Prefazione a Sulla immortalità degli animali di E

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Prefazione a Sulla immortalità degli animali di E
Luise Rinser
Prefazione a Sulla immortalità degli animali
di E. Drewermann
"Alle cavie si recidono le corde vocali per non sentire più i lamenti disperati".
Eugen Drewermann
Chi, costretto a udire gli urli degli animali seviziati dall’uomo, li sopporterebbe?
Chi non si turerebbe le. orecchie? Del resto, non esistono forse società per la
protezione degli animali e leghe come il WWF (World Wildlife Fund) che
hanno il compito di occuparsi di queste questioni? E gli esperimenti condotti
sugli animali non sono forse necessari per il bene della medicina umana? Non
costituiscono forse un’esigenza legittima della scienza, resa tale persino dalla
teologia cristiana che ha interpretato le parole del Creatore nell'Antico
Testamento (Genesi): "Soggiogate la terra" come una sorta di ingiunzione
rivolta agli uomini a essere "i signori della terra" e a fare degli animali i nostri
schiavi?
Le cose, tuttavia, stanno davvero nel senso indicato da queste domande?
Davvero gli animali sono stati creati da un Dio che ama, solo perché gli uomini
ne disponessero a loro piacimento?
Nostri antichissimi progenitori, gli animali abitavano su questa terra già molto
tempo prima dell'apparizione dell'essere umano, e convivevano pacificamente.
L'agnello dormiva accanto al leone e nessun animale uccideva l’altro poiché
tutti si nutrivano d'erbe, come è scritto nella Bibbia: "Poi Dio disse: Ecco, io vi
do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il
frutto che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a
tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è
alito di vita, io do in cibo ogni erba verde". Dio non disse all'uomo, ad Adamo:
"Tutti mangiano le piante, ma solamente tu, in quanto signore della creazione,
puoi uccidere gli animali e mangiare la loro carne". Egli disse solo che l'uomo
poteva "dominare" sugli animali, il che significa poteva "coltivare e custodire il
giardino di Eden". (Gn 2,15). Dio affidò all'uomo la terra non per sfruttarla, ma
per proteggerla.
Questo accadeva ai tempi del Paradiso e l'uomo era fraternamente vicino a
quegli esseri dai quali, nel corso di milioni di anni, lo ha distanziato il cammino
evolutivo: egli avvertiva ancora l'alito divino comune a tutti e a tutto. Tutto era
stato creato dalla materia terrestre risvegliata alla vita dall'alito di Dio. Per
questo, tutto ciò che esiste vive solo grazie al soffio vitale di Dio. tutto ciò che
vive, dunque anche gli animali. Uomini e animali sono, in breve, entrambi
manifestazione del principio vitale. E tutto è dotato di un'anima divina poiché se
cosi non fosse, non vivrebbe.
Com’è possibile, dunque, sostenere con serietà che gli animali non abbiano
un'anima? Gli animali certo non sanno ciò che sanno gli uomini: di avere in se
un’"anima immortale". Ma gli uomini lo sanno poi davvero? La maggior parte
degli uomini non vive forse nella stessa "ottusa ignoranza" degli animali?
Inconsapevole, certo non meno degli animali, della propria divinità? Chi può
dire con certezza che gli animali, che oggi abitano con noi questo pianeta, nel
corso dell'evoluzione non diventino consapevoli di avere un'anima e che il loro
cammino evolutivo non possa sopravanzare il nostro? Non c’è forse negli
animali un impulso all"' apprendimento"? Davvero essi non hanno desiderio di
spirito, come dice san Tommaso d'Aquino? Non è forse scritto nella Bibbia che
l'intera creazione geme e soffre nelle doglie del parto? E che cosa
significheranno queste parole, se non che anche gli animali anelano alla
liberazione dalla loro condizione attuale e attendono la Redenzione? Chi osserva
le "scimmie antropomorfe" allo zoo ne può vedere la tristezza, un'afflizione che
non deriva solo dalla cattività poiché è osservabile anche negli animali che
vivono in libertà. Mi capita spesso di vedere questa pena negli occhi del mio
cane, un cane "felice", privilegiato. Lui non sa il perché della sua pena. Sono io
a dirglielo. Gli prometto la Redenzione "Se io verro esaudita, anche tu lo sarai
con me, fratello cane" Ci sono momenti in cui avverto il legame eterno tra la
mia anima e quella del mio cane, e il mio cane, a modo suo, avverte lo stesso.
Talvolta percepiamo che cos’è: il Paradiso. Nell'amore abissale del Creatore per
le sue creature presentiamo quella condizione che ci è stata promessa: il
ripristino del Paradiso.
Ma che cosa successe allora (secondo la Genesi) quando distruggemmo il
Paradiso? Non solo l'uomo si elevò al disopra degli animali e dell'intera
creazione; in quel momento avvenne la grande separazione di tutti gli esseri, in
quel momento ebbero inizio le nostre sofferenze: precipitammo fuori del circolo
dell’amore universale per ritrovarci abbandonati sulla terra. Gli animali
condivisero il nostro destino poiché è scritto che Abele diventò pastore e Caino
agricoltore. C'erano dunque animali che avevano abbandonato il Paradiso
insieme con gli uomini, innocenti, eppure indissolubilmente legati al destino
umano. Poi accadde qualcosa che dal punto di vista teologico resta inspiegato,
qualcosa di oscuro che urta contro la nostra comprensione: Abele sacrificò
all'Altissimo un agnello, Caino gli offri i frutti della terra. Dall'offerta di Abele
si innalzò una colonna di fumo diritta al cielo; quella di Caino rimase, invece, a
strisciare al suolo. L'interpretazione è assurda: il sacrificio animale offerto da
Abele è gradito a Dio, che invece non accetta i prodotti della terra offerti da
Caino. Chi ha dato questa interpretazione? I pastori del tempo, in concorrenza
con gli agricoltori? Più avanti nella Bibbia leggiamo pero che l'Altissimo rifiuta
tutti i sacrifici animali, chiedendo al posto del sacrificio della carne amorevole
obbedienza.
E nel Nuovo Testamento? Colui che noi chiamiamo "Gesù Cristo" (il suo vero
nome aramaico era Jeshua) arrivato al tempio di Gerusalemme fu colto dall'ira,
o meglio dall’orrore. Vide infatti le. vittime sacrificali destinate alla
macellazione secondo il rito ebraico: pugnalate alla gola e abbandonate a un
lento dissanguamento. Jeshua gridò: "Voi fate della casa di preghiera una
spelonca di assassini". Avrebbe potuto dire: ne fate un mattatoio; disse invece:
spelonca di assassini. Non e abbastanza chiaro? Parla di assassinio. Assassinio
di animali. Ne ha orrore. Lo condanna. "Non uccidere".
Non c’è nessuna differenza tra uomo e animale, cosi come non ce n’è tra
animali "puri" e "impuri". Il divieto vale per tutti nei confronti di tutto.
Noi, invece, richiamandoci alla teologia cristiana, sosteniamo che il divieto di
uccidere non si riferisca agli animali, poiché essi non hanno anima. C’era un
tempo in cui la Chiesa credeva che neanche le donne avessero un’anima, o che
almeno ne avessero una di molto inferiore a quella maschile. E c'era anche un
tempo in cui si credeva che i "negri" non avessero anima e potessero pertanto
essere venduti come "schiavi", come merce priva di vita, o essere impunemente
uccisi.
Alle donne e alle persone di colore oggi viene riconosciuta un'anima. Agli
animali invece continua a essere negata. Vi sono state epoche in cui gli uomini
conoscevano l'anima degli animali, e perciò chiedevano loro perdono prima di
farne prede di caccia. Ed epoche in cui gli uomini temevano la vendetta degli
animali uccisi, le cui "anime" non erano certo state uccise con loro, ma
continuavano immortali a vivere e potevano funestare la casa dell’assassino.
Noi oggi uccidiamo in un modo che non ci appare neanche più un'uccisione.
Ricordo la scena dei giorni di festa quando nel podere di mia nonna veniva
macellato il maiale. A farlo non erano i garzoni della fattoria, perché i garzoni
conoscevano bene gli animali! Veniva un macellaio professionista che portava
con sé un robusto bastone con cui colpiva il maiale alla testa, una forma
primitiva di anestesia. Era solo a questo punto che veniva inflitto il colpo
mortale. Il tutto si svolgeva rapidamente, eppure mi sembrava spaventoso, e al
tempo stesso solenne: il modo in cui le serve si tenevano pronte a raccogliere in
certe ciotole il sangue dell'animale morto aveva qualcosa di rituale e qualcosa di
fatale, di inesorabile.
Della vita e della morte atroci delle bestie da macello oggi non vediamo più
niente. Tutto procede automaticamente. Appena poco fa c'era un animale, ora
nient'altro che pezzi di carne: il nostro nutrimento. La nostra forma di
cannibalismo.
Una parola eccessiva?
Induisti e buddisti non mangiano carne. Perché no? Perché sanno che anche
negli animali c’è atman, il soffio divino. Gli animali: una manifestazione di Dio.
C’è una bella storia indiana che dice: "Un uomo vuole incontrare Buddha, ma se
Buddha è morto già da tanto tempo, come farà a incontrarlo? Un altro, un
saggio, gli dice: Va' al mercato, 1ì lo incontrerai. Ma, dice il primo, come faccio
a riconoscerlo? Molto semplice, risponde l'altro: lo incontri in ogni mendicante,
in ogni donna, in ogni animale. Il primo cane che passa sul tuo cammino, quello
è Lui".
Nel Nuovo Testamento c’è quella storia che per me è lo specchio di una grande
cosmologia: Jeshua giudice. Gli uomini vanno da lui, che li manda di volta in
volta o alla sua destra o alla sua sinistra. E in base a che codice, secondo che
legge li suddivide? Dice: tu hai ucciso, tu hai commesso adulterio, tu hai
calunniato? Dice: tutto quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli
l'avete fatto a me, e ogni aiuto che avete negato ai miei fratelli lo avete negato a
me.
Non dice: quanto avete fatto di bene o di male vale come se lo aveste fatto a me.
No, dice: lo avete fatto a me. Significa allora: sono io colui al quale avete fatto
del bene o lo avete negato. Io. Poiché io sono in ogni essere vivente. Se
picchiate un asino, picchiate me. Se strapazzate a morte un cavallo, strapazzate
me. Se alleviate la sorte di un animale, alleviate la mia sorte. Amando e
proteggendo gli animali dimostrate a me il vostro amore.
Chi per una volta abbia accolto pienamente dentro di sé questa parola non potrà
mai più maltrattare un animale e, se è coerente, non potrà neanche più mangiare
carne, perché in questo modo si farebbe complice della morte degli animali.
Oggi si sa che si può vivere benissimo senza mangiare carne e che vivendo da
vegetariani si evitano persino molte malattie.
Una società di vegetariani invitò una volta un uomo che adorava mangiare
carne. Il menu era completamente vegetariano. All'ospite carnivoro fu servita
una colomba viva con un coltello. Da quel momento in poi non mangiò più
carne.
È l'anonimato delle nostre vittime a renderci sordi agli urli degli animali.
Ci vorrà molto tempo perché l’umanità capisca che non soltanto i popoli della
terra sono un solo popolo, ma che uomini, piante e animali insieme sono il
"Regno di Dio" e che il destino degli uni è anche il destino degli altri. Oggi lo
chiamiamo "equilibrio ecologico", indicando con questo ciò che è utile al
mondo umano e ciò che lo danneggia: una prospettiva materialistica e
antropocentrica. Non basta. Non ci porta al nocciolo del grande problema
cosmologico: chi sono i figli di Dio, e chi verrà redento alla "fine dei tempi"?
Chi vive con gli animali nel pieno rispetto del loro atman, del divino soffio
vitale che è in loro, vede e sente le loro molteplici sofferenze (una delle quali e
anche l'imperdonabile ipernutrizione dei nostri animali prediletti) e si sente
complice della sofferenza delle creature. Io sono molto legata agli animali: li
amo come miei fratelli, e soffro con loro. Da questa compassione, che è
compartecipazione alla sofferenza, è nato un capitolo del mio romanzo Sono
Tobias. Vi si parla di un pastore che, di fronte al dolore del mondo, si lascia
prendere dalla disperazione. Da teologo si domanda come tutto ciò si concili
con il "Redentore" e con la sua sofferenza e la sua crocifissione in vece nostra.
È servito a qualcosa? Per il mondo degli uomini, forse. Ma per il mondo dei
nostri fratelli, gli animali? Il Crocifisso, nel suo amore che tutto avvolge,
l'Amore in persona, ha pensato anche ai gridi di lamento degli animali?
Egli è morto davvero per noi tutti, dunque anche per gli animali. Perché
altrimenti Francesco d'Assisi avrebbe messo nel presepe, che è una sua
creazione, degli animali: il bue e l'asino, e proprio davanti alla stalla come
testimoni della nascita del Liberatore di tutte le creature? Perché sotto alla croce
non ci sono animali? Ci sono solo cavalli, ma a servizio della milizia (romana)
Sotto alla croce devono esserci anche gli animali, poiché tutti gli animali, ogni
creatura, tutti devono partecipare della Redenzione ad opera dell'Amore eterno.
Quando quindici anni fa il mio amatissimo cane Vanno morì io piansi molto. La
mia indimenticabile amica Ingeborg mi disse allora: "Non piangere, il tuo cane
adesso e presso il Grande Cane". Aveva pensato, senza saperlo, platonicamente.
Io penso realisticamente e cristianamente: rivedrò il mio cane e tutti i cani della
mia vita perché sono parte della mia vita, e ciò significa che verranno redenti
insieme con me poiché sono immortali. Immortali grazie a ciò che ci unisce:
l'atman, il divino soffio vitale.