Giulio Mancini
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Giulio Mancini
Giulio Mancini, Considerazioni sulla pittura, 1614-1630, vol. I, pp. 139148, ed. Roma, 1956 <X> <REGOLE PER COMPRARE COLLOCARE E CONSERVARE LE PITTURE> <Valutazione del prezzo - Collocazione - Verniciatura e lavatura - Cornici e tende Epilogo> Seguita hora che si proponga dove devin esser collocate nell'habitation del principe, d'huomo publico e d'huomo privato, et perché questa collocatione non si puol fare se non se n'è fatto prima padrone o con danaro o con equivalente, lasciando gl'altri mezzi, si considera solo il prezzo con danaro, del quale si è detto di sopra qualche cosa et adesso ne aggiunge qualche altra, perché la pittura, non essendo cosa necessaria ma di diletto, et appresso havendo latitudine e differenza per l'eccellenza del mastro e per l'antichità, per la rarità di quel tempo e mastro e per la conservation della medessima, come vediamo ancor avvenire delle medaglie quali variano di prezzo per tutti questi rispetti, pertanto la pittura in sé non puol haver prezzo determinato. Vi s'aggionge appresso la qualità del padrone che la / possiede e l'artefice vivente che la fa, ricchi o poveri, di diletto e senza diletto, che la conoschi o non la conoschi, se l'artefice che la fa habbia acquistato fama o no, come avvien nel principio dell'operare che molti operano bene senza fama e reputatione, come habbiam visto molti pittori di nostri tempi, et in particolare in Michelangelo di Caravaggio e Spagnoletto, perché per tutti questi rispetti si varia et altera il valor della pittura. Come ancor per la qualità e grado di chi la dessidera e vuol comprar, perché ad un prezzo la comprarà un principe e personaggio di rispetto e comodo, et ad un altro quel di mediocre stato e fortuna, in un modo quando la compra a prezzo convenuto, et in un altro a prezzo di regalo e di contraccambio di cortesia ricevuta, perché ben spesso è avvenuto di pitture di grandissimo prezzo e singolari essere state vendute da un rigattiere a vilissimo prezzo, come fu la S. Catherina di Michelangelo et il quadro di Raffaello che furono compri a vilissimo prezzo (511). Né il compratore che la conosce tenetur de dolo, ancorché sappia e conosca essere di grande eccellenza, come ancor un povero huomo a tempo di suo bisogno vender una pittura a molto minor prezzo di quel che baveva trovato altre volte, lasciando la fama, come si vedde nel Caravaggio che vendè il Putto Morso dal Racano per quindici giulij, la Zingara per otto scudi (512). Così si racconta del Bassan Vecchio che, facendo molte lo opere in Bassano sua patria, le mandava a Venetia alla fiera dell'Ascenza e le dava e velissimo prezzo, fin tanto che / il buon Titiano le mise in reputatione con farle comprare da suoi amici di diletto. Ci s'aggiunge il compratore, perché vediamo che prencipi de diletto, che la medessima pittura, compra da questi che ne fanno mercantia a decine di scudi, li prencipi le pagano a centenara, come continuamente si sa et si vede. Si deve in ultimo considerare il modo con il quale se ne priva il padrone o l'artefice, dandolo, o in modo di regalo e d'osservanza, rimettendosi in tutto e per tutto nella prudenza e voluntà del compratore, o a prezzo convenuto. Che il primo modo, essendo proprio di huomini di grand'ingegno o liberalità, o sia artefice o huomo di gusto, e trattandosi con compratori che non si voglion lasciar superare in cortesia, come sono i prencipi e gran signori che sappino e voglion sapere chi è il venditore, e chi se ne priva non sia per pigliar sicurtà né haver bisogno di loro, in questo caso non v'è altro prezzo se non l'atto virtuoso et eroico di quello nel privarsene con dare i suoi gusti e fatighe a discretione, et in questo il picco e zelo d'honore in non voler essere superato nell'attion di giustitia o nel mutuo o contracambio. Che in tal modo s'è visto di stravaganti prezzi e remunerationi per la liberalità eroica di qualche grato personaggio o principe. Onde per tutti questi rispetti non pare che si possi dar prezzo determinato delle pitture, nondimeno se ne vede d'alcune il prezzo determinato, come delle stampe et in altre come disegni a mano, coloriti, musaici, tarsie et altre. Che, in occasion di liti, sopra questi si danno i periti, i quali prima devia costituir il grado / dell'artefice, se è vivo o morto, et, havendo costituito questo grado, determinar appresso quanto l'artefice meritasse guadagnarsi il giorno, con la comparatione del guadagno dell'artefice simile al pittore; dopo costituire le giornate che vi puol haver messo, e l'eccellenza dell'opera sopra l'altre sue opere. E questa è la regola quando che si contrahe con i viventi. Ma nel considerar l'opere dei morti, si devia considerar queste medessime cose che si fan nei viventi et aggiungervi di più il considerar quanto il venditor habbia tenuto morti i suoi danari, et altre spese fatte, e, se fusse uno di gusto, darli qualche cosa di più per il frutto de' danari impiegati in quella, ma non all'intutto, suttrahendone qualche cosa per il gusto preso della pittura vista. Che con tutte queste circostanze se ne potrà giustamente impadronire e di poi collocarle ai loro luoghi, lasciando il prezzo del contracambio, del favore del compratore verso il venditore, che questo non ha regola né precetto, se non la benigna voluntà del principe che puol aggratiare. Impadrontosene con i modi detti, si devon collocar ai luoghi loro. Et perché i padroni sono varij et di vario grado e commodità d'habitatione, come sono prencipi e gran signori, huomini di stato mediocre e di stato basso, considerando i prencipi e supponendo che habbino varietà d'habitationi e siti da poter collocare le pitture, perché nell'huomo privato, essendovi poca habitatione, non puol cader regola di collocar le pitture in diversità di luoghi, di stanze e d'habitationi, ma solo in diversità di lumi perché, essendovi solo camera e sala e poco più, allhora solo vi è la regola del lume che gli conviene et che ha considerato l'artefice nel farle, et che non / pata difficoltà nell'esser veduta e goduta, e di più con qualche distintion di pitture, ché le cose di devotione si metteranno nella camera, le cose allegre e profane nella sala, con riguardo ancor nelle sacre che le cose piccole a capo al letto et ingionecchiatori, il Christo, Vergine e simil altre in faccia alla porta dell'entrata, acciò quello che entra si recordi che quello è luogo riserbato e di devotione. E questo della casa privata. E, ritornando al principe et habitation di palazzo riguardevole con diversità d'appartamenti, in questo vi deve esser grand'osservanza nel collocarle ai lor luoghi, tanto essendo padre di famiglia, quanto che, essendo persona publica o principe, rispetto al costume et affetti che possono indurre nell'esser riguardate. Che a questo proposito mi pare che parlasse Platone al II delle Leggi quando disse: «Oportet invenes bonis figuris et cantibus assuescere» (513). E gl'Egittij non lasciorno per 5.000 anni entrar pitture nel lor regno che fusser nuove et a loro non consuete, lo e ciò per non guastar il buon costume. Onde il Ficino nel Convito al capitolo 9, resguardando questa distintion delle pitture e dell'esser viste, disse: «Reliqui enim sensus cito replentur; visus autem et auditus diutius voculis et pictura pascuntur ínani, neque solum horum sensuum firmiores sunt voluptates, verum etiam umanae complexioni cognatiores, quid enim humani corporis spiritibus convenientius est quam voces hominum et figurae corum praesertim qui non modo naturae similitudines, sed etiam pulchritudines gratia placent. Quamobrem collerici et melancolici homines tanquam unicum remedium et solamen moestitiarum ipsorum complexioni cantus et formae oblectamenta servant » (514). Onde, secondo il Ficino, non solamente / dovrà esser distintion di luogo, ma in farle vedere da questa o quell'altra sorte d'huomini, secondo la complessione e passion d'animo, età, sesso, costume, genere di vita che si desidera conservare o aumentare, o veramente sminuire e corregger e convertir al contrario. Pertanto santamente è stato vietato per editto che non si possa publicar pittura non considerata prima dai superiori, ma però in questo non mi piace quella gran regidità del Savonarola che fece brusciare in Fiorenza tante pitture che havevano un po' di gentilità e del lascivo, perché misse in fumo tante buone pitture e reliquie di nobilità antica, e di quelle famiglie che l'abrusciorno non havendo avertito né il frate né il popolo fiorentino a lui così vanamente affetionato. Che qui in Roma nelle chiese per tai rispetti si riservano delle gentilità, come s'è avvertito in S. Andrea in Cacobarbara et in S. Costanza et altrove, oltre che, se si abrugiassero le pitture antiche che sono perfette, i pittori moderni non potrebbero imparar a far l'immagine per la nostra religione. Onde Pio V di s. m., di ciò avertito, lasciò nel Palazzo Vaticano le deità antiche, ancorché con qualche lascivia, che per altro simil deità e lascivie quanto convenghino nel Sacro Palazzo lo lascio considerar ad altri. Onde, stando che si deve havere gran riguardo nel lasciar vedere le pitture et in collocarle ai lor luoghi, in casa d'un gentilhuomo privato di distintione d'appartamenti e di varietà di famiglia si osserverà questo modo: che dei desegni a mano ne farà libri destinti secondo le materie, tempi, grandezza di foglio, nationi e modo di disegno, s'a penna, lapis e carbone, acquarella, chiaro scuro, tenta a olio, così ancora nei disegni di taglio, che così sarà padrone di mostrarli e farli godere con gusto dei riguardanti / e facilità di chi mostrarà, quai libri si servaranno in luoghi più ritirati e da poter esser visti con commodo. Doppo si consideraranno le pitture, che per i paesaggi e cosmografie si metteranno nelle gallarie e dove puol andar ognuno; le lascive, come Veneri, Marte, tempi d'anno e donne ignude, nelle gallarie di giardini e camare terrene ritirate; le deità nelle camare più terrene, ma più communi, e le cose lascive affatto si metteranno ne' luoghi ritirati, e, se fusse padre di fameglia, le terrà coperte, e solo alle volte scoprirle quando vi anderà con la consorte o persona confidente e non scrupolosa. E simil pitture lascive in simil luoghi dove si trattenga con sua consorte sono a proposito, perché simil veduta giova assai all'eccitamento et al far figli belli, sani e gagliardi, come par che accenni e conceda il Sanus nel libro De Matrimonio (515), non perché l'imaginativa imprima nel feto che è materia aliena dal padre e dalla madre, ma perché l'uno e l'altro parente, per simil veduta, imprimono nel lor seme, come in parte propria, una simil costitution come s'è impressa per la veduta di quell'oggetto e figura. Perché il seme in sé ha faccoltà non solo di dar la temperatura, ma di far anco la formatione e similitudine di figura, ancorché in sé sia parte similare et al senso omogenea. E pertanto la veduta di simil figure et oggetti di buona formatione e buona temperatura, rappresentata per il colore, giova molto in tempo di questi ritrovamenti, ma però non devono esser viste da fanciulli e zitelle, né da persone esterne e scrupolose. Quelle d'attion civili, o di pace o di guerra, se devon mettere nelle sale et anticamere dove è il passeggio di quelli ch'aspettano e si / trattengono per negotiare; così anco i ritratti di personaggi illustri o di pace o di guerra o di contemplatione, così i ritratti di pontefici, cardinali, imperatori, re et altri prencipi si devono mettere in questi luoghi dov'è lecito venir ad ognuno, dove ancora si possono mettere l'imprese, gl'emblemi e simil altre pitture. Quelle di Christo, della Vergine, dei Santi, et insomma le sacre si metteranno per l'anticamera e camera dove si dorme, et a capo il letto le miniature e quadri piccoli di nobil ornamento. Ma quando questi luoghi non bastino per l'abbondanza delle pitture, allhora, perché con questa abbondanza di pitture vi è la ricchezza et commodità d'edificare, si potrà fare una galleria in luogo commodo e di lume et aria buona, e battuta da tramontana e parata da scirocco, et in quella si porran tutte le pitture che saranno avanzate alle sale e camere, e collocarle secondo le materie, il modo del colorito, il tempo nel quale sono state fatte e della schuola secondo la quale sono state condotte. E questo delle pitture quanto a quelle che communemente si possano havere. Se poi consideramo i secoli antichi se se n'havesse delle toscane o qualche fragmento di quelle dell'Imperio Romano del secol rozzo, delle toscane non se ne trovando se non in quei vasi, pertanto si metteranno in quei luoghi dove sono altre antichità, come nelle scantie dei libri. E se di queste pitture ve ne sarà alcuna di musaico, di tarsia o di colorito antico, allhora, secondo le materie dette di sopra, si doveran collocare in questi luoghi, o vero secondo la commodità di poter esser trasportata la materia dove si ritrova questa pittura; / perché, se sarà portatile, si metterà nei luoghi secondo l'ordine della collocatione già detta, ma se per il peso non darà questa commodità, allhora si potrà metter nelle camere terrene o portici se sarà profana, come si vede haver fatto l'illustrissimo Aldobrandino di quella pittura trovata a S. Giuliano nel giardino di monte Magnanapoli (516). Ma se questa pittura fosse piccola et da poter esser collocata in luoghi piccioli, allhora si potrà mettere negli studioli, come si è detto di vasi toscani. Ma se fosse un po' maggiore e portatile, si potrebbe collocare al luogo conveniente secondo l'ordine dato, come si potrebbe fare di quel bel musaico dell'illustrissimo Montalto, di quello di S. Alessio, di certi uccelli d'un particolare, e dell'historietta di quel di Coriolano, se si levasse da quella grotta sotto S. Pietro in Vincola (517). Et perché nelle pitture sono stati notati i secoli rinascente, buono, perfetto, declinante, pertanto, supposti i siti dove si devon collocare le pitture particolari, si dovranno collocare prima le più antiche, osservando al possibile i lumi convenienti e li spatij per le grandezze delle pitture, e fra queste prima le tramontane, poi le lombarde, poi le toscane e romane, perché in questo modo lo spettatore con più facilità potrà vedere e godere e, doppo haver visto e goduto, reservare nella memoria le pitture viste. Ma non vorrei già che fosse messa insieme la medessima schuola e maniera, come per essempio nelle cose sacre tutte le cose di Raffaello e sua scuola, come di Giulio, Timoteo, Buon Fattore et altri già detti, ma vorrei che si tramezzassero con altre maniere / e schuole del medessimo secolo, perchè in questo modo, per la varietà, deletteranno più e, con la comparation della varietà del modo di far, più si faranno sentir senza offesa di gusto, come sarebbe se fra queste si proponesse qualche pittura d'altro secolo. Et questo del collocar le pitture a' lor luoghi. Seguitarebbe adesso che si dicesse qualche cosa della vernice, e dell'ornato delle medessime, come delle cornici e delle tende da coprirle, cioè se sia meglio che le pitture habbino le vernice o non l'habbino, e così anco dell'ornato. Perché gl'antichi, come s'ha da Plinio al lib. XXXV, diedero sopra le loro pitture una certa materia, come dice lui, che faceva sì che apparisce come vista per un vetro, effetto che fa la vernice che la fa ravvivare, come si ravvivan le cose ad un occhio debole, o per la lastra del cristallo messa sopra, o per gl'occhiali, onde non par da dubitare che se gli deva dar, ma perché ne' nostri secoli non s'usa se non in quella sorte di pittura che vien fatta a olio, per tal rispetto si puol dubitare se in questi nostri secoli, come facevan gl'antichi, si possa dare in altre pitture fatte a guazzo et a tempera. Et havendo visto che in S. Jacomo di Spagnoli quella pittura che non si poteva goder che doppo un non so che materie, non so se de vernice o d'altro come facevano gl'antichi, pertanto, se vi fusse quest'arte e questo modo di ravivare, io lo lodarei. Come ancor lodo il lavarle, ma però da huomini intelligenti che conoschino la sordidezza della pittura, la varietà del colore a parte a parte come per essempio / nel color delle carni, in quello dei panni con il nero et altrove che per distintion di colore pate più o meno dell'esser lavata. Pertanto, quando vi fosse artefice che sapesse questa distintione, io loderei lavarle, come s'è visto nella Pace quell'altar della Natività di Marcello lavato a quest'anni che s'è ravivato (518). Ma quando non vi fosse mastro con quell'avvertenza, io le lasciarei. Quanto alle cornici non è da dubitare che convengono, prima per essere una difesa alle pitture dai nocumenti esterni, doppo perché danno maestà alle pitture, che le fanno vedere quasi per una fenestra, o vogliam dire per un orizonte così fattamente circonscritto, e le rendono con una certa maestà ornate. Non mi piace però l'uso d'alcuno introdotto che fanno in tal modo le cornici che sono più in dentro della pittura talmente che quasi la tenghino in fuori et esposta all'ingiurie perché, oltre che non gli dà quella maestà detta, s'aggiunge l'ingiuria e, quel che è più, il non esser vista la cornice, talché si fa la spesa per metterla all'oscuro e metter in pericolo la pittura. E l'ornamento, se deve esser dorato o non dorato, crederei che in alcune cose piccole, di color molto vivace et che non han troppo rilievo, come è la maniera del Baroccio, fossero molto meglio di color nero che dorate, perché in questo modo non farebbe abbagliar la vista et impedimento nel guardar la pittura. Ma quando la pittura fusse antica, / come quelle del secol rinascente e del buono et anco del perfetto, perché con il tempo già s'è spento il vigor del colore, allhora crederei che fusse meglio il dorarle. Come ancora in questo modo di colorir del Caravaggio che toccano assai di negro, è molto meglio dorarle. Ma nelle pitture piccole, come le miniature o altro di buon maestro, e che si donano a' prencipi, allhora communimente le cornici si fanno d'ebbano, accompagnato con commettiture di rosette d'argento e fogliami riportati a filetti d'argento e d'oro con metterci appresso, secondo che vien a proposito, ma queste si fanno fare il più dal Sommo Pontefice per donare ad imperatori, re et prencipi grandi. Delle tende non è da dubitare che, per conservarle, convengono e, se fosse possibile, più tosto si tirassero in suso o calassero a basso che dalle bande, per non impedire il lume e la veduta, ma quando che tirandole dalle bande havesser la lor veduta e lume, poco importa. Del color di queste mi parrebbe a proposito il verde e l'incarnato e, per reputatione della pittura, l'ermesino o taffetà o altra materia di seta che sia arrendevole e mobile. Et questo sia detto della pittura et di quello che c'eravamo proposto trattare per gusto di quel gentilhuomo, sperando che altri amatori di lor patrie siano per metter insieme le cose dei loro antenati, cittadini, e compatriotti, come ho fatto io di Roma e di Siena, e così poi che sia per esser in publico e da potersi saper da ognuno tutte le pitture che si ritrovano in Europa, come già / è stato fatto della città di Fiorenza et hora si fa di Bologna e Cremona (519). E confesso haver tralasciato molte cose, e molto haver trattato brevemente, come quella dell'historia pittoresca, e ciò referendomi a quello che in altra occasione ho considerato dell'historia in commune, proponendovi alcune cose dell'historia medica, poetica e pittoresca, civile e militare, che queste professioni, proponendo le medessime cose, non propongono però né annotano il medessimo, come bene annotò Fabio Paolino (520) in quelle annotationi della peste di Tucidite, che fu la medessima di quella raccontata da Hippocrate e da Lucretio, nondimeno non narrano le medessime cose, quello il civile, questo il medico e quest'altro il poetico. E pertanto in questo proposito si è detto tanto quanto che basti a dedurre in cognitione della bontà della pittura che rappresenta l'historia. Così ancor poco si è trattato dell'espression dell'affetto che fa il pittore, come si faccia et in che consista, perché di questo s'è trattato più al longo in quella po' di consideration che per spasso in gioventù feci del ballo. Che venendo all'immitation et espression d'attion et affetto che è il fin del ballo, si è considerato i requisiti di quest'immitatione, e così in questo proposito dell'effetto pittoresco s'è detto solo alcune cose per transito e quanto basti per far riconoscere l'espression dell'affetto nella pittura. Della gratia s'è detto pochissime / cose, perché di questa s'è detto in alcune considerationi fatte già nel furor giovenile in proposito d'amore in universale, et amor heroico che viene ad esser considerato dal medico come passione corporea e curabile, dove a lungo si dimostra che cosa sia gratia che si disse esser il bello operante in modo perfetto che così diletti et alletti l'occhio et l'intelletto dei riguardanti. Così ancora del decoro e venustà s'è detto e nel Trattato d'Amore et in quello dell'Honore già fatto ancor questo in nostra gioventù. Della lascivia pure s'è trattato alcune po' di cose nel Trattato d'Amore et alcune altre in quello dell'Honore, dove s'è demostrato esser principio del disshonore, et appresso che cosa sia, in che consista, come v'habbia luogo il naturale, come l'artifitioso, di belletti, di vestiti e d'atti (521). Mancarebbe forsi appresso qualcheduno che si proponesser i pittori che han dipinto con gratia, quelli che con decoro, chi habbia ben composto l'historia del timore et altri, ma perché queste osservanze sono troppo lunghe, ricercano gran tempo e gran contemplatione e pochissimi ne han trattato, pertanto si tralasciano queste considerationi. E così si pon fine alla nostra consideration della pittura, mettendo però in questo fine il detto d'Appelle nelle sue pitture il faciebat di tempo imperfetto, per mostrar di non haver messo l'ultimo termine di non poter correggere, aggiungere e diminuire, come professo io in questo mio trattato, tanto più che, per felicità di questo secolo, si vedono / tanta copia di pitture buone e copia d'huomini che le vanno operando, che così si darà continuamente materia d'aumentar le considerationi di questa nobil professione. E questo basti per adesso della pittura, remettendomi sempre a miglior giuditio.