Filosofia, arte, cinema e stampa Dalla Tunisia un

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Filosofia, arte, cinema e stampa Dalla Tunisia un
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Filosofia, arte, cinema e stampa Dalla Tunisia un vento nuovo
Da Tunisi la primavera letteraria che arriva fino a noi
Martedì, 20 marzo 2012 - 15:21:00
Una cartografia della rivoluzione si disegna nel nostro immaginario: al di là dei luoghi, è la mappa dei sentimenti ad
emergere; a partire dal coraggio ritrovato dei tunisini. (Mourad Ben Cheikh)
Un viaggio attraverso le emozioni, i dubbi, le speranze e le paure di chi vede e di chi è visto in questa nuova
situazione.(Matteo Mecacci)
Il 21 marzo in libreria Tunisi, taxi di sola andata di Ilaria Guidantoni. A un anno dalla cacciata del regime di Ben Ali,
un romanzo-verità tra narrazione e reportage che parla in presa diretta della rivoluzione tunisina con interviste ai
protagonisti della rivolta. Con la prefazione di Mourad Ben Cheikh, regista, e l'introduzione di Matteo Mecacci,
Responsabile Democrazia e Diritti Umani OSCE.
I tassisti, sotto Ben Ali, erano considerati informatori al servizio del regime; subito dopo la rivoluzione dello scorso
gennaio 2011, restano i primi a captare informazioni e umori di una città in fermento, che ha appena riconquistato la
propria libertà. Sophie, la protagonista del romanzo, si muove per Tunisi a bordo dei taxi, per sperimentare in prima
persona i mutamenti della capitale e le aspettative dei suoi abitanti all'indomani della caduta di Ben Ali. Tra sogni e
paure, Sophie incontra politici - come il leader dell'opposizione Moncef Marzouki - artisti e attori - come Ahmed
Hafiène, che ha lavorato in Italia con Carlo Mazzacurati - blogger che hanno fatto esplodere la rivoluzione in rete,
semplici cittadini e, naturalmente, tassisti; le sue interviste in presa diretta scandiscono il ritmo di un viaggio alla
scoperta del ritorno alla vita di una nazione. Il libro è anche una guida della nuova Tunisia, per tutti coloro che scelgono
di essere viaggiatori e non solo turisti, come si racconta nella pagina facebook dedicata al libro e al paese dei gelsomini:
http://www.facebook.com/pages/Tunisi-taxi-di-sola-andata/343651809008286. Primo appuntamento a Roma,
Mercoledì 28 marzo alla Sala Stampa della Camera dei Deputati (ore 11.30) e alla Libreria Griot in Trastevere (ore
18.30).
Ilaria Guidantoni, Giornalista e Scrittrice, si è dedicata soprattutto ai trasporti ed infrastrutture, esperta di sicurezza
stradale. Fiorentina, una laurea in filosofia teoretica a Milano; vive tra Roma, Milano e Tunisi. Ha conseguito il Corso
di Perfezionamento in Bioetica occupandosi di problemi legati alla corporeità, disturbi del comportamento alimentare e
disagi affettivi.
Affaritaliani.it intervista l'autrice in esclusiva
Oltre ad essere una grande studiosa della cultura mediterranea, come mai un libro su Tunisi in questo
momento?
Tunisi è per me una città del cuore ed è diventata la mia patria letteraria perché è lì che ho cominciato a scrivere,
uscendo dalla mia attività tipicamente giornalistica. Inoltre è a Tunisi che ho scoperto la mia vera vocazione come
cittadino, l'essere mediterranea, piuttosto che italiana o europea; o ancora fiorentina (di nascita), milanese (per gli studi),
romana (di adozione e di residenza). E' una dimensione di grande respiro che come italiani credo dovremmo valorizzare
per non perdere la nostra identità. A Tunisi si respira l'aria di crocevia che un tempo, lontano e per me mai conosciuto,
si doveva respirare nel Mare Nostrum. La stessa lingua, quella viva, parlata, è una contaminatio che ho cercato di
rendere nel mio libro - a costo di qualche stravaganza - dal mondo-greco latino, all'arabo classico e tunisino,
ovviamente; al francese e soprattutto al francese arabizzato ma anche all'italiano, un po' francesizzato. C'è inoltre un
motivo occasionale e una ragione profonda nella mia ambientazione: la rivoluzione del 2011. Occasionale perché è stata
un'esperienza che ho vissuto dal momento che la rivolta si è intrecciata con la mia vita, colpendomi profondamente a
livello umano e psicologico; nello stesso tempo è una motivazione profonda perché ogni rivoluzione è un modo di
ripensare la civiltà. Tunisi e la Tunisia, incarnano il sogno di dignità, libertà e giustizia più di altri paesi arabi. La loro
Rivoluzione 2.0 com'è stata definita da molti è la prima del nuovo secolo e a mio parere è un modello di ribellione che
dovremmo ritrovare in Europa. Naturalmente parlo di rivolta interiore, non di scendere in piazza.
Il libro esce il 21 marzo, primo giorno di primavera, evoca la primavera culturale del Paese?
Sì, è stata scelta una data simbolo non solo per ricordare quella che ormai viene chiamata la Primavera araba ma, da
parte mia, anche come monito perché l'Europa si risvegli. E' uno dei motivi che torna spesso nelle conversazioni della
protagonista, Sophie, francese, che si trova a Tunisi per un viaggio che, come dice il titolo, è di sola andata.
Come nasce il titolo?
Taxi e tassisti sono co-protagonisti nel viaggio, tanto che ogni capitolo fa riferimento ad un tassista, quindi al suo nome,
o comunque a qualcosa che si riferisce ad un viaggio a bordo di un'auto gialla come in "Una gazzella bianca sul mio
taxi". La scelta è stata motivata dal fatto che i tassisti sono il primo interlocutore quando si arriva in un paese straniero,
soprattutto se si viaggia soli. A Tunisi tutto ciò è vero a maggior ragione. I taxi sono molto numerosi, si prendono per
strada a tutte le ore ed essendo economici, non solo se ne possono prendere molti - dato che i mezzi pubblici non
funzionano particolarmente bene e il traffico è pesante (quindi anche dal punto di vista economico non conviene
affittare un'auto) -, ma tutte le fasce sociali utilizzano le auto pubbliche. Questo per un giornalista rende interessante la
conversazione con gli autisti che sono in contatto con tutta la società. La curiosità mi è venuta dal fatto che sono stati
anche i primi personaggi dai quali sono stata messa in guardia perché nove su dieci erano considerati spie del regime.
Quindi per un cronista, preziose fonti di informazioni. "Di sola andata", è un doppio senso che spiega la scelta della
protagonista, nel suo viaggio esistenziale e nella decisione che sarà irreversibile; illustrando, al contempo, lo spirito
della rivoluzione che, una volta innescata, non può tornare indietro.
In che senso la cultura tunisina è in espansione?
Direi piuttosto che si è risvegliata dopo 23 anni di torpore durante i quali molti intellettuali si erano piegati per
convenienza o per paura; altri erano emigrati; altri ancora censurati. L'esplosione, all'indomani della cacciata di Ben Ali
è stata violenta, non tutta di qualità. E' stato un fiorire di parole. Si è diffusa l'urgenza del dire e si sono moltiplicati
saggi sulla rivoluzione; mentre un genere sconosciuto in Tunisia è sbocciato: il fumetto d'autore, satirico. Ancora tutto
parla di rivoluzione in modo tematico. E' troppo presto perché nasca una storia di Giulietta e Romeo per raccontare la
rivalità tra due correnti politiche. Molti amici tunisini e intellettuali mi hanno detto che il mio libro sarà il primo
romanzo ai tempi della rivoluzione. Forse perché sono abbastanza dentro ma non troppo.
In quali campi? Cinema? Letteratura?
Oltre la saggistica, il cinema è stato l'ambito più prolifico. La scorsa primavera ha aperto il fronte Mourad Ben Cheikh,
l'amico che ha firmato la mia prefazione (tunisino, diplomato al Dams di Bologna, consulente Rai per un certo periodo)
con il docufilm "Plus jamais peur". Anche le arti figurative e il teatro si stanno riscaldando. Nel libro parlo, ad esempio,
di MounSef Sayem, direttore dell'Istituto di cultura di Cartagine e del suo teatro "fou", "bocca", di denuncia; e di varie
mostre d'arte, tutte tematiche sulla rivoluzione. La stessa copertina del libro ritrae l'opera "Votez!" di Mohamed Ben
Kadi, esposta lo scorso agosto alla Libreria Millefeuilles a' La Marsa, quartiere della banlieue nord di Tunisi, nella
mostra dal titolo omonimo. C'è un bisogno profondo di creare un'iconografia della rivoluzione, testimoniare ed
esorcizzarla in un certo senso. Accanto a questo fermento c'è anche un po' di 'diversione creativa', ovvero chi si dedica
all'evasione o a tematiche di altro tipo come la religione, ma è una quota decisamente minoritaria e in disparte.
E là come si vive questo cambiamento, non solo politico, ma anche letterario e artistico?
Nel romanzo ripercorro i sentimenti che si sono avvicendati nel tempo e cerco di dare suggestioni diverse, soprattutto il
clima di eccitazione, preoccupazione, misto a qualche delusione, un certo spaesamento e contraddizione, attraverso un
affresco corale. E' difficile riassumere il sentire perché ci sono tante sfumature. Si è passati dall'ebbrezza e dall'euforia
iniziale, alla preoccupazione e disorientamento, enfatizzati dalla crisi economica, peggiorata dopo la rivolta; fino al
senso di attesa e di delusione; di rabbia o di gioia, a seconda del proprio punto di vista all'indomani delle elezioni. La
vittoria del partito islamico moderato EnnahDa, con il 37%, è stata netta. In generale ho riscontrato una maggior fiducia
in se stessi, forse è l'unico comune denominatore: è il popolo che valuta sulla base dei fatti concreti e dei risultati,
sceglie, premia e punisce e cambia il corso delle cose.
Com'è cambiata la stampa dopo la rivoluzione?
Da quando frequento la Tunisia, per la prima volta mi sento di parlare di stampa in quel paese. Non è solo un problema
di pluralismo ma di qualità. Tutto quello che era nazionale e di produzione tunisina era semplicemente illeggibile,
inascoltabile, inguardabile. Il resto era censurato. Qualche esempio? "Le monde", dopo la vicenda giudiziaria per
opposizione politica di Taoufik Ben Brik, non si trovava più; "la Repubblica", dopo un articolo critico verso il governo
del Presidente, idem. I quotidiani locali "La Presse", "Le Temps" e "Le quotidien" erano solo una propaganda con molto
materiale fotografico dedicato al governo e alla famiglia presidenziale. Era difficile trovare un articolo di cultura "pura",
disinteressata. In pochi mesi, ad esempio si è passati da 8 stazioni radio a una trentina ma sono state fatte 50 domande
per ottenere le frequenze. Molti giornalisti che avevano rinunciato al proprio mestiere per evitare di essere dei burocrati
conniventi con il regime sono tornati a scrivere.
Nel libro si parla anche di donne, in che modo?
Direi in due modi, familiare e politico. C'è infatti un aspetto legato alla vicenda emozionale della protagonista che
arriverà ad una scelta radicale proprio frequentando le donne tunisine, per il loro coraggio nel coltivare il sogno di un
figlio, pur nella difficoltà della crisi quando non nell'oppressione nel caso di alcune intellettuali incontrate. Un altro
tema è quello dell'impegno in prima linea delle donne nella rivoluzione e soprattutto nella ricostruzione che mi ha molto
impressionata perché non è circoscritto alle persone colte, politicizzate o etichettabili in una categoria engagé ma sono
le donne della porta accanto. Dal libro emergono figure diverse che lottano dietro il bancone di una pasticceria;
impegnandosi come imprenditrici nei territori rurali; o nella promozione dei diritti delle donne per la cancellazione delle
cosiddette tre riserve (patria potestà condivisa; legittima sull'eredità; parità di accesso agli incarichi pubblici). In questo
senso ho cercato di far emergere gli aspetti maturi ed ingenui di un femminismo che pubblicamente è nascente anche se
radicato nella società tunisina; mettendo in luce anche degli aspetti di grande avanguardia e laicità con i quali la
protagonista da europea di origini italiane si trova a fare i conti, rimanendone, di tanto in tanto, spiazzata. Dalle mie
conversazioni è emersa infatti una componente laica che convive con quella islamica nelle stesse persone religiose e
praticanti che per la cultura cattolica è sorprendente ed è enfatizzata dall'influenza francese di matrice illuminista,
sostenuta da Bourghiba e Ben Ali, anche in modo aggressivo. Questo spiega tra l'altro il bisogno di una frangia della
popolazione di tornare ai valori tradizionali promossi da EnnahDa.
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