzare le relazioni tra le variabili, nel caso in cui siano
cointegrate, si procederà con la stima di un modello a correzione dell’errore
(VECM); in caso contrario si procede con la stima di un modello VAR alle
differenze. Esistono due differenti test per verificare la cointegrazione:
 il test di cointegrazione di Engle e Granger (1987).
168
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
 il test di Johansen (1990).
Il primo metodo è basato su una singola equazione e pertanto può stimare una sola
relazione o vettore di cointegrazione, il secondo sistema invece permette di
determinare più relazioni o vettori di cointegrazione.
Test di cointegrazione di Engle e Granger
Come affermato nel paragrafo sopra, combinazioni lineari di processi I(1) sono
ancora processi I(1). Tuttavia in alcuni casi esiste la possibilità che una particolare
combinazione lineare di due o più processi I(1) sia I(0) ossia stazionaria. Ciò accade
quando i processi analizzati condividono un trend stocastico comune. In tal caso i
processi si dicono cointegrati CI(1,1). Ossia: yt=(y1,t,…,yk,t)’, yj,t I(1) , j=1,2,…,K
allora yt si dice cointegrato e indicato con CI(1,1) se β’yt=β1y1,t+…+βkyk,t I(0). Il
vettore β non è unico e deve pertanto essere normalizzato. Generalmente una
semplice normalizzazione è: β=(1,-β2,…,-βk). Quindi β’yt=y1,t-β2y2,t-…-βkyk,t=ut
I(0), dove ut viene chiamato residuo di cointegrezione. In generale se yt è un vettore
di K elementi cointegrati, possono esistere 0<r<K vettori di cointegrazione
(linearmente indipendenti) in cui r rappresenta il numero di relazioni di
cointegrazione e viene chiamato rango di cointegrazione.
Ad esempio, nel caso di K=3 e r=2 esisterà una matrice B di dimensioni (K x r) tale
che
e B viene chiamata matrice di cointegrazione.
Se si assume che esiste più una relazione di cointegrazione, si può seguire
l’approccio di Engle e Granger (1986) per stimare il vettore di cointegrazione e un
ECM (Error Correction Model); quest’ultimo usato per mette in evidenza la relazione
di lungo periodo e la dinamica di breve periodo. La procedura di Engle e Granger
prevede di stimare un modello di regressione lineare tramite i minimi quadrati
ordinari (OLS) ed il passaggio successivo consiste nel verificare la presenza di una
radice unitaria nella serie dei residui. In caso di presenza di radice unitaria la
combinazione di serie I(1) ha generato un’altra serie I(1), quindi le serie non sono
cointegrate; nel caso in cui si rifiuti l’ipotesi nulla di radice unitaria le serie sono
CI(1,1) e i residui sono quindi I(0). A questo scopo possono essere utilizzati diversi
169
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
test di radice unitaria, quali l’ADF test e il PP test. Tuttavia è importante sottolineare
che lo studio di stazionarietà dei residui di cointegrazione tramite i test di radice
unitaria, prevede una correzione dei valori critici delle statistiche test. Una volta
ottenute le stime dei coefficienti di cointegrazione si può procedere alla stima
dell’ECM.
Test di cointegrazione di Johansen
Questa metodologia è più opportuna nei casi bivariati o nel caso di tre o più variabili
che ammettono la presenza di più di una relazione di cointegrazione. Diversamente
da Engle-Granger, la procedura proposta da Johansen (1990) si basa sulla massima
verosimiglianza. In tale procedura si suppone che il sistema cointegrato possa essere
rappresentato come un VAR di ordine p. A sua volta, un modello VAR di ordine p
può essere rappresentato attraverso la forma VECM (Vector Correction Error
Model). Questa procedura consente di stimare sia il rango che la matrice di
cointegrazione. Da questi elementi si possono definire i due test di verosimiglianza
usati da Johansen. Per quanto riguarda il rango r della matrice è possibile affermare
che questo sarà uguale al numero di autovalori positivi, lasciando il valore di tutti gli
altri pari a 0. Il test quindi viene effettuato sulla matrice di cointegrazione, della
quale si calcolano gli autovalori λ. Questi successivamente vengo riordinati in modo
decrescente. Se l’ipotesi nulla è rifiutata, ovvero l’ultimo valore λ (quello più
piccolo) risultasse essere positivo, la matrice ha rango pieno e il sistema è stazionario
(visto che questa situazione implica che anche tutti gli autovalori precedenti sono
positivi). Se ciò non accade si passa alla medesima valutazione del penultimo valore
λ. Il primo rifiuto coinciderà col rango della matrice di cointegrazione. Se l’ipotesi
nulla non è mai rifiutata, nel processo non è presente cointegrazione. Una volta
stimato in questo modo il rango della matrice di cointegrazione possibile usare i
metodi di stima OLS per poter determinare i vettori di cointegrazione.
5.8 Processi a volatilità persistente: modelli ARCH e GARCH
I modelli precedentemente esposti e in particolare i modelli ARMA e ARIMA
presuppongono l’omoschedasticità, cioè funzioni di varianza e di covarianza
170
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
costanti71. Tuttavia non tutti i fenomeni, soprattutto quelli in ambito finanziario,
possono essere descritti da modelli così semplici in cui la variabilità della serie non
presenta una forte dipendenza con il proprio passato (non dipendenza del singolo
elemento del processo dalla sua storia). Tale concetto implica l’esistenza di una
varianza condizionale non costante e quindi del concetto di eteroschedasticità. Uno
dei primi approcci allo studio di questo fenomeno è stato la modellistica ARCH
(AutoRegressive Conditional Heteroskedasticity) introdotta nel 1982 da Engle, la
quale parte proprio dall’idea di varianza condizionata all’informazione disponibile.
In dettaglio, il termine eteroschedasticità sta a significare la varianza che muta nel
tempo, contrapponendosi così all’ipotesi di varianza costante alla base dei metodi di
previsione della volatilità citati sopra. Autoregressivo si riferisce invece al metodo
utilizzato per modellare l’eteroschedasticità condizionale, il quale si basa su una
regressione nella quale la stima della volatilità risulta funzione della stessa volatilità
vigente nel periodo precedente. Infine, condizionale sta a indicare che le previsioni
ottenute sono subordinate alle informazioni disponibili nel periodo precedente
(Palomba, 2010 e 2012). Nel 1986 Bollerslev estese il modello ARCH sviluppando il
modello GARCH (Generalized AutoRegressive Conditional Heteroskedasticity). Di
fatto la formulazione di Bollersev è risultata sufficientemente generale da adattarsi in
modo adeguato a ogni tipo di andamento condizionale eteroschedastico delle diverse
tipologie di variabili e per tale motivo negli anni successivi si è assistito allo sviluppo
di numerose versioni alternative dei modelli GARCH. Le più diffuse sono
l’Exponential GARCH (EGARCH), l’Asymmetric GARCH (AGARCH) e
l’Integrated GARCH (IGARCH).
Di fatto i modelli a varianza condizionata ARCH e GARCH dagli vengono quindi
utilizzati per lo studio di variabili che presentano una variabilità della varianza con il
trascorrere del tempo. Tale caratteristica si presenta soprattutto nelle serie storiche
dei rendimenti di attività finanziarie, in cui si deve prevedere il rischio, che è
connesso alla varianza, o, come anche si dice in termini finanziari, alla volatilità
dell’attività finanziaria. Tali modelli si basano sull’assunto che per istanti di tempo
vicini le varianze della serie hanno valori simili, mentre per istanti di tempo lontani
tali varianze sono dissimili.
71
In dettaglio una serie storica è omoschedastica se presenza varianza costante nel tempo; nel caso in cui invece
una serie storica presenta una varianza caratterizzata da un comportamento non costante parliamo di serie storica
eteroschedastica.
171
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
5.8.1 Il concetto di volatilità
Definire il concetto di volatilità è complesso e non può portare a risultati univoci. In
generale si può affermare che la volatilità è un indice che rappresenta la variabilità di
un prezzo o di un indice finanziario calcolata in un determinato intervallo di tempo
(OECD-FAO 2011). La volatilità presenta alcuni aspetti peculiari (Mazziero, 2005):
 È ciclica, ovvero tende a cambiare in modo periodico: dopo una fase di
crescita, essa registra un massimo per poi contrarsi fino a un valore minimo e
riprendere poi il processo dall'inizio.
 È persistente: ovvero essa è in grado di evolvere un giorno dopo l'altro nella
stessa direzione; ciò suggerisce che la volatilità di oggi verosimilmente sarà
presente anche domani. A titolo di esempio, quanto finora espresso sta a
significare che se i mercati hanno un alto livello di volatilità oggi, molto
probabilmente mostreranno un livello altrettanto elevato di volatilità anche
domani; al contrario, se un mercato non è volatile oggi difficilmente lo sarà
domani. Seguono il medesimo comportamento aumenti o contrazioni di
volatilità nel tempo.
 Proprietà di ritorno verso la media: la volatilità ha una tendenza a tornare
verso i valori normali (ossia medi) dopo aver raggiunto valori estremi sia
verso l’alto che verso il basso.
La figura sottostante (Fig.74) riporta il concetto di volatilità e le sue caratteristiche.
Figura 74: Caratteristiche della volatilità
Fonte: Mazziero, 2005
In letteratura vengono definite due tipologie di volatilità (European Commission
2009):
172
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
1. Storica (Historical volatility);
2. Implicita (Implied volatilità).
In dettaglio, per volatilità storica si intende la volatilità registrata in passato di un
bene di investimento (es. prezzo materie prime, titoli, tassi di interesse) o di un certo
strumento finanziario vale a dire l'ampiezza della variazione di un valore/indice in un
determinato periodo temporale passato. Essa rappresenta pertanto i movimenti di
prezzo riferiti a un periodo storico e riflette gli effetti dei fattori alla base della
domanda e dell’offerta.
La volatilità implicita invece non fa riferimento al bene di investimento, ma alla
variabilità futura attesa dal mercato dell'opzione72. Essa rappresenta pertanto la
volatilità che si basa sui prezzi delle opzioni.
Ad oggi diverse metodologie sono state utilizzate in letteratura per la stima e la
previsione della volatilità. Tuttavia poiché la stima della volatilità implicita non è una
stima della volatilità corrente, ma piuttosto una previsione del mercato relativa alla
volatilità che si manifesterà nel corso della vita dell'opzione, verranno di seguito
analizzate brevemente le metodologie che sono alla base dell’analisi della sola
volatilità storica.
1. La prima categoria è rappresentata dai modelli che, basandosi su dati di
volatilità storiche, utilizzano tale stima come strumento di previsioni di
volatilità futura. Questi modelli, che risultano essere i più semplici e diffusi,
considerano la volatilità come parametro costante.
2. La seconda categoria di metodi utilizzabile è rappresentata dai modelli della
famiglia ARCH e GARCH, i quali considerano la volatilità variabile nel
tempo e tentano perciò, in diversi modi, di modellare tale processo di
variazione. In questo ultimo caso le stime di volatilità passate vengono
utilizzate per costruire le previsioni, ma non coincidono con esse.
Relativamente alla prima categoria, il metodo più diffuso per ottenere una stima della
volatilità storica di un determinato fattore di mercato (prezzo, tasso di cambio, tasso
72
Con il termine opzione si intende quel particolare tipo di contratto che conferisce al possessore il diritto, ma
non l'obbligo (dunque una possibilità da cui appunto il termine opzione), di acquistare o vendere il titolo sul quale
l'opzione stessa è scritta, ad un determinato prezzo di esercizio dell'opzione stessa (strike price) e/o entro una
determinata data, in aggiunta ad un costo iniziale, comunque dovuto e non recuperabile, per la
stipulazione/sottoscrizione del contratto d'opzione stesso.
173
Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche
di interesse, ecc.) che sia relativa a un certo periodo è quello che si basa sulla stima
della deviazione standard della variabile considerata. Più in dettaglio si considera la
deviazione standard dei prezzi o della variazione logaritmica dei prezzi o del
coefficiente di variazione (variazione percentuale del prezzo); il quale esprime la
deviazione standard come percentuale della media campionaria.
Indicando con x la variabile della quale si intende misurare il grado di volatilità, la
deviazione standard può essere stimata come radice quadrata della varianza,
utilizzando come campione una serie storica di n osservazioni della stessa variabile.
Ciò è sintetizzato come segue:
dove x soprassegnato rappresenta il valore medio, ossia la media campionaria. In
particolare il calcolo della volatilità storica è basato o sulla stima delle medie mobili
semplici (varianza mobile) o delle medie mobili esponenziali (varianza mobile
esponenziale).
Riguardo ai modelli inerenti alla seconda categoria si fa invece rifermento ai modelli
della famiglia ARCH e GARCH.
174
III PARTE: CASI DI STUDIO
175
Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel
Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della
filiera Biodiesel
Introduzione
Nell’ultimo ventennio, il cambiamento climatico globale, ha assunto un ruolo sempre
più centrale nella definizione delle politiche internazionali. La presa di coscienza
dell’esistenza di tematiche ambientali legata a fattori antropici ha portato infatti alla
ricerca delle cause del degrado ambientale e alla proposta di soluzioni che possano
mitigare se non annullare il procedere di questo trend negativo. In particolare, è stato
riconosciuto che l’incremento di alcuni gas detti a “effetto serra” (Greenhouse Gases
o GHG) dovuto soprattutto ai settori del trasporto, ha contribuito notevolmente ad un
innalzamento della temperatura media della Terra (EEA, 2009). Per ovviare a tale
problema, le principali politiche internazionali (Protocollo di Kyoto) e soprattutto
europee (Direttiva 2009/28/CE) hanno cercato di porre dei limiti nelle emissioni di
tali gas tramite l’incentivazione della produzione di biocombustibili il cui consumo è
diventato obbligatorio in miscelazione con il combustibile fossile. Tra le fonti agroenergetiche, il biodiesel rappresenta ad oggi la fonte di energia rinnovabile
maggiormente disponibile sul mercato europeo (Sorda et al., 2010), nonché il
biocarburante che permette di soddisfare i principi di sostenibilità attualmente
dibattuti (Finco et al., 2010). Infatti, negli ultimi anni il settore dei biocarburanti ha
vissuto un periodo di straordinaria crescita, alimentata dall’incremento dei prezzi dei
carburanti, dalle norme sulla miscelazione, dalle esenzioni fiscali e dalla protezione
sulle importazioni. Tuttavia, l’aumento dei prezzi degli oli vegetali e la crisi
economica hanno esercitato un impatto negativo sulla produzione di biodiesel da
biomassa agricola. Inoltre, l’impatto ambientale dei biocarburanti e la potenziale
concorrenza con la produzione alimentare hanno creato un’immagine negativa
dell’opinione pubblica sui biocarburanti (Takahashi and Nijkamp, 2010).
L’obiettivo della seguente analisi è stato quello di identificare i criteri ambientali per
valutare l’impatto della filiera biodiesel dalla produzione della materia prima alla
distribuzione finale. Lo studio è iniziato con un’analisi comparativa, seguita da una
meta-analisi esplorativa dei lavori tecnico-scientifici prodotti dalla ricerca
internazionale, riguardanti gli aspetti ambientali più significativi per i diversi tipi di
biomassa considerata. La sintesi delle informazioni reperite in letteratura tramite
176
Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel
meta-analisi ha consentito poi l’impostazione di una metodologia multicriteriale
volta all’identificazione di un processo di sviluppo sostenibile.
6.1 La meta-analisi comparativa
Per cercare di valutare gli impatti ambientali dovuti all’utilizzo dei biocarburanti e di
verificare il rispetto dei criteri di sostenibilità, sono stati realizzati diversi studi che
prendono in considerazione le diverse fasi del ciclo di vita dei biocombustibili.
Al fine di sintetizzare le informazioni messe a disposizione dalla letteratura vigente,
è stata condotta una meta-analisi comparativa esplorativa. La meta-analisi, come già
esposto nel capitolo precedente, può essere definita come una metodologia di analisi
statistica inerente alla raccolta di risultati analitici, provenienti da studi diversi, e
avente come scopo l’integrazione delle conoscenze. Il suo compito è quello di
combinare informazioni provenienti da ricerche per ottenere un unico dato di sintesi
quantitativo. Nel nostro caso non offriamo un quadro esplicativo, ma solo una media
esplorativa.
Dall’approccio meta-analitico, che ha preso in considerazione 32 studi internazionali
(Allegato 1) di carattere tecnico e scientifico73, è emerso che gli aspetti più
interessanti da porre a confronto per la valutazione dell’impatto ambientale del
biodiesel sono:
1. il risparmio delle emissioni di gas ad effetto serra (GHG) nella produzione del
biodiesel rispetto ai combustibili fossili;
2. il miglioramento del bilancio di energia fossile nella fase di produzione e di
utilizzo del biodiesel rispetto ai combustibili fossili;
3. il cambiamento dell’uso del suolo.
La scelta dei criteri sopra elencati è così giustificata. Per quanto riguarda il primo
criterio, si è deciso di considerare il risparmio delle emissioni di GHG perché
essendo questi (in particolare CO2, N2O e CH4) i maggiori responsabili
dell’innalzamento della temperatura media della Terra, il miglioramento di tale
aspetto risulterebbe di estrema importanza sia dal punto di vista ambientale che
sociale. Per ciò che concerne il secondo criterio, si è stabilito di valutare il
miglioramento del bilancio energetico fossile del biodiesel rispetto al gasolio in
quanto esiste il duplice problema di riuscire ad individuare una fonte di energia
73
I 32 studi sono riportati in appendice. In realtà risultano 31 studi, uno dei quali con una duplice analisi.
177
Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel
rinnovabile in grado sia di sostituire le fonti fossili in via di esaurimento, che di
migliorarne le prestazioni ambientali, senza provocare una perdita di efficienza
energetica (De Vries et al., 2010; Lechon et al., 2009; Kim et al., 2005). Infine, si è
ritenuto importante prendere in considerazione il cambiamento dell’uso del suolo,
aspetto molto spesso non considerato da chi conduce studi di questo genere. Il
cambio della destinazione dei terreni a colture energetiche per la produzione di
biodiesel (come ad esempio la deforestazione o la conversione di prati-pascoli in
terreni ad uso energetico) comporta la perdita di biodiversità, la riduzione di stock di
carbonio e la riduzione di terreni a scopo alimentare e pertanto deve essere valutato
(Helmann e Verburg, 2010). È importante sapere che il cambiamento d’uso del suolo
per la produzione di biocarburante può verificarsi in due casi:
 direttamente: quando per la produzione di biocombustibili viene messo a
coltivazione un ecosistema naturale come torbiere, foreste e praterie, oppure
quando vengono rimessi in coltivazione terreni incolti o abbandonati;
 indirettamente: quando per la produzione di biocombustibili vengono
impiegati territori adibiti a produzioni non energetiche (ad uso alimentare e
foraggiero).
Le coltivazioni così sostituite devono essere comunque prodotte e ciò avviene tramite
la messa a coltura di ecosistemi naturali (Ravindranath et al., 2009). Per ciò che
concerne la scelta del tipo di biodiesel da porre a confronto con i combustibili fossili,
si è optato per il biodiesel derivato da oli vegetali, in particolare da colza, girasole,
soia e palma. La scelta del biodiesel da oli vegetali è derivata dalla considerazione
che tali oli sono molto più comuni negli attuali mercati rispetto agli oli di origine non
vegetale (esausti e da grassi animali). La selezione delle materie prime per la
produzione di olio da biodiesel, invece, può essere così giustificata: l’olio di colza,
l’olio di girasole e l’olio di soia sono i tre oli vegetali maggiormente prodotti in
Europa e quindi vanno assolutamente tenuti in considerazione. Infine è stato preso in
considerazione l’olio di palma proveniente dalla Malesia in quanto è l’olio
maggiormente importato in Europa per la produzione di biodiesel e quindi entra in
competizione sia con l’olio di colza sia con quello di girasole e di soia. La scelta dei
criteri sopra elencati ha permesso una selezione degli studi. In base al primo criterio,
sono stati selezionati studi che fossero in grado di:
 fornire la percentuale di miglioramento delle emissioni totali di GHG del
biodiesel rispetto al gasolio senza considerare il cambiamento d’uso del
178
Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel
suolo, o che fornissero comunque valori necessari per ricavare rapidamente
questo dato;
 prendere in considerazione possibilmente tutti e quattro gli oli di riferimento
(colza, girasole, palma e soia) per la produzione del biodiesel, o almeno tre di
questi oli;
 fornire dati ottenuti applicando metodologie di calcolo simili, o fornire
almeno valori sulle stesse fasi del ciclo di vita.
Sulla base di queste caratteristiche, sono stati scelti 6 studi.
In base al secondo criterio, sono stati selezionati gli studi in grado di:
 prendere in considerazione gli aspetti energetici possibilmente di tutti i
quattro tipi di biodiesel di interesse (colza, girasole, soia e palma);
 fornire il rapporto (o i dati necessari a ricavarlo) tra l’energia sviluppata nella
fase utilizzo finale del biodiesel nel settore degli autotrasporti e l’energia
fossile utilizzata nella fase di produzione, trasformazione e trasporto dello
stesso biodiesel.
Al fine di valutare la sostenibilità del bilancio energetico nell’impiego delle biomasse
in sostituzione dei combustibili fossili, ovvero la capacità di fornire più energia di
quanta viene spesa per la produzione, trasformazione e trasporto, è importante
analizzare il bilancio energetico delle diverse filiere. Nella scelta degli studi il
confronto tra il bilancio di energia fossile del gasolio e quella del biodiesel è stato
dato per assodato in quanto tutte le indagini che valutano questo aspetto mostrano
che il biodiesel ha un bilancio input/output di energia migliore rispetto al gasolio.
Viceversa è sembrato più significativo mettere a confronto il biodiesel ottenuto da
diverse tipologie di olio vegetale per vedere quale di loro presentasse il miglior
rapporto output/input. Gli studi presi in considerazione sono stati 7.
Infine gli studi analizzati per la valutazione del cambiamento d’uso del suolo diretto
sono stati 2. Mentre per quanto riguarda la valutazione del cambiamento indiretto
d’uso del suolo, è stato preso in considerazione un solo studio. La scelta degli studi
sopra indicati ha permesso di poter costruire delle tabelle che andranno a fornire i
dati finali della meta-analisi quantitativa. Per ogni criterio stabilito è stata creata una
tabella indicante i dati di interesse per ogni tipologia di biodiesel contemplato nella
meta-analisi, compreso il valore medio finale (valore in rosso).
Nella tabella 23 sono riportati i dati relativi al risparmio delle emissioni di gas a
effetto serra (GHG) nella produzione del biodiesel rispetto ai combustibili fossili.
179
Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel
Tutti i valori sono espressi in termini di percentuale di miglioramento del biodiesel
rispetto al gasolio.
Tabella 23: Percentuali di miglioramento delle emissioni di GHG dei biodiesel rispetto al gasolio e valori
medi.
COLTURE ENERGETICHE CONSIDERATE
Media
Colza
37
38
48
46
45
25
40
Girasole
51
58
55
Palma
45
56
70
69
62
55
60
Soia
37
31
62
60
40
20
42
Dalla tabella emerge che la produzione di biodiesel consente in qualunque caso un
effetto positivo sulle emissioni di GHG rispetto al gasolio. Tra le diverse tipologie di
biomassa utilizzate, il biodiesel da palma consente un maggior risparmio in termini
di emissioni di GHG attestandosi ad un valore medio del 40%. Tale valore è piuttosto
simile a quello del girasole, mentre la soia e la colza presentano prestazioni inferiori.
Comunque la variazione delle emissioni di gas a effetto serra è dovuta non solo alla
tipologia di biomassa utilizzata, ma anche alle differenti pratiche agricole, di
trasformazione e di trasporto adottate per produrre il biocombustibile.
Per quanto concerne il secondo criterio, i risultati sono stati riportati nella tabella 24.
Tabella 24: Rapporto tra energia fornita ed energia fossile utilizzata (MJ/MJ) e valori medi.
COLTURE ENERGETICHE CONSIDERATE
Media
Colza
2,4
2,4
2,5
2,5
3,2
1
1,3
2,5
Girasole
2,3
2,5
2,8
1,9
2,4
2,4
Palma
9,1
9
9,1
Soia
2,6
1,9
3,3
2,3
180
Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel
I dati sono espressi come rapporto tra l’energia fornita dal biodiesel (MJ) e l’energia
fossile utilizzata per la produzione, la trasformazione e il trasporto della stessa
quantità di biodiesel (MJ).
Dalla revisione bibliografica è emerso come il biodiesel da olio di palma presenta un
bilancio nettamente superiore rispetto alle altre tre tipologie di biocarburanti, le quali
si attestano su valori simili. La performance dell’olio di palma pari ad una media del
9,1 può essere giustificato dall’alta produttività della coltura nell’ambiente tropicale
e dal basso input energetico nella fase di produzione oltre che alla poca energia
richiesta per l’estrazione dell’olio dai semi.
Per quanto riguarda il cambiamento diretto dell’uso del suolo, nella tabella 25 sono
riportati i dati relativi alla variazione delle emissioni per ciascun tipologia di
biomassa. Vale a dire che il cambiamento d’uso del suolo può comportare una
diminuzione (o al limite un aumento) dello stock di carbonio nel terreno. Pertanto, i
valori negativi indicano un aumento delle emissioni, ovvero una perdita di carbonio
dal sistema suolo-pianta verso l’atmosfera. Come si osserva dal prospetto le
performance sono sostanzialmente negative. Il valore particolarmente negativo della
palma indica le emissioni dovute alla sostituzione di torbiere in Malesia. Va da sé
che nel confronto tra l’impatto del gasolio e del biodiesel si deve tenere conto anche
del cambiamento d’uso del suolo che può incidere notevolmente sul bilancio delle
emissioni complessive, trasformando paradossalmente il vantaggio acquisito in
termini di risparmio di GHG in uno svantaggio netto.
Tabella 25: Cambiamento d’uso del suolo diretto – Variazione emissioni GHG (%) - valori medi
COLTURE ENERGETICHE CONSIDERATE
Media
Colza
2
-18
-8
Girasole
17
-3
7
Palma
-71
-192
-132
Soia
4
-16
-6
Tabella 26: Cambiamento d’uso del suolo indiretto– Variazione emissioni GHG (%) - valori medi
COLTURE ENERGETICHE CONSIDERATE
Media
Colza
-45
-45
Girasole
-30
-30
Palma
26
26
Soia
-43
-43
181
Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel
Per quanto riguarda il cambiamento indiretto dell’uso del suolo, i dati e le medie
sono riportati nella tabella 26. Anche in questo caso, i valori sono espressi come
variazione delle emissioni per ciascun tipologia di biomassa.
Vale la pena di ricordare che i risultati sono stati ricavati dall’unico studio
attualmente rinvenibile in letteratura sul cambiamento indiretto e pertanto si
manifesta la necessità di essere prudenti nell’interpretazione di tale evidenza. Il
valore positivo dell’olio di palma, infatti, potrebbe sembrare inappropriato vista la
negatività espressa dal cambiamento d’uso del suolo diretto (Tabella) e dei dati
riferiti alle altre tipologie di olio vegetali. Ciò potrebbe essere giustificato dal fatto
che, se il cambiamento d’uso del suolo indiretto, dovuto alla produzione di olio di
palma in Malesia, colpisse un terreno naturale con un basso stock di carbonio (ad
esempio un incolto), si otterrebbe un risparmio netto delle emissioni.
6.2 L’analisi multicriterio
Le
informazioni
meta-analitiche
hanno
permesso
l’implementazione
della
metodologia multicriteria per sostenere le scelte di politica pubblica volta a ottenere
un processo di sviluppo sostenibile (Falcone et al., 2009; Nijkamp e van Delft, 1977;
Nijkamp et al., 1989; Nijkamp et al., 1998; Rehman e Romero, 1993; Saaty, 1980;
Bentivoglio et al., 2012). L’analisi, basata sul regime method, è stata realizzata
attraverso il software Definite 3.1 di matrice Olandese (Janssen, 1992). L’obiettivo è
stato quello di individuare tra diverse tipologie di biomassa utilizzata (olio di colza,
di girasole, di palma e di soia) l’alternativa migliore sia dal punto di vista ambientale
che economico in diversi scenari. Le alternative progettuali prese in considerazione
si identificano con i diversi input utilizzati nella produzione di biodiesel in termini di
approvvigionamento di biomassa agricola, per le quali è stata svolta la meta-analisi.
Essi sono le produzioni di colza, girasole, palma e soia. I criteri scelti per
l’impostazione della matrice multicriteri sono quelli identificati nella meta-analisi
svolta in precedenza: risparmio delle emissioni di GHG, bilancio energetico e
cambiamento d’uso del suolo diretto e indiretto. È stata creata una matrice di
valutazione (Tab.27) in cui vengono indicati nelle colonne i valori medi per ogni
criterio in riferimento alla tipologia di biomassa utilizzata per la produzione di
biodiesel.
182
Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel
Tabella 27: Matrice di valutazione per l’analisi multicriteri.
ALTERNATIVE
Colza
Girasole
Palma
Soia
GHG
(%)
40
55
60
42
CRITERI
OUTPUT/INPUT
(MJ/MJ)
2,5
2,4
9,1
2,3
LUC
%
-8,0
7,0
-132
-6,0
ILUC
%
-45
-30
26
-45
Una volta determinata la matrice di valutazione, i dati inseriti nella tabella sono stati
standardizzati. Il metodo utilizzato per i primi due criteri è quello definito come
maximum standardization. Per quanto riguarda il cambiamento d’uso del suolo (sia
diretto che indiretto), si utilizza il metodo detto goal standardization. L’assegnazione
dei pesi attribuiti ai criteri scelti dipendono dal tipo di analisi che si vuole condurre.
Verranno pertanto analizzati diversi scenari nei quali si attribuiranno di volta in volta
pesi differenti ai vari criteri.
 Scenario 1: Sistema pesi = 1 (solo criteri ambientali)
Nel primo caso di studio, è stato attribuito lo stesso peso a tutti i criteri in quanto
sono stati considerati di uguale importanza ai fini dell’impatto ambientale.
 Scenario 2: Sistema pesi = Metodo Delphi con intervista ai policy maker
(solo criteri ambientali)
Il secondo caso di studio prevede l’utilizzo di pesi diversi per ogni criterio utilizzato.
La scelta del valore da attribuire ai vari criteri è stata effettuata tramite il metodo
Delphi, mediante intervista con questionario (Allegato 2) ai funzionari di un ente
amministrativo regionale (Servizio Agricoltura, Forestazione e Pesca e Servizio
Ambiente e Paesaggio della Regione Marche). Il questionario (riportato in
appendice) è stato rivolto con lo scopo di capire l’importanza attribuita dai decisori
politici ai criteri presi in considerazione nell’analisi multi criteri. In base ai loro
giudizi, è stato attribuito un peso ad ogni criterio. Di seguito viene descritta la
struttura del questionario. Nella parte iniziale sono state effettuate cinque domande
con lo scopo di far assegnare un punteggio per ogni criterio, in una scala da 1 a 5,
dove:
 1 = non importante;
183
Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel
 2 = poco importante;
 3 = abbastanza importante;
 4 = importante;
 5 = molto importante.
Nell’ultima parte invece è stato chiesto ad ognuno di indicare quale fosse, secondo la
propria opinione, il criterio di maggior importanza ai fini della realizzazione di un
impianto di biodiesel, e di quantificare l’eventuale disponibilità a promuovere delle
politiche di incentivazione a favore della filiera del biodiesel. Vengono riportati qui
di seguito i risultati dell’indagine suddivisi per Servizio (Fig.75, 76, 77 e 78).
Figura 75: Aspetti più importanti secondo i funzionari del Servizio Ambiente e Paesaggio
Figura 76: Eventuale disponibilità a pagare dei funzionari del Servizio Ambiente e Paesaggio
184
Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel
Figura 77: Aspetti più importanti secondo i funzionari del Servizio Agricoltura, Forestazione e
Pesca
Figura 78: Eventuale disponibilità a pagare dei funzionari del Servizio Agricoltura, Forestazione
e Pesca
Fonte: Ns. elaborazione
Per l’assegnazione dei pesi, si è proceduto ad individuare e sommare il numero delle
preferenze ottenute per ogni criterio ambientale nell’ambito dei due dipartimenti
regionali. Tali valori sono stati direttamente inseriti nel programma Definite, che ha
convertito i valori in pesi. Nel questionario, il cambiamento d’uso del suolo non era
185
Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel
distinto in diretto ed indiretto mentre tra i criteri esiste questa distinzione. Per ovviare
a questo problema, si considera che ogni preferenza data dai decisori al cambiamento
d’uso del suolo sia valida sia per il diretto che per l’indiretto. Ne deriva una
assegnazione dei pesi come di seguito (Tab.28):
Tabella 28: Pesi assegnati secondo il metodo Delphi
Criterio
Preferenze
Peso
GHG
5
0,122
Bilancio energetico
4
0,098
Cambiamento d’uso
del suolo diretto
Cambiamento d’uso
del suolo indiretto
16
0,390
16
0,390
 Scenario 3: Sistema pesi = Criteri ambientali + criterio economico
(prioritario)
Al fine di considerare oltre agli aspetti di sostenibilità ambientale anche quelli di
sostenibilità economica, è stato inserito nell’analisi il prezzo dell’olio vegetale
rilevato nel mercato internazionale (Tab.29), che vien considerato come criterio
economico di scelta. L’attribuzione dei pesi è stata effettuata tenendo conto in questo
caso degli obiettivi dell’imprenditore. Il profitto, derivante dalla convenienza
economica degli input impiegati nel processo produttivo, è il criterio principale di
valutazione dell’imprenditore e pertanto al prezzo dell’olio viene attribuito il peso
massimo. Seguono in ordine di importanza il bilancio energetico e le emissioni
GHG, mentre al cambiamento d’uso del suolo è stato attribuito un peso pari a zero.
Tabella 29: Nuova matrice di valutazione per l’analisi multicriteri con criterio economico.
CRITERI
ALTERNATIVE
GHG
(%)
OUTPUT/INPUT
(MJ/MJ)
LUC
%
ILUC
%
PREZZO
€/Ton
Colza
40
2,5
-8,0
-45
703
Girasole
55
2,4
7,0
-30
897
Palma
60
9,1
-132
26
632
Soia
42
2,3
-6,0
-45
678
186
Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel
Per il calcolo degli ordinamenti il metodo utilizzato è quello della somma pesata o
Weighted Summatium, in cui i valori della matrice di valutazione vengono ponderati
sulla base dei pesi precedentemente attribuiti.
6.3 Risultati dell’analisi
L’implementazione dell’analisi multi criteri attraverso il programma dedicato
permette di stilare una graduatoria delle alternative a seconda dello senario preso in
considerazione. I risultati sono esposti dal programma in forma grafica e tabulare e la
loro analisi permette di poter giungere a delle conclusioni. Di seguito i risultati
suddivisi per scenario considerato.
Scenario 1
Dall’analisi del primo caso di studio, ovvero quello che attribuiva lo stesso peso ai
quattro criteri presi in esame, risulta che il miglior bilancio ambientale/energetico è
fornito dal biodiesel da olio di palma (Fig.79)
Figura 79: Risultati del primo caso di studio
Weight
s
0,75
0,68
0,58
0,57
0,70
0,67
0,26
0,25
0,27
0,88
0,80
0,78
0,65
0,56
0,55
Palm Sunflowers Soy
Rape
Result
1,00
0,92
GHG
GHG
Energy balance
Land use change (direct)
Land use change (indirect)
1,00
Energy balance
Land use change (direct)
0,00
1,00
Land use change (indirect)
187
Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel
Questo tipo di combustibile, infatti, registra le migliori performance per tre criteri
considerati (GHG, bilancio energetico e cambiamento d’uso del suolo indiretto) dei
quattro analizzati. Soltanto per quanto riguarda il cambiamento diretto dell’uso del
suolo il suo valore è nettamente inferiore a quello degli altri biocarburanti (grafico
giallo). Gli altri biodiesel, prodotti a partire da olio di colza, girasole e soia, mostrano
risultati finali piuttosto simili. Il biodiesel da girasole è quello che più si avvicina alle
prestazioni dell’olio di palma ed è quello che fornisce il risultato migliore per quanto
riguarda il cambiamento d’uso del suolo diretto.
Scenario 2
Il secondo caso di studio è stato condotto assegnando diversi pesi ai differenti criteri
in base ai risultati del questionario posto ai policy maker della Regione Marche. È
evidente che i decisori politici danno molta importanza al cambiamento diretto e
indiretto dell’uso del suolo rispetto agli altri criteri.
Figura 80. Risultati del secondo caso di studio
188
Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel
Il dato più interessante osservato in questo caso (Fig.80) è la migliore performance
finale girasole rispetto alle altre fonti energetiche, in particolare rispetto all’olio di
palma, che secondo la precedente assegnazione di pesi risultava essere l’alternativa
migliore. Il motivo è dovuto al fatto che il cambiamento d’uso del suolo, in questo
caso, assume un’importanza molto più elevata degli altri due criteri, e
l’insostenibilità ambientale del biodiesel di palma ne compromette il risultato finale.
L’olio di colza e di soia producono un biodiesel dalle performance ambientali
leggermente inferiori al girasole, anche se il loro bilancio energetico è leggermente
migliore. Tra le due, la soia rappresenta la materia prima che fornisce un miglior
bilancio ambientale, anche se le differenze sono davvero minime. Il biodiesel di soia,
infatti, presenta performance migliori sia per il cambiamento d’uso del suolo che per
il risparmio delle emissioni di GHG, mentre quello di colza permette di ottenere un
bilancio energetico leggermente superiore.
Scenario 3
Nell’ultimo caso di studio viene conferito un peso maggiore all’aspetto economico
rispetto ai criteri ambientali, rispecchiando il punto di vista dell’imprenditore
economico. Il risultato di questo scenario (Fig.81) che privilegia l’aspetto economico
indica il biodiesel da olio di palma come l’alternativa migliore, essendo la materia
prima con il più basso prezzo sul mercato internazionale delle commodities.
Viceversa il criterio del cambiamento dell’uso del suolo, pur essendo un aspetto
fortemente penalizzante in termini ambientali non incide nella valutazione finale
perché assume per l’imprenditore un’importanza pari a zero.
Per quanto riguarda il biodiesel da girasole essa risulta l’alternativa meno preferita in
quanto i prezzi di mercato non lo rendono competitivo con le altre materie prime, pur
avendo una performance ambientale superiore al palma. Colza e da soia si situano in
una posizione intermedia tra palma e girasole.
189
Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel
Figura 81: Risultati del terzo caso di studio
6.4 Discussione dei risultati ottenuti
La riduzione delle emissioni di gas a effetto serra prevista dal Protocollo di Kyoto
prima e dalla Direttiva 2009/28/CE poi, prevede come passaggio cruciale e
fondamentale l’utilizzo di biocarburanti in luogo dei combustibili fossili, in modo
particolare per quanto riguarda il settore dei trasporti, uno dei maggiori responsabili
delle emissioni di GHG. Tra le fonti agro-energetiche, il biodiesel rappresenta ad
oggi la fonte di energia rinnovabile maggiormente disponibile sul mercato europeo,
nonché il biocarburante che permette di soddisfare i principi di sostenibilità
attualmente dibattuti. Dall’approccio meta-analitico, che ha preso in considerazione
32 studi internazionali di carattere tecnico e scientifico, è emerso che il biodiesel
permette un elevato risparmio di emissioni di CO2 in termini percentuali rispetto al
gasolio convenzionale ed un bilancio energetico positivo all’interno della filiera di
produzione. Tuttavia, per quanto riguarda il terzo criterio ambientale, ovvero il
cambiamento dell’uso del suolo (Land Use and Land Use Change) derivante
dall’incremento della destinazione dei terreni a colture oleaginose, l’evidenza
scientifica dimostra che la filiera biodiesel derivando in gran parte da olio di palma,
190
Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel
impatta negativamente sull’ambiente, determinando fenomeni di deforestazione o
conversione di terreni naturali, perdita di biodiversità, riduzione degli stock di
carbonio nonché di sottrazione dei terreni a scopo alimentare. Questo aspetto
negativo comporta un peggioramento del bilancio delle emissioni di gas serra, fino
ad avere delle emissioni maggiori rispetto al combustibile fossile. I criteri appena
visti variano notevolmente a seconda della materia prima utilizzata. La metodologia
multicriteri implementata grazie alle informazioni desunte dalla meta-analisi, ha
permesso di delineare tra gli scenari ipotizzati la migliore alternativa tra le materie
prime utilizzabili, in base ai criteri ambientali. I risultati dell’analisi multi criteri
evidenziano l’importanza della scelta dei criteri di sostenibilità ambientale come
attributi prioritari in ottemperanza alle politiche ambientali ed energetiche
dell’Europa sottoscritte con la Direttiva 2009/28/CE. Nell’ipotesi in cui, come si è
verificato nel caso analizzato (Studio 2), il decisore politico consideri prioritari i
criteri di sostenibilità ambientale e tra i tre criteri attribuisca un’importanza maggiore
al cambiamento dell’uso del suolo, la soluzione migliore a livello europeo sarebbe
quella del biodiesel da girasole. Tale soluzione risulterebbe molto interessante per
l’Europa, ma soprattutto per l’Italia e per l’area geografica del Centro Sud Italia,
areale questo particolarmente vocato per la produzione di questa coltura,
diversamente dal Nord Europa e dalla Francia, dove prevale la produzione di colza.
La produzione del biodiesel da girasole porterebbe ad una serie di esternalità positive
tra cui si ricordano la parziale autosufficienza energetica rispetto agli attuali paesi
esportatori di combustibili fossili, il mantenimento della produzione autoctona
utilizzando l’approccio della filiera corta, la valorizzazione di produzioni agricole
con impatto minimo sull’ambiente e il paesaggio per effetto della messa a coltura di
terre incolte o abbandonate, fenomeno sempre più in crescita vista la crisi perdurante
dei mercati delle commodities (Finco, 2012). Fondamentale, però, è l’appoggio che
le politiche devono dare alla produzione del biodiesel da girasole per affrontare il
mercato internazionale; come dimostra lo Studio 3, infatti, se il mercato viene
lasciato in mano ai produttori di biodiesel senza strumenti correttivi, gli aspetti da
questi considerati conducono unicamente alla massimizzazione dei profitti a spese
dell’aspetto ambientale, mostrando come soluzione ottimale la produzione di
biodiesel da olio di palma, di derivazione estera, che è economicamente più
vantaggioso nel mercato mondiale. Pertanto, una politica energetica sostenibile
dovrebbe tenere in considerazione questo aspetto e mettere in pratica i propri
191
Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel
strumenti correttivi (defiscalizzazione) per sostenere la filiera biodiesel da girasole
rendendo competitivo il suo utilizzo rispetto all’olio di palma ed internalizzando in
questo modo le esternalità positive derivate all’ambiente. L’olio di soia e di colza
possono rappresentare delle soluzioni intermedie (blend) e presentano un buon
compromesso tra l’aspetto ambientale e quello economico, tenendo in considerazione
che il blend tra questi oli vegetali fornisce performance qualitative molto elevate del
biodiesel derivato. Sulla base dei risultati forniti dall’analisi multicriteri, emergono
dunque evidenze significative circa i criteri generali di scelta per la valutazione degli
investimenti strutturali sia nella politica di sviluppo rurale sia nella politica europea
al fine di fornire forti sostegni all’energia rinnovabile e all’efficienza energetica.
192
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le
relative implicazioni di mercato
Introduzione
Come già descritto nel capitolo 3, negli ultimi anni si è verificato un aumento
generalizzato dei prezzi dei prodotti agricoli (commodity) che hanno raggiunto un
picco massimo fra il 2007 ed il 2008, a cui è seguito un rapido declino ed una lenta
ripresa. Queste tendenze rilevate sui mercati internazionali hanno ricevuto grande
attenzione ed hanno stimolato le ricerche volte ad indagare le origini di tali
cambiamenti (Bentivoglio et al., 2014 e 2015). Tra le cause strutturali di questi
mutamenti, è stata evidenziata la cresce domanda di prodotti agricoli volti alla
produzione dei biocarburanti, quali colza, soia, girasole e palma per lo sviluppo del
biodiesel mentre grano, mais e zucchero per la produzione di etanolo. Allo stesso
tempo la richiesta di biocarburanti ha sviluppato un conflitto tra la produzione
alimentare e quella energetica sia in termini di sottrazione di superfici (LUC e ILUC)
che di incremento di prezzi (Dibattito food-fuel).
Ad oggi diversi ricercatori hanno cercato valutare l'impatto dei prezzi dei
biocarburanti sui prezzi delle materie prime agricole, nonché di determinare il loro
contribuito a tale variazione. A tal proposito l’analisi che segue ha lo scopo di
verificare è se i prezzi agricoli siano influenzati dai prezzi dei biocombustibili,
biodiesel ed etanolo e viceversa.
7.1 Le fonti dati: Descrizione e costruzione delle variabili utilizzate
Ad oggi il biodiesel rappresenta il principale biocombustibile prodotto in Europa,
mentre per quanto riguarda l’etanolo i principali produttori risulta essere gli Stati
Uniti (per quanto riguarda l’etanolo da corn) e il Brasile (per l’etanolo da canna da
zucchero). Al fine di verificare se i prezzi agricoli siano influenzati dai prezzi dei
biocombustibili e viceversa, sono stati analizzati due diversi scenari: il caso europeo
con il rispettivo biodiesel e il caso brasiliano con l’etanolo. A tal proposito per
l’analisi sono stati sviluppati due diversi database contenenti:
193
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
1. le serie storiche a frequenza settimanale dei prezzi della principale materia
agricola utilizzata nella produzione dell’etanolo in Brasile ossia la canna da
zucchero, dell’etanolo e del combustibile fossile di riferimento ossia la
gasolina. Le serie storiche sono state collezionate per un periodo che va da
novembre 2007 a novembre 2013 per un totale di 311 osservazioni. I prezzi
dell’etanolo e della gasolina sono espressi in USD/litro, lo zucchero in USD/
sacca da 50kg. I prezzi dell’etanolo e dello zucchero sono stato ottenuto dal
cento di ricerca CEPEA (Centro de Estudos Avançado em Economia
Aplicada), la gasolina dall’ANP (Agência Nacional do Petróleo, Gás Natural
e Biocombustíveis). L’etanolo utilizzato nello studio è quello idrato (l’anidro
viene miscelato con la gasolina al 25%) il cui prezzo è riferito alla pompa
così come quello della gasolina; il prezzo dello zucchero è quello domestico.
Tutti i prezzi presi in considerazione nell’analisi fanno riferimento allo Stato
di san Paolo;
2. le serie storiche a frequenza settimanale dei prezzi delle principali materie
agricole utilizzate nella produzione del biodiesel quali olio di soia, olio di
colza e olio di palma, del biodiesel e del combustibile diesel. Le serie storiche
sono state collezionate per un periodo che va da gennaio 2008 a marzo 2013
per un totale di 277 osservazioni. Tutti i prezzi delle materie prime sono
espressi in USD/mT, quelli del biodiesel in Euro/m3, il prezzo del diesel in
USD/gallons ed infine il prezzo del petrolio in USD/bbl. La maggior parte
delle serie storiche dei prezzi sono state ottenuti dal database Bloomberg fatta
eccezioni per il prezzo del diesel acquisito tramite l’Energy Information
Agency (EIA) e quello dell’olio di colza reperiti tramite Data Stream
database. Il prezzo del biodiesel fa riferimento al prezzo alla pompa in
Germania e risulta essere un blend.
Di seguito viene inoltre proposta una rappresentazione grafica delle serie storiche
utilizzate (Fig.82 e 83). Le unità di ciascuna serie storica è la medesima descritta
nelle righe sovrastanti.
194
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
Figura 82: Serie storiche etanolo database
Figura 83: Serie storiche biodiesel database
195
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
Per quanto riguarda il database del biodiesel, nell’analisi che segue si è deciso di
considerare solo l’olio di colza, escludendo dal modello le altre due materie prime
quali l’olio di soia e l’olio di palma. Il motivo risulta essere il seguente. E’ stato
infatti riscontrato nell’analisi un problema di multicollinearità tra le variabili
considerate quali l’olio di colza, l’olio di soia e l’olio di palma. La multicollinearità
sorge quando c’è un’elevata correlazione tra due o più variabili. Se le variabili sono
fortemente correlate vuol dire che danno la stessa informazione e il modello di
regressione non riesce più ad attribuire un significato a ciascuna di esse. Al fine di
testare tale problema sono stati calcolati i coefficienti di correlazione o indici di
Pearson della matrice di correlazione delle variabili considerati. Tali coefficienti
assumono valori compresi tra - 1 quando le variabili considerate sono inversamente
correlate e + 1 quando vi sia correlazione assoluta cioè quando alla variazione di una
variabile corrisponde una variazione rigidamente dipendente dall'altra. Un indice di
correlazione pari a zero indica un'assenza di correlazione. In particolare, il
coefficiente di correlazione di Pearson-Bravais è calcolato come rapporto tra la
covarianza delle due variabili ed il prodotto delle loro deviazioni standard. Nella
tabella 30 che segue sono decritti i coefficienti delle variabili analizzate.
Tabella 30: Indici di Pearson
VARIABILI
Olio di soia
Olio di palma
Olio di colza
Olio di soia
0,68
0,94
Olio di palma
0,68
0,74
Olio di colza
0,94
0,74
-
Dalla tabella sovrastante è possibile osservare come tutte le variabile presentano
valori prossimi ad 1 e pertanto i tre oli considerati presentano una forte correlazione.
In particolare l’olio di colza risulta altamente correlato con l’olio di soia (0,94),
mentre la correlazione con l’olio di palma è leggermente inferiore (0,74). La
correlazione minore risulta essere quella tra l’olio di soia e quello di palma (0,68). Al
fine di eliminare tale problema, tre sono i rimedi:
 eliminare uno o più variabili che causano multicollinearità;
 trasformare le variabili che causano multicollinearità;
 aumentare la dimensione del campione.
196
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
Alla luce delle considerazioni sopra esposte si è dunque deciso di procedere l’analisi
eliminando le variabili che causano il fenomeno sopra esposto e di considerare
pertanto solo l’olio di colza. La scelta tra i tre oli è ricaduta sull’olio di colza in
quanto ad oggi tale olio vegetale rappresenta quello maggiormente utilizzato per la
produzione del biodiesel in Europa. In accordo con l’USDA nel 2013 l’olio di colza
ha di fatto contribuito per circa due terzi della produzione totale di biodiesel, mentre
l’uso dell’olio di soia e di palma è limitato dallo norma DIN EN 1421474. Tale
limitazione è dovuta al fatto che il biodiesel a base di soia non è conforme al valore
di iodio prescritto dal presente norma (le funzione dello iodio è quella di dare la
stabilità all'ossidazione) mentre quello a base di olio di palma non fornisce
abbastanza stabilità in inverno soprattutto nel nord Europa. Tuttavia ad oggi, è
possibile soddisfare lo standard richiesto utilizzando una miscela di olio di colza, olio
di soia, olio di palma.
Di seguito viene proposta una rappresentazione tabulare delle variabili considerate
per l’analisi che seguirà ne paragrafi successivi (Tab.31).
Tabella 31: Modelli considerati nell’analisi
VARIABILI
Biodiesel
1° MODELLO
Olio di colza
Diesel
Etanolo
2° MODELLO
Zucchero
Gasolina
UNITA’DI MISURA
3
EURO/m
USD/MT
USD/gallone
USD/litro
USD/litro
USD/sacca da 50kg
FONTE
Bloomberg
Data Stream
EIA
CEPEA
CEPEA
ANP
Al fine di normalizzare i dati è stata applicata una trasformazione logaritmica. Di
seguito vengono descritte le analisi preliminare e il successivo modello applicato per
i due casi di studio scelti. Il software utilizzato è Rats32s (Regression Analysis of
Time Series), programma dedicato all'analisi econometrica delle serie temporali.
74
La norma specifica i requisiti e i metodi di prova per gli esteri metilici di acidi grassi (FAME), ovvero il
Biodiesel prodotto con l'uso del metanolo, commercializzati e distribuiti per essere utilizzati sia come
combustibile per motori diesel sia per impianti di riscaldamento alla concentrazione del 100%, o come
componente del combustibile per motori diesel, in conformità ai requisiti della UNI EN 590, e del gasolio
riscaldamento.
197
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
7.2 I test di stazionarietà sulle serie storiche del biodiesel e dell’etanolo
Più di una volta abbiamo sottolineato nel capitolo 4 che per effettuare previsioni sui
valori futuri della serie storica è necessario fare ipotesi semplificatrici ossia è
necessaria la stazionarietà del processo stocastico. E’ quindi molto importante essere
in grado di capire se le serie che si stanno analizzando siano stazionarie o non
stazionarie. Tutto questo viene verificato attraverso i test di radice unitaria (unit root
test). A tal proposito, al fine di testare la stazionarietà delle serie storiche impiegate è
stato effettuato il test ADF (Argumented Dickey Full test). Il test è stato condotto per
il periodo di tempo proprio di ciascun dataset. I risultati vengono riassunti nella
tabella sottostante (Tab 32) in cui sono riportati i valori critici di confronto all’1%,
2,5%, 5% e 10% mentre l’intera procedura è riportata in appendice.
Tabella 32: Risultati test di stazionarietà Biodiesel database
Critical values
Serie storiche
Biodiesel
Diesel
Olio di Colza
Test Statistic
-0.553
-1.041
-0.678
1%
-2.58
-2.58
-2.58
2.5%
-2.23
-2.23
-2.23
5%
-1.95
-2.23
-2.23
10%
-1.62
-1.62
-1.62
Come noto l’ADF test si basa sulle seguenti ipotesi di partenza:
 sotto l'ipotesi nulla Ho: c’è la presenza di una la radice unitaria nel processo
generatore della variabile studiata (processo non stazionario);
 mentre, sotto l'alternativa H1: il processo è stazionario.
In altre parole se la statistica test (test statistic) è maggiore o uguale ai valori critici
(1%,2,5%,5%,10%) l'ipotesi nulla va accettata, viceversa se la statistica test è
inferiore ai valori critici (1%,2,5%,5%,10%) la nulla viene rifiutata.
Nella tabella sovrastante è possibile osservare come tutte le serie storiche prese in
considerazione nel caso di studio del biodiesel non sono stazionarie in quanto la
statistica test è sempre maggiore dei valori critici e di conseguenza l’ipotesi nulla
viene accettata (processo non stazionario).
Il medesimo test è stato applicato alle serie storiche del database dell’etanolo. Di
seguito vengono mostrati i risultati (Tab.33).
198
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
Tabella 33: Risultati test di stazionarietà Etanolo database
Critical values
Serie storiche
Ethanol
Zucchero
Gasolina
Test Statistic
-0.985
-0.269
-1.541
1%
-2.58
-2.58
-2.58
2.5%
-2.23
-2.23
-2.23
5%
-1.95
-2.23
-2.23
10%
-1.62
-1.62
-1.62
Ugualmente al caso di studio del biodiesel, nella tabella sovrastante è possibile
osservare come tutte le serie storiche prese in considerazione nel caso di studio
dell’etanolo non sono stazionarie in quanto la statistica test è sempre maggiore dei
valori critici e di conseguenza anche in questo caso l’ipotesi nulla viene accettata
(processo non stazionario).
7.3 L’analisi di cointegrazione
Come anticipato nei capitoli precedenti, quando le serie storiche non risultano
stazionarie è necessario verificare se esse sono o no cointegrate. Con riferimento al
Teorema di Granger, se un insieme di variabili sono non stazionarie in livello e
hanno lo stesso ordine di cointegraziuone, può esistere una variabile data dalla loro
differenza o da una loro combinazione lineare che è stazionaria. Se questo si verifica
tali variabili sono tra loro cointegrate. Se pertanto la differenza tra le variabili o una
combinazione lineare della loro differenza è stazionaria, ciò significa che il loro
andamento nel lungo periodo non diverge. Per analizzare le relazioni tra le variabili,
nel caso in cui siano cointegrate, si procederà poi con la stima di un modello a
correzione dell’errore (VECM); in caso contrario si procederà invece con la stima di
un modello a vettore autoregressivo (VAR) alle differenze. Di seguito verrà descritta
la metodologia di analisi e i rispettivi risultati. L’intera procedura è riportata in
appendice.
Per verificare la presenza di cointegrazione è stato applicato il test di Johansen
(Johansen 1995) che ci permette di conoscere il rango della matrice di cointegrazione
che rappresenta il numero di vettori di cointegrazione e che deve essere maggiore di
zero e minore/uguale (in genere minore) al numero delle variabili endogene
selezionate. Se un sistema cointegrato ha rango di cointegrazione r, si può affermare
che esistono r relazioni di equilibrio di lungo periodo, e quindi r processi stazionari
che descrivono l’andamento nel tempo degli squilibri da tali relazioni. Al fine di
199
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
applicare il test è inoltre necessario conoscere la lunghezza dei ritardi (lag lenght).
Ciò è stato possibili attraverso l’analisi dei criteri informativi quali lo Schwarz
criterion (SC) e l’Hannan-Quinn information criterion (HQC). Maggiore è il valore
atteso, peggiore è l'adattamento e quindi la bontà del modello, pertanto i valori dei
criteri informativi devono essere i più bassi possibili (minimizzazione dei criteri
informativi). In entrambi i casi di studio tale analisi suggerisce un lag ottimale pari a
2. Passando poi alla determinazione del rango di cointegrazione r, i risultati vengono
presentati nelle seguenti tabelle 34 e 35.
Tabella 34: Johansen test biodiesel database
p-r
r
Eig.Value
Trace
Trace*
Franc95
P-Value P-Value*
3
0
0.069
34.708
35.070
35.070
0.047
0.055
2
1
0.040
14.645
20.164
20.164
0.167
0.253
1
2
0.019
4.813
9.142
9.142
0.266
0.315
Tabella 35: Johansen test ethanol database
p-r
3
2
1
r
0
1
2
Eig.Value
0.070
0.022
0.015
Trace
34.059
11.514
4.651
Trace*
33.911
11.484
4.647
Franc95
35.070
20.164
9.142
P-Value P-Value*
0.065
0.067
0.502
0.504
0.335
0.336
Dalle tabelle sovrastanti è possibile determinare il numero delle relazioni di
cointegrazione mediante la stima del rango r di cointegrazione. Come già descritto
nel capitolo precedente il numero di vettori β (o relazioni di cointegrazione) viene
definito infatti dal rango r di cointegrazione.
I risultati del test mostrano la presenza di una relazioni di contegrazione in entrambi
gli scenari. In dettaglio per determinare il rango di cointegrazione è necessario
osservare il test traccia o valore test (Trace) e il valore critico al 5% (Franc95). Il
primo valore di r a partire da r =0 in cui il test Trace<Frac95 corrisponde al rango di
cointegrazione. Una volta stimato in questo modo il rango della matrice di
cointegrazione è possibile individuare i parametri per la determinazione dei vettori di
cointegrazione.
200
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
7.4 Stima del modello a correzione di errore (VECM model)
Condizione necessaria affinché si possa stimare un modello a correzione di errore è
la presenza di almeno una relazione di cointegrazione tra le variabili considerate.
Infatti quando le variabili sono cointegrate fra di loro è possibile stimare un modello
a correzione di errore che mette in relazione le variazioni di una di esse, che
possiamo individuare nella variabile dipendente, dall’equilibrio di lungo periodo t-1.
I cambiamenti nella variabile sono quindi scostamenti della variabile stessa rispetto
all’equilibrio di lungo periodo con le altre variabili e il modello a correzione di errore
è in grado di scomporre tali scostamenti in una componente di breve periodo che è
causa dell’allontanamento dall’equilibrio e in una componente di lungo periodo,
detta termine di correzione di errore o error correction term (ECT) che riporta il
sistema all’equilibrio. La stima della rappresentazione VECM permette infatti di
mettere in evidenza le relazioni di breve periodo e la velocità di aggiustamento verso
l’equilibrio di lungo periodo, chiarendo le relazioni che intercorrono tra le variabili.
Informalmente, in un modello ECM, i legami tra i livelli di due processi sono studiati
in termini di effetti di lungo periodo, mentre i legami tra le serie differenziate
quantificano gli effetti di breve periodo. L’assunzione di base è che la relazione di
equilibrio influenzi il comportamento sia di breve sia di lungo periodo: un
cambiamento di breve periodo è infatti necessario per mantenere la relazione di
lungo periodo e ripristinare l’equilibrio.
Pertanto dopo aver verificato la presenza di cointegrazione e determinato quindi (nel
paragrafo precedente) il rango di cointegrazione attraverso il test di johansen si è
proceduto con la stima del modello VECM. Di seguito vengono mostrati i risultati
ottenuti, mentre l’intera procedura è riportata in appendice. Il vettore o equazione di
cointegrazione è rappresentato dai parametri stimati dal software i quali sono
riportati nella tabelle seguenti (Tab.36 e 37) sia nel contesto del biodiesel sia in
quello dell’etanolo.
Tabella 36: Relazioni di cointegrazione biodiesel database
Beta (1)
Biodiesel
1.000
Olio di colza
-0.531
Diesel
-0.045
Costante
-3.352
201
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
Tabella 37: Relazione di cointegrazione etanolo database
Beta (1)
Etanolo
1.000
Zucchero
-0.189
Gasolina
-0.699
Constant
-0.965
Nella lettura dei risultati si fa notare che, per una questione algebrica, i parametri
stimati dell’equazione di cointegrazione sono invertiti di segno rispetto alla
rappresentazione delle tabelle precedenti. I valori vanno pertanto moltiplicati per -1.
Di conseguenza è possibile scrivere le seguenti relazioni di lungo periodo:
LPbiodiesel = +0,531LPoliodicolza+0,045LPdiesel +3,352
Mentre nel caso dell’etanolo abbiamo la seguente relazione:
LPetanolo=+0,189LPzucchero+0.699LPgasolina-0.965
Una volta stimati i parametri, al fine di valutare la significatività75 di ciascuna
variabile è necessario valutare il valore del t-Value. In termini econometrici infatti si
definisce significativo un coefficiente statisticamente diverso da zero. Infatti tra tutte
le possibili combinazioni di variabili sotto forma di vettori di cointegrazione solo
quelle in cui la componente di lungo periodo (ECT), in particolare quella associata
alla variabile dipendente, risulti statisticamente significativa sono in grado di
garantire un ritorno all’equilibrio nel lungo periodo. Il livello di probabilità
considerato per i test è solitamente il 5% che nel caso test effettuato (test t) risulta
essere pari a 1.96. In tal caso un variabile/valore risulta essere significativa se il tValue risulta essere maggiore di 1.96, ossia il valore soglia con significatività pari al
5%76. Di seguito sono riportate le relazioni sopra esposte con le rispettive statistiche t
tra parentesi. I parametri evidenziati in rosso risultano essere significativi con un
livello di significatività al 5%.
LPbiodiesel = +0,531LPoliodicolza+0,045LPdiesel +3,352
(2,934)
(0,338)
(2,878)
75
La significatività dei parametri mostra se le variabili del sistema sono endogene o esogene
76
I coefficienti di confidenza al 95% a due code per la distribuzione normale, come è noto, sono dati da 1.96 .
202
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
LPetanolo= +0.189LPzucchero+0.699Pgasolina-0.965
(2,389)
(2,959)
(4.339)
Partendo dal primo scenario, i risultati mostrano come nel lungo periodo il prezzo del
biodiesel risulta essere connesso positivamente al prezzo dell’olio di colza e del
diesel (egual segno), tuttavia la significatività dei parametri mostra come la relazione
con il feedstock sia significativa rispetto a quella con il combustibile. In particolare
possiamo affermare nel lungo periodo il prezzo del biocombustibile incrementa
soprattutto con l’aumento dei prezzi della materia prima utilizzata. In dettaglio
possiamo osservare come un aumento dell’1% (10%) del prezzo dell’olio di colza
comporta un aumento del 0,5% (5%) del prezzo del biodiesel. Il prezzo del diesel
invece non sembra avere una rilevanza determinante sul prezzo del biodiesel nel
lungo periodo. La relazione positiva con l’olio di colza non sorprende in quanto ad
oggi il prezzo del biodiesel dipende molto dal prezzo del feedstock di riferimento.
Ad oggi infatti il principale fattore economico da considerare per i costi di
produzione del biodiesel è rappresentato dalla materia prima, che rappresenta circa
l’80% del costo totale di produzione. Ciò giustifica come il mercato delle commodity
agricole coinvolte nelle produzione del biodiesel influenzano tale settore. Il livello di
non significatività del diesel può essere giustificato dal fatto che il biodiesel non
viene usato puro, ma in blend con il diesel (7%). Infatti a differenza dell’etanolo
idrato, ampiamente usato nel contesto brasiliano, il biodiesel non viene utilizzato tal
quale e pertanto non compete direttamente come diretto sostituto del combustibile
fossile.
Analizzando il secondo caso di studio, possiamo affermare che l’etanolo presenta
una relazione di lungo periodo con il prezzo dello zucchero e della gasolina. Tale
relazione risulta essere positiva e del medesimo segno dell’etanolo; ciò implica che il
prezzo dell’etanolo incrementa con l’aumento dei prezzi della gasolina e dello
zucchero nel lungo periodo. Possiamo inoltre affermare che la relazione dell’etanolo
con la gasolina risulta molto più forte rispetto a quella con lo zucchero (livello di
significatività maggiore). In dettaglio infatti possiamo notare come un aumento
dell’1% (10%) del prezzo dello zucchero comporta un aumento del 0,2% (2%) del
prezzo dell’etanolo, mentre un aumento dell’1% (10%) del prezzo della gasolina
comporta un aumento del prezzo dell’etanolo pari al 0,7% (7%). La relazione con lo
203
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
zucchero non sorprende visto il fatto che esso rappresenta una parte cospicua dei
costi di produzione dell’etanolo. Al contempo la relazione positiva tra l’etanolo e la
gasolina risulta essere giustificata in quanto l’etanolo idrato è il sostituto diretto della
gasolina (esiste una vera e propria sostenibilità tra l’uno e l’altro), pertanto un
aumento di prezzo della gasolina comporta un aumento del consumo dell’etanolo
idrato con conseguente aumento del suo prezzo.
7.5 Analisi dinamica: decomposizione della varianza e funzione di
impulso-risposta
Una volta analizzate le relazioni di lungo periodo, al fine di quantificare e
comprendere al meglio le relazioni di breve periodo definite dal modello VECM
sopra descritto, seguirà l’analisi dinamica costituita dall’analisi della casualità di
Granger, l’analisi di impulso-risposta e la decomposizione della varianza per
entrambi i contesti considerati.
 Analisi di casualità di Granger
In generale, le relazioni di causa‐effetto sono molto complesse da stabilire in
un’analisi empirica di dati economici. Se osserviamo un’alta correlazione fra due
variabili, X e Y, possiamo dire tutt’al più che queste due variabili presentano una
spiccata tendenza a muoversi insieme, ma in assenza di altre informazioni non
possiamo dire nulla sui nessi causali che le collegano. Potrebbe darsi che X sia la
causa di Y, o viceversa o addirittura che ci sia una terza variabile Z (non osservata o
non considerata) che sia la causa di entrambe. Tutte e tre queste situazioni darebbero
luogo allo stesso fenomeno osservabile, cioè un alto grado di correlazione tra X e
Y77. Viene perciò utilizzata una definizione che offre la possibilità di determinare la
natura del nesso di causa-effetto, facendo riferimento alla prevedibilità secondo la
quale la causa precede l’effetto (Granger, 1969) (cfr cap 6, par 5.6). Alla base di
questa nozione c'è la distinzione fra variabili esogene ed endogene, le prime causano
le seconde ed il test utilizzato per identificare i nessi causali tra le serie è il test di
Granger. Statisticamente possiamo dimostrare che una serie storica X causa, nel
77
Più precisamente, si dice che una serie {Xt} causa la serie {Yt} nel senso di G., se i valori passati della prima
serie contribuiscono in modo significativo a prevedere i valori futuri della seconda.
204
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
senso di Granger, una serie storica Y attraverso un test F. L’ipotesi nulla del test
prevede l’assenza di causalità alla Granger pertanto valori della probabilità (p-value)
inferiori agli intervalli di significatività (5% o 10%), determinano un rigetto
dell’ipotesi nulla e quindi il non rifiuto della presenza di causalità. In tabella vengono
riportati i risultati del test di Granger. I valori in rosso sono statisticamente
significativi al livello del 5% e pertanto evidenziano la presenza di nessi causali; la
freccia indica la direzione della casualità (Tab.38).
Tabella 38: Risultati test di Granger biodiesel ed etanolo database
Database
BIODIESEL
ETANOLO
Direzione della
casualità
Pcolza → Pbiodiesel
Pdiesel → Pbiodiesel
Pbiodiesel → Pcolza
Pbiodiesel → Pdiesel
Pzucchero → Petanolo
Pgasolina → Petanolo
Petanolo → Pzucchero
Petanolo → Pgasolina
p-value
0,7942920
0,0127474
0,0004057
0,0155097
0,0107986
0,0000000
0,8589550
0,9242582
Per quanto riguarda il contesto del biodiesel i risultati ottenuti sembrano mostrare
come nel breve periodo il prezzo del biodiesel causa un incremento dei prezzi sia
della colza che del diesel78; allo stesso tempo il diesel influenza il prezzo del
biodiesel, mentre la colza non presenta conseguenze sul prezzo del biodiesel.
Per quanto riguarda invece l’etanolo, il test applicato mostra come sia lo zucchero
che la gasolina appaiono essere responsabili dell’incrementi di prezzo del
biocobustibile, mentre il prezzo dell’etanolo non sembra interferire su quello dello
zucchero e della gasolina.
Tuttavia ricordiamo che il significato ultimo da attribuire a questo test econometrico
di causalità rappresenta una sorta di “monitoraggio" dei fenomeni da studiare. Il test
di casualità di Granger misura infatti la capacità previsiva di una variabile rispetto
ai valori passati di un’altra (La casualità nel senso di Granger significa infatti che se
X causa Y allora X è un utile predittore per Y). Tuttavia ad oggi sono sorte diverse
78
Ricordiamo che se da un lato si può dire che il prezzo del biodiesel causa, nel senso di Granger, variazioni nel
prezzo della colza e del diesel, da un altro lato non si può dire che una variazione nel prezzo del biodiesel causerà
una conseguente variazione nel prezzo del colza e del diesel.
205
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
perplessità relative a tale analisi che si basa sul principio che la causa precede sempre
l’effetto. In realtà tala relazione non sempre risulta vera o corretta. Infatti il concetto
logico di causa-effetto prescinde da ciò che accade nella realtà ed è inoltre possibile
che la causa si manifesti solo dopo l’effetto. Una più corretta interpretazione delle
relazioni trovate sono descritte nei paragrafi successivi.
 Analisi di impulso-risposta
L’analisi di impulso ci permette di descrive gli effetti di uno shock temporaneo ad
variabile j sulla variabile i. In termini economici, la funzione di risposta di impulso
rappresenta l'effetto di uno shock dato dalla variazione del livello di mercato
avvenuta al tempo t, trasmesso alle altre variabili del sistema cointegrato nei periodi
successivi ossia l’elasticità79. Per effettuare l’analisi dinamica, il programma scelto
ha simula uno shock ed in seguito a questo ha genera una funzione di risposta di
impulso con un orizzonte di previsione temporale fissato a 12 periodi. In questo caso
ogni periodo corrisponde ad una settimana. Di seguito vengono riportati le funzioni
di impulso-risposta cumulate relative all’analisi effettuata sul biodiesel e
sull’etanolo. L’intera procedura è riportata in appendice. A differenza della classica
funzione di risposta di impulso che come detto sopra definisce l’effetto di uno shock
temporaneo (della durata di un periodo), quella cumulata descrive gli effetti di uno
shock permanente al fine di comprendere l'effetto cumulato di uno shock strutturale
sulla/e serie di interesse. Per far ciò sono stati cumulati i coefficienti della funzione
di risposta d’impulso forniti dal programma.
La figura 84 evidenzia il cambiamento del prezzo del biodiesel dopo uno shock
applicato al prezzo della colza e al prezzo del diesel.
79 In
generale l'elasticità è una misura della sensibilità di y rispetto a variazioni di x .
206
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
Figura 84: Risposta d'impulso del prezzo del biodiesel rispetto ad uno shock effettuato al prezzo della colza
e del diesel
Il grafico mostra come uno shock nel prezzo dell’olio di colza non comporta nessuno
effetto sul prezzo del biodiesel (effetto praticamente nullo). Per quanto riguarda il
diesel, uno shock dell’1% sul suo prezzo crea un incremento nel prezzo del biodiesel
pari a circa lo 0,1% a partire dalla seconda settimana e che permane per tutto il
periodo successivo. Possiamo comunque affermale che la magnitudine dello shock
sul prezzo del biodiesel risulta molto piccola. Ciò può essere giustificato dal fatto che
ad oggi le dinamiche del mercato internazionale sul biodiesel da un lato e la
riduzione del contingente defiscalizzato dall’altro, hanno fatto sì che la formazione
del prezzo del biodiesel avvenga tramite un semplice meccanismo d’asta (al ribasso)
imposto dalle compagnie petrolifere, piuttosto che in funzione del prezzo del diesel
su base Platts e di un premio variabile tra i 200 e i 300 euro alla tonnellata in
relazione al prezzo dell’olio vegetale e ad alcuni parametri qualitativi dello stesso.
Da qui la bassa influenza del diesel.
Per quanto riguarda l’etanolo invece, la figura 85 evidenzia il cambiamento del
prezzo dell’etanolo dopo uno shock applicato al prezzo dello zucchero.
207
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
Figura 85: Risposta d'impulso del prezzo dell'etanolo rispetto ad uno shock effettuato al prezzo dello
zucchero
Il grafico mostra come uno shock dell’1% nel prezzo dello zucchero comporta un
incremento crescente nel prezzo dell’etanolo a partire dalla prima settimana e che si
stabilizza allo 0,9% dopo 10 settimane. Pertanto nel breve periodo le variazioni nel
prezzo dello zucchero sono trasmesse a quelle dell’etanolo. Ciò non sorprende in
quanto la differenza del livello di prezzo dell’etanolo è associata principalmente alla
quantitativo di canna da zucchero prodotta nonché all’allocazione di tale materia per
la produzione di zucchero o di alcool per etanolo (cfr cap 1, par 1.5).
Per quanto riguarda invece il cambiamento del prezzo dell'etanolo rispetto ad uno
shock dell’1% effettuato al prezzo della gasolina (Fig.86), è possibile affermare
come inizialmente l’etanolo subisce un rapido calo di prezzo nella prima settimana
pari allo 0,6%. Nelle settimane successive il prezzo continua a diminuire con
percentuali via via inferiori fino a stabilizzarsi a partire dall’ottava settima in cui la
riduzione risulta essere pari allo 0,2%.
208
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
Figura 86: Risposta d'impulso del prezzo dell'etanolo rispetto ad uno shock effettuato al prezzo della
gasolina
Il calo di prezzo dell’etanolo può essere giustificato dal fatto che un incremento nel
prezzo della gasolina implica una riduzione nel suo consumo. Tale effetto si
ripercuote sull’etanolo anidro che viene utilizzato infatti in blend con la gasolina al
25%. Di conseguenza il suo prezzo scende e si ripercuote sul mercato dell’etanolo
idrato in quanto i due marcati sono altamente correlati (Bacchi et al., 2011).
 Decomposizione della varianza
Effettuando la scomposizione della varianza si va ad investigare quando
effettivamente incide uno shock di una variabile sulla variabilità delle altre80. In
dettaglio la decomposizione della varianza fornisce informazioni sulla grandezza
dell’effetto di uno shock di prezzo su di un altro. Essa ci permette di quantificare la
relazione di breve periodo espressa dal modello VECM. Di seguito le tabelle relative
alla scomposizione della varianza dei sistemi analizzati con un orizzonte di
previsione temporale fissato a 12 periodi; ogni periodo corrisponde ad una settimana.
80
La scomposizione della varianza indica quale proporzione della varianza dell’errore di previsione per una data
variabile sia attribuibile alle diverse varianze
209
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
Tabella 39: Decomposizione della varianza prezzo biodiesel
Step
Biodiesel
Olio
di colza
Diesel
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
99.960
98.022
97.830
97.633
97.564
97.564
97.559
97.557
97.557
97.557
97.557
97.557
0.004
0.138
0.320
0.418
0.478
0.478
0.481
0.483
0.483
0.483
0.483
0.483
0.035
1.839
1.850
1.949
1.958
1.958
1.960
1.961
1.961
1.961
1.961
1.961
Come indicato nella tabella 39 sovrastante la variabilità del prezzo del biodiesel dopo
12 settimane dipende quasi esclusivamente dal prezzo stesso del biocombustibile
(98%). Tale risultano riflette i risultati dell’analisi di impulso sopra effettuata,
ribadendo come nel breve periodo lo shock effettuato sull’olio di colza non influenza
il biodiesel e al contempo il diesel mostra un lieve effetto.
Passando poi al contesto dell’etanolo, dalla tabella 40 possiamo dedurre che dopo 12
periodi circa il 66% della variabilità del prezzo dell’etanolo dipende dalla gasolina e
1’11% dalla variabilità del prezzo dello zucchero.
Tabella 40: Decomposizione della varianza prezzo etanolo
Step
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Etanolo
20.980
22.700
23.639
23.146
22.905
22.755
22.687
22.657
22.644
22.638
22.636
22.635
Zucchero
0.788
6.777
7.872
9.474
10.211
10.613
10.798
10.882
10.918
10.934
10.940
10.943
Gasolina
78.233
70.523
68.489
67.380
66.884
66.632
66.515
66.462
66.438
66.428
66.424
66.422
210
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
Anche in questo caso il risultano illustrato riflette i risultati dell’analisi di impulso
sopra effettuata in quanto l’effetto dello shock applicato alla gasolina sull’etanolo è
maggiore rispetto a quello provocato dallo zucchero (Chagas, 2010).
Ciò non sorprende in quanto ad oggi i prezzi dell’etanolo brasiliano sono fortemente
legati ai prezzi della benzina e correlati con i prezzi mondiali dello zucchero.
Riguardo al primo aspetto, infatti, a differenza del biodiesel che in Europa viene
usato solo in blend con il diesel, in Brasile la gasolina e l’etanolo sono dei veri e
propri sostituti, ossia l’uno viene usato invece dell’altro. E’ noto infatti come in
Brasile, l’etanolo idrato può essere utilizzato puro nella maggior parte delle auto
circolanti nel Paese. Le auto in Brasile sono infatti dotate della tecnologia flex-fuel
che consente di cambiare facilmente carburante da benzina ad etanolo a seconda del
più conveniente. Il consumatore decide infatti di utilizzare etanolo idrato rispetto alla
gasolina in funzione del rendimento definito dal rapporto tra prezzo dell’etanolo e
prezzo della gasolina. Se tale rapporto risulta essere maggiore del 70% è più
conveniente utilizzare la gasolina rispetto all’etanolo, viceversa se il rapporto
risulterà essere minore l’etanolo idrato sarà l’alternativa preferita (Bacchi et al.,
2011). Altro fattore importante nella formazione del prezzo dell’etanolo risulta essere
il prezzo dello zucchero. Ricordiamo come gli stabilimenti brasiliani di zucchero
sono molto flessibili e possono modificare senza problemi la produzione da un mix
di 60% zucchero e 40% etanolo al mix invertito. Quando i prezzi dello zucchero sono
bassi, i produttori possono massimizzare la loro produzione di etanolo e viceversa.81
7.5.1 L’effetto dei biocombustibili sul mercato energetico e sulle commodity agricole
Dopo aver definito sia la grandezza che l’effetto di uno shock applicato alle variabili
che interagiscono sia con il biodiesel (olio di colza e diesel) che con l’etanolo
(zucchero e gasolina) sul biocombustibile stesso mediante l’analisi della varianza e
l’analisi d’impulso-risposta rispettivamente, l’analisi che segue ha cercato di definire
quale sia invece l’effetto dei biocarburanti sulle variabili considerate. Tale analisi è
81
Negli ultimi anni i prezzi dello zucchero sono aumentati a causa dell’offerta globale e degli squilibri nella
domanda. Ciò fa in modo che gran parte della produzione di canna da zucchero tornata ad essere destinata alla
produzione di zucchero, con conseguente scarsità di etanolo sul mercato e picco dei prezzi dello stesso.
211
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
stata effettuata al fine di comprendere se effettivamente i biocarburanti creano un
impatto nel mercato delle commodity agricole (dibattito food-fuel).
Il grafico che segue (Fig.87) mostra l’effetto dell’applicazione di uno shock applicato
al prezzo del biodiesel sull’olio di colza e sul diesel.
Figura 87: Risposta d'impulso del prezzo dell’olio di colza e del diesel rispetto ad uno shock effettuato al
prezzo del biodiesel
Dal grafico è possibile notare come uno shock applicato al prezzo del biodiesel non
crea nessun effetto sul prezzo del diesel, mentre si assiste ad un leggero aumento del
prezzo della colza pari allo 0,1% nelle prime due settimane. L’effetto viene poi
assorbito nei periodi successivi. La bassa domanda di biodiesel nel contesto europeo
nonché la minor scala di produzione fanno sì che il biodiesel abbia una limitata
capacità di influire i prezzi delle commodity agricole, nonché del diesel. Inoltre,
ricordiamo come soprattutto a partire dal 2011, il biodiesel difficilmente può
collocarsi sul mercato con un prezzo che allo stesso tempo copra i costi di
produzione e non sia superiore ai combustibili derivanti dal petrolio. Infatti l’assenza
di agevolazione (o esenzione) fiscale o di incentivi alla materia prima (Padella et al.,
2012) li rende economicamente non sostenibili e pertanto incapaci di influenzare il
mercato del diesel.
212
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
La leggera influenza del biodiesel sull’olio di colza viene inoltre confermata
nell’analisi della varianza che segue.
Come indicato nella tabella sottostante (Tab.41) la variabilità del prezzo dell’olio di
colza dopo 12 settimane dipende per un 6% dal prezzo del biodiesel.
Tabella 41: Decomposizione della varianza prezzo della colza
Step
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Biodiesel
0.289
0.318
4.734
5.734
5.744
5.863
5.890
5.891
5.895
5.895
5.895
5.895
Olio di colza
99.711
97.588
93.266
92.125
92.116
91.991
91.963
91.963
91.959
91.958
91.958
91.958
Diesel
0.000
2.094
2.000
2.141
2.140
2.146
2.147
2.147
2.147
2.147
2.147
2.147
Pertanto il biodiesel mostra una limitata capacità di influenzare i prezzi delle
commodity agricole.
I grafici che seguono mostrano invece l’effetto dell’applicazione di uno shock al
prezzo dell’etanolo sullo zucchero e sulla gasolina (Fig.88). Come già effettuato
nell’analisi precedente, l’analisi ha esaminato le funzioni di risposta di impulso
cumulate.
213
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
Figura 88: Risposta d'impulso del prezzo dello zucchero e della gasolina rispetto ad uno shock effettuato al
prezzo dell'etanolo
1
0,8
Cambiamento di prezzo %
0,6
0,4
0,2
ZUCCHERO
0
-0,2
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10 11 12
GASOLINA
-0,4
-0,6
-0,8
-1
Periodo (settimane)
Il grafico mostra come variazioni nel prezzo dell’etanolo non comportano nessuno
effetto sulla gasolina e sul prezzo dello zucchero. Ciò viene confermato anche
nell’analisi della varianza che segue.
Come indicato nella tabella sottostante (Tab.42) la variabilità del prezzo dello
zucchero dopo 12 settimane dipende per un 1% dal prezzo dell’etanolo e per il 22%
dal prezzo della gasolina. Pertanto l’etanolo non in grado di influenzare il mercato
dello zucchero.
214
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
Tabella 42: Decomposizione della varianza prezzo dello zucchero
Step
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Etanolo
0.000
0.035
0.032
0.049
0.065
0.077
0.083
0.087
0.088
0.089
0.089
0.089
Zucchero
100.000
78.783
79.193
78.536
78.417
78.340
78.310
78.297
78.291
78.289
78.288
78.288
Gasolina
0.000
21.182
20.775
21.415
21.518
21.583
21.606
21.616
21.620
21.622
21.623
21.623
Allo stesso modo dell’analisi della varianza della gasolina, posiamo affermare che
l’etanolo è anche in questo caso una variabile esogena (Tab.46). Il suo prezzo risulta
dipendere quasi esclusivamente dal prezzo stesso del combustibile (97%).
Tabella 46: Decomposizione della varianza prezzo della gasolina
Step
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Etanolo
0.000
0.008
0.040
0,041
0,041
0,041
0,041
0,041
0,041
0,041
0,041
0,041
Zucchero
0.000
3.069
3.055
3.208
3.238
3.259
3.268
3.271
3.273
3.274
3.274
3.274
Gasolina
100.000
96.923
96.906
96.751
96.721
96.700
96.692
96.688
96.686
96.685
96.685
96.685
Il fatto che l’etanolo non tenga influenza sia sullo zucchero che sulla gasolina può
essere giustificato dal fatto che il prezzo dello zucchero domestico dipende molto dal
mercato internazionale (Campos, 2010). Al 2013 il Brasile rappresenta infatti il
principale produttore di zucchero a livello mondiale con una produzione pari a 37,8
milioni di tonnellate, nonché il principale esportatore (47%) (USDA, 2014). Al
215
Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di
mercato
contempo il prezzo della gasolina è regolato dal Governo Brasiliano tramite l’ANP
(Bacchi 2009; Alencar, 2012).
Di seguito due schemi (Fig.89 e 90) che riassumono i risultati ottenuti in maniera
grafica.
Figura 89: Relazioni di lungo e breve periodo tra i prezzi mercato dell’etanolo
L
U
N
G
O
PREZZO
BIODIESEL
P
E
R
I
O
D
O
B
R
E
V
E
PREZZO
BIODIESEL
P
E
R
I
O
D
O
216
Figura 90: Relazioni di lungo e breve periodo tra i prezzi mercato dell’etanolo
L
U
N
G
PREZZO
ETANOLO
O
P
E
R
I
O
D
O
B
R
E
V
E
PREZZO
ETANOLO
P
E
R
I
O
D
O
217
Discussione e Conclusioni
Discussione e Conclusioni
Negli ultimi anni, il settore dei biocarburanti è stato caratterizzato da un’elevata
espansione. Dall’analisi del contesto internazionale, l’etanolo è il biocarburante più
prodotto a livello globale, con circa 84 miliardi di litri nel 2012, valore dovuto
principalmente agli Stati Uniti (57%) e al Brasile (27%). Viceversa, il biodiesel
rappresenta la forma di energia rinnovabile per il trasporto maggiormente disponibile
sul mercato europeo (40%), anche se la sua produzione totale mondiale (22,5 milioni
di litri nel 2012) è di molto inferiore a quella dell’etanolo.
La crescita dei biocarburanti è strettamente legata alle strategie politiche di ciascun
Paese, che si sono sviluppate principalmente sulla base di due fattori: contrastare il
cambiamento climatico e il riscaldamento globale e assicurare l’autosufficienza
energetica, diminuendo la dipendenza dai Paesi produttori di petrolio. Tra le politiche
più importanti che si sono sviluppate nel corso dei diversi anni, troviamo esenzioni
fiscali, sovvenzioni alla produzione, obblighi di miscelare con i combustibili fossili
per il trasporto e incentivi agli investimenti. Tuttavia, ad oggi, sia nel contesto
brasiliano che in quello europeo non sono previste sovvenzioni dirette, e l’unica
forma di incentivazione risulta essere la quota di miscelazione pari al 27,5% per
l’etanolo da canna da zucchero con la benzina e il 7% per il biodiesel europeo con il
diesel. Inoltre, solo per quanto riguarda l’UE, oltre agli obblighi di miscelazione sono
previsti obblighi produttivi da raggiungere (quota di immissione in consumo),
nonché il rispetto di diversi criteri ambientali, al fine di garantire l’effettiva
sostenibilità delle produzioni dei biocarburanti in tutta la filiera produttiva.
In tale contesto, la strategia europea 20-20-20 e la Direttiva Europea 28 del 23 Aprile
2009 “sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili” (RED Directive)
attualmente in vigore, risultano di fondamentale importanza. La direttiva prevede,
per il 2020, di raggiungere l’obiettivo comunitario del 20% della quota di energia da
fonti rinnovabili, stabilendo il raggiungimento di una quota di immissione di
biocarburanti del 10% sul consumo totale nel settore dei trasporti. Inoltre, la RED
introduce una serie di criteri di sostenibilità ambientale: in particolare, indica come
requisito rispetto ai combustibili fossili, un risparmio minimo del 35% di emissioni
di GHG a seguito dell’utilizzo dei biocarburanti entro il 2010; tale livello salirà al
45% entro il 2013 e al 50% entro il 2017. Inoltre, per evitare il cambiamento d’uso
del suolo viene vietata la coltivazione di colture energetiche su alcune tipologie di
218
Discussione e Conclusioni
terreno (art. 17, 18, 19, Annesso V). I biocarburanti non possono essere prodotti da
materie prime ottenute da terreni con elevata biodiversità (es. foreste primarie), da
pascoli e da terreni che presentano un elevato stock di carbonio (es. zone umide e
torbiere).
Questi concetti sono estremamente importanti se si considera che, dopo l’iniziale
entusiasmo per l’introduzione dei biocarburanti di prima generazione, sono emerse
numerose implicazioni negative strettamente correlate alla loro produzione e legate
principalmente alle problematiche ambientali (cambiamento d’uso del suolo, acqua,
emissioni di GHG, biodiversità) ed economico-sociali (competizione con le
produzioni alimentari utilizzate come materie prime per sviluppare i biocarburanti).
Le certificazioni di sostenibilità dei biocarburanti, volute dalla Comunità Europea ed
internazionale, rappresentano una risposta a tali preoccupazioni legate all’impatto
ambientale e socio economico, ampiamente dibattuto in ambito scientifico. Tuttavia,
ad oggi restano ancora notevoli incertezze relative alla reale sostenibilità di questi e,
a tal proposito, il dibattito è ancora aperto all’interno della comunità scientifica
internazionale. Ne è una testimonianza il recente accordo politico (14 giugno del
2014) relativo alla proposta ILUC (COM 595 2012) derivante dall’esigenza di
considerare in maniera differente l’impatto ambientale delle varie tipologie di
biocarburanti immessi sul mercato, soprattutto dal punto di vista delle emissioni
aggiuntive derivanti da un cambio di destinazione d’uso del suoli.
Si specifica che, per la valutazione della sostenibilità dei biocarburanti, vari approcci
e metodologie sono state proposte in letteratura negli ultimi anni, che vanno
dall’utilizzo di modelli di equilibrio (Banse et al. 2008; Hertel et, 2010; Banse et al.,
2012), alle analisi multi criteri (Turcksin et al., 2011; Perimenis et al., 2011)
all’individuazione di indicatori di sostenibilità (Silva Lora et al., 2011; Diaz-Chavez,
2011; Gnansounou, 2011; Timilsina e Shrestha, 2011) e all’applicazione di modelli
econometrici (Zhang et al., 2009; Busse et al. 2010; Serra et al., nel 2011). Il
concetto di sostenibilità è di per sé complesso in quanto coinvolge una serie di aspetti
economici, sociali ed ambientali. Per i biocarburanti, la questione è inoltre
complicata per via delle diverse tipologie di biocarburanti che possono essere
prodotti, della varietà di materie prime che possono essere impiegate e dei molteplici
soggetti coinvolti nella catena di produzione (produttori di materie prime, produttori
di biocarburanti, distributori e autorità pubbliche).
219
Discussione e Conclusioni
A tal riguardo, la ricerca condotta si inserisce a pieno all’interno di tale dibattito e si
pone l’obiettivo di valutare la sostenibilità ambientale e socio-economica del settore
dei biocarburanti attraverso metodologie dedicate.
Al fine di valutare la sostenibilità ambientale, è stata applicata un’analisi
multicriteria implementata grazie all’applicazione di un processo meta-analitico
volto a identificare i criteri ambientali per valutare l’impatto della filiera biodiesel
(dalla produzione della materia prima alla distribuzione finale). Lo scopo è stata
quello di individuare tra diverse tipologie di biomassa utilizzata per la produzione del
biodiesel in Europa (olio di colza, di girasole, di palma e di soia) l’alternativa
migliore in diversi scenari. Seguono i principali risultati ottenuti.
1) Dall’approccio meta-analitico, che ha preso in considerazione 32 studi
internazionali di carattere tecnico e scientifico, è emerso che il biodiesel permette
un elevato risparmio di emissioni di CO2 in termini percentuali rispetto al gasolio
convenzionale ed un bilancio energetico positivo all’interno della filiera di
produzione. Tuttavia, per quanto riguarda il cambiamento dell’uso del suolo
(Land Use and Land Use Change) derivante dall’incremento della destinazione
dei terreni a colture oleaginose, l’evidenza scientifica dimostra che la filiera
biodiesel derivando in gran parte da olio di palma, impatta negativamente
sull’ambiente, determinando fenomeni di deforestazione o conversione di terreni
naturali, perdita di biodiversità, riduzione degli stock di carbonio nonché
sottrazione dei terreni a scopo alimentare. Questo aspetto negativo comporta un
peggioramento del bilancio delle emissioni di gas serra, fino ad avere delle
emissioni maggiori rispetto al combustibile fossile.
2) Dalla metodologia multicriteriale implementata grazie alle informazioni
desunte dalla meta-analisi è emerso che:
• Considerando prioritari i criteri di sostenibilità ambientale, quali il risparmio
delle emissioni di gas a effetto serra (GHG), il risparmio energetico e il
cambiamento d’uso del suolo (DLUC-ILUC) e attribuendo tra questi
un’importanza maggiore al cambiamento dell’uso del suolo, la soluzione
migliore a livello europeo sarebbe quella del biodiesel da girasole. Tale
soluzione risulterebbe molto interessante per l’Europa e in particolar modo per
l’Italia, diversamente dal Nord Europa e dalla Francia, dove prevale la
produzione di colza. La produzione del biodiesel da girasole porterebbe ad una
serie di esternalità positive: la parziale autosufficienza energetica rispetto agli
220
Discussione e Conclusioni
attuali Paesi esportatori di combustibili fossili; il mantenimento della
produzione autoctona (utilizzando ad esempio l’approccio della filiera corta);
la valorizzazione di produzioni agricole con impatto minimo sull’ambiente e
sul paesaggio per effetto della messa a coltura di terre incolte o abbandonate
(fenomeno sempre più in crescita vista la crisi perdurante dei mercati delle
commodities).
• Nell’ipotesi in cui si consideri prioritario il criterio economico, il costo di
produzione della materia prima (prezzo di mercato), fattore determinante dal
punto di vista aziendale, la produzione di biodiesel da olio di palma, di
derivazione estera, risulterebbe la soluzione migliore a discapito della
sostenibilità ambientale (ILUC).
L’olio di soia e di colza possono rappresentare delle soluzioni intermedie (blend) e
presentano un buon compromesso tra l’aspetto ambientale e quello economico,
tenendo in considerazione che il blend tra questi oli vegetali fornisce performance
qualitative molto elevate. Infatti, vale la pena di sottolineare che in altri contesti
europei, come in Francia e Germania, si sono evidenziati esempi di filiere agricole
efficienti come quelle della produzione di colza, sviluppatesi intorno alla produzione
di biodiesel e agli operatori economici di riferimento (Diester International – Francia
e Novaol - Italia).
Si fa notare come tale metodologia non è stata applicata al contesto brasiliano
laddove l’etanolo viene prodotto quasi esclusivamente dalla canna da zucchero;
inoltre, qui non emerge il problema della sostenibilità ambientale in termini di
cambiamento d’uso del suolo, perdita di biodiversità e di emissioni di gas effetto
serra (Lora et al., 2006; Goldemberg et al., 2008). L’etanolo brasiliano viene
prodotto contemporaneamente allo zucchero senza compromettere la produzione di
zucchero a scopo alimentare. Inoltre, l’espansione della canna da zucchero non
avviene né a discapito di terreni alimentari, né intacca la biodiversità (espansione in
terreni degradati e pascoli, senza intaccare le foreste). Ricordiamo infatti, che dal
2005 ad oggi si è assistito ad un incremento del 45% della superficie dedicata a
canna da zucchero, la quale tuttora rappresenta solo l’1,5% della superficie agricola
del Brasile. Grazie a ciò l’utilizzo di etanolo permette un risparmio di GHG tra il 61
e il 91% mostrando inoltre un bilancio energetico ottimale (9,3MJ/MJ) (Shikida et
al., 2014).
221
Discussione e Conclusioni
La valutazione della sostenibilità socio-economica è stata effettuata tramite l’analisi
delle serie storiche e la successiva applicazione di un modello a correzione di errore
(VECM), che permette di evidenziare le relazioni di breve periodo e la velocità di
aggiustamento verso l’equilibrio di lungo periodo che intercorrono tra le variabili
considerate. In dettaglio, tale modello è stato applicato al fine di verificare se i prezzi
delle commodities agricole, olio di colza nel contesto europeo e zucchero nel
contesto brasiliano, siano influenzati dai prezzi dei biocombustibili di riferimento,
quali biodiesel ed etanolo, e viceversa. Tale relazione è stata studiata anche in
relazione al combustibile fossile di riferimento, ossia la benzina (o gasolina) per il
Brasile e il diesel per l’Europa.
Dall’analisi condotta, è possibile affermare che nel lungo periodo entrambi i
biocombustibili presentano una relazione positiva con il feedstock di riferimento,
ossia l’olio di colza per il biodiesel e lo zucchero per l’etanolo. In dettaglio un
incremento dell’1% del prezzo dell’olio di colza si trasmette al prezzo del
biocombustibile provocando il fenomeno dell’aumento del prezzo dell’ordine dello
0,5%, mentre il medesimo incremento nello zucchero comporta un aumento dello
0,2% nel prezzo dell’etanolo. Ciò non sorprende, in quanto in entrambi gli scenari il
principale fattore economico lungo la catena produttiva è rappresentato dal costo di
produzione dalla materia prima, che ad oggi rappresenta circa l’80% dei costi totali
di produzione nel biodiesel e circa il 60% dei costi totali di produzione per l’etanolo.
Tuttavia, per quanto riguarda l’etanolo, il suo prezzo sembra soffrire maggiormente
delle variazioni di prezzo del combustibile fossile di riferimento, ossia la gasolina.
Infatti, un aumento dell’1% del prezzo della gasolina comporta un aumento del
prezzo dell’etanolo pari allo 0,7%. Ciò non accade per il biodiesel, il quale non
sembra soffrire delle variazioni di prezzo del diesel nel lungo periodo (variabile non
significativa). La mancata significatività del diesel può essere giustificato dal fatto
che il biodiesel non viene usato puro, ma in blend con il diesel (7%). Infatti, a
differenza dell’etanolo idrato, il biodiesel non viene impiegato tal quale e pertanto
non compete direttamente come diretto sostituto del combustibile fossile. Nel
contesto brasiliano, invece, l’etanolo idrato rappresenta una vera e propria alternativa
alla gasolina e, pertanto, un aumento di prezzo della gasolina comporta un aumento
del consumo dell’etanolo idrato con conseguente rialzo del suo prezzo.
L’influenza del prezzo dello zucchero e della gasolina sul prezzo dell’etanolo si
conferma anche nel breve periodo. In particolare, uno shock nel prezzo dello
222
Discussione e Conclusioni
zucchero (+1%) genera un incremento dei prezzi dell’etanolo (+0,9% dopo 10
settimane). Ciò è dovuto al fatto che la differenza del livello di prezzo dell’etanolo è
associata principalmente al quantitativo di canna da zucchero prodotta, nonché
all’allocazione di tale materia che può essere utilizzata contemporaneamente per la
produzione di zucchero e di alcool per etanolo. Quando i prezzi dello zucchero sono
bassi, i produttori tendono a massimizzare la loro produzione di etanolo e viceversa.
Viceversa uno shock in aumento nel prezzo della benzina (+1%) crea un calo dei
prezzi dell’etanolo (-0,6% nelle prime settimane e -0,2% dopo 8 settimane). Il calo di
prezzo dell’etanolo, dovuto ad una variazione positiva della gasolina, è invece
giustificato dal fatto che un incremento nel prezzo della gasolina implica una
riduzione nel suo consumo. Tale effetto si ripercuote sull’etanolo anidro, che viene
utilizzato infatti in blend al 25% con la gasolina. Di conseguenza, il suo prezzo
scende e tale fenomeno si trasmette al mercato dell’etanolo idrato in quanto i due
mercati sono altamente correlati.
Passando invece al contesto del biodiesel, il suo prezzo non sembra essere
influenzato nel breve periodo dal feedstock, ma solo in maniera lieve dal prezzo del
diesel (+0,2%). E’ infatti noto come, nell’attualità, le dinamiche del mercato
internazionale sul biodiesel da un lato e la riduzione del contingente defiscalizzato
dall’altro, hanno fatto sì che la formazione del prezzo del biodiesel avvenga tramite
un semplice meccanismo d’asta (al ribasso) imposto dalle compagnie petrolifere,
piuttosto che in funzione del prezzo del diesel su base Platts. Da qui la scarsa
rilevanza del prezzo del diesel su quello del biodiesel.
Analizzando l’effetto che i prezzi dei biocombustibili hanno sulle commodities
agricole, i risultati mostrano come entrambi i biocombustibili non sono in grado di
colpire i prezzi dei feedstock di riferimento, se non in maniera lieve e solo per quanto
riguarda il contesto del biodiesel (incremento dello 0,1% nelle prime due settimane,
l’effetto viene poi assorbito nei periodi successivi). Diverse sono le motivazioni. Il
fatto che variazioni del prezzo dell’etanolo non influenzino né lo zucchero né la
gasolina può essere giustificato dal fatto che il prezzo dello zucchero domestico
dipende molto dal mercato internazionale e, al contempo, il prezzo della gasolina è
regolato dal Governo Brasiliano. Allo stesso tempo la bassa domanda di biodiesel nel
contesto europeo nonché la minor scala di produzione (al minor peso dell’uso
energetico degli oli vegetali rispetto gli altri impieghi) fanno sì che il prezzo del
biodiesel abbia una limitata capacità di influire sui prezzi delle commodities agricole.
223
Discussione e Conclusioni
Inoltre, ricordiamo come, a partire dal 2011, il biodiesel difficilmente può collocarsi
sul mercato con un prezzo che copra i costi di produzione e allo stesso tempo non sia
superiore ai combustibili derivanti dal petrolio. L’assenza di agevolazione (o
esenzione) fiscale o di incentivi alla materia prima li rende economicamente non
sostenibili. A tal proposito ricordiamo che tre sono gli elementi che contano nel
rendere il business dei biocarburanti conveniente: il prezzo del combustibile fossile,
il prezzo della materia prima agricola e le politiche di sostegno.
Infine, in accordo con Zilmerman et al., (2012), questo risultato, ceteris paribus, non
implica che l'introduzione dei biocarburanti abbia un impatto sul prezzo degli
alimenti. Differenti analisi basate ad esempio su modelli di equilibrio generale hanno
concluso che l'introduzione dei biocarburanti possono influenzare il prezzo del cibo,
ma l'impatto varia, comunque, in funzione della tipologia di coltura e dalla
localizzazione geografica della produzione.
224
225
Allegato 1: Studi considerati nella meta-analisi
Allegato 1: Studi considerati nella meta-analisi
Titolo
Autori
Anno
1) Energia dalle biomasse. Le
tecnologie, i vantaggi per i processi
produttivi, i valori economici e
ambientali
2) A comprehensive analysis of
biodiesel impacts on exhaust emissions.
Draft technical report
Gelleti et al.
2006
3) Towards sustainable production and
use of resources: assessing biofuels
2002
US-EPA (United States Environmental Protection
Agency)
2009
UNEP-International panel for
sustainable resource
management (United Nations
Environment Programme)
Munshaw and Hertz
2006
5) Biobus: biodiesel demonstration and
assessment with the Sociètè de
Transport de Montrèal (STM).
Final report
6) Crops for biofuel: current status and
prospects for the future
BIOBUS Project Committee
Members
2003
Connor and Hernandez
2009
7) Energy balance and greenhouse gas
emissions of biofuels from a life cycle
perspective
Menichetti and Otto
2009
8) Greenhouse gas implications of landuse and land conversion to biofuel
crops
Ravindranath
2009
Hess et al.
2009
Howarth et al.
2009
11) Germany’s biodiesel sector has now
to document its sustainability
UFOP
2010
12) Biodiesel at a dead end!?
UFOP
2009
Gärtner and Reinhardt
2005
4) Saskatoon biobus – Phase II.
Final Research report
9) Air quality issues associated with
biofuel production and use
10) Introduction: biofuels and the
environment in the 21st century
13) Final report.
Biodiesel initiatives in Germany
226
Allegato 1: Studi considerati nella meta-analisi
14) The Vermont biodiesel project.
Building demand in the biofuels sector
Delhagen
2006
15) Prime valutazioni sull’impatto delle
produzioni agroenergetiche in Sicilia
Bracco et al.
2008
16) Comparison of shell middle
distillate, premium diesel fuel and fossil
diesel fuel with rapeseed oil methyl
ester
17) Proposal for biodiesel production
facility
Munack et al.
2006
Azman
2001
18) Cost and life-cycle analysis of
biofuels
Brauer et al.
2008
Henke and Schmitz
2008
Wolfkill Feed & Fertilizer Inc.
2006
Hudson’s Bay Company (Hbc)
2006
UFOP
2008
Parliament and Council
2009
Riva et al.
1999
CTI (Comitato Termotecnico
Italiano) -Energia e Ambiente.
2002
Gallagher
2008
Scaravonati
2008
Venturi
2009
Kaltschmit et al.
1997
19) UFOP information on paradigm
shift in biofuel policies: from volume
quotas to a greenhouse gas avoidance
quota and the effects on biofuels
20) Helping create sustainable
agriculture in Snohomish and North
King Counties
21) Freight transportation case studies.
Hbc’s biodiesel pilot projec
22) German biomass sustainability
ordinance.
Commentary paper to the draft dated
December 5th, 2007
23) Directive 2009/28/EC of the
European Parliament and of the
Council of 23 April 2009
24) Rapporto sul biodiesel. Prospettive
nel breve termine dei combustibili
rinnovabili derivate da oleaginose nel
quadro delle nuove politiche agricole e
degli impegni assunti dall’Italia a Kyoto
25) Riduzione dell’impatto ambientale
dei motori diesel
26) The Gallagher Review of the
indirect effects of biofuels production
27) Colture energetiche legnose, nuove
opportunità
28) Il ruolo dell’agricoltura e
dell’industria sementiera per
l’ottimizzazione della filiera
29) Life cycle analysis of biofuels under
different environmental aspects
227
Allegato 1: Studi considerati nella meta-analisi
30) Evaluation of the comparative
energy, global warming and socioeconomic costs and benefits of biodiesel
31) Biomasse da energia. Filiera
biocombustibili liquidi
32) Greenhouse Gas Balances for
Biomass: Issues for further discussion
Mortimer et al.
2003
Piccioni.
2006
Fehrenbach
2008
228
Allegato 2: Questionario AMC
Allegato 2: Questionario AMC
L’IMPATTO ECONOMICO ED AMBIENTALE
DEI BIOCARBURANTI
RESPONSABILE DELL’UR DI ANCONA: Prof.ssa Adele Finco
QUESTIONARIO RIVOLTO AI POLITICI E AMMINISTRATORI DELLA REGIONE
MARCHE
Il questionario ha lo scopo di conoscere la Vostra opinione nei confronti degli effetti dovuti
all’utilizzo del biodisel rispetto ai combustibili fossili.
Premessa:
Con la ratifica del protocollo di Kyoto, l’Europa ha accettato la sfida di ridurre le emissioni dei gas ad
effetto serra (GHG) associate alla produzione e al consumo di energia. Studi scientifici hanno
dimostrato che la produzione e l’utilizzo dei biocarburanti rispetto ai combustibili fossili, presentano
dei vantaggi in termini ambientali e di efficienza energetica.
In particolare la produzione di biodiesel da colture oleaginose (olio di girasole, colza, soia e olio di
palma importato dalla Malaysia) mostrano una serie di effetti dal punto di vista ambientale:
-
risparmio di emissione dei GHG rispetto ai combustibili fossili;
-
migliore efficienza energetica rispetto ai combustibili fossili, dove per efficienza energetica si
intende il rapporto tra quantità di energia fossile impiegata e quantità di energia emessa
durante il processo produttivo;
-
variazione dell’utilizzo del suolo derivante dall’incremento della destinazione dei terreni a
colture energetiche per la produzione di biodiesel. Il cambio della destinazione del suolo,
come ad esempio la deforestazione o la conversione di prati-pascolo in terreni ad uso
energetico, comporta la perdita di biodiversità, la riduzione degli stock di carbonio e la
riduzione dei terreni a scopo alimentare.
Supponiamo che Lei si trovi nella fase di valutazione per la realizzazione di un impianto di biodiesel
nella regione Marche.
Ai fini della scelta, in una scala da 1 a 5 (1= non importante; 2= poco importante; 3= abbastanza
importante; 4= importante; 5= molto importante), quanto è importante:
229
Allegato 2: Questionario AMC
1. il risparmio di emissioni di GHG derivanti dalla produzione e dall’utilizzo del biodiesel
rispetto alla produzione dei combustibili fossili?
1
3
2
4
5
2. il miglioramento del bilancio energetico derivante dalla produzione e dall’utilizzo di
biodiesel rispetto alla produzione e all’utilizzo combustibili fossili?
1
3
2
4
5
In una scala da 1 a 5 (1= non importante; 2= poco importante; 3= abbastanza importante; 4=
importante; 5= molto importante), quanto pesa:
3. la perdita di biodiversità derivante dal maggiore impiego di terreni destinati alle colture
energetiche per la produzione di biodiesel?
2
1
4
3
5
4. la riduzione dello stock di carbonio derivante dal maggiore impiego di terreni destinati alle
colture energetiche per la produzione di biodiesel?
1
2
3
4
5
3
4
5
5. la sottrazione dei terreni ad uso alimentare?
2
1
Quale tra i seguenti impatti ritiene il più importante ai fini della valutazione per la realizzazione
dell’impianto?
□ emissioni di GHG
□ efficienza energetica
□ cambiamento d’uso del suolo
Sarebbe disposto a promuovere politiche di incentivazione a favore della filiera biodiesel?
□ SI
□ NO
In caso di risposta affermativa, nell’ambito delle risorse finanziarie destinate alle energie rinnovabili,
quale percentuale destinerebbe alla filiera del biodisel?
_______________________ (%)
GRAZIE PER LA COLLABORAZIONE
230
Appendice 1: Test di stazionarietà
Appendice 1: Test di stazionarietà
TEST STAZIONARIETA’ BIODIESEL
allocate 0 270
open data C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Brasile 2014
data(org=obs,format=xls)
log biodiesel / Ipreco
sou C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Rats\WinRATS6.2\erstest.src
@ersdetrend(det=1) Ipreco 2 270 yd dy ut rhot
@ADFAutoSelect(crit=maic,print) yd
@ERSTEST(print,lag=4) yd
Information Criteria for ADF Lag Lengths, Series YD
Lags AIC
BIC
HQ
MAIC
0 -6.854 -6.827 -6.843 92.074
1 -6.992 -6.952 -6.976 29.895
2 -7.036 -6.982 -7.014 10.818
3 -7.038 -6.971 -7.011 4.427
4 -7.037 -6.956 -7.004 0.414*
5 -7.042 -6.947 -7.004 5.809
6 -7.031 -6.922 -6.987 7.218
7 -7.243 -7.120 -7.194 15.597
8 -7.345 -7.208 -7.290 12.442
9 -7.404 -7.253* -7.343* 15.611
10 -7.409* -7.244 -7.342 27.224
11 -7.402 -7.223 -7.330 35.586
12 -7.399 -7.205 -7.321 38.617
13 -7.392 -7.184 -7.309 41.439
231
Appendice 1: Test di stazionarietà
14 -7.384 -7.161 -7.294 49.957
15 -7.374 -7.137 -7.279 57.792
---------------------------------------------------------------------------------DF-GLS Tests
Dependent Variable YD
Using Data from 2 to 270
Lags = 4
Detrend = constant, z(t)=(1)
Tests for a unit root null. All tests reject null in lower tail
Critical values (asymptotic)
Test Statistic
1%
2.5%
5%
10%
3.26
4.48
Elliott et al (1996 Econometrica)
PT
17.037
DFGLS
-0.553
1.99
-2.58
2.55
-2.23
-1.95
-1.62
Elliott (IER 1999)
QT
DFGLSu
32.657
-0.604
3.06
-3.28
3.80
-2.98
4.65
-2.73
5.94
-2.46
---------------------------------------------------------------------------------SERIE NON STAZIONARIA
232
Appendice 1: Test di stazionarietà
TEST STAZIONARIETA’ DIESEL
allocate 0 270
open data C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Brasile 2014
data(org=obs,format=xls)
log diesel / Ipreco
sou C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Rats\WinRATS6.2\erstest.src
@ersdetrend(det=1) Ipreco 2 270 yd dy ut rhot
@ADFAutoSelect(crit=maic,print) yd
@ERSTEST(print,lag=0) yd
Information Criteria for ADF Lag Lengths, Series YD
Lags AIC
BIC
HQ
MAIC
0 -6.380 -6.354 -6.370 -6.307*
1 -6.454* -6.413* -6.437* -6.290
2 -6.444 -6.390 -6.422 -6.289
3 -6.440 -6.373 -6.413 -6.248
4 -6.429 -6.348 -6.397 -6.246
5 -6.428 -6.333 -6.390 -6.240
6 -6.440 -6.331 -6.396 -6.179
7 -6.431 -6.308 -6.382 -6.137
8 -6.432 -6.295 -6.377 -6.060
9 -6.432 -6.281 -6.372 -5.972
10 -6.433 -6.268 -6.367 -5.865
11 -6.433 -6.253 -6.361 -5.735
12 -6.421 -6.227 -6.343 -5.724
13 -6.424 -6.216 -6.340 -5.710
14 -6.412 -6.190 -6.323 -5.724
15 -6.415 -6.178 -6.320 -5.878
----------------------------------------------------------------------------------
233
Appendice 1: Test di stazionarietà
DF-GLS Tests
Dependent Variable YD
Using Data from 2 to 270
Lags = 0
Detrend = constant, z(t)=(1)
Tests for a unit root null. All tests reject null in lower tail
Critical values (asymptotic)
Test Statistic
1%
2.5%
5%
10%
Elliott et al (1996 Econometrica)
PT
DFGLS
9.795
-1.041
1.99
-2.58
2.55
-2.23
3.26
-1.95
4.48
-1.62
Elliott (IER 1999)
QT
DFGLSu
19.534
-1.048
3.06
-3.28
3.80
-2.98
4.65
-2.73
5.94
-2.46
---------------------------------------------------------------------------------SERIE NON STAZIONARIA
234
Appendice 1: Test di stazionarietà
TEST STAZIONARIETA’ OLIO DI COLZA
allocate 0 270
open data C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Brasile 2014
data(org=obs,format=xls)
log oliodicolza / Ipreco
sou C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Rats\WinRATS6.2\erstest.src
@ersdetrend(det=1) Ipreco 2 270 yd dy ut rhot
@ADFAutoSelect(crit=maic,print) yd
@ERSTEST(print,lag=2) yd
Information Criteria for ADF Lag Lengths, Series YD
Lags AIC
BIC
HQ
MAIC
0 -6.598 -6.571* -6.587 17.228
1 -6.610 -6.570 -6.594 10.909
2 -6.602 -6.548 -6.580 9.259*
3 -6.602 -6.535 -6.575 11.894
4 -6.591 -6.510 -6.558 12.462
5 -6.581 -6.486 -6.543 12.437
6 -6.602 -6.493 -6.558 20.787
7 -6.628 -6.506 -6.579 33.687
8 -6.639 -6.502 -6.584 34.001
9 -6.639 -6.488 -6.578 38.190
10 -6.664 -6.499 -6.598 26.562
11 -6.658 -6.479 -6.586 29.923
12 -6.677* -6.483 -6.599* 45.242
13 -6.671 -6.462 -6.587 53.687
14 -6.672 -6.450 -6.583 63.552
15 -6.667 -6.430 -6.572 54.521
235
Appendice 1: Test di stazionarietà
---------------------------------------------------------------------------------DF-GLS Tests
Dependent Variable YD
Using Data from 2 to 270
Lags = 2
Detrend = constant, z(t)=(1)
Tests for a unit root null. All tests reject null in lower tail
Critical values (asymptotic)
Test Statistic
1%
2.5%
5%
10%
3.26
4.48
Elliott et al (1996 Econometrica)
PT
21.685
DFGLS
-0.678
1.99
-2.58
2.55
-2.23
-1.95
-1.62
Elliott (IER 1999)
QT
DFGLSu
19.602
-1.326
3.06
-3.28
3.80
-2.98
4.65
-2.73
5.94
-2.46
---------------------------------------------------------------------------------SERIE NON STAZIONARIA
236
Appendice 1: Test di stazionarietà
TEST STAZIONARIETA’ ETANOLO
allocate 0 311
open data C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Brasile 2014
data(org=obs,format=xls)
log ethanol / Ipreco
sou C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Rats\WinRATS6.2\erstest.src
@ersdetrend(det=1) Ipreco 2 311 yd dy ut rhot
@ADFAutoSelect(crit=maic,print) yd
@ERSTEST(print,lag=2) yd
Information Criteria for ADF Lag Lengths, Series YD
Lags AIC
BIC
HQ
MAIC
0 -6.899 -6.874 -6.889 -6.881
1 -6.907 -6.870 -6.892 -6.891
2 -6.929* -6.880* -6.910* -6.906*
3 -6.920 -6.859 -6.896 -6.896
4 -6.914 -6.841 -6.885 -6.890
5 -6.907 -6.821 -6.873 -6.883
6 -6.902 -6.804 -6.862 -6.874
7 -6.894 -6.783 -6.850 -6.869
8 -6.896 -6.773 -6.847 -6.865
9 -6.889 -6.753 -6.835 -6.853
10 -6.887 -6.739 -6.828 -6.849
11 -6.878 -6.717 -6.814 -6.842
12 -6.870 -6.696 -6.801 -6.836
13 -6.868 -6.681 -6.793 -6.824
14 -6.874 -6.674 -6.794 -6.816
237
Appendice 1: Test di stazionarietà
15 -6.868 -6.655 -6.783 -6.805
---------------------------------------------------------------------------------DF-GLS Tests
Dependent Variable YD
Using Data from 2 to 311
Lags = 2
Detrend = constant, z(t)=(1)
Tests for a unit root null. All tests reject null in lower tail
Critical values (asymptotic)
Test Statistic
1%
2.5%
5%
10%
3.26
4.48
Elliott et al (1996 Econometrica)
PT
11.710
DFGLS
-0.985
1.99
-2.58
2.55
-2.23
-1.95
-1.62
Elliott (IER 1999)
QT
DFGLSu
10.027
-1.743
3.06
-3.28
3.80
-2.98
4.65
-2.73
5.94
-2.46
---------------------------------------------------------------------------------SERIE NON STAZIONARIA
238
Appendice 1: Test di stazionarietà
TEST DI STAZIONARIETÀ ZUCCHERO
allocate 0 311
open data C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Brasile 2014
data(org=obs,format=xls)
log sugar / Ipreco
sou C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Rats\WinRATS6.2\erstest.src
@ersdetrend(det=1) Ipreco 2 311 yd dy ut rhot
@ADFAutoSelect(crit=maic,print) yd
@ERSTEST(print,lag=0) yd
Information Criteria for ADF Lag Lengths, Series YD
Lags AIC
BIC
HQ
MAIC
0 -6.597 -6.573 -6.588 -4.919*
1 -6.742 -6.706 -6.728 -4.672
2 -6.793* -6.744* -6.774* -3.876
3 -6.784 -6.723 -6.760 -3.915
4 -6.776 -6.703 -6.747 -4.175
5 -6.769 -6.683 -6.735 -3.980
6 -6.774 -6.676 -6.735 -3.435
7 -6.767 -6.657 -6.723 -3.708
8 -6.760 -6.637 -6.711 -3.620
9 -6.760 -6.624 -6.706 -3.957
10 -6.755 -6.606 -6.695 -4.004
11 -6.745 -6.584 -6.680 -4.001
12 -6.735 -6.561 -6.666 -4.080
13 -6.730 -6.543 -6.655 -3.660
239
Appendice 1: Test di stazionarietà
14 -6.720 -6.521 -6.640 -3.547
15 -6.716 -6.503 -6.631 -4.002
---------------------------------------------------------------------------------DF-GLS Tests
Dependent Variable YD
Using Data from 2 to 311
Lags = 0
Detrend = constant, z(t)=(1)
Tests for a unit root null. All tests reject null in lower tail
Critical values (asymptotic)
Test Statistic
1%
2.5%
5%
10%
3.26
4.48
Elliott et al (1996 Econometrica)
PT
60.899
DFGLS
-0.269
1.99
-2.58
2.55
-2.23
-1.95
-1.62
Elliott (IER 1999)
QT
DFGLSu
40.073
-1.619
3.06
-3.28
3.80
-2.98
4.65
-2.73
5.94
-2.46
----------------------------------------------------------------------------------
SERIE NON STAZIONARIA
240
Appendice 1: Test di stazionarietà
TEST DI STAZIONARIETÀ GASOLINA
allocate 0 311
open data C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Brasile 2014
data(org=obs,format=xls)
log gasolina / Ipreco
sou C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Rats\WinRATS6.2\erstest.src
@ersdetrend(det=1) Ipreco 2 311 yd dy ut rhot
@ADFAutoSelect(crit=maic,print) yd
@ERSTEST(print,lag=1) yd
Information Criteria for ADF Lag Lengths, Series YD
Lags AIC
BIC
HQ
MAIC
0 -7.321 -7.297* -7.311 -7.185
1 -7.329 -7.292 -7.314* -7.230*
2 -7.329* -7.280 -7.309 -7.209
3 -7.328 -7.267 -7.303 -7.178
4 -7.325 -7.252 -7.296 -7.152
5 -7.317 -7.231 -7.282 -7.145
6 -7.318 -7.220 -7.279 -7.095
7 -7.308 -7.198 -7.264 -7.085
8 -7.319 -7.196 -7.270 -7.009
9 -7.321 -7.185 -7.266 -6.928
10 -7.313 -7.165 -7.254 -6.924
11 -7.304 -7.143 -7.240 -6.941
12 -7.297 -7.123 -7.227 -6.961
13 -7.288 -7.101 -7.213 -6.935
241
Appendice 1: Test di stazionarietà
14 -7.284 -7.084 -7.204 -6.865
15 -7.281 -7.068 -7.196 -6.802
---------------------------------------------------------------------------------DF-GLS Tests
Dependent Variable YD
Using Data from 2 to 311
Lags = 1
Detrend = constant, z(t)=(1)
Tests for a unit root null. All tests reject null in lower tail
Critical values (asymptotic)
Test Statistic
1%
2.5%
5%
10%
Elliott et al (1996 Econometrica)
PT
DFGLS
4.939
-1.541
1.99
-2.58
2.55
-2.23
3.26
-1.95
4.48
-1.62
Elliott (IER 1999)
QT
DFGLSu
9.836
-1.553
3.06
-3.28
3.80
-2.98
4.65
-2.73
5.94
-2.46
----------------------------------------------------------------------------------
SERIE NON STAZIONARIA
242
Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a correzione di errore
(VECM)
Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a
correzione di errore (VECM)
RISULTATI BIODIESEL DATABASE
allocate 0 270
open data C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Brasile 2014
data(org=obs,format=xls)
log biodiesel / lbiodiesel
log diesel / ldiesel
log oliodicolza / loliodicolza
sou C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Rats\WinRATS6.2\erstest.src
@cats(proc=I1,lags=2,dettrend=cimean)
# lbiodiesel loliodicolza ldiesel
CATS for RATS version 2 - 06/06/2014 20:12
MODEL SUMMARY
Sample:
1 to 270 (270 observations)
Effective Sample:
3 to 270 (268 observations)
Obs. - No. of variables:
261
System variables:
LBIODIESEL LOLIODICOLZA LDIESEL
Constant/Trend:
Restricted Constant
Lags in VAR:
2
I(2) analysis not available for the specified model.
243
Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a correzione di errore
(VECM)
The unrestricted estimates:
BETA(transposed)
LBIODIESEL LOLIODICOLZA LDIESEL CONSTANT
Beta(1) -13.164
6.996 0.597 44.129
Beta(2)
5.367
8.144 -8.320 -87.706
Beta(3)
-4.685
-0.683 -1.098 38.955
ALPHA
Alpha(1) Alpha(2) Alpha(3)
DLBIOD 0.007 -0.003 -0.000
(3.952) (-1.502) (-0.201)
DLOLIO 0.001 -0.002 0.005
(0.413) (-0.952) (2.197)
DLDIES 0.005 0.005 0.002
(2.211) (2.406) (1.117)
PI
LBIODIESEL LOLIODICOLZA LDIESEL CONSTANT
DLBIOD -0.103
(-3.951)
(1.446) (1.792) (2.824)
DLOLIO -0.045
(-1.392)
DLDIES -0.048
(-1.431)
0.027 0.026 0.519
-0.014 0.013 0.408
(-0.591) (0.684) (1.773)
0.077 -0.045 -0.156
(3.188) (-2.368) (-0.662)
Log-Likelihood = 2749.359
244
Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a correzione di errore
(VECM)
LAG LENGTH DETERMINATION
Effective Sample: 6 to 270
MODEL SUMMARY
Model k T Regr Log-Lik SC
H-Q LM(1) LM(k)
VAR(5) 5 265 16 2760.107 -19.820 -20.208 0.795 0.609
VAR(4) 4 265 13 2751.714 -19.946 -20.262 0.075 0.029
VAR(3) 3 265 10 2736.176 -20.019 -20.261 0.000 0.000
VAR(2) 2 265 7 2716.216 -20.058 -20.227 0.000 0.000
VAR(1) 1 265 4 2665.738 -19.866 -19.963 0.000 0.000
Lag Reduction Tests:
VAR(4) << VAR(5) : ChiSqr(9) = 16.785 [0.052]
VAR(3) << VAR(5) : ChiSqr(18) = 47.862 [0.000]
VAR(3) << VAR(4) : ChiSqr(9) = 31.077 [0.000]
VAR(2) << VAR(5) : ChiSqr(27) = 87.781 [0.000]
VAR(2) << VAR(4) : ChiSqr(18) = 70.995 [0.000]
VAR(2) << VAR(3) : ChiSqr(9) = 39.919 [0.000]
VAR(1) << VAR(5) : ChiSqr(36) = 188.738 [0.000]
VAR(1) << VAR(4) : ChiSqr(27) = 171.953 [0.000]
VAR(1) << VAR(3) : ChiSqr(18) = 140.876 [0.000]
VAR(1) << VAR(2) : ChiSqr(9) = 100.957 [0.000]
SC : Schwarz Criterion
H-Q : Hannan-Quinn Criterion
LM(k): LM-Test for autocorrelation of order k
245
Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a correzione di errore
(VECM)
I(1)-ANALYSIS
p-r r Eig.Value Trace Trace* Frac95 P-Value P-Value*
3 0
0.069 35.272 34.708 35.070 0.047 0.055
2 1
0.040 16.215 14.645 20.164 0.167 0.253
1 2
0.019 5.252 4.813 9.142 0.266 0.315
RE-NORMALIZATION OF THE EIGENVECTORS:
THE EIGENVECTOR(s)(transposed)
LBIODIESEL LOLIODICOLZA LDIESEL CONSTANT
Beta(1) -13.164
6.996 0.597 44.129
THE MATRICES BASED ON 1 COINTEGRATING VECTOR:
BETA(transposed)
LBIODIESEL LOLIODICOLZA LDIESEL CONSTANT
Beta(1)
1.000
(.NA)
-0.531 -0.045 -3.352
(-2.934) (-0.338) (-2.878)
ALPHA
Alpha(1)
DLBIOD -0.090
(-3.935)
DLOLIO -0.012
(-0.409)
246
Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a correzione di errore
(VECM)
DLDIES -0.065
(-2.183)
PI
LBIODIESEL LOLIODICOLZA LDIESEL CONSTANT
DLBIOD -0.090
(-3.935)
DLOLIO -0.012
(-0.409)
DLDIES -0.065
(-2.183)
0.048 0.004 0.303
(3.935) (3.935) (3.935)
0.006 0.001 0.040
(0.409) (0.409) (0.409)
0.035 0.003 0.218
(2.183) (2.183) (2.183)
Log-Likelihood = 2741.252
247
Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a correzione di errore
(VECM)
RISULTATI ETANOLO DATABASE
allocate 0 311
open data C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Brasile 2014
data(org=obs,format=xls)
log sugar / lsugar
log gasolina / lgasolina
log ethanol / lethanol
sou C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Rats\WinRATS6.2\erstest.src
@cats(proc=I1,lags=1,dettrend=cimean)
# lethanol lsugar lgasolina
CATS for RATS version 2 - 06/09/2014 16:32
MODEL SUMMARY
Sample:
1 to 311 (311 observations)
Effective Sample:
2 to 311 (310 observations)
Obs. - No. of variables:
306
System variables:
LETHANOL LSUGAR LGASOLINA
Constant/Trend:
Restricted Constant
Lags in VAR:
1
I(2) analysis not available for the specified model.
The unrestricted estimates:
BETA(transposed)
LETHANOL LSUGAR LGASOLINA CONSTANT
Beta(1) -9.022 1.705
6.308 -8.704
Beta(2) -3.334 -0.878
12.994 -1.454
Beta(3) 4.033 -3.915
-1.997 13.987
248
Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a correzione di errore
(VECM)
ALPHA
Alpha(1) Alpha(2) Alpha(3)
DLETHA 0.004 -0.002 -0.003
(2.481) (-1.249) (-1.549)
DLSUGA 0.008 -0.003
0.000
(3.808) (-1.616) (0.129)
DLGASO 0.001 -0.003 -0.002
(0.936) (-2.240) (-1.060)
PI
LETHANOL LSUGAR LGASOLINA CONSTANT
DLETHA -0.043 0.020
0.004 -0.073
(-2.346) (2.613) (0.173) (-2.506)
DLSUGA -0.058 0.015
0.006 -0.059
(-2.727) (1.699) (0.189) (-1.753)
DLGASO -0.008 0.011
-0.030 -0.028
(-0.504) (1.769) (-1.446) (-1.192)
Log-Likelihood = 3540.531
LAG LENGTH DETERMINATION
Effective Sample: 6 to 311
MODEL SUMMARY
Model k T Regr Log-Lik
SC
H-Q LM(1) LM(k)
VAR(5) 5 306 16 3660.613 -23.028 -23.378 0.028 0.001
VAR(4) 4 306 13 3654.717 -23.158 -23.442 0.927 0.162
VAR(3) 3 306 10 3649.298 -23.290 -23.510 0.360 0.283
VAR(2) 2 306
7 3643.507 -23.421 -23.574 0.270 0.284
VAR(1) 1 306
4 3506.281 -22.692 -22.780 0.000 0.000
249
Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a correzione di errore
(VECM)
Lag Reduction Tests:
VAR(4) << VAR(5) : ChiSqr(9) = 11.791 [0.225]
VAR(3) << VAR(5) : ChiSqr(18) = 22.630 [0.205]
VAR(3) << VAR(4) : ChiSqr(9) = 10.839 [0.287]
VAR(2) << VAR(5) : ChiSqr(27) = 34.212 [0.160]
VAR(2) << VAR(4) : ChiSqr(18) = 22.421 [0.214]
VAR(2) << VAR(3) : ChiSqr(9) = 11.582 [0.238]
VAR(1) << VAR(5) : ChiSqr(36) = 308.664 [0.000]
VAR(1) << VAR(4) : ChiSqr(27) = 296.873 [0.000]
VAR(1) << VAR(3) : ChiSqr(18) = 286.034 [0.000]
VAR(1) << VAR(2) : ChiSqr(9) = 274.452 [0.000]
SC : Schwarz Criterion
H-Q : Hannan-Quinn Criterion
LM(k): LM-Test for autocorrelation of order k
I(1)-ANALYSIS
p-r r Eig.Value Trace Trace* Frac95 P-Value P-Value*
3 0
0.070 34.059 33.911 35.070 0.065
0.067
2 1
0.022 11.514 11.484 20.164 0.502
0.504
1 2
0.015 4.651 4.647 9.142 0.335
0.336
RE-NORMALIZATION OF THE EIGENVECTORS:
THE EIGENVECTOR(s)(transposed)
LETHANOL LSUGAR LGASOLINA CONSTANT
Beta(1) -9.022 1.705
6.308 -8.704
250
Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a correzione di errore
(VECM)
THE MATRICES BASED ON 1 COINTEGRATING VECTOR:
BETA(transposed)
LETHANOL LSUGAR LGASOLINA CONSTANT
Beta(1) 1.000 -0.189
-0.699
0.965
(.NA) (-2.381) (-2.959) (4.339)
ALPHA
Alpha(1)
DLETHA -0.040
(-2.465)
DLSUGA -0.070
(-3.792)
DLGASO -0.012
(-0.927)
PI
LETHANOL LSUGAR LGASOLINA CONSTANT
DLETHA -0.040 0.007
0.028 -0.038
(-2.465) (2.465) (2.465) (-2.465)
DLSUGA -0.070 0.013
0.049 -0.068
(-3.792) (3.792) (3.792) (-3.792)
DLGASO -0.012 0.002
0.009 -0.012
(-0.927) (0.927) (0.927) (-0.927)
Log-Likelihood = 3534.774
251
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi
d’impulso e decomposizione della varianza
RISULTATI BIODIESEL DATABASE
allocate 0 270
open data C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Brasile 2014
data(org=obs,format=xls)
set trend = t
log biodiesel / lbiodiesel
dif lbiodiesel / dlbiodiesel
log diesel / ldiesel
dif ldiesel / dldiesel
log oliodicolza / loliodicolza
dif loliodicolza / dloliodicolza
set r1 = 1.00*lbiodiesel(t-1)-0.531*loliodicolza(t-1)-0.045*ldiesel(t-1)-3.352
system(model=chap2)
lags 1 to 2
variables dlbiodiesel dloliodicolza dldiesel
det constant r1
end(system)
estimate(outsigma=V)
declare rect pattern(3,3)
nonlin A B C
DEC FRML[RECT] AFRML
FRML AFRML = ||1.0,-a,-b| $
252
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza
-c,1.0,0| $
0,0,1.0||
COMPUTE A=B=C=0.0
CVMODEL(ITERS=100,METHOD=BFGS,TRACE,FACTOR=AFACTOR) %SIGMA AFRML
errors(impulse,MODEL=CHAP2,DEC=AFACTOR) * 12
VAR/System - Estimation by Least Squares
Dependent Variable DLBIODIESEL effetto su biodiesel
Usable Observations 267
Degrees of Freedom 259
Mean of Dependent Variable
0.0006447063
Std Error of Dependent Variable 0.0325796947
Standard Error of Estimate
0.0278494257
Sum of Squared Residuals
0.2008779424
Durbin-Watson Statistic
Variable
2.098375
Coeff
Std Error
T-Stat
Signif
***************************************************************************
****
1. DLBIODIESEL{1}
-0.485359812 0.059307778
-8.18375 0.00000000
2. DLBIODIESEL{2}
-0.271855786 0.058316796
-4.66171 0.00000502
3. DLOLIODICOLZA{1}
-0.029950453 0.050968047
-0.58763 0.55729133
4. DLOLIODICOLZA{2}
-0.025385391 0.052293652
-0.48544 0.62777518
5. DLDIESEL{1}
0.121060231 0.048228291
2.51015 0.01267835
6. DLDIESEL{2}
0.055696869 0.045099183
1.23499 0.21795480
7. Constant
8. R1
0.000273058 0.001715655
-0.089713231 0.023507101
0.15916 0.87366938
-3.81643 0.00016941
253
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza
F-Tests, Dependent Variable DLBIODIESEL
Variable
F-Statistic
DLBIODIESEL
Signif
34.4791
DLOLIODICOLZA
0.0000000
0.2305
DLDIESEL
4.4367
0.7942920
0.0127474
Dependent Variable DLOLIODICOLZA
Usable Observations 267
Degrees of Freedom 259
Mean of Dependent Variable
-0.000695815
Std Error of Dependent Variable 0.036748985
Standard Error of Estimate
0.035402960
Sum of Squared Residuals
0.3246227268
Durbin-Watson Statistic
Variable
1.927655
Coeff
Std Error
T-Stat
Signif
***************************************************************************
****
1. DLBIODIESEL{1}
0.037649714 0.075393689
0.49937 0.61793923
2. DLBIODIESEL{2}
-0.253541506 0.074133924
-3.42005 0.00072724
3. DLOLIODICOLZA{1}
-0.159985443 0.064791992
-2.46922 0.01418661
4. DLOLIODICOLZA{2}
-0.095362294 0.066477137
-1.43451 0.15263234
5. DLDIESEL{1}
0.141732711 0.061309138
2.31177 0.02157533
6. DLDIESEL{2}
-0.000809224 0.057331329
-0.01411 0.98874921
7. Constant
8. R1
-0.001093518 0.002180988
-0.028433024 0.029882877
-0.50139 0.61652483
-0.95148 0.34224674
254
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza
F-Tests, Dependent Variable DLOLIODICOLZA
Variable
F-Statistic
DLBIODIESEL
Signif
8.0503
DLOLIODICOLZA
0.0004057
3.3693
DLDIESEL
2.7215
0.0359292
0.0676588
Dependent Variable DLDIESEL
Usable Observations 267
Degrees of Freedom 259
Mean of Dependent Variable
0.0009055043
Std Error of Dependent Variable 0.0410575511
Standard Error of Estimate
0.0368829575
Sum of Squared Residuals
0.3523313114
Durbin-Watson Statistic
Variable
1.983857
Coeff
Std Error
T-Stat
Signif
***************************************************************************
****
1. DLBIODIESEL{1}
-0.007283793 0.078545471
-0.09273 0.92618701
2. DLBIODIESEL{2}
-0.207552938 0.077233044
-2.68736 0.00766833
3. DLOLIODICOLZA{1}
0.364209677 0.067500578
5.39565 0.00000015
4. DLOLIODICOLZA{2}
0.113100306 0.069256169
1.63307 0.10366892
5. DLDIESEL{1}
0.153124567 0.063872126
2.39736 0.01722249
6. DLDIESEL{2}
-0.068501295 0.059728026
-1.14689 0.25248673
7. Constant
8. R1
0.000894939 0.002272163
-0.066917734 0.031132111
0.39387 0.69400041
-2.14948 0.03252322
F-Tests, Dependent Variable DLDIESEL
255
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza
Variable
F-Statistic
DLBIODIESEL
4.2340
DLOLIODICOLZA
Signif
0.0155097
14.5749
DLDIESEL
3.2081
0.0000010
0.0420445
Non-Linear Optimization, Iteration 1. Function Calls 10.
Cosine of Angle between Direction and Gradient 1.0000000. Alpha used was 0.000000
Adjusted squared norm of gradient 801.68
Diagnostic measure (0=perfect) 0.3000
Subiterations 10. Distance scale 0.001953125
Old Function = 2741.433008
New Function = 2742.015923
New Coefficients:
0.045180
0.015340
0.027958
Non-Linear Optimization, Iteration 2. Function Calls 14.
Cosine of Angle between Direction and Gradient 0.3298993. Alpha used was 0.000000
Adjusted squared norm of gradient 38.07033
Diagnostic measure (0=perfect) 0.4800
Subiterations 4. Distance scale 0.003906250
Old Function = 2742.015923
New Function = 2742.021351
New Coefficients:
0.046536
0.006254
0.032533
Non-Linear Optimization, Iteration 3. Function Calls 15.
Cosine of Angle between Direction and Gradient 0.0883850. Alpha used was 0.000000
Adjusted squared norm of gradient 21.13471
256
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza
Diagnostic measure (0=perfect) 0.5880
Subiterations 1. Distance scale 0.062500000
Old Function = 2742.021351
New Function = 2742.044712
New Coefficients:
0.029757
0.010411
0.056821
Non-Linear Optimization, Iteration 4. Function Calls 16.
Cosine of Angle between Direction and Gradient 0.6020988. Alpha used was 0.000000
Adjusted squared norm of gradient 0.2078132
Diagnostic measure (0=perfect) 0.3528
Subiterations 1. Distance scale 1.000000000
Old Function = 2742.044712
New Function = 2742.101379
New Coefficients:
0.006209
0.013956
0.067908
Non-Linear Optimization, Iteration 5. Function Calls 17.
Cosine of Angle between Direction and Gradient 0.0967396. Alpha used was 0.000000
Adjusted squared norm of gradient 0.005490518
Diagnostic measure (0=perfect) 0.2117
Subiterations 1. Distance scale 1.000000000
Old Function = 2742.101379
New Function = 2742.101463
New Coefficients:
0.005281
0.014149
0.068327
Non-Linear Optimization, Iteration 6. Function Calls 18.
Cosine of Angle between Direction and Gradient 0.0005104. Alpha used was 0.000000
Adjusted squared norm of gradient 0.008393155
257
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza
Diagnostic measure (0=perfect) 0.8270
Subiterations 1. Distance scale 1.000000000
Old Function = 2742.101463
New Function = 2742.101463
New Coefficients:
0.005276
0.014150
0.068330
Covariance Model-Concentrated Likelihood - Estimation by BFGS
Convergence in
Observations
Log Likelihood
6 Iterations. Final criterion was 0.0000058 < 0.0000100
267
2742.10146262
Log Likelihood Unrestricted
Variable
Coeff
2752.91058561
Std Error
T-Stat
Signif
***************************************************************************
****
1. A
0.0052756366 0.0728696998
0.07240 0.94228500
2. B
0.0141500796 0.0461538322
0.30659 0.75915916
3. C
0.0683296480 0.0382170997
1.78793 0.07378667
Responses to Shock in DLBIODIESEL
Entry
DLBIODIESEL DLOLIODICOLZA DLDIESEL
1 0.02742134 0.00187369 0.00000000
2 -0.01336534 0.00073264 0.00048268
3 -0.00097873 -0.00768313 -0.00504137
4 0.00373657 0.00379622 -0.00073929
258
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza
5 -0.00183645 0.00041347 0.00092172
6 -0.00016281 -0.00131345 0.00000956
7 0.00065961 0.00063080 -0.00011093
8 -0.00027433 0.00007472 0.00009254
9 -0.00005939 -0.00023647 -0.00001458
10 0.00011198 0.00009588 -0.00002887
11 -0.00003938 0.00002240 0.00001627
12 -0.00001407 -0.00004027 0.00000052
Responses to Shock in DLOLIODICOLZA
Entry
DLBIODIESEL DLOLIODICOLZA DLDIESEL
1 0.00018361 0.03480364 0.00000000
2 -0.00113150 -0.00556116 0.01267449
3 0.00131670 -0.00072201 0.00382178
4 0.00099992 0.00151371 -0.00094969
5 -0.00077239 -0.00060720 -0.00021814
6 0.00000351 -0.00035996 -0.00022021
7 0.00019566 0.00028042 -0.00005827
8 -0.00011450 -0.00001214 0.00006543
9 0.00000030 -0.00006940 0.00000153
10 0.00003720 0.00004147 -0.00000713
11 -0.00001839 0.00000030 0.00000572
12 -0.00000195 -0.00001331 -0.00000142
259
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza
Responses to Shock in DLDIESEL
Entry
DLBIODIESEL DLOLIODICOLZA DLDIESEL
1 0.00051420 0.00003514 0.03632620
2 0.00414703 0.00516235 0.00557149
3 0.00038964 -0.00004322 0.00011196
4 -0.00112240 -0.00151079 -0.00065996
5 0.00041153 0.00001115 -0.00073656
6 0.00001748 0.00033850 -0.00000443
7 -0.00017234 -0.00015893 0.00008878
8 0.00008556 -0.00000519 -0.00000808
9 0.00001348 0.00006169 0.00000796
10 -0.00003101 -0.00002943 0.00000580
11 0.00001184 -0.00000495 -0.00000597
12 0.00000318 0.00001105 -0.00000009
Decomposition of Variance for Series DLBIODIESEL
Step
Std Error DLBIODIESEL DLOLIODICOLZA DLDIESEL
1 0.02742678
99.960
0.004 0.035
2 0.03081134
98.022
0.138 1.839
3 0.03085745
97.830
0.320 1.850
4 0.03111918
97.633
0.418 1.949
5 0.03118561
97.564
0.478 1.958
6 0.03118604
97.564
0.478 1.958
7 0.03119410
97.559
0.481 1.960
8 0.03119564
97.557
0.483 1.961
260
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza
9 0.03119569
97.557
0.483 1.961
10 0.03119593
97.557
0.483 1.961
11 0.03119597
97.557
0.483 1.961
12 0.03119597
97.557
0.483 1.961
Decomposition of Variance for Series DLOLIODICOLZA
Step
Std Error DLBIODIESEL DLOLIODICOLZA DLDIESEL
1 0.03485406
0.289
99.711 0.000
2 0.03567799
0.318
97.588 2.094
3 0.03650305
4.734
93.266 2.000
4 0.03676218
5.734
92.125 2.141
5 0.03676952
5.744
92.116 2.140
6 0.03679629
5.863
91.991 2.146
7 0.03680310
5.890
91.963 2.147
8 0.03680318
5.891
91.963 2.147
9 0.03680406
5.895
91.959 2.147
10 0.03680422
5.895
91.958 2.147
11 0.03680423
5.895
91.958 2.147
12 0.03680425
5.895
91.958 2.147
Decomposition of Variance for Series DLDIESEL
Step
Std Error DLBIODIESEL DLOLIODICOLZA DLDIESEL
1 0.03632620
0.000
0.000 100.000
2 0.03887814
0.015
10.628 89.357
3 0.03938964
1.653
11.295 87.052
4 0.03941355
1.686
11.339 86.974
5 0.03943181
1.739
11.332 86.929
261
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza
6 0.03943243
1.739
11.335 86.926
7 0.03943272
1.740
11.335 86.925
8 0.03943289
1.741
11.335 86.924
9 0.03943289
1.741
11.335 86.924
10 0.03943290
1.741
11.335 86.924
11 0.03943291
1.741
11.335 86.924
12 0.03943291
1.741
11.335 86.924
262
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza
RISULTATI ETANOLO
allocate 0 311
open data C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Brasile 2014
data(org=obs,format=xls)
set trend = t
log ethanol / lethanol
dif lethanol / dlethanol
log sugar / lsugar
dif lsugar / dlsugar
log gasolina / lgasolina
dif lgasolina / dlgasolina
set r1 = 1.00*lethanol(t-1)-0.189*lsugar(t-1)-0.699*lgasolina(t-1)-0.965
system(model=chap2)
lags 1 to 2
variables dlethanol dlsugar dlgasolina
det constant r1
end(system)
estimate(outsigma=V)
declare rect pattern(3,3)
nonlin A B
DEC FRML[RECT] AFRML
FRML AFRML = ||1.0,-a,-b| $
0,1.0,0| $
0,0,1.0||
COMPUTE A=B=0.0
CVMODEL(ITERS=100,METHOD=BFGS,TRACE,FACTOR=AFACTOR)
%SIGMA AFRML
errors(impulse,MODEL=CHAP2,DEC=AFACTOR) * 12
VAR/System - Estimation by Least Squares
Dependent Variable DLETHANOL
263
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza
Usable Observations
308
Degrees of Freedom 300
Mean of Dependent Variable
0.0006310278
Std Error of Dependent Variable 0.0316130434
Standard Error of Estimate
0.0288395243
Sum of Squared Residuals
0.2495154491
Durbin-Watson Statistic
Variable
1.997408
Coeff
Std Error
T-Stat
Signif
********************************************************************
***********
1. DLETHANOL{1}
0.629745789 0.127474481
4.94017 0.00000130
2. DLETHANOL{2}
-0.072734069 0.126627266
-0.57440 0.56613097
3. DLSUGAR{1}
0.203860439 0.076321332
2.67108 0.00797342
4. DLSUGAR{2}
-0.027945152 0.077855993
-0.35893 0.71989705
5. DLGASOLINA{1}
-0.984150799 0.150255447
-6.54985 0.00000000
6. DLGASOLINA{2}
0.201524955 0.155407945
1.29675 0.19571437
7. Constant
8. R1
-0.046701003 0.032144414
-0.023626272 0.016364370
-1.45285 0.14731063
-1.44376 0.14984911
F-Tests, Dependent Variable DLETHANOL
Variable
F-Statistic
DLETHANOL
DLSUGAR
Signif
16.0332
4.5974
DLGASOLINA
0.0000002
0.0107986
23.6452
0.0000000
Dependent Variable DLSUGAR
Usable Observations
308
Mean of Dependent Variable
Degrees of Freedom 300
0.0017919091
Std Error of Dependent Variable 0.0370051596
Standard Error of Estimate
Sum of Squared Residuals
Durbin-Watson Statistic
0.0303994805
0.2772385253
1.993876
264
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza
Variable
Coeff
Std Error
T-Stat
Signif
********************************************************************
***********
1. DLETHANOL{1}
0.062530281 0.134369693
0.46536 0.64201130
2. DLETHANOL{2}
-0.068042416 0.133476650
-0.50977 0.61058728
3. DLSUGAR{1}
0.698789084 0.080449623
8.68605 0.00000000
4. DLSUGAR{2}
0.015239187 0.082067295
0.18569 0.85281229
5. DLGASOLINA{1}
-0.816624500 0.158382901
-5.15601 0.00000046
6. DLGASOLINA{2}
0.192024323 0.163814102
1.17221 0.24204328
7. Constant
-0.055407635 0.033883134
8. R1
-0.028448167 0.017249534
-1.63526 0.10304392
-1.64921 0.10015054
F-Tests, Dependent Variable DLSUGAR
Variable
F-Statistic
DLETHANOL
DLSUGAR
Signif
0.1521
0.8589550
57.6950
DLGASOLINA
0.0000000
14.3828
0.0000011
Dependent Variable DLGASOLINA
Usable Observations
308
Degrees of Freedom 300
Mean of Dependent Variable
-0.000274126
Std Error of Dependent Variable 0.025772118
Standard Error of Estimate
0.025459127
Sum of Squared Residuals
0.1944501452
Durbin-Watson Statistic
Variable
2.004087
Coeff
Std Error
T-Stat
Signif
********************************************************************
***********
1. DLETHANOL{1}
0.019100241 0.112532682
0.16973 0.86533639
2. DLETHANOL{2}
0.021919509 0.111784772
0.19609 0.84467505
3. DLSUGAR{1}
0.152701008 0.067375400
2.26642 0.02413766
4. DLSUGAR{2}
-0.066079091 0.068730178
-0.96143 0.33711146
265
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza
5. DLGASOLINA{1}
-0.284503230 0.132643398
-2.14487 0.03276591
6. DLGASOLINA{2}
0.101722532 0.137191951
0.74146 0.45899377
7. Constant
-0.017382328 0.028376637
8. R1
-0.008592082 0.014446236
-0.61256 0.54063286
-0.59476 0.55245042
F-Tests, Dependent Variable DLGASOLINA
Variable
F-Statistic
DLETHANOL
Signif
0.0788
DLSUGAR
0.9242582
2.6546
DLGASOLINA
0.0719757
2.3531
0.0968237
Non-Linear Optimization, Iteration 1. Function Calls 11.
Cosine of Angle between Direction and Gradient
1.0000000. Alpha used was
0.000000
Adjusted squared norm of gradient 106192.9
Diagnostic measure (0=perfect) 0.3000
Subiterations 11. Distance scale 0.001953125
Old Function = 3310.844507
New Function = 3503.570044
New Coefficients:
0.421315
0.477062
Non-Linear Optimization, Iteration 2. Function Calls 16.
Cosine of Angle between Direction and Gradient
0.9823874. Alpha used was
0.000000
Adjusted squared norm of gradient 35376.17
Diagnostic measure (0=perfect) 0.4800
Subiterations 5. Distance scale 0.001953125
Old Function = 3503.570044
New Function = 3531.732929
New Coefficients:
0.289439
0.952580
Non-Linear Optimization, Iteration 3. Function Calls 20.
266
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza
Cosine of Angle between Direction and Gradient
0.6245778. Alpha used was
0.000000
Adjusted squared norm of gradient 356.607
Diagnostic measure (0=perfect) 0.2880
Subiterations 4. Distance scale 0.250000000
Old Function = 3531.732929
New Function = 3554.551690
New Coefficients:
0.169757
0.999098
Non-Linear Optimization, Iteration 4. Function Calls 21.
Cosine of Angle between Direction and Gradient
0.9998679. Alpha used was
0.000000
Adjusted squared norm of gradient 101.1843
Diagnostic measure (0=perfect) 0.1728
Subiterations 1. Distance scale 1.000000000
Old Function = 3554.551690
New Function = 3562.513959
New Coefficients:
0.041959
0.903006
Non-Linear Optimization, Iteration 5. Function Calls 22.
Cosine of Angle between Direction and Gradient
0.9624806. Alpha used was
0.000000
Adjusted squared norm of gradient 38.71755
Diagnostic measure (0=perfect) 0.1037
Subiterations 1. Distance scale 1.000000000
Old Function = 3562.513959
New Function = 3567.173812
New Coefficients:
0.078305
0.956996
Non-Linear Optimization, Iteration 6. Function Calls 23.
Cosine of Angle between Direction and Gradient
0.6488550. Alpha used was
0.000000
Adjusted squared norm of gradient 0.0591041
267
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza
Diagnostic measure (0=perfect) 0.0622
Subiterations 1. Distance scale 1.000000000
Old Function = 3567.173812
New Function = 3567.184285
New Coefficients:
0.081080
0.950306
Non-Linear Optimization, Iteration 7. Function Calls 24.
Cosine of Angle between Direction and Gradient
0.9977955. Alpha used was
0.000000
Adjusted squared norm of gradient 0.0009074403
Diagnostic measure (0=perfect) 0.0373
Subiterations 1. Distance scale 1.000000000
Old Function = 3567.184285
New Function = 3567.184991
New Coefficients:
0.079852
0.951718
Non-Linear Optimization, Iteration 8. Function Calls 25.
Cosine of Angle between Direction and Gradient
0.7760916. Alpha used was
0.000000
Adjusted squared norm of gradient 3.81907e-05
Diagnostic measure (0=perfect) 0.0224
Subiterations 1. Distance scale 1.000000000
Old Function = 3567.184991
New Function = 3567.185000
New Coefficients:
0.079974
0.951682
Non-Linear Optimization, Iteration 9. Function Calls 26.
Cosine of Angle between Direction and Gradient
0.9560474. Alpha used was
0.000000
Adjusted squared norm of gradient 3.64322e-07
Diagnostic measure (0=perfect) 0.0134
Subiterations 1. Distance scale 1.000000000
Old Function = 3567.185000
New Function = 3567.185000
268
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza
New Coefficients:
0.079970
0.951676
Covariance Model-Concentrated Likelihood - Estimation by BFGS
Convergence in
9 Iterations. Final criterion was 0.0000059 < 0.0000100
Observations
308
Log Likelihood
3567.18499985
Log Likelihood Unrestricted
Chi-Squared(1)
199.53760533
Significance Level
Variable
3666.95380251
2.63473739e-45
Coeff
Std Error
T-Stat
Signif
********************************************************************
***********
1. A
0.0799701336 0.0326909781
2.44624 0.01443530
2. B
0.9516763279 0.0395617812
24.05545 0.00000000
Responses to Shock in DLETHANOL
Entry
DLETHANOL
DLSUGAR DLGASOLINA
1 0.01238287 0.00000000 0.00000000
2 0.00779806 0.00077430 0.00023652
3 0.00393522 -0.00000701 0.00047132
4 0.00147175 -0.00061710 0.00008382
5 0.00052748 -0.00058501 0.00004470
6 0.00009602 -0.00050577 -0.00001041
7 -0.00004540 -0.00037514 -0.00001767
8 -0.00008263 -0.00026680 -0.00001866
9 -0.00007784 -0.00018238 -0.00001501
10 -0.00006172 -0.00012208 -0.00001115
11 -0.00004505 -0.00008043 -0.00000783
12 -0.00003141 -0.00005243 -0.00000533
269
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza
Responses to Shock in DLSUGAR
Entry
DLETHANOL
DLSUGAR DLGASOLINA
1 0.002399271 0.030002085 0.000000000
2 0.007627169 0.021115156 0.004627175
3 0.003540963 0.011747260 0.000123620
4 0.004290717 0.009020660 0.001068883
5 0.002928160 0.005660784 0.000469260
6 0.002187425 0.003806352 0.000393533
7 0.001489590 0.002452385 0.000248911
8 0.001006878 0.001588313 0.000168575
9 0.000665254 0.001019008 0.000109728
10 0.000435039 0.000652128 0.000071356
11 0.000281932 0.000415966 0.000045998
12 0.000181590 0.000264778 0.000029519
Responses to Shock in DLGASOLINA
Entry
DLETHANOL
DLSUGAR DLGASOLINA
1 0.02391212 0.00000000 0.02512631
2 -0.00966953 -0.01902353 -0.00669179
3 -0.00005740 -0.00523557 0.00189429
4 -0.00308138 -0.00612602 -0.00097510
5 -0.00169746 -0.00338931 -0.00017949
6 -0.00138447 -0.00239892 -0.00026084
7 -0.00092219 -0.00152052 -0.00015005
8 -0.00062788 -0.00099009 -0.00010547
9 -0.00041412 -0.00063423 -0.00006818
10 -0.00027091 -0.00040603 -0.00004443
11 -0.00017555 -0.00025897 -0.00002864
270
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza
12 -0.00011306 -0.00016484 -0.00001838
Decomposition of Variance for Series DLETHANOL
Step Std Error DLETHANOL DLSUGAR DLGASOLINA
1 0.02703482
20.980
0.788
78.233
2 0.03071424
22.700
6.777
70.523
3 0.03116716
23.639
7.872
68.489
4 0.03164591
23.146
9.474
67.380
5 0.03183076
22.905
10.211
66.884
6 0.03193600
22.755
10.613
66.632
7 0.03198405
22.687
10.798
66.515
8 0.03200616
22.657
10.882
66.462
9 0.03201584
22.644
10.918
66.438
10 0.03202000
22.638
10.934
66.428
11 0.03202176
22.636
10.940
66.424
12 0.03202249
22.635
10.943
66.422
Decomposition of Variance for Series DLSUGAR
Step Std Error DLETHANOL DLSUGAR DLGASOLINA
1 0.03000208
0.000
100.000
0.000
2 0.04133363
0.035
78.783
21.182
3 0.04328832
0.032
79.193
20.775
4 0.04464482
0.049
78.536
21.415
5 0.04513351
0.065
78.417
21.518
6 0.04536004
0.077
78.340
21.583
7 0.04545327
0.083
78.310
21.606
8 0.04549257
0.087
78.297
21.616
9 0.04550877
0.088
78.291
21.620
10 0.04551541
0.089
78.289
21.622
11 0.04551812
0.089
78.288
21.623
12 0.04551922
0.089
78.288
21.623
271
Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione
della varianza
Decomposition of Variance for Series DLGASOLINA
Step Std Error DLETHANOL DLSUGAR DLGASOLINA
1 0.02512631
0.000
0.000
100.000
2 0.02641171
0.008
3.069
96.923
3 0.02648404
0.040
3.055
96.906
4 0.02652366
0.041
3.208
96.751
5 0.02652845
0.041
3.238
96.721
6 0.02653266
0.041
3.259
96.700
7 0.02653426
0.041
3.268
96.692
8 0.02653501
0.041
3.271
96.688
9 0.02653533
0.041
3.273
96.686
10 0.02653546
0.041
3.274
96.685
11 0.02653552
0.041
3.274
96.685
12 0.02653554
0.041
3.274
96.685
272
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297
RINGRAZIAMENTI
RINGRAZIAMENTI
Al termine di questi tre anni di dottorato, colmo di fatiche ma anche di tante gioie e
soddisfazioni, ho imparato a conoscere meglio me stessa e le mie passioni, a
coltivare l’interesse per la ricerca e a condividere momenti positivi e negativi con i
miei compagni di viaggio. Per questi motivi il mio primo ringraziamento va alla mia
mamma Marisa e al mio papà Sergio che mi hanno consentito di vivere questa
esperienza e che purtroppo non potranno essere fisicamente presenti al termine di
questo percorso, ma che lo faranno dall’alto con la speranza che la loro figlia
rappresenti in questo giorno il loro più grande orgoglio. Grazie al vostro amore e a
quello di tutte le persone che hanno creduto in me e che non mi hanno mai lasciato
da sola, dandomi la forza di andare avanti, sono giunta finalmente al termine di
questo cammino.
Desidero ringraziare innanzitutto la Prof.ssa Finco per essersi sempre dimostrata
disponibile a offrirmi il proprio preziosissimo contributo teorico e metodologico
durante tutte le fasi del mio lavoro di ricerca e per essersi sempre spesa a far sì che
potessi fare esperienze costruttive e utili alla mia crescita come dottore di ricerca.
Ringrazio mia sorella Eleonora (ormai la mia vice-mamma) e il mio cognatino
Gianluca che pur lontani mi hanno sempre sostenuto.
E che dire della mia piccola, anzi ormai grande, nipotina Alessia. L’orgoglio della
zia!
Ringrazio Alessandro, che ha condiviso con me questi anni, rivelandosi sempre
disposto a sopportarmi nonostante fosse assiduamente stressato dai miei molteplici
stati emotivi. Non sono stati anni facili e tu lo sai bene, ma nonostante tutto, grazie
per esserci sempre stato. Un ringraziamento speciale va anche a tutta la sua famiglia
che mi ha accolto e coccolato come una figlia.
298
RINGRAZIAMENTI
Voglio, inoltre, ringraziare tutti i colleghi e amici dottorandi con cui ho condiviso
lezioni, impegni, preoccupazioni, oltre a idee e soddisfazioni. Un ringraziamento
speciale va a Michele che condivide con me questo percorso e ad Alessandro ed
Elisa la cui amicizia è stata un tesoro scoperto in questa non facile avventura e senza
la quale questo dottorato non sarebbe mai stato altrettanto prezioso.
A tutti i miei amici italiani e internazionali sui quali ho sempre potuto fare
affidamento nei momenti di gioia o di sconforto del percorso di dottorato un grazie
sincero.
Ringrazio Luca, mio fedele compagno di appartamento.
Agradeço a todo o equipe de etanol (Ivelise, Carla e Talita) em especial para minha
orientadora Profa Miriam Bacchi pela excelente oportunidade de aprendizado em
Brasil. Agradeço também a todo o CEPEA pela disponibilidade e por me receber.
Obrigada Brasil pela experiência de vida.
Desidero ringraziare tutte quelle persone con cui ho iniziato e trascorso i miei studi,
con cui ho scambiato qualche pensiero, qualche idea, qualche risata. In diversi modi
hanno contribuito nel mio percorso formativo, aiutandomi a credere in me stessa.
Spero di non aver dimenticato nessuno, ma se tu, caro lettore, non dovessi trovare i
tuoi dati anagrafici nelle prossime righe…dimmelo e ti ringrazierò di persona, anche
per il solo fatto che tu abbia interesse a leggere il mio lavoro.
Un ringraziamento va infine alla mia forza di volontà che mi ha permesso di
realizzare il mio sogno…perché…
“Tra una botta che prendo
e una botta che dò
tra un amico che perdo
e un amico che avrò
che se cado una volta
una volta cadrò
e da terra, da lì m'alzerò
C'è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò…”
299