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Kharga e il tempio di Hibis
Andrea Vitussi
Il tempio di Hibis è chiuso !… ah, si? Ma che peccato! Era così interessante, conteneva
tante particolarità così curiose e intriganti… In un viaggio alle Oasi occidentali, passando per
Kharga, era d’obbligo una pausa per visitare le vestigia di questa struttura ancora così ben
conservata.
Ma… guarda un po’ ! come mai al ritorno a
casa, mentre sto mettendo in ordine le foto,
ne catalogo un sacco sotto il nome di “Tempio
di Hibis” ??? E questa foto di me e Raed che
ci avviamo per accedere alla sala ipostila??
Ebbene si! Proprio il tempio di Hibis… eppure
ci hanno riconfermato che sarà aperto proprio
in gennaio 2008, forse…
Ma procediamo con ordine: Kharga, deliziosa
cittadina pulita e ordinata (almeno in
confronto ad altre cittadine del lungo Nilo)
raccolta nel centro dell’Oasi omonima… in
arabo: Kharga significa "l'esterna", in
contrapposizione
a
Dakhla,
"l'interna".
L’antico nome egizio era “Kenmet”.
Andrea e Raed si avvicinano all’accesso della sala
ipostila del tempio di Hibis
I testi che ne parlano sul web ci offrono parole a cui non ho saputo apportare sfumature nuove:
“Kharga colpisce il turista per la trasparenza della sua luce, per la serenità della sua vita e
della sua popolazione, per la pulizia delle sue ampie e moderne strade, per l'ospitalità della sua
gente, per le affascinanti testimonianze del patrimonio storico-culturale, per i prodotti
dell'artigianato locale”.
Durante questo stupendo viaggio, in pochi istanti, questa testimonianza, entrata nella mia
mente con le parole, si è trasformata in sentimento… Mentre mi preparavo prima del viaggio,
leggendo le descrizioni, i commenti di altri viaggiatori, immaginavo, proiettavo le mie fantasie
per “vedere” Kharga, la prima delle cinque oasi, obiettivi del nostro itinerario. Ora, arrivando
dopo un lungo viaggio da Luxor alle porte di questo sito verdeggiante, non posso che
condividere quelle parole ormai lontane. Così dopo aver goduto al mattino e al pomeriggio di
spettacoli incredibili, quali la stimolante visita al tempio di Qasr-el-goweita, il pellegrinaggio
estatico all’antica necropoli cristiana di Nestorio al-Bagawat, la scoperta preziosa dell’umile
Museo di Kharga ricco di tesori unici e sconosciuti… non avrei mai creduto che mi fosse
concesso questo incredibile regalo: di poter visitare e camminare nel famoso tempio di Hibis
dedicato ad Amon! L’edificio sacro sorge in quella che una volta si chiamava Hebet, la “città
dell’aratro” dalla parola egizia “Heb”.
Hb, Hebet, “aratro”… forse connessa alla fertilità del luogo stesso,
sito su un affioramento vulcanico, bagnato dall’acqua dell’oasi e
Geroglifico per Hb dal
quindi estremamente fertile.
dizionario del Gardiner p.579
Grazie ad un’abile e geniale contrattazione di Raed con i custodi del sito e i guardiani che
sovrintendono ai lavori (oltre al solito onorevole bakshish ovviamente…), abbiamo ottenuto il
permesso di aggirarci senza controlli tra le strutture del tempio di Hibis. Il mio sogno è
divenuto realtà prima di quello che mi aspettassi !!!
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Come si può rimanere indifferenti dinanzi alla grandezza, alla maestosità di quello che, ai miei
occhi si è rivelato un vero capolavoro ! Forse per chi si è aggirato con i sensi straniti in mezzo
ai colonnati ciclopici di Karnak o tra le incredibili strutture del palazzo dei Mille Anni a Medinet
Habu o ancora davanti ai maestosi templi rupestri di Abu Simbel, questo sito potrebbe
sembrare minuscolo e insignificante… ma il contenuto di storia e di simboli e l’ottimo stato di
conservazione lo pongono al livello dei più noti e frequentati siti della Vale del Nilo.
Mentre cammino trepidante verso il tempio, per pochi secondi, con occhio tecnico, immagino lo
sforzo costruttivo: lontano dal Nilo, quindi senza il vantaggio dei trasporti per via fluviale…
titanico! Con la forza della fantasia, nella mia mente, faccio rivivere la struttura templare,
circondata dal lago sacro (come dicono fosse stato in tempi antichi). Poi, senza rendermene
quasi conto, con delicatezza, nelle luci soffuse della sera, i miei occhi accarezzano le morbide
ombre, le calde tonalità della pietra screziata, che sembra quasi viva, nella sua segreta
essenza: eterna, immutabile… eppur corrosa dalla sua sfida ai millenni… Dov’è ora il famoso
Dariush, il persiano?
“Setwt-Ra”, “Somigliante a Ra”, recita il cartiglio, inciso con grandeur inequivocabile, sopra le
figure della parete posteriore. E rifletto: egli ha raggiunto indubbiamente la “sua” immortalità,
se ancor oggi il suo nome svetta indelebile sulle pareti di questo luogo sacro.
Sommità della parete posteriore, cartiglio di Dario il persiano.
La lettura va da destra verso sinistra: nesut-bity (setut-Ra) sa-Ra n khet-f mery-f
il Re dell’Alto e Basso Egitto Setut-Ra figlio carnale di Ra (letteralm.del suo corpo) bene amato (da lui)
Si, anche Dario è stato qui, ed ha contribuito, anzi, ha completato la costruzione iniziata da
Apries (XXVI dinastia) ed ha portato a termine l’abbellimento di questa struttura sacra nel 522
a.C. Non solo: i lavori furono continuati più tardi da Nectanebo II, dai Tolomei e dai Romani.
Non vi è angolo né superficie che non sia coperta di figure incise e di geroglifici, quasi che il
titano di roccia, assopito nella sera tiepida, si sia lasciato tatuare il corpo mastodontico, con
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storie, miti, con rituali antichi. Gesti ormai scolpiti, più che nella pietra, nell’animo dei
costruttori, dei sacerdoti, dei sovrani! Di coloro che, secolo dopo secolo, con la memoria degli
avi, tornavano a proporre le immagini classiche, i simboli più potenti, da incidere sui muri,
sulle colonne, sul naos, dovunque… per uno scopo che forse oggi sfugge a colui che interroga
queste antiche pareti usando soltanto l’occhio freddo e distaccato dell’accademia, o usando il
solo senso estetico, strumento semplice del turista curioso…
Ma non è finita qui… giriamo attorno al
tempio,
stupiti
dal
lavoro
di
ristrutturazione che ferve anche in queste
ore serali… Un effetto inusitato cattura la
nostra fantasia: i camion che si muovono
sollevano una polvere molto fine… si crea
una sottile nebbia che immerge tutto lo
scenario in un’atmosfera quasi magica…
Proseguiamo, scrutando con occhio avido
le raffigurazioni e i geroglifici sulle pareti
esterne. Amon, e le sue forme diverse,
come Amon-min, la sua sposa Mut, il figlio
Khonsu… la triade tebana e gli altri dei
dell’ennade sfilano silenziosi e ieratici sulle
Polverone sollevato dal camion che trasporta materiali per il
pareti di pietra, contornati da antiche
restauro, mentre si muove nella sabbia sottilissima e fine che
parole, da simboli che attendono di essere
circonda il tempio.
letti.
Stavolta la raffigurazione di Khonsu è veramente spettacolare, piena di dettagli: il suo sudario
simile a quello di Ptah rivela pieghe e bendaggi nei minimi particolari, i suoi molteplici scettri
stretti nelle mani mostrano persino le tacche delle canne di cui sono costituiti, ed copricapo,
con il crescente lunare sormontato dal disco, è arricchito da un ureo protettore in
atteggiamento aggressivo.
La triade Tebana, l’abbigliamento di tutti e tre gli dei è reso in modo magistrale nella pietra
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Ed ecco alcuni flash, alcune curiosità: Patrizia
scorge la raffigurazione di una dea a forma di
ippopotamo, dai tratti misti con quelli di un
coccodrillo: “Taueret”! è la prima esclamazione, la
dea della maternità e della protezione delle
nascite….
Ci soffermiamo a distinguere meglio i particolari e i
geroglifici presenti: il muso di ippopotamo della
dea è trasformato dalla presenza di denti lunghi e
aguzzi e da una lingua serpentina, che connotano
una pericolosità e ferocia insospettabili in una
protettrice della maternità… richiamano quasi le
funzioni terrificanti di Ammit, altra dea chimerica
che mutua parti di ippopotamo… ma con scopi ben
più inquietanti…
Ed ecco una particolarità: in questa versione, come
recita il geroglifico accanto, non è chiamata
Taueret o Tawrt come accade altove, ma invece
Ipt Wr.t: “Ipet la Grande” (Detta anche Ipy,
Raffigurazione di Ipet, dea della maternità
Opet, Apet etc… - vedi note tecniche).
Il geroglifico incolonnato accanto alla figura recita: Djd mdw jn Ipt wr.t mwt nTr.w n=s
d(w) ankh djt … “Parole dette da Ipet la Grande, madre degli dei: per lei è data la vita, per
sempre”. Vicino a Ipet, sulla destra, si intravede la figura di Nephtis, la divina Nebet Hwt, la
“Signora del Castello”, sorella di Iside, riconoscibile dal simbolo del palazzo sormontato dal
cesto che indossa come copricapo. Continuiamo a scorrere le pareti, riconoscendo le varie
divinità e i rituali a cui partecipa il sovrano… Tutto ci riporta, in quest’ora tarda e crepuscolare,
ai tempi antichi, quando attorno al naos risuonavano i sussurri degli adepti affaccendati, e le
voci cantilenanti dei sacerdoti impegnati nei rituali quotidiani. Purtroppo il naos non è
accessibile, quella zona è ancora transennata e ci è impedito di avvicinarsi alle strutture più
interne….
Vi è però un particolare interessante (ma che per questa volta non riusciremo a verificare di
persona): forse non tutti sanno che sulle pareti di questo Tempio, nella sala superiore, al
primo piano, tre pareti, rimaste ancora intatte, riportano una riproduzione di un antico rituale
“magico”, con scopo protettivo per il divino Osiride: questo rituale, presente in vari papiri (vedi
nota in fondo) appare molto raramente nelle incisioni sulle pareti di templi ed edifici sacri: uno
di questi è a Karnak sopra l’architrave della IV sala dell’edificio Osiriaco di Taharka, e l’altro è
qui nel tempio di Hibis.
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Il rito è denominato “Il rituale delle quattro sfere d’argilla”,
e descrive le modalità per scongiurare l’attacco da parte di Seth
“ il rosso di capelli e dalla pelle scarlatta” e la sua accolita
di demoni contro il divino Osiride. La formula di protezione
prevede il lancio di quattro sfere di argilla cruda verso i quattro
punti cardinali da parte del faraone o di un sacerdote da lui
delegato, recitando nel contempo le formule opportune, che
invocano quattro divinità diverse a protezione del Divino Re
dell’oltretomba (Uadjwt, Seshemtet, Bastet, Sekhmet). A
Karnak sembra che in questa scena il re, nel compiere il rituale,
usi una specie di mazza rigonfia ad una estremità per lanciare le
sfere verso i quattro punti cardinali. Qui a Hibis delle quattro
pareti, contenenti ciascuna un testo e le immagini assegnate al
rispettivo punto cardinale, ne sono rimase integre tre, che
hanno permesso di identificare il rituale e collegarlo ai testi dei
papiri. La visita, come sempre è sembrata volare in pochi
attimi… e sarebbe stato bello poter sprofondare nella
Rafigurazione di Amon-min
contemplazione di immagini, strutture e angoli segreti per poter
con i colori ancora ben
assaporare tutta la sacralità del sito…
conservati
…ma ahimé! poco più restava se non lanciare
uno
sguardo
incuriosito
alle
fitte
e
numerosissime iscrizioni del periodo tolemaico
romano presenti sul portale più esterno… ricca
testimonianza di usi e costumi civili e fiscali del
periodo storico attorno al 49 a.C. nell’oasi. Ma...
nuove avventure ci attendevano per l’indomani,
così
sotto
l’effetto
della
malinconia
nell’abbandonare un sito così interessante,
mentre un piccolo pezzo di cuore rimaneva
incollato alle strutture ormai vaghe ed
evanescenti nelle ombre della sera, uno
spettacolare e titanico albero, cresciuto proprio
nello spazio antistante il primo portale, ci
riportava con i suoi neri rami protesi verso lo
spazio celeste, alla nostra vera natura di
Fitte iscrizioni del periodo tolemaico- romano sul
viaggiatori:
portale esterno
Pronti, con la mente ed il cuore, protesi già verso la prossima destinazione, con la fantasia e la
curiosità vibranti ed accese da mille promesse… che l’antica terra di Kemet, l’Egitto, non manca
mai di soddisfare!
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Un maestoso albero, cresciuto proprio davanti al primo portale del tempio di Hibis
Seguono le note….
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NOTE TECNICHE:
1)
Estratto dal Papiro di New York, rituale delle 4 sfere di argilla:
Indietreggia o Seth (swtesh)! Arrogante, rosso di capelli, scarlatto di
pelle, il tuo Ba non potrà più uscire, il tuo cadavere non si muoverà più!
Il tuo volto è [quello di un] cieco, Seth! Non potrai più avvicinarti ad
alcun luogo dove ci sia Osiride-che-è-alla-testa-dell’Occidente, Unnefer
il Trionfatore.
________________________________________________________________________
A chi interessasse un approfondimento del “Rituale delle quattro sfere”, (purtroppo solo in
francese) propongo questo articolo di Jean-Claude Goyon che si può scaricare dal sito BIFAO
en-ligne, lotto 75 art.19:
http://www.ifao.egnet.net/doc/PubEnLigne/BIFAO/
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2)
E da un articolo di Cristiane Ziegler, ecco le foto di alcune sfere di argilla del Museo del Louvre,
con l’elenco dei nomi di divinità incise sulla superficie. Da notare la forma a testa leonina di
alcune di esse.
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3)
Un bell’articoletto dal web sul tempio, tradotto dall’inglese con l’aiuto di Elena, di Brian
Rosewood.
Il tempio di Hibis nell'oasi di Kharga
di Brian Rosewood
Illustrazione del tempio di Hibis nell'oasi di Kharga
Il più grande tempio nell'oasi di kharga è quello di Hibis, ed è uno dei più ben conservati,
probabilmente perché è stato sepolto dalla sabbia fino a che i ricercatori non lo hanno
scoperto e ripulito agli inizi del ventesimo secolo. Esso infatti è uno degli esempi di tempi
risalenti al periodo persiano più rimarchevoli che si possano trovare in Egitto.
Hibis, dal nome “Hebet” egiziano, che
significa "l'aratro", è locato appena due
chilometri più a nord della città moderna
di Kharga. La città connessa con il
tempio, conosciuta come “la città
dell'aratro”, era in tempi antichi la
capitale fortificata dell'oasi (conosciuta
come la fortezza di EL-Ghuweita di
Qasr), essa ricopriva un’aera di circa un
chilometro quadrato.
Esso risiede nella valle fra i piedi delle colline di Gebel-Al-Teir e Nadura. Conosciamo
pochissimo riguardo la città antica, benchè gli scavi in principio avessero messo in luce alcune
case con i soffitti a volta e pareti ricoperte di affreschi. Questo tempio, che è stato scavato
recentemente e restaurato dal Metropolitan Museum of Art di New York, ha sofferto le erosioni
provocate dalla presenza di acque sotterranee locali.
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Recentemente
è
stato
restaurato ancora dal servizio
egiziano delle antichità ed è
stata prevista la sua rimozione
ad un altro luogo, per evitare i
problemi
dovuti
all’acqua
sotterranea.
Tuttavia,
recentemente Zahi Hawass ha
deciso che il tempio può essere
ristabilito
in
situ.
Recentemente, inoltre, esso è
stato oggetto di un'indagine
epigrafica
quinquennale
effettuata da una squadra
americana, condotta da Eugene
Pianta del piano terreno del tempio di Hibis nell'oasi di Kharga
Cruze-Uribe.
L’accesso al tempio di Amon a Hibis si articola in una serie di portali. Esso è dedicato alla triade
di Thebe, consistente delle divinità Amon, Mut e Khonsu, che sono rappresentati nei rilievi sulle
pareti, ancora in buono stato di conservazione.
Il tempio, così come la fortezza in cui era stato costruito, domina la strada del deserto dal sud
essendo collocato su un affioramento vulcanico. Durante i tempi antichi, il tempio era
circondato da una massa d’acqua, probabilmente un lago che ora è scomparso. Il tempio è
stato iniziato da Apries nel 588 a.C., durante la ventiseiesima dinastia, perciò la fondazione
potrebbe essere datata anche in tempi più antichi. È stato completato dal persiano Darius I nel
522 a.C.. Successivamente, Nectanebo II ha costruito il colonnato, ed altre aggiunte sono
state fatte durante il periodo Tolemaico. Durante il quarto secolo, inoltre, è stata aggiunta una
chiesa lungo il lato nord del portico. Ci sono molti aspetti della pianta, della costruzione e delle
decorazioni del tempio che sono insoliti. Il tempio è stato costruito con calcare locale screziato
con un orientamento east-ovest. Un corridoio affiancato da sfingi conduce al tempio attraverso
una serie di portali, iniziando da uno costruito dai Romani.
Le iscrizioni su questo portale hanno contribuito
notevolmente alla nostra comprensione del governo
romano dell’epoca. Creato nell’anno 69, esso fornisce
informazioni su vari temi, comprese le tasse, sul
sistema di corte, sull'eredità e sui diritti delle donne.
Nectanebo I e II circondarono il tempio con un muro
di recinzione in pietra che nella parte anteriore
racchiudeva un chiosco monumentale ad otto colonne.
A causa dell’eccessiva ampiezza (ben 7.4 metri), il
suo soffitto ha dovuto essere coperto con travi di
legno. I capitelli compositi nel chiosco e nel corridoio
della sala ipostila sono fra i primi ritrovamenti del
genere conosciuti in Egitto. Davanti al chiosco ci sono
due obelischi, all'estremità del viale delle sfingi. Nella
parte anteriore del tempio vi è una forma primitiva di
pronao con quattro colonne liscie a forma di papiro e
pareti a schermo.
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Dietro il pronao si stende la sala ipostila, coperta di decorazioni che datano a Tolomeo III e IV.
Sullo montante della porta sud della sala ipostila, il registro superiore rappresenta il re mentre
fa offerte ad Amon-Ra. Il registro centrale descrive l'offerta del vino da parte del re a Mut e nel
registro inferiore il re fa un'offerta (forse una figura di Ma'at) ad Amon-Ra.
Sul lato nord, il re offre il vino ad Amon di Perwesekh
(antico nome di Ghuweita). Dopo la sala ipostila vi è
una stanza d'offerta con un santuario. Sulla parete
interna a nord del santuario vi sono le figure del dio
Khonsu (a testa di falco con la luna crescente) e di
Amon-Ra-Min. Quest’ultimi fanno parte di una scena che
descrive il re mentre fa le offerte alla triade. La parete
nord e sud del santuario sono le uniche zone nel tempio
che hanno l’intonaco, ed esso è coperto di decorazioni
dipinte. Il resto del tempio ha semplici altorilievi o
bassorilievi sulla cui pietra è deposto uno strato di
pittura. Vi è inoltre una cappella dedicata al sovrano
deificato e sale laterali con scale che conducono al tetto.
Il piano superiore contiene alcune zone dedicate a
Osiride, con alcune scene che descrivono la sepoltura
del dio, una caratteristica che non era rara nei templi
Greco-Romani.
Molte delle rappresentazioni dei templi sono particolari,
non soltanto per il loro stile piuttosto marcato ma anche
per un certo numero di temi specifici quale il catalogo
degli dei rappresentati nel santuario. Nel corridoio della
sala ipostila si può notare una figura blu alata
rappresentante Seth, con una testa di falco, che sta
sormontando il serpente Apophis con la sua lancia: è
stata considerata da alcuni storici d’arte come un
precursore del motivo di san Giorgio e il drago. Il graffiti
rinvenuti nello stesso corridoio includono i nomi di
parecchi viaggiatori Europei del diciannovesimo secolo,
compreso Cailliaud, che sostiene di aver scoperto il
tempio,
Drovetti,
Rosingana,
Houghton,
Hyde,
Schweinfurth e Rohlfs. Davanti il tempio sono state
scoperte alcune tombe greche e romane.
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Poi… per chi ha pazienza e conosce un po’ l’inglese, allego un interessante articolo di
Caroline Seawright su Taweret.
Taweret : scultura in granito che abbiamo acquistato l’anno
scorso in un Laboratorio di Alabastro presso Deir El-Medina
Taweret, Goddess Demoness of Birth,
Rebirth and the Northern Sky
by Caroline Seawright
Taweret (Taueret, Taurt, Toeris, Ipy, Ipet, Apet, Opet, Reret) - The Great Female - was the
ancient Egyptian goddess of maternity and childbirth, protector of women and children. Like
Bes, she was both a fierce demonic fighter as well as a popular deity who guarded the mother
and her newborn child. She was depicted as a combination of a crocodile, a pregnant
hippopotamus standing on her hind legs with large breasts and a lion. Unlike the composite
demoness Ammut, her head and body were that of the hippo, her paws were that of the lion,
and her back was the back of a crocodile. All of these animals were man killers, and as such
she was a demoness.
All three animals were regarded as fierce creatures who would kill to protect their young.
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It was in her role of a protector that she was seen as a goddess. As the mother hippo is
protective of her young, Taweret was believed to be protective of Egyptian children. She was
often shown holding the sa hieroglyph of protection or the ankh hieroglyph of life. She was
thought to assist women in labour and scare off demons that might harm the mother or child.
... because hippos are denizens of the fertile Nile mud, Egyptians also saw them as symbols of
rebirth and rejuvenation. The birth-related aspect of the hippo's powers also appears in the
complicated shape of the goddess Taweret, who protects women in childbirth.
She was also a goddess relating to fertility. She was goddess of harvests as well as a goddess
who helped with female sexuality and pregnancy. In this capacity, she was linked with the
goddess Hathor. As a fertility goddess, she was closely associated with the inundation of the
Nile especially at Jabal al-Silsila.
Amulets of Taweret were popular, used by the expectant mother because of Taweret's
protective powers. These were even found at Akhetaten - Akenaten had no power to stop his
people from needing the protection of this goddess (or of Bes), despite his attempts to replace
the gods and goddesses of Egypt with the Aten. Her picture was also found on women's
cosmetic tools, headrests, jewelry. There were even vessels in the shape of the goddess, with
a hole in one of her nipples for pouring. It was thought that she would assign magical
protection, when accompanied with a spell, to the milk poured through these vessels.
Another way that Taweret was thought to scare away evil that could hurt a mother and child
was through the use of magic. She was associated with the magic 'wand' or 'knife' that the
Egyptians used because she was a hippopotamus goddess:
Childbirth and early infancy were felt to be particularly threatening to both mother and baby.
Magic played the primary role in countering these threats; various evil spirits needed to be
warned off, and deities invoked to protect the vulnerable. These magic knives, also known as
apotropaic (that is, acting to ward off evil) wands, were one of the devices used. They are
usually made of hippopotamus ivory, thus enlisting the support of that fearsome beast against
evil. The depictions on this knife encompass a range of protective images. They include a
grotesque dwarf, probably known as Aha at this date, but later the more famous Bes, and
Taweret both of whom are associated with childbirth.
Taweret was a household deity, rather than a specific deity of the pharaoh, and she enjoyed
huge popularity with the every day Egyptian. She wore a low, cylindrical headdress
surmounted by two plumes or sometimes she wore the horns and solar disk of Hathor.
Although her popularity was strongest in later periods, she first appeared in the Old Kingdom
as the mother of the pharaoh, offering to suckle him with her divine milk. In later times, the
pharaoh Hatshepsut depicted the goddess attending to her birth along side other deities of
childbirth. During Egyptian history, she was called by three names - Ipet ('harem'), Taweret
('great one') and Reret ('the sow'). Of the three, the cult of Taweret assimilated the other two
versions of this goddess, despite the Temple of Ipet (often translated to be 'Harem' rather than
the name of the goddess) at Karnak.
In Egyptian astronomy, Taweret was linked to the northern sky. In this role she was known as
Nebetakhet, the Mistress of the Horizon - the ceiling painting of the constellations in the tomb
of Seti I showed her in this capacity. She was thought to keep the northern sky - a place of
darkness, cold, mist, and rain to the Egyptians - free of evil. She was shown to represent the
never-setting circumpolar stars of Ursa Minor and Draco. The seven stars lined down her back
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are the stars of the Little Dipper. She was believed to be a guardian of the north, stopping all
who were unworthy before they could pass her by.
In all of the ancient Egyptian astronomical diagrams there is one figure which is always larger
than all the rest, and most frequently found at the center of what appears to be a horizontal
parade of figures. This figure is Taweret "The Great One", a goddess depicted as a pregnant
hippopotamus standing upright. It is no mystery that this figure represents a northern
constellation associated, at least in part, with our modern constellation of Draco the dragon.
In the Book of the Dead Taweret, the 'Lady of Magical Protection', was seen as a goddess who
guided the dead into the afterlife. As with her double nature of protector and guardian, she
was also a guard to the mountains of the west where the deceased entered the land of the
dead. Many of the deities relating to birth also appear in the underworld to help with the
rebirth of the souls into their life after death. She was thought to be the wife of a few gods,
mostly because of her physical characteristics. She was linked to the god Sobek, because of
his crocodile form. Occasionally Taweret was depicted with a crocodile on her back, and this
was seen as Taweret with her consort Sobek. Bes, because the Egyptians thought they worked
together when birthing of a child, was thought to be her husband in earlier times.
At Thebes, she was also thought to be the mother of Osiris, and so linked to the sky goddess
Nut. Another part of this theology was that it was Amen, who became the supreme god rather
than Ra, who was the father of Osiris. It was believed that Amen came to Taweret (called Ipet
at this particular time) and joined with her to ensure the renewal of the cycle of life. Ipet
herself had become linked with the original wife of Amen, Amaunet (invisibility). It was at
Karnak that she was believed to have given birth to Osiris. In later times, Ipet was assimilated
by Mut who took her place as the wife of Amen and mother goddess.
Plutarch described Taweret as a concubine of Set who had changed her ways to become a
follower of Horus. In this form, she was linked to the goddess Isis. It was thought that the
goddess kept Set's powers of evil fettered by a chain. This is probably because she was a
hippo goddess while Set was sometimes seen as a male hippo. The male hippopotamus was
seen by the Egyptians as a very destructive creature, yet the female hippopotamus came to
symbolise protection. This is probably why Set was, in later times, regarded as evil while
Taweret was thought to be a helpful goddess, deity of motherhood and protector of women
and children.
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Andrea Vitussi è anche coautore del recente volume :
TUTANKHAMON
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