Mark Spitz

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Mark Spitz
Mark Spitz
By Donatella Mondin
… ovvero “il baffo più veloce del West” mi
verrebbe da dire, parafrasando dal linguaggio
dei cow-boys americani. Una definizione
senz’altro “stretta”, ma tant’è, le associazioni
mentali sono spesso imperscrutabili.
I XX Giochi Olimpici nella vicina (per noi)
Monaco di Baviera catapultano via etere – ad
orari decenti per poter essere seguita – una
quantità inimmaginabile (per me) di sport e
gare di altissimo livello, che sarebbe rimasta
per sempre impressa nella mia corteccia
cerebrale di ragazzina. Come da sempre alle
Olimpiadi, il nuoto apre le danze, ed un
personaggio su tutti “buca il video” ed entra
nell’immaginario collettivo per il suo aspetto
così diverso da quello degli altri nuotatori, ma
soprattutto per le sue imprese che
sarebbero entrate nella leggenda.
Mark Andrew Spitz ha 22 anni ai Giochi di
Monaco 1972, essendo nato a Modesto
(California) il 10 febbraio 1950 da padre
statunitense (di origine ebrea) e madre
portoricana. Quando è ancora molto piccolo,
la famiglia si trasferisce alle isole Hawaii
(patria di nuotatori famosi) dove Mark impara i rudimenti del nuoto, poi all’età di 6 anni il
ritorno in California, nella capitale Sacramento. Il padre di Spitz è il primo allenatore del
figlio, ma non solo: è colui che gli inculca una visione dello sport molto poco “decoubertiniana”
(“Non è importante nuotare, è importante vincere”, gli ripete) che senz’altro avrà un peso
notevole nella carriera agonistica del ragazzo, soprattutto quando arriveranno le inevitabili
sconfitte a cui nessun grande campione è immune. Di sicuro al padre di Spitz è andata meglio
che a tanti altri genitori di “campioni mancati”, spesso rovinati da eccessive aspettative e
pressioni: nel caso di Mark, oltre alle indubbie enormi qualità acquatiche, erano abbinate
notevoli potenzialità caratteriali: la miscela non poteva essere che esplosiva, in tutti i sensi.
Spitz si distingue già in precoce età, vincendo molto nelle cosiddette “age-groups races”, cioè
le gare di categoria, battendo primati e strapazzando i coetanei. Ha un’incredibile facilità di
nuotata, una tecnica istintiva efficacissima ed il suo fisico sembra nato per stare in acqua. A
soli 15 anni è già fra i migliori nuotatori al mondo, a 16 anni entra nella famosa squadra del
Santa Clara College – fiore all’occhiello del nuoto statunitense e mondiale, autentica fucina di
campioni. Il mito del Santa Clara è Don Schollander, tra Mark ed il biondo dio delle piscine,
eroe dei Giochi di Tokyo, scoppia una rivalità che segnerà pesantemente tutta la carriera
natatoria di Spitz, il quale sembra avere una sola ed unica fissazione: diventare più grande di
lui. Già nel 1966 vince il suo primo titolo americano nei 100 delfino e sfiora per soli 4 decimi il
record mondiale dei 1500 stile libero, distanza che in seguito abbandonerà. L’appuntamento
con il record del mondo è rimandato di appena un anno: il 25 giugno 1967, a Heywood, Mark
stabilisce il nuovo record dei 400 stile libero (ex territorio di Schollander) con il tempo di
4’10”6, primato che nel giro di 12 giorni sarà ritoccato altre tre volte da lui e dal francese
Alain Mosconi; il 26 luglio toglie al grande Kevin Berry (oro olimpico a Tokyo 3 anni prima) il
record dei 200 farfalla, portandolo da 2’06”6 a 2’06”4. Ma è qualche giorno dopo, nei 100
farfalla, che Spitz inizia la grande progressione di questo stile, legata per sempre al suo
nome: toglie in un sol colpo 7 decimi al record dell’argentino Luis Nicolao, facendo segnare
56”3.
Nel 1968 Spitz continua la sua ascesa stabilendo altri 3 record nei 100 farfalla
ed uno nei 400 stile (4’07”7). Per i Giochi Olimpici di Città del Messico, in
programma nell’autunno del ’68, è uno tra gli atleti più attesi, ed infatti – con la
consueta modestia che lo contraddistingue – non fa mistero delle proprie
ambizioni anzi, si spinge a dichiarare ai quattro venti che lui vincerà 6 medaglie d’oro,
surclassando per sempre la sua bestia nera Schollander, vero mito del nuoto americano di
quell’epoca e primo nuotatore a vincere 4 ori ai Giochi Olimpici. Per rendere giustizia a
Schollander, bisogna precisare che il programma natatorio olimpico sino al 1964 era piuttosto
ridotto, ragion per cui l’impresa di Don, vincitore dei 100 e 400 sl, nonché trascinatore di
entrambe le staffette stile libero, destò enorme scalpore, la cui eco risonava per le piscine
ancora 4 anni dopo. Ma a Messico ’68 il programma era destinato ad ampliarsi enormemente,
con l’aggiungersi di ben 11 gare individuali (5 maschili e 6 femminili) a quelle già presenti:
venivano introdotti i 200 sl, i 100 dorso, rana e delfino, i 200 misti nel programma maschile;
200-800 sl, 200 dorso, 100 rana, 200 delfino e 200 misti in quello femminile. Ecco perciò che
la possibilità di vincere 6 ori (3 individuali e 3 di staffetta) non era più impossibile come in
precedenza, ma diventava più realistica. A dire il vero, Spitz non fa lo sbruffone anzitempo
solo con giornalisti ed addetti ai lavori, sembra che faccia di tutto per inimicarsi i compagni di
squadra con frasi del tipo “che fai qui? tornatene a casa, perché oggi vinco io” e anche “la mia
borsa da viaggio non basterà per portare a casa le medaglie che vincerò”.
Ai trials in effetti fa faville, qualificandosi per i 100 e 200 delfino, nonché per i 100 sl, e
parte per Città del Messico pieno di baldanzose speranze, o meglio, certezze.
La caduta, in questi casi, è doppiamente rovinosa e dolorosa.
Il sogno dei 6 ori s’infrange già alla prima gara, i 100 sl, vinti dal giovane australiano Mike
Wenden in 52”2. Spitz è 3°, preceduto anche dal compagno di squadra Kenneth Walsh. A
seguire la gara dei 100 delfino, specialità che lo vede recordman mondiale: il pugno alzato al
termine della gara non è però il suo, ma quello di Douglas Russell, il coriaceo compagno di
squadra, che sigla un superbo 55”9, prestazione veramente eccezionale, in quanto ottenuta ai
2000 metri d’altitudine della capitale messicana (il record di Spitz – a livello del mare – è
55”6).
Oltre alla delusione per aver toccato dietro a Russell, battuto più volte in precedenza, un
altro fatto concorre ad amareggiare il 18 enne Mark: il tripudio che si scatena dal team USA
al termine della gara la dice lunga sull’antipatia che riscuote tra i suoi stessi compagni di
squadra, suo malgrado un punto in comune con Schollander, anch’egli poco amato tra i
nuotatori statunitensi. Con questa seconda e più pesante sconfitta, il morale scende a terra, la
sicurezza in se stesso è minata dal profondo, e quando scende in vasca per la terza gara
individuale (i 200 delfino), non è lo Spitz dei trials olimpici: la vittoria va al veterano Carl
Robie (già argento a Tokyo), mentre Mark arriva addirittura ultimo, staccatissimo.
Non bastano a consolarlo i due ori delle staffette 4x100 e 4x200 stile libero, vinte
nettamente dagli Stati Uniti, la trasferta messicana è per lui un’autentica debacle.
Quali cause siano entrate in gioco a Città del Messico per una serie di controperformances
così eclatante non si sa con esattezza (Spitz si rifiuta anche in seguito di fornire spiegazioni),
ma quasi sicuramente la “vendetta di Montezuma” può considerarsi co-responsabile, d’altronde
tutte le squadre (ad eccezione di quella messicana) sono falcidiate dalla famosa
gastroenterite. Poi magari la troppa sicurezza nei propri mezzi e la scarsa considerazione
degli avversari completano l’opera.
Qualcun altro si sarebbe arreso, avrebbe appeso il costume al chiodo. Forse Spitz fa anche un
pensierino in tal senso, ma poi lo invitano alle Maccabiadi (le olimpiadi riservate agli ebrei) e
lui decide di andare senza peraltro avvisare la dirigenza del Santa Clara, che di conseguenza lo
espelle per insubordinazione. Alle Maccabiadi Mark vince 7 gare, ritrova la voglia di
ricominciare ed inizia a maturare pensieri di vendetta. Comincia quindi col dare una svolta alla
sua vita: si trasferisce alla Indiana University sotto la guida del grande James “Doc”
Counsilman, il tecnico più famoso, il “guru” per eccellenza di quegli anni. Counsilman, grande
conoscitore non solo della tecnica natatoria, ma anche della psiche umana, ricostruisce come
meglio non si può il giovane nuotatore, che gradatamente e faticosamente si prepara per
l’appuntamento olimpico successivo. Counsilman riesce probabilmente a trasmettergli anche
qualche rudimento di modestia e pazienza (il ragazzo sembra meno arrogante che in
precedenza), insomma fa le veci di un padre. I primi tempi tuttavia, sono tutt’altro che facili,
Spitz sembra avere uno stop
tecnico, nel 1969 eguaglia “solo” il
record mondiale di Schollander nei
200 stile libero, ma nelle altre
specialità rimane sopra ai suoi
tempi pre-Messico.
Nel 1970, nel corso del Campionati
Nazionali outdoor estivi, abbassa il
record dei 100 sl del campione
olimpico Wenden facendo segnare
51”94, primo uomo sotto la
barriera dei 52 secondi; nei 200
delfino migliora il proprio record di
3 anni prima nelle batterie
(2’05”4), salvo poi perderlo in
finale per mano di Gary Hall senior,
che vince e abbassa il tempo a 2’05”0.
Nel 1971, all’età di 21 anni, Spitz dà inizio alla lunga rincorsa olimpica, stabilendo
ripetutamente primati del mondo e vincendo gare ovunque: abbassa per due volte il record dei
200 stile libero, una volta quello dei 100 delfino, due volte nello stesso giorno quello dei 200
delfino, fissandolo a 2’03”9. E’ nuovamente l’uomo da battere nello stile libero e nella farfalla,
ed i Giochi Olimpici sono ormai alle porte.
I trials statunitensi per definire la squadra per Monaco si tengono a Portage Park ad inizio
agosto 1972 e Spitz, capelli lunghi e bel paio di baffi – un look molto diverso dal suo solito (alla
faccia della miglior idrodinamicità, dirà qualcuno) si qualifica per 4 gare individuali stabilendo
record mondiali in tutte salvo i 200 sl: nei 100 sl blocca il cronometro a 51”47, un progresso di
mezzo secondo rispetto al suo primato di due anni prima; nei 100 delfino scende per due volte
sotto il suo record di 55” netti (54”72 in batteria, 54”56 in finale; nei 200 delfino replica
facendo 2’01”87 in qualificazione, 2’01”53 in finale). Con 5 record nel corso della stessa
manifestazione stabilisce un altro primato difficile da eguagliare.
Passa meno di un mese e, a fine agosto 1972, iniziano le Olimpiadi di Monaco di Baviera. Il
nuoto è di scena nella magnifica Olimpia Schwimmhalle, piscina avveniristica per quei tempi
con corsie frangi-onda, sponde laterali a sfioramento, piastre e tabellone elettronico che
restituisce tempi al centesimo – tutte novità quasi assolute per l’epoca. Mark Spitz, scuro di
carnagione e abbronzatissimo, tanto da risaltare al primo colpo tra gli altri nuotatori, è
iscritto a 7 gare (4 individuali e 3 staffette), un programma ambizioso. In molti si ricordano
del flop di 4 anni prima, ma l’atleta che entra nella piscina bavarese non è lo Spitz di Città del
Messico, e non solamente per via dei capelli lunghi e dei baffi, che ostenta in acqua a dispetto
di coloro che si presentano con la testa rasata per migliorare l’idrodinamicità (le cuffie erano
poco diffuse, il silicone era ancora nel limbo, ma anche il lattice non godeva di grande
popolarità). In effetti l’allievo di Counsilman ha terminato il suo ciclo di maturazione sotto la
sapiente direzione del “Doc”, ora è pronto a cancellare l’onta delle sconfitte subite ai
precedenti Giochi; inizia la sua avventura il 28 agosto proprio dalla specialità che gli causò
l’ignominia dell’ultimo posto 4 anni prima: i 200 delfino. Si qualifica con il miglior tempo nelle
batterie, in finale scava un abisso tra sé e gli avversari e vince abbassando ancora il suo
record mondiale: 2’00”70. La tripletta USA è completata da Gary Hall secondo in 2’02”86 e da
Robin Backhaus, bronzo in 2’03”23.
Il tempo di applaudire l’oro di Shane Gould nei 200 misti femminili, poi è nuovamente ora di
Spitz, che chiude la 4x100 stile libero in 3’26”42, altro record mondiale (gli altri frazionisti
sono Edgar, Murphy e Heidenreich).
Il 29 agosto Mark è nuovamente impegnato: batterie e finale dei 200 sl, di nuovo si qualifica
con il miglior tempo al mattino, di nuovo nel pomeriggio vince e stabilisce il record mondiale:
1’52”78, davanti al connazionale Steve Genter e al tedesco occidentale Werner Lampe.
Il 30 agosto disputa batterie e semifinali dei 100 delfino, manco a dirlo ottiene il miglior
tempo. La finale è in programma il giorno seguente, giovedì 31: Mark s’invola dalle prime
bracciate, nessuno riesce a contrastare la sua fluida e possente azione (l’avversario forse più
quotato, il tedesco est Roland Matthes, dorme sui blocchi e parte con notevole ritardo
rispetto agli altri finalisti), c’è aria di record del mondo, e puntualmente la piastra elettronica
sancisce quanto avvertito dal pubblico e dai tecnici a bordo vasca: 54”27, primato mondiale. La
medaglia d’argento, il canadese Bruce Robertson, è staccato di 99 centesimi (55”26), l’altro
statunitense Heindenreich addirittura di 1 secondo e mezzo (55”74), un’eternità per una
finale olimpica sui 100 metri! E’ al termine di questa gara, il suo quarto oro consecutivo, che
Spitz – fino ad allora sempre serio (per non dire cupo) si lascia andare ad un curioso gesto di
esultanza: ancora in acqua, alza entrambe le braccia indicando con le dita delle mani un “6”.
Che significa? Non ha vinto 4 ori? Nessuno tra il pubblico coglie il messaggio, tranne il
biondissimo ragazzone che siede tra i tecnici della squadra statunitense, vale a dire il 26enne
Don Schollander. Il “6” è rivolto a lui, fermatosi a 5 ori olimpici: la vendetta di Spitz nei
confronti della sua “bestia nera” è compiuta, adesso è già davanti al suo ex compagno di
squadra, il complesso-Schollander che lo ha condizionato per tanto tempo è definitivamente
vinto.
Ma la giornata non è ancora terminata, in
chiusura di pomeriggio si disputa la “corsa
delle Nazioni”, come viene definita la
staffetta 4x200 stile libero. La squadra
statunitense veleggia in testa dalla prima
frazione nuotata da John Kinsella, poi Fred
Tyler e Steve Genter aumentano il
vantaggio, chiude Spitz che lotta solo
contro il cronometro, per stabilire
l’ennesimo record mondiale: 7’35”78. La
Germania Ovest di Fassnacht e Lampe è a
quasi 6 secondi (7’41”69), l’URSS arriva con
10 secondi di distacco!
Spitz è già l’uomo dei Giochi, il nuotatore
che ha superato il record di ori di
Schollander, ma le frecce al suo arco non
sono terminate, lo aspettano ancora due
gare. Il pubblico si chiede se riuscirà a
reggere la pressione e a concludere
trionfalmente la sua settimana olimpica …
Il 1° settembre non ci sono gare per Mark,
è solo un’impressione oppure la piscina bavarese ha meno attrattive? Ma ecco che il 2
settembre il Re di queste Olimpiadi si rivede, ci sono batterie e semifinali dei 100 sl. Jerry
Heindenreich vince la prima semifinale del pomeriggio, nella seconda sono di fronte il campione
di Città del Messico, l’aussie Mike Wenden, e Spitz. Tutti sanno come andò ai Giochi
messicani, c’è aspettativa ed una certa tensione. Probabilmente per tattica e gestione delle
proprie energie, Spitz non vince la semifinale, lascia arrivare primo Wenden; il momento della
verità è rimandato alla sera seguente.
Il 3 settembre – per la prima ed unica volta nel corso di questa Olimpiade – si vede Mark
Spitz in corsia 3, un’anomalia perché in tutte le altre gare da lui disputate ha monopolizzato la
4, corsia riservata al detentore del miglior tempo. La sconfitta patita ad opera di Wenden, la
sera precedente come 4 anni prima, rende l’atmosfera ancora più elettrica e densa. Gli amanti
della cabala fanno gli scongiuri, questa corsia “non sua” sembra foriera di cattivi auspici. Il
via suona come una vera e propria liberazione, per atleti e pubblico. Ai 50 metri i finalisti sono
ancora tutti abbastanza in linea, ma una testa scura in corsia 3 sembra avere un lieve
vantaggio, e nella vasca di ritorno questo cresce costantemente. Si attende il rientro di
Wenden, un rush finale da brivido, che invece non arriva: Mark Spitz ha le ali, vola sull’acqua in
51”22, nuovo record mondiale, lascia a 4 decimi l’alfiere Jerry Heindenreich (51”61), mentre al
terzo posto tocca in 51”77 (primato europeo) il sovietico Vladimir Bure, futuro padre di un
famoso olimpionico di hockey su ghiaccio. Il campione di Messico ’68 è fuori dal podio, Spitz
ha dimostrato ancora una volta in questi Giochi chi è il miglior nuotatore del mondo.
Con 6 medaglie d’oro ormai al collo, la conquista del 7° alloro è considerata quasi una formalità
per lui: ci si chiede semmai in quale frazione sarà impegnato, avendo vinto sia i 100 delfino, sia
i 100 sl. I tecnici statunitensi – pur sapendo di non avere problemi di alcun genere per la
vittoria finale (potrebbero prevalere anche con la squadra di riserva), schierano il meglio che
possono, ed il meglio è Mike Stamm a dorso - che paga dazio a Matthes in prima frazione -
Tom Bruce a rana che si porta in testa, Spitz a delfino e Heindenreich a stile libero: è ancora
– ovviamente – oro, ancora record mondiale (3’48”16, con la DDR di Matthes a quasi 4 secondi
di distanza, 3’52”12), ma soprattutto è l’apoteosi per Mark Spitz, che raggiunge il mitico e
apparentemente sovrumano traguardo delle 7 medaglie d’oro! Riesce ad essere perfino
sorridente, adesso che ha completato la sua vendetta ed è diventato il più forte nuotatore di
tutti i tempi.
Il 22 enne californiano – raggiunto l’apice della carriera sportiva – si ritira subito dopo le
Olimpiadi, non vuole più mettere in discussione la sua grandezza in giro per le piscine di tutto
il mondo, neppure se – come effettivamente accade – la Federazione Internazionale decide di
dare il via ai Campionati Mondiali nel 1973. In effetti, Spitz ha ormai raggiunto tutti i suoi
obiettivi, gli mancano gli stimoli per poter proseguire i pesanti allenamenti necessari per
rimanere all’altezza del mito da lui stesso creato.
Si laurea in chirurgia dentaria il nostro Mark, ma decide quasi subito che non gl’interessa
occuparsi della masticazione altrui, si dedica invece massicciamente alla pubblicità e al lavoro
di commentatore televisivo. Non gli mancano peraltro le offerte, per alcuni anni l’immagine di
Spitz riempirà i cartelloni e le reclames relative al settore
natatorio, e non solo.
Nel 1991 un produttore cinematografico gli offre una cospicua
somma in denaro se riuscirà a qualificarsi per le Olimpiadi del
1992 a Barcellona. La sfida è una di quelle che accendono la
fantasia, tornare dopo 20 anni ai Giochi Olimpici è impresa
considerata impossibile, ragion per cui Spitz accetta e rientra in
acqua ad inseguire un altro sogno olimpico. Il tutto è
pubblicizzato alla tipica maniera americana, e certamente Spitz –
all’età di 42 anni – ha un fisico asciutto ed incredibilmente
giovane se paragonato a molti suoi coetanei, inoltre le sue ben
note qualità di “pesce” sono intatte. Ma è chiaro che non può tenere il passo delle giovani
generazioni, le sfide inventate dagli sponsor sulla strada di Barcellona evidenziano
chiaramente che le possibilità di Spitz di ottenere la qualificazione olimpica sono poco più che
nulle. Tra le varie sfide spettacolari ideate per pubblicizzare il ritorno in acqua del “Mito”, ci
sono anche due parentesi italiane: nel novembre ’91 - a Savigliano – il compianto Cuteri riesce
ad invitare Spitz al Trofeo Lavazza e gli procura come avversario un pimpante Giovanni
Franceschi (già ritiratosi dalla piena attività), ma anche più giovane di 13 anni: la sfida si
conclude con la vittoria del campione italiano. A marzo ’92 è la volta di Trento, l’organizzatore
del meeting (l’allora tecnico della squadra di casa Walter Bolognani) organizza una doppia
sfida (50 sl e 50 df) tra Mark Spitz e l’ex campione italiano, nonché trentino di nascita,
Marcello Guarducci: il meeting – già normalmente piuttosto gettonato – si arricchisce
ulteriormente per la sfida tra i due campioni, che vincono uno scontro a testa: s’impone
Guarducci nei 50 sl, Spitz prevale nei 50 delfino. I riscontri cronometrici sono ottimi, tenendo
conto che sono scesi in acqua un 36enne ed un 42enne, ma non si può parlare di tempi in grado
d’impensierire i vertici mondiali del momento. D’altronde, anche se Spitz ripetesse i propri
tempi di Monaco (un po’ difficile facendo 6 km al giorno in luogo dei 12 che nuotava 20 anni
prima), la progressione cronometrica avvenuta in 4 lustri non gli permetterebbe di surclassare
i più giovani avversari, ci vorrebbe un enorme balzo in avanti che probabilmente è troppo tardi
perché possa realizzarsi. Se avesse pensato un ritorno agonistico una dozzina d’anni prima…
Sono passati ormai più di 34 anni dalle epiche gesta di Monaco, e ancora nessuno è stato in
grado di eguagliare questo fantastico record di 7 medaglie, reso ancor più importante perché
ad ogni oro si accompagnava un record iridato. Vero è che una parte del merito è da ascrivere
meramente alla nazionalità di Spitz (se fosse nato australiano, tedesco o, peggio, italiano, di
sicuro non avrebbe potuto vincere i 3 ori delle staffette, che a quei tempi erano “naturale”
appannaggio del team USA, troppo superiore alle altre nazionali per poter subire sconfitte di
squadra); altrettanto vero è però che diversi altri poliedrici nuotatori statunitensi si sono
avvicendati in questi ultimi decenni sui podi olimpici e mondiali, ma nessuno di essi è stato in
grado di ripetere le gesta del delfino californiano, segno inequivocabile della grandezza
tecnica ed agonistica di Spitz, grandezza evidenziata anche dall’alto numero di record
mondiali da lui messo a segno nell’arco dell’intera carriera: ben 29 in totale, in vasca da 50
metri (a quel tempo non esisteva la classifica dei primati di vasca corta) e spaziando in
diverse specialità. Nonostante abbia siglato numerosi record nello stile libero, Spitz ha
certamente rappresentato il “new deal” della farfalla, o per meglio dire, del delfino: nei 100
metri ha fatto progredire il record di 2”7, nei 200 di 5”9 ed ha ristabilito le “distanze”
tecniche con il dorso, stile più lento, ma a quei tempi in mano a Matthes, che non di rado
ridicolizzava i delfinisti nuotando più velocemente di loro.
Attualmente Michael Phelps – il famoso “kid” di Baltimora – è il più quotato aspirante ad
eguagliare o superare il record di 7 medaglie d’oro, ma non sarà facile neppure per lui cercare
di emulare il suo famoso precursore. Riuscirà Mark Spitz a rimanere il più medagliato atleta
delle piscine? Staremo a vedere, Pechino è ormai alle porte.