IL CORTILE DELLO SPORT

Transcript

IL CORTILE DELLO SPORT
IL CORTILE DELLO SPORT
L'oratorio, luogo di incontro tra credent i e non credenti
Il tempio di Gerusalemme
Il Cor tile dei Gent il i non è un termine bib lico , sebbene la bibbia parli in diversi luoghi d i u n
cortile, più precisament e di un atrio, at torn o al santuario vero e proprio. Così per esemp io
nelle istr uzion i che Mosè riceve per costr uir e il t empio, dopo aver edificato il santuario ve ro
e proprio, con l’ alt are degli olocausti, gli viene detto: “Farai poi il recinto della dimora” (E x
27,9), cioè, uno spazio ampio attorno al sant uario. Anche il profeta Ezechiele parla di
questo “r ecinto” o “cort il e” esterno al san tuar io.
Dobbiamo a Fl avio Josepho la descrizion e di questo spazio al tempo di Gesù: una vasta
spianata, di cui oggi può rendere un’id ea ap pr ossimativa la “spianata del tempio”, cop erta
da portici su tutto il perimetro, la cui circonf er enza era di quattro stadi (=185x4m=7 40m)
e ogni lato la lunghezza di uno stadio ( 185 m ). E qui che sorgeva, sul lato meridionale , il
famoso portico di S alomone.
Questo spazio che circondava il santu ar io ve ro e proprio risponde alla logica che i rab b ini
più tar di descri vono come “la siepe at t or no alla torah”, “seiag la torah”, la cui funzio ne è
preservare la t orah, e in genere, tutto ciò che è sacro, e impedire possibili trasgression i.
Come osserva no i rabbini, nel testo de lla Torà (Lv 18,30) è scritto: “…e osservere te le
mie leggi” testualment e “e osserverete le m ie osservanze”. Questo è spiegato dai Mae stri
come “fate una custodia alla mia legge” , cioè m ettete in guardia i tribunali di fare d egli
aggiustamenti, decreti e recinti per non infr angere le regole della Torà. Nell’Avot di Ra bby
Natan è detto: “Fai un recinto alle tue par ole come il Santo, Benedetto Egli sia, fece alle
Sue par ole!” Da qui i l “seiag la Torà”.
Questa pr otezione non era uno scherzo : quest o spazio dava accesso a un secondo recinto,
separato dal pri mo da una balaustra, sulla quale c’erano appesi lapidi recanti un’iscrizio ne
che amm oniva severamente a non oltr epassar e. Di nuovo Flavio Giosefo:
“Chi attraversava quest’area per rag giunger e il secondo piazzale lo trovava circond ato
da una balaust ra di pietra, dell’altezza di tr e cubiti (m 1,5 aprox) e finemente lavorata.
Su di essa, a uguali intervalli, erano co llo cat e delle lapidi che rammentavano la l egg e
della purifica zione, alcune in lingua g reca, altre in latino, perché nessuno stranie ro
entrasse nel luogo santo, come appunto essi chiamano questa seconda parte del tempio.
Le iscrizioni dicevano: “nessun estraneo oltr epassi la balaustra e il recinto attorn o a l
santuario. Chiunque preso sarà reo della pr opr ia morte”.
A questo spazio ampio potevano acced er e anche i non ebrei, i circoncisi, appartenen ti a d
altri popoli, c he in ebraico sono consider at i “i popoli” (goyim), come contraddistinti da “il
popolo di Di o ”, (ha’am). Gli altri popo li sono in greco ta ethne e in latino gentes, da do ve
i gentili , che inizialmente era una sem plice de nominazione etno-geografica, ma che n ella
Bibbia acquist a subit o una connotazion e religiosa: gli altri popoli non conoscono il ve ro
Dio, si prostrano davanti agli idoli, e sono, p er tanto, dei “pagani”, un termine non bib lico
che usiamo per descrivere chi non con osce il vero Dio.
Ed è questo il “corti le dei gentili” che conobbe Gesù: una vasta spianata, alla quale tu tti
avevano libero accesso, nella quale si tr ovavano i cambiavalute, i rivenditori di an imali
-1-
per il sacrifi ci o, gl i scribi, i ciarlatani, i cur iosi, perditempo, ma anche Gesù, che spe sso
insegnava nel Tempio. E’ questo lo spazio che egli frequentava e lo spazio che purificò
cacciando i cambi avalute e i venditori di animali.
Passiam o ade sso al contenuto spirituale di questo spazio. Nel purificare il tempio, Gesù
ricorda, citando il profeta Geremia (7, 11 ), che gli israeliti ne hanno fatto una spelonca d i
ladri. Non tanto per i l fatto che vi fossero venditori di animali, ma perché è diventato u n
culto vuoto. Geremia aveva lottato per l’unit à t ra culto e vita, contro la strumentalizzazion e
di Dio e del tempio. Un tempio che è diventa to un covo di ladri, non ha più la protezione
di Dio e si avvia verso l a sua rovina, no n pe rché Dio lo distrugga, ma perché si priva de l
suo fondamento.
Gesù cita anche il profeta Isaia (Is 56 ,7), il quale diceva che il Tempio doveva essere casa
di preghiera per t utt i i popoli.
“Nella struttura del tempio il grand issim o cortile dei gentili, in cui la scena [della
purificazione fatta da Gesù] si svolg e, è lo spazio aperto, che invita tutto il mond o a
pregarvi l’unico Dio. L’ azione di Gesù so tto lin ea questa apertura interiore dell’attesa, ch e
nella fede di Israel e era viva. ... Secondo la su a parola, nella purificazione del Tempio si
tratta proprio di questa intenzione fondame nt ale: togliere ciò che è contrario alla comun e
conoscenza ed adorazione di Dio– ap rir e qu indi lo spazio alla comune adorazione” (J.
Ratzinger, Gesù di Nazaret II, 28).
Gesù, pertanto, annunci ando la fine imminent e del sistema dei sacrifici legato al tempio ,
che sarà sosti tui to dal vero tempio , non f at to da mani di uomo, cioè il suo ste sso
corpo, r icorda l’apertura all’universa lit à de l “ cortile dei gentili”, lo spazio della comu ne
adorazione.
La proposta del P apa
E’ proprio qui che si innesta la propo sta d el Papa, quando invita tutta la Chiesa ad ap rire
una specie di cortile dei gentili:
Io penso che la Chiesa dovrebbe anch e oggi aprire una sorta di “cortile dei gentili” dove g li
uomini possan o i n una qualche manie ra ag ga nciarsi a Dio, senza conoscerlo e prima ch e
abbiano trovato l ’accesso al suo mistero , al cu i servizio sta la vita interna della Chiesa . A l
dialogo con le religioni deve oggi aggiun ge rsi soprattutto il dialogo con coloro per i q u ali
la religione è una cosa estranea, ai qua li Dio è sconosciuto e che, tuttavia, non vorrebbe ro
rimaner e semplicemente senza Dio, ma avvicinarlo almeno come Sconosciuto. (Bened e tto
XVI alla Curia Romana, 22 dicembre 2009) .
Lo spazio che inizialmente era chiusur a, diven ta luogo di incontro e di adorazione del Dio
unico, che pe r molt i è i l Dio sconosci ut o, st raneo, intuito più che conosciuto.
La pr oposta del Papa di aprire un “co rt ile de i gentili”, non è, pertanto, la apertura di u no
spazio fisico, né l a programmazione di un a se rie di eventi, ma una apertura interiore verso
coloro che sono al la ricerca della ve rit à, e che vorrebbero avvicinare Dio almeno come
sconosciuto. Diciamo che tutto nasce da u na preoccupazione “pastorale”: “Ma consid e ro
-2-
importante soprat tut to il fatto che anche le p er sone che si ritengono agnostiche o a te e,
devono stare a cuore a noi come crede nt i” ( Be nedetto XVI, ibid).
Certo, debbo no starci a cuore, non come semplici oggetti di un’azione che mira ad
aumentare la propria quota di mercato, e ch e p erciò stesso non sarebbe più pastorale, ma
unicamente mercantilista, bensì soggett i e de stinatari ma di una preoccupazione genu in a.
E il fatto che quest e persone che non cr ed on o, con la loro radicale ricerca della veri tà, ci
spronano a noi credenti a non accont en tarci d i un Dio che già abbiamo trovato.
Qui si innesta il discorso sulla nuo va e van gelizzazione. In realtà, il Papa parlò d e l
“cortile dei gentili” nel contesto della nuova evangelizzazione. Ma, mi sembra, per fare una
distinzione. In effetti, nel discorso sopr a me nzionato, diceva, a proposito degli atei e de g li
agnostici:
“Quando parl iamo di una nuova evangelizzazione, queste persone forse si spaventan o .
Non vogliono vedere se stesse come ogget to d i missione, né rinunciare alla loro libertà di
pensiero e di volontà” (Benedetto XVI alla Cu ria Romana, 22 dicembre 2009).
Sembrerebbe, dunque, che bisogna la sciar li in pace. Ma subito dopo aggiunge:
“Ma la questio ne circa Dio rimane tutt avia pre sente pure per loro, anche se non posso no
credere al carat tere concreto della sua at t en zione per noi. A Parigi ho parlato della rice rca
di Dio come del moti vo fondamentale d al quale è nato il monachesimo occidentale e , con
esso, la cultura occidentale. Come prim o pa sso dell’evangelizzazione dobbiamo cercare di
tenere desta tale ri cerca; dobbiamo pr eoccuparci che l’uomo non accantoni la questio ne
su Dio come quest ione essenziale della sua esistenza. Preoccuparci perché egli accetti
tale questione e la nostalgia che in essa si nasconde” (Benedetto XVI alla Curia Roma na,
22 dicembr e 2 009).
Mi sem bra, pertanto, che secondo l’int uizion e del Papa, la questione su Dio sia il punto d i
partenza del l’evangel izzazione, o me glio: un pr esupposto dell’evangelizzazione, una p reevangelizzazione. E pertanto, il dialo go con i non credenti trova qui la sua collocazio ne
naturale: ciò che accomuna credenti e non cr edenti è la ricerca, ricerca che per loro è d i
una verità, e per noi, di un volto perso na le ch e abbiamo già trovato.
Il “ cortile dei gent il i” è così il luogo dove si tien e desta la questione su Dio “e la nostalg ia
che in essa si nasconde”, come cond izio ne previa a un’evangelizzaizone. Tale era , in
effetti, la funzione del Cortile originario. E tale è anche lo spirito dell'iniziativa del Co rtile
dei Gentili promossa dal Pontificio Con siglio d ella Cultura.
L’oratorio come cortile
La prim a cosa che trova lo straniero che vie ne in Italia e comincia a prestare servizio in
una parr occhia è l’oratorio. Ma contrariame nt e a quanto il termine sembrerebbe indica re,
stando alla radice latina del termine, l’ora torio parrocchiale non è il luogo della preghie ra,
dell'orazione, ma l'insieme delle attività d i te mpo liber: i campi sportivi i saloni, le a ule
della parrocchia dove si fanno attivit à ed uca tive di tempo libero con i bambini. Ca pire
-3-
come e perché si sia passati da luogo d i or azione a luogo di gioco è uno dei tanti misteri
affascinanti d ell ’I tal ia.
Il fatto è che i n It ali a, a differenza di a lt re chiese, quasi tutte le parrocchie hanno l’orato rio,
se non come spazio, almeno come att ivit à.
Ora, i campi della parrocchia sono “il cor tile” de lla parrocchia e dunque, in un senso molto
chiaro “un cort il e dei gentili”. Vediamone i tr at t i:
Innanzitutto, è uno spazio fisico ad iacente, antistante o sottostante il santuario
vero e proprio, i l tempio parrocchiale: uno spazio di transizione, che mette a conta tto
la realtà profana con la realtà sacra. Nelle nostre chiese più antiche, questa funzio ne è
svolta dall’atrio dell a chiesa che s’imme rge dir ettamente nella piazza del paese, il lu o go
di mercato, degli scambi tra gli uomin i.
Iin secondo luogo, è lo spazio aper to a t utti. Tutti possono partecipare ed entrare,
anche chi non fa il cat echismo. In molti lu og hi d’Italia, nell’oratorio ci sono anche i figli
degli immigrati musulmani, hindù, buddisti. E’, pertanto, spazio aperto a tutti, anch e se
molti dei raga zzi poi non entrano nella cat ech esi, cioè, accedono pienamente al miste ro
di Dio.
E ’ anche lo spazio della gra tuit à, un aspetto che non bisogna sottovalutare.
L’oratorio è apert o a tutti e sost an zialmente gratuito, aparte le piccole quote di
mantenimento. Non è come la palest ra, dove b isogna pagare la tessera o l’associazio n e
sportiva.
Ma se vogliamo rimanere fedeli alla sua natura originaria e alla metafora del cortile
dei gentili, deve essere anche il luogo d ell’adorazione comune, della ricerca del vero , de l
bello, del gr ande, il luogo dove si “to glie ciò che è contrario alla comune conoscenza ed
adorazione di D io e si apre lo spazio alla co mune adorazione”, cioè, lo spazio aperto a lla
trascendenza .
Sport e l’apertura a Dio
In che modo può lo sporto contribuire a fare de ll’oratorio, cioè, del cortile, il luogo dove si
toglie “ciò che è cont rari o alla comune con osce nza ed adorazione di Dio” e quindi “apre lo
spazio alla comune adorazione”. Credo qu est o sia in realtà il tema del corso di quest’a nno :
lo sport com e ambi to dove l’uomo si rivela all’uomo stesso, (tema dell’anno scorso), d o ve
Dio si rivela al l’ uomo.
Mi sem bra che alcuni elementi dello sp or t si sposino bene con questa dimension e di
apertur a alla trascendenza.
1. In primo luogo come rimozione di ciò ch e è contrario alla comune conoscen za e
adorazione di D io. Q ui, entra in gioco ( sit venia verbis) tutta l’ascetica dello sport, le
rinuncie che comport a, di cui si fa eco san Pa olo per proporre un’ascetica cristiana: " No n
sapete che nelle corse allo stadio tut ti corr ono, ma uno solo conquista il premio? Correte
anche voi in modo da conquistarlo! Però og ni at leta è temperante in tutto; essi lo fann o per
-4-
ottenere una corona corruttibile, noi inve ce una incorruttibile " (1 Cor 9, 24-25). Lo sport
come autodis cipl ina esigente è già una gra nd e purificazione che apre lo spirito.
E’ l’esperienza del limi te, e lo sforzo del superamento, che rimandano al superamento d i
un altro lim ite.
2. Ma vi è ancora un’ altra dimensione, che è quella del gioco. Si è detto che lo sp ort e
la musica sono i due li nguaggi unive rsale. Non è un caso che in molte lingue suona re si
dica “giocare”, perché i n fondo appa rt iene a lla stessa dimensione umana di un rappo rto
con il reale al l’ insegna della gratuità. E’ m olto significativo a questo riguardo il fatto ch e la
categoria del gioco stia rientrando con f or za n ella teologia, a proposito della teologia della
creazione. Ispirandosi al famoso passo di Prv 8,30, sulla sapienza creatrice, prima d elle
opere di Dio, che “ero la sua delizia og ni giorn o e giovacvo sul globo terrestre ponen do le
mie delizie tra i f igl i dell’uomo”, alcuni auto ri vedono il rapporto di Dio con il creato sotto
la categoria d i gi oco: si gnifica che Dio lascia spazio alla sua opera, che non è l’orolog ia io
incapace che continuamente deve ag giust ar e la sua opera, ma un padre che stabilisce u n
rapporto con la sua opera all’insegna del gioco. Il gioco traduce concetti come libe rtà,
plasticità, con ti ngenza, che esprimono be ne il r apporto tra il Creatore e la creazione n el
contesto attual e. La cat egoria del gioco perm et te combinare libertà e constricción: libe rtad
dentro de un quadro predeterminato e si pr est a, pertanto, a definire bene i rapporti tra Dio
e la natura.
Dunque, dal gioco è possibile risalire al gra nd e Gioco che è la Natura e il Suo creatore .
Tutti questi sono aspetti che, mi se mbr a, po ssono fare dei nostri oratori il luogo de lla
ricerca e della scoperta del Dio uno, e pert anto, di un cammino comune che accomun a
credenti e non credenti.
Melchor Sánchez de Toca Alameda
-5-