Cessione in garanzia del Tfr e fondi pensione

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Cessione in garanzia del Tfr e fondi pensione
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Cessione in garanzia del Tfr
e fondi pensione: orientamenti Covip
Tiziana Cardone Esperta in diritto del lavoro e relazioni industriali - Roma
La Commissione di vigilanza sui fondi pensione
ritiene non preclusa la possibilità di conferire il
Tfr alle forme pensionistiche complementari, sia in
forma esplicita sia in forma tacita, da parte del
lavoratore che ha ceduto a garanzia il Tfr. Sarà
compito dello stesso lavoratore valutare quali con­
seguenze può avere detta scelta in funzione di
clausole che lo stesso ha sottoscritto con la finan­
ziaria all’atto dell’acquisizione del finanziamento
N. 25 - 15 giugno 2007
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Con nota approvata il 30 maggio 2007 la Covip
fornisce degli orientamenti in materia di cessione
del credito verso le forme pensionistiche, a segui­
to delle numerose richieste di chiarimento circa le
modalità applicative dell’art. 11, comma 10, Dlgs
n. 252/2005. In particolare, la nota contiene al­
cune importanti precisazioni sulla questione della
destinazione del Tfr alla previdenza complemen­
tare, in presenza di una cessione in garanzia del
trattamento di fine rapporto.
L’ipotesi ricorre di frequente nei casi in cui ai
datori di lavoro siano stati notificati contratti di
cessione del quinto dello stipendio, ai sensi del
Dpr n 180/1950, contenenti clausole che, secon­
do le diverse formulazioni, vincolano, a favore
della finanziaria mutuante, l’intero Tfr in caso di
cessazione del rapporto di lavoro.
Si tratta di un aspetto assai delicato nella gestione
del Tfr per le aziende, soprattutto per la posizione
dei datori di lavoro in quanto soggetti terzi debito­
ri ceduti, ai sensi dell’art. 1260 c.c., che si trovano
a dover gestire sia le richieste delle Finanziarie,
sia quelle del lavoratore, che quelle della forma di
previdenza complementare, con il rischio di con­
testazioni da parte dei soggetti interessati.
La nota Covip, innanzitutto, richiama l’art. 11,
comma 10, Dlgs n. 252, contenente i principi
generali in tema di cedibilità, sequestrabilità, e
pignorabilità delle prestazioni pensionistiche com­
plementari. E precisa che:
­ la posizione individuale durante la fase di accu­
mulo non è aggredibile da parte dei creditori del
lavoratore né disponibile dal lavoratore stesso;
­ le prestazioni pensionistiche in rendita e in capi­
tale e le anticipazioni richieste per spese sanitarie
di cui al comma 7, lett. a) dell’art. 11 Dlgs n.
252/2005, erogate dalle forme pensionistiche
complementari sono cedibili, sequestrabili e pi­
gnorabili secondo la disciplina in vigore per le
pensioni a carico della previdenza obbligatoria;
­ i riscatti e le anticipazioni per acquisto e ristrut­
turazione di prima casa di abitazione e per altre
esigenze dell’iscritto di cui al comma 7, lett. b) e c)
dell’art. 11, Dlgs n. 252/2005 sono cedibili, pi­
gnorabili e sequestrabili senza vincoli.
Limiti alla cedibilità delle prestazioni
di previdenza complementare
Alla luce dei principi sopra esposti, la nota richia­
ma la normativa prevista per i pensionati pubblici
e privati dall’art 1, Dpr n. 180/1950 (come modi­
ficato dall’art. 13­bis, Dl n. 35/2005) circa la
facoltà di contrarre, con intermediari abilitati, pre­
stiti da estinguersi con quote di pensione, e preci­
sa che le prestazioni in rendita e in capitale e le
anticipazioni richieste per spese sanitarie di cui al
comma 7, lett. a) dell’art. 11, Dlgs n. 252/2005,
erogate dalle forme pensionistiche complementari
sono cedibili nei limiti del quinto al netto delle
ritenute fiscali e del trattamento minimo Inps.
Cessione in garanzia del Tfr e destinazione
alla previdenza complementare
La Covip afferma che la cessione in garanzia del
Tfr non preclude la possibilità di conferire il Tfr
alla previdenza complementare, in forma espressa
o tacita, per effetto delle disposizioni dell’art. 8,
comma 7, Dlgs n. 252/2005. La nota, tuttavia,
contiene un’importante avvertenza per il lavorato­
re, secondo la quale, prima di effettuare la scelta,
questi deve valutare le conseguenze sul piano dei
rapporti con la società finanziaria, derivanti dal­
l’applicazione delle specifiche clausole del contrat­
to di cessione del quinto: in particolare, sia i profili
di responsabilità contrattuale in caso di eventuale
inadempimento, sia i rischi della possibile riduzio­
ne o revoca del prestito.
Quanto ai datori di lavoro ai quali siano stati
notificati atti di cessione in garanzia del Tfr, la
Covip sottolinea l’opportunità che le imprese dia­
no adeguata informativa alla società finanziaria
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della scelta del lavoratore di destinare il Tfr alla
previdenza complementare, che determina il ve­
nir meno dell’accantonamento presso il medesimo
datore di lavoro del futuro Tfr.
La nota non affronta il problema delle conseguen­
ze per il datore di lavoro/terzo debitore ceduto
per quanto riguarda il piano dei rapporti con la
finanziaria. Tuttavia, se si considera il principio
affermato in premessa, sulla trasferibilità alla pre­
videnza complementare del Tfr ceduto in garan­
zia, sembrerebbe non doversi ritenere responsabi­
le il datore di lavoro ­ soggetto terzo rispetto al
contratto di cessione ­ che in applicazione di tale
principio conferisce il Tfr al fondo, per espressa
richiesta del lavoratore o silenzio assenso, infor­
mando preventivamente la finanziaria.
Sarà onere della finanziaria, poi, agire sul lavora­
tore, sul piano contrattuale, per orientare la scelta
del lavoratore (o per ottenere dal lavoratore la
cessione dei diritti patrimoniali che questi vanta
verso il Fondo: cfr paragrafo successivo), tenendo
conto che, in caso di rifiuto, la finanziaria potrà
eventualmente richiedere il rientro dal prestito. Si
osserva, tuttavia, che sul punto sussistono dei mar­
gini di incertezza per i datori di lavoro (si veda il
paragrafo conclusivo), esposti al rischio di conten­
ziosi con le finanziarie, a fronte dei quali sarebbe­
ro opportune precise indicazioni da parte del Mi­
nistero del lavoro. In ogni caso, le precisazioni
della Covip costituiscono un precedente importan­
te e un argomento utile ad orientare un corretto e
trasparente confronto con le società finanziarie, i
lavoratori e i fondi di previdenza complementare.
previdenza complementare cui si è iscritto;
q la notifica dell’atto di cessione da parte della
società finanziaria alla forma pensionistica com­
plementare;
q la richiesta di riscatto delle somme o la richie­
sta della prestazione pensionistica, da parte del­
l’iscritto al fondo, in presenza dei requisiti di legge
per il riscatto o la pensione;
q la richiesta del fondo alla società finanziaria di
benestare alla liquidazione (nel frattempo, infatti,
il credito potrebbe essere estinto con la cessione
del quinto dello stipendio). Se il credito non è
stato estinto e non sono state concordate modalità
diverse di estinzione del debito residuo, il fondo
potrà liquidare all’istituto finanziario mutuante
l’intero importo dovuto al lavoratore iscritto a tito­
lo di riscatto, fino a concorrenza del credito, ovve­
ro il quinto della prestazione pensionistica in capi­
tale, in rendita o di entrambe le formule, fino a
concorrenza del credito residuo.
Le anticipazioni e i patti individuali
limitativi all’esercizio del diritto
In base al principio posto dal citato art. 11, comma
10, Dlgs n. 252/2005, ossia il principio della libe­
ra cedibilità delle somme oggetto di anticipazioni,
la nota Covip riconosce la piena disponibilità delle
stesse somme da parte del lavoratore. Pertanto, si
ritengono ammissibili patti con i quali il lavoratore
iscritto ad una forma di previdenza complementa­
re si impegna nei confronti dell’istituto finanziario
mutuante a non richiedere anticipazioni alla forma
di previdenza complementare, con l’eccezione del­
le anticipazioni per spese sanitarie che possono
essere vincolate a favore dello stesso istituto finan­
ziario solo nei limiti del quinto, ossia nei limiti
della quota disponibile per il lavoratore.
Si chiarisce, però, che l’impegno a non richiedere
anticipazioni vale solo con riferimento al prestito
contratto e, quindi, man mano che progressiva­
mente il prestito si riduce con il pagamento delle
rate, l’impegno si riferirà al debito residuo.
Ne deriva che, in presenza di contratti di cessione
che obbligano il lavoratore iscritto a forme di pre­
videnza complementare a non chiedere anticipa­
zioni, ben potrebbe il lavoratore ottenere dal fon­
do le somme eccedenti la parte del debito da
pagare.
La nota, infine, ricorda che le clausole che vietano
al lavoratore di chiedere le anticipazioni alla forma
di previdenza complementare cui è iscritto, ponen­
do dei limiti alla sua libertà contrattuale verso terzi
(il fondo), devono considerarsi vessatorie ai sensi
dell’art. 1342, comma 2, c.c. e, quindi, devono
essere specificamente approvate per iscritto.
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Conseguenze della cessazione del rapporto
In caso di cessazione del rapporto, in presenza di
una cessione del quinto con cessione in garanzia
del Tfr che il lavoratore ha conferito alla previ­
denza complementare, la società finanziaria mu­
tuante, se ricorrono alcune condizioni, potrà sod­
disfarsi o sulle somme eventualmente riscattate
dal lavoratore, senza limiti, nell’ipotesi in cui il
lavoratore non abbia maturato il diritto alla pre­
stazione pensionistica, ovvero sulla prestazione
pensionistica nei limiti del quinto, qualora il dirit­
to a pensione sia stato maturato.
In entrambe le ipotesi previste, la nota Covip sem­
bra subordinare il conferimento delle somme al­
l’istituto finanziario mutuante da parte della forma
di previdenza complementare al verificarsi di alcu­
ne specifiche condizioni. In particolare si prevede:
q la stipula di un patto contestuale o accessorio al
contratto originario, con il quale il lavoratore cede
alla società finanziaria che gli ha concesso il pre­
stito i suoi diritti patrimoniali verso la forma di
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Condizioni per l’esercizio dei diritti ceduti
La nota chiarisce che affinché l’istituto finanziario
mutuante possa esercitare i diritti ceduti dal lavo­
ratore verso la forma di previdenza complementa­
re a cui è iscritto occorrono due presupposti:
1) l’inadempimento da parte del lavoratore/debi­
tore dell’obbligazione principale di restituire la
somma all’Istituto finanziario mutuante;
2) la maturazione dei requisiti per ottenere la
liquidazione della somma da parte della forma di
previdenza complementare, essendo intangibile la
posizione individuale nella fase di accumulo.
In presenza di questi presupposti, si chiarisce, la
liquidazione della prestazione cui avrebbe diritto
l’iscritto alla forma di previdenza complementare
(riscatti, anticipazioni, pensione) è esigibile dal­
l’istituto finanziario mutuante solo a seguito del­
l’esercizio del diritto da parte dello stesso lavora­
tore aderente e, quindi, a seguito di sua specifica
richiesta, non ritenendosi ammissibile la sostitu­
zione dell’istituto mutuante alle scelte di compe­
tenza dell’iscritto.
Oggetto dei diritti
La cessione del lavoratore iscritto alla previdenza
complementare riguarda i suoi diritti di credito
verso la forma complementare e quindi le presta­
zioni dovute all’aderente (a titolo di riscatto, anti­
cipazione, pensione), senza distinguere la fonte di
finanziamento che, a seconda dei casi, può consi­
stere nel Tfr, e/o nei contributi propri o datoriali).
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Alcuni problemi aperti
La pronuncia della Covip fornisce indubbiamente
alcune importanti indicazioni in materia di cessio­
ne dei crediti, che possono consentire alle imprese
una più corretta applicazione della normativa del­
la previdenza complementare in presenza di atti
di cessione in garanzia del Tfr.
Vanno comunque segnalati alcuni interrogativi,
anche alla luce della varie fattispecie che si stanno
delineando nella prassi, sulle quali ci si riserva di
tornare con un successivo approfondimento:
q rispetto ad una cessione in garanzia del Tfr
correttamente notificata al datore di lavoro, quali
conseguenze rischia il datore di lavoro, sul piano
dei rapporti con la finanziaria, nel dare attuazione
alla scelta del lavoratore di destinare il Tfr alla
previdenza complementare? e nel caso di silenzio
assenso?
q come deve comportarsi il datore di lavoro che,
avendo informato la finanziaria della scelta del
lavoratore alla previdenza complementare, riceve
dallo stesso istituto finanziario una diffida a versa­
re al fondo?
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Si ricorda che a fronte delle incertezze interpreta­
tive e in mancanza di altre indicazioni, la circolare
di Confindustria del 16 maggio 2007 ha ritenuto
che, in presenza di una cessione in garanzia del
Tfr, è preferibile che i datori di lavori adottino un
comportamento prudente prima di trasferire il Tfr
alla forma di previdenza complementare, richie­
dendo alla società finanziaria una sorta di bene­
stare.
Un’ulteriore cautela potrebbe essere quella di ot­
tenere dalla società finanziaria anche una rinun­
cia nei confronti dell’azienda alla garanzia del Tfr
maturando, a far data dal momento della scelta
del lavoratore alla previdenza complementare, a
copertura del finanziamento residuo.
Restano, in ogni caso, notevoli incertezze anche
sulla posizione del datore di lavoro nei confronti
del lavoratore che, indipendentemente dall’assen­
so della finanziaria, richieda comunque di versare
il Tfr maturando al fondo prescelto. È possibile
che un’eventuale rifiuto del datore di lavoro in tal
senso potrebbe esporlo al rischio di rivendicazioni
da parte del lavoratore per danno previdenziale.
Infine si segnalano alcuni dubbi interpretativi sul­
la normativa del Dpr n. 180/1950, alla luce delle
indicazioni della Covip che riguardano il piano dei
rapporti tra società finanziarie, fondi e lavoratore:
q cosa accade se il lavoratore non intende stipu­
lare con la finanziaria l’atto di cessione dei suoi
diritti patrimoniali verso la previdenza comple­
mentare?
q come si combina la previsione dell’art. 43,
comma 1, Dpr n. 180/1950 (automatica estensio­
ne della cessione della retribuzione alla pensione,
in caso di cessazione del rapporto se la cessione
non è estinta), con l’orientamento della Covip lad­
dove sembra richiedere, a favore della società
finanziaria, uno specifico patto di cessione dei
diritti patrimoniali che il lavoratore vanta verso la
forma di previdenza complementare affinché lo
stesso istituto finanziario possa ottenere dal fondo
la liquidazione della prestazione pensionistica
complementare?
q come si combina la previsione dell’art. 1 Dpr n.
180, che riconosce solo al pensionato la facoltà di
cedere la pensione, rispetto all’orientamento
espresso nella stessa nota Covip, laddove si rico­
nosce al lavoratore, in costanza di rapporto, la
facoltà di cedere ad un terzo (finanziaria) il diritto
patrimoniale alla pensione complementare?
Questi interrogativi vogliono essere solo uno
spunto di discussione rispetto alla vicenda della
cessione in garanzia del Tfr, e rinviano ad un
successivo approfondimento la definizione di ulte­
riori indicazioni per le aziende.