università politecnica delle marche analisi della sostenibilità socio
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UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE, ALIMENTARI ED AMBIENTALI Scuola di Dottorato di Ricerca in Scienze Agrarie CURRICULUM GESTIONE SOSTENIBILE DEI SISTEMI COLLINARI E MONTANI Ciclo XIII Settore scientifico disciplinare: AGR/01 Economia ed Estimo Rurale ANALISI DELLA SOSTENIBILITÀ SOCIOECONOMICA ED AMBIENTALE DEI BIOCARBURANTI NEL CONTESTO EUROPEO E BRASILIANO Biofuels and Sustainability: Analysis of Socio-Economic and Environmental Impacts in the European and Brazilian context Coordinatore del curriculum GSCM Chiar.ma Prof.ssa Adele Finco Tesi di dottorato di: Tutore accademico: Dott.ssa Deborah Bentivoglio Chiar.ma Prof.ssa Adele Finco Esame finale A.A. 2014-2015 Abstract Negli ultimi anni la produzione e il consumo dei biocarburanti sono aumentati a livello globale. Tale incremento è stato incentivato soprattutto grazie al supporto e agli incentivi adottati dai vari Paesi promotori finalizzati alla riduzione delle emissioni di gas serra e alla sicurezza energetica. Ad oggi il mercato globale è dominato dall’etanolo (79%) e dal biodiesel (21%). In particolare, l'Unione Europea domina il mercato del biodiesel mentre il Brasile è il più grande produttore ed esportatore mondiale di zucchero, nonché il più grande produttore al mondo e consumatore di etanolo da canna da zucchero per il settore del trasporto. Tuttavia, recentemente, sono state sollevate incertezze relative alla reale sostenibilità dei biocombustibili, sia dal punto di vista ambientale che socio-economico. Accanto ai dubbi relativi alle loro performance in termini di riduzione di emissioni di GHG rispetto ai combustibili fossili, sono emerse critiche relative all’impatto che tali biocarburanti hanno sull’utilizzo del suolo (ILUC), sulla perdita di biodiversità e sull’aumento dei prezzi dei mercati delle commodities agricole usate come materie prime per la loro produzione. A tal proposito, la ricerca condotta si inserisce a pieno all’interno di tale dibattito e si pone l’obiettivo di valutare la sostenibilità ambientale e le implicazioni socioeconomiche della produzione di biocombustibili nel contesto europeo che in quello brasiliano, soffermandosi in particolare sull’analisi econometrica dei prezzi delle commodities agricole utilizzate come materie prime di origine. Al fine di valutare la sostenibilità ambientale è stata applicata un’analisi multicriteriale grazie all’applicazione di uno studio meta-analitico volto ad identificare i criteri ambientali per la stima dell’impatto della filiera biodiesel. Lo scopo è stata quello di individuare l’alternativa migliore tra le diverse tipologie di biomassa utilizzata per la produzione del biodiesel in Europa (olio di colza, di girasole, di palma e di soia). La valutazione della sostenibilità socio-economica è stata invece effettuata tramite l’analisi delle serie storiche e la successiva applicazione di un modello a correzione di errore (VECM) al fine di verificare se i prezzi delle commodities agricole, (olio di colza nel contesto europeo e zucchero nel contesto brasiliano) siano influenzati dai prezzi dei biocombustibili di riferimento, quali biodiesel ed etanolo, e viceversa. Tale relazione è stata studiata anche in relazione al combustibile fossile di riferimento, ossia la benzina (o gasolina) per il Brasile e il diesel per l’Europa. Sintetizzando i risultati, per quanto riguarda l’impatto ambientale, dall’applicazione multicriteria, si evince che nel caso in cui si considerino prioritari i criteri di sostenibilità ambientale, la soluzione migliore a livello europeo sarebbe quella del biodiesel da olio di girasole. Tale soluzione risulterebbe molto interessante per l’Europa e in particolar modo per l’Italia. Tuttavia la filiera del girasole risulta inaccessibile dal punto di vista economico aziendale. Va da sé che nell’ipotesi in cui si consideri prioritario il criterio economico, la produzione di biodiesel da olio di palma, di derivazione estera, risulterebbe la soluzione migliore, creando squilibri dal punto di vista ambientale e in particolare di cambiamento di uso del suolo (ILUC). I risultati dello studio socio-economico tramite l’analisi delle serie storiche indica, ceteris paribus, che i prezzi dei biocarburanti sono influenzati soprattutto dai prezzi delle materie prime anche se emerge con chiarezza che le variazioni dei prezzi dei biocarburanti non influenzano in misura sostanziale i prezzi degli alimenti. 1 Abstract The last decade has seen a rapid increase in the production and consumption of biofuels at global level. This development has been especially stimulated by policy as a means to promote energy security and to reduce the emissions of greenhouse gases. Nowadays, world biofuel markets are dominated by ethanol (79%) and biodiesel (21%). In particular, Biodiesel market is dominated by the European Union, at the same time Brazil is the world’s biggest sugar producer and exporter, as well as the world’s largest producer and consumer of sugarcane ethanol as a transportation fuel. However, several authors have recently raised concerns about the environmental benefits and social-economic implications of biofuels production such as underlying uncertainties over the life cycle emissions of greenhouse gas emissions (GHG), possible deforestation for feedstock production, degradation of soil (ILUC) and air quality, increased water consumption, possible loss of biodiversity, possible competition with food production, and other potential social imbalances. The aim of this work is to investigate the impacts of biofuels on the environmental aspects and food prices in the European and Brazilian context. In order to assess the environmental performance this work aims to identify environmental criteria in order to evaluate the impact of the entire biodiesel production chain thought an exploratory meta-analysis of international scientific research. The information from the meta-analysis enabled the design and implementation of a multi-criteria methodology to define the best alternative between different agricultural raw materials used for biodiesel production (rapeseed oil, sunflower oil and palm oil) according to the principles of sustainability expressed by current EU policy. In order to explore relationship between food commodity and biofuel prices a time series models is used. In particular, both the impact of EU biodiesel prices on diesel and rapeseed oil prices and Brazilian ethanol prices on sugar and gasoline prices are investigated using a vector error corrections model (VECM). The multi-criteria shows that from an environmental perspective the best solution at European level is biodiesel production based on sunflower oil. This solution would be very interesting for Europe and especially for Italy. However, the sunflower chain is not feasible from the economic point of view, especially for the biodiesel company. In fact, if the economic aspect is priority, the palm oil from Malaysia is the best alternative. Finally, the results from the time series analysis suggest that biofuels prices are mainly affected by feedstock prices, but there is no strong evidence that changes in biofuels prices affect food prices, for the market and time period considered. 2 3 Indice Indice Indice ................................................................................................................................ 4 Introduzione .................................................................................................................. 10 I PARTE: OVERVIEW SUL SETTORE DEI BIOCOMBUSTIBILI .................... 13 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti ................................................................................................................. 14 1.1 I biocarburanti: definizione ...................................................................................14 1.2 Filiera biodiesel e filiera etanolo ............................................................................16 1.3 La produzione e il consumo mondiale dei biocombustibili .................................18 1.3.1 La produzione e il consumo dell’etanolo: lo scenario Brasiliano...................21 1.3.2 La Produzione e il consumo del biodiesel: lo scenario Europeo ....................27 1.4 La Produzione e il consumo del biodiesel nel contesto italiano ..........................35 1.5 Il mercato delle materie prime per la produzione di biodiesel ed dell’etanolo .39 1.5.1 Il mercato degli olio vegetali ..........................................................................39 1.5.2 La canna da zucchero......................................................................................49 1.6 Il costo di produzione e il prezzo dell’etanolo e del biodiesel .............................53 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti .......................... 67 Introduzione ..................................................................................................................67 2.1 Le politiche ambientali per le fonti rinnovabili e i biocombustibili in Europa .68 2.1.1 La Direttiva 2009/28/CE – Renewable Energy Directive (RED) ...................71 2.2 Strumenti politici per i biocarburanti in Europa ................................................76 2.3 Sistema di certificazione per i biocarburanti .......................................................78 2.3.1 Comunicazione della Commissione n. 2010/C 160/01 del 19 Giugno 2010 ..79 2.3.2 Comunicazione della Commissione n. 2010/C 160/02 del 19 Giugno 2010 ..79 2.3.3 Decisione della Commissione n. 2010/335/UE del 10 Giugno 2010 .............80 2.4 Comunicazione ILUC: COM(2012) 595 ...............................................................82 2.5 Breve quadro normativo del biodiesel in Italia ....................................................85 2.6 La politica Brasiliana sull’etanolo e sul biodiesel ................................................91 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche ..................................................................................... 95 Introduzione ..................................................................................................................95 3.1 L’impatto ambientale dei biocombustibili ............................................................96 3.1.1 Cambiamento d’uso del suolo ........................................................................97 3.1.2 Emissioni di Gas ad Effetto Serra (GHG) ....................................................102 4 Indice 3.1.3 Biodiversità ...................................................................................................105 3.1.4 Acqua ............................................................................................................107 3.2 L’impatto economico-sociale dei biocombustibili e la volatilità dei prezzi nel settore agricolo ............................................................................................................112 3.2.1 Interazione tra settore agro-energetico e mercato delle commodities agricole ..................................................................................................................116 3.3 Sostenibilità e criteri di sostenibilità secondo la normativa Europea ..............122 3.3.1 Breve excursus sulla normativa italiana in materia di sostenibilità ..............126 3.4 Le iniziative di certificazione della sostenibilità per i biocarburanti ...............128 3.4.1 Altre iniziative ..............................................................................................133 II PARTE: BACKGROUND METODOLOGICO: materiali e metodi ................ 137 Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima dell’impatto ambientale 138 4.1 L’analisi multicriteria: definizione......................................................................138 4.2 La meta-analisi come supporto all’analisi multicriterio ...................................146 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche ................................................................... 148 5.1 L’analisi delle serie storiche .................................................................................150 5.1.1 L’approccio classico .....................................................................................150 5.1.2 L’approccio moderno....................................................................................153 5.2 Il processo stocastico: definizione e caratteristiche ...........................................153 5.2.1 L’autocovarianza e la relativa funzione di autocorrelazione ........................157 5.3 I processi stocastici stazionari ..............................................................................158 5.4 Modelli non stazionari e processi integrati .........................................................159 5.5 Test per la verifica dell’ipotesi di stazionarietà .................................................161 5.5.1 Il test di Dickey-Fuller (DF) e di Dickey-Fuller aumentato (ADF) .............162 5.5.2 Il test di Phillips-Perron (PP) ........................................................................163 5.5.3 Il test di Kwiatkowski-Phillips-Schmidn-Shin (KPSS) ................................163 5.6 Processi multivariati .............................................................................................163 5.7 La cointegrazione e i processi cointegrati ...........................................................166 5.7.1 Modelli ECM (Error Correction Mechanism) ..............................................167 5.7.2 Test per la verifica della presenza di coitegrazione ......................................168 5.8 Processi a volatilità persistente: modelli ARCH e GARCH .............................170 5.8.1 Il concetto di volatilità ..................................................................................172 III PARTE: CASI DI STUDIO.................................................................................. 175 Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel .............. 176 5 Indice 6.1 La meta-analisi comparativa ...............................................................................177 6.2 L’analisi multicriterio...........................................................................................182 6.3 Risultati dell’analisi ..............................................................................................187 6.4 Discussione dei risultati ottenuti ..........................................................................190 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato ........................................................................................................................ 193 Introduzione ................................................................................................................193 7.1 Le fonti dati: Descrizione e costruzione delle variabili utilizzate .....................193 7.2 I test di stazionarietà sulle serie storiche del biodiesel e dell’etanolo ..............198 7.3 L’analisi di cointegrazione ...................................................................................199 7.4 Stima del modello a correzione di errore (VECM model) ................................201 7.5 Analisi dinamica: decomposizione della varianza e funzione di impulsorisposta .........................................................................................................................204 7.5.1 L’effetto dei biocombustibili sul mercato energetico e sulle commodity agricole ..................................................................................................................211 Discussione e Conclusioni ........................................................................................... 218 Allegato 1: Studi considerati nella meta-analisi ....................................................... 226 Allegato 2: Questionario AMC .................................................................................. 229 Appendice 1: Test di stazionarietà ............................................................................ 231 Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a correzione di errore (VECM)........................................................................................................................ 243 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza .............................................................................................................. 252 Bibliografia .................................................................................................................. 274 Sitografia...................................................................................................................... 295 RINGRAZIAMENTI.................................................................................................. 297 6 “L’uomo deve perseverare nell’idea che l’incomprensibile sia comprensibile; altrimenti rinuncerebbe a cercare.” (J. W. Goethe) 7 8 Alla mia mamma e al mio papà perché il loro ricordo non mi abbandoni mai 9 Introduzione Introduzione In questi ultimi anni l’attenzione verso i problemi energetici ed ambientali sono aumentati soprattutto come conseguenza del crescente aumento alla domanda di energia, soddisfatta prevalentemente da risorse energetiche primarie non rinnovabili di origine fossile che sono responsabili dell’emissione in atmosfera dei gas serra (GHG). In tale contesto, è divenuto crescente l’interesse per le fonti rinnovabili, sia per far fronte al calo delle risorse fossili e all’instabilità dei prezzi, sia agli effetti dei cambiamenti climatici in corso, i quali impongono un forte impegno nell’intraprendere tutti gli interventi possibili per ripristinare condizioni di maggiore equilibrio. Inoltre, considerando gli obblighi sottoscritti nel Protocollo di Kyoto (1997), si dovrà cercare di ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra e ciò sarà reso possibile solo utilizzando fonti energetiche rinnovabili. Con il termine di “fonti energetiche rinnovabili” si vogliono indicare tutte le fonti di energia non fossile, solare, eolica, idraulica, geotermica, maremotrice del moto ondoso e le biomasse. Nell’ambito delle nostre competenze economico agrarie è sembrato interessante focalizzare l’attenzione sulle energie da biomassa o agroenergie derivanti da processi di produzione agricola, ossia di biocarburanti di prima generazione. All’interno delle agroenergie distinguiamo la categoria dei biocarburanti (biofuels) a cui appartengono il biodiesel e l’etanolo, oltre all’olio vegetale e al biometano. Ad oggi il biodiesel e l’etanolo rappresentano i principali biocombustibili prodotti e utilizzati nel settore dei trasporti a livello internazionale come sostituiti dei combustibili fossili, rispettivamente del diesel e della benzina. La loro produzione è aumentata a livello globale negli ultimi anni grazie al supporto e agli incentivi adottati dai vari Paesi promotori. Nel 2012, la produzione globale combinata di etanolo e biodiesel risulta essere pari a circa a 106 miliardi di litri. Rispetto al 2011, la produzione globale di etanolo è diminuita del -4%, mentre la produzione di biodiesel è leggermente aumentata del +5%. Pertanto il biodiesel rappresenta il 21% della produzione di biocarburanti a livello mondiale, mentre l’etanolo il 79%. I primi cinque produttori di etanolo nel 2013 sono gli Stati Uniti, il Brasile, l’Europa, la Cina e il Canada, sebbene gli Stati Uniti e il Brasile abbiano rappresentato da soli l’84% (57% e 27%, rispettivamente) del totale mondiale. Per quanto riguarda la produzione 10 Introduzione globale di biodiesel, questa risulta in continua crescita dal 2008. In dettaglio, l'UE nel suo insieme rappresenta ancora il 40% della produzione globale di biodiesel con circa 10,5 miliardi di litri. In accordo con il Worldwatch Institute (2014), ad oggi, a livello mondiale, i biocarburanti per i trasporti, essenzialmente etanolo e biodiesel, rappresentano circa lo 0,8% del consumo globale di energia, l’8% dell'energia primaria derivata da biomasse, il 3,4% dei carburanti per il trasporto su strada e il 2,5% di tutti i carburanti per i trasporti. A tal proposito, i biocarburanti di prima e seconda generazione rappresentano oggi un’alternativa possibile finalizzata alla riduzione dell’impatto ambientale e alla sicurezza dell’offerta energetica. Al contempo, essi rappresentano un’opportunità per la creazione di occupazione e di sviluppo rurale nel prossimo futuro. Tuttavia, recentemente sono state sollevate incertezze relative alla sostenibilità dei biocarburanti di prima generazione sia dal punto di vista ambientale che socioeconomico (Rajagopal et al., 2007; Timilsina et al., 2010, Gnansounou, 2011). Accanto ai dubbi relativi alle loro performance in termini di riduzione di emissioni di GHG rispetto ai combustibili fossili, (Searchinger et al., 2008), sono emerse critiche relative all’impatto che tali biocarburanti hanno sull’utilizzo del suolo (ILUC) e sull’aumento dei prezzi di mercato delle materie prime utilizzate sia a scopo alimentare che energetico (dibattito food-fuel) (Abbot et al., 2010). Infatti, negli ultimi anni si è verificato un aumento della volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli. Tale fenomeno da sempre presente, si è intensificato negli ultimi anni diventando un vero e proprio elemento strutturale del mercato agricolo mondiale ed europeo, tanto da far sì che ad oggi la stabilità del mercato agricolo è considerata come uno dei principali obiettivi della politica agricola comune post 2013 (Matthews, 2010). Alla luce di quanto emerso dal dibattito internazionale, diversi sono gli studi scientifici dedicati a valutare sia la reale sostenibilità ambientale dei biocarburanti sia ad identificare e analizzare il ruolo dei biocombustibili sulla volatilità dei prezzi nel settore agricolo. A tal proposito, la ricerca condotta nell’ambito della tesi di dottorato con lo scopo di approfondire e verificare le ipotesi emerse nel dibattito internazionale si pone l’obiettivo di valutare la sostenibilità ambientale e socio-economica del settore dei biocarburanti, attraverso un’analisi della letteratura scientifica e la scelta di metodologie dedicate utilizzate nel contesto internazionale. L’obiettivo generale 11 Introduzione della tesi di dottorato è lo studio del settore dei biocarburanti di prima generazione ovvero derivanti da biomassa agricola, quali il biodiesel nel contesto europeo e l’etanolo nel contesto brasiliano. L’analisi implica lo studio della sostenibilità ambientale, economica e sociale dei biocarburanti e le implicazioni di mercato, ovvero sui prezzi delle commodities. In dettaglio, lo scopo è quello di analizzare le cause dei mutamenti del prezzo delle derrate agricole utilizzando la metodologia di analisi delle serie storiche e lo studio dei nessi causali. Al fine di rispondere a tali obiettivi, la tesi si articola in tre sezioni per un totale di sette capitoli. La prima parte è volta a delineare gli aspetti definitori e normativi del settore dei biocombustibili. In particolare: il primo capitolo si pone l’obiettivo di descrivere i concetti chiave e lo stato dell’arte della filiera biodiesel ed etanolo in termini di produzione, consumo, materie prime per la produzione (oli vegetali nel caso del biodiesel e canna da zucchero nel caso dell’etanolo), costi di produzione e prezzi; il secondo capitolo si propone di analizzare il quadro normativo europeo e brasiliano, nonché le politiche che hanno condizionato la governance del settore bioenergetico; il terzo capitolo propone una review della letteratura scientifica internazionale in ambito economico ed economico ambientale. La seconda parte si pone l’obiettivo di descrivere le metodologie di analisi applicate. In dettaglio: il quarto capitolo è volto a descrivere la meta-analisi e l’analisi multicriteria; il quinto capitolo è dedicato a delineare la metodologia dell’analisi delle serie storiche e i rispettivi modelli econometrici. Infine l’ultima parte mostra i casi di studio e i relativi risultati. In dettaglio: il sesto capitolo è l’applicazione della metodologia multicriteria sulla filiera biodiesel europea tramite studio meta-analitico; il settimo capitolo è l’applicazione del modello a correzione di errore (VECM model) sui prezzi delle commodities agricole e dei biocombustibili nel contesto europeo e in quello brasiliano. Seguono la discussione e le conclusioni. 12 I PARTE: OVERVIEW SUL SETTORE DEI BIOCOMBUSTIBILI 13 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti 1.1 I biocarburanti: definizione Per definizione, un biocarburante è “un combustibile solido, liquido o gassoso per i trasporti ricavato dalla biomassa” (Direttiva Europea sui biocarburanti 2003/30/CE)1, dove per biomassa si intende “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”. Se a causa della sua facilità d’uso, la forma liquida è di gran lunga la più usata, la forma gassosa sta cominciando ad avere un significativo successo. I biocarburanti possono essere prodotti a partire da materie prime diverse, secondo le varie tecniche di lavorazione. Le principali filiere di produzione dei biocarburanti liquidi sono mostrate in figura 1. Figura 1: Principali filiere produttive dei biocarburanti Fonte: biofuels-platform.ch, 2010 1 La definizione normativa è inserita nella Direttiva stessa 14 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Ad oggi il biodiesel e il bioetanolo rappresentano i principali biocombustibili prodotti e utilizzati nel settore dei trasporti a livello internazionale come sostituiti dei combustibili fossili (Finco et al., 2012). Essi sono definiti biocaburanti di prima generazione e si distinguono da quelli di seconda generazione” o a “carburanti sintetici”, sviluppati attraverso il processo di Fischer-Tropsch2 (syndiesel, il dimetiletere, il biometanolo o il bioidrogeno), che ad oggi sono oggetto di un’intensa attività di ricerca e sviluppo. Il biometano, derivante da un processo di purificazione del biogas e simile al gas naturale, risulta ad oggi ancora poco utilizzato nel settore del trasporto. Tuttavia gli obiettivi dell’Unione europea di riduzione dei gas serra rendono interessante l’uso del biometano anche nel settore dei trasporti. In alcuni paesi europei l’uso del biometano per l’autotrazione è già una realtà (Svezia, Svizzera e Germania). Il biogas risulta essere invece una realtà già avviata. In particolare il biogas è prodotto dalla fermentazione anaerobica di sostanze organiche come residui provenienti da allevamento (liquame, letame e avanzi di mangime), produzione alimentare (avanzi di frutta e verdura, resti della lavorazione di carne, pesce e latte, avanzi della fabbricazione della birra, avanzi di cibo, ecc.) e da acque reflue di depuratori industriali comunemente poste all'interno di fermentatori. Questo fermentatore trasforma i materiali organici in biogas utilizzando un processo biologico complesso a circa 38-55 °C. Più della metà del gas risultante da questo processo è costituito da metano (CH4), mentre il resto è anidride carbonica (CO2) (Fig. 2). Figura 2: Produzione di biogas e biometano 2 Il processo Fischer-Tropsch è un processo chimico industriale utilizzato per produrre combustibili sintetici o olio sintetico a partire da miscele gassose di monossido di carbonio e idrogeno (“gas di sintesi”) in presenza di catalizzatore. 15 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Costruendo impianti di biogas, l'agricoltura offre un importante contributo alla distribuzione di energia prodotta da fonti rinnovabili e allo smaltimento dei rifiuti organici. Sottoprodotto della produzione di biogas sono i digestati, che possono essere a loro volta utilizzati come fertilizzante di alta qualità. Di seguito verrà descritta in dettaglio la filiera biodiesel e la filiera bioetanolo, in quanto oggetto di studio della seguente tesi. 1.2 Filiera biodiesel e filiera etanolo Il biodiesel può essere prodotto dagli oli vegetali, ottenuti dalle colture oleaginose dedicate (semi colza, girasole, soia e palma), dai grassi animali e vegetali e dagli oli esausti di origine alimentare recuperati mediante la raccolta differenziata. Nella figura 3 che segue è rappresentata la filiera di produzione che si compone di diverse fasi. Figura 3: Filiera biodiesel La materia prima di partenza sono i semi oleosi dai quali, attraverso la spremitura (processo fisico – meccanico) o l’estrazione (processo chimico) con solventi, si ottiene l’olio vegetale grezzo. In seguito alla lavorazione dei semi oleosi si ottengono anche dei co-prodotti come: gusci e tegumenti dei semi, panello proteico o expeller (ottenuto in seguito alla spremitura dei semi) e la farina disoleata (residuo dell’estrazione dell’olio tramite solventi) spesso utilizzati nell’alimentazione 16 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti animale. L’olio grezzo deve essere successivamente depurato e raffinato con una serie di trattamenti fisico - chimici, al fine di raggiungere un elevato grado qualitativo del prodotto e rimuovere sostanze estranee che possono portare a basse rese in biodiesel. Gli oli raffinati sono caratterizzati da un’elevata viscosità, che pregiudica il loro utilizzo soprattutto nei motori diesel più evoluti. Per ottenere un prodotto con proprietà affini al gasolio si effettua la reazione di transesterificazione (o esterificazione) da cui si ottiene il biodiesel. Il principale sottoprodotto derivante dal processo di transesterificazione è la glicerina3 che può essere utilizzata in vari settori industriali, tra cui quello farmaceutico, alimentare e cosmetico. Il biodiesel, prodotto finale della filiera, può essere utilizzato per l’autotrazione o per il riscaldamento nei motori termici e può essere inoltre commercializzato in diverse forme: in miscele B5-B7, ossia contenenti biodiesel rispetto al gasolio, in misura ≤ 5%, per gli utenti sia in rete4, che in extra-rete5 (autotrazione); in miscele B25, con contenuto di biodisel fino al 25% per gli utenti in extrarete; in miscele B20 - B30, con contenuto in biodiesel pari al 20% o 30%, per autotrazione delle flotte pubbliche; puro al 100% o B100 per essere miscelato o utilizzato tal quale nel riscaldamento. I requisiti minimi del biodiesel, sotto il profilo merceologico, sono definiti attraverso normative tecniche UNI EN6, differenti a seconda della destinazione del prodotto (autotrazione e riscaldamento). Tuttavia, alcune proprietà del biodiesel (la stabilità e la viscosità) possono variare a seconda della materia prima utilizzata. Il Bioetanolo (alcool etilico) è un biocarburante liquido che è attualmente prodotto principalmente da materie prime organiche contenenti zuccheri, come ad esempio 3 Chimicamente glicerolo (è un triolo, presenta cioè 3 gruppi OH; la formula chimica è: C3H8O3). 4 Rete: con il termine rete si identificano i prodotti (gasoli, benzine, ecc.) venduti attraverso gli impianti stradali, cioè i distributori di carburanti. 5 Extra Rete: con il termine extrarete si identificano i prodotti venduti al di fuori degli impianti stradali (es.: gasoli per autotrazione, riscaldamento, agricolo e marina, le benzine ed oli combustibili). Gli acquirenti sono i rivenditori, le grandi, piccole e medie industrie, trasportatori, condomini, società di servizi, enti pubblici, municipalizzate. 6 La EN 14213 si riferisce al biodiesel per il riscaldamento, mentre la EN 14214 a quello per autotrazione. 17 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti canna da zucchero, mais, grano, barbabietola da zucchero ed altre colture/materie prime che contengono zucchero o amido. Tutti gli zuccheri fermentabili (cioè glucosio, saccarosio, ecc.) possono essere convertiti in etanolo tramite un processo di fermentazione. A seconda dello stato di polimerizzazione, gli zuccheri devono essere sottoposti a una o diverse fasi di trattamento, con l’obiettivo di trasformare le varie catene polimeriche in semplici zuccheri fermentabili. Dopo la fermentazione per mezzo di microrganismi (lieviti, batteri, ecc.), l’etanolo viene recuperato per distillazione (etanolo idrato al 92- 96% vol.) a cui segue una disidratazione, ottenendo etanolo anidro al 99,7% in volume. In figura 4 è rappresentato un esempio di processo schematico della produzione di bioetanolo da cereali. Figura 4: Schema di produzione dell’etanolo Fonte: biofuels-platform.ch, 2010 1.3 La produzione e il consumo mondiale dei biocombustibili Nel 2012, la produzione globale combinata di etanolo e biodiesel risulta essere pari a circa a 106 miliardi di litri (Fig. 5). Rispetto al 2011, la produzione globale di etanolo è diminuita (-4%) da 86,1 a 83,1 miliardi di litri, mentre la produzione di biodiesel è leggermente aumentata (+5%) da 22,4 miliardi di litri nel 2011 a 22,5 milioni di litri nel 2012. Pertanto il biodiesel rappresenta il 21% della produzione di biocarburanti a livello mondiale, mentre l’etanolo il 79%. 18 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Figura 5: Produzione globale di biocombustibili (etanolo e biodiesel) 1975-2012 (miliardi di litri) Fonte: F.O Licht - REN21, 2013 I primi cinque produttori di etanolo nel 2013 sono gli Stati Uniti, Brasile, l’Europa, la Cina e il Canada, ma gli Stati Uniti e il Brasile hanno rappresentato l’84% (57% e 27%, rispettivamente) del totale mondiale (Fig. 6). La produzione di etanolo degli Stati Uniti, che deriva principalmente dal mais, nel 2013 risultava essere pari a 13,3 miliardi di galloni (pari a 50,2 miliardi di litri7), in calo del 5% rispetto al 2011. La produzione del Brasile invece proveniente da canna da zucchero, è salita del 12% a 6,3 miliardi di galloni (23,8 miliardi di litri). Gli altri produttori principali rappresentano volumi di gran lunga inferiori. In dettaglio l'Unione europea (UE) nel suo complesso ha prodotto 1,3 miliardi di galloni (4,9 miliardi di litri) di etanolo nel 2013 mentre la produzione cinese e quella del Canada risultavano essere pari a 0,7 miliardi di galloni (pari a 2,6 miliardi di litri) e 0,5 miliardi di galloni (1,9 miliardi di litri) rispettivamente. 7 1 gallone risulta essere pari a circa 3,78 litri 19 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Figura 6: Produzione di etanolo globale Fonte: F.O. Licht, cited in Renewable Fuels Association, Ethanol Industry Outlook 2008-2013 reports. Per quanto riguarda la produzione globale di biodiesel (Fig.7), questa risulta in continua crescita dal 2008. Figura 7: Produzione di biodiesel globale Fonte: REN21, 2014 In dettaglio, l'UE nel suo insieme rappresenta ancora il 40% della produzione globale di biodiesel con circa 10,5 miliardi di litri. Ruolo meno importante è quello degli 20 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Stati Uniti, del Brasile e dell’Argentina. Nel 2013 gli Stati Uniti hanno portato la produzione del biodiesel a 4,8 miliardi di litri, mentre l'Argentina ha perso il secondo posto con 2,3 miliardi di litri. Il Brasile ha preso il secondo posto con una produzione di 2,9 miliardi di litri. In accordo con il Worldwatch Institute (2014), ad oggi i biocarburanti per i trasporti, essenzialmente etanolo e biodiesel, rappresentano circa il 0,8% del consumo globale di energia, l’8% dell'energia primaria mondiale derivata da biomasse, il 3,4% dei carburanti per il trasporto su strada a livello mondiale, e il 2,5% di tutti i carburanti per i trasporti. Di seguito verranno analizzati in dettaglio le produzioni e i consumi dei principali produttori di biocombustibili oggetto di questa tesi ossia il Brasile e l’Unione Europea. 1.3.1 La produzione e il consumo dell’etanolo: lo scenario Brasiliano Ad oggi il Brasile rappresenta il secondo produttore di etanolo nel mondo e il primo produttore di etanolo da canna da zucchero. Figura 8: Produzione di Etanolo Brasile per anno SAFRA* Fonte: UNICA, ALCOPAR, BIOSUL, SIAMIG, SINDALCOOL, SIFAEG, SINDAAF, SUDES e MAPA, 2014. *Nota: L’anno SAFRA o ZAFRA corrisponde al periodo di taglio della canna da zucchero (Aprile- Marzo) ossia l’annata agraria. 21 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Nel 2014 la produzione di etanolo da canna da zucchero risultava essere di 27,5 milioni di metri cubi8, registrando un incremento pari al 18% rispetto al 2013 (Fig.8). Il 93% dell’etanolo viene prodotto nella sola regione del Centro-Sud che comprende ben 11 Stati quali San Paolo, Minas Gerais, Paranà, Spirito Santo, Rio Grande do Sul, Santa Catarina, Mato Grosso, Mato Grosso do Sul, Goiás, Rio de Janeiro e il Distretto Federal. In particolare, nel 2014 lo Stato di san Paolo con circa 14 milioni di m3 è responsabile del 51% della produzione nazionale, seguita dal Goiás (14%) e dal Minas Gerais (10%). Nel Nord-Est i principali produttori di etanolo sono Alagoas (1,8%) e Pernambuco (1,1%) (Tab.1). Tabella 1: Produzione di Etanolo per Stato per anno SAFRA (‘000 m3) Stato/SAFRA Acre Alagoas Amazonas Bahia Ceará Espírito Santo Goiás Maranhão Mato Grosso Mato Grosso do Sul Minas Gerais Pará Paraíba Paraná Pernambuco Piauí Rio de Janeiro Rio Grande do Norte Rio Grande do Sul Rondônia Santa Catarina São Paulo Sergipe Tocantins Sud-Centro Nord-Nord/Est Brasile 2005/2006 0 546 6 103 1 235 729 56 771 496 959 42 268 1.040 326 35 136 74 3 0 0 9.944 48 4 14.313 2006/2007 0 637 6 95 1 173 822 128 757 641 1.291 52 313 1.322 343 51 87 78 6 0 0 10.966 63 12 16.065 2007/2008 0 853 8 141 1 252 1.214 170 894 877 1.775 36 342 1.859 508 36 120 49 7 0 0 13.335 49 0 20.333 2008/2009 0 845 8 141 9 275 1.726 182 952 1.076 2.181 45 391 2.049 530 45 128 115 6 7 0 16.722 90 3 25.115 2009/2010 0 626 5 118 11 238 2.196 168 826 1.261 2.251 38 389 1.885 400 41 113 122 2 9 0 14.912 77 2 23.684 2010/2011 1 716 7 127 3 187 2.895 182 857 1.849 2.558 23 298 1.619 385 35 61 83 6 11 0 15.354 103 16 25.386 2011/2012 3 673 6 118 8 224 2.677 177 844 1.631 2.084 39 357 1.402 358 37 76 106 7 12 0 11.598 133 111 20.543 2012/2013 4 543 4 155 4 178 3.130 160 975 1.917 1.994 33 306 1.299 275 33 37 72 2 9 0 11.830 111 157 21.362 2013/2014 5 508 5 174 9 182 3.879 168 1.104 2.231 2.657 38 338 1.488 314 32 85 57 5 11 0 13.938 106 196 25.569 1.509 1.779 2.193 2.411 2.006 1.990 2.138 1.866 1.961 15.822 17.844 22.526 27.526 25.690 27.376 22.681 23.228 27.530 Fonte: UNICA, ALCOPAR, BIOSUL, SIAMIG, SINDALCOOL, SIFAEG, SINDAAF, SUDES e MAPA, 2014. E’ noto come il Brasile produce e utilizza due differenti tipologie di etanolo, l’anidro e l’idrato. Il primo viene miscelato alla gasolina9 (27,5% dal 24 settembre 201410), il secondo può essere consumato puro. 8 Ricordiamo che 1 m3 di etanolo corrisponde a 1000 litri. 9 In Brasile la benzina è comunemente chiamata gasolina. 10 Legge n° 13033 del 24 settembre 2014, Art. 5. 22 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Figura 9: Produzione di Etanolo anidro e idrato per Stato per anno SAFRA Fonte: UNICA, ALCOPAR, BIOSUL, SIAMIG, SINDALCOOL, SIFAEG, SINDAAF, SUDES e MAPA, 2014. Dal grafico (Fig.9) possiamo osservare come fino al 1999 la produzione dell’etanolo idrato risultava maggiore rispetto a quella dell’anidro. Viceversa a partire dagli anni 2000, la produzione di etanolo anidro risultava essere superiore rispetto all’idratato, situazione che perdurò fino al 2005, quando la produzione di quest’ultimo superò nuovamente l’etanolo anidro. La forte crescita dell’etanolo idratato registrata negli ultimi anni rispecchia l’inserimento dei veicoli flex a partire dal 2003. Possiamo infatti notare come a partire dal 2008 fino ad oggi circa il 90% della flotta brasiliana è costituita da veicoli flex (Fig 10). Figura 10: Consumo di automobili in Brasile8 per tipo di combustibile Fonte: ANFAVEA, 2014 23 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Nel 2014 circa il 56% della produzione di etanolo era costituita dall’etanolo idrato (circa 15 milioni di m3), mentre il 44% dall’etanolo anidro (circa 12 milioni di m3) (Fig.11). Figura 11: Percentuale di produzione di etanolo anidro e idrato per Stato e anno SAFRA Fonte: UNICA, ALCOPAR, BIOSUL, SIAMIG, SINDALCOOL, SIFAEG, SINDAAF, SUDES e MAPA, 2014. L’etanolo prodotto in Brasile viene destinato quasi esclusivamente per il consumo interno (Fig.12). Figura 12: Etanolo consumato ed esportato in Brasile (m3) Fonte: Servicos de Comèrcio Exterior (SECEX) e ANP, 2014 24 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Nel 2013 la percentuale di etanolo consumata rappresentava il 90% dell’etanolo prodotto; solo il 10% è stato esportato. In accordo con il SECEX e il MAPE, nel 2013 l’etanolo esportato risultava essere pari a circa 2,8 milioni di m3. Il 57% di tale esportazioni viene destinato agli Stati Uniti, seguono la Corea del Sud e i Paesi Bassi con il 12% e il 5%. Tuttavia negli ultimi anni la produzione di etanolo si è ridotta, soprattutto per quanto riguarda quello idrato. In particolare dal grafico sottostante è possibile osservare come negli ultimi anni il consumo di etanolo è diminuito a favore di quello della gasolina (Fig.13). Figura 13: Percentuale di etanolo idrato e di gasolina consumati in Brasile (m3) Fonte: ANP, 2014 Diversi sono i fattori che spiegano tale fenomeno. In genera l'aumento della domanda di etanolo è dovuta principalmente ad un aumento della produzione dei veicoli flex fuel, in forte crescita a partire soprattutto dal 2005. Tuttavia la crescita stabile di tali veicoli come mostrato nel grafico sopra esposto, non è sufficiente a garantire un’alta domanda dell’etanolo. Ciò è dovuto al fatto che i consumatori guidano la richiesta dei due combustibili in funzione dal rapporto vigente tra il prezzo dell’etanolo e quello della gasolina. Tale rapporto è la regola generale per determinare se i proprietari di auto flex sceglieranno di usare etanolo, rapporto prezzo inferiore del 70 per cento, o benzina, rapporto prezzo sopra il 70 per cento (USDA, 2013; Bacchi et al 2011). Nel grafico sottostante (Fig. 14) possiamo osservare come negli ultimi anni tale rapporto è stato a favore della gasolina piuttosto che dell’etanolo. Ciò pertanto ha causato la migrazione dell’etanolo per la benzina. 25 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Figura 14: Variazione e relazione di prezzo dell’etanolo e della gasolina Fonte: ANP, 2014 Inoltre tale slittamento è stato favorito dal Governo Brasiliano, il quale ha applicato una politica di congelamento dei prezzi della gasolina. Dal 2004 il Brasile ha inoltre iniziato a produrre anche il biodiesel. Il National Program on Biodiesel Production and Usage (PNPB) che è stato introdotto nel 2005, ha infatti istituito l’obbligo di miscelazione del biodiesel al diesel. A partire dal 1 Gennaio 2010 l’obbligo di miscelazione risulta essere pari al 5%. A partire dal primo Novembre 2014 tale valore si è innalzato al 7%11. Di seguito un grafico che mostra l’evoluzione della produzione del biodiesel brasiliano (Fig.15). Figura 15: Produzione di biodiesel in Brasile Fonte: ANP, 2014 11 Legge n° 13033 del 24 settembre 2014, Art. 1. 26 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Nel 2013 la produzione brasiliana di biodiesel risultava pari a circa 3 milioni di m 3. In accordo con la ANP (2014), i principali produttori risultano essere lo stato del Rio Grade do Sul (30%), del Goias (20%) e del Mato Grosso (20%). Figura 16: Materie prime utilizzate per la produzione di biodiesel(2013) 4% 1% 1% 3% Olio di soia Grasso animale (Bovino, Suino, Pollo) 23% Olio di cotone Olio di palma Olio di frittura 68% Altro Fonte: ANP, 2014 La principale materia prima utilizzata è l’olio di soia con il 68%, seguito dai grassi animali (soprattutto di origine bovina) con il 23% e l’olio di cotone con il 3% (Fig.16). 1.3.2 La Produzione e il consumo del biodiesel: lo scenario Europeo Nel suo insieme l’Unione Europea produce circa 12,8 milioni di tonnellate di biocombustibili equivalenti al 14% della produzione globale12. In dettaglio, nel 2013 sono state prodotte circa 3,6 milioni di tonnellate di etanolo13 e 9,2 milioni di tonnellate di biodiesel14, rappresentando rispettivamente il 28% e il 72% dei biocombustibili all’interno dell’Unione Europea (Fig.17). Dal grafico è possibile notare come il tasso di crescita dell’etanolo è maggiore rispetto a quello del 12 Riferito ad una produzione mondiale pari a 91 milioni di tonnellate di biocombustibili. 13 1 tonnellata di etanolo corrisponde a 1267 litri. 14 1 tonnellata di biodiesel corrisponde a 1136 litri. 27 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti biodiesel. Infatti rispetto al 2005, la produzione di etanolo è aumentata del 414%, mentre il biodiesel del 187%. Figura 17: Produzione di biocombustibili nell’EU Fonte: REN21, 2014 In termini di produzione di etanolo, nel 2013 i principali produttori risultano essere la Francia (22%), la Germania (18%) e la Spagna (9%) (Fig.18). Figura 18: Produzione di etanolo in EU dal 2008 al 2013 (1000 tonnellate) Fonte: REN21, 2014 28 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti In termini di produzione di biodiesel15, nel 2011 l’EU ha prodotto circa 8,6 milioni di tonnellate di biodiesel (Fig.19). Tuttavia è possibile notare come la prodizione del biodiesel dell’EU nel 2011 ha registrato una riduzione del 10% rispetto all’anno precedente. Figura 19: Produzione di biodiesel in EU-27 dal 2002 al 2011 (1000 tonnellate) Fonte: EBB, 2013 La Germania rimane il principale produttore di biodiesel Europeo con 2,8 milioni di tonnellate (pari al 33% della produzione globale europea) seguita dalla Francia, la cui produzione risulta pari a 1,6 milioni di tonnellate (pari al 18% della produzione). Spagna e Italia si collocano al terzo e quarto posto con 604 e 479 mila tonnellate rispettivamente (7% e 6% della produzione europea). Per quanto riguarda la capacità produttiva di biodiesel, nel 2012 ha raggiunto circa 23,5 milioni di tonnellate (Fig.20). 15 Si fa notare che per quanto riguarda i dati sul biodiesel europeo per ogni Stato Membro essi sono disponibili solo fino al 2011. 29 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Figura 20: Capacità produttiva in EU-27 dal 2003 al 2012 (1000 tonnellate) Fonte: EBB, 2013 Come possiamo notare dal grafico sopra raffigurato gli anni di rapida espansione della capacità di produzione del biodiesel europeo sembrano essere finiti. Dal 2006 al 2009 infatti la capacità produttiva è aumentata del 244%. A partire dal 2009 la capacità è invece rimasta piuttosto stabile evidenziando un calo di interesse ad investire nel settore del biodiesel a causa delle difficili condizioni di mercato di tale comparto negli ultimi anni (USDA 2013). Ad oggi sono circa 200 gli impianti che operano nell’Unione Europea (EUBIA, 2013) (Fig. 21). 30 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Figura 21: Mappa dei principali impianti di biodiesel in Europa Fonte: Agra CEAS based on F.O. Licht, 2011 Dalla figura si può notare come gli impianti di biodiesel non sono equamente distribuiti in Europa. La collocazione in prossimità del Mar del Nord è in aumento e ciò è dovuto alla facilità di accesso della materia prima importata (olio di palma e olio di soia) per la produzione di biodiesel. Per questo motivo i principali impianti sono dislocati al Nord della Francia e della Germania, nonché in Olanda e Belgio (Ecofys, et al., 2011). Il 34% della capacità produttiva deriva da 28 impianti dislocati soprattutto in Germania (12 impianti), seguita dalla Francia (5 impianti) (Tab.2). Il leader europeo della produzione risulta essere Diester Industrie, i cui principali impianti, aventi una capacità produttiva pari a 2,5 milioni di tonnellate, risultano essere collocati in Francia (5), Germania (1), Italia (1) e Belgio (1). 31 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Tabella 2: Principali impianti di biodiesel in Eu e capacità produttiva (milioni di tonnellate) 2013 Compagnia Collocazione e numero di impianti Stato Diester Industri e Diester International Nestle Oil Biopetrol Industries ADM Biodiesel Infinita (Musim Mas) Marseglia Group (Ital Green Oil e Ital Bi Oil) Verbio AG Cargill/Agravis Petrotec Capacità produttiva 2013 (milioni di litri) Finlandia Svizzera Germania Spagna Francia (5), Germania (1), Italia (1), Belgio (1) Filandina (2), Olanda (1) Germania (2), Olanda (1) Germania (3) Spagna (2) Italia Italia (2) 560000 Germania Germania Germania Germania (2) Germania (2) Germania (2), Spagna (1) 450000 250000 185000 Francia 2500000 1180000 1000000 975000 900000 Fonte: EurObserv'ER, 2014 In termini di consumo (Fig.22) fino al 2012 si è assistito ad un incremento dell’utilizzo dei biocarburanti nel settore dei trasporti nell’EU-28. Figura 22: Trend del consumo dei biocarburanti utilizzati nel settore dei trasporti nel EU-27 (ktep) 16000 14000 12000 Ktep 10000 8000 6000 4000 2000 0 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Consumo 1110 1421 1927 3019 5385 7685 9826 1170413089136351460813615 * 2013= dato stimato Fonte: EurObserv'ER 2014 Tuttavia a partire dal 2013 per la prima volta si osserva una riduzione del 6,8% dei consumi, passando da 14,6 a 13,6 Mtep16. 16 Tep=Tonnellata equivalente di petrolio. 32 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Del totale dei biocarburanti consumati nel 2013, il 79% è rappresentato dal biodiesel. La Francia è il leader per quanto riguarda il consumo con una percentuale pari al 21% del totale. Seguono la Germania (18%) e l’Italia (11%) (Tab.3). Tabella 3: Consumo di biocarburanti nel settore dei trasporti in Eu-28 (2013) Fonte: EurObserv'ER 2014 In accordo con l’USDA, a partire dal 2006 al 2012 le importazione di biodiesel all’EU sono state in continua crescita. In dettaglio nel 2012 l’EU-28 ha importato circa 2,9 milioni di tonnellate di biodiesel (USDA, 2014) (Fig. 23). 33 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Figura 23: Import ed export di biodiesel nell’EU17 * 2013= dato stimato Fonte: USDA report, 2014 I principali paesi fornitori risultano essere gli Stati Uniti, l’Argentina e l’Indonesia (Fig.24). Mentre i principali paesi importatori all’interno dell’EU sono l’Olanda, la Spagna, l’Italia e il Regno Unito. Figura 24: Principali paesi esportatori di biodiesel in EU (Tonnellate) * 2012= dato stimato Fonte: EBB e EUROSTAT, 2013 17 I dati originali sono stati convertiti da milioni di litri a milioni di tonnellate utilizzando la seguente conversione definita dal Massachusetts Institute of Technology (MIT) - German Federal Agency for Renewable Resources (FNR): 1136 litri di biodiesel=1 tonnellata di biodiesel. 34 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti In particolare, fino al 2009, l’EU si riforniva soprattutto di biodiesel proveniente dal mercato Americano. Tuttavia l'introduzione di dazi compensativi e antidumping sulle esportazioni USA di biodiesel all'UE hanno ridotto drasticamente le importazioni dagli Stati Uniti. Di conseguenza, il vuoto è stato riempito negli anni successivi con un aumento delle importazioni di biodiesel principalmente da Argentina ed Indonesia, e, in misura minore, da Canada, e Malesia. Lo spostamento della dipendenza Americana a quella Argentina ha fatto sì che a partire dal 2013 l’EU ha introdotto nuove misure volte a ridurre le importazioni da tale Stato, così come per Indonesia. Secondo l’ultimo rapporto USDA 2014, le importazioni del biodiesel di tali stati nel 2013 subiranno un drastico calo. In termini di export, l’Unione Europea no presenta dati significativi (esportazioni inferiori al 1% della sua produzione). 1.4 La Produzione e il consumo del biodiesel nel contesto italiano Ad oggi l'Italia è il quarto più grande produttore europeo di biodiesel dopo la Germania, la Francia e la Spagna. Il Biodiesel è prodotto principalmente da semi di colza importati (40%), da soia (30 %), e da olio di palma (25%). Il resto è costituito da oli vegetali riciclati (UCO), olio di girasole, e grassi animali 18. L'olio di colza è in gran parte importata da paesi dell'UE (Francia, Germania, Paesi Bassi, e Belgio), mentre l'olio di soia o è importata dalla UE o di produzione nazionale da semi importati. L'olio di palma è principalmente importato da Indonesia e Malesia. Il Biodiesel viene utilizzato esclusivamente in miscele con diesel tradizionale per il trasporto (USDA, 2014). Secondo la Assocostieri, l’associazione rappresentativa dei produttori di biodiesel19, l’Italia nel 2012 ha prodotto, circa 287 mila tonnellate di biodiesel, registrando un 18 In Italia possono essere utilizzati per la produzione di biodiesel solo i grassi animali di categoria I (per la classificazione dei grassi animali si veda il Regolamento (CE) n. 1774/2002) in accordo con il testo coordinato del decreto-legge 22 giugno 2012, n.83; Capo IV misure per lo sviluppo e il rafforzamento del settore energetico, art.34. Il contributo per il conseguimento dell'obiettivo di cui all' articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2009/28/CE, di tale categoria di grassi è considerato pari a due volte il loro contenuto energetico. 19 Assocostieri è una associazione tra aziende che operano nel settore della logistica energetica, costituitasi a Roma il 24 Febbraio del 1983 per iniziativa di alcuni imprenditori energetici che operano nell’ambito del mercato internazionale (www.assocostieri.it). 35 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti drastico calo del 54% rispetto all’anno precedente. Osservando il grafico sottostante (Fig.25) si evince che la produzione nazionale di biodiesel dal 2003 al 2006 è aumentata del 117%; nel 2007 la stessa produzione subisce un brusco decremento (21% rispetto al 2006) per poi aumentare nuovamente fino al 2010 (+70%), anno in cui si registra un nuovo calo. Figura 25: Produzione e capacità produttiva del biodiesel in Italia Fonte: Assocostieri, 2014 In termini di capacità produttiva, si evidenzia come lo sviluppo sia sempre avvenuto con tassi di crescita superiori a quelli della effettiva produzione realizzata. Gli impianti, infatti, sono stati realizzati con capacità produttive molto elevate e con un parziale sfruttamento della reale efficienza dell’impianto. Nel 2012, la capacità produttiva è stata superiore a 2 milioni di tonnellate, a fronte di una produzione di sole 287 mila tonnellate. Dal lato del consumo (Fig.26), nel 2012, l’immissione in rete totale20 è stata di circa 1,4 milioni di tonnellate, di cui il 20% coperto dalla produzione nazionale mentre la restante quota è garantita dalle importazioni pari al 1162 tonnellate derivanti principalmente dall’Indonesia (29 %) seguita dalla Spagna (23%) e dall’Olanda (18%) (USDA, 2014). 20 Immissione in consumo: quantitativo complessivo di biodiesel che deve essere messo in consumo. 36 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Figura 26: Mercato del biodiesel in Italia nel 2012 (mila tonnellate) Fonte: Assocostieri, 2014 In dettaglio, rispetto al 2008, l’Italia ha incrementato i volumi di importazione del 384%, mentre le esportazioni sono in calo del 49%. In termini di immissione in consumo, il 2012 ha segnalato un incremento del 91% rispetto al 2008 (Fig.27). Figura 27: Evoluzione dell’import, dell’export e delle immissione in consumo di biodiesel in Italia (tonnellate) Fonte: Assocostieri, 2014 Secondo i dati Assocostieri, gli impianti presenti sul territorio nazionale, nel 2014, sono 13 di cui 1 in fase di realizzazione (Tab.4). Rispetto al 2011, 9 impianti sono stati chiusi, e 4 sono invece di nuova apertura. 37 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Tabella 4: Impianti di biodiesel in Italia: in rosso gli attuali, in nero quelli chiusi, in blu i nuovi Impianti di biodiesel Regione Località Capacità (ton) 1 ALCHEMIA ITALIA Veneto Rovigo (RO) 15.000 OLIMPO Puglia Corato (BA) 100.000 BIOFUEL Friuli Venezia Torviscosa (UD) 60.000 Torviscosa (UD) 100.000 SRL 2 BIO-VE-OIL SRL 3 CAFFARO SRL 4 Giulia CAFFARO BIOFUEL Friuli Venezia SRL Giulia 5 CEREAL DOCKS SPA Veneto Vicenza (VI) 150.000 6 COMLUBE SRL Lombardia Castenedolo – Brescia 120.000 7 DP Lazio Aprilia (LT) 155.520 Sicilia Priolo (SR) 200.000 Lombardia Cologno Monzese 100.000 LUBRIFICANTI SRL 8 ECOIL* 9 F.A.R. (MI) 10 FOREDBIO SPA Campania Nola Marigliano (NA) 70.000 11 ECO FOX SRL Abruzzo Vasto (CH) 200.000 12 ILSAP BIOPRO Calabria Lamezia terme (CZ) 60.000 13 ITAL BI OIL SRL Puglia Monopoli (BA) 190.304 14 ITAL GREEN OIL SRL Veneto San Pietro di Morubio 365.000 (VR) 15 GDR Lombardia Cernusco sul Naviglio BIOCARBURANTI 16 MASOL 50.000 (MI) Toscana Livorno (LI) 250.000 CONTINENTAL BIOFUL S.R.L. 17 MYTHEN SPA Basilicata Ferrandina (MT) 200.000 18 NOVAOL SRL Toscana Livorno (LI) 250.000 19 NOVAOL SRL Emilia Romagna Ravenna (RA) 200.000 20 OIL.B SRL Lombardia Solbiate Olona (VA) 200.000 21 OXEM S.p.A. Lombardia Mezzana Bigli (PV) 200.000 22 PFP ITALIA Srl Lombardia Castenedolo (BS) 120.000 Totale attivi ** 2.490.824 * Impianti da realizzare ** Nel totale sono esclusi gli impianti da realizzare Fonte: Assocostieri, 2014 38 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti 1.5 Il mercato delle materie prime per la produzione di biodiesel ed dell’etanolo 1.5.1 Il mercato degli olio vegetali Gli oli vegetali presentano diversi usi: alimentare, industriale, per la produzione di biodiesel e come alimento per gli animali. La crescente domanda per il cibo rappresenta oggi il principale driver per la crescita degli oli vegetali, tuttavia la recente espansione delle energie rinnovabili, soprattutto biocarburanti ed elettricità da cogenerazione, ha creato una nuova fonte di espansione per tale settore (RosilloCalle et al., 2009; Serra et al., 2011). Nel biennio 2013/2014 i principali oli vegetali prodotti a livello globale sono stati rappresentati dall’olio di palma, dall’olio di soia, dall’olio di colza e dall’olio di girasole (Fig.28). Figura 28: Produzione mondiale di oli vegetali 2001/2002-2013/2014 Fonte: USDA report, 2014 In accordo con l’USDA (2014), la produzione dell’olio di palma con circa 60 milioni di tonnellate, rappresenta il 35% degli oli vegetali21, seguito dall’olio di soia (26%), dall’olio di colza (15%) e da quello di girasole (9%). Tutti gli oli vegetali mostrano 21 Su un totale di circa 170 milioni di oli vegetali (inclusi l’olio di cocco, di cotone, di oliva e di arachide. 39 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti un incremento positivo rispetto al 2001, in particolare il maggior incremento si registra nell’olio di palma (+134%) e in quello di girasole (+109%). Come mostrato in tabella 5 l’India, con un incremento delle importazioni pari al 77% rispetto al 2007/2008, si colloca al primo posto tra i paesi importatori di oli vegetali, seguita dalla Cina, che perde il suo primato, e dall’Unione Europea. Tabella 5: Importazioni mondiale di oli vegetali (Milioni di tonnellate) EU-27 Cina India USA Egitto Pakistan Bangladesh Iran Turchia Altri Totale 2007/2008 2008/2009 2009/2010 2010/2011 2011/2012 2012/2013 2013/2014 9,03 9,24 8,9 8,53 9,12 9,89 9,22 8,76 9,77 9 8,39 9,23 10,79 9,94 5,91 8,79 9,07 8,58 10,03 10,68 11,47 3,11 3,23 3,34 3,61 3,83 3,79 4,04 1,27 1,75 1,9 2,42 2,31 1,91 2,29 2,02 2 2,07 2,12 2,26 2,3 2,5 1,13 0,96 1,31 1,38 1,41 1,44 1,46 1,27 1,09 1,13 1,45 1,35 1,43 1,67 0,84 0,83 0,62 0,86 1,11 1,26 1,38 16,95 16,1 18,23 20,67 21,18 21,03 20,6 50,29 53,76 55,57 58,01 61,83 64,52 64,57 Fonte: USDA report, 2014 In termini di esportazioni invece, l’Indonesia e la Malesia rappresentano i principali paesi esportatoli di oli, nonostante la Malesia mostra un leggero calo (-2,3%) rispetto al 2011/2012 (Tab.6). Tabella 6: Esportazioni mondiale di oli vegetali (Milioni di tonnellate) 2007/2008 2008/2009 2009/2010 2010/2011 2011/2012 2012/2013 2013/2014 Indonesia 16,07 18,09 18,72 18,46 20,73 22,64 22,8 Malesia 15,57 16,53 16,91 18,57 19 19,99 18,56 Argentina 7,05 5,64 5,1 5,59 4,65 4,65 4,85 Ucraina 1,35 2,16 2,69 2,7 3,33 3,32 3,99 Canada 1,36 1,57 1,86 2,49 2,75 2,63 2,61 Russia 0,35 1,02 0,76 0,41 1,8 1,27 2,12 Altri 12,19 11,02 12,11 12,5 12,65 13,89 13,54 Totale 53,94 56,03 58,15 60,72 64,91 68,39 68,47 Fonte: USDA report, 2014 Passando al contesto Europeo (Tab.7), la produzione di oli vegetali nel 2013/2014 risulta essere pari a circa 17 milioni di tonnellate, in aumento (+5%) rispetto al 40 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti 2010/2011. Anche le importazioni (+15%), così come le esportazioni (+33%), registrano un incremento rispetto al 2010/2011. Ad oggi gli oli vegetali vengono utilizzati soprattutto a scopo alimentare (52%) e per la produzione di biocombustibili (37%). Tuttavia l’incremento di tali oli per la produzione dei biocombustibili risulta essere maggiore (+7% rispetto al 2010/2011) rispetto a quello registrato per uso alimentare (+2% rispetto al 2010/2011). Tabella 7: Mercato degli oli vegetali in Europa (‘000 tonnellate) 2010/2011 2011/2012 2012/2013 2013/2014 Stock iniziale 2198 1666 1346 1205 Produzione 16538 16674 16099 17370 Importazioni 8109 8989 9883 9326 DOMANDA TOTALE 26845 27329 27328 27901 Esportazioni 1562 1967 2405 2084 Uso industriale 2893 2820 2580 2454 Biocombustibili 8288 8030 8280 8945 Uso alimentare 12351 12082 12376 12611 430 490 482 429 USO DOMESTICO TOTALE 23962 23422 23718 24439 Stock finale 1324 1443 1205 1362 DISTRIBUZIONE TOTALE 26848 27329 27328 27881 Mangime Fonte: USDA report 2012, 2013, 2014 In accordo con la FEDIOIL (2013) nel 2013 i principali oli prodotti a livello europeo sono rappresentati dall’olio di colza con circa 9,7 milioni di tonnellate, dall’olio di girasole con 2,7 milioni di tonnellate e l’olio di soia con 2,4 milioni di tonnellate, mentre l’olio di palma rappresenta l’olio maggiormente importato (circa 6,9 milioni di tonnellate). Dal grafico sottostante (Fig.29) è possibile notare come mentre la produzione sia dell’olio di soia che di quello di girasole risulta piuttosto costante a partire dagli anni 2000, l’olio di colza registra un forte incremento pari al 160%. 41 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Figura 29: Principali oli vegetali prodotti in Europa Fonte: FEDIOL, 2014 L’olio di colza viene prodotto soprattutto in Germania e in Francia, l’olio di girasole in Francia e Spagna, mentre l’olio di soia in Germania, Spagna e Olanda (FEDIOL, 2013). Figura 30: Principali oli vegetali importati in Europa 9000 8000 1000 tonnellate 7000 6000 5000 4000 3000 2000 1000 0 2000 Olio di girasole 254 Olio di colza 129 Olio di soia 193 Olio di palma 2454 2001 235 136 340 3002 2002 696 126 358 3135 2003 640 126 303 3286 2004 588 47 112 3973 2005 912 69 272 4202 2006 1340 653 950 4572 2007 1228 474 961 4502 2008 1101 403 1075 4941 2009 927 462 531 5418 2010 1001 405 690 5414 2011 756 625 739 4930 2012 1020 331 365 5729 2013 864 298 311 6909 Fonte: FEDIOL, 2014 42 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti In termini di importazione, a partire dal 2006 fino al 2012, l’UE registra un volume degli oli importati pressoché costante. Nel 2013 invece si evidenzia un incremento (Fig.30). In dettaglio, l’olio di palma si colloca al primo posto tra gli oli importati (6,9 milioni di tonnellate), seguito dall’olio di girasole (0,9 milioni di tonnellate). Secondo la FEDIOL (2014), nel 2013, l’EU-27 ha importato circa 7 milioni di tonnellate di olio di palma, registrando un incremento del +181% rispetto al 2000. Dal grafico è possibile notare come negli ultimi due anni le importazioni di olio di soia e di olio di colza evidenziano dei cali rispettivamente pari al 58% e 52%. In termini di esportazione (Fig.31) invece, dopo un brusco calo registrato dal 2000 al 2007, l’UE mostra un aumento dei volumi esportati. I volumi risultano tuttavia abbastanza limitati e riguardano soprattutto l’olio di soia (0,9 milioni di tonnellate) e di colza (0,5 milioni di tonnellate). Figura 31: Principali oli vegetali esportati in Europa 2000 1800 1600 1000 tonnellate 1400 1200 1000 800 600 400 200 0 2000 2001 2002 Olio di girasole 315 259 186 Olio di colza 460 262 427 Olio di soia 1103 1338 1142 2003 270 186 893 2004 285 149 571 2005 256 107 490 2006 2007 2008 199 140 131 85 62 162 225 245 332 2009 121 140 413 2010 153 153 437 2011 174 263 470 2012 200 254 895 2013 311 507 885 Fonte: FEDIOL, 2014 In accordo con l’USDA (2014), la maggior parte dell’olio di colza viene utilizzato per la produzione del biodiesel, mentre l’olio di girasole viene usato quasi esclusivamente a scopo alimentare. L’olio di soia infine viene usato sia per uso alimentare che per scopo energetico. In particolare, fino al 2010, l'UE-28 era un importatore netto di olio di soia, utilizzato principalmente per la produzione di 43 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti biodiesel. Dal 2011 tuttavia, l'UE-28 è diventato un esportatore netto di olio di soia, registrando esportazioni doppie rispetto alle importazioni. A seguito dell'attuazione della RED infatti, l’olio di soia è diventato più difficile da utilizzare come materia prima per l'industria del biodiesel, e l'UE ha importato preferibilmente biodiesel da Argentina e Indonesia, piuttosto che l’olio di soia e l’olio di palma. In dettaglio nel 2012 i principali oli vegetali usati per la produzione di biodiesel sono rappresentati dall’olio di colza (66%22), che si conferma al primo posto nonostante i cali registrati negli ultimi anni, seguito dall’olio di palma (10%) e da quello di soia (8%) (Fig.32). Figura 32: Principali feedstock utilizzati per la produzione di biodiesel in Europa * 2013= dato stimato; 2014=previsione Fonte: USDA report 2013 e 2014 Nel 2010, sono stati utilizzati circa 5,7 milioni di ettari coltivati in tutto il mondo per la produzione di biocarburanti consumati all’interno dell’Europa (Bentivoglio et al., 2012). Di questi terreni, circa 3,2 milioni di ettari si trovano dentro l’Unione Europea, i restanti 2,4 milioni al di fuori. 22 Riferito ad una totale di 9,2 milioni di tonnellate di materie prime per la produzione di biodiesel (inclusi grassi animali, oli da cucina usati - UCO, olio di girasole ed altri oli). 44 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Facendo riferimento al biodiesel, nel 2010 sono stati destinati circa 47% di terreni per produrre feedstock al di fuori dell’EU, la restate parte, rappresentata dal 53%, si trova invece al di fuori del contesto europeo (Fig.33). Figura 33: Terreno utilizzato per coltivare feedstock utili alla produzione di biodiesel consumati in Europa (‘000 ha) Fonte: Ecofys, Fraunhofer, BBH, EEG, Winrock International report, 2013 Per quanto riguarda la coltivazione della colza, questa avviene soprattutto all’interno del territorio europeo (78%). In Francia e Germania si colloca il 55% dei terreni adibiti a tale coltura (Fig.34). Al di fuori dell’EU, il 43% degli ettari destinati alla produzione di colza a scopo energetico si trovano in l’Ucraina. 45 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Figura 34: Terreno utilizzato per coltivare colza utili alla produzione di biodiesel dentro (blu) e fuori (arancione) dell’Europa Fonte: Ecofys, Fraunhofer, BBH, EEG, Winrock International report, 2013 L’olio di palma viene totalmente prodotto al di fuori dell’EU (Fig.35). Infatti in Indonesia e in Malesia23 si trovano l’83% e il 17% dei terreni volti a fornire tale olio. Figura 35: Terreno utilizzato per coltivare olio di palma utile alla produzione di biodiesel fuori dell’Europa 17% 83% Indonesia Malesia Fonte: Ecofys, Fraunhofer, BBH, EEG, Winrock International report, 2013 23 Va sottolineato che l’Indonesia e la Malesia destinano solo l’1% e lo 0,3 % del loro terreno a fini energetici. 46 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Anche i terreni usati per produrre soia a scopo energetico si collocano soprattutto al di fuori dell’EU (97%) (Fig.36). Figura 36: Terreno utilizzato per coltivare soia utile alla produzione di biodiesel dentro (blu) e fuori (arancione) dell’Europa Fonte: Ecofys, Fraunhofer, BBH, EEG, Winrock International report, 2013 Infine per quanto la coltivazione del girasole (Fig.37), questa avviene solo all’interno del territorio europeo. In Francia si colloca il 90% dei terreni destinati a tale coltura. Figura 37: Terreno utilizzato per coltivare girasole utile alla produzione di biodiesel all’interno dell’Europa 1% 9% 90% Francia Spagna Italia Fonte: Ecofys, Fraunhofer, BBH, EEG, Winrock International report, 2013 47 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Considerando infine i prezzi internazionali relativi ai primi 4 oli consumati e prodotti in Europa, dal grafico sottostante (FIg.38) è possibile notare come negli ultimi 10 anni i prezzi medi più bassi sono relativi all’olio di palma (721 $/ton) seguito dall’olio di soia (870 $/ton). Al contrario l’olio di girasole (1175 $/ton), oltre a quello di colza (1032 $/ton), presentano il prezzo medio internazionale più alto. Sempre il girasole dimostra di essere l’olio che presenta la maggior oscillazione seguito dal colza. In particolare negli ultimi dieci anni si è assistito ad un aumento dei prezzi dei principali oli vegetali sui mercati internazionali a partire dalla seconda metà del 2007 e ha raggiunto un massimo nella prima parte del 2008; successivamente i prezzi, dopo un altrettanto rapido tracollo verso la metà del 2009, hanno di nuovo ripreso ad aumentare nella seconda metà del 2010 fino a raggiungere un nuovo picco nei primi mesi del 2011. Nei mesi successivi i prezzi hanno registrato nuovamente una riduzione e ad fino ad oggi hanno iniziato a contenersi, rimanendo tuttavia a livelli relativamente alti. Figura 38: Prezzi dei principali oli vegetali in Europa 2500 1500 1000 500 0 giu-04 nov-04 apr-05 set-05 feb-06 lug-06 dic-06 mag-07 ott-07 mar-08 ago-08 gen-09 giu-09 nov-09 apr-10 set-10 feb-11 lug-11 dic-11 mag-12 ott-12 mar-13 ago-13 gen-14 giu-14 $/tonnellata 2000 Mesi Olio di palma Olio di colza Olio di soia Olio di Girasole Fonte: http://www.indexmundi.com, 2014 48 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti 1.5.2 La canna da zucchero Ad oggi la produzione di etanolo in Brasile deriva esclusivamente dalla canna da zucchero. In accordo con il MAPA/SAPCANA24, nel 2013 la superficie brasiliana destinata alla canna da zucchero ha raggiunto circa 8,5 milioni di ettari, registrando un incremento del 45% rispetto al 2005 e rappresentando solo l’1% di tutta la superficie arabile del Brasile25 (Fig. 39). Figura 39: Ettari di canna da zucchero Brasile per anno SAFRA* (‘000) *Periodo di mietitura della canna da zucchero (Aprile – Marzo) Fonte: MAPA/SAPCANA, 2013 In termini di produzione, sempre nel 2013, il Brasile ha raggiunto circa 590 milioni di tonnellate di canna da zucchero registrando un incremento del 54% rispetto al 2005. Tuttavia a causa dell’instabilità climatica registrata soprattutto negli ultimi anni la produttività della canna risulta nel 2013 pari a 69,4 t/ha (Tab.8), valore inferiore rispetto alla media nazionale che si attesta intorno ai 73 t/ha. 24 Ministério da agricultura, pecuária e abastecimento secretaria de produção e agroenergia - departamento da cana-de-açúcar e agroenergia. 25 Riferito ad una superficie totale del Brasile pari a 852000000 ha (Hoffmann, 2006). 49 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Tabella 8: Produzione e produttività della canna da zucchero Brasile Anno SAFRA 2005/2006 2006/2007 2007/2008 2008/2009 2009/2010 2010/2011 2011/2012 2012/2013 Produttività (ton/ha) Centro-Sud Nord/Nord-Est Brasile 70,4 44,1 65,5 74,5 48 69,6 75,4 52,6 71,4 84,9 60 81,1 86 54,8 81,4 81 56 77,5 68,6 57,5 67,1 72,5 49,5 69,4 Produzione (milioni di ton) Centro-Sud Nord/Nord-Est Brasile 334136,6 48345,4 382482 373921,9 54904 428825,9 431235,5 64609,7 495845,2 508638,8 64099,7 572738,5 542825 60231,4 603056,4 561037,4 63463,8 624501,2 494935,7 66056,1 560991,8 533517,6 55719,6 589237,2 Fonte: MAPA/SAPCANA, 2013 Come mostrato in tabella, circa il 90% della produzione di canna da zucchero è concentrata nel centro sud26, area particolarmente vocata a tale produzione (Fig.40). In dettaglio, nel 2013 lo stato di San Paolo ha destinato circa 4,4 milioni di ha alla canna da zucchero, rappresentando da solo il 62% della produzione di tale coltura nel solo centro Sud (MAPA/SAPCANA, 2013). Figura 40: Produzione canna da zucchero in Brasile Fonte: Goldenberg, 2008 26 Il centro Sud comprende 11 stati: San Paolo, Minas Gerais, Paranà, Spirito Santo, Rio Grande do Sul, Santa Catarina, Mato Grosso, Mato Grosso do Sul, Guias, Rio de Janeiro e il Distretto Federal. 50 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Per quanto riguarda l’evoluzione storica del destino della canna da zucchero nella regione del centro sud possiamo notare come a partire dagli anni 90, praticamente l’80% della produzione della canna era destinata all’etanolo. Tale percentuale è andata a diminuire anno per anno, tanto che nel 2003, le aziende destinavano più canna per la produzione di zucchero piuttosto che per la realizzazione di alcool per etanolo. A partire dal 2004 possiamo affermare che la proporzione destinata allo zucchero o all’etanolo risulta essere circa la medesima (Fig.41). Figura 41: Evoluzione storica del destino della canna da zucchero nella regione del Centro Sud (%) Fonte: Bachi et al., su dati UNICA, 2011 Al 2013, circa il 50,5% della produzione della canna da zucchero è destinata alla produzione di etanolo, mentre il 49,5% alla produzione di zucchero. In dettaglio nel 2013 sono state prodotte circa 38 milioni di tonnellate di zucchero e 23 milioni di m3 di etanolo (di cui circa 13 milioni di tipo idrato e 10 di tipo anidro)27 (Tab.9). 27 Ricordiamo che 1 tonnellata di canna da zucchero produce circa 135-140kg di zucchero da cui otteniamo circa 80-90 litri di etanolo (Bacchi, 2014). 51 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Tabella 9: Produzione Brasiliana di etanolo, zucchero e canna da zucchero Anno SAFRA 2000/2001 2001/2002 2002/2003 2003/2004 2004/2005 2005/2006 2006/2007 2007/2008 2008/2009 2009/2010 2010/2011 2011/2012 2012/2013 2013/2014* Etanolo Anidro m3 5584730 6479187 7009063 876789 8172488 766245 8078306 6464520 9630481 6937770 8027283 8623641 9695126 11786431 Etanolo idrato m3 4932805 4988608 5476363 5872025 7035421 2144939 9861122 13961459 18050758 18800905 19876837 14112926 13778228 16115991 Etanolo Totale m3 10517535 11467795 12485426 6748814 15207909 2911184 17939428 20425979 27681239 25738675 27904120 22736567 23473354 27902422 Zucchero Canna da Zucchero Ton 16020340 18994363 22381336 24944434 26632074 26214391 30735077 31297619 31506859 33033479 38069510 35970397 38357134 37734570 Ton 254921721 292329141 316121750 357110883 381447102 382482002 428816921 495843192 572738489 603056367 624501165 560993790 589237141 656636467 * dato attualizzato a Maggio 2014 Fonte: D CAA/SPAE/MAPA/, 2014 Circa il 70% della produzione annua di zucchero viene esportata (UNICA, 2013), (Fig.42) rappresentando più del 50% delle esportazioni internazionali delle commodity prodotte dallo stato brasiliano. L’etanolo viene invece quasi esclusivamente utilizzato per il consumo domestico (circa il 90%). Figura 42: Esportazioni di zucchero (tonnellate) Fonte: UNICA, 2013 52 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Secondo l’ultima indagine effettuata dal MAPA, nell’anno 2013 in Brasile sono state rilevate 389 industrie di canna da zucchero, di cui 250 ad attitudine mista, 11 produttrici di solo zucchero, 117 aziende di etanolo e 11 non attive. Di queste 75 sono collocate nel centro nord e 314 nell’area del centro sud. Il solo stato di San Paolo possiede 274 industrie, rappresentando il 53% del totale delle aziende di canna nel centro sud. 1.6 Il costo di produzione e il prezzo dell’etanolo e del biodiesel Nel paragrafo che segue verranno descritti i costi di produzione e i prezzi di mercato dei biocombustibili considerati. etanolo Di seguito vengono presentati i costi di produzione dell’etanolo anidro e idrato riferito all’anno SAFRA 2012/2013 distinto per regione “Tradizionale”, “di espansione” e “Nord-est” (Fig.43). Figura 43: Aree destinate alla produzione di canna da zucchero Fonte: PECEGE-ESALQ, 2013 In particolare viene definita “Tradizionale” la regione che è tipicamente vocata alla produzione di canna da zucchero ossia lo Stato San Paolo, lo stato del Paraná e quello di Rio de Janeiro. Per regione “di espansione” si intendono invece gli Stati in 53 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti cui la produzione di canna da zucchero è in espansione come nello Stato del Goiás, del Minas Gerais, del Mato Grosso do Sul e del Mato Grosso. Infine la regione 'Nordest' è composto da Stati ubicati nord-est del Brasile, ossia l’Alagoas, il Paraíba e Pernambuco, meno vocati alla produzione di canna da zucchero. I costi di produzione analizzati vengono distinti in (Fig 44): costi operativi effettivi (COE) corrispondenti alle spese effettivamente sostenute nello svolgimento dell'attività diretta di produzione; costi operativi totali (COT) i quali includono ai costi operativi effettivi i costi di ammortamento (A); costi totali (CT) che incorpora alla voci precedenti il costo di retribuzione del capitale (RC) e della terra (RT) impiegati nell’attività di produzione ossia il costo opportunità definito come il costo derivante dal mancato sfruttamento del capitale e della terra. Figura 44: Schema dei Costi di produzione Fonte: PECEGE/CNA 2012, Marques (2009) e Xavier et al., 2009 Di seguito un grafico che riassume tali costi relativi alla produzione di un metro cubo di etanolo anidro e idrato nel periodo di safra 2012/2013. Dalle tabelle 10 e 11 che seguono si evidenzia come il costo di produzione di 1 metro cubo di etanolo idrato varia da 1300 a 1565 R$, ossia circa tra 0,60-0,71 $/litro, mentre per quanto riguarda l’etanolo anidro i costi oscillano tra 1386 e 1649 R$, corrispondenti a circa da 0,63 a 54 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti 0,75 $/litro28. E’ possibile notare come i costi di produzione dell’etanolo anidro sono leggermente superiori rispetto a quelli dell’etanolo idrato a causa dei processi chimici maggiori che tale tipologia di etanolo deve subire al fine di essere miscelato alla gasolina. In generale i costi di produzione delle regioni tradizionali e di quelle in via di espansione risultano pressoché equivalenti. I costi maggiori si registrano invece nelle regioni del Nord-Est. Ciò è dovuto al fatto che la produttività della canna da zucchero in tale regione risulta essere inferiore rispetto alle altre e allo stesso tempo la produzione nel Nord-Est è caratterizzata da un’attività ad elevata intensità di manodopera (circa un quarto dei costi di produzione) rispetto alle altre due regioni che utilizzano una forte meccanizzazione (PECEGE-ESALQ, 2013). Tabella 10: Costi di produzione etanolo anidro (R$/m3) COSTI COE Ammortamento COT RC+RT CT Regione Tradizionale 951,32 199,69 1151,01 229,23 1380,24 REGIONI Regione di espansione 904,99 249,81 1154,8 231,48 1386,28 Regione del Nord-Est 1145,09 253,16 1398,25 251,03 1649,28 Fonte: PECEGE-ESALQ, 2013 Tabella 11: Costi di produzione etanolo idrato (R$/m3) COSTI COE Ammortamento COT RC+RT CT Regione Tradizionale 882,13 189,53 1071,65 217,56 1289,22 REGIONI Regione di espansione 843,51 237,09 1080,60 219,70 1300,30 Regione del Nord-Est 1086,79 240,27 1327,06 238,25 1565,31 Fonte: PECEGE-ESALQ, 2013 Se mettiamo in relazione i costi di produzione con il prezzo potenziale al produttore (Fig.45), è possibile notare come in entrambe le tipologie di etanolo il margine 28La conversione è stata fatta considerando che 1m3 corrisponde a 1000 litri e che nel periodo considerato 1 dollaro ($) era equivalente a 2,2022 Real brasiliani (R$). 55 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti economico risulta essere negativo. In dettaglio nel caso dell’etanolo anidro evidenziamo una perdita del -6,4% per la regione tradizionale, del -5,2% nella regione di espansione e del -11,4% nella regione del Nord-Est. Figura 45: Costi di produzione e prezzo potenziale etanolo anidro (R$/m3) Fonte: PECEGE-ESALQ, 2013 Le perdite maggiori si registrano nella produzione dell’etanolo idrato (-11,9% regione tradizionale, -12,2% regione di espansione e -17,5% regione di Nord-Est) (Fig.46). 56 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Figura 46: Costi di produzione e prezzo potenziale etanolo idrato (R$/m3) Fonte: PECEGE-ESALQ, 2013 In accordo con il PECEGE (2013), se si confrontano i costi di produzione dell’etanolo con quelli dello zucchero in relazione al prezzo potenziale di vendita è possibile osservare come il margine economico risulta invece essere positivo in tutte e tre le regioni analizzate e in particolar modo nel Nord-Est in cui l’attività di produzione dello zucchero risulta pertanto più attrattiva. In dettaglio i costi totali di produzione di una tonnellata di zucchero variano infatti da 882 a 1010 R$, ossia circa tra 400 e 459 $ per tonnellata29. Lo zucchero rimane pertanto l’attrattiva preferita rispetto all’etanolo. Considerando infine l’evoluzione dei costi di produzione nei diversi anni possiamo osservare dai grafici che seguono (Fig.47) come si evidenzia un incremento dei costi di produzione dall’anno 2007/2008 al 2012/2013 pari al 70% per la regione tradizionale, del 65% per quella di espansione e del 60% nel Nord-Est per quanto riguarda l’etanolo anidro. 29La conversione è stata fatta considerando che nel periodo analizzato 1 dollaro ($) era equivalente a 2,2022 Real brasiliani (R$). 57 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti Figura 47: Evoluzione dei costi di produzione etanolo anidro (R$/m3) Fonte: PECEGE-ESALQ, 2013 Il medesimo comportamento si è registrato per l’etanolo idrato. In dettaglio si osserva un incremento del 70% nell’area tradizionale, del 65% in quella di espansione e del 60% nel Nord-Est (Fig.48). Figura 48: Evoluzione dei costi di produzione etanolo idrato (R$/m3) Fonte: PECEGE-ESALQ, 2013 Tali incrementi sono dovuti principalmente ad aumenti registrati nel corso degli anni dei diversi fattori produttivi impiegati negli stadi di produzione dell’etanolo come nel costo della manodopera, dei fertilizzanti ecc. Ricordiamo infatti che la produzione di etanolo comprende due fasi: una fase agricola, in cui viene prodotta la canna da zucchero e una fase industriale, in cui l’azienda converte la canna da zucchero in etanolo e in zucchero in percentuali variabili (Fig.49). In accordo con l’PECEGE 58 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti (Programa de Educação Continuada em Economia e Gestão de Empresas) circa il 60% dei costi totali di produzione sono rappresentati dalla fase agricola, mentre il 40% dalla fase industriale. Figura 49: Diagramma di flusso del processo agroindustriale Passando al contesto dei prezzi, a partire dal 1933 fino agli anni 2000 il prezzo dell’etanolo era definito dal Governo Brasiliano. A partire dal 1997, per quanto riguarda l’etanolo anidro, e dal 1999, per quanto riguarda l’etanolo idrato, fino ad oggi, il prezzo del biocombustibile è passato dal mercato tutelato a quello libero. Il grafico che segue mostra l’andamento dei prezzi dell’etanolo anidro e idrato nello stato di San Paolo. Figura 50: Prezzo al produttore dell’etanolo anidro e idrato nello Stato di San Paolo Fonte: CEPEA, 2014 Dal grafico (Fig.50) è possibile notare come il prezzo dell’etanolo, sia anidro che idrato, risulta essere piuttosto stabile. E’ possibile tuttavia notare un pico di prezzo 59 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti dell’etanolo anidro durante i primi mesi del 2011. Ciò è dovuto al fatto che in tale periodo c’è stato un aumento del consumo della gasolina che risultava essere poco costosa a causa del mancato innalzamento del prezzo da parte del Governo Brasiliano. L’aumento del consumo della gasolina si è ripercosso in un aumento della richiesta di etanolo anidro, che tuttavia non era presente (carenza di stock). Si è assistito pertanto ad un importazione del etanolo anidro dagli Stati Uniti con conseguente incremento del prezzo. In generale possiamo affermare che la differenza del livello di prezzo dell’etanolo che si registra nel corso degli anni è principalmente associata al quantitativo di canna da zucchero prodotto e all’allocazione di quest’ultima per la produzione di zucchero o etanolo. Altri fattori possono influenzare tale variabilità tra i quali la resa, la vendita dei veicoli flex e il prezzo della gasolina che rappresenta il combustibile sostitutivo all’etanolo idrato e nonché il combustibile miscelato all’etanolo anidro (Bacchi et al., 2011). In relazione a quest’ultimo aspetto, se confrontiamo i prezzi del biocombustibile con quello della gasolina (Fig.51), possiamo notare come l’etanolo mostra un prezzo molto più competitivo rispetto al combustibile fossile. Figura 51: Prezzo dell’etanolo idrato nelle varie fasi della catena produttiva (produttore, distributore e alla pompa) e prezzo della gasolina alla pompa nello Stato di San Paolo Fonte: CEPEA, ESALQ-USP, ANP 2013 Tuttavia non sempre l’etanolo riesce a competere con la gasolina. Ciò dipende dalla diversa resa dei due combustibili definita dal rapporto dei due prezzi. Infatti, se il 60 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti rapporto tra il prezzo dell’etanolo e quello della gasolina risulta essere maggiore del 70% è più conveniente utilizzare la gasolina rispetto all’etanolo, viceversa se il rapporto risulterà essere minore l’etanolo idrato sarà l’alternativa preferita. Dalla figura sottostante (Fig. 52) che mette in luce tale rapporto nei diversi stati del Brasile, è possibile notare come la gasolina, nonostante il suo prezzo elevato, risulta essere più competitiva rispetto all’etanolo fatta eccezione per lo stato di San Paolo e lo Stato del Goiania, in cui l’etanolo risulta essere l’alternativa più conveniente. Figura 52: Rapporto tra prezzo dell’etanolo e gasolina (resa) Fonte: USDA, 2013 Biodiesel I costi di produzione del biodiesel sono determinati dal costo della materia prima, dalla resa e dal costo della trasformazione, cui vanno sottratti i ricavi provenienti dalla vendita dei sottoprodotti che sono rappresentati principalmente la glicerina. La materia prima costituisce la principale voce di costo e presenta un’elevata variabilità a seconda della provenienza. Tale voce di costo, sia essa riferita al girasole o a qualsiasi altra oleaginosa, come la soia o la colza, è la voce che maggiormente potrebbe incidere sul prezzo finale del biocombustibile, erodendo il margine operativo degli impianti di produzione. Tuttavia lo sviluppo di una filiera corta delle oleaginose, se adeguatamente incentivata a livello politico, potrebbe abbattere i costi logistici, garantire la qualità del prodotto fondamentale per la formazione del prezzo finale del biocombustibile e ridurre il rischio di approvvigionamento delle imprese. 61 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti La tabella che segue (Tab.12) riassume i costi totali di produzione del biodiesel distinti in costi di coltivazione, costi di spremitura e costi di trasformazione30. Tabella 12: Costi di produzione biodiesel, 2014 PRICIPALI VOCI DI COSTO Resa in granella (t/ha) Resa in olio (%) Resa in olio vegetale (t/ha) Resa in panello di estrazione (%) Resa in panello (t/ha) Prezzo unitario panello (€/t) Valore panello (€/ha) Costi di coltivazione (t/ha) Costo granella (€/t) Costi di spremitura (€/t) Costo dell’olio (€/t) Costo di trasformazione (€/t) COSTO BIODIESEL (€/t) Girasole 2,5-3 45 1,13-1,35 53 1,33-1,59 100 133-159 1324 530-441 40 884-746 90 974-836 Soia 3,5-4 20 0,7-0,8 78 2,73-3,12 180 491-561 1499 428-375 40 842-800 90 932-890 Colza 3-3,5 42 1,26-1,47 56 1,68-1,96 130 218-255 1297 432-371 40 1218-1060 90 1308-1150 *Molti valori in tabella sono stati forniti direttamente dagli impianti di produzione mediante indagine Sulla base delle produzioni agricole medie e dei costi medi di coltivazione, emerge come il costo complessivo dell’olio grezzo vari tra da 884-746 euro/t per il girasole, 842-800 euro/t per la soia e 1308-1150 per il colza. I costi di trasformazione dell’olio in biodiesel sono stati considerati pari a 90 €/t. Tale voce di costo comprende i costi di esterificazione, di trasporto e altri costi aggiuntivi. Nel complesso il costo di produzione del biodiesel oscilla in un range tra i 932 euro/t (0,85 euro/litro31) ed i 1380 euro/t (1,26 euro/litro) a seconda della materia prima utilizzata. Dalla tabella si evidenzia come il colza risulti la coltura oleaginosa più conveniente per la produzione di biodiesel in termini di costo di coltivazione che risulta pari a circa 1.300 €/ha, mentre la soia pur avendo la resa in olio più bassa e costi di coltivazione più elevati, è la coltura che permette di ottenere il minor prezzo del biodiesel data l’elevata resa in granella. Si precisa comunque che il colza, a parità di costo di 30Nella fase di trasformazione in biodiesel, le voci di costo che devono essere valutate sono quelle relative alla produzione di materia, alla spremitura e rettifica dell’olio (raffinazione). 31 Considerata una densità è pari a 0,9 kg/l 62 Capitolo 1: Stato dell’arte sulla produzione, l’utilizzo e il mercato dei biocarburanti produzione, nel processo di trasformazione in biodiesel, manifesta performance qualitative migliori. Al fine di valutare la redditività del settore del biodiesel è stata effettuata un’analisi economica di un impianto rappresentativo che riassume, in media, le caratteristiche degli impianti di biodiesel presenti in Italia32. L’impianto considerato produce 150.000 tonnellate all’anno di biodiesel. Per semplicità, è stato ipotizzato solo l’utilizzo dell’olio di colza, che rappresenta la materia prima maggiormente impiegata dalle aziende produttrici italiane e presenta le migliori caratteristiche per la trasformazione in biodiesel. L’analisi economica si è basata sull’applicazione della metodologia break-even analysis e si fonda sul confronto di tutte le voci di costo con le voci attive relative alla vendita del prodotto finale. I costi sono dati dalla somma di tutti gli esborsi richiesti per la gestione e la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’impianto, mentre i ricavi sono costituiti dai proventi derivanti dalla vendita del biodiesel e della glicerina come sottoprodotto. Dal confronto costi-ricavi, è stato determinato il Margine Operativo Netto o EBI-T (earning before interest and taxes), detto anche reddito operativo. Una volta individuati i parametri utili allo studio della potenzialità economico strutturale, vale a dire prezzi e costi (fissi e variabili), è stato determinato il profitto. Mediante l’equazione del profitto viene individuata la linea di pareggio che evidenzia le combinazioni di prezzo dell’olio vegetale e di prezzo del biodiesel che assicurano all’impianto un profitto pari a zero. I dati sono stati elaborati in modo da evidenziare l’incidenza dei costi di produzione sulla redditività dell’impianto. In particolare, sono stati considerati il costo dell’investimento, i costi di gestione, di trasformazione, di trasporto nonché i costi dell’olio vegetale (Tab.13). 32 Analisi derivante delle informazioni raccolte tramite un indagine. 63 Tabella 13: Costi totali di produzione biodiesel PRICIPALI VOCI DI COSTO Rata annuale prestito bancario Costi di gestione e manutenzione Costo della biomassa - olio di colza Altri costi Costo di trasformazione Totale costi di produzione Costi di produzione per tonnellata (€/ton) € 1.554.048 12.000.000 103.500.000 1.500.000 9.750.000 130.554.048 % 1,19 9,19 79,28 1,15 7,47 100,00 870 Dalla tabella emerge come il costo della biomassa vegetale (olio di colza) è la voce che incide maggiormente sul totale dei costi (80%). Ciò significa che il costo di produzione del biodiesel è fortemente correlato con le variazioni dei prezzi degli oli vegetali sul mercato di riferimento (Rotterdam). Il margine operativo netto, dato dalla differenza dei ricavi con i costi di produzione, risulta negativo (Tab.14). Tale risultato è riconducibile in particolare al livello del prezzo del biodiesel che viene fissato dalle compagnie petrolifere, senza tenere conto dei costi di produzione sostenuti dalle imprese. Tabella 14: Margine netto dell’impianto del biodiesel VOCI CONSIDERATE Biodiesel venduto (tonnellate) Prezzo del biodiesel (€/ton) Glicerina venduta (tonnellate) Prezzo della glicerina (€/ton) MARGINE NETTO (€) MARGINE NETTO PER TONNELLATA € 150.000 750 15.000 80 -16.854.048 -112 Infatti un aspetto interessante riguarda la formazione del prezzo del biodiesel che non possiede un proprio mercato, ma è legato all’andamento del prezzo del petrolio. Non è infatti possibile individuare un prezzo del biodiesel sul mercato Platts33 come per 33 Il Platts è un’agenzia specializzata e indipendente con sede a Londra, parte del gruppo Mc Graw Hill, che definisce il valore a cui le raffinerie possono vendere una tonnellata di benzina o di gasolio in quel dato giorno. Le quotazioni Platts dei prodotti raffinati e, di conseguenza, i prezzi internazionali dei carburanti non hanno sempre una precisa correlazione con quelli del greggio e spesso mostrano andamenti di segno opposto, perché rappresentano mercati diversi, influenzati da variabili differenti. 64 il gasolio e la benzina. Il prezzo del biodiesel deriva da una contrattazione tra produttori e compagnie petrolifere. Le componenti che concorrono alla formazione del prezzo sono essenzialmente due: il prezzo del diesel su base Platts ed un premio che generalmente varia tra 200 e 300 euro alla tonnellata in relazione al prezzo dell’olio vegetale e ad alcuni parametri qualitativi dello stesso. E quindi: dove: - Pl: prezzo medio mensile del diesel pubblicato su base Platts - Cm: cambio €/$ - Densità diesel: 0,845 - Densità biodiesel: 0,882 Il cosiddetto “business margin”, che corrisponde alla differenza tra i costi sostenuti per la produzione del biodiesel ed il prezzo del diesel su Platts, rappresenta invece il valore che permetterebbe di coprire i costi di produzione e che i produttori di biodiesel vorrebbero spuntare. Tuttavia, è emerso che il prezzo riconosciuto dalle compagnie petrolifere corrisponde a circa il 65% del “business margin”, percentuale che dipende dal potere contrattuale dei produttori e risulta a sua volta proporzionale alla quota di contingente defiscalizzato a loro assegnata. Purtroppo, essendo frutto di una contrattazione tra le parti, non siamo in grado di stabilire la quota dei mancati costi che entra a far parte del prezzo riconosciuto ai produttori. Va inoltre precisato che, nell’attualità, le dinamiche del mercato internazionale sul biodiesel da un lato e la riduzione del contingente defiscalizzato dall’altro, hanno fatto sì che la formazione del prezzo del biodiesel avvenga tramite un semplice meccanismo d’asta (al ribasso) imposto dalle compagnie petrolifere. Il mercato bioenergetico pertanto inizialmente propenso al riconoscimento di un prezzo alla qualità del prodotto, risulta oggi sottoposto alla competizione non sempre leale con i biocarburanti provenienti dall’estero. A tali condizioni risulta difficile per i produttori italiani essere competitivi. Di seguito un grafico (Fig.53) che mostra l’andamento del prezzo del biodiesel. Il prezzo del biocombustibile fa riferimento al prezzo alla pompa in Germania e risulta essere un blend. 65 Figura 53: Prezzo del biodiesel alla pompa Fonte: Bloomberg, 2013 Dal grafico (Fig.54) è possibile notare come il prezzo del biodiesel negli ultimi anni risulta essere piuttosto stabile. In particolare se si confrontano le variazioni del prezzo del biodiesel con quelle della materia prima principale di riferimento, ossia l’olio di colza, e del diesel è possibile osservare come il prezzo del biocombustibile risulta piuttosto stabile. Figura 54: Prezzi indicizzati biodiesel, diesel e olio di colza (2008=100) 66 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti Introduzione Con la ratifica del protocollo di Kyoto34, l’Europa ha accettato la sfida di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra (GHG)35 associate alla produzione e al consumo di energia. A tale scopo, la Commissione Europea, nel giugno del 2000, ha indetto il primo European Climate Change Programme (ECCP I), nel quale vengono identificate una serie di misure, di politiche comuni e coordinate (CCPMs) per l’intera EU al fine di adempiere agli obblighi del Protocollo stesso. Queste CCPMs sono state adottate o sono comunque in una fase avanzata. Molte di queste CCPMs prendono forma come Direttive, che devono essere recepite dagli Stati Membri tramite leggi nazionali, altre come Regolamenti, direttamente applicati dagli Stati Membri. In aree specifiche sono previsti anche degli accordi volontari tra la Commissione Europea e i soggetti interessati (stakeholders). La maggior parte delle CCPMs hanno come obiettivo la riduzione delle emissioni nei settori dell’energia e dei trasporti, in quanto in questi settori il potenziale di riduzione delle emissioni di GHG è potenzialmente molto alto. In dettaglio l’Unione Europea, al fine di rispettare il protocollo di Kyoto della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici e gli ulteriori impegni assunti a livello internazionale per la riduzione delle emissioni di gas a 34 Il Protocollo di Kyoto è un trattato internazionale in materia di ambiente sottoscritto nell’omonima città giapponese l’11 dicembre 1997 da più di 160 Paesi, ed entrato in vigore il 16 febbraio 2005, dopo la ratifica da parte della Russia; esso costituisce lo strumento attuativo della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e si propone come primo grande passo verso una strategia internazionale volta al raggiungimento di una progressiva riduzione delle emissioni di gas serra in atmosfera. Il Protocollo impegna i Paesi industrializzati ad una diminuzione di almeno il 5,2% delle emissioni globali dei principali gas ad effetto serra rispetto ai valori del 1990, ed il periodo previsto per il conseguimento di questo obiettivo è tra il 2008 e il 2012. 35 Sono chiamati gas serra (o greenhouse gas) quei gas presenti in atmosfera, che sono trasparenti alla radiazione solare in entrata sulla Terra ma riescono a trattenere, in maniera consistente, la radiazione infrarossa emessa dalla superficie terrestre, dall'atmosfera e dalle nuvole. I gas serra possono essere di origine sia naturale che antropica, e assorbono ed emettono a specifiche lunghezze d'onda nello spettro della radiazione infrarossa. Questa loro proprietà causa il fenomeno noto come effetto serra. I principali sono: il vapore acqueo (H2O), il biossido di carbonio (CO2), l'ossido di diazoto (N2O) e il metano (CH4). 67 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti effetto serra, ha attuato una serie di misure al fine di controllare il consumo di energia e di incrementare l’utilizzo di energia derivante da fonti rinnovabili. L’obiettivo è quello di assicurare risparmi energetici più elevati ed incrementare l’efficienza energetica, tramite l’utilizzo dei meccanismi attuati, che costituiscono parti importanti del pacchetto necessario per ridurre le emissioni di GHG. Tali fattori hanno un’importante funzione anche nel promuovere la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel favorire lo sviluppo tecnologico e l’innovazione e nel creare posti di lavoro e sviluppo regionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate. In particolare, i maggiori progressi tecnologici, il ricorso a tecnologie energeticamente efficienti e l’utilizzo di energia proveniente da fonti rinnovabili, sono tra gli strumenti più efficaci con cui la Comunità può ridurre la sua dipendenza dalle importazioni di petrolio, in cui il problema della sicurezza degli approvvigionamenti energetici è molto evidente. Di seguito verrà descritta la cronistoria normativa sulle energie rinnovabili e sui biocombustibili. 2.1 Le politiche ambientali per le fonti rinnovabili e i biocombustibili in Europa Numerosi sono stati gli interventi normativi e programmatici realizzati dall’UE per rispondere alle esigenze per la produzione alternativa di energia, necessari a soddisfare sia il crescente bisogno di fonti rinnovabili, che la riduzione delle emissioni di CO2, rispondendo così agli accordi siglati nel Protocollo di Kyoto. Nel 1996, la Commissione Europea ha adottato il Libro Verde “Energia per il futuro: le fonti energetiche rinnovabili”, ponendosi l’arduo obiettivo di raddoppiare entro 15 anni il contributo dell’energia rinnovabile al consumo interno lordo di energia (il 12% nel 2010), con la creazione di 500.000 posti di lavoro (CE, 1996). Nel Libro Verde la Commissione Europea ha analizzato sia le problematiche che i possibili vantaggi derivabili dall’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili; tra i limiti, la Commissione ha evidenziato gli elevati costi fissi ed i lunghi periodi ammortamento per le imprese, ma anche diversi problemi tecnici ed economici per la connessione alle reti elettriche centralizzate. Tra i vantaggi, sono stati indicati la maggior sicurezza degli approvvigionamenti e la diminuzione della dipendenza europea dalle importazioni di energia, la maggiore competitività tecnologica delle industrie, i minori impatti ambientali e la riduzione delle emissioni, incrementando il tasso di occupazione. 68 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti Successivamente al Libro Verde, la Commissione Europea ha emanato il Libro Bianco “Energia per il futuro: le fonti energetiche rinnovabili”, dove sono stati sottolineati e descritti con maggior dettaglio i vantaggi derivanti dall’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili e dove è stato definito il tasso-obiettivo di penetrazione delle rinnovabili, pari al 12% entro il 2010 (CE, 1997). Nel Libro Bianco è stato stimato un investimento complessivo per conseguire l’obiettivo, di 165 miliardi di euro per il periodo 1997-2010, mentre l’investimento al netto dei costi evitati per l’acquisto di combustibile è stato stimato pari a 95 miliardi di euro. Tra i benefici, notevoli, sono stati individuati: un incremento occupazionale dai 500.000 ai 900.000 posti di lavoro, un risparmio totale di costi per il combustibile di circa 21 miliardi di euro nel peridio 1997-2010, con una riduzione di importazione di combustibile del 17,4% ed una diminuzione delle emissioni di CO2 pari a circa 402 milioni di Tonnellate/anno nel 2010.Al Libro Verde ed al Libro Bianco sono seguite numerose Direttive al fine di attuare le principali azioni previste. Il 27 ottobre 2001 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea la Direttiva 2001/77/CE “sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”. La Direttiva prevedeva che entro il 27 ottobre 2002, e successivamente ogni cinque anni, gli Stati Membri avessero adottato e pubblicizzato una relazione che stabilisse per i dieci anni successivi, gli obiettivi indicativi nazionali di consumo totale di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili, in termini di percentuale sul consumo di elettricità. Inoltre prevedeva la pubblicazione da parte degli Stati Membri, per la prima volta entro il 27 ottobre 2003, e successivamente ogni due anni, di una relazione contenente un’analisi del raggiungimento degli obiettivi indicativi nazionali; la Commissione doveva, quindi, pubblicare una relazione contenente le sue conclusioni, entro il 27 ottobre 2004 e successivamente ogni due anni e, sulla base delle relazioni degli Stati Membri e presentare al Parlamento Europeo una relazione di sintesi sull’attuazione della Direttiva entro il 31 dicembre 2005 e successivamente ogni 5 anni. La direttiva ribadiva l’obbligo del 12% di consumo interno lordo di energia da fonti rinnovabili entro il 2010, imponendo di raggiungere una quota indicativa del 22,1% di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili sul consumo totale di elettricità della Comunità, entro lo stesso periodo. Secondo la normativa gli Stati Membri avevano l’onere di garantire l’origine dell’elettricità prodotta e di ridurre eventuali ostacoli di qualsiasi tipologia, compresi quelli 69 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti normativi; in particolare è di notevole importanza rilevare l’obbligo, imposto ai gestori di rete, di trasmettere, di distribuire e di garantire che la tariffazione dell’elettricità proveniente da impianti che utilizzano fonti energetiche rinnovabili, rifletta i vantaggi in termini di costi che ne derivano (art. 7, Direttiva 2001/77/CE). Per ottenere le finalità prefissate, la Direttiva prevedeva obiettivi differenziati per ogni singolo Stato Membro, avente facoltà di scegliere gli strumenti e le misure di sostegno di mercato delle fonti rinnovabili, più idonee alle diverse situazioni. A livello nazionale la Direttiva è stata recepita tramite l’adozione di meccanismi di sostegno, come i Certificati Verdi (CV)36, aiuti agli investimenti, esenzioni fiscali, restituzione d’imposta e regimi di sostegno diretto dei prezzi. Come meccanismo di mercato in molti Stati Membri è stato introdotto l’obbligo ad importatori e produttori di energia da fonti non rinnovabili, di immettere in consumo una quota di energia elettrica derivante da fonti energetiche rinnovabili, al fine di incentivarne la produzione. Per incentivare la promozione della produzione e l’uso dei biocarburanti in modo da diminuire l’utilizzo e di conseguenza l’impatto ambientale dei carburanti diesel e benzina, nel maggio del 2003, l’Unione Europea ha pubblicato la Direttiva 2003/30/CE “sulla promozione dell’uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti”. Tale direttiva ha istituito dei “valori di riferimento” per la progressiva immissione in consumo dei biocarburanti pari al 2% della quota di mercato nel 2005 e al 5,75% nel 2010, rispetto all’impiego dei combustibili fossili, al fine di garantire la penetrazione nel mercato della distribuzione dei carburanti di una quota minima di biocombustibili. La Direttiva si è inserita pienamente tra le misure e gli obiettivi preposti dal Protocollo di Kyoto, nonché tra le politiche per la sicurezza per l’approvvigionamento energetico e chiedeva agli Stati Membri di monitorare e comunicare puntualmente i risultati raggiunti e giustificare eventuali scostamenti dall’obiettivo europeo (es.: Richiesta CE di chiarimenti all’Italia per l’obiettivo 2005 del 28/06/2006). 36 Nel mercato dei CV, la domanda è costituita dall’obbligo per produttori e importatori di immettere annualmente una “quota minima d’obbligo” di energia prodotta da fonti rinnovabili, pari al 2% di quanto prodotto e/o importato da fonti convenzionali nell’anno precedente (D.Lgs. del 16 Marzo 1999, n.79). Per quanto riguarda l’offerta, questa è rappresentata dai CV emessi a favore degli operatori con impianti che hanno ottenuto la qualificazione I.A.F.R. (Impianti Alimentati da Fonti Rinnovabili), dal Gestore dei Servizi Elettrici (GSE). 70 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti Importanti agevolazioni, dal punto di vista della tassazione per le fonti rinnovabili, sono state raggiunte con la Direttiva 2003/96/CE (“Ristruttura il quadro Comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità), nella quale si ribadisce che gli Stati membri devono obbligatoriamente applicare una tassazione “minima” (ACCISA)37 ai prodotti energetici quando sono impiegati come combustibili o carburanti38. In particolare tale direttiva ha l’obiettivo di migliorare il mercato interno esentando o riducendo i biocarburanti da accise. Pertanto i programmi di agevolazione sui biocarburanti consentiti dalla direttiva 2003/96/CE sono in linea con il dettato della direttiva 2003/30/CE sulla promozione dei biocarburanti, consentendo di sostenere la nascita di un tessuto industriale comunitario nel settore della produzione di biocarburanti. Infine l’ultimo testo normativo relativo alle fonti energetiche rinnovabili è la Direttiva 2009/28/CE del 23 Aprile 2009 “sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili”, che risulta di fondamentale importanza, in quanto affronta la promozione dell’utilizzo sia dell’energia da fonti rinnovabili, che dei biocarburanti o di altri combustibili rinnovabili nel settore dei trasporti. Inoltre, introduce novità di notevole interesse in relazione ad argomenti di carattere ambientale ed in materia di cambiamento climatico, e per questi motivi verrà approfondita nel seguente paragrafo. 2.1.1 La Direttiva 2009/28/CE – Renewable Energy Directive (RED) La direttiva 2009/28/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009, “Sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”, fa parte del pacchetto clima-energia39, sorgendo quindi nel quadro della lotta al cambiamento climatico, ma senza dimenticare il fondamento della sicurezza 37 Accisa: imposta sulla fabbricazione e sul consumo. È un tributo indiretto che colpisce singole produzioni e singoli consumi. In Italia le accise più importanti sono quelle relative ai prodotti energetici (precedentemente limitati solo agli oli minerali derivati dal petrolio), all’energia elettrica, agli alcolici e ai tabacchi. L’accisa è un’imposta che grava sulla quantità dei beni prodotti e si esprime in termini di aliquote che sono rapportate all’unità di misura del prodotto (es. m3). L’accisa concorre a formare il valore dei prodotti, ciò vuol dire che l’IVA sui prodotti soggetti ad accisa grava anche sulla stessa accisa. 38 Direttiva 2003/96 /CE Art. 2. 39Approvato in data 17/12/2008, il pacchetto è volto a conseguire gli obiettivi che l’UE si è fissata per il 2020: ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra, portare al 20% il risparmio energetico e aumentare al 20% il consumo di fonti rinnovabili; contiene 6 proposte legislative: Sistema di scambio delle emissioni di gas a effetto serra (ETS), Ripartizione degli sforzi per ridurre le emissioni, Cattura e stoccaggio geologico del biossido di carbonio, Accordo sulle energie rinnovabili, Riduzione del CO2 da parte delle auto, Riduzione dei gas a effetto serra nel ciclo di vita dei combustibili. 71 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti dell’approvvigionamento energetico. Come si evince già dal titolo della Direttiva, questa va ad abrogare altre due Direttive già in vigore in Europa: la “Direttiva 2001/77/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001 sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità” e la “Direttiva 2003/30/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’8 maggio 2003 sulla promozione dell’uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti”. La Direttiva 2009/28/CE stabilisce un quadro per promuovere l’energia da fonti rinnovabili, fissando obiettivi nazionali obbligatori sia per la quota complessiva di tale energia sul consumo finale lordo sia sui trasporti, regolando i trasferimenti statici tra gli Stati membri, i progetti comuni tra Stati membri e con paesi terzi, le garanzie d’origine, le procedure amministrative, di informazione e di formazione, l’accesso alla rete elettrica per l’energia da fonti rinnovabili e fissando criteri di sostenibilità per biocarburanti e bioliquidi (art. 1). In dettaglio lo scopo della Direttiva è quello di raggiungere l’obiettivo comunitario del 20% della quota di energia da fonti rinnovabili entro il 2020, e per fare in modo che ciò avvenga, la quota di energia da fonti rinnovabili di ogni Stato membro dovrà essere pari all’obiettivo nazionale generale di consumo finale lordo (allegato I parte A) come mostrato nella tabella che segue (Tab.15). Gli Stati adotteranno tutte le misure necessarie a raggiungere la quota stabilita nella traiettoria indicativa (allegato I parte B), utilizzando regimi di sostegno o misure di cooperazione con Stati Membri o Terzi. 72 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti Tabella 15: Obiettivi nazionali generali per la quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale di energia nel 2020 Fonte: Direttiva 2009/28/CE Per quanto riguarda il settore dei trasporti, la Direttiva 2003/30/CE fissava un obiettivo indicativo di introduzione di una quota di biocarburanti pari al 5,75% di tutti i combustibili per il trasporto stradale da raggiungere nel 2010. Con la presente Direttiva (art. 3) la quota di energia di ogni Stato membro da fonti rinnovabili per ogni forma di trasporto dovrà essere pari al 10% del consumo finale entro il 2020 (Fig.55). 73 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti Figura 55: Uso dei biocarburanti nell’EU e obiettivi stabiliti dalle relative Direttive Europee (%) Fonte: Elaborazione ENEA su dati EurObserv’ER - Biofuels Barometer, 2009 Ogni Stato membro adotta un piano di azione nazionale con il quale fissa gli obiettivi da raggiungere entro il 2020 per la quota di energia da fonti rinnovabili consumata nei trasporti, elettricità e riscaldamento/raffreddamento (art. 4). Punto di fondamentale importanza discusso nella presente Direttiva, è quello di garantire la sostenibilità ambientale tramite l’introduzione di criteri severi per misurare la sostenibilità dei biocarburanti; infatti, all’articolo 17 vengono definiti una serie di criteri per i biocarburanti e bioliquidi. Questi sono eligibili se presentano un beneficio di riduzione delle emissioni di CO2 pari ad almeno il 35% immediatamente, al 50% per il 2017 e al 60% per i nuovi impianti nel 2018. Al fine di assicurare i massimi livelli di sostenibilità, gli articoli 17.3, 17.4, 17.5 prevedono che per raggiungere l’obiettivo del 10% non saranno contabilizzati, e che quindi non potranno neanche beneficiare dei regimi di sostegno, i biocarburanti derivanti da materie prime ottenute: da terreni ad elevata biodiversità catalogati nel gennaio 2008 o successivamente come foreste primarie o altri terreni boschivi, come aree designate a norma di legge per la protezione della natura e di ecosistemi o specie rari minacciati di estinzione, o come terreni erbosi naturali ad elevata biodiversità; da terreni con elevati stock di carbonio e che dal gennaio 2008 erano classificati come zone umide o zone boschive continue; 74 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti dai terreni classificati come torbiere nel gennaio 2008. Ogni Stato Membro ha l’obbligo di dimostrare che i criteri sopra indicati sono stati rispettati nella fase di produzione dei biocarburanti e bioliquidi. La Comunità, dal canto suo, si impegna a concludere accordi con i paesi terzi che contengano disposizioni sui criteri di sostenibilità corrispondenti a quelli contenuti nella presente Direttiva, accordi che dimostrano la produzione sostenibile di biocarburanti e bioliquidi dalle materie prime provenienti da questi paesi (art. 18). Al fine di valutare le emissioni di gas serra derivanti dalla produzione e dall’utilizzo dei biocombustibili, nell’articolo 19 della presente Direttiva viene proposta una metodologia di calcolo di tali emissioni. A solo titolo informativo si riporta qui di seguito la formula principale di tale metodologia, rimandando però al testo originale per maggiori dettagli: E = eec + el + ep + etd + eu – esca – eccs – eccr – eee dove E = il totale delle emissioni derivanti dall’uso del carburante; eec = le emissioni derivanti dall’estrazione o dalla coltivazione delle materie prime; el = le emissioni annualizzate risultanti da modifiche degli stock di carbonio a seguito del cambiamento della destinazione dei terreni; ep = le emissioni derivanti dalla lavorazione; etd = le emissioni derivanti dal trasporto e alla distribuzione; eu = le emissioni derivanti dal carburante al momento dell’uso; esca = la riduzione delle emissioni grazie all’accumulo di carbonio nel suolo mediante una migliore gestione agricola; eccs = la riduzione di emissioni grazie alla cattura e allo stoccaggio geologico del carbonio; eccr = la riduzione delle emissioni grazie alla cattura e alla sostituzione del carbonio; eee = la riduzione di emissioni grazie all’elettricità eccedentaria prodotta dalla cogenerazione. Infine, concludendo il quadro descrittivo della Direttiva 2009/28/CE, nell’articolo 19, è inoltre indicato che la Commissione ha l’obbligo negli anni successivi di presentare relazioni in cui si valutava l’impatto del cambiamento indiretto della destinazione dei terreni sull’emissione di gas ad effetto serra. 75 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti 2.2 Strumenti politici per i biocarburanti in Europa Oltre alle Direttive sovra citate, le politiche di sostegno hanno avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo del settore dei biocarburanti. In particolare, nel determinare la convenienza della produzione dei biocarburanti intervengono la politica energetica ed ambientale, la politica fiscale, la politica commerciale e la politica agricola. Gli strumenti utilizzati possono pertanto essere classificati in tre grandi categorie: misure che influenzano l’offerta: riduzione o abolizione delle accise (defiscalizzazione), incentivi agli investimenti, sussidi alla produzione di materia prima agricola; misure che influenzano la domanda: miscelazione obbligatoria, acquisto obbligatorio da parte dei gestori dell’energia; misure che influenzano la tecnologia e lo sviluppo del mercato: investimenti pubblici in ricerca, accordi contrattuali. Si tratta pertanto di un’ampia tipologia di politiche di sostegno e regolamentazione che possono agire su specifici segmenti della supply chain. Senza questo rilevante livello di protezione esterna e di sostegno pubblico probabilmente la produzione di biocombustibili non si sarebbe diffusa nei Paesi sviluppati (Zezza, 2007). Per quanto riguarda il primo aspetto, ossia le misure che condizionano l’offerta, già partire dal 1992 la Politica Agricola Comunitaria (PAC) aveva previsto sussidi per la produzione di colture energetiche. La riforma Mac-Sharry del 1992 aveva infatti introdotto l'obbligo di mantenere una certa superficie di terreni non destinata a coltivazioni per uso alimentare (“set-aside land”). Nel 2003, un'ulteriore riforma del PAC garantiva un incentivo di 45 euro per ogni ettaro destinato a coltivazioni utilizzate per fini energetici. Grazie a ciò, nel 2005 più del 95% dei terreni destinati a coltivazioni non alimentari beneficiava di tale incentivo fornendo così un implicito sostegno finanziario alla produzione di biocarburanti. Tuttavia, nel gennaio 2009, attraverso la riforma "Health Check" della PAC, la Commissione Europea ha definitivamente abolito il sussidio per la coltivazione energetica e la messa a riposo del terreno (Set-aside-land). In termini di defiscalizzazione, l’Unione Europea prevede un trattamento fiscale preferenziale rispetto a quello riservato ai carburanti 76 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti tradizionali. Molti Paesi europei40 hanno infatti adottato esenzioni totali o parziali per i biocarburanti, con l’obbiettivo di compensare gli elevati costi di produzione registrati rispetto ai combustibili fossili. Tuttavia, anche in questo caso, ad oggi molti paesi non attuano più tale strumento. In Italia per esempio, la politica nazionale per il settore del biodiesel prevedeva inizialmente una abolizione totale dell’accisa, di seguito una riduzione dell’accisa per un contingente di 250.000 tonnellate e poi per un contingente di 18.000 tonnellate. Dal 2010 nessuna esenzione è prevista. Infine, per quanto concerne gli incentivi agli investimenti, nell’UE aiuti alla costruzione degli impianti sono stati concessi in occasione della riforma dell’OCM zucchero ai produttori che riconvertivano gli zuccherifici. In questo caso, pur non essendo espressamente prevista la destinazione produttiva degli impianti, la riconversione in stabilimenti destinati alla produzione di etanolo e biodiesel è stata prevalente. Il principale strumento di incentivazione della domanda è rappresentato dalle regole di miscelazione obbligatoria. Gli standard che stabiliscono la miscelazione obbligatoria dei biocarburanti con i combustibili fossili possono essere definiti in valori assoluti o in percentuale sul consumo totale di carburanti. La Direttiva 2003/30/CE prevedeva il raggiungimento di una quota di immissione dei biocarburanti pari al 2% al 2005 e al 5,75% al 2010 sul consumo totale nel settore dei trasporti. L’attuale Direttiva 28/2009/CE prevede per il 2020 di raggiungere l’obiettivo comunitario del 20% della quota di energia da fonti rinnovabili. La stessa Direttiva stabilisce il raggiungimento di una quota di immissione dei biocarburanti del 10% entro il 2020 sul consumo totale nel settore dei trasporti. Inoltre, con la proposta “COM(2012)595” dell’ottobre 2012 volta a revisionare Direttiva 98/70/CE e Direttiva 2009/28/CE, l’UE propone di contenere al 5% la quantità di biocarburanti derivanti da colture alimentari che può essere presa inconsiderazione nel calcolo di quota su consumi finali nei trasporti ai fini di obiettivo del 10%. L’obbiettivo è quello di incentivare la produzione dei biocarburanti con impatto basso o nullo dal punto di vista di emissioni da ILUC, come quelli di seconda o terza generazione. Infine tra le misure che influenzano la tecnologia e lo sviluppo del mercato ricadono anche altri strumenti come gli incentivi alla diffusione dei veicoli flex-fuels e i 40 Nell’Unione Europea non esiste un unico regime e la riduzione delle accise sulla benzina viene decisa a livello di singolo Stato Membro e varia tra 0 e 0,60 € per litro, con la maggioranza dei Paesi attorno a 0,30 €/l. 77 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti programmi di acquisto pubblico. Questo tipo di incentivo è tuttavia poco usato in Europa. Esso prevale soprattutto in Brasile o in negli Stati Uniti d’America. 2.3 Sistema di certificazione per i biocarburanti Il 10 Giugno 2010 la Commissione Europea al fine di rispettare la sostenibilità dei biocarburanti, ha incoraggiato l’industria, i governi e le Organizzazioni Non Governative (ONG) a istituire sistemi di certificazione per tutti i tipi di biocarburanti usati nell’UE, compresi quelli importati, definendo inoltre i requisiti che tali certificazioni devono rispettare per ottenere il riconoscimento della Commissione. La serie di misure previste sono volte a garantire che i biocarburanti, commercializzati ed acquistati nella Comunità Europea, rispettino determinati criteri e standard qualitativi di eco-compatibilità, in tutti i passaggi della filiera produttiva, fino alla distribuzione. Appositi ispettori avranno il compito di controllare il rispetto delle misure e di verificare tutti i cicli di produzione. È bene precisare che i sistemi previsti dalla Commissione Europea sono volontari, ma in realtà spingono all’obbligatorietà dei controlli, ciò poiché i biocarburanti che non riceveranno questa certificazione, non verranno sommati alle quantità che ogni Paese UE deve utilizzare al fine di rispettare le Direttive Europee. La certificazione facilita il rispetto dei criteri stabiliti dall’UE in base ai quali i biocarburanti devono consentire riduzioni considerevoli delle emissioni di gas a effetto serra e non devono provenire da foreste, zone umide e aree naturali protette. Le regole applicabili ai sistemi di certificazione rientrano in una serie di orientamenti esplicativi per l’attuazione della Direttiva sull’energia da fonti rinnovabili, che è entrata in vigore a Dicembre 2010. Il pacchetto di misure adottato consiste in due comunicazioni e una decisione, intese ad aiutare le imprese e gli Stati Membri ad attuare la direttiva sull’energia da fonti rinnovabili. I documenti sono i seguenti: - una comunicazione sui sistemi volontari e i valori standard nei biocarburanti dell’UE e il sistema di sostenibilità dei bioliquidi; - una comunicazione sull’attuazione pratica del regime UE di sostenibilità per i biocarburanti e i bioliquidi e sulle norme di calcolo per i biocarburanti; - la decisione sugli orientamenti per il calcolo degli stock di carbonio nel suolo. Come già detto, i documenti sono incentrati sui criteri di sostenibilità per i biocarburanti e sulle azioni necessarie per verificare che siano impiegati unicamente 78 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti biocarburanti sostenibili. Di seguito una breve descrizione. Un’analisi più dettagliata sarà proposta nel capitolo 3. 2.3.1 Comunicazione della Commissione n. 2010/C 160/01 del 19 Giugno 2010 L’UE con la direttiva sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili ha introdotto nel 2009 il regime vincolante di sostenibilità più completo e avanzato al mondo nel suo genere. Il regime di sostenibilità è costituito da due strumenti concepiti per ridurre l’onere amministrativo degli operatori economici: 1) possibilità di ricorrere a «sistemi volontari» o «accordi bilaterali e multilaterali» riconosciuti per dimostrare la conformità ad alcuni o a tutti i criteri di sostenibilità e 2) possibilità di applicare i «valori standard» istituiti dalla direttiva al fine di dimostrare la conformità al criterio di sostenibilità riguardante la riduzione delle emissioni di gas serra. La Commissione può decidere che i sistemi volontari o gli accordi bilaterali e multilaterali conclusi dall’Unione Europea contengono dati accurati, in merito ai criteri di sostenibilità e può aggiungere valori standard per i nuovi metodi di produzione dei biocarburanti/bioliquidi e aggiornare i valori esistenti. La comunicazione illustra in che modo la Commissione intende espletare le proprie funzioni per giungere ad adottare le decisioni descritte; fornisce, inoltre, informazioni agli Stati Membri, ai paesi terzi, agli operatori economici e alle organizzazioni non governative. Oltre a questa, la Commissione ha adottato un’altra comunicazione sull’applicazione pratica del regime UE di sostenibilità per i biocarburanti e i bioliquidi e sulle norme per il calcolo per i biocarburanti, finalizzata ad agevolare un’applicazione omogenea del regime di sostenibilità. 2.3.2 Comunicazione della Commissione n. 2010/C 160/02 del 19 Giugno 2010 La comunicazione in oggetto illustra in che modo gli Stati Membri e gli operatori economici possono concretamente attuare i criteri di sostenibilità e le norme di calcolo per i biocarburanti esplicato nella direttiva sulle energie rinnovabili; non ha carattere vincolante, ma è finalizzata ad assistere gli Stati Membri e ad agevolare 79 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti un’applicazione coerente dei criteri di sostenibilità, che si applicano ai biocarburanti e ai bioliquidi prodotti nell’UE e anche a quelli importati. Gli Stati Membri hanno il compito di verificare che siano rispettati i criteri di sostenibilità quando i biocarburanti/bioliquidi: 1. sono contabilizzati ai fini degli obiettivi nazionali previsti dalla direttiva sulle energie rinnovabili; 2. sono utilizzati per misurare il rispetto degli obblighi in materia di energie rinnovabili; 3. beneficiano di un sostegno finanziario per il loro consumo; 4. sono contabilizzati ai fini dell’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra previsto dalla Direttiva sulla qualità dei carburanti (unicamente biocarburanti); 5. beneficiano di aiuti agli investimenti e/o al funzionamento in conformità della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela ambientale (unicamente biocarburanti); 6. sono presi in considerazione nell’ambito delle disposizioni riguardanti i veicoli alimentati da carburante alternativo contenute nel regolamento sulle emissioni di CO2 prodotte dalle autovetture (unicamente bioetanolo «E85»). 2.3.3 Decisione della Commissione n. 2010/335/UE del 10 Giugno 2010 Come illustrato nei paragrafi precedenti, la Direttiva 2009/28/CE stabilisce le regole per il calcolo dell’impatto dei gas a effetto serra di biocarburanti, bioliquidi e carburanti fossili di riferimento, che tengono conto delle emissioni risultanti da modifiche degli stock di carbonio a seguito della modifica della destinazione dei terreni. L’allegato V della suddetta Direttiva definisce il metodo per calcolare l’impatto delle emissioni di gas a effetto serra e contiene le regole per calcolare le emissioni annualizzate delle variazioni degli stock di carbonio derivanti dalle modifiche di destinazione del terreno. Al fine di calcolare gli stock di carbonio nel suolo e completare le regole stabilite nell’allegato V, la Commissione Europea ha emanato la Decisione della Commissione del 10 Giugno 2010, “relativa alle linee direttrici per il calcolo degli stock di carbonio nel suolo ai fini dell’allegato V della Direttiva 2009/28/CE”; la base per redigere suddetta decisione è costituita dalle 80 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti Linee Guida del 2006, del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) per gli Inventari Nazionali dei Gas a Effetto Serra. Considerando che non si presentano in una forma facilmente applicabile dagli operatori economici, essendo dirette all’istituzione degli inventari nazionali dei gas a effetto serra, la Commissione si è basata su altre fonti scientifiche di dati, nei casi in cui queste linee appaiono deficitarie delle informazioni necessarie per la produzione di biocarburanti e di bioliquidi o quando tali informazioni non sono accessibili. Analizzando la presente Decisione è possibile notare come per il calcolo degli stock di carbonio presenti nelle materie organiche del suolo, si è tenuto conto del clima, del tipo di suolo, della copertura e della gestione del suolo, nonché degli apporti. Nelle figure che seguono (Fig.56 e 57) sono riportate, rispettivamente, la ripartizione globale in regioni climatiche e la ripartizione globale in tipi di suolo. Figura 56: Regioni climatiche Fonte: Decisione della Commissione n. 2010/335/UE, 2010 81 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti Figura 57: Distribuzione geografica dei tipi di suolo Fonte: Decisione della Commissione n. 2010/335/UE, 2010 Per determinare gli stock di carbonio nel suolo o le perdite di carbonio nei suoli organici la metodologia IPCC riguarda in particolare la perdita di carbonio dovuta al drenaggio dei terreni e prende in considerazione solo le perdite annuali. Dato che il drenaggio dei terreni comporta una consistente perdita di stock di carbonio che non può essere compensata dalla riduzione dei gas a effetto serra consentita da biocarburanti o bioliquidi e dato che il drenaggio delle torbiere è vietato dai criteri di sostenibilità fissati nella Direttiva 2009/28/CE, sono presenti delle regole generali. Per quanto riguarda il calcolo degli stock di carbonio nella biomassa vivente e nelle materie organiche morte è stato usato un approccio a bassa complessità; conformemente a tale metodologia è ragionevole presumere che tutti questi stock di carbonio si perdano al momento della conversione dei terreni. Le linee direttrici presenti all’interno della Decisione, hanno lo scopo di fornire valori standard, che consentano agli operatori economici di utilizzare i valori effettivi degli stock di carbonio associati alla destinazione dei terreni di riferimento e alla destinazione dei terreni dopo la conversione, ai fini del calcolo dell’impatto della conversione dei terreni sulle emissioni di gas a effetto serra. 2.4 Comunicazione ILUC: COM(2012) 595 Il 17 ottobre del 2012, la Commissione Europea ha presentato al Parlamento e al Consiglio Europeo una proposta COM(2012) 595 finalizzata ad apportare delle importanti modifiche alla Direttiva del 1998 sulla qualità della benzina e del diesel 82 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti (Direttiva 98/70/CE) e alla più recente Direttiva sulla promozione delle energie rinnovabili (Direttiva 2009/28/CE). La proposta deriva dall’esigenza di considerare in maniera differente l’impatto ambientale delle varie tipologie di biocarburanti immessi sul mercato, soprattutto dal punto di vista delle emissioni aggiuntive derivanti da un cambio di destinazione d’uso dei suoli (ILUC: Indirect Land Use Change). In altre parole, l’intenzione della Commissione è quella di evitare che la crescente domanda di biocarburanti nell’Unione Europea provochi un eccessivo spostamento delle produzioni alimentari verso terre non agricole, come foreste e zone umide, provocando “indirettamente” un aumento delle emissioni ad effetto serra e riducendo, di fatto, i benefici ambientali derivanti dal consumo di biocarburanti. In quest’ottica la Commissione Europea ha avanzato le seguenti proposte di emendamento delle due direttive: limitare, nel raggiungimento degli obiettivi al 2020 della Direttiva europea sulle energie rinnovabili, il contributo dei biocarburanti convenzionali la cui coltivazione è a elevato rischio di ILUC; aumentare il rendimento dei processi di produzione dei biocarburanti riducendone le emissioni di almeno il 60% e scoraggiando nuovi investimenti in impianti poco efficienti; incrementare la quota di mercato dei biocarburanti di nuova generazione (a basso ILUC), in modo tale da aumentare il loro contributo al raggiungimento degli obiettivi al 2020; obbligare gli Stati Membri e i fornitori di carburanti a dare stime relativamente all’effetto ILUC dei propri biocarburanti. In dettaglio, aspetto fondamentale della proposta della Commissione, è di contenere al 5% la quantità di biocarburanti e bioliquidi derivanti da colture alimentari (cereali, amido, zucchero e oli) che può essere presa in considerazione nel calcolo della quota di biocarburanti sui consumi finali di energia utilizzati nei trasporti ai fini dell’obiettivo europeo del 10%. A ciò si aggiunge la proposta di incentivare i biocarburanti che hanno un impatto basso o nullo dal punto di vista delle emissioni da ILUC, come quelli di seconda (derivati da prodotti agricoli e vegetali di scarto come paglia e rifiuti) o terza generazione (biocombustibili prodotti dalle alghe o che non impattano sull’uso dei suoli). 83 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti La proposta è stata fortemente criticata, soprattutto dai rappresentanti di questo settore, tanto che il Consiglio dei Ministri dell’energia dell’Unione Europea ha raggiunto un accordo politico solo il 14 giugno del 2014. In dettaglio l'accordo riconosce e affronta il fenomeno ILUC, inizia una transizione ai biocarburanti con rischi ILUC inferiori e fornisce una prospettiva chiara di investimento, proteggendo allo stesso tempo gli investimenti effettuati. Esso comprende, in particolare: Riduzione delle emissioni indirette da cambiamento dell'uso del suolo attraverso una soglia del 7% del consumo finale di energia nel settore dei trasporti nel 2020 per i biocarburanti convenzionali ai fini dell'obiettivo del 10% della direttiva sulle energie rinnovabili (contro il 5% inizialmente proposto la Commissione); Incoraggiare il passaggio alla seconda e terza generazione di biocarburanti ("advanced"), attraverso incentivi per i biocarburanti avanzati, invitando gli Stati membri a promuovere il consumo di tali biocarburanti e richiedendo loro di fissare obiettivi nazionali per i biocarburanti avanzati basati su un valore di riferimento dello 0,5% dell’obiettivo del 10% di energie rinnovabili nel settore dei trasporti della direttiva RED. Gli Stati membri possono impostare un obiettivo più basso, in base a tre categorie di ragioni oggettive. Tuttavia, essi devono giustificare qualsiasi impostazione di un obiettivo più basso di 0,5 punti percentuali e segnalare eventuali ragioni del nonraggiungimento del loro obiettivo nazionale. La Commissione pubblicherà una relazione di sintesi sui risultati degli Stati membri nei confronti dei loro obiettivi nazionali di biocarburanti avanzati; Il nuovo allegato IX della direttiva sulle energie rinnovabili contiene le materie prime per i biocarburanti avanzati che contano il doppio verso gli obiettivi. Inoltre, ai fini dell'obiettivo nazionale, possono essere contati i biocarburanti avanzati non compresi nell'allegato IX ed utilizzati in impianti esistenti prima dell'adozione della presente direttiva; Ulteriori incentivi per i biocarburanti avanzati attraverso l'estensione dello strumento dei trasferimenti statistici della direttiva sulle fonti rinnovabili per coprire tali biocarburanti avanzati; il doppio conteggio del contributo di questi biocarburanti è esteso agli obiettivi globali sulle energie rinnovabili; La fornitura di incentivi per generare energia elettrica da fonti rinnovabili al fine di ridurre le emissioni di gas serra nel settore dei trasporti. A questo 84 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti proposito, sono stati introdotti un fattore di moltiplicazione di 5 per l'energia elettrica da fonti rinnovabili in veicoli elettrici stradali e di 2,5 per il trasporto ferroviario elettrificato; La relazione ILUC sulla riduzione delle emissioni di gas serra derivante dall'uso di biocarburanti sarà effettuata dalla Commissione sulla base dei dati trasmessi dagli Stati membri; a tal fine, i fattori provvisori stimati ILUC sono inclusi nei nuovi allegati alle direttive sulle energie rinnovabili e la qualità del carburante; Una clausola di revisione che prevede la possibilità di introdurre fattori ILUC stimati corretti nei criteri di sostenibilità. 2.5 Breve quadro normativo del biodiesel in Italia Nel contesto Italiano il biodiesel è entrato nell’ordinamento giuridico nel 1995 con il Testo Unico delle Accise (Decreto legislativo 504/95), in cui si stabilisce che può essere usato sia come carburante che come combustibile, puro o miscelato, ed è sottoposto ad accisa secondo l’aliquota prevista per il combustibile o il carburante equivalente (biodiesel-gasolio). Nel testo viene riportato che il contingente annuo di 125.000 tonnellate di “biodiesel” è completamente esentato dall’accisa. Al decreto legislativo 504/95 fu inizialmente data attuazione con il Decreto del 22 maggio n. 219 1998 concernente modalità di applicazione del trattamento agevolato del biodisel e criteri di ripartizione del contingente agevolato. In seguito, viste le successive modifiche introdotte sia dalla Legge 23 dicembre 2000 n.388 (finanziaria 2001) dove si prevedevano disposizioni concernenti l’esenzioni dell’accisa sul biodisel e, in particolare, stabiliva nell’ambito di un programma triennale l’esenzione dall’accisa nei limiti di un contingente annuo di 300.000 tonnellate di biodisel, che dalle altre novità introdotte a livello europeo la materia è stata regolata dal Decreto del Ministro dell’economia e della finanze 25 luglio 2003 n.256 concernente le modalità di applicazione dell’accisa agevolata sul prodotto denominato “biodisel” e che abroga le disposizioni previste dal DM n. 219/98. Un nuovo programma agevolativo è stato introdotto con la Legge del 30 Dicembre 2004, n.311 (legge finanziaria 2005) che prevede nell’ambito di un programma della durata di sei anni, (dal 1° gennaio 2005 fino al 31 Dicembre 2010) il biodiesel, puro o miscelato con oli minerali, è esentato dall’accisa nei limiti di un contingente di 85 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti 200.000 tonnellate, mentre il bioetanolo è esentato per un quantitativo annuo pari a 100.000 tonnellate. Per favorire la costruzione di una filiera nazionale delle agroenergie viene emanato il Decreto legislativo del 27 Maggio del 2005, n.102 il quale cerca di definire quali sono gli scopi ricercati tramite una intesa di filiera ed il contratto quadro, favorendo l’integrazione di filiere e la valorizzazione dei prodotti agricoli e agroalimentari tenendo comunque conto degli interessi dei consumatori. Il contratto quadro intende sviluppare gli sbocchi commerciali sui mercati interni ed esterni orientando la produzione agricola, garantendo la sicurezza degli approvvigionamenti e ridurre le fluttuazioni dei prezzi. Negli ultimi anni sono stati fatti passi più concreti e decisi per favorire lo sviluppo dell’utilizzo dei biocarburanti, anche in seguito all’emanazione della direttiva 2003/30/CE dell’8 maggio del 2003, e che l’Italia, ha recepito con decreto legislativo del 30 Maggio 2005 contribuendo alla promozione delle fonti di energia rinnovabili riducendo l’emissione dei gas serra. In esso inizialmente erano stati fissati obiettivi indicativi nazionali più bassi rispetto a quelli previsti dalla direttiva europea (pari rispettivamente all’1% entro il 31 dicembre 2005 e al 2,5 entro la fine del 2010). Si era previsto anche un regime di defiscalizzazione a 200.000 tonnellate annue di biodiesel ed etanolo. Inoltre, tale decreto introduceva disposizioni per incentivare i prodotti agricoli non destinati all’alimentazione ma alla produzione di biocarburanti e altri carburanti rinnovabili, prevedendo misure incentivanti per la stipula di accordi di filiera con le principali organizzazioni del settore agricolo e del settore dei carburanti per i trasporti. Nuove disposizioni a favore dei biocarburanti vengono introdotte dalla Legge 11 marzo 2006, n.81, prevedendo l’obbligo per i produttori di carburanti diesel e benzina di immettere al consumo dei biocarburanti di origine agricola a seguito della sottoscrizione di appositi contratti di coltivazione, realizzati nell’ambito di contratti quadro, o intese di filiera, in misura pari al’1% dei carburanti diesel e della benzina immessi al consumo nell’anno precedente. Tale percentuale deve essere incrementata di un punto percentuale per ogni anno fino al 2010. In questo modo i valori previsti per l’obbligo di immissione dei biocarburanti sono sostanzialmente uguali a quelli della direttiva europea. Successivamente La finanziaria 2007 (Legge 27 Dicembre 2006, n. 296) stabilisce le percentuali degli obiettivi indicativi nazionali, che ora sono così fissati: 86 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti 1% entro fine 2005; 2,5% entro fine 2008; 5,75 entro fine 2010. Inoltre la stessa legge rinnova per il triennio 2007-2010 lo stanziamento annuo di 73 milioni di euro per lo sgravio parziale di bioetanolo ed estende il contingente defiscalizzato di biodiesel destinato ad essere impiegato in autotrazione in miscela con il gasolio riportandola a 250.000 tonnellate al quale verrà applicata una aliquota di accisa pari al 20% di quella applicata al gasolio usato come carburante. L’assegnazione di una quota di 70.000 tonnellate annue è assegnata ai produttori di biodiesel che hanno stipulato contratti di coltivazione realizzati nell’ambito di contratti quadro o intese di filiera e delle relative quantità di biodiesel ottenibili dalle materie prime oggetto dei contratti sottoscritti, proporzionalmente a tali quantità. La restante parte del contingente pari a 180.000 tonnellate è assegnata, dall’Agenzia delle Dogane, agli operatori che producono biodiesel come “quota generica”. Alle 70.000 tonnellate di biodiesel provenienti da filiera viene assicurata la priorità nell’assegnazione delle quote agli operatori; per questa parte del contingente non sono previste altre forme di agevolazione. Successivamente con la Legge del 29 Novembre n.222 del 2007 (conversione in legge del decreto del 1 ottobre 2007), viene modificato il testo dell’art. 22 bis, comma 1 del decreto legislativo 26 ottobre 1995 n. 504, precisando che i quantitativi di biodiesel rientrante nel contingente annuo di 250.000 tonnellate vengono assoggettati ad aliquota d’accisa ridotta con la specifica finalità di compensare i maggiori costi produttivi. Inoltre vengono indicate specifiche modalità per la contabilizzazione del beneficio spettante ai depositari autorizzati titolari di depositi fiscali presso i quali sono state effettuate miscelazioni di quantitativi di biodiesel rientranti nel contingente agevolato di gasolio. In tale decreto viene inserita la previsione che, per ogni anno di validità del programma vengano considerati al fine, di una nuova ripartizione tra gli operatori, oltre i quantitativi del contingente non ammessi in consumo, anche quelli non miscelati o non ancora trasferiti ad impianti di miscelazione. La previsione del termine del 30 giugno dell’anno successivo, entro cui effettuare l’immissione in consumo dei predetti quantitativi viene, inoltre, estesa anche all’effettuazione delle miscelazioni e al trasferimento dei quantitativi non miscelati o trasferiti. 87 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti La finanziaria 2008 ((legge 24 Dicembre 2007 n. 244) riprendendo l’idea della legge del 27 dicembre 2006 n. 296 (art. 1 comma 368) stabilisce che, per l’anno 2009, la quota minima è fissata, senza oneri aggiuntivi a carico dello Stato, nella misura del 3 per cento di tutto il carburante, benzina e gasolio, immesso in consumo nell’anno solare precedente, calcolata sulla base del tenore energetico. Nel 2008 e precisamente nel mese di aprile vengono emanati due decreti; il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico n.100 nel quale vengono riportate le sanzioni amministrative per il mancato raggiungimento dell’obbligo di immissione in consumo del territorio nazionale di una quota minima di biocarburante e, il Decreto del Ministerro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali del 29 Aprile 2008, n.110, che definisce i criteri, condizioni e modalità per l’attuazione dell’obbligo di immissione di consumo nel territorio nazionale di una quota minima di biocarburanti. Un quadro normativo definitivo del biodiesel viene disegnato dal Decreto Legge del 3 Settembre 2008, n.156 che conferma quanto previsto dalla finanziaria 2007 ed apre la strada all’assegnazione delle quote relative al contingente “filiera” realizzato con materie prime (in particolare di colza, soia e girasole) derivanti da accordi di coltivazione stipulati a livello nazionale e comunitario. In questo decreto vengono fissate le modalità per assegnare il plafond di 250.000 tonnellate di biodiesel per il quale scatta il “bonus fiscale”, come già ricordato, con una riduzione dell’accisa a 84,60 €/m3, rispetto ai 423,00 €/m3 previsti per il gasolio (l’accisa corrisponde ad un importo pari al 20% di quello per il gasolio). Il decreto dà il via alla libera assegnazione delle 70.000 tonnellate “riservate” agli oli vegetali ottenuti nell’ambito degli accordi di filiera o dei contratti quadro. Le restanti 180.000 tonnellate sono riservate al biodiesel non da filiera. Le 250.000 tonnellate complessive, vengono assegnate tramite Agenzia delle Dogane. Le quote da “riservare” alla filiera hanno priorità nell’assegnazione. Successivamente con la Legge 30 Dicembre 2008, n.205 viene ridefinito all’art.2 l’assegnazione del contingente di biodiesel defiscalizzato in cui il termine per miscelare il biodiesel con il gasolio, ovvero per trasferirli ad impianti di miscelazione nazionali, ovvero, per il biodiesel destinato ad essere usato tal quale, per essere immessi in consumo, è prorogato al 30 giugno 2009. Con la Legge del 23 Luglio 2009 n.99 il comma 1 dell'articolo 8 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128, è sostituito dal seguente: «Le miscele combustibili diesel-biodiesel con contenuto in biodiesel inferiore o uguale al 7 per 88 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti cento, che rispettano le caratteristiche del combustibile diesel previste dalla norma CEN prEN 590 - Settembre 2008, possono essere immesse in consumo sia presso utenti extra rete che in rete. Le miscele con contenuto in biodiesel in misura superiore al 7 per cento possono essere avviate al consumo solo presso utenti extra rete e impiegate esclusivamente in veicoli omologati per l'utilizzo di tali miscele». Inoltre, nel regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 3 settembre 2008, n. 156, recante la disciplina per l'applicazione dell'accisa agevolata sul biodiesel, il limite del 5 per cento del contenuto sul biodiesel di cui agli articoli 7 e 9 è elevato al 7 per cento. L’adozione della Legge del 23 Dicembre 2009 n.191 “Disposizioni per la formazione di un bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge Finanziaria 2010)” abbassa il contingente di biodiesel da 250.000 tonnellate a 18.000 tonnellate. Tale misura tuttavia termina il 31 Dicembre 2010. Dal 2011 il biodiesel non beneficia più dello strumento di defiscalizzazione e l’unica forma di aiuto rimane la quota di immissione introdotta dal Decreto Legge del 25 gennaio 2010 il quale fissa una quota di immissione al consumo di biocarburanti del 3,5% per il 2010, 4% per il 2011, e 4,5% per il 2012. Per concludere il quadro, la politica attualmente vigente verte su due decreti: D.lgs 28/2011 del 3 marzo (il cosiddetto Decreto Rinnovabili) rappresentante l’attuazione della Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE. D.lgs 55/2011 del 31 marzo che recepisce la Direttiva 2009/30/CE, che modifica la direttiva 98/70/CE, per quanto riguarda le specifiche relative a benzina, combustibile diesel e gasolio, nonché' l'introduzione di un meccanismo inteso a controllare e ridurre le emissioni di gas a effetto serra, modifica la direttiva 1999/32/CE per quanto concerne le specifiche relative al combustibile utilizzato dalle navi adibite alla navigazione interna e abroga la direttiva 93/12/CEE. Il primo decreto nel recepire gli obiettivi di immissione in rete di biocarburanti previsti dalla Direttiva 2009/28/CE, fissa le quote obbligatorie di immissione al consumo di biocarburanti del 5% per il 2014 e 10% per il 2020. Il secondo definisce invece le modalità di funzionamento del Sistema nazionale di certificazione della sostenibilità dei biocarburanti e bioliquidi, le procedure di adesione allo stesso 89 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti sistema nonché le procedure per la verifica degli obblighi stabiliti e le disposizioni che gli operatori e i fornitori devono rispettare per l’utilizzo del sistema di equilibrio di massa. Di seguito viene proposta una tabella riassuntiva (Tab.16) delle principali politiche adottate in Italia. Tabella 16: Principali politiche adottate in Italia per il settore dei biocarburanti Decreto Legislativo n.504 del 26 ottobre 1995 Legge n.388 del 23 dicembre 2000 Legge Finanziaria 2001 Legge n.311 del 30 dicembre 2004 Legge Finanziaria 2005 Decreto Legislativo n.128 del 30 maggio 2005 Legge n.266 del 23 dicembre 2005 Legge Finanziaria 2006 Legge n.81 del 11 marzo 2006 Legge n.296 del 27 dicembre 2006 Legge Finanziaria 2007 Legge n.244 del 24 dicembre 2007 Legge Finanziaria 2008 Decreto n.110 del 29 aprile 2008 Legge del 23 luglio 2009 n.99 Legge del 23 dicembre 2009 n.191 Legge Finanziaria 2010 Decreto Legge 25 gennaio 2010 Decreto Legislativo n.28 del 3 Marzo 2011 Decreto Legislativo n.55 del 31 Marzo 2011 Contingente annuo defiscalizzato di 125.000 tonnellate (esenzione totale dell’accisa). Contingente di biodiesel di 300.000 tonnellate. Contingente di biodiesel di 200.000 tonnellate. Recepisce la Direttiva 2003/30/CE e definisce un contingente di biodiesel di 200.000 tonnellate. Contingente di biodiesel di 200.000 tonnellate di cui 20.000 da utilizzare su autorizzazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze in seguito alla sottoscrizione di contratti di coltivazione nell’ambito di contratti quadro o intese di filiere. Obbligo per i produttori di diesel e benzina di immettere al consumo biocarburanti (di origine agricola a seguito della sottoscrizione di contratti quadro o intese di filiera) pari all’1% dei carburanti diesel e benzina immessi al consumo l’anno precedente. Tale percentuale dovrà essere incrementata di un punto percentuale per ogni anno fino al 2010. Contingente di biodiesel di 250.000 tonnellate (aliquota accisa ridotta del 20%) di cui: 180.000 tonnellate assegnate dall’Agenzia delle dogane e 70.000 tonnellate per il biodiesel da filiera. Quota d’immissione dei biocarburanti pari al 3% di tutto il carburante, benzina e gasolio, immesso in consumo nell’anno solare precedente (calcolata sulla base del tenore energetico). Definisce i criteri per l’attuazione dell’obbligo di immissione al consumo. Limite di miscelazione per il biodiesel del 5%, successivamente innalzato al 7%. Contingente di biodiesel ridotto da 250.000 a 18.000 tonnellate. Quota d’immissione dei biocarburanti ed altri carburanti rinnovabili del: 3,5% per il 2010; 4% per il 2011; 4,5% per il 2012. Quota d’immissione dei biocarburanti ed altri carburanti rinnovabili del: 5% per il 2014; 10% per il 2020; Sostenibilità dei biocarburanti 90 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti 2.6 La politica Brasiliana sull’etanolo e sul biodiesel Il Brasile è il pioniere nella produzione di bioetanolo derivante da canna da zucchero nonché la nazione con il programma sui biocarburanti più sviluppato ed integrato al mondo. Il governo brasiliano ha infatti sempre giocato un ruolo attivo nel definire gli obiettivi della politica energetica nazionale, regolando i sussidi e gli obblighi di miscelazione della benzina con l’etanolo a seconda dei prezzi del petrolio e di quelli dello zucchero (Libro on line Sviluppo sostenibile. Tutela dell'ambiente della salute umana). Già a partire dal 1931 si decretava l’obbligo di miscelazione con la benzina con una percentuale pari al 5%41. Dagli anni 70 in poi, a seguito della crisi petrolifera, la produzione dei biocarburanti viene rafforzata dal programma Proalcool (National Alcohol Program Proàlcool) introdotto nel 1975. L’obiettivo stabilito era quello di: limitare i vincoli per l’approvvigionamento energetico (all’epoca pari all’80% del consumo totale); stimolare l’economia delle regioni del Sud attraverso la diffusione di industrie di etanolo, alzando così il livello di occupazione; sviluppare l’economia nazionale, sfruttando terra e risorse sino ad allora inutilizzate; stimolare la domanda interna di beni capitali quali, in particolare i macchinari industriali. Inoltre, l’intervento statale a sostegno del prezzo dell’etanolo ha garantito a questo carburante la competitività di mercato con la benzina. Infine il governo Brasiliano ha elargito cospicui finanziamenti per la creazione sia di nuove distillerie, sia di una rete capillare di distribuzione, creando inoltre numerosi accordi con i costruttori di automobili, al fine di sviluppare un mercato per i veicoli appositamente modificati. Nei successivi dieci anni la commercializzazione dei biocarburanti ha avuto un enorme successo: il 96% delle automobili vendute in Brasile nel 1985 erano alimentate ad etanolo (Fig.58). 41 Decreto nº 19.717 del 20/02/31; Decreto-Lei n°737 del 23/09/38; Decreto nº 20.169 del 01/07/31. 91 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti Figura 58: Evoluzione della produzione di etanolo e dei veicoli dedicati Fonte: MAPA, 2010 e ANFAVEA, 2012 Il calo dei prezzi del petrolio dopo il 1985 ha portato tuttavia ad una battuta d’arresto nella diffusione dell’etanolo combustibile; le vendite di veicoli alimentati ad etanolo sono crollate all’1% alla fine del 1990 e la sopravvalutazione della valuta brasiliana (1994-1999) ha portato ad un aumento dei costi di produzione dell’etanolo. A partire dal 1992 il governo ha cercato di limitare questi inconvenienti incrementando il quantitativo di etanolo nella benzina al 22% (fino al 1992 la percentuale era pari al 14%), percentuale innalzata al 24% a partire dal 1998 fino agli anni 2000, anno in cui tale percentuale fu abbassata al 20%. Tale valore risultò essere stabile fino al 2007. Negli anni ’90 inoltre sono stati attuati decreti di deregolamentazione dei mercati dell’energia e dei carburanti; nel 1998 il governo ha liberalizzato il prezzo dell’alcool idrato per essere utilizzato nei carburanti e nel 1999 ha stabilito che le vendite di etanolo idrato come carburante dovessero essere effettuate mediante aste pubbliche. Successivamente, l’aumento dei prezzi del petrolio che ha caratterizzato il periodo 2003-2008, ha riportato l’etanolo al suo successo iniziale, anche grazie all’introduzione del motore flex fuel, che permette di utilizzare benzina e/o etanolo: il biocarburante è diventato nuovamente conveniente, favorendo la nascita di nuove ricerche per le alternative al petrolio. Nel 2006, l’83% delle auto vendute in Brasile sono state Flex Fuel Vehicles (FFV), ottenendo così l’indipendenza dal petrolio (Fig.59). 92 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti Figura 59: Evoluzione macchine a gasolina e flex-fuel Fonte: ANFAVEA, 2013 Ad oggi, tuttavia, non sono presenti sovvenzioni dirette per la produzione di etanolo. Dopo la regolamentazione del settore dell’etanolo avutasi nel 1998, l’unica forma di controllo pubblico rimane la fissazione del tasso di miscelazione obbligatorio che è fissato nell’ordine del 20-27,5% in relazione alle condizioni di mercato a partire dal 2007 fino ad oggi. In dettaglio dal 2007 la percentuale di miscelazione passò dal 20% al 25% fino al 2010; nell’anno successivo tale percentuale ritornò al 20% (Kanadani Campus, 2010). A partire dal 2013 fino al 24 settembre 2014, la percentuale risulta essere pari al 25%. Ad oggi la percentuale è stata innalzata al 27,5%. La leva del tasso di miscelazione costituisce una forma di sussidio indiretto per i produttori locali dal momento che si ripercuote sul prezzo dello zucchero e dell’etanolo. Fino al 2010 il governo Brasiliano protegge il mercato interno attraverso l’importazione di barriere commerciali. Sia il mercato dello zucchero che quello dell’etanolo erano protetti dalla competizione esterna attraverso una tariffa del 20% sulle importazioni di zucchero, del 30% su quelle di etanolo, con l’eccezione dei paesi del Mercosur42 42 Il Mercosur (dizione spagnola, Mercosul secondo la dizione portoghese) è il mercato comune dell'America meridionale[1]. Ne fanno parte in qualità di Stati membri Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela, ma il Paraguay è stato sospeso nel 2012. Sono inoltre Stati associati la Bolivia e il Cile (dal 1996), il Perù (dal 2003), la Colombia e l'Ecuador (dal 2004). Il Venezuela è diventato membro a pieno titolo dell'organizzazione il 31 luglio 2012, dopo ben 6 anni dall'avvio del processo, che è stato rallentato dall'opposizione del Paraguay. L'organizzazione fu istituita con il Trattato di Asunción firmato il 26 marzo 1991 da Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay. Nel 1995 sono stati contestualmente aboliti i dazi doganali tra i quattro Paesi e istituita una tariffa doganale comune verso paesi terzi. L'obiettivo del Mercosur è la realizzazione di un mercato comune, anche se 93 Capitolo 2: Quadro normativo di riferimento per i biocarburanti che godono di una tariffazione preferenziale per le esportazioni verso il Brasile. Ad oggi tale tariffa è stata azzerata (USDA, 2013). Dal 2004 il Brasile ha inoltre iniziato a produrre anche il biodiesel. Sulla base dell’esperienza ottenuta infatti con i programmi a favore del bioetanolo, il Brasile è pronto ad investire anche nel settore del biodiesel: il National Program on Biodiesel Productionand Usage (PNPB) è stato infatti inaugurato nel 2005. Il PNPB inizialmente aveva stabilito un obbligo di miscelazione del biodiesel con il diesel pari al 2% fino al 2008. Tale percentuale fu poi innalzata al 3% e al 4% nell’anno successivo. A partile dal 2010 tale percentuale è stata definita al 5%. A partire dal 1 Novembre 2014 tale valore è stato elevato al 7%. Le produzioni brasiliane si basano soprattutto sulla soia, anche se sono presenti altri importanti stabilimenti di oli vegetali (ricino, palma e jathropa). Contrariamente all’etanolo, il biodiesel non è economicamente competitivo e per questo viene sovvenzionato. I regimi di sostegno, sono essenzialmente due, di cui il primo si riferisce alle aste organizzate dal governo, in cui la National Petroleum Agency (ANP) compra determinati quantitativi di biodiesel per assicurare gli obiettivi dell’offerta: i prezzi pagati durante le aste sono superiori ai costi di produzione, stimolando così l’offerta. La seconda forma di assistenza viene attuata attraverso le esenzioni fiscali, con particolare attenzione alla localizzazione regionale della produzione e alla provenienza della materia prima (Social Fuel Stamp Scheme): infatti, una determinata percentuale di materie prime deve essere acquistata da famiglie di agricoltori al fine di essere qualificati per i benefici fiscali. A seconda del tipo di materia prima e della sua provenienza regionale, gli incentivi fiscali variano dal 73% al 100%, degli esistenti tributi federali. (GAIN Report, Barros, Brasilian Annual Report 2012). esistono ancora forti ostacoli protezionistici tra i vari stati. Esso potrebbe esser paragonato al vecchio MEC se non esistessero forti asimmetrie tra i vari Paesi. 94 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche Introduzione I biocarburanti di prima e seconda generazione rappresentano ad oggi l’alternativa possibile per la riduzione dell’impatto ambientale, la sicurezza dell’offerta energetica, così come un’opportunità per la creazione di occupazione nonché di sviluppo rurale. A tal riguardo, le certificazioni di sostenibilità dei biocarburanti volute dalla comunità europea ed internazionale, rappresentano una risposta a tali preoccupazioni legate all’impatto ambientale e socio economico, ampiamente dibattuto in ambito scientifico. Tuttavia, incertezze relative alla reale sostenibilità43 degli stessi sia dal punto di vista ambientale che economico che sociale, sono state recentemente sollevate (Rajagopal et al., 2007; Timilsina et al., 2011, Gnansounou, 2011). Accanto ai dubbi relativi alle loro performance in termini di riduzione di emissioni di GHG rispetto ai combustibili fossili, soprattutto nel caso in cui il cambiamento d’uso del suolo venga preso in considerazione (Searchinger et al., 2008), sono emerse critiche relative all’impatto che tali biocarburanti hanno sull’utilizzo del suolo (LUC e ILUC) e sull’aumento dei prezzi dei mercati delle commodities agricole (dibattito food-fuel) usate come materie prime per la produzione dei biofuels (Abbot et al., 2009) (Fig 60). 43 Il concetto di sostenibilità è stato introdotto dal rapporto Brundtland (WCED 1987): “lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”. 95 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche Figura 60: Concetto di sostenibilità Al fine di focalizzare l’attenzione su tali tematiche, seguirà un’analisi della letteratura vigente in ambito di sostenibilità sia ambientale che economico-sociale. Di seguito verrà inoltre analizzata la normativa di riferimento per la sostenibilità. Si specifica tuttavia che per la valutazione della sostenibilità dei biocarburanti, vari approcci e metodologie sono state proposte in letteratura negli ultimi anni, che vanno dall’utilizzo di modelli di equilibrio (Ferreira et al., 2014), alle analisi multi criteri (Turcksin et al., 2011; Perimenis et al., 2011) all’individuazione di indicatori di sostenibilità (Silva Lora et al., 2011; Diaz-Chavez, 2011; Gnansounou, 2011; Timilsina et al., 2011) e all’applicazione di modelli econometrici. Il concetto di sostenibilità è di per sé complesso in quanto coinvolge una serie di aspetti economici, sociali ed ambientali. Per i biocarburanti, la questione è inoltre complicata per via delle diverse tipologie di biocarburanti che possono essere prodotti, della varietà di materie prime che possono essere impiegate e dei molteplici soggetti coinvolti nella catena di produzione (produttori di materie prime, produttori di biocarburanti, distributori e autorità pubbliche). 3.1 L’impatto ambientale dei biocombustibili Nel presente paragrafo verranno analizzati i principali effetti ambientali relativi alla produzione dei biocarburanti quali: 1. Cambiamento d’uso del suolo 2. Emissioni di Gas ad Effetto Serra (GHG) 96 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche 3. Biodiversità 4. Acqua: impatti, requisiti e qualità 3.1.1 Cambiamento d’uso del suolo Il cambiamento d’uso del suolo dovuto all’agricoltura e alla deforestazione è uno dei fattori principali che influisce sul cambiamento climatico, che non è legato, quindi, solamente alla produzione e all’utilizzo di energia. La deforestazione e la combustione dei vegetali sono comuni soprattutto nei Paesi tropicali e sono legate a deforestazioni legali o illegali, all’espansione di aree di pascolo e di coltivazione e all’uso di biomassa legnosa come carburante; la conversione di foreste e savane in terreni coltivati porta ad un rilascio di CO2 a causa della combustione o della decomposizione microbica del carbonio organico immagazzinato nelle piante e nel suolo. Infatti, in seguito al cambiamento d’uso di un suolo, il quantitativo di carbonio immagazzinato varia in relazione al tipo di terreno naturale presente precedentemente alla coltivazione e deve essere calcolato; solo gli studi più recenti44 hanno tenuto conto dell’importanza di queste perdite nel bilancio dei GHG. In particolare, relativamente al cambiamento d’uso del suolo si deve effettuare una differenziazione: Cambiamento di uso del suolo DIRETTO: quando per la produzione di biocombustibili viene messo a coltivazione un ecosistema naturale come torbiere, foreste e praterie, oppure quando vengono riammessi alla coltivazione terreni incolti o abbandonati. Cambiamento di uso del suolo INDIRETTO: quando per la produzione di biocombustibili vengono impiegati territori adibiti a produzioni non energetiche (ad uso alimentare e foraggero), che in ogni caso devono essere 44Ad esempio: Greenhouse Gas Balances for Biomass: Issues for further discussion (Fehrenbach H., 2008), The Gallagher Review of the indirect effects of biofuels production (RFA., 2008), Introduction: biofuels and the environment in the 21st century (Howarth R. W. et al., 2009), Air quality issues associated with biofuel production and use (Hess P. et al., 2009), Greenhouse gas implications of land use and land conversion to biofuel crops (Ravindranath N.H. et al., 2009), Direttiva 2009/28/CE (2009). 97 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche comunque prodotte e ciò avviene tramite la messa a coltura di ecosistemi naturali (Ravindranath et al., 2009). La valutazione del cambiamento dell’uso del suolo diretto è difficile, perché richiede una conoscenza esatta della variazione degli stock di carbonio, ma è ancora più complessa nel caso degli effetti indiretti. Per esempio, se la produzione di cibo e foraggio di una certa zona coltivata viene rimpiazzata dalla produzione di materie prime per i biocarburanti, si deve presumere che questa produzione di cibo e foraggio dovrà avere luogo in qualche altra zona perché la domanda di cibo (e di foraggio) a livello mondiale rimane costante o addirittura aumenta. Vi è una notevole incertezza per quanto riguarda il tipo, la scala e i tempi dei cambiamenti indiretti del suolo e, quindi, per quanto riguarda la misurazione e la quantificazione di questi cambiamenti nella valutazione dei risparmi di GHG che i biocarburanti possono offrire. Per quantificare le emissioni di GHG derivanti dalla modifica dell’uso del suolo, devono pertanto essere determinati: Il tipo di coltura che è stata sostituita; Il tipo di modifica dell’uso del suolo che si verifica come conseguenza della sostituzione della coltura; La quantità di carbonio liberato derivante dalla modifica dell’uso del suolo. Utilizzando una tecnica ingegneristica, Fritsche e Wiegmann (2008) hanno confrontato i bilanci dei gas ad effetto serra per i biocarburanti, includendo l’effetto diretto ed indiretto del cambiamento di uso del suolo sulle emissioni. Gli autori hanno scoperto che, se le emissioni legate al cambiamento di uso del territorio vengono ignorate, i biocarburanti potrebbero ridurre le emissioni di gas serra 49-90% a seconda del tipo di materia prima. D’altra parte, se vengono considerate le emissioni dovute al cambiamento dell’uso del suolo, il totale delle emissioni di gas serra aumenterebbe da 1 fino al 102%. Fischer et al. (2009) hanno stimato i risparmi netti di gas serra in vari scenari di impiego dei biocarburanti utilizzando un approccio di equilibrio generale per catturare le variazioni di emissione dovute alla destinazione d’uso. Dal momento che le perdite di carbonio dovute al cambiamento di uso del suolo avvengono al momento della conversione dei terreni, mentre il risparmio di gas serra derivante dalla sostituzione dei combustibili fossili con i biocarburanti matura gradualmente nel tempo, il risparmio di gas serra netto per i biocarburanti di prima generazione non sarebbe positivo, almeno per i primi di 20 anni. Ci vorrebbero, 98 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche invece, 50 anni per realizzare un risparmio considerevole di emissioni di gas serra derivanti dalla diffusione su larga scala di biocarburanti. Come già detto, la domanda di terreni per la produzione dei biocarburanti aumenta le tradizionali esigenze dell’agricoltura e della silvicoltura. Inoltre, considerando la crescita della popolazione globale, così come l’aumento dei consumi pro capite dei paesi in via di sviluppo, può essere previsto un aumento futuro della domanda di terreni per l’approvvigionamento alimentare. Mentre alcune di queste esigenze possono essere soddisfatte con migliore rese dei raccolti per unità di superficie, aumentate di circa l’1,5% negli ultimi decenni per le colture di base, per soddisfare l’incremento di produzione del 40% previsto entro il 2030, sarà necessaria una maggiore superficie di terra da mettere a coltura, prudenzialmente stimata in 500 milioni di ettari, al fine di soddisfare la domanda aggiuntiva di cibo (Bustamante MMC et al., 2009). Esistono molti studi che hanno stimano le superfici necessarie al fine di soddisfare gli obiettivi specifici dei biocarburanti (Russi D., 2008; Koh, Pin Lian et al., 2008; Ozdemir E. D,et al., 2009). Tuttavia, i risultati variano considerevolmente a causa della differenza di approccio metodologico, delle diverse ipotesi circa le colture utilizzate e l’efficienza di conversione da biomassa a combustibile. Gurgel et al. (2007) hanno dichiarato che l’espansione della coltivazione di materie prime per i biocarburanti si verifica in gran parte a spese delle foreste naturali e dei pascoli (soprattutto se non è prevista nessuna offerta di suolo), mentre il terreno agricolo, le foreste gestire e i pascoli naturali evidenziano dei piccoli cambiamenti. Gran parte dei terreni dedicati alla coltivazione delle materie prime per i biocarburanti si trova in Africa e America centrale e meridionale, e, in misura minore, negli Stati Uniti, Messico, Australia e Nuova Zelanda, dove sono presenti vaste foreste e pascoli naturali con una superiore produttività di biomassa. Al contrario in Cina ed India, a causa della loro domanda alimentare immensa e produttività del terreno relativamente inferiore, non vengono evidenziate regioni che possano sostenere significativamente l’espansione dei terreni per la produzione delle materie prime per i biocarburanti. Hertel et al. (2010) hanno provato che le riduzioni maggiori di copertura del suolo tendono a verificarsi a livello dei pascoli, anche se in Brasile e nell’UE è stata rilevata una grande diminuzione percentuale di terreni forestali. Un altro fattore molto importante da considerare è che quando i paesi produttori di biocarburanti convertono terreni agricoli per la produzione di biocarburanti, le ridotte 99 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche esportazioni dei prodotti alimentari ed i maggiori prezzi delle materie prime, inducono la conversione del suolo nei paesi tropicali come Brasile, Argentina e Indonesia, al fine di soddisfare la domanda alimentare insoddisfatta. Oltre alla conversione dei terreni per la coltivazione delle materie prime dei biocarburanti, Hertel et al. (2010) hanno utilizzato il modello Global Trade Analysis Project (GTAP), per dimostrare che la superficie coltivata per varie colture potrà mutare in seguito all’ampliamento della produzione di biocarburanti nel periodo 2006-2015 per soddisfare gli obblighi nazionali degli Stati Uniti e dell’Unione Europea. Gli autori hanno evidenziato sostanziali aumenti di superficie coltivata a semi oleosi nell’UE, in Canada e in Oceania (47,8%, 19,4% e 19,3%, rispettivamente) e per la canna da zucchero in Brasile (22,9%). Relativamente ai cereali, la superficie coltivata è aumentata del 6,2% negli Stati Uniti, mentre nella maggior parte delle altre regioni è aumentata moderatamente (ad eccezione di un calo significativo in Brasile e nell’Unione Europea). La superficie coltivata a semi oleosi, tuttavia, presenta notevoli incrementi in tutte le regioni, il che implica che l’obbligo europeo per i biocarburanti avrà ripercussioni enormi sul questo mercato globale. Hertel et al. (2010) hanno incorporato risposte mediate sul mercato con l’utilizzo dei sottoprodotti, nell’analisi dei requisiti del terreno necessari per aumentare la produzione di etanolo da mais negli Stati Uniti così da rispettare l’obbligo nazionale del 2015. Convertendo solamente 0,28 ettari di terreni per ogni ettaro di mais coltivato per la produzione di etanolo, la conseguente conversione globale riguarderebbe circa 3,8 milioni di ettari di superfici boschive e pascoli, che verrebbero trasformati in terre coltivate a causa dell’obbligo da rispettare negli Stati Uniti. Un ottimo approccio che può essere applicato al fine di contrastare la crescente scarsità di terra coltivabile, potrebbe essere quello di portare terreni agricoli abbandonati di nuovo in produzione. Field et al. (2008) hanno stimato che notevoli quantità di terreni agricoli abbandonati, tra i 475 e i 580 milioni di ettari, possono essere destinate alla produzione di biocarburanti. Anche se i coltivi abbandonati, i pascoli, i boschi, o altre aree naturali possono essere idonei alla coltivazione di biocarburanti, De Vries et al. (2007) suggeriscono che soprattutto i pascoli saranno utilizzati per la conversione. Il riferimento è relativo, in particolare, ai pascoli permanenti ed ai terreni abbandonati, che presentano dei vantaggi in quanto non vi sono divieti sulla loro conversione, mentre alcuni paesi, come l’India e la Cina, 100 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche hanno divieti legali sulla conversione di terreni forestali per le coltivazioni; anche l’Unione Europea dal 2009 ha vietato la conversione di torbiere e terreni forestali. Inoltre, i pascoli permanenti coprono una superficie di 3.378 milioni di ettari in tutto il mondo e, anche se parte di questi saranno inutilizzabili per la coltivazione, l’attuale area coltivabile è pari a circa 1.411 milioni di ettari. La produzione di biocarburanti dovrebbe concentrarsi su terreni degradati o marginali, eppure terre degradate sono poco adatte per l’agricoltura, per definizione, poiché in genere prive di acqua e sostanze nutritive. Alcune colture, come la Jatropha, sono promosse come prodotti in grado di resistere alla siccità, ma le rese sono basse in zone con scarsa piovosità, e sono presenti vincoli quali l’approvvigionamento idrico e la temperatura. La produzione di biomassa nelle aree degradate può dare, quindi, respiro agli ecosistemi naturali e ai terreni ricchi di carbonio e potrebbe costituire una misura ragionevole per ridurre la competizione per le superfici tra la produzione di biomassa per la bioenergia e la produzione di cibo. Alcune terre marginali sono carenti di elementi nutrivi che possono essere “aggirati” grazie all’utilizzo di input chimici, si presentano quindi come buoni obiettivi per la produzione alimentare avanzata, mentre alcuni suoli degradati fisicamente e di poco valore per la produzione alimentare o forestale, potrebbero essere buoni candidati per lo sviluppo di erbe perenni ed alberi, che potranno costituire la materia prima per la produzione dei biocombustibili di seconda generazione. Se la produzione di etanolo cellulosico diventasse commercialmente valida, le colture ed i residui forestali che attualmente non fanno parte della filiera di produzione energetica, saranno in grado di contribuire alla produzione di biocarburanti, alleviando la pressione esercitata sul terreno. È importante notare che 100 milioni di tonnellate di residui di mais provenienti da terreni coltivati solo negli Stati Uniti, potrebbero essere recuperati per produrre biocarburanti. È importante notare che i rifiuti agricoli e forestali rappresentano le uniche fonti di produzione di biocombustibili, che non richiedono il cambiamento di uso del territorio al di là di ciò che avviene per la produzione alimentare e per le attività forestali esistenti. 101 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche 3.1.2 Emissioni di Gas ad Effetto Serra (GHG) L’utilizzo dei biocarburanti ha lo scopo di sostituire i combustibili fossili, evitando o riducendo così le emissioni di gas serra associate a questi ultimi. Tuttavia, un’espansione su larga scala dei biocarburanti può causare un aumento di emissioni di GHG nell’atmosfera a causa del cambiamento d’uso del suolo, dovuto alla sostituzione di foreste esistenti, al fine di soddisfare l’incremento della domanda di colture agricole per la fornitura di cibo e di colture energetiche per la produzione dei biocarburanti. Inoltre, l’aumento dei gas ad effetto serra varia a seconda della tipologia di materia prima utilizzata, del processo di produzione delle stesse e degli input impiegati (ad esempio, fertilizzanti azotati) nonché dal consumo di combustibili fossili nell’ambito dell’intero ciclo produttivo. L’analisi del ciclo di vita (LCA)45, mostra un ampio margine in termini di riduzione globale delle emissioni di gas serra dovute all’utilizzo di biocarburanti in sostituzione dei combustibili fossili, che varia a seconda delle aspetti sopra indicati (Rasetti et al., 2012). Sulla base della valutazione del ciclo di vita, l’etanolo da canna da zucchero in Brasile fornisce la massima riduzione delle emissioni di gas serra. Ciò è dovuto agli alti rendimenti e all’utilizzo degli scarti della canna da zucchero (cioè, la bagassa) per produrre energia utilizzata nel processo, nonché per la cogenerazione di energia elettrica (FAO, 2008; Macedo et al., 2008). L’OCSE ha stimato che l’etanolo da canna da zucchero riduce le emissioni di gas serra del 90% rispetto a una quantità equivalente di benzina. I biocarburanti di seconda generazione, derivanti da materie prime lignocellulosiche, devono diffondersi ancora a livello commerciale, infatti, gli impianti presenti e quelli in costruzione sono essenzialmente impianti pilota. Numerosi studi (tra cui FAO, 2008; Crutzen et al., 2008) hanno anticipato che questi biocarburanti potrebbero ridurre drasticamente le emissioni di gas serra in tutto il ciclo di vita (nell’ordine del 70-90%), rispetto ai biocarburanti di prima generazione a causa delle più elevate rese energetiche per ettaro e grazie all’energia disponibile 45 L’LCA è un metodo utilizzato per valutare gli impatti ambientali di un prodotto, un processo o un servizio durante il suo intero ciclo di vita. La sua principale caratteristica è il suo tipo di approccio, definito “dalla culla alla tomba” (“from cradle to grave”): il prodotto viene infatti seguito e analizzato in ogni fase della sua vita, dall’estrazione e dalla trasformazione delle materie prime fino allo smaltimento, passando per la produzione, il trasporto e l’utilizzo. 102 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche dall’elaborazione di alcuni componenti e parti delle piante (principalmente lignina)46. Producendo energia elettrica per cogenerazione, si potrebbe raggiungere un risparmio addirittura vicino, se non superiore, al 100%47. Da considerare, che le riduzioni delle emissioni di gas serra presentano notevoli variazioni a seconda della tipologia di biocarburante prodotto (Rasetti et al., 2014), come è possibile vedere in figura 61. Figura 61: Comparazione delle riduzioni (%) di GHG per differenti tipologie di biocarburanti Fonte: Sims et al., 2010 Come si può vedere in figura, l’etanolo da barbabietola da zucchero offre riduzioni di gas serra di circa il 25-60%, mentre l’etanolo prodotto da frumento genera riduzioni di gas serra che possono arrivare al 90%, ma, in determinati casi, le emissioni possono incrementare addirittura del 10%. L’etanolo da mais genera le più piccole riduzioni di emissioni di gas ad effetto serra, presentando le prestazioni più variabili; i risultati vanno da valori nulli (anche negativi, in alcuni casi) fino a valori di quasi il 60%, rispetto alla benzina fossile. Farrell et al., (2006) hanno dichiarato che l’etanolo da mais, negli Stati Uniti, ridurrebbe le emissioni di gas serra solo del 13%, in quanto il processo di produzione è molto intensivo a livello energetico: gli input energetici 46 Simile all’utilizzo della bagassa nella produzione dell’etanolo in Brasile. 47 Analogamente, il syndiesel prodotto attraverso gassificazione/processo di Fischer-Tropsch è in grado di fornire una riduzione di gas serra di quasi il 100% o addirittura superiore, considerando, anche in questo caso, il surplus produttivo di energia elettrica rinnovabile ottenuto . 103 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche possono rappresentare quasi l’80% degli output. Tuttavia, Liska Adam J. et al. (2009) hanno dimostrato che il potenziale di riduzione potrebbe essere notevolmente migliorato al 48-59% attraverso una migliore resa e gestione delle colture, delle operazioni di bioraffineria, e dell’utilizzazione dei coprodotti48. Per quanto riguarda il biodiesel di prima generazione, quello da olio di palma è considerato generalmente, in termini di risparmio di gas serra, il biodiesel con il rendimento migliore, tipicamente compreso nell’intervallo tra il 25 e l’80%. Tuttavia, le stime relative alle quantità risparmiate di gas serra, derivanti da questa tipologia di biodiesel, sono particolarmente inclini a sottovalutare il pieno impatto dei gas serra; considerando la frequente sostituzione nell’Asia Sud-Orientale delle foreste tropicali o delle torbiere, con piantagioni di palma, le quantità di CO2 rilasciate da queste riserve naturali sono enormi, rendendo negativo il bilancio di GHG risparmiate. La riduzione delle emissioni del biodiesel da girasole sembra convergere intorno al 6080%, mentre per la soia tende ad essere circa il 50-70%. La grande variabilità dei valori può essere spiegata dalla disparità del rendimento agricolo tra le regioni, dalle ipotesi fatte per quanto riguarda l’assegnazione di glicerina (importante co-prodotto dalla lavorazione del biodiesel), così come dal tipo di sostanze chimiche e dall’energia di processo utilizzate. Altra importante materia prima per il biodiesel è il colza, ed un gran numero di studi ha concluso che il risparmio di gas serra ottenuto da questo biodiesel normalmente va dal 20 all’80%. Il quadro del risparmio potenziale di gas serra ottenuto con i biocarburanti tende a scomparire, tenendo conto del rilascio del carbonio immagazzinato nelle foreste o praterie, durante la conversione di questi terreni per la produzione delle colture energetiche49; infatti, includendo nei calcoli le emissioni legate al cambiamento dell’uso del suolo, occorrerebbero decine o centinaia di anni per compensare tali valori (periodo di recupero del carbonio). Danielsen et al. (2009), hanno stimato che sarebbero necessari dai 75 ai 93 anni di utilizzo di biocarburanti per compensare la perdita di carbonio dovuta alla conversione delle foreste; la durata è variabile in funzione della modalità di eliminazione della foresta. Inoltre è stato stimato che la conversione delle 48 Si potrebbe raggiunge il 67% nel caso di una bioraffineria avanzata, a circuito chiuso, con la presenza di un digestore anaerobico. 49 Si noti comunque che la conversione di savane degradate per la produzione di canna da zucchero, o la coltivazione di Jatropha Curcas, può aumentare la quantità di carbonio incorporato nel terreno. 104 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche torbiere richiederebbe più di 600 anni per produrre un risparmio di emissioni di gas serra, mentre la coltivazione della palma da olio su pascoli degradati potrebbe produrre un risparmio effettivo di emissioni di GHG entro 10 anni. Anche i biocarburanti di seconda generazione non sono attraenti da questa prospettiva; infatti, se il panico verga 50per la produzione di biocarburanti fosse coltivato su terreni dove ora è prodotto il mais statunitense, considerando il conseguente cambiamento indiretto della destinazione dei suoli, si avrebbe un periodo di recupero del carbonio pari a 52 anni e le emissioni aumenterebbero per oltre 30 anni del 50%. Danielsen et al. (2009), sostengono che la riduzione delle emissioni raggiunta attraverso i biocarburanti, sarebbe economicamente meno attraente rispetto all’imboschimento dei pascoli ed ipotizzano che la riduzione della deforestazione potrebbe essere una strategia più efficace per mitigare il cambiamento climatico, rispetto all’uso dei biocarburanti. 3.1.3 Biodiversità L’effetto della produzione dei biocarburanti sulla biodiversità dipende dal tipo di terreno utilizzato; se per la produzione vengono ripristinati terreni degradati, l’impatto potrebbe essere positivo. D’altra parte, se vengono drenate le torbiere o vengono convertiti i paesaggi naturali in piantagioni di biocarburanti, l’effetto è generalmente negativo e, dal momento che molte coltivazioni attuali di biocarburanti sono particolarmente adatte alla coltivazione in zone tropicali, la loro espansione potrebbe convertire gli ecosistemi naturali di questi paesi, “hot-spots” di biodiversità. Secondo Ogg (2009) i sussidi europei per i biocarburanti sono fattori determinanti per la perdita della foresta pluviale in Indonesia, principale luogo di coltivazione della palma, che fornisce l’olio vegetale con il più basso costo al mondo. L’espansione delle piantagioni di palma da olio, che non richiedono quantità elevate di fertilizzanti o pesticidi, possono innescare la perdita delle foreste pluviali e la biodiversità in esse. Koh and Wilcove (2008) stimano che la metà delle piantagioni di palma da olio sviluppate in Malesia e in Indonesia, hanno sostituito le foreste naturali. Allo stesso modo, più del 60% della coltivazione della canna da zucchero in 50 Il panico verga (Panicum virgatum) è un’erba delle zone caratterizzate da clima caldo ed è una delle specie dominanti delle praterie di erba alta nell’America settentrionale. 105 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche Brasile è praticata nella regione “Mata Atlantica”, uno degli “hot-spots” di biodiversità più importanti al mondo; la produzione di canna da zucchero e di soia stanno contribuendo alla radura del “Cerrado”, la savana con maggiore biodiversità al mondo. A causa dell’espansione dei terreni agricoli in Brasile, le zone ricche di specie di uccelli potrebbero essere a rischio scomparsa. L’espansione dei biocarburanti, se di elevate dimensioni, potrebbe provocare la perdita di agrobiodiversità a causa dell’intensificazione dell’agricoltura, a causa della monocoltura, poiché la maggior parte delle piantagioni per la produzione di biocombustibili si basano su una sola specie. La Royal Society (2008) ha evidenziato, un fattore molto importante da considerare e cioè la vulnerabilità a cui potranno essere sottoposte le specie e le varietà utilizzate come materie prime (es. canna da zucchero, ecc.), nei confronti dei nuovi parassiti e malattie, che posseggono il potenziale per distruggere il raccolto e per diffondersi negli habitat naturali. I biocarburanti di seconda generazione presentano un’altra serie di problemi: alcune delle materie prime più promettenti sono classificate come specie invasive, che richiederanno una gestione corretta, al fine di evitare conseguenze indesiderate. Inoltre, molti degli enzimi necessari per elaborare la materia prima dovrebbero essere utilizzati con particolare attenzione nei processi di produzione industriale, in quanto sono stati geneticamente modificati per migliorare la loro efficienza. Tuttavia, sono state eseguite alcune prove, i cui risultati suggeriscono che la biodiversità può essere migliorata e può essere restaurato il funzionamento degli ecosistemi, tramite la coltivazione delle materie prime per i biocarburanti, introducendo nuove specie perenni in aree degradate o marginali. Tilman et al. (2006) hanno utilizzato dati sperimentali ottenuti da campi sperimentali su terreni degradati e abbandonati al fine di dimostrare che, rispetto all’etanolo da mais o al biodiesel da soia, l’uso di miscele a basso input ad elevata diversità di colture perenni ottenute da pascoli nativi, garantiscono maggiori rese energetiche nette, una maggiore riduzione delle emissioni di gas serra e minor inquinamento da agro farmaci, e che queste performance sono positivamente correlate al numero di specie. Si può concludere che gli effetti sulla biodiversità dipendono quindi dal tipo di materia prima prodotta e sono legati al tipo e all’intensità di conversione dei terreni e della gestione applicata. In tabella 17 viene offerta una panoramica. 106 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche Tabella 17: Effetti specifici delle materie prime sulla biodiversità Fonte: Elaborazione su dati OFID - IIASA, 2009 3.1.4 Acqua L’acqua è un fattore chiave della produzione agricola ed il suo contributo è sempre più prezioso. Ad oggi, l’area irrigata è estesa ad oltre 270 milioni di ettari in tutto il mondo, circa il 18% del totale delle terre coltivate. L’agricoltura è il settore che consuma i quantitativi di acqua più elevati tra le attività umane; infatti i prelievi d’acqua per l’irrigazione sono pari al 70% del totale dell’utilizzo delle risorse idriche rinnovabili da parte dell’uomo: circa 2.630 miliardi di m3 all’anno nel 2000, su un totale di 3.815 miliardi di m3 all’anno (Tab.18). 107 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche Tabella 18: Fabbisogni netti di acqua di irrigazione e prelievi di acqua per l’agricoltura, nel periodo 20002030 (Previsioni) Fonte: Ns. elaborazione su dati OFID - IIASA, 2009 È stato stimato che solo circa il 50% dei prelievi d’acqua raggiunge le colture agricole, mentre il resto viene perso nei sistemi ed impianti di irrigazione. Le colture irrigue producono circa il 40% della produzione agricola totale, con rese generalmente 2 volte superiori a quelle delle colture che beneficiano solo dell’acqua meteorica. Ad esempio, la FAO stima che, ogni anno, i cereali irrigati producono circa il 60% del totale su 1,2 miliardi di tonnellate di cereali prodotti nei paesi in via di sviluppo (FAO, 2008). È stato stimato che, entro il 2050, i terreni irrigati a livello mondiale aumenteranno di 356 milioni di ettari, rispetto ai 271 milioni di ettari nel 2000. Le proiezioni nella Tabella dei prelievi idrici agricoli mostrano una crescita da 2.630 km3 del 2000, a 2.924 km3 nel 2030 e a 3.090 km3 nel 2050, con aumenti dell’11 e del 17%, rispettivamente. Andando a considerare anche le conseguenze dovute ai cambiamenti climatici e al surriscaldamento globale, può essere aggiunto un ulteriore 5-9% nel 2030 e un 8-10% entro il 2050; quindi, la domanda di acqua solo per la produzione alimentare aumenterà sensibilmente nei prossimi decenni, rischiando di aggravare i problemi dovuti alla scarsità d’acqua in diverse regioni. Per quanto riguarda i biocarburanti, se la coltivazione delle materie prime necessarie si espandesse notevolmente, potrebbe facilmente causare uno stress aggiuntivo all’approvvigionamento idrico, soprattutto se la produzione di feedstock irrigati fosse 108 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche praticata in regioni caratterizzate da carenza idrica. Secondo le stime riportate in Tabella 19, nel 2005 erano presenti 10 milioni di ettari utilizzati per la coltivazione di materie prime necessarie alla produzione di etanolo; i feedstock erano principalmente canna da zucchero in Brasile, India e Sud Africa, e mais negli Stati Uniti e Cina. Tabella 19: Uso dell’acqua per la coltivazione delle materie prime per la produzione di etanolo (2005) Fonte: elaborazione su dati OFID - IIASA, 2009 Queste materie prime rappresentavano circa l’1,4% in termini di evapotraspirazione, sul totale delle colture agricole e circa il 2% dei prelievi di acqua per l’irrigazione. Da notare che la produzione di bioetanolo nel 2008 è stata quasi doppia, rispetto al livello indicato per il 2005 in Tabella. Per quando riguarda il biodiesel, l’utilizzo di acqua per irrigazione delle materie prime agricole è stato trascurabile; da considerare che più della metà del biodiesel a livello mondiale è stato prodotto in Europa, soprattutto da colza coltivata senza irrigazione. L’International Water Management Institute ha recentemente osservato che, a livello globale, non c’è abbastanza acqua per produrre cibo e di biocarburanti, ma, nei paesi dove l’acqua è già scarsa, come l’India e la Cina, la crescita delle colture destinate alla trasformazione in biocarburanti, intensificherà i problemi esistenti. Tuttavia, ci sono grandi differenze relativamente al fabbisogno di acqua delle differenti materie prime, così come esistono grandi differenze della quantità d’acqua disponibile dalle precipitazioni e 109 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche dalle risorse idriche per l’irrigazione, in base alla localizzazione. Di conseguenza, il calcolo dell’acqua totale di irrigazione richiesta per litro di bioetanolo prodotto, può variare notevolmente tra sedi diverse (Tab.20). Tabella 20: Acqua di irrigazione richiesta per la produzione di etanolo Fonte: Ns. elaborazione su dati OFID - IIASA, 2009 Gli impatti della produzione dei biocarburanti sulle risorse idriche, dipendono in larga misura da scelte appropriate di materie prime adatte ad essere coltivate e da pratiche di gestione adeguate. Promuovere la produzione di zucchero di canna in zone caratterizzate da carenza idrica, può causare danni all’ambiente, come recentemente riportato da McCornick et al. (2009) per il bacino Krishna in India. L’uso del sorgo dolce o della Jatropha, con requisiti di acqua inferiori a quelli della canna da zucchero, può creare maggiori opportunità per la coltivazione pluviale, anche se con rendimenti nettamente inferiori. Per ridurre al minimo la concorrenza di acqua con la produzione alimentare, nonché per garantire il massimo risparmio di gas serra dei biocarburanti, dovrebbe essere scoraggiata la produzione delle materie prime in condizioni irrigue, favorendo l’utilizzo delle sole piogge. Indipendentemente dalla produzione di biocarburanti, forse il modo più efficace per affrontare un aumento della domanda di acqua, è quello di migliorare l’efficienza di uso dell’acqua in agricoltura, cioè si deve trovare il modo di ottenere un maggior raccolto per unità d’acqua consumata. La produzione di biocarburanti nei prossimi non inciderà solamente sulla quantità d’acqua, ma anche sulla qualità delle acque, sia a causa del ruscellamento degli agrofarmaci, sia per le sostanze nocive prodotte nei processi di trasformazione e di conversione della materia prima. Anche se questi fattori non riguardano solo i biocarburanti, la maggior concorrenza per le risorse agricole, dovuta alla produzione delle materie prime per i biocarburanti, può aggiungersi ai rischi di intensificare le pressioni ambientali create dal sovra 110 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche sfruttamento delle risorse, dalle scarse pratiche agricole, o dagli aumentati cicli dei nutrienti ed inquinanti, che superano il limite e la capacità di auto-sostenersi e autodepurarsi dei sistemi biologici. È ben noto che il mais richiede più fertilizzanti e pesticidi, rispetto alla maggior parte delle colture alimentari; quindi una grande espansione della produzione di etanolo a base di mais, come sta avvenendo negli Stati Uniti d’America, aumenta il rischio di contaminazione delle acque sotterranee, riduce la qualità delle acque, ed è tra le cause di eutrofizzazione51 dei corpi idrici. L’inquinamento delle acque è stato un grave problema ambientale nelle regioni produttrici di canna da zucchero in Brasile fino ai primi anni ‘80, quando è stata attuata la normativa per vietare lo scarico diretto delle vinacce. Le principali fonti industriali di inquinamento, dovute ai processi cui è sottoposta la canna da zucchero, sono le acque reflue derivanti dal lavaggio degli steli prima della trasformazione e le vinacce prodotte durante la distillazione. Questi sottoprodotti causano la contaminazione delle acque, dovuta alle elevate concentrazioni di materia organica, che vanno ad aumentare la richiesta biochimica di ossigeno (BOD5)52 dei corpi idrici. Per evitare il deterioramento della qualità dell’acqua sono necessari una severa regolamentazione ed il controllo dello smaltimento dei rifiuti ricchi di nutrienti derivanti dai processi industriali. Il riutilizzo dei sottoprodotti della canna da zucchero nei campi riduce l’applicazione di fertilizzanti chimici, con il rischio, però, di eccesso di apporti vicino agli impianti di trasformazione. Sono state identificate diverse tecnologie al fine di aumentare immediatamente l’efficienza e la sostenibilità degli zuccherifici attuali e di quelli futuri, come per esempio la riduzione del consumo di acqua attraverso la chiusura dei circuiti di trattamento dell’acqua, l’uso della bagassa per generare elettricità ed il miglioramento del bilancio energetico della produzione di etanolo, nei processi di produzione e raccolta. I tassi di riciclo dell’acqua negli zuccherifici brasiliani sono aumentati, passando da circa il 63% nel 51 Il termine eutrofizzazione, indica una condizione di ricchezza di sostanze nutritive in un dato ambiente, nello specifico una sovrabbondanza di nitrati e fosfati in un ambiente acquatico. L’accumulo di questi elementi causa la proliferazione di alghe microscopiche che, a loro volta, non essendo smaltite dai consumatori primari (es. plancton), determinano una maggiore attività batterica, aumentando così il consumo globale di ossigeno, la cui mancanza, provoca alla lunga la morte dei pesci. 52 Domanda di ossigeno biochimico (mg/l di O2) assunto come misura indiretta del carico organico inquinante (biodegradabile). 111 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche 1990 all’88% nel 2005. Ad oggi, sono disponibili adeguate conoscenze, abilità operative e tecnologie ben sviluppate che consentirebbero di ottenere una produzione ed espansione sostenibile della canna da zucchero. Tuttavia, l’adozione di nuove tecnologie richiede un ambiente economico e politico favorevole, che agevoli gli investimenti in tecnologie pulite. Il Brasile ha accumulato una notevole esperienza in ambito di produzione sostenibile della canna da zucchero; sarà, quindi, fondamentale condividere e trasferire queste conoscenze e garantire l’applicazione delle nuove tecnologie e delle migliori pratiche in Brasile, come in altre regioni dell’America, in Asia e soprattutto in Africa. È importante sottolineare che la diffusione dei sistemi di produzione dei biocombustibili, non crea solo ulteriori rischi ambientali, ma può anche generare nuove opportunità per una migliore gestione ambientale. Un’accurata selezione delle materie prime che soddisfi le condizioni ambientali e l’attuazione delle migliore pratiche introducendo questi nuovi sistemi colturali, potrebbe migliorare la sostenibilità del settore agricolo, riducendo la domanda di fertilizzanti e di pesticidi ed evitando la necessità di acqua per l’irrigazione. I benefici ambientali potrebbero essere ottenuti anche dalle piante legnose ed erbacee destinati a diventare importanti come materie prime lignocellulosiche per la produzione dei biocarburanti di seconda generazione. Queste piante perenni richiedono un minor numero di input agricoli, migliorando ed estendendo il periodo di copertura della vegetazione. Alcune specie legnose, come il salice ed il pioppo, possono filtrare le sostanze nutritive che possono causare inquinamento tramite ruscellamento e lisciviazione, garantendo inoltre alte produzioni in termini di biomassa. Prudenti scelte nell’uso del suolo potrebbero, quindi, contribuire a ridurre il suo degrado e l’inquinamento delle acque e potrebbero accrescere gli stock di carbonio nei terreni degradati e marginali, fornendo al contempo energia. 3.2 L’impatto economico-sociale dei biocombustibili e la volatilità dei prezzi nel settore agricolo Gli sviluppi del mercato agricolo hanno di recente attirato l’attenzione a causa dell’aumento dei prezzi alimentari al consumo, e ancor più delle fluttuazioni dei prezzi delle materie prime agricole. La volatilità dei prezzi delle commodity agricole è un fenomeno che si è sempre verificato, ma negli ultimi anni tale fenomeno è diventato un vero e proprio elemento strutturale del mercato agricolo mondiale ed 112 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche europeo tanto da far sì che ad oggi la stabilità del mercato agricolo è considerata come uno dei principali obiettivi della politica agricola comune post 2013 (Matthews, 2010; Finco et al., 2013). Nei quaranta anni precedenti all’ultima crisi nei mercati delle commodity agricole vi sono stati quattro periodi di improvvisi aumenti dei prezzi (e successivo declino) (1973-75, 1978-79, 1986-87 e 1995), sebbene solo quello del triennio 1973-75sia stato di intensità paragonabile al più recente. I recenti rapporti OCSE-FAO (OECD-FAO Agricultural Outlook 2010, 2011, 2012) hanno dedicato particolare attenzione alla volatilità e all’incremento dei prezzi dei prodotti agricoli di base. A tal proposito, come testimoniato dal Rapporto sull’andamento dei prezzi delle commodities agricole (Fanfani R. et al., 2011) se si analizzano gli andamenti del mercato mondiale Europeo e Nazionale negli ultimi dieci anni si osservano fortissime oscillazioni (Fig.62). In particolare l’aumento dei prezzi delle principali commodities agricole sui mercati internazionali, si è verificato a partire dalla seconda metà del 2007 e ha raggiunto un massimo nella prima parte del 2008; successivamente i prezzi agricoli ,che avevano raggiunto un loro massimo sui mercati internazionali nel 2008, dopo un altrettanto rapido tracollo verso la metà del 2009, hanno di nuovo ripreso ad aumentare nella seconda metà del 2010 fino a raggiungere un nuovo picco nei primi mesi del 2011. Nei mesi successivi i prezzi hanno registrato nuovamente una riduzione e ad oggi hanno iniziato a contenersi, rimanendo tuttavia a livelli relativamente alti. L’andamento generale dei prezzi tuttavia presenta tendenza disomogenea tra i singoli prodotti. Infatti, l’ascesa dei prezzi fino a metà del 2008, è stata trainata dai prezzi dei cereali (grano e riso in particolare), degli oli e dei grassi (soia e oli vegetali), mentre i prodotti lattiero caseari avevano subito un forte aumento in precedenza. Al contrario il comparto delle carni non ha registrato un analogo comportamento, mentre i prezzi dello zucchero si sono attestati su livelli intermedi. Il rapido declino dei prezzi registrato a partire dal 2008 fino alla metà del 2009 è stato, invece, particolarmente rilevante per gli oli e grassi, mentre i prodotti lattiero-caseari sono drasticamente crollati, di oltre la metà. La discesa dei prezzi dei cereali pur essendo stata consistente, si è stabilizzata su valori intermedi per effetto principale delle quotazioni elevate del riso, rispetto a quelle del grano e del mais. 113 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche A partire dalla seconda metà del 2009 si è assistito ad una nuova impennata dei prezzi delle principali commodities agricole, ma l’aumento ha riguardato prodotti diversi rispetto al 2007-2008. In particolare nel nuovo e più recente boom dei prezzi del 2010-11, il prezzo dello zucchero ha raggiunto un valore tre volte superiore a quello del 2002-04, seguito solo in parte dall’aumento anche dei prezzi dei prodotti lattiero caseari. Tale nuova impennata si caratterizza, inoltre, per il forte aumento degli oli, e solo più recentemente anche i cereali hanno ripreso ad aumentare. Figura 62: Evoluzione dei prezzi delle Commodities Agricole 2001-2021 (USD/t –USD/hl) Fonte: OECD-FAO 2012 Alla luce di quanto emerso dalla breve analisi sovrastante, in letteratura sono stati condotti numerosi studi con lo scopo di identificare e analizzare le principali cause della volatilità dei prezzi nel settore agricolo. Di seguito (Fig.64) vengono elencati i principali fattori osservati come causa della volatilità dei prezzi in tale settore, desunti dall’analisi bibliografica condotta (Abbott et al., 2009; Abbot et al., 2011, Balcombe 2009; Sarris 2009; Huchet-Bourdon 2011; Gilbert 2010; Gilbert et al., 114 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche 2010; De Schutter .2010; Jacks 2010, Muller et al., 2011, Huchet-Bourdon, M. 2011, OECD-FAO, 2011). Figura 64: Fattori alla base della volatilità dei prezzi delle Commodities Agricole Due sono gli elementi che sembrano aver giocato un ruolo fondamentale sulla dinamica dei prezzi del mercato agricolo: lo squilibrio tra domanda e offerta e le politiche. Per quanto riguarda l’evoluzione della domanda e dell’offerta, questa è stato provocato da vari motivi. In particolare dal punto di vista della domanda, negli ultimi anni si è assistito ad un aumento della domanda mondiale dei prodotti alimentari dovuta alla crescita delle economie emergenti, quali Cina, India e Brasile. A questa si è aggiunta la cresce domanda di prodotti agricoli per usi agro energetici incentivata sia dalle politiche volte alla produzione dei biocarburanti sia dalla crescita dei prezzi del petrolio. Dal punto di vista dell’offerta, invece la mancanza di investimenti nel settore agricolo, nonché i bassi stock delle materie prime degli ultimi anni sono spesso citate come fattori contribuenti. Altro elemento di carattere macroeconomico e finanziario non legato direttamente al settore delle commodities agricole, ma che ha comunque inciso sulla volatilità dei loro prezzi risulta essere il deprezzamento del dollaro statunitense. A questo si aggiungono fattori relativi soprattutto agli effetti del cambiamento climatico il quale ha provocato fenomeni di siccità ed eccesso di pioggia. Merita indubbiamente di essere annoverata anche la variazione delle politiche di importazione ed 115 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche esportazione nonché il fenomeno della speculazione finanziaria nel mercato delle commodities agricole. Per quanto riguarda le politiche, si sottolinea come le ultime riforme PAC abbiano modificato la politica dei mercati, determinando una minor protezione alle frontiere e una riduzione dei prezzi di sostegno interni, creando così un effetto destabilizzante nel settore agricolo nonché una inesorabile instabilità dei mercati. A tal proposito, l’Unione Europea sta orientando la nuova PAC verso l’identificazione di linee guida volte a ridurre la volatilità dei prezzi e dei mercati mondiali. 3.2.1 Interazione tra settore agro-energetico e mercato delle commodities agricole Focalizzando l’attenzione sull’interazione tra settore agro energetico e mercato delle commodities agricole, diversi ricercatori hanno cercato di quantificare: 1) l'impatto della produzione nonché delle politiche dei biocarburanti sui prezzi delle commedies agricole (si fa riferimento ai picchi di prezzo tra il 2007/08 e il 2010/2011) e in particolare sul mercato delle materie prime usate sia a scopo energetico sia alimentare come l’ olio di colza, l’olio di soia, l’olio di palma, l’olio di girasole, lo zucchero, la barbabietola il mais e il grano (Per esempio si veda: Banse et al. 2008, Banse et al., 2012; Hertel et, 2010); 2) l’impatto dei prezzi dei biocombustibili sui prezzi delle commodites agricole (Per esempio si veda: Serra et al., 2011 e 2012 , Zilberman et al., 2012, Ajanovic 2010, Rosegrant 2008, Taheripour et al. 2008, Khanna et al., 2010, Ciaian et al., 2011a e b, Wixson et al., 2012). Relativamente al primo punto, la maggior parte della letteratura che si occupa dell’analisi dell’effetto dell’introduzione dei biocombustibili sui prezzi dei prodotti alimentari utilizza modelli di equilibrio generali o parziali. Di contro a questi e parallelamente a quanto espresso nel punto due, l’analisi delle serie storiche è ampiamente applicata per lo studio della dinamica dei prezzi. Ad oggi una vasta letteratura analizza tali tematiche. Come afferma Zilberman (Zilberman et al., 2012) mentre i prezzi dei biocarburanti non sembrano influenzare i prezzi delle materie prime alimentari, la loro introduzione, incentivata soprattutto dalle politiche vigenti, sembra tuttavia creare incrementi in questo senso. D’ altro canto, come dichiara Gerber (Gerber et al. 2009), i vari calcoli degli impatti della 116 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche produzione di biocarburanti sui prezzi dei prodotti alimentari e sulle materie prime ottenuti dai differenti studi sono difficili da conciliare. Ciò è dovuto in gran parte alla serie intricata di ipotesi considerate, alle differenze tra gli scenari di base esaminati nonché alle metodologie applicate. Come conferma anche Timmer (Timmer 2008) la modellazione risulta essere complicata e pertanto non è sorprendente che gli analisti e i diversi modelli applicati producano stime differenti di ciò che è la causa degli elevati prezzi degli alimenti. Ciò nonostante, sebbene la letteratura attuale sia giunta a conclusioni diverse le une dalle altre, vi è un ampio consenso relativamente al fatto che gli aumenti di prezzo in nessun modo siano limitati esclusivamente all’introduzione dei biocarburanti, ma che piuttosto derivino da diversi fattori (Per esempio si veda Abbott et al., 2008, Lipsky 2008, Sarris 2009, Trostle 2008, Gilbert 2010, Hochman et al., 2011). Di seguito verrà condotta una breve overwiev relativa sia all’impatto della produzione nonché delle politiche dei biocarburanti sui prezzi delle commedies agricole sia all’impatto dei prezzi dei biocombustibili sui prezzi delle commodites agricole. L'impatto della produzione e delle politiche dei biocarburanti sui prezzi delle commedies agricole Lo studio condotto da Mueller (Mueller et al., 2011) che effettua una review delle principali cause dell’incremento dei prezzi dei prodotti alimentari e la relativa correlazione con la produzione dei biofuels, mostra come il contributo dei biofuels sull’incremento dei prezzi sia piuttosto modesto variando dal 3 al 30%. Tale concetto è inoltre ribadito da Zilberman (Zilberman et al., 2012) il quale dichiara che i biofuels non sono la principale causa dei recenti boom dei prezzi dei prodotti alimentari, aggiungendo che ogni tipologia di biocombustibile prodotto conduca nella realtà ad un impatto differente. Risultato opposto è evidenziato da Mitchell (Mitchell, 2009) il quale dichiara che il 70-75% dell’incremento dei prezzi sia dovuto alla produzione dei biocombustibili. Una buona parte della corrente letteratura ha attribuito nelle politiche sviluppate per il sostegno del settore dei biocarburanti, con conseguente incremento della produzione degli stessi, uno dei principali punti di connessione tra mercato energetico, materie prime ad uso energetico e prodotti 117 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche alimentari (Per esempio si veda Hertel et, 2010, Janda et al., 2011, Banse et al. 2008, Dimaranan al., 2012, Banse et al., 2012). Un recente report condotto dalle principali organizzazioni internazionali (Policy Report, 2011 by FAO, IFAD, IMF, OECD, UNCTAD, WFP, the World Bank, the WTO, IFPRI e UN HLTF) ha evidenziato come tra il 2000 e il 2009, la produzione mondiale di bioetanolo sia quadruplicata e la produzione di biodiesel aumentata di dieci volte nei paesi dell'OCSE, soprattutto grazie al sostegno delle politiche vigenti. Ne consegue che durante questo periodo la domanda di colture per la produzione di biocarburanti è aumentata, provocando un conseguente aumento dei prezzi internazionali del frumento, così come dei cereali secondari, dei semi oleosi e degli oli vegetali, rispettivamente secondo i valori dell'8%, 13%, 7% e del 35%. Si sottolinea inoltre che tale incremento è proseguito negli anni successivi e ragionevolmente continuerà a sussistere finché i governi imporranno specifici mandati (obblighi di miscelare proporzioni fisse di biocarburanti con carburanti fossili, o obiettivi vincolanti per i biocarburanti nel consumo energetico). Pertanto la produzione di biocarburanti aggraverà la scarsa elasticità della domanda al prezzo contribuendo alla volatilità dei prezzi agricoli. Anche uno degli ultimi rapporti OCSE/FAO sull’agricoltura (OCSE/FAO Agricultural Outlook 2012-2021) ribadisce tale concetto, sostenendo che la continua espansione della produzione di biocarburanti finalizzata a soddisfare gli obblighi delle politiche vigenti, creerà in futuro un'ulteriore domanda delle materie prime impiegate per la produzione di biocarburanti come il grano, i cereali secondari, gli oli vegetali e lo zucchero. Uno studio condotto dal Department for Enviromental., Food and Rural Affairs (DEFRA 2008), ha tuttavia sottolineato che l’impatto della produzione dei biofuels sui prezzi del grano avrà un effetto relativamente piccolo nel mercato Europeo, mentre l’effetto sul mercato Statunitense sarà inevitabile. Come sottolineato da Elliot (eliot), l’incremento dei prezzi del petrolio, combinato alle politiche di supporto ha reso i biofuels più attraenti, e ciò ha incoraggiato soprattutto la produzione dell’etanolo da corn all’interno degli Stati Uniti. Questo ha contribuito ad un incremento del prezzo dei cereali a livello mondiale del 30%. Un’analisi condotta dall'Istituto per le prospettive tecnologiche (IPTS) per la DG Agricoltura ha dichiarato che senza un sostegno da parte della politica Europea ai biofuels, la domanda interna di biocarburanti sarebbe di molto inferiore, e pertanto si 118 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche assisterebbe ad una riduzione dei prezzi all'interno dell'UE, con conseguente diminuzione dei prezzi nel mercato mondiale. Dal momento che la domanda di materie prime necessarie per la produzione di biodiesel (semi oleosi e oli vegetali) a livello mondiale è maggiore rispetto a quella dei feedstock per il bioetanolo (cereali o lo zucchero), in futuro qualsiasi pressione diretta esercitata sui mercati alimentari mondiali a causa di politiche dell'UE per i biocarburanti potrà creare un incremento di prezzo maggiore per i semi oleosi e gli oli vegetali piuttosto che per i cereali o lo zucchero (Fonseca et al., 2010). Al contrario di quanto fin ora espresso, il report condotto dall’ IFPRI (Al-Riffai et al., 2010) ha mostrato che l'effetto delle politiche dei biocarburanti sui prezzi alimentari resterà molto limitata, definendo una variazione di prezzo massimo relativo alle produzioni alimentari pari al +0,5% in Brasile e +0,14% in Europa. Baffes e Haniotis (Baffes et al., 2010) sostengono che in tutto il mondo solo l’1,5% della superficie è coltivato a cereali/semi oleosi e questo suscita seri dubbi sulle affermazioni che dichiarano che i biocarburanti possano portare ad un grande cambiamento della domanda globale. Essi aggiungono inoltre che, mentre il dibattito finora si è concentrato principalmente sulla quantità di colture alimentari dirottate verso la produzione di biocarburanti e verso il conseguente effetto sui prezzi, minore attenzione è stata dedicata a una questione ben più importante legata al fatto che la produzione dei biofuels rappresenta un’opportunità di sviluppo per il settore agricolo nonché un motore per la creazione di una serie di esternalità positive (De Gorter et al., 2010). Timilsina (Timilsina et al., 2011), ribadisce a tal proposito, che l’aumento dei prezzi del petrolio registrato negli ultimi anni ha creato una riduzione degli output agricoli; al contrario, l’espansione dei biofuels, potenziata dunque non solo dalle politiche, ma anche dalla forte variazione dei prezzi dell’energia, ha invece incrementato la produzione di prodotti agricoli, sostenendo tale settore. Un ulteriore punto di partenza per l’analisi della relazione biofuels e prezzi delle commodites agricole consiste nello scindere gli effetti provocati dall’etanolo (che è il principale biofuels presente nel mercato americano) da quelli del biodiesel (prodotto largamente nel mercato europeo). A tal proposito lo studio condotto da Kristoufek (Kristoufek et al., 2012) che conferma una correlazioni positiva tra biocarburanti e prezzi, sottolinea la necessità di una distinzione tra etanolo e biodiesel. Ciò 119 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche chiaramente in accordo anche con Tyner (Tyner et al., 2010) il quale ribadisce che le politiche per i biocarburanti negli Stati Uniti e nell’Unione Europea mostrano differenze significative. L’impatto dei prezzi dei biocombustibili sui prezzi delle commodites agricole Soffermandoci invece sulla relazione tra prezzi dei biocombustibili e prezzi delle commodities agricole, la maggior parte della letteratura vigente finora si è concentrata soprattutto sul mercato americano e su quello brasiliano dell’etanolo, mentre il mercato europeo del biodiesel non ha ricevuto molta attenzione risultando di recente considerazione. Coerentemente con la letteratura vigente, le stime e le previsioni della trasmissione dei prezzi sono effettuate nella maggior parte dei casi attraverso un’analisi di cointegrazione seguita dalla determinazione di un modello vettoriale a correzione di errore (VECM) o in misura minore, tramite il calcolo di un modello autoregressivo vettoriale (VAR) (Serra et al., 2013). La maggior parte degli articoli recensiti in questa sezione si basano su prezzi spot53, essendo l'utilizzo dei prezzi dei futures meno comune. I prezzi del petrolio, così come quelli del diesel, sono spesso ottenuti dall’US Energy Information Administration (EIA) o nel contesto brasiliano dall’ Agência Nacional do Petróleo, Gás Natural e Biocombustíveis (ANP). Le serie dei prezzi relative all’etanolo brasiliano sono ottenute dal Centro di Studi Avanzati in Economia Applicata (CEPEA), mentre i prezzi dell’etanolo americano fanno riferimento soprattutto al Renewable Fuels Association (RFA). Per quanto riguarda i prezzi del biodiesel derivano dalla piattaforma Bloomberg, Reuters o Datastream. Infine per quanto riguarda i prezzi delle commodity agricole i principali riferimenti sono la Food and Agriculture Organization (FAO), l’U.S. Department of Agriculture (USDA), il Centro di Studi Avanzati in Economia Applicata (CEPEA) e la piattaforma Bloomberg. In riferimento al mercato dell’etanolo americano, Saghaian (2010) sostiene la presenza di cointegrazione tra i prezzi del petrolio, dell'etanolo, del frumento, del 53 Prezzo di mercato corrente 120 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche mais e della soia. In dettaglio il prezzo del petrolio guida i prezzi del mais, della soia, del frumento e dell'etanolo, mentre l'etanolo influisce sui prezzi del mais nel lungo periodo. Uno studio condotto dalla Serra et al., nel 2011 fornisce evidenze di come il mercato del mais risponde agli squilibri del mercato dell’etanolo, ma non a quelli del petrolio. Anche Katchova e Wixson (2012) sottolineano come i prezzi del mais, della soia e del petrolio rappresentano indicatori di futuri cambiamenti dei prezzi dell'etanolo, così come i prezzi dell'etanolo lo saranno per le materie prime di produzione. Al contrario di quanto esposto sopra Zhang et al. (2009), Mallory et al. (2012) e Qiu et al. (2012) provano come uno shock dei prezzi dei combustibili fossili e del mercato dei biocarburanti non hanno ricadute sul prezzo del food. Passando al mercato dell’etanolo brasiliano, Rapsomanikis e Hallam (2006) e Balcombe e Rapsomanikis (2008) analizzano i prezzi dell'etanolo, dello zucchero e del petrolio al fine di investigare le dinamiche dell’industria dell'etanolo brasiliano attraverso un VECM model. Dalle analisi condotte emerge come il prezzo del petrolio influenza sia il prezzo dello zucchero che quello dell’etanolo nel lungo periodo. A sua volta variazioni nel prezzo dello zucchero sono trasmesse al mercato dell’etanolo, ma non viceversa. Anche l’analisi condotta da Serra, Zilberman, e Gil (2011) che utilizza i prezzi settimanali dello zucchero, dell’etanolo e del petrolio da giugno 2000 a febbraio 2008, mostra come i prezzi dell’etanolo sono positivamente correlati sia ai prezzi dello zucchero che a quelli del petrolio. Tale risultato è supportato da un ulteriore studio della Serra (2011) in cui viene inoltre evidenziato come l’etanolo non è in grado di colpire né il mercato dello zucchero né quello del petrolio. Per quanto riguarda il mercato del biodiesel, Busse et al. (2010) hanno esaminato la trasmissione verticale dei prezzi nella filiera del biodiesel in Germania durante la rapida crescita di tale settore a partire dal 2002 fino al suo declino nel 2009, concentrandosi soprattutto sulle connessioni tra i prezzi dell’olio di colza, di soia, del biodiesel e del diesel. Dall’analisi condotta è emerso come il prezzo del petrolio presenti un forte impatto sul prezzo del biodiesel, e come i prezzi del biodiesel influenzino quelli dell’olio di colza. Tale risultato viene nuovamente confermato nel’ articolo successivo del 2012 (Busse et al. 2012). L'industria del biodiesel spagnola viene invece analizzata da Hassouneh et al. (2012). Dall’analisi condotta emerge come vi è relazione di lungo periodo tra il prezzo del biodiesel, del girasole e del 121 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche petrolio. Ciò implica come il prezzo del biodiesel viene influenzato sia dal prezzo del feedstock che da quello del combustibile fossile. L’analisi mostra inoltre come il prezzo del biodiesel ha una limitata capacità di influire sul prezzo del girasole. Infine diversi studi analizzano il mercato internazionale mettendo in relazione entrambi i biocombustibili e le commodity agricole. Ad esempio lo studio condotto da Kristoufek et al. (2012) indaga la relazione tra prezzo del biodiesel, dell’etanolo dei combustibili fossili e delle relative materie prime negli Stati Uniti e in Germania. L'analisi, che si basa su un minimal spanning tree e un hierarchical tree, mostra come entrambi i biocarburanti sono influenzati sia dai prezzi della propria materia prima che dal carburante fossile. In dettaglio, l’etanolo risulta molto più connesso al prezzo della materia prima, ossia lo zucchero, piuttosto che con il prezzo della gasolina. Viceversa il prezzo del biodiesel sembra essere più connesso a quello della materia prima di riferimento. Lo studio evidenzia inoltre come entrambi i biocombustibili hanno una limitata capacità di colpire il mercato alimentare. Quest’ultimo concetto viene ribadito anche nello studio condotto da Vacha et al. (2012) che analizza le interconnessioni tra i prezzi dell’etanolo e del biodiesel con i relativi prezzi sia delle materie utilizzate per la loro produzione (zucchero, grano, soia, olio di colza) sia del diesel e della gasolina. Anche in questo caso si evidenzia come i prezzi del biodiesel sono maggiormente collegati ai prezzi del carburante, mentre il prezzo dell'etanolo è più legata ai prezzi alimentari. 3.3 Sostenibilità e criteri di sostenibilità secondo la normativa Europea Come già descritto nel capitolo precedente la Direttiva 2009/28/CE (RED) (EC, 2009) sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili include una serie di criteri di sostenibilità obbligatori come parte di uno schema di sostenibilità per i bioloquidi e i biocarburanti, nonché richieste di monitoraggio e di report da parte sia degli Stati Membri che della Commissione Europea. Simili richieste di sostenibilità sono, inoltre, contenute nella Direttiva 2009/30/EC (Fuel Quality) (EC, 2009b) sulla qualità dei carburanti, che riguarda le specifiche relative a benzina, combustibile diesel e gasolio, nonché l’introduzione di un meccanismo inteso a controllare e ridurre le emissioni di gas a effetto serra. 122 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche Secondo quanto stabilito dalle due Direttive54, i bioliquidi e i biocarburanti, al fine di poter essere conteggiati per il raggiungimento dei target europei ed essere eleggibili ai fini del supporto finanziario, indipendentemente dal fatto che la materia prima utilizzata per produrli sia stata coltivata all’esterno o all’interno dell’Unione Europa, debbono: garantire una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra lungo tutto il loro ciclo di vita (dalla coltivazione del seme alla produzione di energia); non essere ottenuti da materie prime provenienti da terreni che presentano un elevato valore in termini di biodiversità o un elevato stock di carbonio. La riduzione di emissioni di gas a effetto serra grazie all’uso di bioliquidi e biocarburanti sostenibili deve essere almeno pari al 35%55. La percentuale di riduzione dovrà invece raggiungere il 50% dal 2017 e il 60% dal 2018. Il calcolo delle emissioni reali di gas a effetto serra può essere effettuato, secondo le citate Direttive56, attraverso l’utilizzo di valori standard, reali o disaggregati57. L’eventuale calcolo dei valori deve essere effettuato considerando tutte le fasi del ciclo di vita del biocarburante, incluse la coltivazione e l’estrazione della materia prima, la lavorazione, il trasporto, l’uso e tenendo conto delle emissioni derivanti dalle modifiche degli stock di carbonio in seguito al cambiamento di destinazione dei terreni. Per quanto riguarda invece il criterio sulla provenienza della materia prima, la Direttiva impone che i biocarburanti non siano prodotti a partire da terreni con un elevato valore in termini di biodiversità, ovvero: foreste primarie e altri terreni boschivi; aree designate per scopi di protezione della natura, o per la protezione di ecosistemi o specie rare, minacciate o in pericolo di estinzione; terreni erbosi naturali ad elevata biodiversità. Sono inoltre esclusi i terreni che presentano un elevato stock di carbonio, ossia: zone umide; 54 Art. 17 della RED e art. 7-ter della Fuel Quality. 55 Nel caso di impianti di produzione già in servizio il 23 gennaio 2008, si applicherà dal 2013. 56 Art.19 della RED e art. 7-quinquies della Fuel Quality. 57 Valori standard: allegati V-A e IV-A delle Direttive; valori reali: metodologia contenuta negli allegati V-C e IV-C delle Direttive; valori disaggregati: allegati V-D e IV-D delle Direttive. 123 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche zone boschive continue; terreni aventi un’estensione superiore ad un ettaro caratterizzati dalla presenza di alberi di altezza superiore a cinque metri e da una copertura della volta compresa tra il 10% e il 30%; terreni classificati come torbiere. Le materie prime agricole coltivate nella Comunità e utilizzate per la produzione di biocarburanti e di bioliquidi debbono, inoltre, essere ottenute nel rispetto delle prescrizioni e delle norme previste dalle disposizioni contenute nella politica agricola comunitaria, che impone il rispetto della condizionalità ovvero stabilisce requisiti minimi per il mantenimento di buone condizioni agricole, ambientali e criteri di gestione obbligatoria. L’art. 21 della RED prevede inoltre che, ai fini della dimostrazione del rispetto degli obblighi di consumo, il contributo dei biocarburanti di seconda generazione58 è considerato doppio di quello degli biocarburanti. Ciò vale a dire che l’Unione Europea spinge verso la produzione di biocarburanti di seconda generazione considerati in generale più sostenibili rispetto a quelli convenzionali. Lo schema di sostenibilità include, inoltre, richieste di monitoraggio e di report, sia da parte degli Stati Membri che della Commissione (art. 22 e art. 23 della RED), riguardanti l’impatto complessivo della produzione di biocarburanti su biodiversità, risorse idriche, qualità dell’acqua e del suolo, riduzione netta delle emissioni di gas a effetto serra, nonché sulle variazioni del prezzo dei prodotti e cambiamento d’uso del suolo. Anche se non sono stati previsti criteri di sostenibilità sociale, la Commissione europea è tenuta, a relazionare sull’impatto economico-sociale che la produzione di biocarburanti comporta nella Comunità e nei paesi terzi tra cui la disponibilità di prodotti alimentari a prezzi accessibili (art. 17(7)). Per quanto riguarda la verifica del rispetto dei criteri di sostenibilità59, gli Stati Membri devono imporre agli operatori economici60 l’obbligo di dimostrare che sono 58 Biocarburanti prodotti a partire da rifiuti, residui, materie cellulosiche di origine non alimentare e materie ligno-cellulosiche. 59 Art. 18 della RED e l’art. 7-quater della Fuel Quality. 124 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche stati rispettati i suddetti criteri di sostenibilità lungo tutta la catena di produzione (chain of custody). A tal fine, gli operatori economici sono tenuti ad utilizzare un sistema di equilibrio di massa, che consente di miscelare partite di materie prime o partite di biocarburanti con caratteristiche di sostenibilità diverse, associando le informazioni sulle caratteristiche di sostenibilità alla miscela ottenuta (EC, 2011) ovvero tenendo presente che le informazioni sulle caratteristiche di sostenibilità rimangono associate alle partite. In aggiunta, gli operatori economici devono presentare informazioni riguardanti le misure adottate per la tutela del suolo, delle risorse idriche e dell’aria, per il ripristino dei terreni degradati e per evitare il consumo eccessivo di acqua in zone afflitte da carenza idrica. Per semplificare l’operato dei piccoli operatori o agricoltori, la Commissione, oltre ad ammettere il ricorso a valori standard, ha previsto la possibilità di aderire a sistemi volontari nazionali o internazionali che implementino i criteri di sostenibilità (art. 18(4)). La Commissione si è impegnata, inoltre, a concludere accordi bilaterali o multilaterali con paesi terzi, che contengano disposizioni sulla sostenibilità conformi ai criteri proposti dalla RED (art. 18(4)). Per incoraggiare l’istituzione di sistemi di certificazione per tutti i tipi di biocarburanti e fornire informazioni aggiuntive sull’applicazione pratica dei criteri di sostenibilità, la Commissione ha adottato nel 2010 due Comunicazioni61 e una Decisione62, volte ad aiutare gli Stati Membri nell’attuazione del regime di sostenibilità ed a comprendere i requisiti che tali certificazioni dovranno rispettare. La Comunicazione 160/01 (EC, 2010a) riguarda, in particolare, il processo di valutazione che la Commissione avvia in seguito ad una richiesta di riconoscimento di un sistema volontario o di un accordo bilaterale o multilaterale, a prescindere dalla sua provenienza o dal fatto che si tratti di un sistema concepito da governi o da organizzazioni private. 60 Per operatore economico si intende qualunque persona fisica o giuridica stabilita nella comunità o in un Paese terzo che offre, mette a disposizione, produce o utilizza biocarburanti e bioliquidi destinati al mercato comunitario. 61 Comunicazione 2010/C 160/01 sui sistemi volontari e i valori standard da utilizzare nel regime UE di sostenibilità per i biocarburanti e i bioliquidi e Comunicazione 2010/C 160/02 sull’attuazione pratica del regime UE di sostenibilità per i biocarburanti e i bioliquidi e sulle norme di calcolo per i biocarburanti. 62 Decisione 335 del 2010. 125 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche La seconda Comunicazione, 160/02 (EC, 2010b) riguarda invece l’attuazione pratica del regime di sostenibilità e le relative norme di calcolo. La Decisione 2010/335/UE (EC, 2010c) contiene infine le linee guida per il calcolo degli stock di carbonio nel suolo, completando le regole introdotte all’allegato V della RED. 3.3.1 Breve excursus sulla normativa italiana in materia di sostenibilità Per quanto riguarda l’Italia, si fa presente che il recepimento della direttiva 2009/28/CE è avvenuto tramite il Decreto Legislativo n.28 del 3 marzo 2011, mentre l’attuazione Direttiva 2009/30/CE è avvenuta tramite il Decreto Legislativo n.55 del 31 marzo 2011. Il primo decreto63 stabilisce che, a decorrere dal 1 gennaio 2012, i biocarburanti utilizzati nei trasporti potranno essere computati per il raggiungimento degli obiettivi nazionali ed accedere agli strumenti di sostegno, solo se rispettano i criteri di sostenibilità contenuti nel secondo decreto. L’articolo 1 (comma 6, art. 7-ter) del Decreto 55 introduce infatti i “criteri di sostenibilità per i biocarburanti” relativi al risparmio di emissioni di gas a affetto serra e ai terreni che non possono essere utilizzati per la produzione di materie prime, cosi come previsti dalla Direttiva64. Al fine della verifica del rispetto dei criteri di sostenibilità65, il decreto stabilisce che tutti gli operatori economici appartenenti alla filiera di produzione dei biocarburanti dovranno aderire al Sistema Nazionale di certificazione della sostenibilità, i cui contenuti e regole devono essere definiti con un opportuno decreto interministeriale66. A Gennaio 2012, tale decreto, condiviso tra il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, è stato firmato. Le finalità del decreto che rendono di fatto applicabili e operative le disposizioni degli 63 Al Titolo VII, art. 38. 64 I terreni sono i medesimi con l’aggiunta di alcune specifiche per adattarne le tipologie al territorio nazionale, quali le aree protette ai sensi della legge 394/1991 o i siti della rete Natura 2000. 65 Art. 1 comma 6, art. 7-quater. 66 Art. 2 comma 6. 126 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche atti normativi precedenti, riguardano in estrema sintesi: le modalità di funzionamento del sistema nazionale di certificazione della sostenibilità; le procedure di adesione allo stesso sistema; le procedure per gli obblighi di informazione; le disposizioni che gli operatori e i fornitori devono rispettare per l’utilizzo del sistema di equilibrio di massa. Lo schema che riprende pienamente i contenuti delle direttive europee, è costituito dagli elementi che possono essere così sintetizzati: 1. qualifica dell’operatore e tracciabilità; 2. gestione del sistema di equilibrio di massa; 3. metodologia di calcolo delle emissioni di GHG; 4. modalità di rilascio del certificato di conformità dell’azienda; 5. documentazioni rilasciate dagli operatori in accompagnamento al prodotto; 6. valutazione del rischio e metodologia per stabilire la frequenza delle verifiche ispettive; 7. modalità di svolgimento delle verifiche di conformità da parte dell’organismo di certificazione, inclusa l’opzione delle verifiche di gruppo; 8. qualifica del personale utilizzato per le verifiche. Analizzando questi elementi costitutivi dello schema, è facile evincere che i punti chiave che riguardano nella sostanza il rispetto della sostenibilità dei biocarburanti, si riducono fondamentalmente a due, ovvero la gestione del sistema di equilibrio di massa e il calcolo delle emissioni di GHG. Le altre questioni di sostenibilità ambientale, come il cambiamento di uso del suolo o la tutela della biodiversità, sembrano quindi essere demandate al punto due (sistema di equilibrio di massa) che, lo ricordiamo, è il metodo utilizzato per assicurare la rintracciabilità lungo la catena di consegna dei biocarburanti e deve riguardare una o più partite che costituiscono il lotto di sostenibilità. Inoltre il decreto designa l’organismo di accreditamento ACCREDIA come unico organismo autorizzato a svolgere attività di accreditamento67 e vigilanza sul mercato. Tuttavia, si ricorda che, secondo il decreto, fino al 31 agosto valgono le norme transitorie ossia le partite di biocarburanti cedute al fornitore o all’utilizzatore entro tale data, sono ritenute sostenibili purché l’operatore economico dimostri al fornitore 67 L’accreditamento degli organismi di certificazione avviene ai sensi della norma ISO 45011:1999. 127 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche o all’utilizzatore di essere in possesso del certificato di conformità dell’azienda rilasciato nell’ambito del Sistema Nazionale di Certificazione o di analogo documento rilasciato nell’ambito di un sistema volontario o di un accordo multilaterale. La tabella 21 sottostante riassume la citata normativa sulla sostenibilità. Tabella 21: Riferimenti normativi europei ed italiani 3.4 Le iniziative di certificazione della sostenibilità per i biocarburanti Lo schema di certificazione per la sostenibilità dei biocarburanti, riconosciuto a livello europeo e nazionale, risulta costituito da un insieme di elementi fondamentali che possono diversificarsi nelle modalità con cui vengono costruiti e monitorati dalle singole organizzazioni di certificazione (Finco, 2012). Si specifica che per schema di certificazione si deve generalmente intendere un insieme di regole e procedure definite, nonché attività svolte dagli organismi di certificazione per l’attestazione di conformità di un servizio. Venendo alla descrizione degli schemi di certificazione volontaria si specifica che dal 19 luglio 2011 alla fine del 2014, la Commissione Europea ha riconosciuto 19 schemi volontari che possono essere applicati nei 27 Stati Membri dell’EU. Gli schemi riconosciuti sono: L’International Sustainability & Carbon Certification (ISCC): lo schema è un’iniziativa internazionale, iniziata nel 2006, guidata dalla compagnia tedesca 128 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche Meo Carbon Solutions e sostenuta dal Ministero Federale Tedesco (BMELV) tramite l’Agenzia per le Risorse Rinnovabili (FNR), volta al riconoscimento della sostenibilità delle biomasse e dei biocombustibili. A Febbraio 2011, più di 450 compagnie di 25 paesi europei, americani e sud-est asiatici usavano tale sistema, successivamente sottoposto nel Marzo 2011 a valutazione da parte della Commissione Europea. Il Bonsucro EU (Better Sugar Cane Initiative): lo schema è un’iniziativa sviluppata da un’associazione di più soggetti (produttori di zucchero, investitori, commercianti e NGOs) specifica per la produzione di bioetanolo da canna da zucchero applicabile a livello globale. La versione finale dello schema è stata rilasciata a dicembre 2010 e presentata alla Commissione Europea a Marzo 2011. Il Roundtable on Responsible Soy (RTRS) EU RED: lo schema è stato promosso dalla compagnia inglese ProForest in cooperazione con il WWF Svizzero nel 2004 e sottoposto a valutazione da parte della Commissione nel Maggio 2011. Tale schema è dedicato alla certificazione dei biocarburanti da soia coltivata al di fuori dell’Unione Europea. Il Roundtable on Sustainable Biofuels (RSB) EU RED: lo schema è un’iniziativa sviluppata a partire dal 2006, coordinata dall’Università svizzera EPFL (Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne) e da un comitato direttivo multi-stakeholders costituito da agricoltori, produttori di biocarburanti, industria dei trasporti, ONG ambientali e sociali, istituti di ricerca e investitori. Lo schema è applicabile per la certificazione di tutte le materie prime e tipologie di biocarburanti a livello globale e la versione finale è stata sottoposta alla Commissione Europea nel Maggio 2011. Il Biomass Biofuels voluntary scheme (2BSvs): lo schema è un’iniziativa francese sviluppata da un Consorzio di associazioni di produttori sia della materia prima che di biocarburanti, presentata dalla Commissione nel Maggio 129 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche 2011. Il sistema copre tutti i tipi di biocarburanti e tutta la filiera di produzione a livello globale68. L’Abengoa RED Bioenergy Sustainability Assurance (RSBA): lo schema è un’iniziativa sviluppata dall’omonima compagnia Abengoa bioenergy, uno dei maggiori produttori europei di biocarburanti. Inizialmente lo schema era valido solo per i produttori di biocarburanti della compagnia e successivamente sottoposto a valutazione da parte della Commissione Europea per il riconoscimento come schema volontario ad Aprile 2011. Il Greenergy Brazilian Bioethanol verification programme (Greenergy): lo schema di certificazione, dell’omonima azienda Greenergy, produttrice e fornitrice di carburante e biocarburante in Gran Bretagna, è stato sviluppato nel 2007 ed è specifico per la produzione di bioetanolo da canna da zucchero in Brasile. Tale sistema, basato sul Renewable transport Fuel Obligation scheme (RTFO) della Gran Bretagna, è stato presentato alla Commissione Europea a Gennaio 2011. L’Ensus voluntary scheme under RED for Ensus bioethanol production: lo schema riguarda il bioetanolo ottenuto dal grano da foraggio dell’UE prodotto dallo stabilimento Ensus One. La domanda di riconoscimento alla Commissione Europea è stata presentata il 21 novembre 2011. Il Red Tractor (Red Tractor Farm Assurance Combinable Crops & Sugar Beet Scheme): il sistema riguarda cereali, semi oleosi e barbabietole da zucchero coltivati nel Regno Unito fino al primo punto di consegna di questi prodotti. Tale schema è stato presentato alla Commissione il 4 aprile 2012. Lo SQC (Scottish Quality Farm Assured Combinable Crops (SQC) scheme): lo schema è stato presentato alla Commissione il 27 marzo 2012 con richiesta di riconoscimento. Esso copre frumento, granoturco e semi di colza invernali prodotti nel nord della Gran Bretagna fino al primo punto di consegna di queste colture. 68 Si specifica che questo schema di certificazione è stato adottato dalla società Novaol srl, azienda leader nella produzione di biodiesel in Italia, e prima azienda a certificarsi a livello nazionale secondo lo standard 2 Be Sustainable volunatry scheme (2BSvs). 130 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche Il Red Cert: lo schema è stato presentato il 21 febbraio 2012 alla Commissione ai fini del riconoscimento. Il regime può coprire una vasta gamma di biocarburanti e bioliquidi. Il NTA 8080: lo schema di certificazione è stato presentato il 15 marzo 2012 alla Commissione ai fini del riconoscimento. Questo sistema, che consiste nella norma NTA 8080, nella norma 8081 e in documenti di sistema supplementari, è in grado di coprire un'ampia gamma di biocarburanti e bioliquidi diversi. RSPO RED (Roundtable on Sustainable Palm Oil RED): lo schema è stato presentato alla Commissione il 10 febbraio 2012. Il sistema copre i prodotti a base di olio di palma. Biograce GHG calculation tool: Il sistema volontario è uno «strumento di calcolo delle emissioni di gas serra Biograce» ed è stato presentato il 19 febbraio 2013 alla Commissione ai fini del riconoscimento. Tale strumento consente di calcolare le emissioni di gas serra per un’ampia gamma di biocarburanti e bioliquidi. I sistemi volontari che se ne avvalgono devono garantire il corretto utilizzo dello strumento e l’osservanza di norme adeguate in materia di affidabilità, trasparenza e controllo indipendente. HVO Renewable Diesel Scheme for Verification of Compliance with the RED sustainability criteria for biofuels: Il sistema è adatto a tutte le materie prime utilizzate per il biodiesel di tipo HVO (compresi olio di palma greggio, olio di colza, olio di soia e grassi di origine animale) e ha portata globale. Comprende l’intera catena d’approvvigionamento, dalla produzione di materie prime alla distribuzione di biocarburanti. Il sistema volontario è stato presentato alla Commissione il 14 agosto 2013. Il Gafta Trade Assurance Scheme: Il sistema è adatto a tutte le materie prime utilizzate per la produzione di biodiesel e ha portata globale. Il presente sistema comprende le fasi di scambio, trasporto e stoccaggio delle materie prime di origine agricola dall'azienda agricola fino al primo trasformatore e, relativamente alle altre fasi, si affida ad altri sistemi volontari riconosciuti dalla Commissione. Esso è stato presentato alla Commissione il 18 febbraio 2014. Il KZR INiG: Il sistema riguarda materie prime coltivate e raccolte nell'UE nonché rifiuti e residui provenienti dall'UE. Esso copre l'intera catena 131 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche d'approvvigionamento, dalla produzione di materie prime alla distribuzione di biocarburanti. Esso è stato presentato alla Commissione il 17 luglio 2012. Il Trade Assurance Scheme for Combinable Crops: La versione aggiornata del sistema è stata trasmessa il 7 febbraio 2014. Il sistema è applicato nel Regno Unito e può coprire le colture combinabili, come i cereali, i semi oleosi e le barbabietole da zucchero. Questo sistema comprende le fasi di commercializzazione, trasporto e stoccaggio delle materie prime di origine agricola dall'azienda agricola fino al primo trasformatore e, relativamente alle altre fasi, si affida ad altri sistemi volontari riconosciuti dalla Commissione. In quanto tale spetta al «Trade Assurance Scheme for Combinable Crops» accertarsi che il riconoscimento della Commissione in merito a tali sistemi con cui collabora resti applicabile per la durata della cooperazione. L’Universal Feed Assurance Scheme: La versione originale di tale schema è inizialmente stata trasmessa alla Commissione il 16 maggio 2011. La versione aggiornata del sistema è stata poi trasmessa il 7 febbraio 2014. Il sistema è applicato nel Regno Unito e può coprire gli ingredienti per mangimi e mangimi composti nonché le colture combinabili. Questo sistema comprende le fasi di commercializzazione, trasporto e stoccaggio delle materie prime di origine agricola dall'azienda agricola fino al primo trasformatore e, relativamente alle altre fasi, si affida ad altri sistemi volontari riconosciuti dalla Commissione. In quanto tale spetta all'«Universal Feed Assurance Scheme» accertarsi che il riconoscimento rilasciato dalla Commissione in merito a tali sistemi con cui collabora resti applicabile per la durata della cooperazione. Gli schemi approvati, pur soddisfacendo i criteri di sostenibilità previsti dalle Direttive, si distinguono in base ai principi e ai criteri di riferimento, alle metodologie applicate per il calcolo delle emissioni GHG, nonché ai metodi di verifica della catena di rintracciabilità e del rispetto dei criteri (audit) e all’utilizzo o meno dell’approccio meta-standard. I principi descrivono generalmente l’obiettivo dello schema di certificazione e si compongono di criteri che si riferiscono agli aspetti ambientali, economici e sociali presi in esame al fine di garantire la sostenibilità della filiera di produzione dei biocarburanti. 132 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche 3.4.1 Altre iniziative Parallelamente ai sistemi di certificazione volontaria riconosciuti dalla Commissione Europea, alcuni paesi europei ed extra-europei nonché compagnie produttrici di biocarburanti hanno promosso, rispettivamente, leggi ed iniziative, volte a garantire la sostenibilità dei biocarburanti. Tra le iniziative legislative vigenti, rientrano: la “Renewable Transport Fuel Obligation (RTFO)” della Gran Bretagna; la “Biofuels Life Cycle Assessment Ordinance (BLCAO)” della Svizzera; la “Regulation of Fuels and Fuel Additives: Changes to Renewable Fuel Standard Program (RFS2)” degli Stati Uniti; il “Low Carbon Fuel Standard (LCFS)” della California e il “Social Fuel Seal” del Brasile. Prima dell’entrata in vigore della RED, anche il governo olandese e tedesco avevano adottato iniziative legislative volte alla sostenibilità della produzione di biomassa per i biocarburanti, rispettivamente la “Sustainable Production of Biomass (SPB)” e la “Biomass Sustainability Ordinance (BioNachV)”, che sono state sostituite dalla normativa comunitaria. Tra le altre iniziative, sono compresi: la “Verified Sustainable Ethanol Initiative (SEKAB)” promossa da una compagnia svedese e la “Sustainable Biodiesel Alliance (SBA)” promossa dall’omonima associazione Sustainable Biodiesel Alliance. E’ necessario sottolineare che, oltre alle iniziative riguardanti la sostenibilità dei biocarburanti considerate nel presente lavoro, esistono una serie di iniziative volte a certificare la sostenibilità della biomassa a scopo energetico, come il “Roundtable on Sustainable Palm Oil (RSPO)”, il “Council on Sustainable Biomass Production (CSBP)”, il “Green Gold Label 2: Agriculture Source Criteria (GGLS2)”, o la sostenibilità delle bioenergie in generale come la “Global Bioenergy Partnership (GBEP)” che non verranno di seguito trattati. In breve, le principali caratteristiche dei sistemi di certificazione dei biocarburanti vengono di seguito sintetizzate. Renewable Transport Fuel Obligation Programme (RTFO) Nel Regno Unito, la Renewable Transport Fuel Obligation (RTFO) impone l’obbligo, a partire dal 2008, di produrre biocarburanti in modo sostenibile. L’obbligo è gestito dalla Renewable Fuels Agency (RFA) e dà luogo a certificazioni (Carbon Certificates) che possono essere vendute sul mercato e che dimostrano che una percentuale del carburante venduto è rinnovabile e sostenibile. 133 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche L’RTFO si basa su 7 principi ambientali e sociali e rispettivi criteri, che includono: la conservazione dello stock di carbonio; la conservazione della biodiversità; la conservazione del suolo; l’uso sostenibile della risorsa idrica; la tutela della qualità dell’aria; il rispetto dei diritti dei lavoratori; il rispetto dei diritti relativi alla terra. Biofuels Life Cycle Assessment Ordinance (BLCAO) Nel 2009, il Dipartimento Federale per l’Ambiente, il Trasporto, l’Energia e le Cominicazioni (DETEC) svizzero ha adottato la “Biofuels Life Cycle Assessment Ordinance (BLCAO)”, che definisce come debba essere provato l’impatto ambientale positivo dei carburanti da materie prime rinnovabili in modo da ottenere una riduzione delle tasse previste dalla “Mineral Oil Tax Ordinance (MinOTO)”. Gli aspetti ambientali da considerare sono: la salvaguardia di foreste pluviali e di territori ad elevata biodiversità; il rispetto delle regolazioni vigenti in relazione all’uso del suolo, dell’acqua e dell’aria; il rispetto delle buone pratiche agricole; la gestione dei rifiuti; e la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nell’intero ciclo di vita. Renewable Fuels Standard (RFS2) Negli Stati Uniti, l’Environmental Protection Agency (EPA) è responsabile della definizione e dell’attuazione del Renewable Fuels Standard (RFS2), che modifica il programma RFS1 sulla base dell’“Energy Independence and Security Act” (EISA) del 2007. L’RFS2 stabilisce i livelli minimi di miscelazione dei carburanti rinnovabili nel settore dei trasporti (da 9 miliardi di galloni nel 2008 a 36 miliardi di galloni nel 2022). L’RFS prevede inoltre soglie minime di riduzione delle emissioni di GHG per tutto il ciclo di vita, che differiscono a seconda della tipologia di biocarburante. Low Carbon Fuel Standard (LCFS) Nel 2009, l’autorità californiana per il controllo delle emissioni CARB (California Air Resources Board) ha approvato il regolamento LCFS (Low Carbon Fuel Standard), operativo dal 2010, allo scopo di ridurre le emissioni di GHG del 10% entro il 2020 attraverso una diminuzione dell’intensità di carbonio (quantità di carbonio emesso per unità di energia). Queste riduzioni non includono solamente le emissioni al tubo di scarico, ma anche tutte quelle associate all’intero ciclo di vita dei vari carburanti (approccio well-to-wheel o field-to-wheel). I fornitori di carburanti per il trasporto sono tenuti pertanto a dimostrare annualmente che il mix di carburanti che offrono, rispetti gli standard di intensità imposti da 134 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche LCFS. In tal modo, si viene a creare un sistema di crediti e di debiti, in cui i crediti sono generati da carburanti con intensità di carbonio più bassa rispetto allo standard, mentre i deficit risultano dall’uso di carburanti con intensità di carbonio più elevate dello standard. I fornitori di carburante possono comprare crediti generati da altri fornitori per coprire i propri debiti. Social Fuel Seal Il programma Selo Combustíve Social (Social Fuel Seal) del Brasile è stato definito nel 2004 e rivisitato nel 2009. Il programma, gestito dal Ministero dello sviluppo agricolo, ha lo scopo di promuovere l’inserimento dei piccoli produttori agricoli nella filiera di produzione del biodiesel. In particolare, il Social Fuel Seal consiste in una certificazione rilasciata ai produttori di biocarburanti che acquistano quote di materie prime dai piccoli produttori agricoli variabili tra il 10% e 30% a seconda della regione di origine e che garantiscono assistenza tecnica e una remunerazione adeguata. In cambio, i produttori di biodiesel ottengono incentivi fiscali e accesso preferenziale al credito. Verified Sustainable Ethanol Initiative (SEKAB) La SEKAB, compagnia svedese leader a livello europeo per la produzione di etanolo, ha sviluppato nel 2008, in collaborazione con i produttori di etanolo brasiliani, la “Verified Sustainable Ethanol Initiative”. Gli obiettivi dell’iniziativa consistono nel garantire la qualità dell’etanolo prodotto ai consumatori svedesi; nell’aumentare l’offerta di etanolo prodotto in modo sostenibile in stretta collaborazione con le industrie brasiliane; nel persuadere gli altri paesi europei a sviluppare sistemi per assicurare qualità e sostenibilità e nel facilitare lo sviluppo di regolamenti internazionali per la produzione di biocarburanti sostenibili. L’iniziativa prevede inoltre una serie di requisiti per la produzione di etanolo in modo sostenibile come la riduzione delle emissioni di CO2 di almeno l’85% rispetto alla benzina, considerando tutto il ciclo di vita del prodotto; la tolleranza zero per la distruzione di foreste pluviali; la tolleranza zero per la violazione dei diritti umani e del lavoro e il continuo monitoraggio al fine di verificare il rispetto dei criteri, effettuato da parti terze indipendenti. 135 Capitolo 3: La sostenibilità nel settore dei biocarburanti e le implicazioni ambientali e socio-economiche Sustainable Biodiesel Alliance (SBA) La “Sustainable Biodiesel Alliance (SBA)” è un’organizzazione no profit, che opera negli Stati Uniti, con l’obiettivo di rendere l’industria del biodiesel una soluzione al problema della dipendenza dal petrolio. L’SBA ha stabilito indicatori e standard di sostenibilità (Baseline Practises for Sustainability), che verranno sviluppati gradualmente man mano che verranno raccolte informazioni dai membri di questa organizzazione, fino alla stesura finale dei criteri che saranno alla base di una certificazione SBA. Le pratiche per la sostenibilità sono suddivise in quattro sezioni: la produzione sostenibile di materia prima; la produzione sostenibile di biodiesel; la distribuzione sostenibile di biodiesel; e l’uso sostenibile del biodiesel. Ogni sezione è divisa in categorie che stabiliscono i principi che fungono da obiettivi finali da rispettare per tutti coloro che intervengono nella catena di produzione del biocarburante. L’SBA include una serie di principi generali di carattere ambientale e sociale tra cui la riduzione delle emissioni di gas serra, la conservazione dell’energia, del suolo, dell’acqua e dell’aria, la conservazione della biodiversità, l’uso di organismi modificati geneticamente (OGM), dei prodotti chimici e di materie prime di nuova generazione, nonché la sicurezza del cibo e la salvaguardia delle comunità locali e dei lavoratori. 136 II PARTE: BACKGROUND METODOLOGICO: materiali e metodi 137 Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima dell’impatto ambientale Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima dell’impatto ambientale Introduzione La produzione e l’utilizzo dei biocarburanti come sostituti dei combustibili fossili nel settore dei trasporti ha come scopo principale quello di soddisfare le richieste di sostenibilità ambientale e di sicurezza energetica auspicate nelle politiche internazionali e vincolanti per lo sviluppo futuro del settore energetico europeo e mondiale. Per cercare di valutare gli impatti ambientali dovuti al loro utilizzo e di verificare il rispetto dei criteri di sostenibilità, sono stati sviluppati diversi strumenti che prendono in considerazione le diverse fasi del ciclo di vita dei biocombustibili. Tuttavia, la mancanza di un metodo che possa essere universalmente riconosciuto ha fatto sì che si sviluppassero una serie di metodologie diverse le une dalle altre e che spesso non consentono un confronto dei dati finali da loro forniti. Il presente capitolo si propone di dare una descrizione dell’analisi multicriterio, una delle principali metodologie attualmente in uso volta a valutare gli impatti ambientali. Tale metodologia permette infatti il confronto e la scelta tra diverse alternative in presenza di differenti criteri di valutazione e risulta uno strumento estremamente utile come supporto nelle scelte decisionali dell’operatore pubblico e privato e nella pianificazione delle politiche pubbliche. 4.1 L’analisi multicriteria: definizione Le tecniche multicriterio (AMC) rientrano a pieno titolo come strumento operativo della valutazione di impatto ambientale. Possiamo distinguere due tipologie di AMC: l’Analisi Multi Obiettivi (AMO); l’Analisi Multi Attributi (AMA). L’utilizzo dell’analisi AMA, rispetto all’AMO, permette di guidare la scelta tra un numero finito ed esplicito di alternative decisionali, basandosi sul criterio di efficienza paretiana. Come è stato affermato da Rehman e Romero (1993), l’affermazione dell’esistenza di obiettivi multipli nel processo decisionale comporta una fondamentale qualificazione della funzione di utilità del decisore che è 138 Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima dell’impatto ambientale strutturata su più argomenti. Il modello decisionale ottimizzante sarà pertanto il seguente: MAX U = [u(f1(x),..., fk(x),...,fk(x)] dove: U = utilità totale del decisore da massimizzare; u = funzione che esprime l'utilità rispetto ai K criteri decisionali; fk(x) = rappresenta lo stato del criterio (attributo/obiettivo)k-esimo; x = un vettore n-dimensionale composto da variabili dette decisionali. Il modello descritto dalla funzione sopra esposta guida la scelta tra le n alternative (ipotesi progettuali) finite (A1, A2,…An), esplicitate a priori, mediante una loro valutazione rispetto ad un numero finito, n, di criteri (f1, f2,…fn) per i quali ciascuna alternativa presenta un certo indice di prestazione definita da un punteggio. Nel complesso le fasi di un’analisi multicriterio sono le seguenti (Fig.65): 1. Individuazione degli obiettivi; 2. Individuazione delle alternative progettuali; 3. Individuazione degli indicatori/criteri; 4. Determinazione delle matrici di valutazione; 5. Standardizzazione dei dati; 6. Attribuzione dei pesi ai singoli aspetti ambientali o criteri; 7. Calcolo degli ordinamenti; 8. Risultati e analisi post-matriciali. 139 Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima dell’impatto ambientale Figura 65: Fasi dell’analisi multicriterio Problem Definition Alternatives Criteria Scoring Decision Matrix User Preferences Decision Rules Sensitivity Analysis Final Decision In generale l’obiettivo deve risultare specifico, misurabile, attendibile, rilevante e con dei confini bene definiti ossia “SMART” (Specific, Mesaurable, Attenable, Relevant and Time-board). Individuato l’obiettivo, la prima fase consiste nella definizione delle alternative, ossia le diverse ipotesi progettuali che solitamente risultano essere finite. Segue la determinazione dei criteri. Quest’ultimi rappresentano lo strumento attraverso il quale le varie alternative, vengono comparate l’una con l’altra rispetto all’obiettivo del decisore. Questi criteri possono venire suddivisi in sottocriteri oppure possono essere organizzati in classi di genere (“clusters”). Solitamente criteri e attributi sono ritenuti sinonimi e sono definiti come indicatori misurabili in modo quantitativo e/o qualitativo delle prestazioni o degli impatti delle alternative analizzate. Una volta definite le alternative e i criteri, il “nocciolo centrale” del modello è costituito dalla matrice di valutazione: una matrice bidimensionale n x m, dove una dimensione 140 Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima dell’impatto ambientale rappresenta gli n obiettivi (o i criteri) e l’altra le m opzioni di scelta (o alternative di progetto, di processo, di luogo, ecc.) (Tab.22). Tabella 22: Matrice di valutazione A1 A2 ….. An C1 x1 x11 x12 x1n x1n C2 x2 x21 x22 x2n x2n … … … … … … … … … … … … … … … xm xm1 xm2 xmn xmn Cn In essa vengono registrati n x m indicatori, che possono avere diverse unità di misura a seconda del criterio considerato: Quantitative (misurazioni); Qualitative (giudizi verbali, numeri con valore ordinale, simboli); Miste. A questo punto viene effettuata la standardizzazione, processo che serve a rendere omogenei e operabili i dati della matrice di valutazione. I dati inseriti pertanto verranno trasformati in valori a-dimensionali con una o più funzioni logicomatematiche. Si hanno due tipi di standardizzazione: Lineare; Tramite funzione di valore/utilità. Per quanto riguarda l’attribuzione di un peso a ciascun criterio, la valutazione trae la sua origine dalla consapevolezza che non tutti i criteri hanno la stessa importanza nell’economia del sistema e che questa viene valutata relativamente alla lista di indicatori selezionata. È pertanto opportuno definire i pesi in modo che riflettano il cambiamento relativo in qualità ambientale, economica e sociale dovuto alla realizzazione del progetto (Segale e Pareglio, 1990). Vari sono i sistemi di attribuzione dei pesi ai criteri. Dall’esperienza maturata nelle applicazioni alcuni studiosi si sono interrogati, ad esempio, se sia corretto adottare per l’intero insieme 141 Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima dell’impatto ambientale delle soluzioni ammissibili il medesimo insieme di pesi. Dati due soli obiettivi 1 e 2 è infatti ragionevole supporre che ad elevati livelli di raggiungimento dell’obiettivo 1 e conseguentemente, a bassi livelli per l’obiettivo 2, il decisore associ al perseguimento di quest’ultimo un peso superiore al primo e viceversa. Di norma la scelta del “sistema pesi” da assegnare a ciascun criterio è realizzata tramite diverse tecniche. Tra le più importanti si cita: il metodo Delphi; il confronto a coppie. Il metodo Delphi è un procedimento che prevede la formazione di un gruppo di esperti o decisori (politici, tecnici, attori sociali) che attraverso l’ausilio di specifiche informazioni sono in grado di pervenire ad un risultato finale di gerarchizzazione dei criteri di valutazione (Bazzani et al. 1993). Tale metodo consente, tramite la somministrazione di questionari, di ottenere non soltanto opinioni singole, ma di sollevare un confronto, una sorta di dibattito “virtuale”, intorno all’oggetto di una ricerca, tra gli esperti selezionati per il campione. Si tratta di un metodo qualitativo, partecipativo, previsionale e di confronto. Ci sono molti modelli di Metodo Delphi, ma quello classico è caratterizzato da diverse fasi: 1. Definizione del problema; 2. La scelta dei partecipanti al panel Delphi; 3. Preparazione del questionario; 4. Somministrazione del questionario; 5. Elaborazione dei dati del questionario. La selezione del gruppo Delphi deve essere condotta secondo un attento ragionamento, in base ad una scelta mirata di “chi” scelgo (criterio dell’expertise) piuttosto che di “quanti” ne scelgo; il criterio guida non è quindi “più è alto il numero del gruppo, più i risultati saranno attendibili e rappresentativi”. La fase successiva è quella della preparazione del questionario da somministrare al campione con una serie di domande, per lo più aperte e di carattere generale, che hanno l’intento di far emergere i punti di vista del gruppo di esperti selezionato. Una volta somministrato il questionario segue l’analisi e l’elaborazione delle risposte. Il Metodo Delphi offre diversi vantaggi nel suo utilizzo rispetto ad altre metodologie che presuppongono sempre uno scambio d’informazioni, un confronto e una comunicazione di gruppo (come, per esempio, conferenze, brainstorming ed altri processi interattivi). Tale processo di comunicazione, che avviene in forma anonima, 142 Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima dell’impatto ambientale consente la riduzione dell’influenza del leader e di qualsiasi barriera psicologica e professionale: ogni membro è libero di dare il suo contributo senza temere il giudizio degli altri interlocutori. Al Metodo Delphi sono state rivolte anche delle critiche. La tecnica Delphi è stata infatti accusata di mancanza di rigore scientifico, ma non è chiaro il motivo per cui dovrebbe essere metodologicamente meno valida di tecniche come l’intervista, l’analisi di casi di studio o di storie di vita che sono ormai utilizzate come strumenti di indagine e analisi politica. Nel metodo del confronto a coppie si cerca di stabilire i pesi sulla base dell’importanza assunta da ciascun criterio di valutazione nei confronti degli altri. Gli impatti vengono dunque analizzati rapportandoli tra loro ed esprimendo un giudizio di valore che indica la loro reciproca importanza. In genere si dà un valore uguale ad 1 per l’importanza maggiore, 0 per quella minore e 0,5 se hanno uguale importanza. Si costruisce così una matrice dei confronti a coppie quadrata e simmetrica rispetto alla diagonale principale (Fig.66). Figura 66: Struttura di una matrice dei confronti a coppie Ci A1 A2 A3 A1 1 m12 m13 A2 1/m12 1 m23 A3 1/m13 1/m23 1 Per convenzione, gli elementi della matrice sono positivi; quelli sotto la diagonale principale sono reciproci di quelli sopra e quindi i valori della diagonale sono pari all’unità. Questi valori vengono poi aggregati in un vettore finale di pesi (Fig.67) attraverso alcune funzioni del tipo: Autovettore Massimo, Minimi Quadrati, ecc. CRITERI Figura 67: La matrice di valutazione e il vettore pesi A1 A2 x1 x11 x2 ….. An PESI x12 x1n w1 x21 x22 x2n w2 … … … … … … … … … … … … … … … … … … xm xm1 xm2 … xmn wn 143 Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima dell’impatto ambientale Il calcolo degli ordinamenti delle alternative permette di combinare pesi e criteri rispetto a ciascuna alternativa. I metodi per fare ciò sono molti ed includono una ricca varietà di tecniche che si basano sul medesimo schema: rendere espliciti i contributi delle diverse opzioni di scelta o alternative nei confronti dei diversi criteri o attributi. I metodi di valutazione multicriterio più noti sono: PBS o bilancio sociale di pianificazione, nato per adattare l’analisi economica ai problemi della pianificazione fisica e che si configura come un procedimento di valutazione multidimensionale. Fa riferimento all’analisi costi benefici (ACB) desumendo gli stessi principi teorici e integrando l’analisi con una valutazione degli impatti quanti-qualitatitivi sui diversi gruppi sociali; Analisi di Regime (Nijkamp e Hinloopen, 1988), variante Rankrit e il metodo EVAMIX (Nijkamp et al., 1990), che hanno il pregio di prendere in considerazione sia dati quantitativi (ordinali) che dati qualitativi (cardinali). I criteri così suddivisi vengono anche definiti come hard/soft; Il metodo AHP, nato negli anni 70 ad opera di Thomas Lorie Saaty (Saaty, 1980), che parte da un approccio diverso dai precedenti e analizza i problemi decisionali considerando gli attori coinvolti e gli obiettivi. Il problema, una volta definiti i criteri, viene articolato secondo una scala gerarchica in cui si evidenziano gli elementi in gioco; Il metodo ELECTRE o analisi di concordanza/discordanza (Roy, 1985), una famiglia di metodi decisionali multicriterio che ebbe origine in Europa nella metà degli anni 60. La caratteristica comune tra essi è che tutti effettuano un’analisi di concordanza, valutando fattori che non si oppongono al fatto che un’alternativa possa essere meglio di un’altra; viceversa effettuano un’analisi di discordanza, misurando quanto la scelta di un’alternativa possa essere negativa ai fini della decisione finale. La somma pesata (Weighted Summation), un metodo di valutazione semplice e frequentemente utilizzato. Ogni valore standardizzato nella matrice viene moltiplicato per il peso del criterio corrispondente e sommato con quelli della stessa riga di appartenenza. La gerarchizzazione delle alternative che costituisce la soluzione del problema viene infine testata dalle analisi post matriciali, tra cui l’analisi di sensitività e l’analisi dell’indice di concordanza e discordanza. 144 Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima dell’impatto ambientale L’analisi di sensitività è un’indagine che si effettua sui risultati del modello di supporto alle decisioni per verificare quali variazioni del modello possono generare differenze sostanziali nelle performance delle alternative. Generalmente, si indagano i valori dei criteri e degli indicatori a cui corrisponde il “punto di inversione”, ossia quando la graduatoria delle alternative si inverte. È particolarmente indicato nei casi d’incertezza e assicura una corretta valutazione di tutti i possibili punti di vista del problema. Vi sono tre principali tipi di analisi di sensitività: 1. Sensitività sul metodo: si applica un diverso metodo di standardizzazione dei dati e (quando possibile) di computazione dei punteggi finali; 2. Sensitività sui criteri: si aggiungono o si eliminano alcuni criteri di decisione; 3. Sensitività sui pesi (la più applicata): si fanno variare i giudizi di merito di alcuni criteri. La prima serve a controllare la dipendenza dei risultati dal metodo di calcolo. La seconda garantisce la validità dello schema adottato; più in dettaglio, è possibile riscontrare se la gerarchia contiene criteri superflui o, peggio, se mancano criteri fondamentali. La terza permette di constatare il grado di influenza di ogni fattore sulla decisione finale. Inoltre, opportune combinazioni del secondo e terzo metodo permettono di verificare diversi “angoli di incidenza” (punti di vista) del problema. Nell’analisi concordanza/discordanza si stabilisce invece se un’alternativa è in grado di dominare un’altra rispetto ai valori di concordanza/discordanza. Tale metodologia si basa sul confronto a coppie di tutte le alternative e misura due diversi “indici”: l’indice di concordanza e quello di discordanza. La concordanza misura la soddisfazione di scegliere l’Alternativa 1 (A1) sull’Alternativa n (An) rispetto ai criteri 1, 2, ecc ed è la somma dei soli pesi, per i quali criteri si esplica l’appagamento di scegliere la prima alternativa rispetto alla seconda. Viceversa, la discordanza misura il rammarico nello scartare l’Alternativa 1 (A1) sull’Alternativa n (An). A questo punto è possibile costruire due matrici dei paragoni a coppie (rispettivamente quella di discordanza e quella di concordanza) con i valori così ricavati. Questi valori si aggregano rispettivamente in due vettori, i cui elementi sono gli 145 Capitolo 4: L’analisi Multicriterio (AMC) per la stima dell’impatto ambientale Indici di Concordanza (Ic) e Indici di Discordanza (Id). Le alternative verranno poi ordinate in due graduatorie: per indice di concordanza crescente e per indice di discordanza decrescente. Al di là delle distinzioni tra singoli approcci, i metodi di analisi multicriterio si basano su alcuni assunti di base e sono concretamente utilizzabili con programmi operativi software. 4.2 La meta-analisi come supporto all’analisi multicriterio La metodologia descritta nel paragrafo sovrastante rappresenta uno strumento utilizzati per la valutazione degli impatti ambientali. Tuttavia al fine di sintetizzare le informazioni necessarie per condurre un’AMC che risultano essere messe a disposizione dalle ricerche scientifiche è possibile applicare una meta-analisi. La meta-analisi può essere definita come una metodologia di analisi statistica inerente alla raccolta di risultati analitici, provenienti da studi diversi, e avente come scopo l’integrazione delle conoscenze. Il suo compito è quello di combinare informazioni provenienti da ricerche passate per ottenere un unico dato di sintesi. Si tratta di una revisione sistematica (processo di raccolta, revisione e presentazione di tutte le evidenze disponibili) e quantitativa della letteratura e va distinta dalle revisioni qualitative in cui i risultati dei diversi lavori pubblicati sono riportati ma non sintetizzati in un’unica stima globale. La possibilità di combinare in qualche modo risultati provenienti da studi diversi rappresenta un interessante approccio alternativo che consente di rafforzare le conoscenze. È indubbio, tuttavia, che l’accorpamento di risultati provenienti da ricerche differenti ponga, alle volte, seri problemi sia di metodo sia di interpretazione. Spesso infatti ci si trova a dover analizzare ed interpretare risultati ottenuti da studi troppo eterogenei sia come obiettivo finale sia come impostazione generale. È evidente inoltre che non tutte le indagini forniranno lo stesso contributo alla definizione dell’obiettivo. La difficoltà maggiore risiede proprio nel cercare di pesare in modo corretto le informazioni con valore intrinseco diverso. Pertanto le conclusioni della meta-analisi dipendono fondamentalmente dal numero e dalla qualità degli studi esaminati nonché dal tipo di analisi utilizzata. La meta-analisi si compone di diverse fasi: 1. Definire il problema; 2. Ricercare tutti gli studi che affrontano il problema; 3. Selezionare gli studi rilevanti; 146 4. Valutare la qualità degli studi; 5. Calcolare i risultati per ogni studio e combinarli in maniera appropriata; 6. Interpretare i risultati. Il primo passo consiste nella definizione chiara degli obiettivi dell’analisi. Si passa in seguito alla ricerca bibliografica, allo scopo di raccogliere tutta la letteratura di rilievo. In tale fase è importante definire i criteri di inclusione e di esclusione degli studi che verranno analizzati ed i motivi per i quali questi criteri vengono utilizzati. È evidente che i criteri di inclusione sono direttamente in relazione allo scopo della meta-analisi, e che pertanto potranno essere inclusi solo gli studi che riportano chiaramente il dato necessario alla definizione del problema. Una volta che gli studi sono stati individuati, occorre analizzarli per valutare l’affinità con l’obiettivo stabilito. Si dovrà poi specificare la ragione per l’esclusione di alcuni studi e valutare la qualità di quelli considerati. A questo punto è necessario calcolare i risultati per ogni studio e combinarli in maniera appropriata. Per far ciò è necessario valutare se i risultati degli studi scelti possono essere combinati in modo ragionevole. Di fondamentale importanza per una meta-analisi è infatti la valutazione dell’eventuale presenza di eterogeneità. In pratica si valuta se gli studi utilizzati differiscono l’un l’altro in maniera significativa, e per tale motivo non è opportuno combinarli l’uno con l’altro. Nel caso sia evidente la presenza di eterogeneità, è conveniente indagare sulle possibili cause della stessa. Infine si proseguirà con l’interpretazione dei risultati. È necessario sottolineare che la meta-analisi è una metodologia giovane e quindi non si può considerare una scienza esatta. Essa può fornire risultati utili, ma occorre prestare attenzione alla sua validità a causa di scarse informazioni, di errori di pubblicazione o dell’eterogeneità degli studi considerati. 147 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche Introduzione Una serie storica è un insieme finito di osservazioni, ordinate nel tempo, di un certo fenomeno che si evolve in modo aleatorio con cadenza periodica costante (mensile, trimestrale, annuale ecc.). È quindi definita come una parte finita di una realizzazione di un processo stocastico, dove per processo stocastico si intende un insieme ordinato di variabili casuali, indicizzate dal parametro t, detto tempo (Fig.68). Figura 68: Molteplicità delle serie storiche originate in un processo Diverse possono essere le tipologie di serie storiche, tra le quali distinguiamo: SERIE STORICHE ECONOMICHE (ad esempio numeri di indici di prezzi al consumo o all’ingrosso, dati sull’occupazione); SERIE STORICHE DEMOGRAFICHE (ad esempio il numero di matrimoni, il numero di nascite, i tassi di mortalità); SERIE STORICHE FISICHE (ad esempio il livello delle precipitazioni, la temperatura max e min); SERIE STORICHE TURISTICHE: (ad esempio il numeri degli numero degli esercizi alberghieri ed extralberghieri e del rispettivo numero di posti letto in una determinata provincia); SERIE STORICHE BINARIE (in cui le osservazioni possono assumere due valori come variazioni positive e negative). 148 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche Inoltre una serie storica può essere univariata in cui in ciascun istante o intervallo di tempo si osserva un unico fenomeno oppure multivariata quando in ciascun istante o intervallo di tempo si osservano due o più fenomeni. L’analisi delle serie storiche si pone lo scopo di ricercare il processo generatore di tale serie, ossia identificare le componenti dell'andamento della serie, in modo da potersi concentrare sul movimento di fondo della stessa, ed utilizzare queste informazioni per effettuare previsioni. In generale vengono attribuiti all’analisi delle serie storiche le seguenti finalità: DESCRITTIVE: (descrizione sintetica dell’andamento del fenomeno) che consistono nel presentare i dati mediante un grafico, il time plot, che rappresenta l'evoluzione della serie rispetto al tempo; nell'esplorarli con strumenti statistici e misure sintetiche atte a cogliere le caratteristiche della serie storica, fra cui la stazionarietà, la presenza di una tendenza, i segnali di un ciclo, l'esistenza di effetti stagionali, l'identificazione di irregolarità e disomogeneità (dati mancanti o dati abnormi non consistenti con gli altri e dovuti ad annate sfavorevoli, calamità naturali, scioperi, guerre, effetti di calendario, errori di rilevazione), nonché ad individuare punti di discontinuità (cioè improvvisi cambiamenti di livello); nell'effettuare aggiustamenti, eliminazioni, sostituzioni e trasformazioni preliminari dei dati; ESPLICATIVE: (individuazione del meccanismo generatore della serie e delle relazioni tra il fenomeno osservato ed altri fenomeni) il cui obiettivo è la ricerca del meccanismo che può aver dato origine all'insieme delle osservazioni. Ciò viene espresso da un modello ipotetico, generalmente matematico, capace di riprodurre i dati che compongono la serie storica come realizzazione del processo generatore, nonché la spiegazione degli eventuali nessi correlativi o causali fra più serie e la verifica di ipotesi; PREVISIVE: (inferenza sui valori futuri del fenomeno in base alla sua storia passata) volte a gettare uno sguardo verso il futuro a breve, medio o lungo termine mediante l'ausilio di metodi oggettivi e soggettivi. Le previsioni vengono generalmente elaborate assumendo che i fattori che hanno manifestato rilevanza nell'evoluzione temporale passata agiscano e interagiscano anche per il futuro con le stesse modalità: si tratta quindi per lo più di proiezioni (estrapolazioni), i cui risultati vanno comunque configurati 149 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche nella logica dell'incerto; peraltro, il loro grado di fiducia decresce rapidamente con l'allontanarsi dell'orizzonte temporale cui si riferiscono; DI CONTROLLO di processi e sistemi che si evolvono nel tempo. Lo scopo previsionale viene spesso privilegiato rispetto alle altre finalità. 5.1 L’analisi delle serie storiche L’analisi delle serie storiche si pone lo scopo di ricercare il processo generatore di tale serie, ossia identificare le componenti dell'andamento della serie, in modo da potersi concentrare sul movimento di fondo della stessa, ed utilizzare queste informazioni per effettuare previsioni. A tale scopo generalmente si assume che una serie storica osservata Y(t) possa essere definita secondo la seguente equazione: Yt = f(t)+ut dove si assume che la serie osservata sia il risultato della composizione di una sequenza deterministica {f(t)} detta componente sistematica della serie e di una sequenza di variabili casuali {ut}, detta componente stocastica della serie. Le due componenti non sono singolarmente osservabili. Le serie storiche possono essere analizzate seguendo due approcci: il primo, cosiddetto classico o tradizionale, consiste nella descrizione delle caratteristiche della serie storica con strumenti propri della statistica, quali medie mobili, regressioni e interpolazioni. Il secondo approccio, più moderno, detto anche stocastico, consiste nella determinazione del modello teorico di riferimento in grado di generare una serie “simile” a quella oggetto di analisi e di studio e fare inferenza su di essa. Mentre l’approccio classico ha carattere prevalentemente descrittivo, l’approccio statistico si pone soprattutto finalità di tipo previsionale. Di seguito si analizzeranno i fondamenti teorici di entrambi i metodi. 5.1.1 L’approccio classico L’approccio classico all’analisi delle serie storiche assume che la componente stocastica ut rappresenti l’insieme di tutte le circostanze (trascurabili) che, in aggiunta alla legge f(t), fanno variare il fenomeno e sono assimilabili a residui o 150 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche errori accidentali. Da un punto di vista statistico questo equivale ad ipotizzare che la componente u(t) del processo sia generata da un processo white noise, cioè da una successioni di variabili casuali indipendenti, ugualmente distribuite di media nulla e varianza costante. Pertanto la componente stocastica u(t) viene trascurata e l’attenzione si concentra sulla stima di f(t) vista come il risultato dell’azione congiunta di tre componenti, direttamente non osservabili ma concettualmente ben definibili: il trend, il ciclo e la stagionalità (Fig.69). Figura 69: Componenti di una serie storica A tal proposito il modello può essere sintetizzato nel seguente modo: Yt= f (Tt, Ct, St, Et) 151 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche dove Yt è la variabile osservata al tempo t, Tt, Ct, St, e Et, sono le componenti sistematiche osservate nello stesso istante di tempo. Più in particolare: Tt rappresenta la componente di tendenza o trend, cioè la tendenza generale della serie storica, l’andamento di lungo periodo che la variabile oggetto di osservazione ha avuto nell’arco di un tempo Ct è la componente ciclica, cioè l’alternanza registrata dalla serie nel corso di più anni, in genere in un periodo variabile fra i 5 e i 15-20 anni, a seconda della variabile oggetto di osservazione. St è la componente stagionale, legata cioè al diverso andamento che registra la serie nel corso di un anno solare, dovuto quindi a cause direttamente connesse al succedersi delle stagioni naturali. Et rappresenta la componente accidentale, o di errore. Dopo aver individuato le componenti è necessario definire il modello che sia in grado di metterle in relazione. Generalmente le quattro componenti vengono combinate in due tipi di modelli di aggregazione: 1) modello additivo: Yt = Tt + Ct+ St+ Et 2) modello moltiplicativo: Yt = Tt * Ct * St * Et Il modello moltiplicativo può essere ricondotto ad un modello additivo mediante trasformazione logaritmica 3) modello misto: quando il trend e il ciclo vengono attribuite ad un’unica componente Yt = Tt * Ct * St + Et oppure Yt = T ×C + S * A Nel modello additivo le componenti sono espresse nella stessa unità di misura della variabile osservata e ciascuna determinante è stimata in maniera autonoma e indipendente dalle altre. Il modello moltiplicativo, di solito più usato per la rappresentazione dei fenomeni economici, ha solo la componente di tendenza espressa nell’unità di misura della variabile osservata. Le altre componenti sono rappresentati da coefficienti che amplificano o riducono l’effetto della componente di tendenza a seconda di come vadano ad influire in quel dato istante le componenti cicliche, stagionali ed accidentali. 152 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche Riassumendo nell’approccio classico dunque l’analisi della serie storica si realizza attraverso la scomposizione della serie nelle componenti di tendenza, ciclo e stagionalità, e la successiva determinazione delle diversi componenti della serie. Per questo motivo questa metodologia viene spesso denominata anche analisi delle componenti. In tale approccio la previsione si realizza attraverso la determinazione di una funzione matematica lineare, parabolica, iperbolica, spesso stimata con il metodo dei minimi quadrati. I valori futuri della serie vengono poi estrapolati dalla funzione matematica ed aggiustati dalle altre componenti di ciclo e stagionalità. Tale metodologia viene usata più per finalità descrittive che non per finalità previsionali in quanto, prevedendo solo la componente di tendenza del fenomeno, non è in grado di pervenire a buone previsioni. 5.1.2 L’approccio moderno L’approccio moderno ipotizza invece che f(t) manchi o sia già stata eliminata (mediante stima o altri metodi). L’attenzione viene posta sulla componente stocastica ut69 che viene modellata attraverso metodi statistici opportuni. In tale approccio detto molto spesso statistico o stocastico, l’analisi delle serie temporali avviene attraverso la specificazione di un modello teorico di riferimento70 che è in grado di generare, in base a dei coefficienti stimati, una serie temporale quanto più possibile vicina a quella oggetto di analisi e previsione. L’analisi e la successiva previsione viene poi effettuata sul modello teorico costruito. 5.2 Il processo stocastico: definizione e caratteristiche Un processo stocastico consiste semplicemente in una successione di variabili casuali Y = {Yt : −∞ < t < +∞} ordinate nel tempo e con arbitrarie relazione di dipendenza interne. In altre parole i processi stocastici sono modelli matematici utili per descrivere la “legge” probabilistica con cui un certo fenomeno fisico può evolvere nel tempo. Possiamo quindi considerare la serie storica osservata ossia le osservazioni disponibili, come “un pezzettino” di una realizzazione di un processo stocastico e utilizzare questi dati per cercare di capire la legge probabilistica che li ha generati. La serie storica osservata può cioè essere utilizzata per fare inferenza sul 69 Processo stocastico: struttura probabilistica ignota 70 Modello: rappresentazione semplificata del processo stocastico 153 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche modello che ha generato i dati. Stimare dai dati la distribuzione di probabilità di un processo stocastico è praticamente impossibile. Pertanto molto spesso ci si limita perciò a descrivere il processo solamente sulla base dei suoi momenti primo e secondo ossia: media: μt = E(Yt), varianza: σt2 = var(Yt), autocovarianza: γ(t1, t2) = cov(Yt1, Yt2), La media è anche detta momento di ordine primo, la varianza e l’autocovarianza sono momenti di ordine secondo. Il fatto che per i processi stocastici sia possibile definire dei momenti è una caratteristica dei processi stocastici stessi in quanto strutture probabilistiche. Di conseguenza, quando però si vuole utilizzare tali strutture come base per fare inferenza si pongono due problemi (Lucchetti, 2013): 1. Se la serie che si osserva (peraltro non nella sua interezza) è una sola realizzazione delle molte possibili, la possibilità di fare inferenza sul processo non può essere data per scontata; infatti non è possibile dire quali caratteristiche della serie osservata sono specifiche della realizzazione osservata e quali invece si presenterebbero osservandone un’altra. 2. Se anche fosse possibile utilizzare una sola realizzazione per fare inferenza sulle caratteristiche del processo, è necessario che esso sia stabile nel tempo, cioè che i suoi momenti (media, varianza, ecc.) non cambino nel tempo, o, per lo meno, nell’intervallo di osservazione. Queste osservazioni fanno sì che di tutti i possibili processi stocastici possibili soltanto su alcuni di essi è possibile fare inferenza, e, quindi, utilizzare un modello teorico al posto di una qualsiasi serie osservata per: 1. descriverne le caratteristiche; 2. spiegarne il comportamento rispetto al tempo; 3. fare delle estrapolazioni per prevedere le possibili realizzazioni future. A tal proposito, i processi stocastici sui quali è possibile fare inferenza sono quelli che presentano le caratteristiche seguenti: stazionarietà; ergodicità; invertibilità. 154 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche Per processo stocastico stazionario si intende un fenomeno che evolve secondo leggi probabilistiche e che non presenti sistemici cambiamenti nella media e/o nella varianza. Questi tipi di processi sono molto più semplici da trattare, per tal motivo si cerca di ricondurre a processi di questo genere. Tuttavia molto spesso le serie storiche, soprattutto quelle economiche, non risultano essere generate da processi stocastici stazionari. Esse infatti presentano andamenti caratterizzati da una notevole periodicità, spesso riconducibile a fattori stagionali. Ciò tuttavia non risulta essere un problema in quanto attraverso opportuna trasformazioni dei dati della seria stessa è possibile ricondurre alla stazionarietà anche serie storiche che originalmente non risultano tali. Ad oggi si parla di stazionarietà in due sensi: stazionarietà forte (anche detta stretta) e stazionarietà debole. Un processo stocastico è stazionario in senso forte se la distribuzione congiunta di un insieme di n osservazioni agli istanti t1,.….,tn è uguale alla distribuzione congiunta delle osservazioni agli istanti t1+k,.….,tn+k. In altri termini, un processo è stazionario in senso forte se le caratteristiche delle distribuzioni di tutte le marginali (media, varianza, covarianza) rimangono costanti al passare del tempo, o, come si dice, sono invarianti. Un processo stocastico si dice stazionario in senso debole se solo i momenti primi e secondi, cioè le medie e le varianze, sono costanti nel tempo, mentre i momenti superiori al secondo possono dipendere dall’ampiezza temporale. Dal punto di vista grafico una serie temprale stazionaria si presenta come nel grafico seguente (Fig.70). Figura 70: variazione mensile della produzione industriale USA Fonte: Appunti analisi serie storiche, Lucchetti 2013 155 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche Come è possibile notare un processo è stazionaria quando il suo tracciato segue un’andatura irregolare fluttuando intorno ad un valore medio. Il processo stocastico più semplice è il cosiddetto rumore bianco (o white noise). Esso è composto da un numero infinito di variabili casuali e media zero e varianza costante. Un processo white noise non presenta momenti superiori al secondo e sia media che la varianza sono costanti nel tempo, in pratica le variabili casuali non conferiscono al processo alcune memoria di sé. Passando ora al concetto di ergodicità, essa è una proprietà dei processi stocastici che assicura che le medie nel tempo forniscano stime consistenti dei momenti (media, varianza e autocovarianza) del processo stocastico. In sostanza l’ergodicità richiede che la memoria del processo sia limitata, così che osservazioni molto distanti nel tempo siano fra loro non correlate. Tale condizione viene sintetizzata nella seguente proprietà dei processi stocastici che deriva dal teorema ergodico di Slutsky: Di conseguenza se un processo è ergodico è possibile usare le informazioni contenute nella sua evoluzione nel tempo e fare inferenza sulle caratteristiche. Il “teorema ergodigo” dice appunto che l’osservazione di una serie “abbastanza lunga” è equivalente, ai fini inferenziali, all’osservazione di un gran numero di realizzazioni. Ad esempio, se un processo ergodico ha valore atteso μ, allora la sua media aritmetica nel tempo è uno stimatore consistente di μ, e quindi μ può essere stimato in modo consistente come se si disponesse di molte realizzazioni del processo anziché di una sola (Johonston et. al., 2012). Infine la condizione di invertibilità riguarda la possibilità di esprimere un processo come una funzione delle variabili casuali del “passato” e di un white noise (DI FONZO T. - LISI F., Complementi di statistica economica ecc): E’ importante sottolineare il fatto che il concetto di stazionarietà non necessariamente implica l’ergodicità, in altri termini è possibile che un processo sia stazionario ma non possedere momenti (non ergodico). I due concetti tuttavia coincidono soltanto quando il processo è di tipo gaussiano, cioè quando la distribuzione congiunta di un qualunque sottoinsieme di element i del processo è una normale di Gauss. Poiché l’ipotesi di ergodicità non è testabile attraverso dei test di 156 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche fiducia, mentre la teoria ha elaborato diversi metodi per testare la stazionarietà di un processo stocastico, in seguito si farà riferimento soltanto ai processi stocastici di tipo gaussiano, perché dall’esito del test sulla stazionarietà si garantiscono entrambe le proprietà. 5.2.1 L’autocovarianza e la relativa funzione di autocorrelazione Nei processi stocastici stazionari l’autocovarianza assume un ruolo fondamentale. Essa è un indice delle relazioni lineari esistenti tra coppie di variabili casuali, componenti il processo stocastico, prese con uno sfasamento pari a k. In altre parole essa rappresenta l’indice della relazione lineare che esiste fra un valore del processo al tempo t e gli stessi valori al tempo t+k. Una proprietà analoga vale per la funzione di autocorrelazione totale (ACF da AutoCorrelation Function), la quale rappresenta infatti una misura normalizzata della funzione di autocovarianza (La funzione di autocorrelazione che deriva direttamente da quella di autocovarianza). Normalmente i fenomeni economici e sociali presentano infatti una dipendenza dal tempo in cui sono osservati. Tale caratteristica è detta autocorrelazione per il fatto che i dati rilevati nel presente hanno una dipendenza con il passato. L’autocorrelazione può estendersi al passato più o meno recente. In particolare, se il valore del presente è correlato solo al valore precedente si dice che l’autocorrelazione è di ordine 1. Si parla invece di autocorrelazione di ordine k se il valore presente della serie è correlato con k valori precedenti. In generale, la correlazione tra due variabili può essere dovuta al fatto che esiste effettivamente un legame lineare diretto tra le variabili o al fatto che queste ultime sono correlate con una terza variabile. Nel contesto delle serie storiche, buona parte della correlazione tra Yt e Y t +k può essere dovuta alla correlazione che tali variabili hanno con Y t+1, Y t+2,...,Y t+ k−1 . Un possibile modo per tenere conto di ciò è considerare la funzione di autocorrelazione parziale (PACF, da Partial AutoCorrelation Function) che misura l’autocorrelazione tra Y t e Y t +k al netto delle variabili intermedie (L’autocorrelazione parziale, indicata con la lettera p è una misura della relazione lineare che esiste fra il termine del processo al tempo t e il termine del processo al tempo t+k “depurata” dalla correlazione dei valori intermedi del processo). 157 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche Nelle time series esiste un particolare rappresentazione grafica che viene impiegata per visualizzare le autocorrelazioni che la serie presenta con il passato. Tale rappresentazione viene denominata correlogramma (Fig.71) e consiste in un diagramma ad “aste” (detti spike) che contiene in ascissa i ritardi o lag, ordinati dal più recente al più remoto e, in ordinata, i corrispondenti valori di autocorrelazione. Per determinare l’ordine di autocorrelazione che la serie presenta con il passato è necessario vedere quante “aste” consecutive, dalla più recente alla più remota cadono fuori da un’area evidenziata dalle bande di confidenza. Figura71: Esempi di correologrammi 5.3 I processi stocastici stazionari La statistica economica e l’econometria hanno elaborato una serie di modelli stocastici per studiare il comportamento delle serie storiche. Fra i modelli che la teoria ha elaborato si evidenziano: il modello white-noise. Esso è uno dei più importanti processi stocastici. Si tratta di un processo puramente casuale, {ε}t, che consiste in una sequenza di variabili casuali indipendenti ed identicamente distribuite, di media nulla e varianza costante; i modelli autoregressivi, indicati con la sigla AR (p). Sono dei modelli univariati caratterizzati cioè dal fatto che il comportamento della variabile osservata yt dipende esclusivamente dai suoi valori passati, a meno di uno shock casuale (et). Più in dettaglio i modelli AR sono dei modelli in cui il valore della serie al tempo t è una funzione lineare di un certo numero p di 158 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche valori passati, più un errore che non è possibile stimare. Tale errore in precedenza è stato definito rumore bianco o white noise. Questo modello è dunque capace di descrivere e prevedere con un accettabile margine di errore quei fenomeni che hanno un andamento nel tempo approssimabile ad una retta (si tratta di un normale modello di regressione lineare), e anche quelli che presentano delle oscillazioni dovute alla stagionalità. Il processo AR più semplice è il cosiddetto random walk (passeggiata casuale), dove il parametro p assume valore 1, e, pertanto, viene indicato con sigla AR(1); i modelli a media mobile detti anche mooving everage dallo loro traduzione in lingua inglese, e indicati con la sigla MA (q). Sono dei processi stocastici univariati caratterizzati dal fatto che il comportamento della variabile osservata e modellata (yt) dipende solo dai valori presenti e passati degli shock che la stessa variabile ha subito nel tempo vale a dire della componente di errore. Il termine mooving average deriva dal fatto che la variabile yt è una somma ponderata dei valori più recedenti degli shock; i modelli ARMA (p,q) nascono dall’unione del modello autoregressivo e a media mobile sono caratterizzati dal fatto che il comportamento della variabile risposta yt dipende linearmente sia dai suoi valori passati, che dai valori presenti e passati degli shock. Sono quelli più utilizzati su serie temporali che non presentano stagionalità, quindi su serie temporali di dati annuali, sulle quali si devono compiere operazioni di medie mobili e di regressione per raggiungere la stazionarietà della serie, condizione necessaria per fare analisi e previsioni e di cui si parlerà in seguito. In pratica i modelli ARMA si utilizzano per tutte quelle serie temporali stazionarie intorno a un trend (Trend Stationary, indicati con la sigla TS). I modelli di serie storiche fin qui considerati sono tutti stazionari. Tuttavia è piuttosto frequente il caso di serie per le quali è ragionevole ipotizzare un processo non stazionario. 5.4 Modelli non stazionari e processi integrati Considerando i momenti di una serie storica e limitandosi ai primi due (media e varianza) la non stazionarietà può dipendere dal fatto che la media non è costante e/o che non sono costanti i momenti secondi. Nel primo caso si parla di non stazionarietà in media, e tipicamente si verifica in presenza di un trend, nel secondo si parla di non 159 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche stazionarietà in varianza o covarianza. Al fine di poterle analizzare le serie storiche mediante l’approccio moderno è necessario renderle stazionarie tramite alcuni accorgimenti. Nel caso in cui una serie non è stazionaria in media ci sono due modi per renderela stazionaria: per sottrazione del trend (o detrendizzazione) e per differenziazione. Nel primo caso una serie viene resa stazionaria in media mediante sottrazione del trend facendo la differenza tra il valore osservato della stessa ed il valore assunto dal trend al medesimo tempo. Se il trend è stimato correttamente si ottiene un processo stazionario intorno ad un trend o processo TS (Trendstationarity). Nel secondo caso, una serie viene resa stazionaria in media mediante differenziazione ossia semplicemente sottraendo al valore corrente il valore assunto dalla serie al tempo precedente. Si ottiene un processo stazionario in differenza o processo DS (Difference-stationarity). Quest’ultimi sono più generalmente noti come processi integrati. Più in dettaglio un modello in cui si effettuano operazioni di differenza fra un valore e il precedente, si definisce integrato, dall’inglese Integrated, e viene indicato con la lettera I(d). La lettera d indica l’ordine di integrazione, cioè il numero di volte che l’operatore differenza viene applicato alla serie. Potrebbe capitare, infatti che il processo debba essere differenziato più di una volta al fine di renderlo stazionario ed invertibile, premesse necessarie al fine di modellare la serie. I modelli non stazionari più utilizzati sono: Il modello passeggiata casuale o random walk; I modelli ARIMA (p,d,q) sono modelli univariati che presentano sia componenti autoregressive sia a media mobile come i modelli ARMA, ma, a differenza di questi ultimi, la serie di origine sulla quale viene fatta l’analisi è costituita dalle differenze fra un valore della serie e il precedente. Infatti la lettera I sta “Integrated” (integrato). Essi rappresentano pertanto un’estensione dei modelli ARMA e diventano stazionari dopo d differenziazioni successive. Box e Jenkins hanno proposto un metodo per costruire, a partire dai dati, un modello ARIMA che rappresenti adeguatamente il processo generatore di una serie storica. Esso consta di tre fasi fondamentali: 1. Identificazione dei parametri p, d, q attraverso la funzione di autocorrelazione e la funzione di autocorrelazione parziale; 2. stima dei parametri; 3. controllo diagnostico. 160 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche Tuttavia, l’eliminazione di componenti deterministiche di trend delle serie storiche o la trasformazione di variabili in processi stocastici stazionari, se da un lato consente il conseguimento della stazionarietà in media, dall’altro determina la perdita di potenziali e preziose informazioni di lungo periodo contenute nelle variabili. La soluzione a questa perdita viene indicata nell’uso di modelli dinamici contenenti variabili espresse in livelli, com’è appunto nei modelli dinamici contenenti meccanismi di correzione dell’errore (ECM). Il vantaggio di una modellazione ECM è proprio quello di riconciliare queste due opposte esigenza evitando così che al problema della non stazionarietà venga dato una soluzione drastica, come quella rappresentata dall’utilizzo di variabili espresse solo in differenza (Binotti, 20052006). 5.5 Test per la verifica dell’ipotesi di stazionarietà Più di una volta abbiamo sottolineato nei paragrafi precedenti che per effettuare previsioni sui valori futuri della serie storica è necessario fare ipotesi semplificatrice ossia è necessaria la stazionarietà del processo stocastico. E’ quindi molto importante essere in grado di capire se le serie che si stanno analizzando siano stazionarie o non stazionarie. Tutto questo viene verificato attraverso i test di radice unitaria (unit root test). A tal proposito verranno qui di seguito elencati alcuni test statistici che permettono una prima semplice discriminazione tra processi stocastici non stazionari o a radice unitaria e processi stocastici stazionari: Il test di Dickey-Fuller (DF) e Dickey-Fuller aumentato (ADF); Il test di Phillips-Perron (PP); Il test di Kwiatkowski-Phillips-Schmidn-Shin (KPSS). La struttura di tutti i test risulta essere la stessa. In dettaglio Per definire e verificare in modo rigoroso la stazionarietà delle serie storiche possiamo descrivere ogni osservazione come il risultato di un processo autoregressivo (AR) identificando un modello di comportamento della variabile in funzione dell’osservazione precedente: yt=βyt-1 + εt dove β è un coefficiente che stabilisce L’influenza del valore precedente (yt-1) sul valore corrente della variabile (yt) e εt è una componente di disturbo casuale che costituisce la parte stocastica del processo (mentre βyt-1 rappresenta la parte deterministica). Se -1<β<1 la serie è stazionaria, quando invece β = -1 o β = 1 la serie 161 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche non è stazionaria e viene definita random walk o cammino casuale e può essere rappresentata come: yt=yt-1 + εt Se la serie yt viene differenziata (yt-yt-1) e la differenza prima (Δyt) è stazionaria allora si dice che yt contiene una radice unitaria o integrata di ordine uno I(1). In base a quanto esposto si possono formulare due ipotesi alternative di partenza che risultano alla base dei test di stazionarietà. 5.5.1 Il test di Dickey-Fuller (DF) e di Dickey-Fuller aumentato (ADF) L’DF test (Standard augmented Dickey and Fuller tests 1979) si basa sulle seguenti ipotesi di partenza: sotto l'ipotesi nulla Ho: c’è la presenza di una la radice unitaria nel processo generatore della variabile studiata (processo non stazionario); mentre, sotto l'alternativa H1: il processo è stazionario Tuttavia il test DF presenta delle problematiche ossia dovute al fatto che si afferma che sotto Ho, la variabile studiata è I(1) e, quindi, il test non può essere effettuato usando i valori critici della t-Student, ma una diversa tabulazione proposta dalla stesso Dickey-Fuller. La conseguenza immediata di ciò è che per accettare o rifiutare l’ipotesi nulla bisogna consultare apposite tavole che però non mancano mai nei libri di econometria moderni così come nei pacchetti econometrici (Lucchetti, 2013). Una seconda osservazione riguarda il fatto che sotto l’ipotesi Ho non è possibile evidenziare processi stazionari di ordine superiore al primo. A tal proposito è avvenuto il passaggio al test ADF (Augmented DF). Il test ADF ha gli stessi valori critici del test DF. In esso è possibile la scelta dell'ordine di integrazione o "augmentation" del test DF che è guidata sia dalla periodicità dei dati, che da criteri informativi. Il più noto tra questi è il criterio di informazione di Akaike (AIC) introdoto da Akaike (1973), ma ve ne sono altri come ad esempio il Bayesian Information Criterion (BIC) o Schwarz criterion (anche SC, SBC, SBIC) e l’Hannan–Quinn information criterion (HQC). Maggiore è il valore atteso, peggiore è l'adattamento e quindi la bontà del modello, pertanto il valore dei criteri informativi devono essere i più bassi possibili (minimizzazione dei criteri informativi). 162 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche 5.5.2 Il test di Phillips-Perron (PP) Il test di Phillips-Perron (PP, 1997) presenta il medesimo sistema di ipotesi del DF test e ADF test. Viena da molti indicato come esempio di test “senza modello” (Gardini et al., 2000), in quanto come Il DF test è basato esclusivamente sul coefficiente di autocorrelazione uguale ad 1 (sotto l’ipotesi Ho non è possibile evidenziare processi stazionari di ordine superiore al primo) problema superato grazie all’ADF test. 5.5.3 Il test di Kwiatkowski-Phillips-Schmidn-Shin (KPSS) Il test di Kwiatkowski-Phillips-Schmidn-Shin (KPSS, 1992) è un altro test per la verifica della stazionarietà che si differenzia dai precedenti per il Sistema di ipotesi che si andrà a verificare che risulta essere opposto all’ADF test e al PP test. In questo caso: sotto l’ipotesi nulla il processo stocastico è stazionario, mentre sotto l’ipotesi alternativa il processo è un I(1). Esattamente come i test precedentemente esposti la verifica delle ipotesi non potrà essere fatta secondo una distribuzione classica, ma seguirà una distribuzione asintotica non standard. 5.6 Processi multivariati E’ piuttosto raro che un fenomeno complesso come quelli che si studiano in economia possa essere descritto da una sola variabile (modello univariato). I modelli VAR a differenza dei precedenti (AR, MA, ARMA, ARIMA) sono dei modelli multivariati, dove cioè la variabile che si vuole prevedere dipende, oltre che dalla serie storica della variabile stessa, anche da altre variabili osservate negli stessi istanti di tempo, o relative a un determinato periodo. Nella definizione di modelli complessi, anche di natura economica, capita spesso di studiare dei fenomeni che vengano spiegati da più di una variabile. In questi casi si devono utilizzare dei vettori (da cui deriva l’acronimo della lettera V) di variabili osservate per gli stessi istanti di tempo o relativi ad un periodo. La previsione su una data variabile viene fatta attraverso lo studio contemporaneo di tutte le variabili. In pratica il modello VAR costituisce la generalizzazione multivariata del processo AR. Nella loro rappresentazione più classica, i modelli VAR(p) possono essere rappresentati come segue: yt = A1yt-1 + A2yt-2 + A3yt-3 + … + Apyt-p + et 163 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche dove yt, Ai e yt-i sono tutte matrici. Esattamente come visto in precedenza è possibile fare delle riflessioni quando un processo VAR risulti essere stazionario. Riscrivendo in forma matriciale il generico VAR di ordine p: La condizione di stazionarietà è verificata solo se |A-λI| = 0, cioè se i valori di λ (autovalori) sono in modulo minori di 1. Tale condizione viene generalmente effettuata sotto forma grafica. Tutti gli autovalori vengono rappresentati come punti sul piano complesso e per soddisfare la condizione di stazionarietà devono essere compresi nel cerchio unitario (Fig.72). Figura 72: Autovalori nel cerchio unitario Il modello generale VAR (p) contiene molti parametri che risultano essere difficili da interpretare. Pertanto le proprietà dinamiche sono spesso sintetizzate tramite analisi succesive. I VAR infatti vengono ampiamente usati per la previsione e per l’analisi delle caratteristiche dinamiche delle serie che li compongono. Gli usi che si possono fare delle stime di un VAR sono molti, ma si possono riassumere in tre applicazioni: analisi di casualità secondo Granger; funzione di risposta di impulso; decomposizione della varianza. Per quanto riguarda l’analisi di casualità, questa ha lo scopo di valutare la capacità previsiva di una variabile per le altre variabili del sistema. Se una variabile y1 (o un gruppo di variabili) è di ausilio nel migliorare la previsione di un’altra variabile y2 (o gruppo di varibili) allora y1 causa y2 secondo Granger (Grancer-Casualità o GC). Tale analisi si basa sul seguente principio: la causa precede sempre l’effeto. Ad 164 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche esempio possimo dire che il consumo è GC del reddito. Tuttavia sono sorte delle perplessità relative a tale analisi; è infatti da notare come non sempre la relazione risulta vera o corretta . Infatti il concetto logico di causa-effetto prescinte da ciò che accade nella realtà. E’ infatti possibile che la causa si manifesti solo dopo l’effetto. Per quanto riguarda la funzione di risposta di impulso, questa descrive gli effetti di uno shok temporaneo alla variabile j del VAR sulla variabile i. In termini economici, la funzione di risposta di impulso rappresenta l'effetto di uno shock dato dalla variazione del livello di mercato avvenuta al tempo t, trasmesso alle altre variabili del sistema cointegrato nei periodi successivi. Per effettuare l’analisi dinamica, il programma scelto simula uno shock pariad un errore standard ed in seguito a questo genera una funzione di risposta di impulso con un orizzonte di previsione temporale fissato a 10 periodi; ogni periodo corrisponde ad una settimana. Graficamente le relazioni di impulso hanno il seguente aspetto (Fig.73). Figura 73: Esempio di risposte di impulso Dalla figura a si evince che un impulso negativo sul prezzo del frumento, causa una diminuzione di prezzo con un decadimento rapido nelle prime 2-3 settimane a cui succede un lento decadimento nei periodi seguenti. Nella fig.b il decadimento è più lento e si prolunga per un periodo di 4-5 settimane. Uno shock negativo sul mais (fig.c), provoca, invece un immediata crescita dei prezzi del frumento nei primi 2 periodi ed un lento decadimento successivo. La figura d emula l’andamento della figura a. Infine l’analisi della varianza mostra quale proporzione della varianza degli errori sulla j-essima variabile del sistema a un un determinato orizzonte possa essere attribuita a innovazioni nelle variabili considerate. Affinchè l’operazione abbia 165 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche senso, è necessario che la varianza totale dell’errore di previsione sia unicamente funzione di varianze e non covarianze. Come per la funzione di risposta di impulso, la scomposizione della varianza richiede shok tra loro ortagonali. 5.7 La cointegrazione e i processi cointegrati La nozione di cointegrazione di serie storiche è direttamente legata al concetto di ordine di integrazione di un processo stocastico. Una combinazione lineare tra serie storiche non stazionarie da origine, in generale, ad una serie storica che è a sua volta non è stazionaria; tuttavia, può accadere che tale combinazione generi un processo stazionario; in tal caso si dice che esiste cointegrazione. Più in dettaglio, come afferma il teorema di rappresentazione di Granger (Engel e Granger, 1987), consideriamo due variabili (scalari) X1t ed X2t e supponiamo che X1t ∼ I(1) ed X2t∼ I(1); combinando linearmente X1t ed X2t, in genere, la variabile ottenuta, ut, sarà a sua volta I(1). Se esiste una costante a (reale) tale che ut = (X1t - aX2t) ∼ I(0), allora le due serie si dicono cointegrate ed a è il parametro di cointegrazione. In termini generali, ricorrendo al concetto di equilibrio, si può affermare che un processo cointegrato rappresenta una relazione di equilibrio di lungo periodo tra le variabili non stazionarie coinvolte e che ogni qualvolta si verifica una deviazione da quella traiettoria il sistema corregge l’errore riportandosi su di essa (Un processo cointegrato rappresenta una relazione di lungo periodo tra le variabili coinvolte). In questo modo risultano collegati l’approccio della teoria della cointegrazione e quello della modellazione fondata su modelli dinamici con componenti di correzione dell’errore (ECM); inoltre, diviene possibile stimare direttamente e sottoporre a test l’esistenza delle relazioni di equilibrio ipotizzate dalla teoria economica. Nei modelli macroeconomici (Taylor, 2007) il concetto di equilibrio viene generalmente utilizzato per individuare quelle situazioni in cui le variabili oggetto di studio assumono una configurazione teorica nella quale non vi è tendenza al cambiamento. Nell'ipotesi in cui la condizione di equilibrio venga perturbata da un qualsiasi fattore, possono innescarsi o meno dei processi di aggiustamento in grado di ripristinare la posizione originaria; se ciò avviene si è in presenza di un equilibrio stabile. L'equilibrio stabile ha delle implicazioni dal punto di vista empirico. Infatti, trasponendo temporalmente questa nozione, è ragionevole pensare che a meno di fluttuazioni di breve periodo, le variabili d'equilibrio dovrebbero seguire un prefissato sentiero di crescita. Di conseguenza, sulla base di osservazioni storiche, 166 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche potremmo chiederci se le variabili di interesse siano realmente "attratte" dal sentiero di sviluppo ipotizzato dalla teoria. L'analisi della cointegrazione riprende l'idea di polo di attrazione o di attrattore secondo la quale due o più variabili economiche, benché caratterizzate da un diverso comportamento nel breve periodo, possono muoversi insieme nel tempo e mostrare, coerentemente con le indicazioni della teoria, una stessa tendenza secolare. In sostanza l'analisi della cointegrazione consente di "catturare" gli eventuali poli di attrazione di variabili economiche misurate nel tempo. 5.7.1 Modelli ECM (Error Correction Mechanism) In linea puramente pratica, il concetto di cointegrazione viene usato quando, in seguito alla combinazione lineare di due serie storiche integrate rispettivamente di ordine d e b (con d > b) viene prodotto un processo integrato di ordine c, il cui valore risulta essere minore della differenza dei due livelli precedenti (c < d < b): si abbassa quindi il grado di integrazione delle variabili semplicemente stimando un modello che le leghi tra loro. Partendo da un processo scritto in forma matriciale dove yt risulta essere un processo stocastico multivariato e integrato (ad esempio I(1)) e β è una matrice di costanti, si può affermare che esiste cointegrazione tra le variabili se zt presenta un livello di integrazione minore (ad esempio I(0)).Se questo è vero, è ora possibile attribuire alcune definizioni alle componenti dell’equazione: β prende il nome di vettore di cointegrazione; nell’ipotesi in cui esistano più vettori e vengano raccolti all’interno di una matrice, questa renderà il nome di matrice di cointegrazione; il numero di vettori β viene definito rango di cointegrazione. Fatte queste premesse, di seguito viene definito il modello VECM. La teoria che sta alla base di questi modelli risulta essere rappresentata dal teorema di Granger: per ogni sistema cointegrato esiste una rappresentazione ECM; se le serie sono integrate e se questa rappresentazione esiste, allora è possibile affermare che le serie sono cointegrate. Per la comprensione di questi modelli è possibile partire da un semplice VAR(1): yt = Ayt-1 + et 167 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche calcolandone le differenze (Δyt) Δyt = Πt-1 + et con Π= A - I. Osservando il rango di Π dell’equazione sopra, è possibile suddividere gli scenari possibili in tre situazioni: r = 0: il processo è un random walk e non è presente cointegrazione tra le variabili; r = n: il processo è stazionario; 0 < r < n: le variabili sono cointegrate. Se si sostituisce αβ’ = Π, dove β è la matrice di cointegrazione e α la matrice dei pesi che quantifica l’effetto sulla variabile zt-1, e in seguito β’yt-1 = zt-1, si ottiene la seguente equazione: Questa è la rappresentazione del modello ECM, nella cui rappresentazione più classica può essere scritto aggiungendo un componente autoregressiva che aiuta ad eliminare l’effetto di disturbo Ulteriormente è possibile inserire anche un nucleo deterministico all’interno dell’ECM, trasformando così l’equazione nel modo seguente dove dt può assumere qualunque valore. 5.7.2 Test per la verifica della presenza di coitegrazione Quando le serie storiche risultano di ordine uno è necessario verificare se esse sono o no cointegrate. Per analizzare le relazioni tra le variabili, nel caso in cui siano cointegrate, si procederà con la stima di un modello a correzione dell’errore (VECM); in caso contrario si procede con la stima di un modello VAR alle differenze. Esistono due differenti test per verificare la cointegrazione: il test di cointegrazione di Engle e Granger (1987). 168 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche il test di Johansen (1990). Il primo metodo è basato su una singola equazione e pertanto può stimare una sola relazione o vettore di cointegrazione, il secondo sistema invece permette di determinare più relazioni o vettori di cointegrazione. Test di cointegrazione di Engle e Granger Come affermato nel paragrafo sopra, combinazioni lineari di processi I(1) sono ancora processi I(1). Tuttavia in alcuni casi esiste la possibilità che una particolare combinazione lineare di due o più processi I(1) sia I(0) ossia stazionaria. Ciò accade quando i processi analizzati condividono un trend stocastico comune. In tal caso i processi si dicono cointegrati CI(1,1). Ossia: yt=(y1,t,…,yk,t)’, yj,t I(1) , j=1,2,…,K allora yt si dice cointegrato e indicato con CI(1,1) se β’yt=β1y1,t+…+βkyk,t I(0). Il vettore β non è unico e deve pertanto essere normalizzato. Generalmente una semplice normalizzazione è: β=(1,-β2,…,-βk). Quindi β’yt=y1,t-β2y2,t-…-βkyk,t=ut I(0), dove ut viene chiamato residuo di cointegrezione. In generale se yt è un vettore di K elementi cointegrati, possono esistere 0<r<K vettori di cointegrazione (linearmente indipendenti) in cui r rappresenta il numero di relazioni di cointegrazione e viene chiamato rango di cointegrazione. Ad esempio, nel caso di K=3 e r=2 esisterà una matrice B di dimensioni (K x r) tale che e B viene chiamata matrice di cointegrazione. Se si assume che esiste più una relazione di cointegrazione, si può seguire l’approccio di Engle e Granger (1986) per stimare il vettore di cointegrazione e un ECM (Error Correction Model); quest’ultimo usato per mette in evidenza la relazione di lungo periodo e la dinamica di breve periodo. La procedura di Engle e Granger prevede di stimare un modello di regressione lineare tramite i minimi quadrati ordinari (OLS) ed il passaggio successivo consiste nel verificare la presenza di una radice unitaria nella serie dei residui. In caso di presenza di radice unitaria la combinazione di serie I(1) ha generato un’altra serie I(1), quindi le serie non sono cointegrate; nel caso in cui si rifiuti l’ipotesi nulla di radice unitaria le serie sono CI(1,1) e i residui sono quindi I(0). A questo scopo possono essere utilizzati diversi 169 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche test di radice unitaria, quali l’ADF test e il PP test. Tuttavia è importante sottolineare che lo studio di stazionarietà dei residui di cointegrazione tramite i test di radice unitaria, prevede una correzione dei valori critici delle statistiche test. Una volta ottenute le stime dei coefficienti di cointegrazione si può procedere alla stima dell’ECM. Test di cointegrazione di Johansen Questa metodologia è più opportuna nei casi bivariati o nel caso di tre o più variabili che ammettono la presenza di più di una relazione di cointegrazione. Diversamente da Engle-Granger, la procedura proposta da Johansen (1990) si basa sulla massima verosimiglianza. In tale procedura si suppone che il sistema cointegrato possa essere rappresentato come un VAR di ordine p. A sua volta, un modello VAR di ordine p può essere rappresentato attraverso la forma VECM (Vector Correction Error Model). Questa procedura consente di stimare sia il rango che la matrice di cointegrazione. Da questi elementi si possono definire i due test di verosimiglianza usati da Johansen. Per quanto riguarda il rango r della matrice è possibile affermare che questo sarà uguale al numero di autovalori positivi, lasciando il valore di tutti gli altri pari a 0. Il test quindi viene effettuato sulla matrice di cointegrazione, della quale si calcolano gli autovalori λ. Questi successivamente vengo riordinati in modo decrescente. Se l’ipotesi nulla è rifiutata, ovvero l’ultimo valore λ (quello più piccolo) risultasse essere positivo, la matrice ha rango pieno e il sistema è stazionario (visto che questa situazione implica che anche tutti gli autovalori precedenti sono positivi). Se ciò non accade si passa alla medesima valutazione del penultimo valore λ. Il primo rifiuto coinciderà col rango della matrice di cointegrazione. Se l’ipotesi nulla non è mai rifiutata, nel processo non è presente cointegrazione. Una volta stimato in questo modo il rango della matrice di cointegrazione possibile usare i metodi di stima OLS per poter determinare i vettori di cointegrazione. 5.8 Processi a volatilità persistente: modelli ARCH e GARCH I modelli precedentemente esposti e in particolare i modelli ARMA e ARIMA presuppongono l’omoschedasticità, cioè funzioni di varianza e di covarianza 170 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche costanti71. Tuttavia non tutti i fenomeni, soprattutto quelli in ambito finanziario, possono essere descritti da modelli così semplici in cui la variabilità della serie non presenta una forte dipendenza con il proprio passato (non dipendenza del singolo elemento del processo dalla sua storia). Tale concetto implica l’esistenza di una varianza condizionale non costante e quindi del concetto di eteroschedasticità. Uno dei primi approcci allo studio di questo fenomeno è stato la modellistica ARCH (AutoRegressive Conditional Heteroskedasticity) introdotta nel 1982 da Engle, la quale parte proprio dall’idea di varianza condizionata all’informazione disponibile. In dettaglio, il termine eteroschedasticità sta a significare la varianza che muta nel tempo, contrapponendosi così all’ipotesi di varianza costante alla base dei metodi di previsione della volatilità citati sopra. Autoregressivo si riferisce invece al metodo utilizzato per modellare l’eteroschedasticità condizionale, il quale si basa su una regressione nella quale la stima della volatilità risulta funzione della stessa volatilità vigente nel periodo precedente. Infine, condizionale sta a indicare che le previsioni ottenute sono subordinate alle informazioni disponibili nel periodo precedente (Palomba, 2010 e 2012). Nel 1986 Bollerslev estese il modello ARCH sviluppando il modello GARCH (Generalized AutoRegressive Conditional Heteroskedasticity). Di fatto la formulazione di Bollersev è risultata sufficientemente generale da adattarsi in modo adeguato a ogni tipo di andamento condizionale eteroschedastico delle diverse tipologie di variabili e per tale motivo negli anni successivi si è assistito allo sviluppo di numerose versioni alternative dei modelli GARCH. Le più diffuse sono l’Exponential GARCH (EGARCH), l’Asymmetric GARCH (AGARCH) e l’Integrated GARCH (IGARCH). Di fatto i modelli a varianza condizionata ARCH e GARCH dagli vengono quindi utilizzati per lo studio di variabili che presentano una variabilità della varianza con il trascorrere del tempo. Tale caratteristica si presenta soprattutto nelle serie storiche dei rendimenti di attività finanziarie, in cui si deve prevedere il rischio, che è connesso alla varianza, o, come anche si dice in termini finanziari, alla volatilità dell’attività finanziaria. Tali modelli si basano sull’assunto che per istanti di tempo vicini le varianze della serie hanno valori simili, mentre per istanti di tempo lontani tali varianze sono dissimili. 71 In dettaglio una serie storica è omoschedastica se presenza varianza costante nel tempo; nel caso in cui invece una serie storica presenta una varianza caratterizzata da un comportamento non costante parliamo di serie storica eteroschedastica. 171 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche 5.8.1 Il concetto di volatilità Definire il concetto di volatilità è complesso e non può portare a risultati univoci. In generale si può affermare che la volatilità è un indice che rappresenta la variabilità di un prezzo o di un indice finanziario calcolata in un determinato intervallo di tempo (OECD-FAO 2011). La volatilità presenta alcuni aspetti peculiari (Mazziero, 2005): È ciclica, ovvero tende a cambiare in modo periodico: dopo una fase di crescita, essa registra un massimo per poi contrarsi fino a un valore minimo e riprendere poi il processo dall'inizio. È persistente: ovvero essa è in grado di evolvere un giorno dopo l'altro nella stessa direzione; ciò suggerisce che la volatilità di oggi verosimilmente sarà presente anche domani. A titolo di esempio, quanto finora espresso sta a significare che se i mercati hanno un alto livello di volatilità oggi, molto probabilmente mostreranno un livello altrettanto elevato di volatilità anche domani; al contrario, se un mercato non è volatile oggi difficilmente lo sarà domani. Seguono il medesimo comportamento aumenti o contrazioni di volatilità nel tempo. Proprietà di ritorno verso la media: la volatilità ha una tendenza a tornare verso i valori normali (ossia medi) dopo aver raggiunto valori estremi sia verso l’alto che verso il basso. La figura sottostante (Fig.74) riporta il concetto di volatilità e le sue caratteristiche. Figura 74: Caratteristiche della volatilità Fonte: Mazziero, 2005 In letteratura vengono definite due tipologie di volatilità (European Commission 2009): 172 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche 1. Storica (Historical volatility); 2. Implicita (Implied volatilità). In dettaglio, per volatilità storica si intende la volatilità registrata in passato di un bene di investimento (es. prezzo materie prime, titoli, tassi di interesse) o di un certo strumento finanziario vale a dire l'ampiezza della variazione di un valore/indice in un determinato periodo temporale passato. Essa rappresenta pertanto i movimenti di prezzo riferiti a un periodo storico e riflette gli effetti dei fattori alla base della domanda e dell’offerta. La volatilità implicita invece non fa riferimento al bene di investimento, ma alla variabilità futura attesa dal mercato dell'opzione72. Essa rappresenta pertanto la volatilità che si basa sui prezzi delle opzioni. Ad oggi diverse metodologie sono state utilizzate in letteratura per la stima e la previsione della volatilità. Tuttavia poiché la stima della volatilità implicita non è una stima della volatilità corrente, ma piuttosto una previsione del mercato relativa alla volatilità che si manifesterà nel corso della vita dell'opzione, verranno di seguito analizzate brevemente le metodologie che sono alla base dell’analisi della sola volatilità storica. 1. La prima categoria è rappresentata dai modelli che, basandosi su dati di volatilità storiche, utilizzano tale stima come strumento di previsioni di volatilità futura. Questi modelli, che risultano essere i più semplici e diffusi, considerano la volatilità come parametro costante. 2. La seconda categoria di metodi utilizzabile è rappresentata dai modelli della famiglia ARCH e GARCH, i quali considerano la volatilità variabile nel tempo e tentano perciò, in diversi modi, di modellare tale processo di variazione. In questo ultimo caso le stime di volatilità passate vengono utilizzate per costruire le previsioni, ma non coincidono con esse. Relativamente alla prima categoria, il metodo più diffuso per ottenere una stima della volatilità storica di un determinato fattore di mercato (prezzo, tasso di cambio, tasso 72 Con il termine opzione si intende quel particolare tipo di contratto che conferisce al possessore il diritto, ma non l'obbligo (dunque una possibilità da cui appunto il termine opzione), di acquistare o vendere il titolo sul quale l'opzione stessa è scritta, ad un determinato prezzo di esercizio dell'opzione stessa (strike price) e/o entro una determinata data, in aggiunta ad un costo iniziale, comunque dovuto e non recuperabile, per la stipulazione/sottoscrizione del contratto d'opzione stesso. 173 Capitolo 5: L’analisi delle serie storiche di interesse, ecc.) che sia relativa a un certo periodo è quello che si basa sulla stima della deviazione standard della variabile considerata. Più in dettaglio si considera la deviazione standard dei prezzi o della variazione logaritmica dei prezzi o del coefficiente di variazione (variazione percentuale del prezzo); il quale esprime la deviazione standard come percentuale della media campionaria. Indicando con x la variabile della quale si intende misurare il grado di volatilità, la deviazione standard può essere stimata come radice quadrata della varianza, utilizzando come campione una serie storica di n osservazioni della stessa variabile. Ciò è sintetizzato come segue: dove x soprassegnato rappresenta il valore medio, ossia la media campionaria. In particolare il calcolo della volatilità storica è basato o sulla stima delle medie mobili semplici (varianza mobile) o delle medie mobili esponenziali (varianza mobile esponenziale). Riguardo ai modelli inerenti alla seconda categoria si fa invece rifermento ai modelli della famiglia ARCH e GARCH. 174 III PARTE: CASI DI STUDIO 175 Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel Introduzione Nell’ultimo ventennio, il cambiamento climatico globale, ha assunto un ruolo sempre più centrale nella definizione delle politiche internazionali. La presa di coscienza dell’esistenza di tematiche ambientali legata a fattori antropici ha portato infatti alla ricerca delle cause del degrado ambientale e alla proposta di soluzioni che possano mitigare se non annullare il procedere di questo trend negativo. In particolare, è stato riconosciuto che l’incremento di alcuni gas detti a “effetto serra” (Greenhouse Gases o GHG) dovuto soprattutto ai settori del trasporto, ha contribuito notevolmente ad un innalzamento della temperatura media della Terra (EEA, 2009). Per ovviare a tale problema, le principali politiche internazionali (Protocollo di Kyoto) e soprattutto europee (Direttiva 2009/28/CE) hanno cercato di porre dei limiti nelle emissioni di tali gas tramite l’incentivazione della produzione di biocombustibili il cui consumo è diventato obbligatorio in miscelazione con il combustibile fossile. Tra le fonti agroenergetiche, il biodiesel rappresenta ad oggi la fonte di energia rinnovabile maggiormente disponibile sul mercato europeo (Sorda et al., 2010), nonché il biocarburante che permette di soddisfare i principi di sostenibilità attualmente dibattuti (Finco et al., 2010). Infatti, negli ultimi anni il settore dei biocarburanti ha vissuto un periodo di straordinaria crescita, alimentata dall’incremento dei prezzi dei carburanti, dalle norme sulla miscelazione, dalle esenzioni fiscali e dalla protezione sulle importazioni. Tuttavia, l’aumento dei prezzi degli oli vegetali e la crisi economica hanno esercitato un impatto negativo sulla produzione di biodiesel da biomassa agricola. Inoltre, l’impatto ambientale dei biocarburanti e la potenziale concorrenza con la produzione alimentare hanno creato un’immagine negativa dell’opinione pubblica sui biocarburanti (Takahashi and Nijkamp, 2010). L’obiettivo della seguente analisi è stato quello di identificare i criteri ambientali per valutare l’impatto della filiera biodiesel dalla produzione della materia prima alla distribuzione finale. Lo studio è iniziato con un’analisi comparativa, seguita da una meta-analisi esplorativa dei lavori tecnico-scientifici prodotti dalla ricerca internazionale, riguardanti gli aspetti ambientali più significativi per i diversi tipi di biomassa considerata. La sintesi delle informazioni reperite in letteratura tramite 176 Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel meta-analisi ha consentito poi l’impostazione di una metodologia multicriteriale volta all’identificazione di un processo di sviluppo sostenibile. 6.1 La meta-analisi comparativa Per cercare di valutare gli impatti ambientali dovuti all’utilizzo dei biocarburanti e di verificare il rispetto dei criteri di sostenibilità, sono stati realizzati diversi studi che prendono in considerazione le diverse fasi del ciclo di vita dei biocombustibili. Al fine di sintetizzare le informazioni messe a disposizione dalla letteratura vigente, è stata condotta una meta-analisi comparativa esplorativa. La meta-analisi, come già esposto nel capitolo precedente, può essere definita come una metodologia di analisi statistica inerente alla raccolta di risultati analitici, provenienti da studi diversi, e avente come scopo l’integrazione delle conoscenze. Il suo compito è quello di combinare informazioni provenienti da ricerche per ottenere un unico dato di sintesi quantitativo. Nel nostro caso non offriamo un quadro esplicativo, ma solo una media esplorativa. Dall’approccio meta-analitico, che ha preso in considerazione 32 studi internazionali (Allegato 1) di carattere tecnico e scientifico73, è emerso che gli aspetti più interessanti da porre a confronto per la valutazione dell’impatto ambientale del biodiesel sono: 1. il risparmio delle emissioni di gas ad effetto serra (GHG) nella produzione del biodiesel rispetto ai combustibili fossili; 2. il miglioramento del bilancio di energia fossile nella fase di produzione e di utilizzo del biodiesel rispetto ai combustibili fossili; 3. il cambiamento dell’uso del suolo. La scelta dei criteri sopra elencati è così giustificata. Per quanto riguarda il primo criterio, si è deciso di considerare il risparmio delle emissioni di GHG perché essendo questi (in particolare CO2, N2O e CH4) i maggiori responsabili dell’innalzamento della temperatura media della Terra, il miglioramento di tale aspetto risulterebbe di estrema importanza sia dal punto di vista ambientale che sociale. Per ciò che concerne il secondo criterio, si è stabilito di valutare il miglioramento del bilancio energetico fossile del biodiesel rispetto al gasolio in quanto esiste il duplice problema di riuscire ad individuare una fonte di energia 73 I 32 studi sono riportati in appendice. In realtà risultano 31 studi, uno dei quali con una duplice analisi. 177 Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel rinnovabile in grado sia di sostituire le fonti fossili in via di esaurimento, che di migliorarne le prestazioni ambientali, senza provocare una perdita di efficienza energetica (De Vries et al., 2010; Lechon et al., 2009; Kim et al., 2005). Infine, si è ritenuto importante prendere in considerazione il cambiamento dell’uso del suolo, aspetto molto spesso non considerato da chi conduce studi di questo genere. Il cambio della destinazione dei terreni a colture energetiche per la produzione di biodiesel (come ad esempio la deforestazione o la conversione di prati-pascoli in terreni ad uso energetico) comporta la perdita di biodiversità, la riduzione di stock di carbonio e la riduzione di terreni a scopo alimentare e pertanto deve essere valutato (Helmann e Verburg, 2010). È importante sapere che il cambiamento d’uso del suolo per la produzione di biocarburante può verificarsi in due casi: direttamente: quando per la produzione di biocombustibili viene messo a coltivazione un ecosistema naturale come torbiere, foreste e praterie, oppure quando vengono rimessi in coltivazione terreni incolti o abbandonati; indirettamente: quando per la produzione di biocombustibili vengono impiegati territori adibiti a produzioni non energetiche (ad uso alimentare e foraggiero). Le coltivazioni così sostituite devono essere comunque prodotte e ciò avviene tramite la messa a coltura di ecosistemi naturali (Ravindranath et al., 2009). Per ciò che concerne la scelta del tipo di biodiesel da porre a confronto con i combustibili fossili, si è optato per il biodiesel derivato da oli vegetali, in particolare da colza, girasole, soia e palma. La scelta del biodiesel da oli vegetali è derivata dalla considerazione che tali oli sono molto più comuni negli attuali mercati rispetto agli oli di origine non vegetale (esausti e da grassi animali). La selezione delle materie prime per la produzione di olio da biodiesel, invece, può essere così giustificata: l’olio di colza, l’olio di girasole e l’olio di soia sono i tre oli vegetali maggiormente prodotti in Europa e quindi vanno assolutamente tenuti in considerazione. Infine è stato preso in considerazione l’olio di palma proveniente dalla Malesia in quanto è l’olio maggiormente importato in Europa per la produzione di biodiesel e quindi entra in competizione sia con l’olio di colza sia con quello di girasole e di soia. La scelta dei criteri sopra elencati ha permesso una selezione degli studi. In base al primo criterio, sono stati selezionati studi che fossero in grado di: fornire la percentuale di miglioramento delle emissioni totali di GHG del biodiesel rispetto al gasolio senza considerare il cambiamento d’uso del 178 Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel suolo, o che fornissero comunque valori necessari per ricavare rapidamente questo dato; prendere in considerazione possibilmente tutti e quattro gli oli di riferimento (colza, girasole, palma e soia) per la produzione del biodiesel, o almeno tre di questi oli; fornire dati ottenuti applicando metodologie di calcolo simili, o fornire almeno valori sulle stesse fasi del ciclo di vita. Sulla base di queste caratteristiche, sono stati scelti 6 studi. In base al secondo criterio, sono stati selezionati gli studi in grado di: prendere in considerazione gli aspetti energetici possibilmente di tutti i quattro tipi di biodiesel di interesse (colza, girasole, soia e palma); fornire il rapporto (o i dati necessari a ricavarlo) tra l’energia sviluppata nella fase utilizzo finale del biodiesel nel settore degli autotrasporti e l’energia fossile utilizzata nella fase di produzione, trasformazione e trasporto dello stesso biodiesel. Al fine di valutare la sostenibilità del bilancio energetico nell’impiego delle biomasse in sostituzione dei combustibili fossili, ovvero la capacità di fornire più energia di quanta viene spesa per la produzione, trasformazione e trasporto, è importante analizzare il bilancio energetico delle diverse filiere. Nella scelta degli studi il confronto tra il bilancio di energia fossile del gasolio e quella del biodiesel è stato dato per assodato in quanto tutte le indagini che valutano questo aspetto mostrano che il biodiesel ha un bilancio input/output di energia migliore rispetto al gasolio. Viceversa è sembrato più significativo mettere a confronto il biodiesel ottenuto da diverse tipologie di olio vegetale per vedere quale di loro presentasse il miglior rapporto output/input. Gli studi presi in considerazione sono stati 7. Infine gli studi analizzati per la valutazione del cambiamento d’uso del suolo diretto sono stati 2. Mentre per quanto riguarda la valutazione del cambiamento indiretto d’uso del suolo, è stato preso in considerazione un solo studio. La scelta degli studi sopra indicati ha permesso di poter costruire delle tabelle che andranno a fornire i dati finali della meta-analisi quantitativa. Per ogni criterio stabilito è stata creata una tabella indicante i dati di interesse per ogni tipologia di biodiesel contemplato nella meta-analisi, compreso il valore medio finale (valore in rosso). Nella tabella 23 sono riportati i dati relativi al risparmio delle emissioni di gas a effetto serra (GHG) nella produzione del biodiesel rispetto ai combustibili fossili. 179 Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel Tutti i valori sono espressi in termini di percentuale di miglioramento del biodiesel rispetto al gasolio. Tabella 23: Percentuali di miglioramento delle emissioni di GHG dei biodiesel rispetto al gasolio e valori medi. COLTURE ENERGETICHE CONSIDERATE Media Colza 37 38 48 46 45 25 40 Girasole 51 58 55 Palma 45 56 70 69 62 55 60 Soia 37 31 62 60 40 20 42 Dalla tabella emerge che la produzione di biodiesel consente in qualunque caso un effetto positivo sulle emissioni di GHG rispetto al gasolio. Tra le diverse tipologie di biomassa utilizzate, il biodiesel da palma consente un maggior risparmio in termini di emissioni di GHG attestandosi ad un valore medio del 40%. Tale valore è piuttosto simile a quello del girasole, mentre la soia e la colza presentano prestazioni inferiori. Comunque la variazione delle emissioni di gas a effetto serra è dovuta non solo alla tipologia di biomassa utilizzata, ma anche alle differenti pratiche agricole, di trasformazione e di trasporto adottate per produrre il biocombustibile. Per quanto concerne il secondo criterio, i risultati sono stati riportati nella tabella 24. Tabella 24: Rapporto tra energia fornita ed energia fossile utilizzata (MJ/MJ) e valori medi. COLTURE ENERGETICHE CONSIDERATE Media Colza 2,4 2,4 2,5 2,5 3,2 1 1,3 2,5 Girasole 2,3 2,5 2,8 1,9 2,4 2,4 Palma 9,1 9 9,1 Soia 2,6 1,9 3,3 2,3 180 Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel I dati sono espressi come rapporto tra l’energia fornita dal biodiesel (MJ) e l’energia fossile utilizzata per la produzione, la trasformazione e il trasporto della stessa quantità di biodiesel (MJ). Dalla revisione bibliografica è emerso come il biodiesel da olio di palma presenta un bilancio nettamente superiore rispetto alle altre tre tipologie di biocarburanti, le quali si attestano su valori simili. La performance dell’olio di palma pari ad una media del 9,1 può essere giustificato dall’alta produttività della coltura nell’ambiente tropicale e dal basso input energetico nella fase di produzione oltre che alla poca energia richiesta per l’estrazione dell’olio dai semi. Per quanto riguarda il cambiamento diretto dell’uso del suolo, nella tabella 25 sono riportati i dati relativi alla variazione delle emissioni per ciascun tipologia di biomassa. Vale a dire che il cambiamento d’uso del suolo può comportare una diminuzione (o al limite un aumento) dello stock di carbonio nel terreno. Pertanto, i valori negativi indicano un aumento delle emissioni, ovvero una perdita di carbonio dal sistema suolo-pianta verso l’atmosfera. Come si osserva dal prospetto le performance sono sostanzialmente negative. Il valore particolarmente negativo della palma indica le emissioni dovute alla sostituzione di torbiere in Malesia. Va da sé che nel confronto tra l’impatto del gasolio e del biodiesel si deve tenere conto anche del cambiamento d’uso del suolo che può incidere notevolmente sul bilancio delle emissioni complessive, trasformando paradossalmente il vantaggio acquisito in termini di risparmio di GHG in uno svantaggio netto. Tabella 25: Cambiamento d’uso del suolo diretto – Variazione emissioni GHG (%) - valori medi COLTURE ENERGETICHE CONSIDERATE Media Colza 2 -18 -8 Girasole 17 -3 7 Palma -71 -192 -132 Soia 4 -16 -6 Tabella 26: Cambiamento d’uso del suolo indiretto– Variazione emissioni GHG (%) - valori medi COLTURE ENERGETICHE CONSIDERATE Media Colza -45 -45 Girasole -30 -30 Palma 26 26 Soia -43 -43 181 Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel Per quanto riguarda il cambiamento indiretto dell’uso del suolo, i dati e le medie sono riportati nella tabella 26. Anche in questo caso, i valori sono espressi come variazione delle emissioni per ciascun tipologia di biomassa. Vale la pena di ricordare che i risultati sono stati ricavati dall’unico studio attualmente rinvenibile in letteratura sul cambiamento indiretto e pertanto si manifesta la necessità di essere prudenti nell’interpretazione di tale evidenza. Il valore positivo dell’olio di palma, infatti, potrebbe sembrare inappropriato vista la negatività espressa dal cambiamento d’uso del suolo diretto (Tabella) e dei dati riferiti alle altre tipologie di olio vegetali. Ciò potrebbe essere giustificato dal fatto che, se il cambiamento d’uso del suolo indiretto, dovuto alla produzione di olio di palma in Malesia, colpisse un terreno naturale con un basso stock di carbonio (ad esempio un incolto), si otterrebbe un risparmio netto delle emissioni. 6.2 L’analisi multicriterio Le informazioni meta-analitiche hanno permesso l’implementazione della metodologia multicriteria per sostenere le scelte di politica pubblica volta a ottenere un processo di sviluppo sostenibile (Falcone et al., 2009; Nijkamp e van Delft, 1977; Nijkamp et al., 1989; Nijkamp et al., 1998; Rehman e Romero, 1993; Saaty, 1980; Bentivoglio et al., 2012). L’analisi, basata sul regime method, è stata realizzata attraverso il software Definite 3.1 di matrice Olandese (Janssen, 1992). L’obiettivo è stato quello di individuare tra diverse tipologie di biomassa utilizzata (olio di colza, di girasole, di palma e di soia) l’alternativa migliore sia dal punto di vista ambientale che economico in diversi scenari. Le alternative progettuali prese in considerazione si identificano con i diversi input utilizzati nella produzione di biodiesel in termini di approvvigionamento di biomassa agricola, per le quali è stata svolta la meta-analisi. Essi sono le produzioni di colza, girasole, palma e soia. I criteri scelti per l’impostazione della matrice multicriteri sono quelli identificati nella meta-analisi svolta in precedenza: risparmio delle emissioni di GHG, bilancio energetico e cambiamento d’uso del suolo diretto e indiretto. È stata creata una matrice di valutazione (Tab.27) in cui vengono indicati nelle colonne i valori medi per ogni criterio in riferimento alla tipologia di biomassa utilizzata per la produzione di biodiesel. 182 Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel Tabella 27: Matrice di valutazione per l’analisi multicriteri. ALTERNATIVE Colza Girasole Palma Soia GHG (%) 40 55 60 42 CRITERI OUTPUT/INPUT (MJ/MJ) 2,5 2,4 9,1 2,3 LUC % -8,0 7,0 -132 -6,0 ILUC % -45 -30 26 -45 Una volta determinata la matrice di valutazione, i dati inseriti nella tabella sono stati standardizzati. Il metodo utilizzato per i primi due criteri è quello definito come maximum standardization. Per quanto riguarda il cambiamento d’uso del suolo (sia diretto che indiretto), si utilizza il metodo detto goal standardization. L’assegnazione dei pesi attribuiti ai criteri scelti dipendono dal tipo di analisi che si vuole condurre. Verranno pertanto analizzati diversi scenari nei quali si attribuiranno di volta in volta pesi differenti ai vari criteri. Scenario 1: Sistema pesi = 1 (solo criteri ambientali) Nel primo caso di studio, è stato attribuito lo stesso peso a tutti i criteri in quanto sono stati considerati di uguale importanza ai fini dell’impatto ambientale. Scenario 2: Sistema pesi = Metodo Delphi con intervista ai policy maker (solo criteri ambientali) Il secondo caso di studio prevede l’utilizzo di pesi diversi per ogni criterio utilizzato. La scelta del valore da attribuire ai vari criteri è stata effettuata tramite il metodo Delphi, mediante intervista con questionario (Allegato 2) ai funzionari di un ente amministrativo regionale (Servizio Agricoltura, Forestazione e Pesca e Servizio Ambiente e Paesaggio della Regione Marche). Il questionario (riportato in appendice) è stato rivolto con lo scopo di capire l’importanza attribuita dai decisori politici ai criteri presi in considerazione nell’analisi multi criteri. In base ai loro giudizi, è stato attribuito un peso ad ogni criterio. Di seguito viene descritta la struttura del questionario. Nella parte iniziale sono state effettuate cinque domande con lo scopo di far assegnare un punteggio per ogni criterio, in una scala da 1 a 5, dove: 1 = non importante; 183 Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel 2 = poco importante; 3 = abbastanza importante; 4 = importante; 5 = molto importante. Nell’ultima parte invece è stato chiesto ad ognuno di indicare quale fosse, secondo la propria opinione, il criterio di maggior importanza ai fini della realizzazione di un impianto di biodiesel, e di quantificare l’eventuale disponibilità a promuovere delle politiche di incentivazione a favore della filiera del biodiesel. Vengono riportati qui di seguito i risultati dell’indagine suddivisi per Servizio (Fig.75, 76, 77 e 78). Figura 75: Aspetti più importanti secondo i funzionari del Servizio Ambiente e Paesaggio Figura 76: Eventuale disponibilità a pagare dei funzionari del Servizio Ambiente e Paesaggio 184 Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel Figura 77: Aspetti più importanti secondo i funzionari del Servizio Agricoltura, Forestazione e Pesca Figura 78: Eventuale disponibilità a pagare dei funzionari del Servizio Agricoltura, Forestazione e Pesca Fonte: Ns. elaborazione Per l’assegnazione dei pesi, si è proceduto ad individuare e sommare il numero delle preferenze ottenute per ogni criterio ambientale nell’ambito dei due dipartimenti regionali. Tali valori sono stati direttamente inseriti nel programma Definite, che ha convertito i valori in pesi. Nel questionario, il cambiamento d’uso del suolo non era 185 Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel distinto in diretto ed indiretto mentre tra i criteri esiste questa distinzione. Per ovviare a questo problema, si considera che ogni preferenza data dai decisori al cambiamento d’uso del suolo sia valida sia per il diretto che per l’indiretto. Ne deriva una assegnazione dei pesi come di seguito (Tab.28): Tabella 28: Pesi assegnati secondo il metodo Delphi Criterio Preferenze Peso GHG 5 0,122 Bilancio energetico 4 0,098 Cambiamento d’uso del suolo diretto Cambiamento d’uso del suolo indiretto 16 0,390 16 0,390 Scenario 3: Sistema pesi = Criteri ambientali + criterio economico (prioritario) Al fine di considerare oltre agli aspetti di sostenibilità ambientale anche quelli di sostenibilità economica, è stato inserito nell’analisi il prezzo dell’olio vegetale rilevato nel mercato internazionale (Tab.29), che vien considerato come criterio economico di scelta. L’attribuzione dei pesi è stata effettuata tenendo conto in questo caso degli obiettivi dell’imprenditore. Il profitto, derivante dalla convenienza economica degli input impiegati nel processo produttivo, è il criterio principale di valutazione dell’imprenditore e pertanto al prezzo dell’olio viene attribuito il peso massimo. Seguono in ordine di importanza il bilancio energetico e le emissioni GHG, mentre al cambiamento d’uso del suolo è stato attribuito un peso pari a zero. Tabella 29: Nuova matrice di valutazione per l’analisi multicriteri con criterio economico. CRITERI ALTERNATIVE GHG (%) OUTPUT/INPUT (MJ/MJ) LUC % ILUC % PREZZO €/Ton Colza 40 2,5 -8,0 -45 703 Girasole 55 2,4 7,0 -30 897 Palma 60 9,1 -132 26 632 Soia 42 2,3 -6,0 -45 678 186 Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel Per il calcolo degli ordinamenti il metodo utilizzato è quello della somma pesata o Weighted Summatium, in cui i valori della matrice di valutazione vengono ponderati sulla base dei pesi precedentemente attribuiti. 6.3 Risultati dell’analisi L’implementazione dell’analisi multi criteri attraverso il programma dedicato permette di stilare una graduatoria delle alternative a seconda dello senario preso in considerazione. I risultati sono esposti dal programma in forma grafica e tabulare e la loro analisi permette di poter giungere a delle conclusioni. Di seguito i risultati suddivisi per scenario considerato. Scenario 1 Dall’analisi del primo caso di studio, ovvero quello che attribuiva lo stesso peso ai quattro criteri presi in esame, risulta che il miglior bilancio ambientale/energetico è fornito dal biodiesel da olio di palma (Fig.79) Figura 79: Risultati del primo caso di studio Weight s 0,75 0,68 0,58 0,57 0,70 0,67 0,26 0,25 0,27 0,88 0,80 0,78 0,65 0,56 0,55 Palm Sunflowers Soy Rape Result 1,00 0,92 GHG GHG Energy balance Land use change (direct) Land use change (indirect) 1,00 Energy balance Land use change (direct) 0,00 1,00 Land use change (indirect) 187 Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel Questo tipo di combustibile, infatti, registra le migliori performance per tre criteri considerati (GHG, bilancio energetico e cambiamento d’uso del suolo indiretto) dei quattro analizzati. Soltanto per quanto riguarda il cambiamento diretto dell’uso del suolo il suo valore è nettamente inferiore a quello degli altri biocarburanti (grafico giallo). Gli altri biodiesel, prodotti a partire da olio di colza, girasole e soia, mostrano risultati finali piuttosto simili. Il biodiesel da girasole è quello che più si avvicina alle prestazioni dell’olio di palma ed è quello che fornisce il risultato migliore per quanto riguarda il cambiamento d’uso del suolo diretto. Scenario 2 Il secondo caso di studio è stato condotto assegnando diversi pesi ai differenti criteri in base ai risultati del questionario posto ai policy maker della Regione Marche. È evidente che i decisori politici danno molta importanza al cambiamento diretto e indiretto dell’uso del suolo rispetto agli altri criteri. Figura 80. Risultati del secondo caso di studio 188 Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel Il dato più interessante osservato in questo caso (Fig.80) è la migliore performance finale girasole rispetto alle altre fonti energetiche, in particolare rispetto all’olio di palma, che secondo la precedente assegnazione di pesi risultava essere l’alternativa migliore. Il motivo è dovuto al fatto che il cambiamento d’uso del suolo, in questo caso, assume un’importanza molto più elevata degli altri due criteri, e l’insostenibilità ambientale del biodiesel di palma ne compromette il risultato finale. L’olio di colza e di soia producono un biodiesel dalle performance ambientali leggermente inferiori al girasole, anche se il loro bilancio energetico è leggermente migliore. Tra le due, la soia rappresenta la materia prima che fornisce un miglior bilancio ambientale, anche se le differenze sono davvero minime. Il biodiesel di soia, infatti, presenta performance migliori sia per il cambiamento d’uso del suolo che per il risparmio delle emissioni di GHG, mentre quello di colza permette di ottenere un bilancio energetico leggermente superiore. Scenario 3 Nell’ultimo caso di studio viene conferito un peso maggiore all’aspetto economico rispetto ai criteri ambientali, rispecchiando il punto di vista dell’imprenditore economico. Il risultato di questo scenario (Fig.81) che privilegia l’aspetto economico indica il biodiesel da olio di palma come l’alternativa migliore, essendo la materia prima con il più basso prezzo sul mercato internazionale delle commodities. Viceversa il criterio del cambiamento dell’uso del suolo, pur essendo un aspetto fortemente penalizzante in termini ambientali non incide nella valutazione finale perché assume per l’imprenditore un’importanza pari a zero. Per quanto riguarda il biodiesel da girasole essa risulta l’alternativa meno preferita in quanto i prezzi di mercato non lo rendono competitivo con le altre materie prime, pur avendo una performance ambientale superiore al palma. Colza e da soia si situano in una posizione intermedia tra palma e girasole. 189 Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel Figura 81: Risultati del terzo caso di studio 6.4 Discussione dei risultati ottenuti La riduzione delle emissioni di gas a effetto serra prevista dal Protocollo di Kyoto prima e dalla Direttiva 2009/28/CE poi, prevede come passaggio cruciale e fondamentale l’utilizzo di biocarburanti in luogo dei combustibili fossili, in modo particolare per quanto riguarda il settore dei trasporti, uno dei maggiori responsabili delle emissioni di GHG. Tra le fonti agro-energetiche, il biodiesel rappresenta ad oggi la fonte di energia rinnovabile maggiormente disponibile sul mercato europeo, nonché il biocarburante che permette di soddisfare i principi di sostenibilità attualmente dibattuti. Dall’approccio meta-analitico, che ha preso in considerazione 32 studi internazionali di carattere tecnico e scientifico, è emerso che il biodiesel permette un elevato risparmio di emissioni di CO2 in termini percentuali rispetto al gasolio convenzionale ed un bilancio energetico positivo all’interno della filiera di produzione. Tuttavia, per quanto riguarda il terzo criterio ambientale, ovvero il cambiamento dell’uso del suolo (Land Use and Land Use Change) derivante dall’incremento della destinazione dei terreni a colture oleaginose, l’evidenza scientifica dimostra che la filiera biodiesel derivando in gran parte da olio di palma, 190 Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel impatta negativamente sull’ambiente, determinando fenomeni di deforestazione o conversione di terreni naturali, perdita di biodiversità, riduzione degli stock di carbonio nonché di sottrazione dei terreni a scopo alimentare. Questo aspetto negativo comporta un peggioramento del bilancio delle emissioni di gas serra, fino ad avere delle emissioni maggiori rispetto al combustibile fossile. I criteri appena visti variano notevolmente a seconda della materia prima utilizzata. La metodologia multicriteri implementata grazie alle informazioni desunte dalla meta-analisi, ha permesso di delineare tra gli scenari ipotizzati la migliore alternativa tra le materie prime utilizzabili, in base ai criteri ambientali. I risultati dell’analisi multi criteri evidenziano l’importanza della scelta dei criteri di sostenibilità ambientale come attributi prioritari in ottemperanza alle politiche ambientali ed energetiche dell’Europa sottoscritte con la Direttiva 2009/28/CE. Nell’ipotesi in cui, come si è verificato nel caso analizzato (Studio 2), il decisore politico consideri prioritari i criteri di sostenibilità ambientale e tra i tre criteri attribuisca un’importanza maggiore al cambiamento dell’uso del suolo, la soluzione migliore a livello europeo sarebbe quella del biodiesel da girasole. Tale soluzione risulterebbe molto interessante per l’Europa, ma soprattutto per l’Italia e per l’area geografica del Centro Sud Italia, areale questo particolarmente vocato per la produzione di questa coltura, diversamente dal Nord Europa e dalla Francia, dove prevale la produzione di colza. La produzione del biodiesel da girasole porterebbe ad una serie di esternalità positive tra cui si ricordano la parziale autosufficienza energetica rispetto agli attuali paesi esportatori di combustibili fossili, il mantenimento della produzione autoctona utilizzando l’approccio della filiera corta, la valorizzazione di produzioni agricole con impatto minimo sull’ambiente e il paesaggio per effetto della messa a coltura di terre incolte o abbandonate, fenomeno sempre più in crescita vista la crisi perdurante dei mercati delle commodities (Finco, 2012). Fondamentale, però, è l’appoggio che le politiche devono dare alla produzione del biodiesel da girasole per affrontare il mercato internazionale; come dimostra lo Studio 3, infatti, se il mercato viene lasciato in mano ai produttori di biodiesel senza strumenti correttivi, gli aspetti da questi considerati conducono unicamente alla massimizzazione dei profitti a spese dell’aspetto ambientale, mostrando come soluzione ottimale la produzione di biodiesel da olio di palma, di derivazione estera, che è economicamente più vantaggioso nel mercato mondiale. Pertanto, una politica energetica sostenibile dovrebbe tenere in considerazione questo aspetto e mettere in pratica i propri 191 Capitolo 6: Analisi della sostenibilità ambientare della filiera Biodiesel strumenti correttivi (defiscalizzazione) per sostenere la filiera biodiesel da girasole rendendo competitivo il suo utilizzo rispetto all’olio di palma ed internalizzando in questo modo le esternalità positive derivate all’ambiente. L’olio di soia e di colza possono rappresentare delle soluzioni intermedie (blend) e presentano un buon compromesso tra l’aspetto ambientale e quello economico, tenendo in considerazione che il blend tra questi oli vegetali fornisce performance qualitative molto elevate del biodiesel derivato. Sulla base dei risultati forniti dall’analisi multicriteri, emergono dunque evidenze significative circa i criteri generali di scelta per la valutazione degli investimenti strutturali sia nella politica di sviluppo rurale sia nella politica europea al fine di fornire forti sostegni all’energia rinnovabile e all’efficienza energetica. 192 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato Introduzione Come già descritto nel capitolo 3, negli ultimi anni si è verificato un aumento generalizzato dei prezzi dei prodotti agricoli (commodity) che hanno raggiunto un picco massimo fra il 2007 ed il 2008, a cui è seguito un rapido declino ed una lenta ripresa. Queste tendenze rilevate sui mercati internazionali hanno ricevuto grande attenzione ed hanno stimolato le ricerche volte ad indagare le origini di tali cambiamenti (Bentivoglio et al., 2014 e 2015). Tra le cause strutturali di questi mutamenti, è stata evidenziata la cresce domanda di prodotti agricoli volti alla produzione dei biocarburanti, quali colza, soia, girasole e palma per lo sviluppo del biodiesel mentre grano, mais e zucchero per la produzione di etanolo. Allo stesso tempo la richiesta di biocarburanti ha sviluppato un conflitto tra la produzione alimentare e quella energetica sia in termini di sottrazione di superfici (LUC e ILUC) che di incremento di prezzi (Dibattito food-fuel). Ad oggi diversi ricercatori hanno cercato valutare l'impatto dei prezzi dei biocarburanti sui prezzi delle materie prime agricole, nonché di determinare il loro contribuito a tale variazione. A tal proposito l’analisi che segue ha lo scopo di verificare è se i prezzi agricoli siano influenzati dai prezzi dei biocombustibili, biodiesel ed etanolo e viceversa. 7.1 Le fonti dati: Descrizione e costruzione delle variabili utilizzate Ad oggi il biodiesel rappresenta il principale biocombustibile prodotto in Europa, mentre per quanto riguarda l’etanolo i principali produttori risulta essere gli Stati Uniti (per quanto riguarda l’etanolo da corn) e il Brasile (per l’etanolo da canna da zucchero). Al fine di verificare se i prezzi agricoli siano influenzati dai prezzi dei biocombustibili e viceversa, sono stati analizzati due diversi scenari: il caso europeo con il rispettivo biodiesel e il caso brasiliano con l’etanolo. A tal proposito per l’analisi sono stati sviluppati due diversi database contenenti: 193 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato 1. le serie storiche a frequenza settimanale dei prezzi della principale materia agricola utilizzata nella produzione dell’etanolo in Brasile ossia la canna da zucchero, dell’etanolo e del combustibile fossile di riferimento ossia la gasolina. Le serie storiche sono state collezionate per un periodo che va da novembre 2007 a novembre 2013 per un totale di 311 osservazioni. I prezzi dell’etanolo e della gasolina sono espressi in USD/litro, lo zucchero in USD/ sacca da 50kg. I prezzi dell’etanolo e dello zucchero sono stato ottenuto dal cento di ricerca CEPEA (Centro de Estudos Avançado em Economia Aplicada), la gasolina dall’ANP (Agência Nacional do Petróleo, Gás Natural e Biocombustíveis). L’etanolo utilizzato nello studio è quello idrato (l’anidro viene miscelato con la gasolina al 25%) il cui prezzo è riferito alla pompa così come quello della gasolina; il prezzo dello zucchero è quello domestico. Tutti i prezzi presi in considerazione nell’analisi fanno riferimento allo Stato di san Paolo; 2. le serie storiche a frequenza settimanale dei prezzi delle principali materie agricole utilizzate nella produzione del biodiesel quali olio di soia, olio di colza e olio di palma, del biodiesel e del combustibile diesel. Le serie storiche sono state collezionate per un periodo che va da gennaio 2008 a marzo 2013 per un totale di 277 osservazioni. Tutti i prezzi delle materie prime sono espressi in USD/mT, quelli del biodiesel in Euro/m3, il prezzo del diesel in USD/gallons ed infine il prezzo del petrolio in USD/bbl. La maggior parte delle serie storiche dei prezzi sono state ottenuti dal database Bloomberg fatta eccezioni per il prezzo del diesel acquisito tramite l’Energy Information Agency (EIA) e quello dell’olio di colza reperiti tramite Data Stream database. Il prezzo del biodiesel fa riferimento al prezzo alla pompa in Germania e risulta essere un blend. Di seguito viene inoltre proposta una rappresentazione grafica delle serie storiche utilizzate (Fig.82 e 83). Le unità di ciascuna serie storica è la medesima descritta nelle righe sovrastanti. 194 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato Figura 82: Serie storiche etanolo database Figura 83: Serie storiche biodiesel database 195 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato Per quanto riguarda il database del biodiesel, nell’analisi che segue si è deciso di considerare solo l’olio di colza, escludendo dal modello le altre due materie prime quali l’olio di soia e l’olio di palma. Il motivo risulta essere il seguente. E’ stato infatti riscontrato nell’analisi un problema di multicollinearità tra le variabili considerate quali l’olio di colza, l’olio di soia e l’olio di palma. La multicollinearità sorge quando c’è un’elevata correlazione tra due o più variabili. Se le variabili sono fortemente correlate vuol dire che danno la stessa informazione e il modello di regressione non riesce più ad attribuire un significato a ciascuna di esse. Al fine di testare tale problema sono stati calcolati i coefficienti di correlazione o indici di Pearson della matrice di correlazione delle variabili considerati. Tali coefficienti assumono valori compresi tra - 1 quando le variabili considerate sono inversamente correlate e + 1 quando vi sia correlazione assoluta cioè quando alla variazione di una variabile corrisponde una variazione rigidamente dipendente dall'altra. Un indice di correlazione pari a zero indica un'assenza di correlazione. In particolare, il coefficiente di correlazione di Pearson-Bravais è calcolato come rapporto tra la covarianza delle due variabili ed il prodotto delle loro deviazioni standard. Nella tabella 30 che segue sono decritti i coefficienti delle variabili analizzate. Tabella 30: Indici di Pearson VARIABILI Olio di soia Olio di palma Olio di colza Olio di soia 0,68 0,94 Olio di palma 0,68 0,74 Olio di colza 0,94 0,74 - Dalla tabella sovrastante è possibile osservare come tutte le variabile presentano valori prossimi ad 1 e pertanto i tre oli considerati presentano una forte correlazione. In particolare l’olio di colza risulta altamente correlato con l’olio di soia (0,94), mentre la correlazione con l’olio di palma è leggermente inferiore (0,74). La correlazione minore risulta essere quella tra l’olio di soia e quello di palma (0,68). Al fine di eliminare tale problema, tre sono i rimedi: eliminare uno o più variabili che causano multicollinearità; trasformare le variabili che causano multicollinearità; aumentare la dimensione del campione. 196 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato Alla luce delle considerazioni sopra esposte si è dunque deciso di procedere l’analisi eliminando le variabili che causano il fenomeno sopra esposto e di considerare pertanto solo l’olio di colza. La scelta tra i tre oli è ricaduta sull’olio di colza in quanto ad oggi tale olio vegetale rappresenta quello maggiormente utilizzato per la produzione del biodiesel in Europa. In accordo con l’USDA nel 2013 l’olio di colza ha di fatto contribuito per circa due terzi della produzione totale di biodiesel, mentre l’uso dell’olio di soia e di palma è limitato dallo norma DIN EN 1421474. Tale limitazione è dovuta al fatto che il biodiesel a base di soia non è conforme al valore di iodio prescritto dal presente norma (le funzione dello iodio è quella di dare la stabilità all'ossidazione) mentre quello a base di olio di palma non fornisce abbastanza stabilità in inverno soprattutto nel nord Europa. Tuttavia ad oggi, è possibile soddisfare lo standard richiesto utilizzando una miscela di olio di colza, olio di soia, olio di palma. Di seguito viene proposta una rappresentazione tabulare delle variabili considerate per l’analisi che seguirà ne paragrafi successivi (Tab.31). Tabella 31: Modelli considerati nell’analisi VARIABILI Biodiesel 1° MODELLO Olio di colza Diesel Etanolo 2° MODELLO Zucchero Gasolina UNITA’DI MISURA 3 EURO/m USD/MT USD/gallone USD/litro USD/litro USD/sacca da 50kg FONTE Bloomberg Data Stream EIA CEPEA CEPEA ANP Al fine di normalizzare i dati è stata applicata una trasformazione logaritmica. Di seguito vengono descritte le analisi preliminare e il successivo modello applicato per i due casi di studio scelti. Il software utilizzato è Rats32s (Regression Analysis of Time Series), programma dedicato all'analisi econometrica delle serie temporali. 74 La norma specifica i requisiti e i metodi di prova per gli esteri metilici di acidi grassi (FAME), ovvero il Biodiesel prodotto con l'uso del metanolo, commercializzati e distribuiti per essere utilizzati sia come combustibile per motori diesel sia per impianti di riscaldamento alla concentrazione del 100%, o come componente del combustibile per motori diesel, in conformità ai requisiti della UNI EN 590, e del gasolio riscaldamento. 197 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato 7.2 I test di stazionarietà sulle serie storiche del biodiesel e dell’etanolo Più di una volta abbiamo sottolineato nel capitolo 4 che per effettuare previsioni sui valori futuri della serie storica è necessario fare ipotesi semplificatrici ossia è necessaria la stazionarietà del processo stocastico. E’ quindi molto importante essere in grado di capire se le serie che si stanno analizzando siano stazionarie o non stazionarie. Tutto questo viene verificato attraverso i test di radice unitaria (unit root test). A tal proposito, al fine di testare la stazionarietà delle serie storiche impiegate è stato effettuato il test ADF (Argumented Dickey Full test). Il test è stato condotto per il periodo di tempo proprio di ciascun dataset. I risultati vengono riassunti nella tabella sottostante (Tab 32) in cui sono riportati i valori critici di confronto all’1%, 2,5%, 5% e 10% mentre l’intera procedura è riportata in appendice. Tabella 32: Risultati test di stazionarietà Biodiesel database Critical values Serie storiche Biodiesel Diesel Olio di Colza Test Statistic -0.553 -1.041 -0.678 1% -2.58 -2.58 -2.58 2.5% -2.23 -2.23 -2.23 5% -1.95 -2.23 -2.23 10% -1.62 -1.62 -1.62 Come noto l’ADF test si basa sulle seguenti ipotesi di partenza: sotto l'ipotesi nulla Ho: c’è la presenza di una la radice unitaria nel processo generatore della variabile studiata (processo non stazionario); mentre, sotto l'alternativa H1: il processo è stazionario. In altre parole se la statistica test (test statistic) è maggiore o uguale ai valori critici (1%,2,5%,5%,10%) l'ipotesi nulla va accettata, viceversa se la statistica test è inferiore ai valori critici (1%,2,5%,5%,10%) la nulla viene rifiutata. Nella tabella sovrastante è possibile osservare come tutte le serie storiche prese in considerazione nel caso di studio del biodiesel non sono stazionarie in quanto la statistica test è sempre maggiore dei valori critici e di conseguenza l’ipotesi nulla viene accettata (processo non stazionario). Il medesimo test è stato applicato alle serie storiche del database dell’etanolo. Di seguito vengono mostrati i risultati (Tab.33). 198 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato Tabella 33: Risultati test di stazionarietà Etanolo database Critical values Serie storiche Ethanol Zucchero Gasolina Test Statistic -0.985 -0.269 -1.541 1% -2.58 -2.58 -2.58 2.5% -2.23 -2.23 -2.23 5% -1.95 -2.23 -2.23 10% -1.62 -1.62 -1.62 Ugualmente al caso di studio del biodiesel, nella tabella sovrastante è possibile osservare come tutte le serie storiche prese in considerazione nel caso di studio dell’etanolo non sono stazionarie in quanto la statistica test è sempre maggiore dei valori critici e di conseguenza anche in questo caso l’ipotesi nulla viene accettata (processo non stazionario). 7.3 L’analisi di cointegrazione Come anticipato nei capitoli precedenti, quando le serie storiche non risultano stazionarie è necessario verificare se esse sono o no cointegrate. Con riferimento al Teorema di Granger, se un insieme di variabili sono non stazionarie in livello e hanno lo stesso ordine di cointegraziuone, può esistere una variabile data dalla loro differenza o da una loro combinazione lineare che è stazionaria. Se questo si verifica tali variabili sono tra loro cointegrate. Se pertanto la differenza tra le variabili o una combinazione lineare della loro differenza è stazionaria, ciò significa che il loro andamento nel lungo periodo non diverge. Per analizzare le relazioni tra le variabili, nel caso in cui siano cointegrate, si procederà poi con la stima di un modello a correzione dell’errore (VECM); in caso contrario si procederà invece con la stima di un modello a vettore autoregressivo (VAR) alle differenze. Di seguito verrà descritta la metodologia di analisi e i rispettivi risultati. L’intera procedura è riportata in appendice. Per verificare la presenza di cointegrazione è stato applicato il test di Johansen (Johansen 1995) che ci permette di conoscere il rango della matrice di cointegrazione che rappresenta il numero di vettori di cointegrazione e che deve essere maggiore di zero e minore/uguale (in genere minore) al numero delle variabili endogene selezionate. Se un sistema cointegrato ha rango di cointegrazione r, si può affermare che esistono r relazioni di equilibrio di lungo periodo, e quindi r processi stazionari che descrivono l’andamento nel tempo degli squilibri da tali relazioni. Al fine di 199 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato applicare il test è inoltre necessario conoscere la lunghezza dei ritardi (lag lenght). Ciò è stato possibili attraverso l’analisi dei criteri informativi quali lo Schwarz criterion (SC) e l’Hannan-Quinn information criterion (HQC). Maggiore è il valore atteso, peggiore è l'adattamento e quindi la bontà del modello, pertanto i valori dei criteri informativi devono essere i più bassi possibili (minimizzazione dei criteri informativi). In entrambi i casi di studio tale analisi suggerisce un lag ottimale pari a 2. Passando poi alla determinazione del rango di cointegrazione r, i risultati vengono presentati nelle seguenti tabelle 34 e 35. Tabella 34: Johansen test biodiesel database p-r r Eig.Value Trace Trace* Franc95 P-Value P-Value* 3 0 0.069 34.708 35.070 35.070 0.047 0.055 2 1 0.040 14.645 20.164 20.164 0.167 0.253 1 2 0.019 4.813 9.142 9.142 0.266 0.315 Tabella 35: Johansen test ethanol database p-r 3 2 1 r 0 1 2 Eig.Value 0.070 0.022 0.015 Trace 34.059 11.514 4.651 Trace* 33.911 11.484 4.647 Franc95 35.070 20.164 9.142 P-Value P-Value* 0.065 0.067 0.502 0.504 0.335 0.336 Dalle tabelle sovrastanti è possibile determinare il numero delle relazioni di cointegrazione mediante la stima del rango r di cointegrazione. Come già descritto nel capitolo precedente il numero di vettori β (o relazioni di cointegrazione) viene definito infatti dal rango r di cointegrazione. I risultati del test mostrano la presenza di una relazioni di contegrazione in entrambi gli scenari. In dettaglio per determinare il rango di cointegrazione è necessario osservare il test traccia o valore test (Trace) e il valore critico al 5% (Franc95). Il primo valore di r a partire da r =0 in cui il test Trace<Frac95 corrisponde al rango di cointegrazione. Una volta stimato in questo modo il rango della matrice di cointegrazione è possibile individuare i parametri per la determinazione dei vettori di cointegrazione. 200 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato 7.4 Stima del modello a correzione di errore (VECM model) Condizione necessaria affinché si possa stimare un modello a correzione di errore è la presenza di almeno una relazione di cointegrazione tra le variabili considerate. Infatti quando le variabili sono cointegrate fra di loro è possibile stimare un modello a correzione di errore che mette in relazione le variazioni di una di esse, che possiamo individuare nella variabile dipendente, dall’equilibrio di lungo periodo t-1. I cambiamenti nella variabile sono quindi scostamenti della variabile stessa rispetto all’equilibrio di lungo periodo con le altre variabili e il modello a correzione di errore è in grado di scomporre tali scostamenti in una componente di breve periodo che è causa dell’allontanamento dall’equilibrio e in una componente di lungo periodo, detta termine di correzione di errore o error correction term (ECT) che riporta il sistema all’equilibrio. La stima della rappresentazione VECM permette infatti di mettere in evidenza le relazioni di breve periodo e la velocità di aggiustamento verso l’equilibrio di lungo periodo, chiarendo le relazioni che intercorrono tra le variabili. Informalmente, in un modello ECM, i legami tra i livelli di due processi sono studiati in termini di effetti di lungo periodo, mentre i legami tra le serie differenziate quantificano gli effetti di breve periodo. L’assunzione di base è che la relazione di equilibrio influenzi il comportamento sia di breve sia di lungo periodo: un cambiamento di breve periodo è infatti necessario per mantenere la relazione di lungo periodo e ripristinare l’equilibrio. Pertanto dopo aver verificato la presenza di cointegrazione e determinato quindi (nel paragrafo precedente) il rango di cointegrazione attraverso il test di johansen si è proceduto con la stima del modello VECM. Di seguito vengono mostrati i risultati ottenuti, mentre l’intera procedura è riportata in appendice. Il vettore o equazione di cointegrazione è rappresentato dai parametri stimati dal software i quali sono riportati nella tabelle seguenti (Tab.36 e 37) sia nel contesto del biodiesel sia in quello dell’etanolo. Tabella 36: Relazioni di cointegrazione biodiesel database Beta (1) Biodiesel 1.000 Olio di colza -0.531 Diesel -0.045 Costante -3.352 201 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato Tabella 37: Relazione di cointegrazione etanolo database Beta (1) Etanolo 1.000 Zucchero -0.189 Gasolina -0.699 Constant -0.965 Nella lettura dei risultati si fa notare che, per una questione algebrica, i parametri stimati dell’equazione di cointegrazione sono invertiti di segno rispetto alla rappresentazione delle tabelle precedenti. I valori vanno pertanto moltiplicati per -1. Di conseguenza è possibile scrivere le seguenti relazioni di lungo periodo: LPbiodiesel = +0,531LPoliodicolza+0,045LPdiesel +3,352 Mentre nel caso dell’etanolo abbiamo la seguente relazione: LPetanolo=+0,189LPzucchero+0.699LPgasolina-0.965 Una volta stimati i parametri, al fine di valutare la significatività75 di ciascuna variabile è necessario valutare il valore del t-Value. In termini econometrici infatti si definisce significativo un coefficiente statisticamente diverso da zero. Infatti tra tutte le possibili combinazioni di variabili sotto forma di vettori di cointegrazione solo quelle in cui la componente di lungo periodo (ECT), in particolare quella associata alla variabile dipendente, risulti statisticamente significativa sono in grado di garantire un ritorno all’equilibrio nel lungo periodo. Il livello di probabilità considerato per i test è solitamente il 5% che nel caso test effettuato (test t) risulta essere pari a 1.96. In tal caso un variabile/valore risulta essere significativa se il tValue risulta essere maggiore di 1.96, ossia il valore soglia con significatività pari al 5%76. Di seguito sono riportate le relazioni sopra esposte con le rispettive statistiche t tra parentesi. I parametri evidenziati in rosso risultano essere significativi con un livello di significatività al 5%. LPbiodiesel = +0,531LPoliodicolza+0,045LPdiesel +3,352 (2,934) (0,338) (2,878) 75 La significatività dei parametri mostra se le variabili del sistema sono endogene o esogene 76 I coefficienti di confidenza al 95% a due code per la distribuzione normale, come è noto, sono dati da 1.96 . 202 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato LPetanolo= +0.189LPzucchero+0.699Pgasolina-0.965 (2,389) (2,959) (4.339) Partendo dal primo scenario, i risultati mostrano come nel lungo periodo il prezzo del biodiesel risulta essere connesso positivamente al prezzo dell’olio di colza e del diesel (egual segno), tuttavia la significatività dei parametri mostra come la relazione con il feedstock sia significativa rispetto a quella con il combustibile. In particolare possiamo affermare nel lungo periodo il prezzo del biocombustibile incrementa soprattutto con l’aumento dei prezzi della materia prima utilizzata. In dettaglio possiamo osservare come un aumento dell’1% (10%) del prezzo dell’olio di colza comporta un aumento del 0,5% (5%) del prezzo del biodiesel. Il prezzo del diesel invece non sembra avere una rilevanza determinante sul prezzo del biodiesel nel lungo periodo. La relazione positiva con l’olio di colza non sorprende in quanto ad oggi il prezzo del biodiesel dipende molto dal prezzo del feedstock di riferimento. Ad oggi infatti il principale fattore economico da considerare per i costi di produzione del biodiesel è rappresentato dalla materia prima, che rappresenta circa l’80% del costo totale di produzione. Ciò giustifica come il mercato delle commodity agricole coinvolte nelle produzione del biodiesel influenzano tale settore. Il livello di non significatività del diesel può essere giustificato dal fatto che il biodiesel non viene usato puro, ma in blend con il diesel (7%). Infatti a differenza dell’etanolo idrato, ampiamente usato nel contesto brasiliano, il biodiesel non viene utilizzato tal quale e pertanto non compete direttamente come diretto sostituto del combustibile fossile. Analizzando il secondo caso di studio, possiamo affermare che l’etanolo presenta una relazione di lungo periodo con il prezzo dello zucchero e della gasolina. Tale relazione risulta essere positiva e del medesimo segno dell’etanolo; ciò implica che il prezzo dell’etanolo incrementa con l’aumento dei prezzi della gasolina e dello zucchero nel lungo periodo. Possiamo inoltre affermare che la relazione dell’etanolo con la gasolina risulta molto più forte rispetto a quella con lo zucchero (livello di significatività maggiore). In dettaglio infatti possiamo notare come un aumento dell’1% (10%) del prezzo dello zucchero comporta un aumento del 0,2% (2%) del prezzo dell’etanolo, mentre un aumento dell’1% (10%) del prezzo della gasolina comporta un aumento del prezzo dell’etanolo pari al 0,7% (7%). La relazione con lo 203 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato zucchero non sorprende visto il fatto che esso rappresenta una parte cospicua dei costi di produzione dell’etanolo. Al contempo la relazione positiva tra l’etanolo e la gasolina risulta essere giustificata in quanto l’etanolo idrato è il sostituto diretto della gasolina (esiste una vera e propria sostenibilità tra l’uno e l’altro), pertanto un aumento di prezzo della gasolina comporta un aumento del consumo dell’etanolo idrato con conseguente aumento del suo prezzo. 7.5 Analisi dinamica: decomposizione della varianza e funzione di impulso-risposta Una volta analizzate le relazioni di lungo periodo, al fine di quantificare e comprendere al meglio le relazioni di breve periodo definite dal modello VECM sopra descritto, seguirà l’analisi dinamica costituita dall’analisi della casualità di Granger, l’analisi di impulso-risposta e la decomposizione della varianza per entrambi i contesti considerati. Analisi di casualità di Granger In generale, le relazioni di causa‐effetto sono molto complesse da stabilire in un’analisi empirica di dati economici. Se osserviamo un’alta correlazione fra due variabili, X e Y, possiamo dire tutt’al più che queste due variabili presentano una spiccata tendenza a muoversi insieme, ma in assenza di altre informazioni non possiamo dire nulla sui nessi causali che le collegano. Potrebbe darsi che X sia la causa di Y, o viceversa o addirittura che ci sia una terza variabile Z (non osservata o non considerata) che sia la causa di entrambe. Tutte e tre queste situazioni darebbero luogo allo stesso fenomeno osservabile, cioè un alto grado di correlazione tra X e Y77. Viene perciò utilizzata una definizione che offre la possibilità di determinare la natura del nesso di causa-effetto, facendo riferimento alla prevedibilità secondo la quale la causa precede l’effetto (Granger, 1969) (cfr cap 6, par 5.6). Alla base di questa nozione c'è la distinzione fra variabili esogene ed endogene, le prime causano le seconde ed il test utilizzato per identificare i nessi causali tra le serie è il test di Granger. Statisticamente possiamo dimostrare che una serie storica X causa, nel 77 Più precisamente, si dice che una serie {Xt} causa la serie {Yt} nel senso di G., se i valori passati della prima serie contribuiscono in modo significativo a prevedere i valori futuri della seconda. 204 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato senso di Granger, una serie storica Y attraverso un test F. L’ipotesi nulla del test prevede l’assenza di causalità alla Granger pertanto valori della probabilità (p-value) inferiori agli intervalli di significatività (5% o 10%), determinano un rigetto dell’ipotesi nulla e quindi il non rifiuto della presenza di causalità. In tabella vengono riportati i risultati del test di Granger. I valori in rosso sono statisticamente significativi al livello del 5% e pertanto evidenziano la presenza di nessi causali; la freccia indica la direzione della casualità (Tab.38). Tabella 38: Risultati test di Granger biodiesel ed etanolo database Database BIODIESEL ETANOLO Direzione della casualità Pcolza → Pbiodiesel Pdiesel → Pbiodiesel Pbiodiesel → Pcolza Pbiodiesel → Pdiesel Pzucchero → Petanolo Pgasolina → Petanolo Petanolo → Pzucchero Petanolo → Pgasolina p-value 0,7942920 0,0127474 0,0004057 0,0155097 0,0107986 0,0000000 0,8589550 0,9242582 Per quanto riguarda il contesto del biodiesel i risultati ottenuti sembrano mostrare come nel breve periodo il prezzo del biodiesel causa un incremento dei prezzi sia della colza che del diesel78; allo stesso tempo il diesel influenza il prezzo del biodiesel, mentre la colza non presenta conseguenze sul prezzo del biodiesel. Per quanto riguarda invece l’etanolo, il test applicato mostra come sia lo zucchero che la gasolina appaiono essere responsabili dell’incrementi di prezzo del biocobustibile, mentre il prezzo dell’etanolo non sembra interferire su quello dello zucchero e della gasolina. Tuttavia ricordiamo che il significato ultimo da attribuire a questo test econometrico di causalità rappresenta una sorta di “monitoraggio" dei fenomeni da studiare. Il test di casualità di Granger misura infatti la capacità previsiva di una variabile rispetto ai valori passati di un’altra (La casualità nel senso di Granger significa infatti che se X causa Y allora X è un utile predittore per Y). Tuttavia ad oggi sono sorte diverse 78 Ricordiamo che se da un lato si può dire che il prezzo del biodiesel causa, nel senso di Granger, variazioni nel prezzo della colza e del diesel, da un altro lato non si può dire che una variazione nel prezzo del biodiesel causerà una conseguente variazione nel prezzo del colza e del diesel. 205 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato perplessità relative a tale analisi che si basa sul principio che la causa precede sempre l’effetto. In realtà tala relazione non sempre risulta vera o corretta. Infatti il concetto logico di causa-effetto prescinde da ciò che accade nella realtà ed è inoltre possibile che la causa si manifesti solo dopo l’effetto. Una più corretta interpretazione delle relazioni trovate sono descritte nei paragrafi successivi. Analisi di impulso-risposta L’analisi di impulso ci permette di descrive gli effetti di uno shock temporaneo ad variabile j sulla variabile i. In termini economici, la funzione di risposta di impulso rappresenta l'effetto di uno shock dato dalla variazione del livello di mercato avvenuta al tempo t, trasmesso alle altre variabili del sistema cointegrato nei periodi successivi ossia l’elasticità79. Per effettuare l’analisi dinamica, il programma scelto ha simula uno shock ed in seguito a questo ha genera una funzione di risposta di impulso con un orizzonte di previsione temporale fissato a 12 periodi. In questo caso ogni periodo corrisponde ad una settimana. Di seguito vengono riportati le funzioni di impulso-risposta cumulate relative all’analisi effettuata sul biodiesel e sull’etanolo. L’intera procedura è riportata in appendice. A differenza della classica funzione di risposta di impulso che come detto sopra definisce l’effetto di uno shock temporaneo (della durata di un periodo), quella cumulata descrive gli effetti di uno shock permanente al fine di comprendere l'effetto cumulato di uno shock strutturale sulla/e serie di interesse. Per far ciò sono stati cumulati i coefficienti della funzione di risposta d’impulso forniti dal programma. La figura 84 evidenzia il cambiamento del prezzo del biodiesel dopo uno shock applicato al prezzo della colza e al prezzo del diesel. 79 In generale l'elasticità è una misura della sensibilità di y rispetto a variazioni di x . 206 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato Figura 84: Risposta d'impulso del prezzo del biodiesel rispetto ad uno shock effettuato al prezzo della colza e del diesel Il grafico mostra come uno shock nel prezzo dell’olio di colza non comporta nessuno effetto sul prezzo del biodiesel (effetto praticamente nullo). Per quanto riguarda il diesel, uno shock dell’1% sul suo prezzo crea un incremento nel prezzo del biodiesel pari a circa lo 0,1% a partire dalla seconda settimana e che permane per tutto il periodo successivo. Possiamo comunque affermale che la magnitudine dello shock sul prezzo del biodiesel risulta molto piccola. Ciò può essere giustificato dal fatto che ad oggi le dinamiche del mercato internazionale sul biodiesel da un lato e la riduzione del contingente defiscalizzato dall’altro, hanno fatto sì che la formazione del prezzo del biodiesel avvenga tramite un semplice meccanismo d’asta (al ribasso) imposto dalle compagnie petrolifere, piuttosto che in funzione del prezzo del diesel su base Platts e di un premio variabile tra i 200 e i 300 euro alla tonnellata in relazione al prezzo dell’olio vegetale e ad alcuni parametri qualitativi dello stesso. Da qui la bassa influenza del diesel. Per quanto riguarda l’etanolo invece, la figura 85 evidenzia il cambiamento del prezzo dell’etanolo dopo uno shock applicato al prezzo dello zucchero. 207 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato Figura 85: Risposta d'impulso del prezzo dell'etanolo rispetto ad uno shock effettuato al prezzo dello zucchero Il grafico mostra come uno shock dell’1% nel prezzo dello zucchero comporta un incremento crescente nel prezzo dell’etanolo a partire dalla prima settimana e che si stabilizza allo 0,9% dopo 10 settimane. Pertanto nel breve periodo le variazioni nel prezzo dello zucchero sono trasmesse a quelle dell’etanolo. Ciò non sorprende in quanto la differenza del livello di prezzo dell’etanolo è associata principalmente alla quantitativo di canna da zucchero prodotta nonché all’allocazione di tale materia per la produzione di zucchero o di alcool per etanolo (cfr cap 1, par 1.5). Per quanto riguarda invece il cambiamento del prezzo dell'etanolo rispetto ad uno shock dell’1% effettuato al prezzo della gasolina (Fig.86), è possibile affermare come inizialmente l’etanolo subisce un rapido calo di prezzo nella prima settimana pari allo 0,6%. Nelle settimane successive il prezzo continua a diminuire con percentuali via via inferiori fino a stabilizzarsi a partire dall’ottava settima in cui la riduzione risulta essere pari allo 0,2%. 208 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato Figura 86: Risposta d'impulso del prezzo dell'etanolo rispetto ad uno shock effettuato al prezzo della gasolina Il calo di prezzo dell’etanolo può essere giustificato dal fatto che un incremento nel prezzo della gasolina implica una riduzione nel suo consumo. Tale effetto si ripercuote sull’etanolo anidro che viene utilizzato infatti in blend con la gasolina al 25%. Di conseguenza il suo prezzo scende e si ripercuote sul mercato dell’etanolo idrato in quanto i due marcati sono altamente correlati (Bacchi et al., 2011). Decomposizione della varianza Effettuando la scomposizione della varianza si va ad investigare quando effettivamente incide uno shock di una variabile sulla variabilità delle altre80. In dettaglio la decomposizione della varianza fornisce informazioni sulla grandezza dell’effetto di uno shock di prezzo su di un altro. Essa ci permette di quantificare la relazione di breve periodo espressa dal modello VECM. Di seguito le tabelle relative alla scomposizione della varianza dei sistemi analizzati con un orizzonte di previsione temporale fissato a 12 periodi; ogni periodo corrisponde ad una settimana. 80 La scomposizione della varianza indica quale proporzione della varianza dell’errore di previsione per una data variabile sia attribuibile alle diverse varianze 209 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato Tabella 39: Decomposizione della varianza prezzo biodiesel Step Biodiesel Olio di colza Diesel 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 99.960 98.022 97.830 97.633 97.564 97.564 97.559 97.557 97.557 97.557 97.557 97.557 0.004 0.138 0.320 0.418 0.478 0.478 0.481 0.483 0.483 0.483 0.483 0.483 0.035 1.839 1.850 1.949 1.958 1.958 1.960 1.961 1.961 1.961 1.961 1.961 Come indicato nella tabella 39 sovrastante la variabilità del prezzo del biodiesel dopo 12 settimane dipende quasi esclusivamente dal prezzo stesso del biocombustibile (98%). Tale risultano riflette i risultati dell’analisi di impulso sopra effettuata, ribadendo come nel breve periodo lo shock effettuato sull’olio di colza non influenza il biodiesel e al contempo il diesel mostra un lieve effetto. Passando poi al contesto dell’etanolo, dalla tabella 40 possiamo dedurre che dopo 12 periodi circa il 66% della variabilità del prezzo dell’etanolo dipende dalla gasolina e 1’11% dalla variabilità del prezzo dello zucchero. Tabella 40: Decomposizione della varianza prezzo etanolo Step 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Etanolo 20.980 22.700 23.639 23.146 22.905 22.755 22.687 22.657 22.644 22.638 22.636 22.635 Zucchero 0.788 6.777 7.872 9.474 10.211 10.613 10.798 10.882 10.918 10.934 10.940 10.943 Gasolina 78.233 70.523 68.489 67.380 66.884 66.632 66.515 66.462 66.438 66.428 66.424 66.422 210 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato Anche in questo caso il risultano illustrato riflette i risultati dell’analisi di impulso sopra effettuata in quanto l’effetto dello shock applicato alla gasolina sull’etanolo è maggiore rispetto a quello provocato dallo zucchero (Chagas, 2010). Ciò non sorprende in quanto ad oggi i prezzi dell’etanolo brasiliano sono fortemente legati ai prezzi della benzina e correlati con i prezzi mondiali dello zucchero. Riguardo al primo aspetto, infatti, a differenza del biodiesel che in Europa viene usato solo in blend con il diesel, in Brasile la gasolina e l’etanolo sono dei veri e propri sostituti, ossia l’uno viene usato invece dell’altro. E’ noto infatti come in Brasile, l’etanolo idrato può essere utilizzato puro nella maggior parte delle auto circolanti nel Paese. Le auto in Brasile sono infatti dotate della tecnologia flex-fuel che consente di cambiare facilmente carburante da benzina ad etanolo a seconda del più conveniente. Il consumatore decide infatti di utilizzare etanolo idrato rispetto alla gasolina in funzione del rendimento definito dal rapporto tra prezzo dell’etanolo e prezzo della gasolina. Se tale rapporto risulta essere maggiore del 70% è più conveniente utilizzare la gasolina rispetto all’etanolo, viceversa se il rapporto risulterà essere minore l’etanolo idrato sarà l’alternativa preferita (Bacchi et al., 2011). Altro fattore importante nella formazione del prezzo dell’etanolo risulta essere il prezzo dello zucchero. Ricordiamo come gli stabilimenti brasiliani di zucchero sono molto flessibili e possono modificare senza problemi la produzione da un mix di 60% zucchero e 40% etanolo al mix invertito. Quando i prezzi dello zucchero sono bassi, i produttori possono massimizzare la loro produzione di etanolo e viceversa.81 7.5.1 L’effetto dei biocombustibili sul mercato energetico e sulle commodity agricole Dopo aver definito sia la grandezza che l’effetto di uno shock applicato alle variabili che interagiscono sia con il biodiesel (olio di colza e diesel) che con l’etanolo (zucchero e gasolina) sul biocombustibile stesso mediante l’analisi della varianza e l’analisi d’impulso-risposta rispettivamente, l’analisi che segue ha cercato di definire quale sia invece l’effetto dei biocarburanti sulle variabili considerate. Tale analisi è 81 Negli ultimi anni i prezzi dello zucchero sono aumentati a causa dell’offerta globale e degli squilibri nella domanda. Ciò fa in modo che gran parte della produzione di canna da zucchero tornata ad essere destinata alla produzione di zucchero, con conseguente scarsità di etanolo sul mercato e picco dei prezzi dello stesso. 211 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato stata effettuata al fine di comprendere se effettivamente i biocarburanti creano un impatto nel mercato delle commodity agricole (dibattito food-fuel). Il grafico che segue (Fig.87) mostra l’effetto dell’applicazione di uno shock applicato al prezzo del biodiesel sull’olio di colza e sul diesel. Figura 87: Risposta d'impulso del prezzo dell’olio di colza e del diesel rispetto ad uno shock effettuato al prezzo del biodiesel Dal grafico è possibile notare come uno shock applicato al prezzo del biodiesel non crea nessun effetto sul prezzo del diesel, mentre si assiste ad un leggero aumento del prezzo della colza pari allo 0,1% nelle prime due settimane. L’effetto viene poi assorbito nei periodi successivi. La bassa domanda di biodiesel nel contesto europeo nonché la minor scala di produzione fanno sì che il biodiesel abbia una limitata capacità di influire i prezzi delle commodity agricole, nonché del diesel. Inoltre, ricordiamo come soprattutto a partire dal 2011, il biodiesel difficilmente può collocarsi sul mercato con un prezzo che allo stesso tempo copra i costi di produzione e non sia superiore ai combustibili derivanti dal petrolio. Infatti l’assenza di agevolazione (o esenzione) fiscale o di incentivi alla materia prima (Padella et al., 2012) li rende economicamente non sostenibili e pertanto incapaci di influenzare il mercato del diesel. 212 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato La leggera influenza del biodiesel sull’olio di colza viene inoltre confermata nell’analisi della varianza che segue. Come indicato nella tabella sottostante (Tab.41) la variabilità del prezzo dell’olio di colza dopo 12 settimane dipende per un 6% dal prezzo del biodiesel. Tabella 41: Decomposizione della varianza prezzo della colza Step 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Biodiesel 0.289 0.318 4.734 5.734 5.744 5.863 5.890 5.891 5.895 5.895 5.895 5.895 Olio di colza 99.711 97.588 93.266 92.125 92.116 91.991 91.963 91.963 91.959 91.958 91.958 91.958 Diesel 0.000 2.094 2.000 2.141 2.140 2.146 2.147 2.147 2.147 2.147 2.147 2.147 Pertanto il biodiesel mostra una limitata capacità di influenzare i prezzi delle commodity agricole. I grafici che seguono mostrano invece l’effetto dell’applicazione di uno shock al prezzo dell’etanolo sullo zucchero e sulla gasolina (Fig.88). Come già effettuato nell’analisi precedente, l’analisi ha esaminato le funzioni di risposta di impulso cumulate. 213 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato Figura 88: Risposta d'impulso del prezzo dello zucchero e della gasolina rispetto ad uno shock effettuato al prezzo dell'etanolo 1 0,8 Cambiamento di prezzo % 0,6 0,4 0,2 ZUCCHERO 0 -0,2 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 GASOLINA -0,4 -0,6 -0,8 -1 Periodo (settimane) Il grafico mostra come variazioni nel prezzo dell’etanolo non comportano nessuno effetto sulla gasolina e sul prezzo dello zucchero. Ciò viene confermato anche nell’analisi della varianza che segue. Come indicato nella tabella sottostante (Tab.42) la variabilità del prezzo dello zucchero dopo 12 settimane dipende per un 1% dal prezzo dell’etanolo e per il 22% dal prezzo della gasolina. Pertanto l’etanolo non in grado di influenzare il mercato dello zucchero. 214 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato Tabella 42: Decomposizione della varianza prezzo dello zucchero Step 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Etanolo 0.000 0.035 0.032 0.049 0.065 0.077 0.083 0.087 0.088 0.089 0.089 0.089 Zucchero 100.000 78.783 79.193 78.536 78.417 78.340 78.310 78.297 78.291 78.289 78.288 78.288 Gasolina 0.000 21.182 20.775 21.415 21.518 21.583 21.606 21.616 21.620 21.622 21.623 21.623 Allo stesso modo dell’analisi della varianza della gasolina, posiamo affermare che l’etanolo è anche in questo caso una variabile esogena (Tab.46). Il suo prezzo risulta dipendere quasi esclusivamente dal prezzo stesso del combustibile (97%). Tabella 46: Decomposizione della varianza prezzo della gasolina Step 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Etanolo 0.000 0.008 0.040 0,041 0,041 0,041 0,041 0,041 0,041 0,041 0,041 0,041 Zucchero 0.000 3.069 3.055 3.208 3.238 3.259 3.268 3.271 3.273 3.274 3.274 3.274 Gasolina 100.000 96.923 96.906 96.751 96.721 96.700 96.692 96.688 96.686 96.685 96.685 96.685 Il fatto che l’etanolo non tenga influenza sia sullo zucchero che sulla gasolina può essere giustificato dal fatto che il prezzo dello zucchero domestico dipende molto dal mercato internazionale (Campos, 2010). Al 2013 il Brasile rappresenta infatti il principale produttore di zucchero a livello mondiale con una produzione pari a 37,8 milioni di tonnellate, nonché il principale esportatore (47%) (USDA, 2014). Al 215 Capitolo 7: Analisi della sostenibilità economica e le relative implicazioni di mercato contempo il prezzo della gasolina è regolato dal Governo Brasiliano tramite l’ANP (Bacchi 2009; Alencar, 2012). Di seguito due schemi (Fig.89 e 90) che riassumono i risultati ottenuti in maniera grafica. Figura 89: Relazioni di lungo e breve periodo tra i prezzi mercato dell’etanolo L U N G O PREZZO BIODIESEL P E R I O D O B R E V E PREZZO BIODIESEL P E R I O D O 216 Figura 90: Relazioni di lungo e breve periodo tra i prezzi mercato dell’etanolo L U N G PREZZO ETANOLO O P E R I O D O B R E V E PREZZO ETANOLO P E R I O D O 217 Discussione e Conclusioni Discussione e Conclusioni Negli ultimi anni, il settore dei biocarburanti è stato caratterizzato da un’elevata espansione. Dall’analisi del contesto internazionale, l’etanolo è il biocarburante più prodotto a livello globale, con circa 84 miliardi di litri nel 2012, valore dovuto principalmente agli Stati Uniti (57%) e al Brasile (27%). Viceversa, il biodiesel rappresenta la forma di energia rinnovabile per il trasporto maggiormente disponibile sul mercato europeo (40%), anche se la sua produzione totale mondiale (22,5 milioni di litri nel 2012) è di molto inferiore a quella dell’etanolo. La crescita dei biocarburanti è strettamente legata alle strategie politiche di ciascun Paese, che si sono sviluppate principalmente sulla base di due fattori: contrastare il cambiamento climatico e il riscaldamento globale e assicurare l’autosufficienza energetica, diminuendo la dipendenza dai Paesi produttori di petrolio. Tra le politiche più importanti che si sono sviluppate nel corso dei diversi anni, troviamo esenzioni fiscali, sovvenzioni alla produzione, obblighi di miscelare con i combustibili fossili per il trasporto e incentivi agli investimenti. Tuttavia, ad oggi, sia nel contesto brasiliano che in quello europeo non sono previste sovvenzioni dirette, e l’unica forma di incentivazione risulta essere la quota di miscelazione pari al 27,5% per l’etanolo da canna da zucchero con la benzina e il 7% per il biodiesel europeo con il diesel. Inoltre, solo per quanto riguarda l’UE, oltre agli obblighi di miscelazione sono previsti obblighi produttivi da raggiungere (quota di immissione in consumo), nonché il rispetto di diversi criteri ambientali, al fine di garantire l’effettiva sostenibilità delle produzioni dei biocarburanti in tutta la filiera produttiva. In tale contesto, la strategia europea 20-20-20 e la Direttiva Europea 28 del 23 Aprile 2009 “sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili” (RED Directive) attualmente in vigore, risultano di fondamentale importanza. La direttiva prevede, per il 2020, di raggiungere l’obiettivo comunitario del 20% della quota di energia da fonti rinnovabili, stabilendo il raggiungimento di una quota di immissione di biocarburanti del 10% sul consumo totale nel settore dei trasporti. Inoltre, la RED introduce una serie di criteri di sostenibilità ambientale: in particolare, indica come requisito rispetto ai combustibili fossili, un risparmio minimo del 35% di emissioni di GHG a seguito dell’utilizzo dei biocarburanti entro il 2010; tale livello salirà al 45% entro il 2013 e al 50% entro il 2017. Inoltre, per evitare il cambiamento d’uso del suolo viene vietata la coltivazione di colture energetiche su alcune tipologie di 218 Discussione e Conclusioni terreno (art. 17, 18, 19, Annesso V). I biocarburanti non possono essere prodotti da materie prime ottenute da terreni con elevata biodiversità (es. foreste primarie), da pascoli e da terreni che presentano un elevato stock di carbonio (es. zone umide e torbiere). Questi concetti sono estremamente importanti se si considera che, dopo l’iniziale entusiasmo per l’introduzione dei biocarburanti di prima generazione, sono emerse numerose implicazioni negative strettamente correlate alla loro produzione e legate principalmente alle problematiche ambientali (cambiamento d’uso del suolo, acqua, emissioni di GHG, biodiversità) ed economico-sociali (competizione con le produzioni alimentari utilizzate come materie prime per sviluppare i biocarburanti). Le certificazioni di sostenibilità dei biocarburanti, volute dalla Comunità Europea ed internazionale, rappresentano una risposta a tali preoccupazioni legate all’impatto ambientale e socio economico, ampiamente dibattuto in ambito scientifico. Tuttavia, ad oggi restano ancora notevoli incertezze relative alla reale sostenibilità di questi e, a tal proposito, il dibattito è ancora aperto all’interno della comunità scientifica internazionale. Ne è una testimonianza il recente accordo politico (14 giugno del 2014) relativo alla proposta ILUC (COM 595 2012) derivante dall’esigenza di considerare in maniera differente l’impatto ambientale delle varie tipologie di biocarburanti immessi sul mercato, soprattutto dal punto di vista delle emissioni aggiuntive derivanti da un cambio di destinazione d’uso del suoli. Si specifica che, per la valutazione della sostenibilità dei biocarburanti, vari approcci e metodologie sono state proposte in letteratura negli ultimi anni, che vanno dall’utilizzo di modelli di equilibrio (Banse et al. 2008; Hertel et, 2010; Banse et al., 2012), alle analisi multi criteri (Turcksin et al., 2011; Perimenis et al., 2011) all’individuazione di indicatori di sostenibilità (Silva Lora et al., 2011; Diaz-Chavez, 2011; Gnansounou, 2011; Timilsina e Shrestha, 2011) e all’applicazione di modelli econometrici (Zhang et al., 2009; Busse et al. 2010; Serra et al., nel 2011). Il concetto di sostenibilità è di per sé complesso in quanto coinvolge una serie di aspetti economici, sociali ed ambientali. Per i biocarburanti, la questione è inoltre complicata per via delle diverse tipologie di biocarburanti che possono essere prodotti, della varietà di materie prime che possono essere impiegate e dei molteplici soggetti coinvolti nella catena di produzione (produttori di materie prime, produttori di biocarburanti, distributori e autorità pubbliche). 219 Discussione e Conclusioni A tal riguardo, la ricerca condotta si inserisce a pieno all’interno di tale dibattito e si pone l’obiettivo di valutare la sostenibilità ambientale e socio-economica del settore dei biocarburanti attraverso metodologie dedicate. Al fine di valutare la sostenibilità ambientale, è stata applicata un’analisi multicriteria implementata grazie all’applicazione di un processo meta-analitico volto a identificare i criteri ambientali per valutare l’impatto della filiera biodiesel (dalla produzione della materia prima alla distribuzione finale). Lo scopo è stata quello di individuare tra diverse tipologie di biomassa utilizzata per la produzione del biodiesel in Europa (olio di colza, di girasole, di palma e di soia) l’alternativa migliore in diversi scenari. Seguono i principali risultati ottenuti. 1) Dall’approccio meta-analitico, che ha preso in considerazione 32 studi internazionali di carattere tecnico e scientifico, è emerso che il biodiesel permette un elevato risparmio di emissioni di CO2 in termini percentuali rispetto al gasolio convenzionale ed un bilancio energetico positivo all’interno della filiera di produzione. Tuttavia, per quanto riguarda il cambiamento dell’uso del suolo (Land Use and Land Use Change) derivante dall’incremento della destinazione dei terreni a colture oleaginose, l’evidenza scientifica dimostra che la filiera biodiesel derivando in gran parte da olio di palma, impatta negativamente sull’ambiente, determinando fenomeni di deforestazione o conversione di terreni naturali, perdita di biodiversità, riduzione degli stock di carbonio nonché sottrazione dei terreni a scopo alimentare. Questo aspetto negativo comporta un peggioramento del bilancio delle emissioni di gas serra, fino ad avere delle emissioni maggiori rispetto al combustibile fossile. 2) Dalla metodologia multicriteriale implementata grazie alle informazioni desunte dalla meta-analisi è emerso che: • Considerando prioritari i criteri di sostenibilità ambientale, quali il risparmio delle emissioni di gas a effetto serra (GHG), il risparmio energetico e il cambiamento d’uso del suolo (DLUC-ILUC) e attribuendo tra questi un’importanza maggiore al cambiamento dell’uso del suolo, la soluzione migliore a livello europeo sarebbe quella del biodiesel da girasole. Tale soluzione risulterebbe molto interessante per l’Europa e in particolar modo per l’Italia, diversamente dal Nord Europa e dalla Francia, dove prevale la produzione di colza. La produzione del biodiesel da girasole porterebbe ad una serie di esternalità positive: la parziale autosufficienza energetica rispetto agli 220 Discussione e Conclusioni attuali Paesi esportatori di combustibili fossili; il mantenimento della produzione autoctona (utilizzando ad esempio l’approccio della filiera corta); la valorizzazione di produzioni agricole con impatto minimo sull’ambiente e sul paesaggio per effetto della messa a coltura di terre incolte o abbandonate (fenomeno sempre più in crescita vista la crisi perdurante dei mercati delle commodities). • Nell’ipotesi in cui si consideri prioritario il criterio economico, il costo di produzione della materia prima (prezzo di mercato), fattore determinante dal punto di vista aziendale, la produzione di biodiesel da olio di palma, di derivazione estera, risulterebbe la soluzione migliore a discapito della sostenibilità ambientale (ILUC). L’olio di soia e di colza possono rappresentare delle soluzioni intermedie (blend) e presentano un buon compromesso tra l’aspetto ambientale e quello economico, tenendo in considerazione che il blend tra questi oli vegetali fornisce performance qualitative molto elevate. Infatti, vale la pena di sottolineare che in altri contesti europei, come in Francia e Germania, si sono evidenziati esempi di filiere agricole efficienti come quelle della produzione di colza, sviluppatesi intorno alla produzione di biodiesel e agli operatori economici di riferimento (Diester International – Francia e Novaol - Italia). Si fa notare come tale metodologia non è stata applicata al contesto brasiliano laddove l’etanolo viene prodotto quasi esclusivamente dalla canna da zucchero; inoltre, qui non emerge il problema della sostenibilità ambientale in termini di cambiamento d’uso del suolo, perdita di biodiversità e di emissioni di gas effetto serra (Lora et al., 2006; Goldemberg et al., 2008). L’etanolo brasiliano viene prodotto contemporaneamente allo zucchero senza compromettere la produzione di zucchero a scopo alimentare. Inoltre, l’espansione della canna da zucchero non avviene né a discapito di terreni alimentari, né intacca la biodiversità (espansione in terreni degradati e pascoli, senza intaccare le foreste). Ricordiamo infatti, che dal 2005 ad oggi si è assistito ad un incremento del 45% della superficie dedicata a canna da zucchero, la quale tuttora rappresenta solo l’1,5% della superficie agricola del Brasile. Grazie a ciò l’utilizzo di etanolo permette un risparmio di GHG tra il 61 e il 91% mostrando inoltre un bilancio energetico ottimale (9,3MJ/MJ) (Shikida et al., 2014). 221 Discussione e Conclusioni La valutazione della sostenibilità socio-economica è stata effettuata tramite l’analisi delle serie storiche e la successiva applicazione di un modello a correzione di errore (VECM), che permette di evidenziare le relazioni di breve periodo e la velocità di aggiustamento verso l’equilibrio di lungo periodo che intercorrono tra le variabili considerate. In dettaglio, tale modello è stato applicato al fine di verificare se i prezzi delle commodities agricole, olio di colza nel contesto europeo e zucchero nel contesto brasiliano, siano influenzati dai prezzi dei biocombustibili di riferimento, quali biodiesel ed etanolo, e viceversa. Tale relazione è stata studiata anche in relazione al combustibile fossile di riferimento, ossia la benzina (o gasolina) per il Brasile e il diesel per l’Europa. Dall’analisi condotta, è possibile affermare che nel lungo periodo entrambi i biocombustibili presentano una relazione positiva con il feedstock di riferimento, ossia l’olio di colza per il biodiesel e lo zucchero per l’etanolo. In dettaglio un incremento dell’1% del prezzo dell’olio di colza si trasmette al prezzo del biocombustibile provocando il fenomeno dell’aumento del prezzo dell’ordine dello 0,5%, mentre il medesimo incremento nello zucchero comporta un aumento dello 0,2% nel prezzo dell’etanolo. Ciò non sorprende, in quanto in entrambi gli scenari il principale fattore economico lungo la catena produttiva è rappresentato dal costo di produzione dalla materia prima, che ad oggi rappresenta circa l’80% dei costi totali di produzione nel biodiesel e circa il 60% dei costi totali di produzione per l’etanolo. Tuttavia, per quanto riguarda l’etanolo, il suo prezzo sembra soffrire maggiormente delle variazioni di prezzo del combustibile fossile di riferimento, ossia la gasolina. Infatti, un aumento dell’1% del prezzo della gasolina comporta un aumento del prezzo dell’etanolo pari allo 0,7%. Ciò non accade per il biodiesel, il quale non sembra soffrire delle variazioni di prezzo del diesel nel lungo periodo (variabile non significativa). La mancata significatività del diesel può essere giustificato dal fatto che il biodiesel non viene usato puro, ma in blend con il diesel (7%). Infatti, a differenza dell’etanolo idrato, il biodiesel non viene impiegato tal quale e pertanto non compete direttamente come diretto sostituto del combustibile fossile. Nel contesto brasiliano, invece, l’etanolo idrato rappresenta una vera e propria alternativa alla gasolina e, pertanto, un aumento di prezzo della gasolina comporta un aumento del consumo dell’etanolo idrato con conseguente rialzo del suo prezzo. L’influenza del prezzo dello zucchero e della gasolina sul prezzo dell’etanolo si conferma anche nel breve periodo. In particolare, uno shock nel prezzo dello 222 Discussione e Conclusioni zucchero (+1%) genera un incremento dei prezzi dell’etanolo (+0,9% dopo 10 settimane). Ciò è dovuto al fatto che la differenza del livello di prezzo dell’etanolo è associata principalmente al quantitativo di canna da zucchero prodotta, nonché all’allocazione di tale materia che può essere utilizzata contemporaneamente per la produzione di zucchero e di alcool per etanolo. Quando i prezzi dello zucchero sono bassi, i produttori tendono a massimizzare la loro produzione di etanolo e viceversa. Viceversa uno shock in aumento nel prezzo della benzina (+1%) crea un calo dei prezzi dell’etanolo (-0,6% nelle prime settimane e -0,2% dopo 8 settimane). Il calo di prezzo dell’etanolo, dovuto ad una variazione positiva della gasolina, è invece giustificato dal fatto che un incremento nel prezzo della gasolina implica una riduzione nel suo consumo. Tale effetto si ripercuote sull’etanolo anidro, che viene utilizzato infatti in blend al 25% con la gasolina. Di conseguenza, il suo prezzo scende e tale fenomeno si trasmette al mercato dell’etanolo idrato in quanto i due mercati sono altamente correlati. Passando invece al contesto del biodiesel, il suo prezzo non sembra essere influenzato nel breve periodo dal feedstock, ma solo in maniera lieve dal prezzo del diesel (+0,2%). E’ infatti noto come, nell’attualità, le dinamiche del mercato internazionale sul biodiesel da un lato e la riduzione del contingente defiscalizzato dall’altro, hanno fatto sì che la formazione del prezzo del biodiesel avvenga tramite un semplice meccanismo d’asta (al ribasso) imposto dalle compagnie petrolifere, piuttosto che in funzione del prezzo del diesel su base Platts. Da qui la scarsa rilevanza del prezzo del diesel su quello del biodiesel. Analizzando l’effetto che i prezzi dei biocombustibili hanno sulle commodities agricole, i risultati mostrano come entrambi i biocombustibili non sono in grado di colpire i prezzi dei feedstock di riferimento, se non in maniera lieve e solo per quanto riguarda il contesto del biodiesel (incremento dello 0,1% nelle prime due settimane, l’effetto viene poi assorbito nei periodi successivi). Diverse sono le motivazioni. Il fatto che variazioni del prezzo dell’etanolo non influenzino né lo zucchero né la gasolina può essere giustificato dal fatto che il prezzo dello zucchero domestico dipende molto dal mercato internazionale e, al contempo, il prezzo della gasolina è regolato dal Governo Brasiliano. Allo stesso tempo la bassa domanda di biodiesel nel contesto europeo nonché la minor scala di produzione (al minor peso dell’uso energetico degli oli vegetali rispetto gli altri impieghi) fanno sì che il prezzo del biodiesel abbia una limitata capacità di influire sui prezzi delle commodities agricole. 223 Discussione e Conclusioni Inoltre, ricordiamo come, a partire dal 2011, il biodiesel difficilmente può collocarsi sul mercato con un prezzo che copra i costi di produzione e allo stesso tempo non sia superiore ai combustibili derivanti dal petrolio. L’assenza di agevolazione (o esenzione) fiscale o di incentivi alla materia prima li rende economicamente non sostenibili. A tal proposito ricordiamo che tre sono gli elementi che contano nel rendere il business dei biocarburanti conveniente: il prezzo del combustibile fossile, il prezzo della materia prima agricola e le politiche di sostegno. Infine, in accordo con Zilmerman et al., (2012), questo risultato, ceteris paribus, non implica che l'introduzione dei biocarburanti abbia un impatto sul prezzo degli alimenti. Differenti analisi basate ad esempio su modelli di equilibrio generale hanno concluso che l'introduzione dei biocarburanti possono influenzare il prezzo del cibo, ma l'impatto varia, comunque, in funzione della tipologia di coltura e dalla localizzazione geografica della produzione. 224 225 Allegato 1: Studi considerati nella meta-analisi Allegato 1: Studi considerati nella meta-analisi Titolo Autori Anno 1) Energia dalle biomasse. Le tecnologie, i vantaggi per i processi produttivi, i valori economici e ambientali 2) A comprehensive analysis of biodiesel impacts on exhaust emissions. Draft technical report Gelleti et al. 2006 3) Towards sustainable production and use of resources: assessing biofuels 2002 US-EPA (United States Environmental Protection Agency) 2009 UNEP-International panel for sustainable resource management (United Nations Environment Programme) Munshaw and Hertz 2006 5) Biobus: biodiesel demonstration and assessment with the Sociètè de Transport de Montrèal (STM). Final report 6) Crops for biofuel: current status and prospects for the future BIOBUS Project Committee Members 2003 Connor and Hernandez 2009 7) Energy balance and greenhouse gas emissions of biofuels from a life cycle perspective Menichetti and Otto 2009 8) Greenhouse gas implications of landuse and land conversion to biofuel crops Ravindranath 2009 Hess et al. 2009 Howarth et al. 2009 11) Germany’s biodiesel sector has now to document its sustainability UFOP 2010 12) Biodiesel at a dead end!? UFOP 2009 Gärtner and Reinhardt 2005 4) Saskatoon biobus – Phase II. Final Research report 9) Air quality issues associated with biofuel production and use 10) Introduction: biofuels and the environment in the 21st century 13) Final report. Biodiesel initiatives in Germany 226 Allegato 1: Studi considerati nella meta-analisi 14) The Vermont biodiesel project. Building demand in the biofuels sector Delhagen 2006 15) Prime valutazioni sull’impatto delle produzioni agroenergetiche in Sicilia Bracco et al. 2008 16) Comparison of shell middle distillate, premium diesel fuel and fossil diesel fuel with rapeseed oil methyl ester 17) Proposal for biodiesel production facility Munack et al. 2006 Azman 2001 18) Cost and life-cycle analysis of biofuels Brauer et al. 2008 Henke and Schmitz 2008 Wolfkill Feed & Fertilizer Inc. 2006 Hudson’s Bay Company (Hbc) 2006 UFOP 2008 Parliament and Council 2009 Riva et al. 1999 CTI (Comitato Termotecnico Italiano) -Energia e Ambiente. 2002 Gallagher 2008 Scaravonati 2008 Venturi 2009 Kaltschmit et al. 1997 19) UFOP information on paradigm shift in biofuel policies: from volume quotas to a greenhouse gas avoidance quota and the effects on biofuels 20) Helping create sustainable agriculture in Snohomish and North King Counties 21) Freight transportation case studies. Hbc’s biodiesel pilot projec 22) German biomass sustainability ordinance. Commentary paper to the draft dated December 5th, 2007 23) Directive 2009/28/EC of the European Parliament and of the Council of 23 April 2009 24) Rapporto sul biodiesel. Prospettive nel breve termine dei combustibili rinnovabili derivate da oleaginose nel quadro delle nuove politiche agricole e degli impegni assunti dall’Italia a Kyoto 25) Riduzione dell’impatto ambientale dei motori diesel 26) The Gallagher Review of the indirect effects of biofuels production 27) Colture energetiche legnose, nuove opportunità 28) Il ruolo dell’agricoltura e dell’industria sementiera per l’ottimizzazione della filiera 29) Life cycle analysis of biofuels under different environmental aspects 227 Allegato 1: Studi considerati nella meta-analisi 30) Evaluation of the comparative energy, global warming and socioeconomic costs and benefits of biodiesel 31) Biomasse da energia. Filiera biocombustibili liquidi 32) Greenhouse Gas Balances for Biomass: Issues for further discussion Mortimer et al. 2003 Piccioni. 2006 Fehrenbach 2008 228 Allegato 2: Questionario AMC Allegato 2: Questionario AMC L’IMPATTO ECONOMICO ED AMBIENTALE DEI BIOCARBURANTI RESPONSABILE DELL’UR DI ANCONA: Prof.ssa Adele Finco QUESTIONARIO RIVOLTO AI POLITICI E AMMINISTRATORI DELLA REGIONE MARCHE Il questionario ha lo scopo di conoscere la Vostra opinione nei confronti degli effetti dovuti all’utilizzo del biodisel rispetto ai combustibili fossili. Premessa: Con la ratifica del protocollo di Kyoto, l’Europa ha accettato la sfida di ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra (GHG) associate alla produzione e al consumo di energia. Studi scientifici hanno dimostrato che la produzione e l’utilizzo dei biocarburanti rispetto ai combustibili fossili, presentano dei vantaggi in termini ambientali e di efficienza energetica. In particolare la produzione di biodiesel da colture oleaginose (olio di girasole, colza, soia e olio di palma importato dalla Malaysia) mostrano una serie di effetti dal punto di vista ambientale: - risparmio di emissione dei GHG rispetto ai combustibili fossili; - migliore efficienza energetica rispetto ai combustibili fossili, dove per efficienza energetica si intende il rapporto tra quantità di energia fossile impiegata e quantità di energia emessa durante il processo produttivo; - variazione dell’utilizzo del suolo derivante dall’incremento della destinazione dei terreni a colture energetiche per la produzione di biodiesel. Il cambio della destinazione del suolo, come ad esempio la deforestazione o la conversione di prati-pascolo in terreni ad uso energetico, comporta la perdita di biodiversità, la riduzione degli stock di carbonio e la riduzione dei terreni a scopo alimentare. Supponiamo che Lei si trovi nella fase di valutazione per la realizzazione di un impianto di biodiesel nella regione Marche. Ai fini della scelta, in una scala da 1 a 5 (1= non importante; 2= poco importante; 3= abbastanza importante; 4= importante; 5= molto importante), quanto è importante: 229 Allegato 2: Questionario AMC 1. il risparmio di emissioni di GHG derivanti dalla produzione e dall’utilizzo del biodiesel rispetto alla produzione dei combustibili fossili? 1 3 2 4 5 2. il miglioramento del bilancio energetico derivante dalla produzione e dall’utilizzo di biodiesel rispetto alla produzione e all’utilizzo combustibili fossili? 1 3 2 4 5 In una scala da 1 a 5 (1= non importante; 2= poco importante; 3= abbastanza importante; 4= importante; 5= molto importante), quanto pesa: 3. la perdita di biodiversità derivante dal maggiore impiego di terreni destinati alle colture energetiche per la produzione di biodiesel? 2 1 4 3 5 4. la riduzione dello stock di carbonio derivante dal maggiore impiego di terreni destinati alle colture energetiche per la produzione di biodiesel? 1 2 3 4 5 3 4 5 5. la sottrazione dei terreni ad uso alimentare? 2 1 Quale tra i seguenti impatti ritiene il più importante ai fini della valutazione per la realizzazione dell’impianto? □ emissioni di GHG □ efficienza energetica □ cambiamento d’uso del suolo Sarebbe disposto a promuovere politiche di incentivazione a favore della filiera biodiesel? □ SI □ NO In caso di risposta affermativa, nell’ambito delle risorse finanziarie destinate alle energie rinnovabili, quale percentuale destinerebbe alla filiera del biodisel? _______________________ (%) GRAZIE PER LA COLLABORAZIONE 230 Appendice 1: Test di stazionarietà Appendice 1: Test di stazionarietà TEST STAZIONARIETA’ BIODIESEL allocate 0 270 open data C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Brasile 2014 data(org=obs,format=xls) log biodiesel / Ipreco sou C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Rats\WinRATS6.2\erstest.src @ersdetrend(det=1) Ipreco 2 270 yd dy ut rhot @ADFAutoSelect(crit=maic,print) yd @ERSTEST(print,lag=4) yd Information Criteria for ADF Lag Lengths, Series YD Lags AIC BIC HQ MAIC 0 -6.854 -6.827 -6.843 92.074 1 -6.992 -6.952 -6.976 29.895 2 -7.036 -6.982 -7.014 10.818 3 -7.038 -6.971 -7.011 4.427 4 -7.037 -6.956 -7.004 0.414* 5 -7.042 -6.947 -7.004 5.809 6 -7.031 -6.922 -6.987 7.218 7 -7.243 -7.120 -7.194 15.597 8 -7.345 -7.208 -7.290 12.442 9 -7.404 -7.253* -7.343* 15.611 10 -7.409* -7.244 -7.342 27.224 11 -7.402 -7.223 -7.330 35.586 12 -7.399 -7.205 -7.321 38.617 13 -7.392 -7.184 -7.309 41.439 231 Appendice 1: Test di stazionarietà 14 -7.384 -7.161 -7.294 49.957 15 -7.374 -7.137 -7.279 57.792 ---------------------------------------------------------------------------------DF-GLS Tests Dependent Variable YD Using Data from 2 to 270 Lags = 4 Detrend = constant, z(t)=(1) Tests for a unit root null. All tests reject null in lower tail Critical values (asymptotic) Test Statistic 1% 2.5% 5% 10% 3.26 4.48 Elliott et al (1996 Econometrica) PT 17.037 DFGLS -0.553 1.99 -2.58 2.55 -2.23 -1.95 -1.62 Elliott (IER 1999) QT DFGLSu 32.657 -0.604 3.06 -3.28 3.80 -2.98 4.65 -2.73 5.94 -2.46 ---------------------------------------------------------------------------------SERIE NON STAZIONARIA 232 Appendice 1: Test di stazionarietà TEST STAZIONARIETA’ DIESEL allocate 0 270 open data C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Brasile 2014 data(org=obs,format=xls) log diesel / Ipreco sou C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Rats\WinRATS6.2\erstest.src @ersdetrend(det=1) Ipreco 2 270 yd dy ut rhot @ADFAutoSelect(crit=maic,print) yd @ERSTEST(print,lag=0) yd Information Criteria for ADF Lag Lengths, Series YD Lags AIC BIC HQ MAIC 0 -6.380 -6.354 -6.370 -6.307* 1 -6.454* -6.413* -6.437* -6.290 2 -6.444 -6.390 -6.422 -6.289 3 -6.440 -6.373 -6.413 -6.248 4 -6.429 -6.348 -6.397 -6.246 5 -6.428 -6.333 -6.390 -6.240 6 -6.440 -6.331 -6.396 -6.179 7 -6.431 -6.308 -6.382 -6.137 8 -6.432 -6.295 -6.377 -6.060 9 -6.432 -6.281 -6.372 -5.972 10 -6.433 -6.268 -6.367 -5.865 11 -6.433 -6.253 -6.361 -5.735 12 -6.421 -6.227 -6.343 -5.724 13 -6.424 -6.216 -6.340 -5.710 14 -6.412 -6.190 -6.323 -5.724 15 -6.415 -6.178 -6.320 -5.878 ---------------------------------------------------------------------------------- 233 Appendice 1: Test di stazionarietà DF-GLS Tests Dependent Variable YD Using Data from 2 to 270 Lags = 0 Detrend = constant, z(t)=(1) Tests for a unit root null. All tests reject null in lower tail Critical values (asymptotic) Test Statistic 1% 2.5% 5% 10% Elliott et al (1996 Econometrica) PT DFGLS 9.795 -1.041 1.99 -2.58 2.55 -2.23 3.26 -1.95 4.48 -1.62 Elliott (IER 1999) QT DFGLSu 19.534 -1.048 3.06 -3.28 3.80 -2.98 4.65 -2.73 5.94 -2.46 ---------------------------------------------------------------------------------SERIE NON STAZIONARIA 234 Appendice 1: Test di stazionarietà TEST STAZIONARIETA’ OLIO DI COLZA allocate 0 270 open data C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Brasile 2014 data(org=obs,format=xls) log oliodicolza / Ipreco sou C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Rats\WinRATS6.2\erstest.src @ersdetrend(det=1) Ipreco 2 270 yd dy ut rhot @ADFAutoSelect(crit=maic,print) yd @ERSTEST(print,lag=2) yd Information Criteria for ADF Lag Lengths, Series YD Lags AIC BIC HQ MAIC 0 -6.598 -6.571* -6.587 17.228 1 -6.610 -6.570 -6.594 10.909 2 -6.602 -6.548 -6.580 9.259* 3 -6.602 -6.535 -6.575 11.894 4 -6.591 -6.510 -6.558 12.462 5 -6.581 -6.486 -6.543 12.437 6 -6.602 -6.493 -6.558 20.787 7 -6.628 -6.506 -6.579 33.687 8 -6.639 -6.502 -6.584 34.001 9 -6.639 -6.488 -6.578 38.190 10 -6.664 -6.499 -6.598 26.562 11 -6.658 -6.479 -6.586 29.923 12 -6.677* -6.483 -6.599* 45.242 13 -6.671 -6.462 -6.587 53.687 14 -6.672 -6.450 -6.583 63.552 15 -6.667 -6.430 -6.572 54.521 235 Appendice 1: Test di stazionarietà ---------------------------------------------------------------------------------DF-GLS Tests Dependent Variable YD Using Data from 2 to 270 Lags = 2 Detrend = constant, z(t)=(1) Tests for a unit root null. All tests reject null in lower tail Critical values (asymptotic) Test Statistic 1% 2.5% 5% 10% 3.26 4.48 Elliott et al (1996 Econometrica) PT 21.685 DFGLS -0.678 1.99 -2.58 2.55 -2.23 -1.95 -1.62 Elliott (IER 1999) QT DFGLSu 19.602 -1.326 3.06 -3.28 3.80 -2.98 4.65 -2.73 5.94 -2.46 ---------------------------------------------------------------------------------SERIE NON STAZIONARIA 236 Appendice 1: Test di stazionarietà TEST STAZIONARIETA’ ETANOLO allocate 0 311 open data C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Brasile 2014 data(org=obs,format=xls) log ethanol / Ipreco sou C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Rats\WinRATS6.2\erstest.src @ersdetrend(det=1) Ipreco 2 311 yd dy ut rhot @ADFAutoSelect(crit=maic,print) yd @ERSTEST(print,lag=2) yd Information Criteria for ADF Lag Lengths, Series YD Lags AIC BIC HQ MAIC 0 -6.899 -6.874 -6.889 -6.881 1 -6.907 -6.870 -6.892 -6.891 2 -6.929* -6.880* -6.910* -6.906* 3 -6.920 -6.859 -6.896 -6.896 4 -6.914 -6.841 -6.885 -6.890 5 -6.907 -6.821 -6.873 -6.883 6 -6.902 -6.804 -6.862 -6.874 7 -6.894 -6.783 -6.850 -6.869 8 -6.896 -6.773 -6.847 -6.865 9 -6.889 -6.753 -6.835 -6.853 10 -6.887 -6.739 -6.828 -6.849 11 -6.878 -6.717 -6.814 -6.842 12 -6.870 -6.696 -6.801 -6.836 13 -6.868 -6.681 -6.793 -6.824 14 -6.874 -6.674 -6.794 -6.816 237 Appendice 1: Test di stazionarietà 15 -6.868 -6.655 -6.783 -6.805 ---------------------------------------------------------------------------------DF-GLS Tests Dependent Variable YD Using Data from 2 to 311 Lags = 2 Detrend = constant, z(t)=(1) Tests for a unit root null. All tests reject null in lower tail Critical values (asymptotic) Test Statistic 1% 2.5% 5% 10% 3.26 4.48 Elliott et al (1996 Econometrica) PT 11.710 DFGLS -0.985 1.99 -2.58 2.55 -2.23 -1.95 -1.62 Elliott (IER 1999) QT DFGLSu 10.027 -1.743 3.06 -3.28 3.80 -2.98 4.65 -2.73 5.94 -2.46 ---------------------------------------------------------------------------------SERIE NON STAZIONARIA 238 Appendice 1: Test di stazionarietà TEST DI STAZIONARIETÀ ZUCCHERO allocate 0 311 open data C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Brasile 2014 data(org=obs,format=xls) log sugar / Ipreco sou C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Rats\WinRATS6.2\erstest.src @ersdetrend(det=1) Ipreco 2 311 yd dy ut rhot @ADFAutoSelect(crit=maic,print) yd @ERSTEST(print,lag=0) yd Information Criteria for ADF Lag Lengths, Series YD Lags AIC BIC HQ MAIC 0 -6.597 -6.573 -6.588 -4.919* 1 -6.742 -6.706 -6.728 -4.672 2 -6.793* -6.744* -6.774* -3.876 3 -6.784 -6.723 -6.760 -3.915 4 -6.776 -6.703 -6.747 -4.175 5 -6.769 -6.683 -6.735 -3.980 6 -6.774 -6.676 -6.735 -3.435 7 -6.767 -6.657 -6.723 -3.708 8 -6.760 -6.637 -6.711 -3.620 9 -6.760 -6.624 -6.706 -3.957 10 -6.755 -6.606 -6.695 -4.004 11 -6.745 -6.584 -6.680 -4.001 12 -6.735 -6.561 -6.666 -4.080 13 -6.730 -6.543 -6.655 -3.660 239 Appendice 1: Test di stazionarietà 14 -6.720 -6.521 -6.640 -3.547 15 -6.716 -6.503 -6.631 -4.002 ---------------------------------------------------------------------------------DF-GLS Tests Dependent Variable YD Using Data from 2 to 311 Lags = 0 Detrend = constant, z(t)=(1) Tests for a unit root null. All tests reject null in lower tail Critical values (asymptotic) Test Statistic 1% 2.5% 5% 10% 3.26 4.48 Elliott et al (1996 Econometrica) PT 60.899 DFGLS -0.269 1.99 -2.58 2.55 -2.23 -1.95 -1.62 Elliott (IER 1999) QT DFGLSu 40.073 -1.619 3.06 -3.28 3.80 -2.98 4.65 -2.73 5.94 -2.46 ---------------------------------------------------------------------------------- SERIE NON STAZIONARIA 240 Appendice 1: Test di stazionarietà TEST DI STAZIONARIETÀ GASOLINA allocate 0 311 open data C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Brasile 2014 data(org=obs,format=xls) log gasolina / Ipreco sou C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Rats\WinRATS6.2\erstest.src @ersdetrend(det=1) Ipreco 2 311 yd dy ut rhot @ADFAutoSelect(crit=maic,print) yd @ERSTEST(print,lag=1) yd Information Criteria for ADF Lag Lengths, Series YD Lags AIC BIC HQ MAIC 0 -7.321 -7.297* -7.311 -7.185 1 -7.329 -7.292 -7.314* -7.230* 2 -7.329* -7.280 -7.309 -7.209 3 -7.328 -7.267 -7.303 -7.178 4 -7.325 -7.252 -7.296 -7.152 5 -7.317 -7.231 -7.282 -7.145 6 -7.318 -7.220 -7.279 -7.095 7 -7.308 -7.198 -7.264 -7.085 8 -7.319 -7.196 -7.270 -7.009 9 -7.321 -7.185 -7.266 -6.928 10 -7.313 -7.165 -7.254 -6.924 11 -7.304 -7.143 -7.240 -6.941 12 -7.297 -7.123 -7.227 -6.961 13 -7.288 -7.101 -7.213 -6.935 241 Appendice 1: Test di stazionarietà 14 -7.284 -7.084 -7.204 -6.865 15 -7.281 -7.068 -7.196 -6.802 ---------------------------------------------------------------------------------DF-GLS Tests Dependent Variable YD Using Data from 2 to 311 Lags = 1 Detrend = constant, z(t)=(1) Tests for a unit root null. All tests reject null in lower tail Critical values (asymptotic) Test Statistic 1% 2.5% 5% 10% Elliott et al (1996 Econometrica) PT DFGLS 4.939 -1.541 1.99 -2.58 2.55 -2.23 3.26 -1.95 4.48 -1.62 Elliott (IER 1999) QT DFGLSu 9.836 -1.553 3.06 -3.28 3.80 -2.98 4.65 -2.73 5.94 -2.46 ---------------------------------------------------------------------------------- SERIE NON STAZIONARIA 242 Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a correzione di errore (VECM) Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a correzione di errore (VECM) RISULTATI BIODIESEL DATABASE allocate 0 270 open data C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Brasile 2014 data(org=obs,format=xls) log biodiesel / lbiodiesel log diesel / ldiesel log oliodicolza / loliodicolza sou C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Rats\WinRATS6.2\erstest.src @cats(proc=I1,lags=2,dettrend=cimean) # lbiodiesel loliodicolza ldiesel CATS for RATS version 2 - 06/06/2014 20:12 MODEL SUMMARY Sample: 1 to 270 (270 observations) Effective Sample: 3 to 270 (268 observations) Obs. - No. of variables: 261 System variables: LBIODIESEL LOLIODICOLZA LDIESEL Constant/Trend: Restricted Constant Lags in VAR: 2 I(2) analysis not available for the specified model. 243 Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a correzione di errore (VECM) The unrestricted estimates: BETA(transposed) LBIODIESEL LOLIODICOLZA LDIESEL CONSTANT Beta(1) -13.164 6.996 0.597 44.129 Beta(2) 5.367 8.144 -8.320 -87.706 Beta(3) -4.685 -0.683 -1.098 38.955 ALPHA Alpha(1) Alpha(2) Alpha(3) DLBIOD 0.007 -0.003 -0.000 (3.952) (-1.502) (-0.201) DLOLIO 0.001 -0.002 0.005 (0.413) (-0.952) (2.197) DLDIES 0.005 0.005 0.002 (2.211) (2.406) (1.117) PI LBIODIESEL LOLIODICOLZA LDIESEL CONSTANT DLBIOD -0.103 (-3.951) (1.446) (1.792) (2.824) DLOLIO -0.045 (-1.392) DLDIES -0.048 (-1.431) 0.027 0.026 0.519 -0.014 0.013 0.408 (-0.591) (0.684) (1.773) 0.077 -0.045 -0.156 (3.188) (-2.368) (-0.662) Log-Likelihood = 2749.359 244 Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a correzione di errore (VECM) LAG LENGTH DETERMINATION Effective Sample: 6 to 270 MODEL SUMMARY Model k T Regr Log-Lik SC H-Q LM(1) LM(k) VAR(5) 5 265 16 2760.107 -19.820 -20.208 0.795 0.609 VAR(4) 4 265 13 2751.714 -19.946 -20.262 0.075 0.029 VAR(3) 3 265 10 2736.176 -20.019 -20.261 0.000 0.000 VAR(2) 2 265 7 2716.216 -20.058 -20.227 0.000 0.000 VAR(1) 1 265 4 2665.738 -19.866 -19.963 0.000 0.000 Lag Reduction Tests: VAR(4) << VAR(5) : ChiSqr(9) = 16.785 [0.052] VAR(3) << VAR(5) : ChiSqr(18) = 47.862 [0.000] VAR(3) << VAR(4) : ChiSqr(9) = 31.077 [0.000] VAR(2) << VAR(5) : ChiSqr(27) = 87.781 [0.000] VAR(2) << VAR(4) : ChiSqr(18) = 70.995 [0.000] VAR(2) << VAR(3) : ChiSqr(9) = 39.919 [0.000] VAR(1) << VAR(5) : ChiSqr(36) = 188.738 [0.000] VAR(1) << VAR(4) : ChiSqr(27) = 171.953 [0.000] VAR(1) << VAR(3) : ChiSqr(18) = 140.876 [0.000] VAR(1) << VAR(2) : ChiSqr(9) = 100.957 [0.000] SC : Schwarz Criterion H-Q : Hannan-Quinn Criterion LM(k): LM-Test for autocorrelation of order k 245 Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a correzione di errore (VECM) I(1)-ANALYSIS p-r r Eig.Value Trace Trace* Frac95 P-Value P-Value* 3 0 0.069 35.272 34.708 35.070 0.047 0.055 2 1 0.040 16.215 14.645 20.164 0.167 0.253 1 2 0.019 5.252 4.813 9.142 0.266 0.315 RE-NORMALIZATION OF THE EIGENVECTORS: THE EIGENVECTOR(s)(transposed) LBIODIESEL LOLIODICOLZA LDIESEL CONSTANT Beta(1) -13.164 6.996 0.597 44.129 THE MATRICES BASED ON 1 COINTEGRATING VECTOR: BETA(transposed) LBIODIESEL LOLIODICOLZA LDIESEL CONSTANT Beta(1) 1.000 (.NA) -0.531 -0.045 -3.352 (-2.934) (-0.338) (-2.878) ALPHA Alpha(1) DLBIOD -0.090 (-3.935) DLOLIO -0.012 (-0.409) 246 Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a correzione di errore (VECM) DLDIES -0.065 (-2.183) PI LBIODIESEL LOLIODICOLZA LDIESEL CONSTANT DLBIOD -0.090 (-3.935) DLOLIO -0.012 (-0.409) DLDIES -0.065 (-2.183) 0.048 0.004 0.303 (3.935) (3.935) (3.935) 0.006 0.001 0.040 (0.409) (0.409) (0.409) 0.035 0.003 0.218 (2.183) (2.183) (2.183) Log-Likelihood = 2741.252 247 Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a correzione di errore (VECM) RISULTATI ETANOLO DATABASE allocate 0 311 open data C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Brasile 2014 data(org=obs,format=xls) log sugar / lsugar log gasolina / lgasolina log ethanol / lethanol sou C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Rats\WinRATS6.2\erstest.src @cats(proc=I1,lags=1,dettrend=cimean) # lethanol lsugar lgasolina CATS for RATS version 2 - 06/09/2014 16:32 MODEL SUMMARY Sample: 1 to 311 (311 observations) Effective Sample: 2 to 311 (310 observations) Obs. - No. of variables: 306 System variables: LETHANOL LSUGAR LGASOLINA Constant/Trend: Restricted Constant Lags in VAR: 1 I(2) analysis not available for the specified model. The unrestricted estimates: BETA(transposed) LETHANOL LSUGAR LGASOLINA CONSTANT Beta(1) -9.022 1.705 6.308 -8.704 Beta(2) -3.334 -0.878 12.994 -1.454 Beta(3) 4.033 -3.915 -1.997 13.987 248 Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a correzione di errore (VECM) ALPHA Alpha(1) Alpha(2) Alpha(3) DLETHA 0.004 -0.002 -0.003 (2.481) (-1.249) (-1.549) DLSUGA 0.008 -0.003 0.000 (3.808) (-1.616) (0.129) DLGASO 0.001 -0.003 -0.002 (0.936) (-2.240) (-1.060) PI LETHANOL LSUGAR LGASOLINA CONSTANT DLETHA -0.043 0.020 0.004 -0.073 (-2.346) (2.613) (0.173) (-2.506) DLSUGA -0.058 0.015 0.006 -0.059 (-2.727) (1.699) (0.189) (-1.753) DLGASO -0.008 0.011 -0.030 -0.028 (-0.504) (1.769) (-1.446) (-1.192) Log-Likelihood = 3540.531 LAG LENGTH DETERMINATION Effective Sample: 6 to 311 MODEL SUMMARY Model k T Regr Log-Lik SC H-Q LM(1) LM(k) VAR(5) 5 306 16 3660.613 -23.028 -23.378 0.028 0.001 VAR(4) 4 306 13 3654.717 -23.158 -23.442 0.927 0.162 VAR(3) 3 306 10 3649.298 -23.290 -23.510 0.360 0.283 VAR(2) 2 306 7 3643.507 -23.421 -23.574 0.270 0.284 VAR(1) 1 306 4 3506.281 -22.692 -22.780 0.000 0.000 249 Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a correzione di errore (VECM) Lag Reduction Tests: VAR(4) << VAR(5) : ChiSqr(9) = 11.791 [0.225] VAR(3) << VAR(5) : ChiSqr(18) = 22.630 [0.205] VAR(3) << VAR(4) : ChiSqr(9) = 10.839 [0.287] VAR(2) << VAR(5) : ChiSqr(27) = 34.212 [0.160] VAR(2) << VAR(4) : ChiSqr(18) = 22.421 [0.214] VAR(2) << VAR(3) : ChiSqr(9) = 11.582 [0.238] VAR(1) << VAR(5) : ChiSqr(36) = 308.664 [0.000] VAR(1) << VAR(4) : ChiSqr(27) = 296.873 [0.000] VAR(1) << VAR(3) : ChiSqr(18) = 286.034 [0.000] VAR(1) << VAR(2) : ChiSqr(9) = 274.452 [0.000] SC : Schwarz Criterion H-Q : Hannan-Quinn Criterion LM(k): LM-Test for autocorrelation of order k I(1)-ANALYSIS p-r r Eig.Value Trace Trace* Frac95 P-Value P-Value* 3 0 0.070 34.059 33.911 35.070 0.065 0.067 2 1 0.022 11.514 11.484 20.164 0.502 0.504 1 2 0.015 4.651 4.647 9.142 0.335 0.336 RE-NORMALIZATION OF THE EIGENVECTORS: THE EIGENVECTOR(s)(transposed) LETHANOL LSUGAR LGASOLINA CONSTANT Beta(1) -9.022 1.705 6.308 -8.704 250 Appendice 2: Test di Cointegrazione e Stima modello a correzione di errore (VECM) THE MATRICES BASED ON 1 COINTEGRATING VECTOR: BETA(transposed) LETHANOL LSUGAR LGASOLINA CONSTANT Beta(1) 1.000 -0.189 -0.699 0.965 (.NA) (-2.381) (-2.959) (4.339) ALPHA Alpha(1) DLETHA -0.040 (-2.465) DLSUGA -0.070 (-3.792) DLGASO -0.012 (-0.927) PI LETHANOL LSUGAR LGASOLINA CONSTANT DLETHA -0.040 0.007 0.028 -0.038 (-2.465) (2.465) (2.465) (-2.465) DLSUGA -0.070 0.013 0.049 -0.068 (-3.792) (3.792) (3.792) (-3.792) DLGASO -0.012 0.002 0.009 -0.012 (-0.927) (0.927) (0.927) (-0.927) Log-Likelihood = 3534.774 251 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza RISULTATI BIODIESEL DATABASE allocate 0 270 open data C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Brasile 2014 data(org=obs,format=xls) set trend = t log biodiesel / lbiodiesel dif lbiodiesel / dlbiodiesel log diesel / ldiesel dif ldiesel / dldiesel log oliodicolza / loliodicolza dif loliodicolza / dloliodicolza set r1 = 1.00*lbiodiesel(t-1)-0.531*loliodicolza(t-1)-0.045*ldiesel(t-1)-3.352 system(model=chap2) lags 1 to 2 variables dlbiodiesel dloliodicolza dldiesel det constant r1 end(system) estimate(outsigma=V) declare rect pattern(3,3) nonlin A B C DEC FRML[RECT] AFRML FRML AFRML = ||1.0,-a,-b| $ 252 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza -c,1.0,0| $ 0,0,1.0|| COMPUTE A=B=C=0.0 CVMODEL(ITERS=100,METHOD=BFGS,TRACE,FACTOR=AFACTOR) %SIGMA AFRML errors(impulse,MODEL=CHAP2,DEC=AFACTOR) * 12 VAR/System - Estimation by Least Squares Dependent Variable DLBIODIESEL effetto su biodiesel Usable Observations 267 Degrees of Freedom 259 Mean of Dependent Variable 0.0006447063 Std Error of Dependent Variable 0.0325796947 Standard Error of Estimate 0.0278494257 Sum of Squared Residuals 0.2008779424 Durbin-Watson Statistic Variable 2.098375 Coeff Std Error T-Stat Signif *************************************************************************** **** 1. DLBIODIESEL{1} -0.485359812 0.059307778 -8.18375 0.00000000 2. DLBIODIESEL{2} -0.271855786 0.058316796 -4.66171 0.00000502 3. DLOLIODICOLZA{1} -0.029950453 0.050968047 -0.58763 0.55729133 4. DLOLIODICOLZA{2} -0.025385391 0.052293652 -0.48544 0.62777518 5. DLDIESEL{1} 0.121060231 0.048228291 2.51015 0.01267835 6. DLDIESEL{2} 0.055696869 0.045099183 1.23499 0.21795480 7. Constant 8. R1 0.000273058 0.001715655 -0.089713231 0.023507101 0.15916 0.87366938 -3.81643 0.00016941 253 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza F-Tests, Dependent Variable DLBIODIESEL Variable F-Statistic DLBIODIESEL Signif 34.4791 DLOLIODICOLZA 0.0000000 0.2305 DLDIESEL 4.4367 0.7942920 0.0127474 Dependent Variable DLOLIODICOLZA Usable Observations 267 Degrees of Freedom 259 Mean of Dependent Variable -0.000695815 Std Error of Dependent Variable 0.036748985 Standard Error of Estimate 0.035402960 Sum of Squared Residuals 0.3246227268 Durbin-Watson Statistic Variable 1.927655 Coeff Std Error T-Stat Signif *************************************************************************** **** 1. DLBIODIESEL{1} 0.037649714 0.075393689 0.49937 0.61793923 2. DLBIODIESEL{2} -0.253541506 0.074133924 -3.42005 0.00072724 3. DLOLIODICOLZA{1} -0.159985443 0.064791992 -2.46922 0.01418661 4. DLOLIODICOLZA{2} -0.095362294 0.066477137 -1.43451 0.15263234 5. DLDIESEL{1} 0.141732711 0.061309138 2.31177 0.02157533 6. DLDIESEL{2} -0.000809224 0.057331329 -0.01411 0.98874921 7. Constant 8. R1 -0.001093518 0.002180988 -0.028433024 0.029882877 -0.50139 0.61652483 -0.95148 0.34224674 254 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza F-Tests, Dependent Variable DLOLIODICOLZA Variable F-Statistic DLBIODIESEL Signif 8.0503 DLOLIODICOLZA 0.0004057 3.3693 DLDIESEL 2.7215 0.0359292 0.0676588 Dependent Variable DLDIESEL Usable Observations 267 Degrees of Freedom 259 Mean of Dependent Variable 0.0009055043 Std Error of Dependent Variable 0.0410575511 Standard Error of Estimate 0.0368829575 Sum of Squared Residuals 0.3523313114 Durbin-Watson Statistic Variable 1.983857 Coeff Std Error T-Stat Signif *************************************************************************** **** 1. DLBIODIESEL{1} -0.007283793 0.078545471 -0.09273 0.92618701 2. DLBIODIESEL{2} -0.207552938 0.077233044 -2.68736 0.00766833 3. DLOLIODICOLZA{1} 0.364209677 0.067500578 5.39565 0.00000015 4. DLOLIODICOLZA{2} 0.113100306 0.069256169 1.63307 0.10366892 5. DLDIESEL{1} 0.153124567 0.063872126 2.39736 0.01722249 6. DLDIESEL{2} -0.068501295 0.059728026 -1.14689 0.25248673 7. Constant 8. R1 0.000894939 0.002272163 -0.066917734 0.031132111 0.39387 0.69400041 -2.14948 0.03252322 F-Tests, Dependent Variable DLDIESEL 255 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza Variable F-Statistic DLBIODIESEL 4.2340 DLOLIODICOLZA Signif 0.0155097 14.5749 DLDIESEL 3.2081 0.0000010 0.0420445 Non-Linear Optimization, Iteration 1. Function Calls 10. Cosine of Angle between Direction and Gradient 1.0000000. Alpha used was 0.000000 Adjusted squared norm of gradient 801.68 Diagnostic measure (0=perfect) 0.3000 Subiterations 10. Distance scale 0.001953125 Old Function = 2741.433008 New Function = 2742.015923 New Coefficients: 0.045180 0.015340 0.027958 Non-Linear Optimization, Iteration 2. Function Calls 14. Cosine of Angle between Direction and Gradient 0.3298993. Alpha used was 0.000000 Adjusted squared norm of gradient 38.07033 Diagnostic measure (0=perfect) 0.4800 Subiterations 4. Distance scale 0.003906250 Old Function = 2742.015923 New Function = 2742.021351 New Coefficients: 0.046536 0.006254 0.032533 Non-Linear Optimization, Iteration 3. Function Calls 15. Cosine of Angle between Direction and Gradient 0.0883850. Alpha used was 0.000000 Adjusted squared norm of gradient 21.13471 256 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza Diagnostic measure (0=perfect) 0.5880 Subiterations 1. Distance scale 0.062500000 Old Function = 2742.021351 New Function = 2742.044712 New Coefficients: 0.029757 0.010411 0.056821 Non-Linear Optimization, Iteration 4. Function Calls 16. Cosine of Angle between Direction and Gradient 0.6020988. Alpha used was 0.000000 Adjusted squared norm of gradient 0.2078132 Diagnostic measure (0=perfect) 0.3528 Subiterations 1. Distance scale 1.000000000 Old Function = 2742.044712 New Function = 2742.101379 New Coefficients: 0.006209 0.013956 0.067908 Non-Linear Optimization, Iteration 5. Function Calls 17. Cosine of Angle between Direction and Gradient 0.0967396. Alpha used was 0.000000 Adjusted squared norm of gradient 0.005490518 Diagnostic measure (0=perfect) 0.2117 Subiterations 1. Distance scale 1.000000000 Old Function = 2742.101379 New Function = 2742.101463 New Coefficients: 0.005281 0.014149 0.068327 Non-Linear Optimization, Iteration 6. Function Calls 18. Cosine of Angle between Direction and Gradient 0.0005104. Alpha used was 0.000000 Adjusted squared norm of gradient 0.008393155 257 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza Diagnostic measure (0=perfect) 0.8270 Subiterations 1. Distance scale 1.000000000 Old Function = 2742.101463 New Function = 2742.101463 New Coefficients: 0.005276 0.014150 0.068330 Covariance Model-Concentrated Likelihood - Estimation by BFGS Convergence in Observations Log Likelihood 6 Iterations. Final criterion was 0.0000058 < 0.0000100 267 2742.10146262 Log Likelihood Unrestricted Variable Coeff 2752.91058561 Std Error T-Stat Signif *************************************************************************** **** 1. A 0.0052756366 0.0728696998 0.07240 0.94228500 2. B 0.0141500796 0.0461538322 0.30659 0.75915916 3. C 0.0683296480 0.0382170997 1.78793 0.07378667 Responses to Shock in DLBIODIESEL Entry DLBIODIESEL DLOLIODICOLZA DLDIESEL 1 0.02742134 0.00187369 0.00000000 2 -0.01336534 0.00073264 0.00048268 3 -0.00097873 -0.00768313 -0.00504137 4 0.00373657 0.00379622 -0.00073929 258 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza 5 -0.00183645 0.00041347 0.00092172 6 -0.00016281 -0.00131345 0.00000956 7 0.00065961 0.00063080 -0.00011093 8 -0.00027433 0.00007472 0.00009254 9 -0.00005939 -0.00023647 -0.00001458 10 0.00011198 0.00009588 -0.00002887 11 -0.00003938 0.00002240 0.00001627 12 -0.00001407 -0.00004027 0.00000052 Responses to Shock in DLOLIODICOLZA Entry DLBIODIESEL DLOLIODICOLZA DLDIESEL 1 0.00018361 0.03480364 0.00000000 2 -0.00113150 -0.00556116 0.01267449 3 0.00131670 -0.00072201 0.00382178 4 0.00099992 0.00151371 -0.00094969 5 -0.00077239 -0.00060720 -0.00021814 6 0.00000351 -0.00035996 -0.00022021 7 0.00019566 0.00028042 -0.00005827 8 -0.00011450 -0.00001214 0.00006543 9 0.00000030 -0.00006940 0.00000153 10 0.00003720 0.00004147 -0.00000713 11 -0.00001839 0.00000030 0.00000572 12 -0.00000195 -0.00001331 -0.00000142 259 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza Responses to Shock in DLDIESEL Entry DLBIODIESEL DLOLIODICOLZA DLDIESEL 1 0.00051420 0.00003514 0.03632620 2 0.00414703 0.00516235 0.00557149 3 0.00038964 -0.00004322 0.00011196 4 -0.00112240 -0.00151079 -0.00065996 5 0.00041153 0.00001115 -0.00073656 6 0.00001748 0.00033850 -0.00000443 7 -0.00017234 -0.00015893 0.00008878 8 0.00008556 -0.00000519 -0.00000808 9 0.00001348 0.00006169 0.00000796 10 -0.00003101 -0.00002943 0.00000580 11 0.00001184 -0.00000495 -0.00000597 12 0.00000318 0.00001105 -0.00000009 Decomposition of Variance for Series DLBIODIESEL Step Std Error DLBIODIESEL DLOLIODICOLZA DLDIESEL 1 0.02742678 99.960 0.004 0.035 2 0.03081134 98.022 0.138 1.839 3 0.03085745 97.830 0.320 1.850 4 0.03111918 97.633 0.418 1.949 5 0.03118561 97.564 0.478 1.958 6 0.03118604 97.564 0.478 1.958 7 0.03119410 97.559 0.481 1.960 8 0.03119564 97.557 0.483 1.961 260 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza 9 0.03119569 97.557 0.483 1.961 10 0.03119593 97.557 0.483 1.961 11 0.03119597 97.557 0.483 1.961 12 0.03119597 97.557 0.483 1.961 Decomposition of Variance for Series DLOLIODICOLZA Step Std Error DLBIODIESEL DLOLIODICOLZA DLDIESEL 1 0.03485406 0.289 99.711 0.000 2 0.03567799 0.318 97.588 2.094 3 0.03650305 4.734 93.266 2.000 4 0.03676218 5.734 92.125 2.141 5 0.03676952 5.744 92.116 2.140 6 0.03679629 5.863 91.991 2.146 7 0.03680310 5.890 91.963 2.147 8 0.03680318 5.891 91.963 2.147 9 0.03680406 5.895 91.959 2.147 10 0.03680422 5.895 91.958 2.147 11 0.03680423 5.895 91.958 2.147 12 0.03680425 5.895 91.958 2.147 Decomposition of Variance for Series DLDIESEL Step Std Error DLBIODIESEL DLOLIODICOLZA DLDIESEL 1 0.03632620 0.000 0.000 100.000 2 0.03887814 0.015 10.628 89.357 3 0.03938964 1.653 11.295 87.052 4 0.03941355 1.686 11.339 86.974 5 0.03943181 1.739 11.332 86.929 261 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza 6 0.03943243 1.739 11.335 86.926 7 0.03943272 1.740 11.335 86.925 8 0.03943289 1.741 11.335 86.924 9 0.03943289 1.741 11.335 86.924 10 0.03943290 1.741 11.335 86.924 11 0.03943291 1.741 11.335 86.924 12 0.03943291 1.741 11.335 86.924 262 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza RISULTATI ETANOLO allocate 0 311 open data C:\Documents and Settings\Deh\Desktop\Brasile 2014 data(org=obs,format=xls) set trend = t log ethanol / lethanol dif lethanol / dlethanol log sugar / lsugar dif lsugar / dlsugar log gasolina / lgasolina dif lgasolina / dlgasolina set r1 = 1.00*lethanol(t-1)-0.189*lsugar(t-1)-0.699*lgasolina(t-1)-0.965 system(model=chap2) lags 1 to 2 variables dlethanol dlsugar dlgasolina det constant r1 end(system) estimate(outsigma=V) declare rect pattern(3,3) nonlin A B DEC FRML[RECT] AFRML FRML AFRML = ||1.0,-a,-b| $ 0,1.0,0| $ 0,0,1.0|| COMPUTE A=B=0.0 CVMODEL(ITERS=100,METHOD=BFGS,TRACE,FACTOR=AFACTOR) %SIGMA AFRML errors(impulse,MODEL=CHAP2,DEC=AFACTOR) * 12 VAR/System - Estimation by Least Squares Dependent Variable DLETHANOL 263 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza Usable Observations 308 Degrees of Freedom 300 Mean of Dependent Variable 0.0006310278 Std Error of Dependent Variable 0.0316130434 Standard Error of Estimate 0.0288395243 Sum of Squared Residuals 0.2495154491 Durbin-Watson Statistic Variable 1.997408 Coeff Std Error T-Stat Signif ******************************************************************** *********** 1. DLETHANOL{1} 0.629745789 0.127474481 4.94017 0.00000130 2. DLETHANOL{2} -0.072734069 0.126627266 -0.57440 0.56613097 3. DLSUGAR{1} 0.203860439 0.076321332 2.67108 0.00797342 4. DLSUGAR{2} -0.027945152 0.077855993 -0.35893 0.71989705 5. DLGASOLINA{1} -0.984150799 0.150255447 -6.54985 0.00000000 6. DLGASOLINA{2} 0.201524955 0.155407945 1.29675 0.19571437 7. Constant 8. R1 -0.046701003 0.032144414 -0.023626272 0.016364370 -1.45285 0.14731063 -1.44376 0.14984911 F-Tests, Dependent Variable DLETHANOL Variable F-Statistic DLETHANOL DLSUGAR Signif 16.0332 4.5974 DLGASOLINA 0.0000002 0.0107986 23.6452 0.0000000 Dependent Variable DLSUGAR Usable Observations 308 Mean of Dependent Variable Degrees of Freedom 300 0.0017919091 Std Error of Dependent Variable 0.0370051596 Standard Error of Estimate Sum of Squared Residuals Durbin-Watson Statistic 0.0303994805 0.2772385253 1.993876 264 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza Variable Coeff Std Error T-Stat Signif ******************************************************************** *********** 1. DLETHANOL{1} 0.062530281 0.134369693 0.46536 0.64201130 2. DLETHANOL{2} -0.068042416 0.133476650 -0.50977 0.61058728 3. DLSUGAR{1} 0.698789084 0.080449623 8.68605 0.00000000 4. DLSUGAR{2} 0.015239187 0.082067295 0.18569 0.85281229 5. DLGASOLINA{1} -0.816624500 0.158382901 -5.15601 0.00000046 6. DLGASOLINA{2} 0.192024323 0.163814102 1.17221 0.24204328 7. Constant -0.055407635 0.033883134 8. R1 -0.028448167 0.017249534 -1.63526 0.10304392 -1.64921 0.10015054 F-Tests, Dependent Variable DLSUGAR Variable F-Statistic DLETHANOL DLSUGAR Signif 0.1521 0.8589550 57.6950 DLGASOLINA 0.0000000 14.3828 0.0000011 Dependent Variable DLGASOLINA Usable Observations 308 Degrees of Freedom 300 Mean of Dependent Variable -0.000274126 Std Error of Dependent Variable 0.025772118 Standard Error of Estimate 0.025459127 Sum of Squared Residuals 0.1944501452 Durbin-Watson Statistic Variable 2.004087 Coeff Std Error T-Stat Signif ******************************************************************** *********** 1. DLETHANOL{1} 0.019100241 0.112532682 0.16973 0.86533639 2. DLETHANOL{2} 0.021919509 0.111784772 0.19609 0.84467505 3. DLSUGAR{1} 0.152701008 0.067375400 2.26642 0.02413766 4. DLSUGAR{2} -0.066079091 0.068730178 -0.96143 0.33711146 265 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza 5. DLGASOLINA{1} -0.284503230 0.132643398 -2.14487 0.03276591 6. DLGASOLINA{2} 0.101722532 0.137191951 0.74146 0.45899377 7. Constant -0.017382328 0.028376637 8. R1 -0.008592082 0.014446236 -0.61256 0.54063286 -0.59476 0.55245042 F-Tests, Dependent Variable DLGASOLINA Variable F-Statistic DLETHANOL Signif 0.0788 DLSUGAR 0.9242582 2.6546 DLGASOLINA 0.0719757 2.3531 0.0968237 Non-Linear Optimization, Iteration 1. Function Calls 11. Cosine of Angle between Direction and Gradient 1.0000000. Alpha used was 0.000000 Adjusted squared norm of gradient 106192.9 Diagnostic measure (0=perfect) 0.3000 Subiterations 11. Distance scale 0.001953125 Old Function = 3310.844507 New Function = 3503.570044 New Coefficients: 0.421315 0.477062 Non-Linear Optimization, Iteration 2. Function Calls 16. Cosine of Angle between Direction and Gradient 0.9823874. Alpha used was 0.000000 Adjusted squared norm of gradient 35376.17 Diagnostic measure (0=perfect) 0.4800 Subiterations 5. Distance scale 0.001953125 Old Function = 3503.570044 New Function = 3531.732929 New Coefficients: 0.289439 0.952580 Non-Linear Optimization, Iteration 3. Function Calls 20. 266 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza Cosine of Angle between Direction and Gradient 0.6245778. Alpha used was 0.000000 Adjusted squared norm of gradient 356.607 Diagnostic measure (0=perfect) 0.2880 Subiterations 4. Distance scale 0.250000000 Old Function = 3531.732929 New Function = 3554.551690 New Coefficients: 0.169757 0.999098 Non-Linear Optimization, Iteration 4. Function Calls 21. Cosine of Angle between Direction and Gradient 0.9998679. Alpha used was 0.000000 Adjusted squared norm of gradient 101.1843 Diagnostic measure (0=perfect) 0.1728 Subiterations 1. Distance scale 1.000000000 Old Function = 3554.551690 New Function = 3562.513959 New Coefficients: 0.041959 0.903006 Non-Linear Optimization, Iteration 5. Function Calls 22. Cosine of Angle between Direction and Gradient 0.9624806. Alpha used was 0.000000 Adjusted squared norm of gradient 38.71755 Diagnostic measure (0=perfect) 0.1037 Subiterations 1. Distance scale 1.000000000 Old Function = 3562.513959 New Function = 3567.173812 New Coefficients: 0.078305 0.956996 Non-Linear Optimization, Iteration 6. Function Calls 23. Cosine of Angle between Direction and Gradient 0.6488550. Alpha used was 0.000000 Adjusted squared norm of gradient 0.0591041 267 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza Diagnostic measure (0=perfect) 0.0622 Subiterations 1. Distance scale 1.000000000 Old Function = 3567.173812 New Function = 3567.184285 New Coefficients: 0.081080 0.950306 Non-Linear Optimization, Iteration 7. Function Calls 24. Cosine of Angle between Direction and Gradient 0.9977955. Alpha used was 0.000000 Adjusted squared norm of gradient 0.0009074403 Diagnostic measure (0=perfect) 0.0373 Subiterations 1. Distance scale 1.000000000 Old Function = 3567.184285 New Function = 3567.184991 New Coefficients: 0.079852 0.951718 Non-Linear Optimization, Iteration 8. Function Calls 25. Cosine of Angle between Direction and Gradient 0.7760916. Alpha used was 0.000000 Adjusted squared norm of gradient 3.81907e-05 Diagnostic measure (0=perfect) 0.0224 Subiterations 1. Distance scale 1.000000000 Old Function = 3567.184991 New Function = 3567.185000 New Coefficients: 0.079974 0.951682 Non-Linear Optimization, Iteration 9. Function Calls 26. Cosine of Angle between Direction and Gradient 0.9560474. Alpha used was 0.000000 Adjusted squared norm of gradient 3.64322e-07 Diagnostic measure (0=perfect) 0.0134 Subiterations 1. Distance scale 1.000000000 Old Function = 3567.185000 New Function = 3567.185000 268 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza New Coefficients: 0.079970 0.951676 Covariance Model-Concentrated Likelihood - Estimation by BFGS Convergence in 9 Iterations. Final criterion was 0.0000059 < 0.0000100 Observations 308 Log Likelihood 3567.18499985 Log Likelihood Unrestricted Chi-Squared(1) 199.53760533 Significance Level Variable 3666.95380251 2.63473739e-45 Coeff Std Error T-Stat Signif ******************************************************************** *********** 1. A 0.0799701336 0.0326909781 2.44624 0.01443530 2. B 0.9516763279 0.0395617812 24.05545 0.00000000 Responses to Shock in DLETHANOL Entry DLETHANOL DLSUGAR DLGASOLINA 1 0.01238287 0.00000000 0.00000000 2 0.00779806 0.00077430 0.00023652 3 0.00393522 -0.00000701 0.00047132 4 0.00147175 -0.00061710 0.00008382 5 0.00052748 -0.00058501 0.00004470 6 0.00009602 -0.00050577 -0.00001041 7 -0.00004540 -0.00037514 -0.00001767 8 -0.00008263 -0.00026680 -0.00001866 9 -0.00007784 -0.00018238 -0.00001501 10 -0.00006172 -0.00012208 -0.00001115 11 -0.00004505 -0.00008043 -0.00000783 12 -0.00003141 -0.00005243 -0.00000533 269 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza Responses to Shock in DLSUGAR Entry DLETHANOL DLSUGAR DLGASOLINA 1 0.002399271 0.030002085 0.000000000 2 0.007627169 0.021115156 0.004627175 3 0.003540963 0.011747260 0.000123620 4 0.004290717 0.009020660 0.001068883 5 0.002928160 0.005660784 0.000469260 6 0.002187425 0.003806352 0.000393533 7 0.001489590 0.002452385 0.000248911 8 0.001006878 0.001588313 0.000168575 9 0.000665254 0.001019008 0.000109728 10 0.000435039 0.000652128 0.000071356 11 0.000281932 0.000415966 0.000045998 12 0.000181590 0.000264778 0.000029519 Responses to Shock in DLGASOLINA Entry DLETHANOL DLSUGAR DLGASOLINA 1 0.02391212 0.00000000 0.02512631 2 -0.00966953 -0.01902353 -0.00669179 3 -0.00005740 -0.00523557 0.00189429 4 -0.00308138 -0.00612602 -0.00097510 5 -0.00169746 -0.00338931 -0.00017949 6 -0.00138447 -0.00239892 -0.00026084 7 -0.00092219 -0.00152052 -0.00015005 8 -0.00062788 -0.00099009 -0.00010547 9 -0.00041412 -0.00063423 -0.00006818 10 -0.00027091 -0.00040603 -0.00004443 11 -0.00017555 -0.00025897 -0.00002864 270 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza 12 -0.00011306 -0.00016484 -0.00001838 Decomposition of Variance for Series DLETHANOL Step Std Error DLETHANOL DLSUGAR DLGASOLINA 1 0.02703482 20.980 0.788 78.233 2 0.03071424 22.700 6.777 70.523 3 0.03116716 23.639 7.872 68.489 4 0.03164591 23.146 9.474 67.380 5 0.03183076 22.905 10.211 66.884 6 0.03193600 22.755 10.613 66.632 7 0.03198405 22.687 10.798 66.515 8 0.03200616 22.657 10.882 66.462 9 0.03201584 22.644 10.918 66.438 10 0.03202000 22.638 10.934 66.428 11 0.03202176 22.636 10.940 66.424 12 0.03202249 22.635 10.943 66.422 Decomposition of Variance for Series DLSUGAR Step Std Error DLETHANOL DLSUGAR DLGASOLINA 1 0.03000208 0.000 100.000 0.000 2 0.04133363 0.035 78.783 21.182 3 0.04328832 0.032 79.193 20.775 4 0.04464482 0.049 78.536 21.415 5 0.04513351 0.065 78.417 21.518 6 0.04536004 0.077 78.340 21.583 7 0.04545327 0.083 78.310 21.606 8 0.04549257 0.087 78.297 21.616 9 0.04550877 0.088 78.291 21.620 10 0.04551541 0.089 78.289 21.622 11 0.04551812 0.089 78.288 21.623 12 0.04551922 0.089 78.288 21.623 271 Appendice 3: Analisi di Granger causalità, analisi d’impulso e decomposizione della varianza Decomposition of Variance for Series DLGASOLINA Step Std Error DLETHANOL DLSUGAR DLGASOLINA 1 0.02512631 0.000 0.000 100.000 2 0.02641171 0.008 3.069 96.923 3 0.02648404 0.040 3.055 96.906 4 0.02652366 0.041 3.208 96.751 5 0.02652845 0.041 3.238 96.721 6 0.02653266 0.041 3.259 96.700 7 0.02653426 0.041 3.268 96.692 8 0.02653501 0.041 3.271 96.688 9 0.02653533 0.041 3.273 96.686 10 0.02653546 0.041 3.274 96.685 11 0.02653552 0.041 3.274 96.685 12 0.02653554 0.041 3.274 96.685 272 273 Bibliografia Bibliografia Abbott P. e de Battisti B. 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Per questi motivi il mio primo ringraziamento va alla mia mamma Marisa e al mio papà Sergio che mi hanno consentito di vivere questa esperienza e che purtroppo non potranno essere fisicamente presenti al termine di questo percorso, ma che lo faranno dall’alto con la speranza che la loro figlia rappresenti in questo giorno il loro più grande orgoglio. Grazie al vostro amore e a quello di tutte le persone che hanno creduto in me e che non mi hanno mai lasciato da sola, dandomi la forza di andare avanti, sono giunta finalmente al termine di questo cammino. Desidero ringraziare innanzitutto la Prof.ssa Finco per essersi sempre dimostrata disponibile a offrirmi il proprio preziosissimo contributo teorico e metodologico durante tutte le fasi del mio lavoro di ricerca e per essersi sempre spesa a far sì che potessi fare esperienze costruttive e utili alla mia crescita come dottore di ricerca. Ringrazio mia sorella Eleonora (ormai la mia vice-mamma) e il mio cognatino Gianluca che pur lontani mi hanno sempre sostenuto. E che dire della mia piccola, anzi ormai grande, nipotina Alessia. L’orgoglio della zia! Ringrazio Alessandro, che ha condiviso con me questi anni, rivelandosi sempre disposto a sopportarmi nonostante fosse assiduamente stressato dai miei molteplici stati emotivi. Non sono stati anni facili e tu lo sai bene, ma nonostante tutto, grazie per esserci sempre stato. Un ringraziamento speciale va anche a tutta la sua famiglia che mi ha accolto e coccolato come una figlia. 298 RINGRAZIAMENTI Voglio, inoltre, ringraziare tutti i colleghi e amici dottorandi con cui ho condiviso lezioni, impegni, preoccupazioni, oltre a idee e soddisfazioni. Un ringraziamento speciale va a Michele che condivide con me questo percorso e ad Alessandro ed Elisa la cui amicizia è stata un tesoro scoperto in questa non facile avventura e senza la quale questo dottorato non sarebbe mai stato altrettanto prezioso. A tutti i miei amici italiani e internazionali sui quali ho sempre potuto fare affidamento nei momenti di gioia o di sconforto del percorso di dottorato un grazie sincero. Ringrazio Luca, mio fedele compagno di appartamento. Agradeço a todo o equipe de etanol (Ivelise, Carla e Talita) em especial para minha orientadora Profa Miriam Bacchi pela excelente oportunidade de aprendizado em Brasil. Agradeço também a todo o CEPEA pela disponibilidade e por me receber. Obrigada Brasil pela experiência de vida. Desidero ringraziare tutte quelle persone con cui ho iniziato e trascorso i miei studi, con cui ho scambiato qualche pensiero, qualche idea, qualche risata. In diversi modi hanno contribuito nel mio percorso formativo, aiutandomi a credere in me stessa. Spero di non aver dimenticato nessuno, ma se tu, caro lettore, non dovessi trovare i tuoi dati anagrafici nelle prossime righe…dimmelo e ti ringrazierò di persona, anche per il solo fatto che tu abbia interesse a leggere il mio lavoro. Un ringraziamento va infine alla mia forza di volontà che mi ha permesso di realizzare il mio sogno…perché… “Tra una botta che prendo e una botta che dò tra un amico che perdo e un amico che avrò che se cado una volta una volta cadrò e da terra, da lì m'alzerò C'è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò…” 299