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«L’UNICA GRANDE
PASSIONE»
Il cinema di Carl Theodor Dreyer
1.
La passione di Giovanna d’Arco (La Passion de
Jeanne d’Arc, 1928); didascalie in danese con sottotitoli in
inglese.
2.
Vampyr – Il vampiro (Vampyr, 1932); dialoghi in
tedesco con sottotitoli in italiano.
3.
martedì 19 aprile
martedì 3 maggio
Dies irae (Vredens dag, 1943); dialoghi in danese con
sottotitoli in italiano.
martedì 10 maggio
Le proiezioni avranno luogo alle ore 15.00 presso
l’Aula magna del liceo «N. Copernico». I film
saranno presentati da Arturo Fabbro.
Introduzione
In un’intervista del 1967, alla domanda «Che cos’è per lei il cinema?», Dreyer
rispose: «La mia unica grande passione».
Nato a Copenaghen nel 1889, Carl Theodore Dreyer visse l’infanzia turbolenta di un
orfano. In età matura iniziò la sua carriera creativa dapprima come giornalista, poi
come sceneggiatore e, infine, come regista. Dal 1919, anno di uscita del suo primo
film, al 1968, anno della sua morte, il nome di Dreyer entrò nella storia del cinema
mondiale grazie a capolavori come La passione di Giovanna d’Arco (1928), Dies irae
(1943), Ordet (1955) e Gertrud (1964), ma anche a film di genere, come horror
(Vampyr – Il vampiro (1932)) e commedie (L’angelo del focolare (1925)).
È il suo meticoloso stile registico a rendere ciascun film di Dreyer un dramma umano
e personale: egli pone particolare attenzione al tempo della rappresentazione, il cui
carattere meditativo lascia trasparire una tensione al trascendente e allo spirituale.
Nel fare ciò, assume particolare rilevanza il montaggio; esso si distingue in due
diversi momenti: in un primo periodo muto, che vedrà il suo compimento ne La
passione di Giovanna d’Arco, è improntato verso un ritmo più serrato, il quale carica i
primi piani di una forte potenza espressiva; nei suoi lavori più tardi, invece, il
montaggio verrà ridotto all’essenziale: attraverso fluidi movimenti della cinepresa
Dreyer si muove così all’interno dello spazio scenico, anch’esso ridotto allo stretto
indispensabile, al fine di raggiungere una quanto più completa unità di spazio e
tempo.
Ed è in questa unità che la tragedia personale del personaggio/l’interpretazione
dell’attore assume un’importanza totale. «Sono interessato alla sofferenza delle
persone e, in particolare, alla sofferenza delle donne», affermò Dreyer in un’altra
intervista. È così che il realismo psicologico e la tensione emotiva e spirituale
convergono nella figura delle eroine dreyeriane, Giovanna d’Arco in primis, caricando
i suoi film di una passione e di un’umanità mai egualmente impresse su celluloide.