ni fa la mostra De Scul - Siena

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ni fa la mostra De Scul - Siena
Giunta al suo secondo anno di attività, la galleria di Siena FuoriCampo, ha inaugurato un paio di giorni fa la mostra De Sculptura: la doppia personale di Giulio Delvè (Napoli, 1984) e Namsal Siedlecki
(Greenfield, Usa, 1986) a cura di Gino Pisapia.
De Sculptura è il titolo preso in prestito da un dialogo pubblicato a Firenze nel 1504 dall’umani- sta
e storico dell’arte Pomponio Gaurico (1482 – 1530), che riprende ed emenda sotto una veste esteticofilosofica il De Statua del 1464 di Leon Battista Alberti (1404 – 1472) incentrato perlo- più sulle
tecniche scultoree. Da questa suggestione nasce l’esigenza di focalizzare il discorso critico attorno
al concetto di scultura attraverso la scelta di due giovani artisti che per alcuni versi condividono un
modus operandi che approda in maniera divergente ad inaspettati e spesso spiazzanti esiti.
Alcune domande al curatore.
ATP: Due artisti giovani - Giulio Delvè e Namsal Siedlecki - e un teorico rinascimentale, Pomponio
Gaurico (1482 – 1530). Cosa accomuna l’opera dei due artisti con un riferimento così lontano?
Gino Pisapia: L’incipit sembra quello di una barzelletta ma in realtà ad accomunare Delvè e Siedlecki
mediati dal Gaurico, umanista e dilettante della scultura o meglio della bronzistica, potrebbe esser
tutto e nulla, mi spiego. Il titolo della mostra senese presso la galleria FuoriCampo è De Sculptura,
titolo preso in prestito da un dialogo pubblicato dal Gaurico nel 1504 a Firenze. Egli finge di prender
parte ad una conversazione sulla scultura avvenuta nel proprio atelier padovano insieme agli umanisti veneziani Raffaele Regio e Niccolò Leonico Tomeo. La prima parte del dialogo è un elogio alla
scultura, alla cultura letteraria e a quella antiquaria, il seguito verte invece sulla classificazione dei
generi, sulle proporzioni, la prospettiva, la fisiognomica fino ad approdare alle tecniche di fusione affiancando cosi all’ideale arte-scienza il modello della retorica e della poesia. E’ un volume piacevole
da leggere, colto e riflessivo, che fa parte del mio percorso universitario, uno dei tanti testi ai quali
sono legato. Pensando ad una mostra sulla scultura è stata la prima fonte alla quale mi sono ispirato
e da questo è dipesa ovviamente anche la scelta degli artisti. Conoscevo molto bene Giulio Delvè
perché avevamo già lavorato insieme a Memories, una mostra da me curata e inaugurata a Napoli nel
2009. Del suo fare scultura mi aveva colpito l’approccio ai materiali, l’abile manualità e la disinvoltura con la
quale utilizzava le differenti tecniche. Ho conosciuto invece Namsal Siedlecki a Venezia in occasione dell’ultima biennale d’arte e quando mi ha illustrato il suo lavoro son rimasto affascinato dalla capacità alchemica
di associare differenti materiali, simbologie e nozioni scientifiche per fare scultura. Sono state proprio queste
caratteristiche, affrontate in maniera approfondita nel testo del Gaurico, più vaghe nel De Statua dell’Alberti,
a spingermi verso un’idea di mostra che fosse non solo un “confronto” tra due artisti ma tra due esercizi a tratti
simili, che sviluppano la propria ricerca in maniera autonoma approdando ad esiti formali differenti. Viene
dunque confermata la funzione dell’artista, che ieri come oggi riesce ad insufflare vita nella materia morta,
“spiritualizzandola” attraverso una forma che prima era amorfa.
ATP: Mi dai una tua personale definizione di scultura?
G.P.: Una pratica artistica.
ATP: Brevemente, quali opere hanno prodotto i due artisti per corroborare una così alta definizione di scultura?
G.P.: Non parlerei di “alta definizione di scultura” bensì di esercizio metodico e riflessivo che sviluppa un’azione cólta nella sua ambiguità, lasciando aperte infinite possibili direzioni. Questa affermazione sintetizza a
pieno il senso dei lavori prodotti per la mostra e testimonia un ulteriore sviluppo nella ricerca di entrambi. Sia
per Delvè che per Siedlecki si tratta di una nuova avventura espositiva alla quale abbiamo lavorato intensamente per cercare di raggiungere un obiettivo comune.
ATP: A prescindere dai lavori, a livello metodologico, è possibile individuare dei punti comune tra i due artisti?
G.P.: Seppur diametralmente opposte le metodologie applicate da Delvè e Siedlecki lasciano trasparire un’inclinazione di stampo baconiano, ossia l’artisticità dell’opera è raggiunta per induzione che trasforma l’esercizio artistico in un esperimento ben fatto.
Giulio Delvè, Epifisi, 2013 ©foto Lorenzo Pallini
Namsal Siedlecki, Bodybuilder#2, 2013 ©foto Lorenzo Pallini
Giulio Delvè, Oaska, 2013 ©foto Lorenzo Pallini