Suite francese - Cinema Teatro San Giuseppe Brugherio

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Suite francese - Cinema Teatro San Giuseppe Brugherio
CINECIRCOLO “ROBERT BRESSON”
Brugherio
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Mercoledì 28, giovedì 29 e venerdì 30 ottobre 2015
Inizio proiezioni ore 21. Giovedì anche alle ore 15
“Quello che mi ha attratto è che questo romanzo parla di quello che lei ( Irène Nemirovsky)ha
visto e vissuto, senza il lusso della riflessione posteriore. Sono eventi colti nel momento in cui si
svolgevano.(…) Per me il libro parla principalmente di questo: di un'occupazione militare ma
anche delle divisioni di classe, di come la gente si comporta a seconda della sua appartenenza a
una data classe sociale”.
Saul Dibb
Suite francese
di Saul Dibb con Michelle Williams, Kristin Scott Thomas, Matthias Schoenaerts, Sam Riley, Ruth Wilson
Gran Bretagna, Francia, Canada 2015, 107’
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'Non il solito film di guerra, ma la tragedia bellica vista dagli occhi delle
donne, dei civili'. Parola del regista britannico Saul Dibb, è "Suite
francese", dal best-seller della scrittrice ucraina di origine ebraica
Irène Némirovsky: 'Trasportare sullo schermo un romanzo non finito,
questa è stata la sfida: non sono rimasto colpito solo dalla storia nel
libro, ma dalla storia del libro'. Una storia lunga più di 60 anni: il
romanzo, pubblicato nel 2004, venne scritto dalla Némirovsky prima di
essere deportata dai nazisti e morire 39enne di tifo ad Auschwitz nel
1942. I quaderni li aveva affidati alle figlie, Denise ed Elisabeth:
pensando fossero dei diari, non li lessero fino agli Anni 90.
Trascrivendoli, viceversa, Denise si accorse trattarsi delle prime due
parti, 'Tempesta in giugno' e 'Dolce', di un romanzo strutturato in
cinque, una sorta di instant book in prima persona partecipe sull'esodo
da Parigi del giugno '40 e l'occupazione tedesca della Francia. Per
quel che concerne la trasposizione, Saul Dibb e il co-sceneggiatore
Matt Charman hanno 'preso da 'Dolce' l'ambientazione in campagna, inserito i profughi di 'Tempesta' nel racconto e, infine,
incorporato le note di Irene per le parti successive, affinché l'epilogo del film fosse più duro, più crudo di quello di 'Dolce''.
Dunque, il film. La cittadina di Bussy attende un battaglione tedesco e la forzata convivenza che ne verrà. La placida, financo
remissiva Lucille (Michele Williams), rifugiata parigina, vive con la suocera, l'austera e meschina Madame Angellier (Kristin Scott
Thomas), mentre il marito è caduto nelle mani dei nazisti. All'orizzonte, il romanticismo: l'ufficiale Bruno von Falk (Matthias
Schoenaerts, "Ruggine e ossa") prende alloggio dalle donne, e per Lucille è il risveglio dei sensi. Sedata da un matrimonio di mero
interesse, scopre un inedito turbamento, scopre l'amore che brucia l'anima, l'amore per un tedesco, un nazista. Ma sotto la penna
umanissima della Némirovsky, sotto la camera diligente di Dibb, troviamo altri personaggi per altrettante reazioni all'occupazione:
'L'amore è il sentimento prevalente, ma insieme la cartina di tornasole di come le persone si comportino sotto pressione. La guerra
fa emergere il peggio e il meglio dell'individuo e, nel contempo, stigmatizza il discorso - e la lotta - di classe: a seconda del proprio
status sociale, del censo, le persone si relazionano diversamente agli occupanti'.(…)
Piuttosto che "Casablanca", Dibb cita per modello "Roma città aperta", "Le chagrin e la pitié" di Marcel Ophüls (1969), ma il voltaggio
cinematografico della "Suite" è inferiore.(…) Scenografie, trucco e parrucco eccellenti, interpreti all'altezza (la Scott Thomas è una
garanzia, Schoenaerts una promessa mantenuta), si corre però un rischio: che il minimalismo drammaturgico, la tavolozza tenue dei
sentimenti, il canovaccio trattenuto esautori la vita dal racconto.
Federico Pontiggia - Il Fatto Quotidiano
In questa cornice illustrativa, dove non sono poche le belle inquadrature e la musica sostiene con misura il ruolo di
spicco che le è affidato, la Lucile di Michelle Williams è quello che gli altri francesi non sono più: non è una
delatrice, non è un’avida, né un’ingrata. È una donna che resta umana e anzi si schiude veramente solo ora al suo
essere donna e creatura umana. (…)Fortunatamente Dibb non stravolge il materiale di partenza e dunque non c’è
troppo romanticismo in Suite Francese : l’amore non è felicità, ma solo l’ultimo rifugio della bellezza (di cui la
musica del pianoforte è manifestazione e strumento), in un mondo fatto di orrore e perdita della dignità. A sua
volta, la bellezza del film è tutta nella serietà e nella solitudine di Michelle Williams, che si porta in faccia quel
mistero che ancora avvolge l’ultimo romanzo di Irène Nemirovsky e del quale è doverosamente impossibile
venire a capo.
Marianna Cappi – Mymovies
'Se vuoi sapere com'è davvero la gente, fai una guerra'. La morale di "Suite francese", dal celebre e straziante
romanzo incompiuto di Irene Némirovsky, la enuncia una contadina. Per capirla fino in fondo la protagonista
Lucile dovrà subire l'occupazione della sua piccola città francese da parte delle truppe naziste (siamo nel 1940).
Affrontare la perdita del marito, disperso al fronte, e la convivenza con la suocera gelida e rapace. Scoprire che
i nuovi padroni del Paese sono sommersi da ripugnanti lettere di delazione scritte dai suoi concittadini, come
nel celebre "Il corvo" di Clouzot. Ma soprattutto ammettere con se stessa che quel giovane ufficiale tedesco
piazzatosi in casa loro, tedesco e nazista, senza ambiguità, oltre a saper suonare il piano e comporre musica, è
dotato di un cuore capace di far vibrare il suo... Abituati alle peggiori nefandezze in materia di cinema e
nazismo, accoppiata sempre pericolosa, temevano il peggio. Invece malgrado la confezione lusso questo
adattamento girato in inglese è duro, secco, composto, quasi privo di compiacimenti. Una sorpresa.
Fabio Ferzetti – Il Messaggero
Il tema centrale, che emerge con sempre maggiore
evidenza, é quello di un amore che nasce sulle
barricate di una guerra crudele e supera l'impossibile
scontro amici/nemici. Si tratta di un elemento
portante che la regia da un lato sviluppa nell'ottica di
una vicenda metastorica (ossia non legata alla Seconda
guerra mondiale ma simbolicamente valida in ogni
situazione) dall'altro colloca però dentro vari elementi
che toccano il rischio del melò e di una certa
improbabilità. Sono pericoli di una dialettica talvolta
un po' approssimativa che però passano in secondo
piano grazie alla regia attenta e pulita di Dibb e alla
interpretazione sofferta e sensibile di Michelle
Williams nel ruolo di Lucille. Il film è da valutare come consigliabile e nell'insieme di taglio poetico.
Commissione Nazionale Valutazione Film
La tessitura letteraria, e non indegnamente la sua trascrizione filmica, riscatta le prevedibilità dello
stereotipo, sviscerando le infinite sfumature anche scomode (i prestanti soldati biondi che fanno colpo su
una popolazione femminile forzosamente a corto di maschi) di cui fu impastata la tragica realtà.
Paolo D'Agostini – La Repubblica
C’è forse un unico istante, in Suite francese, in cui Saul Dibb mette da parte l’affresco e arriva all’essenziale,
inscritto sul volto gentile, ripreso in uno strettissimo primo piano, di Michelle Williams, che fa scivolare il suo
sguardo verso l’ufficiale nazista interpretato da Matthias Schoenaerts. È un incontro di anime, grazie alla
comune passione per la musica, che ricorda quello tra i due pari di Le silence de la mer di Vercors, altro
romanzo amatissimo della cultura francese sui tempi confusi dell’Occupazione. È una sequenza, questa nel
giardino, cadenzata da soli giochi di sguardo, furtivi e timidi, di inquadrature limitatissime. Eppure
paradossalmente è il momento di maggior respiro dell’opera, finalmente libera di poter esplorare il sentimento
chiaroscurale tra i due protagonisti senza il peso di una narrazione debordante da imbrigliare entro una durata
relativamente breve.
Fabiana Proietti - Sentieri Selvaggi
Michelle Williams e Matthias Schoenaerts, interpreti di grande sensibilità (lei tra le migliori attrici della sua
generazione, lui indimenticabile protagonista di "Un sapore di ruggine e ossa"), sono splendidi e credibili nel
ruolo di due innamorati che per destino hanno un ruolo e principi morali inconciliabili. L'amore impossibile su
sfondo bellico non è inedito al cinema ma "Suite Francese" si distingue quanto a messa in scena formale ed
elegante. Qualcuno un tempo l'avrebbe definito un melodramma "per signore" invece, semplicemente, si
tratta di un film di fascino.
Serena Nannelli – Giornale.it
Suite francese è un film che se, da un lato, sembra
mostrare sin dalle sue prime scene una forte impronta
classica, sia in termini di linguaggio che di struttura, si
rivela poi opera assai più complessa. Una volta che lo
spettatore abbia avuto modo di oltrepassare il primo e
più evidente strato melò, infatti, i motivi di interesse sui
quali fermarsi a riflettere non sono affatto pochi.
Innanzitutto perché il film in questione ha il raro merito
di offrire uno sguardo abbastanza inedito sul secondo
conflitto mondiale che, piuttosto che sul punto di vista
"macro" a cui tanto cinema bellico ci ha ormai abituato,
preferisce concentrarsi sul microcosmo chiuso di un
paesino e, nel particolare, di un appartamento in cui
ricostruire una versione "da camera" dello scontro. Tutto ciò senza incorrere mai nella facile tentazione di
adagiarsi su alcuno schema dicotomico "noi buoni - loro cattivi".
Lo spettatore ha così modo di assistere a due guerre distinte e differenti: una è, ovvio, la Seconda Guerra
Mondiale che fa da cornice a tutto, vista però dal basso di chi non ha idea di cosa stia realmente
accadendo, chi stia vincendo e forse neanche dei reali motivi per cui si combatta e ha piuttosto, come
unico scopo, solo quello di sopravvivere (la scena del bombardamento aereo iniziale in tal senso è
notevolissima). L'altra guerra invece è molto più privata e domestica, ed è quella tra due donne con due
modi irrimediabilmente diversi di approcciarsi al mondo fuori(…).Esattamente all'incrocio tra queste due
guerre c'è Lucile, giovane donna schiacciata dal peso di un amore vissuto principalmente come una colpa e
innervata di una fragilità solo apparente e che si rivela poi essere invece, con il dipanarsi della storia,
insospettabilmente forte nel suo opporsi fieramente ad un destino troppo duro e insensato per
assoggettarvisi in modo cieco.
Saul Dibb dirige con mano ferma e alcuni picchi di notevole raffinatezza visiva un dramma sentimentale
compatto e mai stucchevole, aiutato in questo da uno script calibratissimo che procede per accumulo
progressivo di elementi e sottotrame senza appiattirsi mai sul semplice cotè romantico della linea
narrativa principale, ma sviluppando ogni personaggio secondario, fino a costruire un piccolo affresco in
cui le singole storie si intersecano dandosi forza a vicenda.(…)
Fabio Giusti- FilmUp