Esercitare da soli il ruolo di mamma e papà

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Esercitare da soli il ruolo di mamma e papà
Esercitare da soli il ruolo di mamma e papà
Linda Francioli
La sindrome di Laio e la legge di Giocasta: esercitare da soli
il ruolo di mamma e papà quando l’altro genitore non c’è
Vorrei toccare tre temi questa sera, non necessariamente con la stessa intensità.
Il primo da cui partire è un richiamo a Freud e al suo complesso di Edipo, da cui
la conferenza intende prendere le mosse. Non è certamente mia intenzione
dilungarmi sul tema, essendo come formazione molto lontana dalla psicoanalisi
classica; perciò Edipo, Laio e Giocasta mi serviranno piuttosto per introdurre il
tema dell’eccesso (o della carenza?) del materno o del paterno, nel bilanciamento
delle funzioni genitoriali che le famiglie sanno o non sanno trovare.
In secondo luogo, intendo brevemente aprire l’argomento prima citato
dell’eccesso o della carenza, intendendo con questo gettare uno sguardo sui
concetti di materno e paterno come oggi vengono concepiti e poi agiti, consapevole
del fatto che ciò che ognuno di noi può pensare essere un problema che lo
riguarda individualmente potrebbe invece essere (ed in effetti lo è) un problema di
più vasta scala, le cui risposte non sono e non possono essere solo individuali,
ma sociali.
Infine, come terzo punto –e su questo vorrei soffermarmi di più- quali sono i
rischi concreti della genitorialità al singolare, come gestirla bilanciando
opportunamente materno e paterno,: avvertenze, consigli e suggerimenti, ma
anche scambio di esperienze far le persone che sono qui stasera, pur nella
consapevolezza del limite di una risposta “privata” e molto circoscritta.
Le figure genitoriali interne: Madre e Padre (con la maiuscola)
La psicologia contemporanea ha studiato il costituirsi di “oggetti interni”nella
mente del bambino a partire fin dai primissimi giorni di vita, e lo ha messo in
relazione allo sviluppo delle sue facoltà affettive, cognitive ed emozionali.
Gli oggetti interni sarebbero degli schemi di riferimento per il pensiero e per la
vita affettiva del bambino e prenderebbero le mosse dalle esperienze concrete
della vita e dalle emozioni ad esse associate, in particolare -nei primi mesi di vitada quelle biologiche (nutrimento e cura).
Gli oggetti genitoriali interni (che chiamerei Madre e Padre, con la maiuscola, per
differenziarli da quelli reali, madre e padre biologici) sono schemi di riferimento
molto importanti e coincidono solo in parte col papà e la mamma vera; essi sono
alla base dei processi di identificazione e differenziazione che tanta parte hanno
nella vita del futuro adulto.
Padre e Madre sono oggetti simbolici, immaginari, archetipici, come tali frutto
delle esperienze reali ma anche della vita sociale, delle rappresentazioni
simboliche del materno e del paterno che si trovano nella società e che il bambino
ha modo di sperimentare in relazione alla sua età man mano che cresce (ad
esempio: le istituzioni, la legge, l’autorità come paterno; la solidarietà,
l’accoglienza, l’ascolto come materno)
Per questo è importante che questi oggetti si costituiscano in modo solido e ben
identificabile.
Vediamo ora come il mito di Edipo sviluppa questi oggetti interni, Padre e Madre,
mito da cui Freud ha preso le mosse per ipotizzare il famoso complesso di Edipo.
Madre e Padre secondo Edipo Re
La più famosa –seppur contestatissima- interpretazione dell’Edipo Re di Sofocle si
deve a Freud, che dalla tragedia fece derivare il nome del complesso maschile
infantile per cui il bambino verrebbe portato ad odiare il padre e ad attaccarsi
morbosamente alla madre. Ciascuno di noi, in sostanza, vorrebbe da bambino
sbarazzarsi del padre per poter possedere la madre, dalla quale è sessualmente
attratto. Sul versante femminile, si avrebbe il complesso di Elettra, ovvero la
bambina che vorrebbe sbarazzarsi della madre per possedere sessualmente il
padre.
(La tragedia di Sofocle ci racconta che un oracolo aveva predetto a Laio, Re di
Tebe, e a sua moglie Giocasta, che se essi avessero avuto un figlio, questi avrebbe
ucciso il padre e sposato la propria madre. Quando nacque Edipo, Giocasta
decise di sfuggire alla predizione dell’oracolo, uccidendo il neonato. Ella consegnò
Edipo a un pastore, perché lo abbandonasse nei boschi con i piedi legati e lo
lasciasse morire. Ma il pastore, mosso a pietà per il bambino, lo consegnò a un
uomo che era a servizio del Re di Corinto, il quale a sua volta lo consegnò al
padrone. Il Re adotta il bambino e il giovane principe cresce a Corinto senza
sapere che il Re di Corinto non è il suo vero padre. Gli viene predetto dall’oracolo
di Delfi che è suo destino uccidere il proprio padre e sposare la propria madre e
decide quindi di evitare questa sorte non ritornando mai più dai suoi presunti
genitori. Tornando a Delfi egli ha una violenta lite con un vecchio che viaggia su
un carro, perde il controllo e uccide l’uomo e il suo servo, senza però sapere che
si tratta del suo vero padre Laio, il Re di Tebe.Le sue peregrinazioni lo conducono
a Tebe. In questa città la Sfinge divora i giovinetti e le giovinette del luogo e non
cesserà finché qualcuno non avrà trovato la soluzione dell’enigma che essa
propone. L’enigma dice: “ Che cos’è che dapprima cammina su quattro, poi su
due e infine su tre? “ La città di Tebe ha promesso che chiunque lo risolva e liberi
la città dalla Sfinge sarà fatto Re e gli sarà data in sposa la vedova di Laio. Edipo
tenta la sorte. Trova la soluzione all’enigma cioè l’uomo che da bambino cammina
su quattro gambe, da adulto su due e da vecchio su tre (col bastone). La Sfinge si
getta in mare urlando, Tebe è salvata dalla calamità, Edipo diviene Re di Tebe e
sposa Giocasta, ignaro che sia la sua vera madre.Dopo che Edipo ha regnato
felicemente per un certo tempo, la città viene decimata dalla peste che uccide
molti cittadini. L’indovino Tiresia rivela che l’epidemia è la punizione del duplice
delitto commesso da Edipo, parricidio e incesto. Edipo, dopo aver disperatamente
tentato di ignorare la verità, si acceca quando è costretto a vederla, mentre
Giocasta si toglie la vita. La tragedia termina nel punto in cui Edipo ha pagato il
fio di un delitto che ha commesso a sua insaputa, nonostante i suoi consapevoli
sforzi per evitarlo.)
Il richiamo alla famosa tragedia e alla lettura freudiana di esso, mi serve per
ribadire il significato che Materno e Paterno assumono in relazione alla presunta
evoluzione psico-sessuale del bambino, secondo la più classica interpretazione
psicoanalitica.
Il Padre (successivamente identificato con l’istanza psichica del Super-Io) rimanda
ad una facoltà di imporre, articolare e mantenere la legge che garantisce l’ordine e
il funzionamento del sistema, sia esso individuale o sociale. Il Padre separa il
bambino dal desiderio di rimanere eternamente in simbiosi con la madre (il corpo
di Giocasta nell’Edipo), simbiosi che non impedita con la “castrazione” simbolica,
porta Edipo alla follia e alla morte.
L’intervento del Padre è dunque portatore della legge che vieta che il desiderio
nostalgico dello stato fusionale diventi realtà. Questo divieto dunque distrugge la
possibilità di realizzare un desiderio, e tuttavia Freud, su di esso fonda proprio la
possibilità di realizzare il desiderio più vero e sano, quello del godimento
sessualmente maturo e della creatività: è creando infatti il limite del desiderio
simbiotico che il giovane uomo si apre alla possibilità dell’utilizzo di quel desiderio
non soddisfatto in altre attività più adulte, nella sessualità, nelle arti, nel diritto,
nelle opere del sociale.
In questo senso, secondo la Psicoanalisi, il valore castratore del Padre ha la
valenza di separare il bambino dalla madre, orientando il desiderio di lei dove è
giusto che vada, verso il maschio-padre; e così facendo crea il giusto posto nella
linea delle generazioni e spinge il giovane fanciullo fuori dal “nido”, all’esterno del
nucleo famigliare, a cercare il suo posto nel mondo.
Con la sua brutalità, il Padre rende dunque possibile il desiderio, spinta
insopprimibile di ogni evoluzione, motore di ogni invenzione e rivoluzione sociale.
Con la sua simbiosi la Madre rischia da sola di spegnere ogni spinta verso il
sociale, verso il mondo e la società.
Edipo ci dice dunque che un eccesso di Madre o una carenza di Padre non
possono che evocare misera e distruzione.
Madri e padri (con la minuscola) di oggi: la crisi del Padre e
l’interscambiabilità delle funzioni
Se dunque permane la necessità della costituzione di oggetti interni stabili e
riconoscibili come Padre e Madre, non si può dire che i modelli educativi e sociali
attuali non abbiano subìto delle grosse trasformazioni.
Se chiedo a tutti voi di indicarmi quali sono nell’immaginario la vostra idea di
funzione materna e paterna sono certa che troverei in gran parte un condensato
di quel Padre e di quella Madre di cui parla anche Freud. Per esempio:
La madre: consola; accoglie; abbraccia; nutre; giustifica; mostra e scambia
emozioni ………
Il padre invece: sprona, sgrida, punisce, stimola ad affrontare la vita con forza,
sicurezza e coraggio;mostra meno le sue emozioni e riesce ad essere più
distaccato rispetto al sentire dei figli….
Ma i padri e le madri reali, oggi, esprimono nei fatti comportamenti assimilabili a
quelli dei Padri e delle Madri in quanto oggetti immaginari interni?
Da più parti si sente parlare di carenza dei padre. Qui vorrei spendere due parole
a difesa dei padri. Non tanto per contestare la presunta carenza del Padre (con la
P maiuscola) ma per sottolineare che questa carenza non è imputabile a loro
come individui, o almeno non del tutto.
I padri sono effettivamente più assenti di un tempo? Io direi di no, i padri-padroni
delle vecchie generazioni -anche le nostre - erano di fatto molto più
carenti/assenti, sempre fuori, nel mondo (lavoravano e presidiavano il
sostentamento economico della famiglia, come nelle tribù primitive gli uomini
andavano a caccia), mentre le madri presidiavano il focolare; i nostri padri
lavoravano e rappresentavano l’autorità che la mamma non aveva.
I padri di oggi sono per certi versi molto più presenti dei loro padri nella vita
domestica. Solo che svolgono spesso funzioni anche materne: cambiano i
pannolini, portano i figli dal pediatra, giocano coi figli, leggono loro le storie prima
che si addormentino, insomma hanno un legame molto affettivo. Come lo è
quello delle madri –e in alcuni caso meglio ancora.
Fanno più fatica a prender su di sé l’onere castratore del Padre, e lasciano che
siano possibilmente ad altri farlo. Il guaio è che anche i surrogati del Padre (le
istituzioni, la legge, il senso della società civile ecc) sono anch’essi sempre più
indeboliti, col risultato che non resta spesso che la madre ad occupare il ruolo
lasciato vacante dai Padri.
In questa sede ci preme sottolineare quanto questa presunta carenza non sia
tanto agita all’interno delle famiglie quanto piuttosto nella società: è lì che
l’autorità è latitante, è nelle istituzioni che vediamo un grande impoverimento
della propria funzione normativa, è nella scomparsa del “sacro” in senso
simbolico che agisce la carenza del Padre.
E non sono nostalgicamente a reclamare un ritorno all’autoritarismo di vecchia
memoria, che ha fatto il suo tempo e che non corrisponde più alle possibilità che
socialmente possiamo immaginare, ma a sottolineare la portata sociale e
sovraindividuale che ha questo fenomeno, mentre spesso ognuno di noi, chiuso
nella propria casa, si sente il macigno della scoperta e poi della gestione di una
cosa di così vasta portata.
Ma dopo aver parlato dei padri, vogliamo parlare delle madri?
Le madre di oggi, a differenza delle nostre, lavorano quasi tutte, hanno un ruolo
importante nell’economia domestica e giustamente si lamentano anche per l’onere
ancora quasi esclusivamente loro della gestione famigliare. Ma delegano con
riluttanza, consapevoli del fatto che la relazione di accudimento dei figli e la
gestione della casa ha anche una valenza simbolica cui non vogliono affatto
rinunziare.
Le donne di oggi vogliono e possono molto più delle loro madri: sono spesso più
colte dei compagni maschi, hanno risorse emozionali e cognitive ben spese e
soprattutto non hanno clamorose crisi di identità, solo semmai crisi di
adattamento.
Ma mentre dunque le madri di oggi non rinunciano ad interpretare una parte che
nell’immaginario è rimasta funzione del Padre (funzione che le porta fuori dalle
mura domestiche, nel mondo) proprio quando dunque un riequilibrio dei ruoli
sarebbe auspicabile, se non altro per sgravarle dal peso materiale delle
incombenze quotidiane, eccole che invece si lamentano della mancata funzione
del Padre, esercitata dai padri reali, spesso lamentandosi della scarsa
consapevolezza che essi hanno circa l’importanza del proprio ruolo in quanto
Padri.
Da parte loro i padri, affaticati da questa continua e insistente richiesta, abdicano
al ruolo Paterno, rischiando di commettere lo sbaglio di Laio. Oppure lasciano che
siano le madri a giocare il ruolo del Padre, togliendo di fatto fiato alle loro corde
materne, a volte già significativamente carenti quando sfiancate da carriere ed
attività molto impegnative sul piano sociale e cognitivo.
Dalla carenza del Padre si può facilmente vedere come si può passare ad una
carenza anche di Madre, ruolo della Madre che sempre più spesso vi ene lasciata
nelle mani delle baby sitter, delle colf, delle mamme dei compagni di scuola, delle
nonne sempre più anziane.
Eccesso/carenza di Madre o di Padre
Andando un po’ oltre la metafora di Edipo re, quali sono nel concreto per un
bimbo esposto ad un eccesso di Madre o di Padre?
“Possiamo anche dire che se uno dei due prevarica l’altro, il bambino non riesce più
a trovare quell’equilibrio che è indispensabile per poter raggiungere una sua
identificazione, un valido senso di sé ed una capacità di accettarsi come persona e
come individuo che sceglie la propria dimensione di crescere, di divenire e di poter
gestire la propria capacità creativa. Per capire l’importanza che riveste l’oggetto
genitoriale nello sviluppo del bambino, possiamo ricordare che sono proprio i
disequilibri tra “fallo e seno” i responsabili di tanti disordini dello sviluppo che
occupano l’attenzione degli studiosi, si tratta di una vera e propria epidemia in
continuo aumento quella che riguarda bambini e giovani disadattati, in stato di
disagio o anche, ormai, in situazione psicopatologica……..si è potuto mettere in
evidenza che nei casi di Asperger-Borderline il soggetto si trova nella condizione di
non poter scegliere il proprio modello identificativo e, quindi, sembra vivere in una
costante condizione di dubbio. È come se avesse sempre davanti a sé due porte o
come se ci fosse per lui poca differenza tra bene e male, con la conseguente caduta
nell’indecisione, nel dubbio costante e, di conseguenza, nella paralisi. In altre forme
psicopatologiche, il predominio del ? sul ? (fallo – seno) o l’esatto contrario, portano
il bambino a dover vivere situazioni affettive tanto contrastanti che provocano il
blocco dello sviluppo o ne alterano profondamente l’equilibrio (come succede
nell’autismo e nelle forme psicotiche e schizofreniche)”.
Sappiamo bene che nella gestione dei figli quando i genitori sono separati o soli le
cose si complicano. E si complicano ancor di più se pensiamo alla necessità del
genitore solo di esercitare sia la funzione paterna che quella materna.
Al di là delle difficoltà (fatica anche fisica oltre che psicologica) che ogni genitore
ha nel giocare la funzione dell’altro che gli è meno congeniale, si affianca anche il
rischio della confusione nei bambini: se infatti mamma o papà giocano
alternativamente funzioni paterne e materne, come si costituisce il Padre e la
Madre come oggetti interni in modo stabile e solido?
Non c’è dubbio infatti che passare dall’accoglienza alla norma e viceversa in modo
repentino è cosa che sconcerta un bambino: se la mamma è quella che mi
consola quando non sto bene, perché adesso che non voglio andare a scuola il
suo viso è diventato di ghiaccio e non cede neanche un po’? se il papà di solito mi
porta ai giardini anche se piove perché oggi che ho un solo po’ di raffreddore mi
tiene chiuso in casa e continua a dire che sono malato?
Alla base del dubbio patologico che è stato citato più sopra come disturbo
borderline sta spesso l’imprevedibilità dei comportamenti del genitore,
un’imprevedibilità però patologica che non ci deve impaurire nell’esercitare con
equilibrio funzioni sia paterne che materne.
Un consiglio che do inoltre è di utilizzare quanto più possibile le risorse sociali
che esistono in una grande città come la nostra per far passare il Paterno e il
Materno, anche al di là dei nostri comportamenti.
Il padre è latitante e il mio maschietto soffre di carenza del padre? Un buon capo
scout o un buon maestro di kung fu (o di acquarello, per dire) può diventare un
degno sostituito di autorevolezza e di affettività.
La mamma è impegnata in una faticosa carriera e la nostra piccola ne soffre forse
un pò? Troviamo almeno quelle routine molto confortanti, come il corso in piscina
il sabato mattina con mamma o con papà, oppure cerchiamo e poi appoggiamoci
con fiducia a quella maestra tanto dolce, cui segnalare le difficoltà di nostra figlio.
L’importante non è tanto al carenza o l’eccesso, ma la consapevolezza di quello
che c’è.
La consapevolezza –possibilmente prima che l’eccesso o la carenza sfoci in un
sintomo- è la risorsa più preziosa per stare il meglio possibile a questo mondo.
E con noi che stiamo bene, stanno bene anche i nostri figli.
Conferenza di Linda Francioli per Genitori Singolari
Milano, 19 febbraio e 23 Aprile 2009