Il monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio rappresenta uno dei

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Il monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio rappresenta uno dei
Le nuove frontiere della Neurochirurgia: la Neurofisiologia Intraoperatoria
La Neurofisiologia Intraoperatoria rappresenta uno dei settori di maggior progresso della moderna
Neurochirurgia. Laddove, tradizionalmente, il chirurgo si era sempre basato su un’informazione
puramente anatomica nel decidere la miglior strategia chirurgica per operare nel cervello o nel
midollo spinale, vi è ora la possibilità di acquisire una preziosa informazione funzionale.
Lo sviluppo di questa disciplina è nato in risposta a due esigenze:
a) l’evidenza clinico-scientifica che una maggiore radicalità chirurgica aumenti sia gli indici di
sopravvivenza dei pazienti che quelli di qualità di vita.
b) l’altrettanto evidente necessità di minimizzare eventuali deficit neurologici sequelari, cioè
chiaramente legati all’intervento stesso, visti i costi umani e sociali degli stessi e l’aumentato
contenzioso medico-legale.
Vi è dunque sempre più l’esigenza di curare chirurgicamente le patologie del sistema nervoso in
maniera possibilmente radicale ma, al tempo stesso, cercando di ridurre la morbidità chirurgica.
La Neurofisiologia Intraoperatoria fornisce pertanto gli strumenti per rispondere in parte a queste
esigenze. Innanzitutto consente di identificare funzionalmente, durante l’intervento, determinate
strutture nervose altrimenti difficilmente riconoscibili su base puramente anatomica. Ad esempio,
nell’operare un tumore cerebrale in prossimità delle aree deputate al controllo del movimento è
possibile stimolare elettricamente tali aeree –in maniera del tutto indolore e sicura per il pazientecosì da poterle identificare (ad es. l’area del piede o della mano) ed evitare di danneggiarle nel corso
dell’intervento. Successivamente, una volta identificate tali strutture, è possibile controllarne “online” l’integrità funzionale durante tutto il corso dell’intervento grazie al monitoraggio continuo dei
cosiddetti potenziali evocati. Pertanto, nel rimuovere ad esempio un tumore all’interno del midollo
spinale, c’è la possibilità di mandare continuamente, durante l’operazione, un segnale che viene
trasmesso dal cervello al midollo spinale e quindi ai muscoli. La preservazione di questo segnale
durante l’intervento consente di poter dire se il paziente sarà in grado di camminare già nei primi
giorni dopo l’intervento o necessiterà di un periodo di riabilitazione. Il peggioramento di questo
segnale elettrico durante l’asportazione del tumore, viceversa, avverte di una possibile situazione di
rischio, consentendo al neurochirurgo di modificare la sua strategia al fine di non creare un danno
neurologico.
L’esperienza del Dipartimento di Neurochirurgia di Verona
Il Dipartimento di Neurochirurgia di Verona dal Settembre 2000 è dotato di una complessa e
multimodale unità di Neurofisiologia Intraoperatoria che ha consentito, nel periodo 2000-2009, di
applicare tali tecniche ad oltre 650 interventi. Le patologie più frequenti sono risultate essere i
tumori cerebrali in aree critiche, i tumori del tronco encefalico e della fossa cranica posteriore, i
tumori del midollo spinale, le malformazioni artero-venose intramidollari e cerebrali, e le patologie
della regione cono-cauda con particolare riferimento alla spina bifida e al midollo ancorato in età
pediatrica.
Tale esperienza è stata possibile innanzitutto grazie all’intuizione e ferma volontà del prof. Albino
Bricolo, allora Direttore del Dipartimento di Neurochirurgia, di voler attrezzare il Dipartimento con
le apparecchiature e le competenze necessarie ad istituire un servizio di Neurofisiologia
Intraoperatoria. A tale scopo, il dr. Francesco Sala –attualmente Ricercatore Univ. presso la Clinica
Neurochirurgica dell’O.C.M -trascorse -tra il 1998 e il 1999- diciotto mesi negli Stati Uniti presso
la Divisione di Neurofisiologia Intraoperatoria dell’Institue for Neurology and Neurosurgery di
New York dove il prof. Vedran Deletis dirigeva quello che a tutt’oggi è considerato il principale
centro di riferimento internazionale per questa disciplina.
Al suo ritorno in Italia il dr. Sala ha avviato, presso il Dipartimento di Neurochirurgia, l’attività di
Neurofisiologia Intraoperatoria trovando il supporto, l’interesse e la collaborazione di tutti i colleghi
del Dipartimento di Neurochirurgia e dell’equipe di Neuroanestesia. La collaborazione si è presto
estesa anche al Servizio di Neuroradiologia per le procedure di neuroradiologia intervenzionistica in
aree critiche.
Negli anni è maturata una stretta collaborazione con i colleghi neurologi e neurofisiologi nelle
figure della dr.ssa Lanteri, prima, e attualmente del prof. Paolo Manganotti e della dr.ssa Giovanna
Squintani, afferenti rispettivamente alla U.O. di Neurologia Riabilitativa del Policlinico di B.go
Roma e all’U.O. di Neurologia dell’Ospedale Civile Maggiore. Dal 2006 il team coordinato dal dr.
Sala si è arricchito anche del prezioso contributo del dr. Vincenzo Tramontano, tecnico di
Neurofisiopatologia.
Questa fruttuosa collaborazione multidisciplinare ha consentito di espandere l’utilizzo della
Neurofisiologia Intraoperatoria a varie procedure neurochirurgiche e di ottenere risultati molto
soddisfacenti dal punto di vista clinico. Recenti revisioni dell’attività svolta hanno infatti
confermato come l’utilizzo della Neurofisiologia Intraoperatoria abbia significativamente
migliorato i risultati sia da un punto di vista della “radicalità” chirurgica che nel senso di una
riduzione dei deficit neurologici post-operatori. Più recentemente, a partire dalla primavera del
2005, e grazie all’interessamento del dr. Andrea Talacchi che ha avviato e sostenuto quest’attività, è
stato possibile espandere ulteriormente i campi di applicazione della Neurofisiologia Intraoperatoria
anche a quelle funzioni cerebrali che non possono essere testate nel paziente in condizioni di
anestesia generale. Si è aperta quindi anche a Verona, come avvenuto nel recente passato in alcuni
altri centri italiani, la possibilità di effettuare interventi al cervello in paziente sveglio per
l’identificazione intraoperatoria e la preservazione delle aree del cervello deputate alle funzioni
cognitive ed in particolare al linguaggio.
Nel suo complesso, grazie ad un articolato lavoro di equipe nato dalla stretta collaborazione tra le
varie figure professionali, il Dipartimento di Neurochirurgia di Verona –attualmente diretto dal dr.
Sergio Turazzi- raccoglie la più vasta casistica a livello nazionale per quanto riguarda il
monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio delle patologie intrinseche del sistema nervoso
centrale. Questa esperienza configura oggi Verona come un centro di riferimento a livello sia
nazionale che internazionale, come confermato dal costante incremento non solo del “referral” di
pazienti, ma anche dalla presenza del gruppo veronese nella letteratura scientifica e nelle sedi
congressuali specifiche. Più recentemente, colleghi neurofisiologi e neurochirurghi provenienti da
Spagna, Austria e Brasile hanno scelto proprio la città scaligera per un periodo di formazione
nell’ambito della Neurofisiologia Intraoperatoria.
Da un punto di vista tecnico, un sistema di monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio è
costituito da una unità multicanale per la stimolazione nervosa e da una batteria di amplificatori per
registrare la risposta allo stimolo. I sistemi più aggiornati consentono complesse registrazioni
multimodali contemporanee e l’integrazione video tra immagine del campo operatorio e tracciati
neurofisiologici.