Genere Giallo e Nero p.2

Transcript

Genere Giallo e Nero p.2
Genere Giallo e Nero p.2
IL GIALLO E IL NERO ( SECONDA PARTE)
A) LA SERIE COLOMBO
La serie Televisiva del Tenente Colombo, creata da William Link
e Richard Levinson, pare capovolgere le regole del Giallo
Tradizionale.
Non si tratta affatto di un whodunnit perché l’assassino
lo conosciamo fin dal principio e conosciamo anche nei
dettagli
come ha concepito il delitto, come lo ha eseguito, come si è procurato
un alibi e quali falsi indizi ha seminato.
Colombo inoltre non
individua l’assassino tra molti indiziati, ma con fiuto prodigioso,
fin dal principio individua l’assassino e
ingaggia una sfida
con lui. La storia di ogni singolo episodio è appunto la
storia di questa sfida. L’assassino mette in campo
tutta
la sua professionalità, non quella di tipo criminale, perché non è affatto
un killer professionista, ma quella caratteristica
del suo tipo
di lavoro: può essere un esperto di effetti speciali, un
direttore d’orchestra, un cantante… ma sempre uccide
usando tecniche, tecnologie, sfruttando occasioni a lui famigliari
perché le ha apprese dalla sua esperienza di lavoro. Colombo
ignora queste tecniche e le studia al precipuo scopo di individuarne
il possibile uso criminale. La gara tra assassino e detective è
sempre
molto cavalleresca, solo in un’esigua minoranza di casi l’assassino
tenta di uccidere il Tenente. Non ci sono, nella
serie, sparatorie
e inseguimenti .Gli stessi delitti sono straordinariamente puliti,
ben diversi insomma da quelli cruenti e
morbosi di serie Tv contemporanee
come CSI. All’apparenza Colombo usa un modulo più tipico
del Nero che del Giallo (tutto
è chiaro, viviamo i fatti
in presa diretta, la nostra curiosità è :come riuscirà Colombo
a smascherare l’autore di un delitto così
perfetto,
ma insieme ci appassioniamo anche alla figura dell’assassino
che ricorre a qualsiasi astuzia pur di cercare di
cavarsela ),
eppure la signorilità estrema, direi persino l’eleganza
dei crimini ha di certo un legame più stretto con il classico
giallo anglosassone piuttosto che con l’
hard boiled o con
il poliziesco
d’azione americani.
Il format pare anch’esso smentire le regole classiche (tanto
più quelle definite da Syd Field): Colombo entra nella vicenda
generalmente dopo quindici minuti, il che per episodi della durata
di un’ora, dunque molto inferiore a quella di un film, costituisce
una singolare eccezione. Pur essendo il protagonista indiscusso,
la sua vita privata resta avvolta nel mistero ( è sposato
e parla spesso di sua moglie, che però ci resta sempre invisibile
e sconosciuta). Colombo ci diventa famigliare perché lo
vediamo agire sempre allo stesso modo, non perché lo conosciamo
in tutti i risvolti. Colombo è una tipica maschera da commedia:
non vediamo mai il suo volto sotto la maschera, il suo volto coincide
con la sua maschera.
L’ Eccezione Colombo conferma la regola, perché mette
a nudo i meccanismi più tipici del giallo classico. Per
un
aspirante sceneggiatore è una perfetta dimostrazione
di come si costruisce un plot giallo. Alla base del plot, come
si è visto
nella precedente lezione, c’è un
delitto perfetto che però all’indagine dell’investigatore
si rivela tutt’altro che perfetto. Dunque:
come fa uno sceneggiatore
a fissare le caratteristiche del delitto, come fa a rendere compatibili
la Perfezione e l’ Errore?
La debolezza fondamentale del delitto perfetto è che dev’essere
fatto in fretta. Questo ci insegna la serie Colombo. Non
basta
odiare una persona per ucciderla. Si decide di ucciderla in un
determinato momento, perché è necessario,
indispensabile
e improcrastinabile per l’assassino uccidere subito. L’odio
e/o la rivalità tra il carnefice e la vittima,
probabilmente
sono cresciute nel corso degli anni, ma diventano delitto solo
quando l’assassino non ha altra scelta, non ha
altro mezzo
per fermare il suo rivale o il suo avversario, che farlo fuori.
Quando scrivete un giallo, dunque, non dimenticate
mai che c’è una
domanda fondamentale cui dovete rispondere e questa domanda è:
perché l’assassino uccide proprio in quel
momento?
Non basta il movente, non basta la costruzione e l’esecuzione
del delitto, bisogna anche escogitare il motivo che lo
ha reso
così urgente.
La programmazione di un delitto non somiglia affatto a una programmazione
industriale che studia e progetta un prodotto,
valuta il modo e
il momento più conveniente per produrlo, distribuirlo e
promuoverlo, segue insomma una strategia che può
richiede
mesi, anni per poter giungere a compimento. Il delitto
si decide sull’istante e va commesso subito. E
contemporaneamente al
delitto vero e proprio, l’assassino deve anche assicurarsi
un alibi e preoccuparsi di seminare falsi
indizi. La sua performance
ci appare prodigiosa, in queste condizioni. Nessuno che non sia
un killer professionista può
uccidere così, nessuno
può programmare ed eseguire un delitto con queste modalità e
in tempo tanto ridotto. Ciò fa parte
dell’astrattezza
e l’irrealismo del Giallo di cui si è parlato nella
precedente lezione. Certo, mostrando le tecniche raffinate e
specialistiche
cui l’assassino ricorre e le circostanze ambientali che favoriscono
il delitto, gli avvenimenti ci sembrano meno
assurdi, tuttavia
questo non basta. L’errore commesso dall’assassino
diventa a questo punto il vero e insostituibile elemento
equilibratore:
ci pare infatti perfettamente realistico, spiegabile e umano che,
soggetto a un tale stress, l’assassino trascuri
qualche dettaglio
e lasci dietro di sé degli indizi rivelatori. ( Di nuovo,
come osservato nella precedente lezione: il racconto si
fonda e
si sviluppa sulla dialettica tra elementi opposti, in questo caso:
Perfezione e Fallibilità).
Per il pubblico che segue la storia, la rapidità d’esecuzione
effetti emotivi:
e
1) Meraviglia. Ogni gesto ci appare pensato e misurato, minuto
freddezza;
del delitto contribuisce a definirne la perfezione, con questi
per minuto, eseguito scrupolosamente con prodigiosa lucidità
1/4
Genere Giallo e Nero p.2
2) Turbamento. Il delitto è troppo perfetto. L’assassino
deve essere fermato non solo e non tanto perché ha ucciso,
ma perché è
troppo bravo. Un tipo così non è solo
pericoloso, è antipatico.
3) Sollievo. Il simpaticissimo investitore/uomo comune riesce a
fermare l’assassino mostrandoci che non è stato abbastanza
bravo
.
L’assassino smascherato dunque non è più quel
superuomo che sembrava al principio, è uno che ci ha provato
facendo del
suo meglio, ma si è rivelato alla fine un essere
umano fallibile come noi. Ci risulta a quel punto persino simpatico.
Anche qui ritroviamo un finale contrapposto all’inizio .
E’ su questo che si fonda l’effetto sorpresa. Anche
meccanismo si ripete identico in tutti gli episodi, ogni
volta il gioco degli opposti ci procura quella dose di sorpresa
quale un racconto Giallo non funziona.
se il
senza la
B) VIALE DEL TRAMONTO
Abbiamo detto nella lezione precedente che uno dei meccanismi distintivi
del Nero, quello in particolare che garantisce la
tensione del
racconto è che il protagonista può morire. Cioè la
curiosità del pubblico viene stimolata dall’interrogativo:
riuscirà il protagonista a cavarsela?
Viale del Tramonto (Sunset Boulevard, 1950) di Billy Wilder,
sceneggiato dallo stesso Wilder con Charles Brackett e
D.M.Marshman
jr. smentisce
clamorosamente questa regola, in quanto al principio del film ci
appare il cadavere
(vestito) del protagonista che galleggia su
una piscina. Lo stesso protagonista ci narra la sua storia, ma
la sua voce non è
soltanto una voce fuori campo, è la
voce di un morto. Dunque sappiamo già come andrà a
finire. Wilder adotta alcune astuzie
stilistiche per prepararci
alla rivelazione: al principio il protagonista parla di sé in
terza persona senza nominarsi ( “un
giovanotto” di
professione sceneggiatore) e la macchina da presa inquadra il cadavere
dall’alto, mentre galleggia bocconi, ma
subito in un controcampo
dal associ viene mostrato il volto del cadavere e quando successivamente
la voce fuori campo
assume la prima persona e vediamo il protagonista
ancora vivo ne riconosciamo l’identità. Al contempo
in questa prima e
sorprendente rivelazione, Wilder fa dire al protagonista
che la sua intenzione è di raccontare la vera storia del
suo omicidio
prima che la stampa possa alterarla. Insomma: all’interrogativo “riuscirà a
cavarsela?” ne viene esplicitamente sostituito un altro: “
com’è andata
veramente?” L’ironia è evidente. Tutti siamo
attratti dalle notizie di cronaca criminale specie quando riguardano
dei personaggi dello spettacolo (in questo caso l’omicidio
coinvolge una celebre star del cinema muto) e tutti ci poniamo
leggendo,le domande caratteristiche del giallo: chi ha ucciso?
Perché lo ha fatto? Come sono andate le cose? Un resoconto
giornalistico non svela mai fino in fondo le risposte e quand’anche
lo faccia, ricostruisce una verità ufficiale o una verità polemicamente
contrapposta a quella ufficiale, ma c’è una cosa che
non potrà mai rivelarci: la versione dei fatti ad opera
della vittima
stessa. Ecco un nuovo e potente motivo di curiosità:
quale diversa verità può fornirci la vittima? La
stravaganza del racconto di
Wilder è tanto più conturbante,in
quanto non ci si riferisce a un fatto di cronaca realmente avvenuto,
cioè noi non conosciamo
queste altre versioni, conosceremo
attraverso il film (narrato non da un protagonista qualsiasi, ma
da uno sceneggiatore)
esclusivamente la sua versione dei fatti.
Certo non vede per quale motivo un morto dovrebbe mentire,si suppone
che i
fantasmi dicano la verità : è proprio per ristabilire
la verità che essi sono anime inquiete. Si tratta tuttavia
pur sempre della loro
verità soggettiva. Da un lato siamo
portati a crederci,dall’altro permane un elemento di dubbio
rafforzato dall’incontrovertibile
dato di partenza :ci troviamo
di fronte a un mistero, a una situazione controversa, passibile
di alterazione.
Abbiamo anche osservato nella precedente lezione, che la partenza
classica di un Nero ci presenta un protagonista dalla vita
grigia
e normale, prevedibile. Qui invece il prologo è del tutto
spiazzante: un morto che racconta ci predispone infatti
all’imprevedibilità più assoluta.
Sarà il racconto a rendere coerente questo paradossale inizio.
La storia infatti è una storia di fantasmi, i co-protagonisti
( la vecchia attrice del muto Norma Desmond, il suo inquietante
maggiordomo ex regista ed ex marito Max) vi agiscono come
fantasmi
anche se sono fantasmi viventi. Il Nero di Viale del Tramonto è dunque
un Nero molto particolare, aperto a
suggestioni gotiche.
Tuttavia si tratta anche di un Nero dei più classici: il
protagonista Joe Gillis, in vita, è un soggettista fallito,
reso cinico
dalla disillusione, preoccupato ormai solo di sbarcare
il lunario, senza più preoccupazioni estetiche né etiche
, uno squallido
profittatore che ha smarrito ogni dignità.
Insomma il più tipico degli anti-eroi del Noir, il cui unico
orizzonte è la sopravvivenza ,
anzi per essere più precisi: è galleggiare
. La prima immagine in cui ci viene presentato è dunque
simbolicamente già
rivelatrice : un morto che galleggia.
E dove? Nell’acqua della piscina della vetusta villa di una
ex star, a sua volta simbolo di
successo e di inarrestabile decadenza.
In altri termini il racconto del film ci conduce alla verità già rivelata
(simbolicamente e
dunque oscuramente) nella prima immagine. Inoltre
di questa prima immagine ci si dice esplicitamente che è il
finale .Questo
conferma quanto detto nella precedente lezione circa
l’importanza del finale nel Nero. E’ la fine che orienta
il percorso
narrativo.
Si è anche detto nella precedente lezione che nel Nero l’uso
e frequenti che in ogni altro genere di film. La voce fuori campo
(1) il vantaggio è che la vicenda può essere facilmente
di passaggio;
della voce fuori campo e quello del Flash Back sono più diffusi
in particolare ci offre un vantaggio e uno svantaggio:
sintetizzata nei suoi momenti cruciali, eliminando molte scene
(2) lo svantaggio è che il narratore in prima persona può raccontare
solo situazioni direttamente vissute, dunque
tendenzialmente egli
dovrà essere presente in ogni scena, e da sceneggiatori
non potremo facilmente alternare scene in cui il
protagonista è in
campo, a scene di altri personaggi a contrasto o a contorno. Queste
altre situazioni ,se narrativamente
necessarie, dovranno comunque
essere a conoscenza del protagonista-narratore, perché la
sua ricostruzione resti credibile e
rigorosa. Non potremo in altre
parole situare nel racconto eventi paralleli di cui il protagonista
narratore sia inconsapevole.
(Cfr. quanto già scritto nella
lezione n.3 su “Il protagonista narratore”).
2/4
Genere Giallo e Nero p.2
Il modello di struttura narrativa usato da Wilder in Viale
del Tramonto, era già stato da lui stesso usato due
anni
prima nel film
La fiamma del peccato (Double Indemnity)
,
un capolavoro , pietra miliare anzi fondativa del genere Noir .
Qui il protagonista
ci appare al principio del film
mentre detta la sua confessione-testimonianza
a un registrazione. Non capiamo ancora che egli è ferito
e quasi moribondo, lo
scopriremo solo alla fine, ma ci è già evidente
che egli è uno sconfitto. Anche qui,in qualche modo,il finale è dato
. Non subito
trasparente,ma già dichiarato. Il protagonista
ci racconta una storia che è già accaduta e che nulla
più può modificare. Il senso
del Destino incombe
su di noi con tutta la sua ineluttabilità.
Questo solleva un interrogativo molto importante per lo sceneggiatore:
imprevedibile?
se la storia è ineluttabile come riusciremo a renderla
Torniamo per un momento a Viale del Tramonto. C’è un
momento in cui Joe Gillis, lo sceneggiatore frustrato, ha
un’alternativa
. Incontra e si innamora di una sceneggiatrice che crede nel proprio
lavoro e apprezzando il suo talento,
collabora con lui, lo aiuta,
lo incoraggia, gli consente di riscoprire ideali e persino qualche
scrupolo morale. La vicenda,
l’andamento tragico delle cose,
spazza via questa speranza di riscatto, tuttavia questa speranza
c’è. Insomma: in un racconto
Nero, è di fondamentale
importanza che il protagonista incontri sul proprio cammino delle
biforcazioni . La vita deve offrirgli
delle chance, per poi negargliele
.E’ da questo contrasto che prende forza l’elemento
tragico. Se state raccontando la storia di
una sconfitta ,non dovete
mai dimenticare di raccontare anche le opportunità di vittoria,
così come raccontando la storia di una
vittoria non potete
prescindere dal raccontare anche gli ostacoli, le difficoltà e
gli scacchi momentanei .
Nel modello narrativo della Fiamma del Peccato il flash
back inizia da un pre-finale. A conclusione del film vediamo dunque
cosa accade
dopo i fatti inalterabili in quanto già avvenuti. Lo stesso
modello è stato usato ad esempio nel film
Bound
(1996)
scritto e diretto dai fratelli Wachowski. Qui al principio del
film, la
protagonista ci viene presentata legata e
imbavagliata ,in una
situazione senza apparente via d’uscita. La storia viene
poi narrata in FLASH BACK dal principio e
quando si torna all’inizio
riprende “in diretta” con nuovi sviluppi fino alla
conclusione.
Il punto è : se la scena da cui cominciamo a raccontare è un
pre-finale, quale punto del pre-finale dobbiamo scegliere da
sceneggiatori?
La risposta è la stessa fornitaci da Viale del Tramonto,
perché anche qui l’appare finale del morto in piscina
si rivela in realtà per un pre-finale. Quando infatti il
racconto circolare si chiude e torniamo alla scena d’inizio,vediamo
cosa accade poi non attorno alla piscina, ma all’interno
della villa ,quando l’anziana attrice del muto si consegna
alla polizia.
Il morto in piscina, l’assicuratore ferito che si confessa
al magnetofono, la donna legata e imbavagliata , sono tutti pre-finali.
Ma ciascuno di loro è simbolicamente rivelatore. Gli autori
non hanno scelto una scena qualsiasi , ma quella che rende più
evidente
la metafora del film e insieme ci presenta con maggior forza il
protagonista: il cadavere di un anonimo individuo che
galleggia
vestito in una piscina e che ci parla perché vuole consegnare
ai posteri la sua verità; un broker assicurativo in preda
al “demone della perversità” ,mentre cioè cede
all’impulso a confessare (non di fronte a una persona, ma
affidandosi a
uno strumento impersonale,meccanico); una donna
combattiva, ma avvinta dai lacci. Queste tre situazioni esemplari
ci
presentano una situazione estrema e insieme mettono in scena
un contrasto molto forte tra elementi opposti. E’ da qui
che
scaturisce la tensione del racconto. Dunque la nostra scena
d’inizio dovrà essere quella che meglio mette in luce
allo stesso
tempo l’esemplarità dell’evento
e la natura ambigua del protagonista.
C) Un errore frequente
Ci sono stati e ci sono, nello sviluppo del Giallo e del Nero,
molte varianti, spesso messe in campo allo scopo di risolvere un
problema importantissimo: evitare la prevedibilità. Un racconto
di tensione, comunque condotto, se diventa prevedibile nelle
sue
scansioni e nella sua struttura, uccide la tensione stessa. Oppure
diventa talmente uguale agli altri racconti dello stesso
genere
da risultare troppo poco originale.
In effetti, se ci considera l’attuale produzione letteraria
di gialli, si può facilmente notare un avvenuto e consolidato
cambiamento: mentre la letteratura gialla alle origini e nella
sua fase di maggior sviluppo era scritta da veri professionisti
del
genere, oggi è diventata la forma più diffusa
di letteratura d’esordio. Mentre un tempo scrivere un giallo
richiedeva una
padronanza assoluta dei meccanismi narrativi, oggi
anche un scrittore alle prime armi crede di poter affrontare la
scrittura di
un giallo perché la considera, alla base, più facile
rispetto a un altro tipo di romanzo. La struttura pare infatti
pre-determinata e
la scaletta già bell’e pronta:
1. delitto, 2. indagine con escussione dei testimoni in bell’ordine,
uno dopo l’altro, 3. soluzione del
caso.
ATTENZIONE: una struttura narrativa, in un buon racconto,
non deve mai essere esibita allo scoperto. Dobbiamo
mettere
in scena dei corpi, non degli scheletri. Dobbiamo mostrare gli
alberi, non gli
anelli del tronco. Se lo schema,
la scaletta, risulta troppo rimarcato
ed evidente, il racconto, nel suo concreto svolgersi, va a farsi
benedire (anzi va a farsi
maledire). Una scaletta è la base
(meglio se invisibile al lettore o allo spettatore) su cui si struttura
il racconto, non è e non
deve essere oggetto di racconto,
fino al punto da coincidere con il racconto stesso. La scaletta è la
vostra guida, ma è anche il
vostro principale avversario
, soprattutto nel racconto giallo alla cui base c’è una
gara, una sfida tra scrittore e lettore.
Lo scrittore espone tutti gli elementi del Caso, perché il
. Il lettore di gialli alle fine valuterà non solo la storia
corso della storia, si troverà spesso a cambiare candidato,
dello scrittore, non è
si
lettore sia condotto a farsi domande e a gareggiare con l’investigatore
in sé ,ma anche se lui ha indovinato o meno l’assassino.
E nel
proprio perché l’esposizione degli elementi e delle
tracce, da parte
stata affatto ordinata. Se tutto si svolge ordinatamente e la scaletta è sotto
gli occhi di chi legge, l’effetto sorpresa/rivelazione
perde totalmente .Resta solo l’ordine e il caos scompare,
mentre invece noi dobbiamo raccontare l’ordine come vittoria
sul caos, non come esclusione del caos.
Viceversa in molti romanzi noir contemporanei, si commette l’errore
eguale e contrario. Si pensa che sia facile raccontare le
3/4
Genere Giallo e Nero p.2
vicende
per esempio di un serial-killer perché l’assassino è per
definizione un pazzo, dunque possiamo fregarcene di ogni
logica
narrativa, di ogni plausibilità psicologica, di ogni movente
realistico. Rispetto a questa tendenza, molti scrittori di gialli
classici hanno potuto facilmente sentenziare che chi scrive un
noir incentrato su un serial-killer è semplicemente uno
che
non sa scrivere, perché incapace di dare il minimo senso
e percorso al proprio racconto. Il giudizio può apparire
sbrigativo e
persino convenzionale, ma alla base ha qualcosa di
vero: come il Giallo non può permettersi di dormire sull’ordine,
così il Nero
non può smarrirsi in una sequenza di
azioni insensate. In un Nero che si rispetti noi dobbiamo raccontare
l’ambiguità di un
personaggio dalla psicologia molto
ben definita e il suo confrontarsi con eventi estremi, ma esemplari
di un Fato.
Nelle apparenti eccezioni che abbiamo qui esaminato, il format
ferreo e sempre eguale a se stesso di Colombo viene
occultato
sotto il cambiamento continuo, di puntata in puntata, degli ambienti
(non si vede mai l’ufficio della polizia, ma solo gli
ambienti
sempre diversi in cui avvengono i delitti), dei personaggi degli
assassini (vere e proprie guest star con ruolo da
co-protagonista),
delle dinamiche dei delitti, delle tecniche stesse di indagine
di Colombo (che usa il suo fiuto e diffida delle
indagini tradizionali,
che il più delle volte non portano a niente. Il metodo di
Colombo sta nella complicità apparente con
l’omicida
e nella propria capacità di improvvisare).
Quanto ai noir qui esaminati , l’andamento apparentemente
circolare del racconto, ma con finale aggiuntivo, crea
un’alterazione
temporale che sconfigge la sequenza “naturale” degli
eventi , scambiando inizio e fine, alternando passato e
presente,
situazione data e situazione in evoluzione.
dinamica
Porno.
L’architettura narrativa, in questi generi non può permettersi
attraverso un sapiente gioco degli opposti.
Nella prossima lezione prenderemo in esame altri due generi di
di essere statica, deve anzi poter consentire la massima
solito considerati in contrasto tra loro: l’Erotico e il
19° Lezione di Gianfranco Manfredi by www.gianfrancomanfredi.com 4/4