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24/09/2010 : Notizie di oggi
Adige, L'
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ASSINEWS.it
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Citta' di Salerno,
La
Corriere della
Sera
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rudy gaddo TRENTO - Dieci anni e tre crisi
finanziarie dopo il «Big Bang» della previdenza
integrativa in Trentino Alto Adige, Laborfonds è
pronto, forte di 112mila iscritti e di u
Pensione, 40 anni non bastano più
pensioni, francia in piazza contro la riforma di
sarkozy
Sarkozy resiste alla piazza «Pensioni, solo
ritocchi»
Europaquotidiano.
it
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Francia in piazza, Sarko tira dritto
Gazzetta di
Mantova, La
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un nuovo fondo pensioni
Giornale, Il
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Guardian, The
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Italia Oggi
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Pensioni, Sarkò batte i sindacati Lo sciopero
anti riforma è un flop
Royal Mail 'put 5bn of its pension fund at risk'
Over 65, il cortocircuito dell'Inps
Pensione, 40 anni non bastano più
Previdenza, fondi per gli enti locali e i
dipendenti statali
Unione Sarda,
L' (Nazionale)
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Riforma delle pensioni, tre milioni in piazza
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Adige, L'
"rudy gaddo TRENTO - Dieci anni e tre crisi finanziarie dopo il «Big
Bang» della previdenza integrativa in Trentino Alto Adige,
Laborfonds è pronto, forte di 112mila iscritti e di u"
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24/09/2010
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rudy gaddo TRENTO - Dieci anni e tre crisi finanziarie dopo il
«Big Bang» della previdenza integrativa in Trentino Alto Adige,
Laborfonds è pronto, forte di 112mila iscritti e di un patrimonio
oltre il miliardo di euro, per una nuova sfida: «Affiancare alla
previdenza complementare prestazioni accessorie come coperture
assicurative in caso di morte o invalidità, oppure come fondi
sanitari integrativi»
rudy gaddo TRENTO - Dieci anni e tre crisi finanziarie dopo il «Big Bang» della previdenza
integrativa in Trentino Alto Adige, Laborfonds è pronto, forte di 112mila iscritti e di un
patrimonio oltre il miliardo di euro, per una nuova sfida: «Affiancare alla previdenza
complementare prestazioni accessorie come coperture assicurative in caso di morte o
invalidità, oppure come fondi sanitari integrativi». A lanciare la proposta è Giorgio Valzolgher
(foto) , direttore del fondo che oggi festeggia il decimo compleanno alla sala della
Cooperazione a Trento. Valzolgher, prima di interrogarci sul futuro, tracci un bilancio di
Laborfonds. «E' il quarto fondo pensione d'Italia per numero di aderenti, e il primo fondo
territoriale con il suo miliardo di euro di patrimonio. Di fatto poi è l'unico, vero progetto
ancora operativo tra Trento e Bolzano». C'è ancora spazio di crescita per Laborfonds? «Sì,
anche se non sarà facile: contiamo già sul 45% dei potenziali iscritti: 112.000 su un bacino di
245.000 lavoratori dipendenti in regione. Le esperienze di nazioni più evolute dell'Italia nel
campo della previdenza complementare ci dicono che siamo vicini alla soglia di saturazione,
visto che nemmeno là si è riusciti a superare il 50, 55% dei potenziali iscritti. Noi però
pensiamo di poter crescere ancora». Come? «Continuando a lavorare sul territorio per
diffondere la cultura della previdenza complementare. Contiamo già sull'80% dei potenziali
iscritti nel settore pubblico e sul 68% dell'industria, ma la percentuale è ancora bassa in
agricoltura, commercio e servizi. E in tutti i comparti dobbiamo avvicinarci di più ai giovani.
Solo il 22% dei nostri iscritti ha meno di 34 anni, eppure questa è la fascia d'età che più di
tutte avrà bisogno di una pensione complementare». Che cosa può offrire oggi Laborfonds
alle nuove generazioni? «L'esperienza di un fondo pensione che è stato capace, in un periodo
breve come dieci anni caratterizzato da tre crisi finanziarie tra cui quella durissima del 2008,
di garantire rendimenti medi annui superiori, anche se di poco (2,8% contro 2,7%), alla
rivalutazione del Tfr. La crisi finanziaria poi ci ha insegnato qualcosa. Da aprile abbiamo
lanciato, per due linee, la cosiddetta gestione attiva, che dà mandato ai gestori finanziari per
proteggere il patrimonio nei momenti di crisi dei mercati». Tutto oro quel che luccica? O ci
sono ostacoli da superare? «Ce ne sono, ci mancherebbe. A cominciare dalla disciplina
normativa che vede pesantemente penalizzati fiscalmente i 45.000 dipendenti pubblici iscritti
al nostro fondo, sia non concedendo loro gli stessi sgravi fiscali nel momento in cui vengono
versate le quote, sia in fase di tassazione della prestazione che vede applicata una aliquota
che di fatto arriva al 24% a fronte di una analoga aliquota per il dipendente privato che a pari
condizioni paga il 15% di fatto poi ridotto al 9%».
24/09/2010
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ASSINEWS.it
"Pensione, 40 anni non bastano più"
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Data:
24/09/2010
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24 settembre 2010
Pensione, 40 anni non bastano più
Per la finestra di ottobre ne servono 57 di età al 30 settembre
di Gigi Leonardi
Aver accumulato 40 anni di contributi non è sufficiente per andare in pensione dal 1° ottobre. Per
approfittare della finestra che sta per aprirsi, infatti, occorre aver compiuto o compiere entro il 30
settembre anche i 57 anni di età. L'uscita di ottobre coinvolge anche i pensionati di vecchiaia: via
libera ai dipendenti che hanno compiuto l'età (60 anni le donne e 65 gli uomini) entro il 30 giugno e
ai lavoratori autonomi che il compleanno l'hanno invece festeggiato entro lo scorso 31 marzo. Tutto
come programmato. Gli effetti introdotti dalla recente manovra economica (legge n. 122/2010)
interesseranno infatti solo coloro che maturano la pensione dal 2011 in poi.
Regole 2010. Le regole attuali, ancora valide per tutto il 2010, stabiliscono che chi raggiunge la
pensione di anzianità con meno di 40 anni per mezzo della famose «quote» (somma di anzianità
contributiva ed età anagrafica) ha a disposizione due sole uscite. I dipendenti, a seconda che i
requisiti vengano raggiunti nel primo o secondo semestre, possono lasciare il lavoro rispettivamente
dal primo gennaio o dal primo luglio dell'anno successivo. Mentre gli autonomi, artigiani,
commercianti e coltivatori diretti, possono andare in pensione, rispettivamente, dal primo luglio
dell'anno successivo, se raggiungono i requisiti entro il primo semestre dell'anno, o dal 1° gennaio
del secondo anno successivo, se li raggiungono nel secondo semestre. Accesso al pensionamento
un po' più facile, invece, per coloro che accumulano 40 anni di contributi, per i quali restano valide
le quattro finestre utilizzate sino al 2007 (indicate dalla riforma Maroni, legge n. 243/2004). Per i
dipendenti le uscite di luglio e ottobre si aprono per chi matura, rispettivamente, i requisiti entro il
primo o secondo trimestre dell'anno e sono legate a un' età minima di 57 anni, condizione che non
viene richiesta invece per le vie d'uscita di gennaio e aprile, alle quali può accedere chi raggiunge i
40 anni nel corso del terzo e quarto trimestre dell'anno precedente. Anche per i lavoratori autonomi
le finestre sono quattro, ma più distanziate. La pensione scatta da ottobre, da gennaio, da aprile, e
da luglio dell'anno successivo, a secondo che il requisito venga maturato rispettivamente nel primo,
secondo, terzo o quarto trimestre dell'anno. Medesima sorte per i pensionati di vecchiaia: i
dipendenti possono intascare l'assegno all'inizio del trimestre successivo a quello in cui maturano i
requisiti anagrafici e di contribuzione. Mentre per gli autonomi, l'attesa per la prima riscossione è più
lunga: inizio semestre successivo alla maturazione del diritto.
La finestra mobile. Tutt'altra musica per chi raggiunge i requisiti per il pensionamento a partire dal
1° gennaio 2011. L'art. 12 della legge n. 122/2010 (la manovra correttiva), in luogo delle attuali
finestre rigide, introduce la cosiddetta finestra mobile o a scorrimento, che fissa la decorrenza del
pensionamento (anzianità o vecchiaia) dopo 12 mesi, nel caso dei lavoratori dipendenti, e dopo 18
mesi, nel caso dei lavoratori autonomi.
Una sorta di uscita personalizzata, che consente di riscuotere la pensione a partire dal 13° mese
successivo a quello in cui si maturano i requisiti, oppure a partire dal 19° mese per i lavoratori
autonomi. Le nuove disposizioni non trovano applicazione nei confronti del personale del comparto
scuola, la cui decorrenza rimane fissata al 1° settembre di ogni anno (comma 9 dell'art. 59 della
legge n. 449/1997). Conservano inoltre le attuali regole sulle finestre: i dipendenti che avevano in
corso il periodo di preavviso alla data del 30 giugno 2010 e che maturano i requisiti entro la data di
cessazione del rapporto di lavoro e, nel limite di 10 mila unità, coloro che si trovano in mobilità (con
accordo stipulato entro il 30 aprile scorso) e i lavoratori coinvolti nei cosiddetti piani di esubero
(banche, assicurazioni ecc.).
Le uscite salvate. La stretta sulle finestre riguarderà solo chi raggiunge i requisiti per il
pensionamento a partire dal prossimo anno. Sono quindi fatte salve la finestra di ottobre e quella di
gennaio 2011, nonché quelle che si aprono nel corso dell'anno prossimo, ma che riguardano
soggetti che maturano i requisiti richiesti entro il 2010.
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Citta' di Salerno, La
"pensioni, francia in piazza contro la riforma di sarkozy"
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Data:
24/09/2010
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Pagina 8 - Attualita Pensioni, Francia in piazza contro la riforma di Sarkozy
PARIGI. E’ guerra di cifre sull’adesione allo sciopero generale e alle proteste indette ieri in Francia
per fermare la riforma delle pensioni, uno dei provvedimenti chiave del presidente Nicolas Sarkozy. I
sindacati gridano vittoria rivendicando 3 milioni di partecipanti, mentre il governo ne conta meno di
un milione. Per la seconda volta in meno di tre settimane, i lavoratori transalpini hanno incrociato le
braccia contro la riforma previdenziale, che prevede, tra l’altro, l’innalzamento progressivo dell’età
pensionabile da 60 a 62 anni entro il 2018. Un testo già adottato in prima lettura dall’Assemblea
nazionale e che dovrà passare al vaglio del Senato il 5 ottobre. In testa al corteo parigino, Francois
Chereque, segretario generale del sindacato CFDT, ha detto che la scommessa è «vinta». Di diverso
parere il portavoce del governo Luc Chatel, secondo cui «oggi la tendenza è che c’è stata una
diminuzione sia del numero degli scioperanti sia del numero dei manifestanti». Obiettivo dei
sindacati era superare l’adesione alla manifestazione del 7 settembre, a cui hanno partecipato oltre 1
milione di persone (2,7 milioni secondo la CGT, il primo sindacato del Paese).
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Corriere della Sera
"Sarkozy resiste alla piazza «Pensioni, solo ritocchi»"
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Data:
24/09/2010
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24 set 2010
Corriere Della Sera
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Stefano Montefiori
RIPRODUZIONE RISERVATA
Sarkozy resiste alla piazza «Pensioni, solo ritocchi»
Nuova giornata di scioperi nazionali
PARIGI Tutto dipendeva dai numeri: il 7 settembre avevano manifestato due
milioni e 700 mila francesi secondo gli organizzatori, un milione e 120 mila per
la polizia; più gente in piazza ieri avrebbe rafforzato le richieste di bocciare la
riforma delle pensioni voluta da Sarkozy. E visto che tutto dipendeva dai
numeri, ecco la forbice dei dati, quasi comica: tre milioni in piazza secondo i
sindacati, cioè movimento in crescita; neanche un milione per il ministero
dell'Interno, dunque protesta sgonfiata.
(Reuters)
Coro di protesta Giovani con le vuvuzelas manifestano davanti alla
cattedrale di Notre-Dame a Parigi
La battaglia delle cifre, che tutte le democrazie dagli Stati Uniti all'Italia
conoscono bene, è diventata decisiva in Francia perché i sindacati e
l'opposizione di sinistra hanno scelto la strada delle proteste circoscritte,
evitando almeno per ora di radicalizzare lo scontro con uno sciopero generale e
prolungato. Così, dalla mobilitazione del 24 giugno a quella del 7 settembre alla
giornata di ieri, è diventato facile fare paragoni, e vitale mostrare un'adesione in
aumento. «Ora il governo ci dovrà finalmente ascoltare, la protesta si sta
estendendo: questo è il volto della vera Francia», ha esultato ieri la segretaria
socialista Martine Aubry. «Meno persone in piazza, e meno lavoratori in
sciopero: è questa la tendenza», ha invece minimizzato Luc Chatel, portavoce
del governo.
A questo punto i sindacati non possono cedere, il presidente Sarkozy neanche:
la riunione di oggi del «G8» (le otto sigle che conducono la protesta) deciderà
probabilmente di indire l'ennesimo sciopero perché molti francesi giudicano una
riforma delle pensioni inevitabile, d'accordo, ma non sopportano «questa»
riforma, a loro dire ingiusta soprattutto per le classi popolari e le donne.
Sarkozy ripete che l'innalzamento dell'eta pensionabile da 60 a 62 anni, e
l'accesso alla pensione piena da 65 a 67 anni, sono irrinunciabili; la scommessa
del presidente è sopportare l'impopolarità di oggi per proporsi alle elezioni del
2012 come il leader responsabile e coraggioso che ha saputo tirare fuori la
Francia dalla crisi finanziaria, accettando poi la sfida di trovare entro il 2020 i 45
miliardi di euro necessari a colmare il deficit del sistema pensionistico.
Già approvata in fretta all'Assemblea nazionale tra le grida dell'opposizione che
gridava al «putsch», la riforma delle pensioni sarà discussa al Senato il 5
ottobre. La nuova mobilitazione potrebbe essere indetta quindi per sabato 2,
anche se nella riunione sindacale di oggi le sigle più radicali Force Ouvrière e
Sud Rail potrebbero chiedere uno sciopero immediato e a oltranza: i presunti tre
milioni di ieri e gli incidenti con lacrimogeni davanti alla sede degli industriali
fanno tornare alla mente i tre milioni della primavera 2006, quando la piazza
impose all'allora premier Villepin di ritirare il «Cpe», il contratto di primo
impiego.
La Cgt di Bernard Thibault e la Cfdt di François
Chèreque potrebbero accontentarsi invece di
tenere alta la pressione nella speranza di
raccogliere i segnali lanciati dal presidente del
Senato Gérard Larcher e dallo stesso Sarkozy:
nessuna rinuncia di fondo alla riforma, ma un
aggiustamento quanto ai tempi di attuazione, e
magari il mantenimento del limite attuale dei 65 anni di pensione piena per le
donne con tre figli. Obiettivo meno affascinante e più realistico.
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Europaquotidiano.it
"Francia in piazza, Sarko tira dritto"
Data:
24/09/2010
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Articolo Sei in News Analysis
24 settembre 2010
Francia in piazza, Sarko tira dritto
Oltralpe si estende la protesta sulla riforma delle pensioni.
L’Eliseo, prima ancora che fossero partiti i 232 cortei che hanno ieri attraversato
grandi e piccole città francesi per protestare contro la riforma delle pensioni, ha voluto
consolarsi con la constatazione di un leggero calo nell’adesione agli scioperi.
Sarkozy, che considera la riforma delle pensioni – assieme alla svolta securitaria – il
simbolo della propria presidenza, ha giudicato che questo calo è «un segno
dell’adesione al progetto di riforma» o almeno di rassegnazione. I sindacati
rivendicano, al contrario, una nuova giornata di forte partecipazione, analoga a quella
del 7 settembre, dove erano scesi in piazza tra 1,1 e 2,7 milioni di persone (dati della
polizia e della Cgt). È in preparazione un’altra giornata di manifestazioni, il 2 o il 9
ottobre. «Un’altra riforma è possibile », dice l’opposizione. Il Ps pensa a una riforma
“à la carte”, pur mantenendo l’età minima a 60 anni.
Sarkozy non intende cedere. La riforma è già passata all’Assemblea, dove il dibattito
è stato troncato per accelerare il voto, e comincerà ad essere discussa al senato dal
5 ottobre. Sarkozy può accettare solo qualche modifica al margine, come dare alcuni
vantaggi agli handicappati o, forse, alle donne che hanno avuto tre figli. Ma il “cuore”
della riforma – l’innalzamento dell’età minima da 60 a 62 anni e da 65 a 67 anni per
avere una pensione a tasso pieno – è giudicato intoccabile.
Sarkozy scommette sulla poca memoria dei francesi: una volta passata la legge,
dimenticheranno e la battaglia del 2012 si farà sulla sicurezza e sull’immigrazione.
Non è detto però che la scommessa del presidente sia vincente. I sondaggi
continuano a segnalare un calo delle opinioni favorevoli, ora intorno al 30 per cento,
malgrado l’offensiva “securitaria” contro i rom, che avrebbe dovuto attirare l’elettorato
del Fronte nazionale, grazie al quale Sarkozy ha vinto nel 2007. Per i tre quarti dei
francesi la riforma delle pensioni è “ingiusta” e il 63 per cento, anche se non sciopera,
sostiene la protesta. I sindacati – non solo la Cfdt, da sempre riformista, ma anche la
Cgt – sono prudenti. L’idea di uno sciopero generale, difesa da Force ouvrière e da
Solidaires, per il momento è stata scartata. Lo slogan della Cfdt spiega la posizione
più diffusa: «Contro una legge ingiusta, per una riforma equa».
I francesi sanno che una riforma delle pensioni è necessaria, se si vuole conservare il
sistema per ripartizione. Ma non accettano quella proposta dal governo. Prima di
tutto, è mancata la concertazione con le parti sociali. I sindacati affemano che la
riforma di Sarkozy è quella voluta dal Medef, la Confindustria francese. Chiedono che
venga tenuto conto dei lavori usuranti, ma il governo concede solo analisi “caso per
caso”, non per mestiere.
Le donne saranno le più penalizzate, a causa di carriere spesso a singhiozzo e
incomplete (sono richiesti 40,5 anni di contributi, 41,5 nel 2020) e dovranno aspettare
fino a 67 anni per non avere una pensione decurtata (per la quale bastano 62 anni),
mentre la disoccupazione è al 40 per cento tra i 55 e i 60 in Francia (cosa che
significa, finita la disocuppazione, anni con gli assegni sociali, ai minimi). Chi ha
cominciato a lavorare da giovane sarà costretto a pagare contributi per 43-44 anni,
più del dovuto.
La riforma è considerata ingiusta perché fa pesare lo sforzo solo sui lavoratori,
mentre esonera i redditi da capitale, che restano ben protetti dallo scudo fiscale. Lo
scandalo di cui è protagonista il ministro del lavoro, Eric Woerth, sospettato di
conflitto di interessi e di aver favorito l’evasione fiscale di alcuni miliardari quando era
responsabile del Tesoro, è diventato il simbolo concreto dell’ingiustizia.
Anna Maria Poli
Rassegna stampa
Gazzetta di Mantova, La
"un nuovo fondo pensioni"
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Data:
24/09/2010
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ARTIGIANI Un nuovo fondo pensioni
Da gennaio i lavoratori dell’artigianato e delle piccole imprese potranno contare su un nuovo fondo
nazionale integrativo di assistenza sanitaria. E’ questo il frutto di un accordo, raggiunto tra le
organizzazioni datoriali dell’artigianato - Cna, Confartigianato, Casartigiani, Claai - con le
organizzazioni sindacali di Cgil, Cisl e Uil.
Rassegna stampa
Giornale, Il
"Pensioni, Sarkò batte i sindacati Lo sciopero anti riforma è un
flop"
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Esteri
Data:
24/09/2010
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24-09-2010
SVOLTA IN FRANCIA
Pensioni, Sarkò batte i sindacati Lo sciopero anti riforma è un flop
Alla protesta ha aderito meno del 20% dei lavoratori. Erano stati oltre il 26% ai primi
di settembre e quasi il 60% nel 2003
Marcello Foa
Tantissimi manifestanti per le vie di Parigi, Marsiglia, Bordeaux; eppure lo sciopero di ieri
indetto dai sindacati francesi contro la riforma delle pensioni è in buona parte fallito. Perché
più che il numero delle persone scese per strada contava il tasso di astensione negli uffici,
nei ministeri, nelle fabbriche. Che è stato basso. Mediamente solo un francese su cinque ha
risposto all’appello della sinistra, pari al 19,7%. In occasione della giornata di protesta dello
scorso 3 settembre a fermarsi era stato ben il 26% della forza lavoro.
La frenata è netta, di almeno sei punti. Il suo servizio stampa dell’Eliseo ha fatto notare,
lestamente, che nel 2003 a protestare contro Chirac, in circostanze analoghe, era stato
quasi il 60% dei dipendenti pubblici. Altri tempi, altra Francia.
L’impressione, al termine di una giornata meno caotica del previsto, è che il movimento di
protesta tenda a sgonfiarsi e che la maggior parte degli elettori giudichi la riforma voluta da
Sarkozy tutto sommato accettabile; quale, infatti, oggettivamente è.
Non si può certo affermare che i «figli di Marianna» abbiano lavorato in condizioni di
pesante sfruttamento. Ricordate le settimane da 35 ore? Di fatto tre volte al mese i francesi
potevano permettersi week-end di tre giorni senza intaccare le ferie. E ancora oggi, con
un’età media di 59,5 anni, lasciano il lavoro prima di chiunque altro in Europa.
Esaminando nel dettaglio la riforma, emerge che Sarkozy non ha proposto una rivoluzione
thatcheriana, ma un aumento graduale del-- l’età pensionabile che da 60 passerà nel 2018
a 62 anni. Un piccolo sacrificio accompagnato, peraltro, da un aumento dei contributi sociali
sui redditi più alti. Dunque: il francese medio lavora qualche mese in più, ma quello ricco
mette mano al portafoglio. Più che un svolta liberista, sembra un cambiamento in salsa
socialdemocratica, reso inevitabile dal peggioramento dei conti pubblici.
I sindacati ieri, naturalmente, hanno ignorato i dati sullo sciopero esaltando le immagini
della contestazione che ha invaso i viali delle grandi città. «Siamo più numerosi che lla volta
scorsa», ha dichiarato uno dei leader.
In realtà erano più o meno gli stessi, 2,7 milioni per le organizzazioni di categoria, 1,1
secondo la polizia. La lotta, naturalmente, continuerà.
Ma al di là delle schermaglie verbali, sta emergendo una frattura sociale, per una volta
tutt’altro che distruttiva. Da una parte la sinistra chiassosa e retorica, ferma agli anni
Ottanta, che pretende molto e offre poco; dall’altra un’opinione pubblica la quale si rende
conto dei privilegi di cui gode e pensa che non sia sbagliato lavorare un po’ di più per
preservare uno stato sociale, in cui peraltro continua a credere. E con qualche buona
ragione.
Diciamolo francamente: in Francia quasi tutto funziona. Non è un caso che proprio ieri sia
risultata il Paese con la qualità di vita più alta della Unione europea. La Sanità pubblica è
talmente efficace da rendere di fatto superflua quella privata. I trasporti pubblici, su strada e
su rotaia, sono esemplari. Le famiglie numerose vengono giustamente aiutate, con forti
deduzioni fiscali, al punto che oggi circa il 50% dei contribuenti non paga imposte sul
reddito. La burocrazia è molto più snella che in Italia. Insomma, la Francia, sebbene non sia
più un impero, conserva nei suoi cromosomi la disciplina e il senso dello Stato di una
grande Nazione, avvolti nei valori egualitari della Rivoluzione francese.
Un cocktail irrepetibile che porta con sé anche delle contraddizioni: la Francia splende nelle
classifiche virtuose, ma anche in quella dei Paesi con il maggior numero di ore di sciopero
all’anno. Consoliamoci: ci batte di gran lunga. In questo strano 2010, queste contraddizioni
sembrano finalmente sfumare e, sebbene sia presto per affermarlo con certezza, si
intravvede la fisionomia di una Francia meno giovanile, meno impulsiva e più saggia, più
concreta. Ma, in fondo, fedele a se stessa.
MINORANZA Un milione in piazza, ma l’opinione pubblica sembra aver cambiato
orientamento IN CORTEO La leader socialista Martine Aubry, con la giacca bianca, alla
manifestazione contro la riforma delle pensioni [Reuters]
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Guardian, The
"Royal Mail 'put 5bn of its pension fund at risk'"
Data:
24/09/2010
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Royal Mail 'put £5bn of its pension fund at risk'
Analyst says secret off-balance sheet stock market bets could have led to massive losses
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Phillip Inman
guardian.co.uk, Thursday 23 September 2010 20.16 BST
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Analyst John
Ralfe says the pension plan makes Royal Mail look “like a hedge fund that happens to deliver
letters”. Photograph: David Levene for the Guardian
Royal Mail has been accused of taking huge risks with its pension fund after it channelled £5bn into
an off-balance sheet vehicle last year to place bets on the stock market. The money, which was
effectively hidden from scrutiny by the public and Royal Mail's workers, was used to buy
derivatives that paid huge returns if stock market values went up.
The transaction, which is regularly adopted by hedge funds, posed a huge risk of losses to the fund
if the bets had gone wrong, said analyst John Ralfe, who discovered the scheme during his research
into the pension plan. In the accounts of the Royal Mail Pension Fund he found an "economic
exposure" of £5.13bn to UK and overseas shares via futures contracts as of 31 March this year.
He said the figure was up from £2.1bn a year earlier following a steep rise in share values. But Ralfe
said it was equally possible the fund may have lost £2bn if the stock market had carried on falling.
He said it was worrying that Royal Mail had omitted any mention of the potential liability from its
annual report and accounts.
The Royal Mail pension fund accounts describe the off-balance sheet funds as a "return-seeking
overlay".
Most of the fund is invested in low-risk corporate bonds and cash, but the "overlay" of investments
in derivatives contracts now accounts for 20% of assets, double the 10% they represented last year.
Royal Mail, which is expected to be privatised by business secretary Vince Cable, operates a £26bn
final salary pension scheme. This year the fund revealed an £8bn deficit that ministers described as
unsustainable.
A spokesman for the Department of Business said the investment strategy of Royal Mail's pension
fund was a matter for the company and the fund's trustees. Royal Mail was unavailable for comment.
Ralfe said part of the occupational scheme was being run like a hedge fund, with the potential for
profits and losses far in excess of anything the business itself is likely to make in the near future.
"Royal Mail plc accounts show its huge pension scheme has reduced risk in recent years by moving
from equities to bonds and now holds a conservative 70% of its £26bn assets in bonds to match its
pension liabilities," he said.
"But, the accounts of the RM Pension Plan itself tell a different story. As well as holding 70%
bonds, it is taking a whopping £5bn side-bet on UK and global equities through equity derivatives
or futures contracts. If the price of equities rises, RM wins, if they fall, RM loses.
"In the year to March 2010 RM Pension Plan made £1.1bn on these equity futures bets – compare
this with the mere £400m Royal Mail itself made. RM really looks like a hedge fund that happens to
deliver letters."
The Communication Workers Union has expressed fears that a new owner would seek to take
drastic action to close the funding gap. It has also warned its members that a new owner could take
control of the fund to use the assets for the benefit of the company.
Ralfe said: "These huge off-balance sheet side bets should certainly be disclosed in Royal Mail's
own accounts; since they are not, it raises the question whether Royal Mail itself and the Business
Department knew about them in the run up to privatisation."
Final salary pension funds have recently grabbed the headlines as funding deficits have been blamed
for wrecking takeovers and siphoning off valuable shareholder funds.
The pensions regulator has ordered firms to pour billions of pounds of extra cash into their
guaranteed schemes to make up shortfalls over the next 10 years.
British Airways today signalled further progress in its merger with Iberia after an agreement over its
massive pension scheme, which has one of the largest deficits in the FTSE 100.
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Italia Oggi
"Over 65, il cortocircuito dell'Inps"
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Data:
24/09/2010
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ItaliaOggi
sezione: Periti Industriali data: 24/09/2010 - pag: 42
autore:
corsia preferenziale
Over 65, il cortocircuito dell'Inps
La questione dei professionisti in pensione che continuano l'attività lavorativa
continua a suscitare più di qualche perplessità rispetto all'indagine Inps scattata sul
loro conto. È noto che l'Istituto di previdenza ha lanciato una indagine per
individuare gli evasori dal punto di vista contributivo e che nelle maglie
dell'operazione sono finiti senza motivo anche i periti industriali. L'Inps vanta nei
loro confronti la richiesta di contributi non versati, ma il versamento di tali
contributi non erano certo dovuti all'Inps ma semmai all'Eppi. Dato che la Cassa
periti permette di scegliere dopo 65 anni se continuare a versare o meno, chi non
ha versato «over 65» lo ha fatto in piena legittimità.L'Inps insiste che a ogni
reddito deve corrispondere un versamento contributivo, ma il regolamento Eppi è
stato approvato con la clausola dell'opzione dopo i 65 anni e dunque quello che è
successo fino ad oggi ricade sotto una normativa precisa. Magari sarà possibile
rivedere quel regolamento e dunque ridiscutere quella clausola, forse cambiarla,
forse ipotizzare un versamento agevolato, però rispetto al pregresso è necessario
che l'Istituto di previdenza abbia una linea univoca. E invece quello che è dichiarato
dalla direzione centrale non è applicato in modo univoco dalle sedi periferiche, con
il risultato di ingenerare sconcerto nei periti industriali e nei cittadini in generale.
Ad oggi, la posizione della dirigenza Inps è stata incoraggiante: ha garantito che i
procedimenti esattoriali verso i periti industriali liberi professionisti fossero
congelati e ha ammesso, in ogni caso, che l'Inps non fosse legittimata a richiedere
contributi per prestazioni lavorative che non ricadono nell'ambito del pubblico.
Quindi ha rimesso la palla in gioco passandola al ministero del Welfare, chiedendo
un parere sulla vicenda che, per adesso, non è mai arrivato. Le sedi territoriali,
invece, si comportano in modo quasi anarchico. La sede di S. Donà di Piave ha
annullato un procedimento di accertamento contributivo appena ha saputo che il
perito industriale interessato era iscritto regolarmente al suo ente di previdenza,
cioè l'Eppi; le sedi di Bologna e Parma hanno sospeso l'accertamento dopo che i
professionisti interessati hanno sporto ricorso con l'appoggio legale dell'Ente di
previdenza, mentre l'Inps di Aosta e di Padova continuano a procedere a testa
bassa nella loro azione legale, seppur è stato presentato regolare ricorso, sembra
fino a giungere all'aula di tribunale.Certo tutto ciò provoca sconcerto. Non è chiaro
se vi sia un cortocircuito tra sede centrale e sedi territoriali, non è chiara la logica
con cui la mano destra si comporta in modo opposto alla mano sinistra
ingenerando la sensazione di una cattiva circolazione delle direttive o di una
massima discrezionalità dei dirigenti territoriali.L'Eppi non cambia la sua posizione:
sostenere tutti i ricorsi verso gli accertamenti contributivi, così da giungere fino alle
aule del tribunale con la sicurezza di incassare sentenze favorevoli che facciano da
caso pilota. Allo stesso tempo, chiede però coerenza: è disponibile a trovare una
soluzione al caso degli «over 65» davanti però a impegni che siano seriamente
rispettati.
Rassegna stampa
Italia Oggi
"Pensione, 40 anni non bastano più"
Data:
24/09/2010
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ItaliaOggi
sezione: Lavoro e Previdenza data: 24/09/2010 - pag: 39
autore: di Gigi Leonardi
L'uscita interessa anche gli autonomi che hanno maturato il requisito
anagrafico al 31 marzo
Pensione, 40 anni non bastano più
Per la finestra di ottobre ne servono 57 di età al 30 settembre
Aver accumulato 40 anni di contributi non è sufficiente per andare in pensione dal
1° ottobre. Per approfittare della finestra che sta per aprirsi, infatti, occorre aver
compiuto o compiere entro il 30 settembre anche i 57 anni di età. L'uscita di
ottobre coinvolge anche i pensionati di vecchiaia: via libera ai dipendenti che hanno
compiuto l'età (60 anni le donne e 65 gli uomini) entro il 30 giugno e ai lavoratori
autonomi che il compleanno l'hanno invece festeggiato entro lo scorso 31 marzo.
Tutto come programmato. Gli effetti introdotti dalla recente manovra economica
(legge n. 122/2010) interesseranno infatti solo coloro che maturano la pensione
dal 2011 in poi. Regole 2010. Le regole attuali, ancora valide per tutto il 2010,
stabiliscono che chi raggiunge la pensione di anzianità con meno di 40 anni per
mezzo della famose «quote» (somma di anzianità contributiva ed età anagrafica)
ha a disposizione due sole uscite. I dipendenti, a seconda che i requisiti vengano
raggiunti nel primo o secondo semestre, possono lasciare il lavoro rispettivamente
dal primo gennaio o dal primo luglio dell'anno successivo. Mentre gli autonomi,
artigiani, commercianti e coltivatori diretti, possono andare in pensione,
rispettivamente, dal primo luglio dell'anno successivo, se raggiungono i requisiti
entro il primo semestre dell'anno, o dal 1° gennaio del secondo anno successivo,
se li raggiungono nel secondo semestre. Accesso al pensionamento un po' più
facile, invece, per coloro che accumulano 40 anni di contributi, per i quali restano
valide le quattro finestre utilizzate sino al 2007 (indicate dalla riforma Maroni,
legge n. 243/2004). Per i dipendenti le uscite di luglio e ottobre si aprono per chi
matura, rispettivamente, i requisiti entro il primo o secondo trimestre dell'anno e
sono legate a un' età minima di 57 anni, condizione che non viene richiesta invece
per le vie d'uscita di gennaio e aprile, alle quali può accedere chi raggiunge i 40
anni nel corso del terzo e quarto trimestre dell'anno precedente. Anche per i
lavoratori autonomi le finestre sono quattro, ma più distanziate. La pensione scatta
da ottobre, da gennaio, da aprile, e da luglio dell'anno successivo, a secondo che il
requisito venga maturato rispettivamente nel primo, secondo, terzo o quarto
trimestre dell'anno. Medesima sorte per i pensionati di vecchiaia: i dipendenti
possono intascare l'assegno all'inizio del trimestre successivo a quello in cui
maturano i requisiti anagrafici e di contribuzione. Mentre per gli autonomi, l'attesa
per la prima riscossione è più lunga: inizio semestre successivo alla maturazione
del diritto. La finestra mobile. Tutt'altra musica per chi raggiunge i requisiti per il
pensionamento a partire dal 1° gennaio 2011. L'art. 12 della legge n. 122/2010 (la
manovra correttiva), in luogo delle attuali finestre rigide, introduce la cosiddetta
finestra mobile o a scorrimento, che fissa la decorrenza del pensionamento
(anzianità o vecchiaia) dopo 12 mesi, nel caso dei lavoratori dipendenti, e dopo 18
mesi, nel caso dei lavoratori autonomi. Una sorta di uscita personalizzata, che
consente di riscuotere la pensione a partire dal 13° mese successivo a quello in cui
si maturano i requisiti, oppure a partire dal 19° mese per i lavoratori autonomi. Le
nuove disposizioni non trovano applicazione nei confronti del personale del
comparto scuola, la cui decorrenza rimane fissata al 1° settembre di ogni anno
(comma 9 dell'art. 59 della legge n. 449/1997). Conservano inoltre le attuali regole
sulle finestre: i dipendenti che avevano in corso il periodo di preavviso alla data del
30 giugno 2010 e che maturano i requisiti entro la data di cessazione del rapporto
di lavoro e, nel limite di 10 mila unità, coloro che si trovano in mobilità (con
accordo stipulato entro il 30 aprile scorso) e i lavoratori coinvolti nei cosiddetti
piani di esubero (banche, assicurazioni ecc.). Le uscite salvate. La stretta sulle
finestre riguarderà solo chi raggiunge i requisiti per il pensionamento a partire dal
prossimo anno. Sono quindi fatte salve la finestra di ottobre e quella di gennaio
2011, nonché quelle che si aprono nel corso dell'anno prossimo, ma che riguardano
soggetti che maturano i requisiti richiesti entro il 2010.
Rassegna stampa
Italia Oggi
"Previdenza, fondi per gli enti locali e i dipendenti statali"
Data:
24/09/2010
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ItaliaOggi
sezione: Imposte e Tasse data: 24/09/2010 - pag: 23
autore:
annuncio dall'inpdap
Previdenza, fondi per gli enti locali e i
dipendenti statali
«Dopo il Fondo Espero per il personale della Scuola, tra breve entreranno in
funzione due nuovi Fondi pensione pubblici che riguarderanno altri 1.625.000
potenziali iscritti». Lo ha annunciato ieri il Presidente dell'Istituto Inpdap, Paolo
Crescimbeni, durante l'incontro, al quale ha partecipato anche il Direttore Generale
dell' Istituto Massimo Pianese, che si e' svolto presso la sede della Direzione
Generale dell' Inpdap, con i rappresentanti dei Ministeri: Lavoro, Segretario
Generale Francesco Verbaro, Pubblica Amministrazione ed, inoltre, Anci,
Conferenza delle Regioni, Confservizi, Unioncamere e Upi, per l'avvio di un piano di
informazione e sensibilizzazione del personale della pubblica amministrazione in
materia di previdenza pubblica e complementare. «Si tratta del Fondo Sirio - ha
evidenziato il Presidente - rivolto ai dipendenti dello Stato, degli Enti pubblici non
economici e delle Agenzie fiscali per un complesso di 300.000 unita' - e del Fondo
Perseo per il personale della Sanita' e degli Enti locali, riguardante 1.325.000
potenziali iscritti. A maggior ragione - ha sottolineato Crescimbeni - occorre che gli
iscritti conoscano la propria posizione assicurativa, puntualmente aggiornata ed e'
per questo che Inpdap ha realizzato un progetto, per consentire un colloquio
automatizzato con i propri iscritti, i quali possono cosi' consultare direttamente
dagli archivi di gestione i propri dati assicurativi ed inserire a sistema eventuali
variazioni anagrafiche o retributive».Per la FP-Cisl ''dopo la riforma previdenziale sostiene il segretario generale, Giovani Faverin - la previdenza complementare
rappresenta una grande opportunita' per i lavoratori pubblici. Opportunita' sulla
quale la Cisl ha sempre puntato e che vuole finalmente veder decollare''.
Rassegna stampa
Unione Sarda, L' (Nazionale)
"Riforma delle pensioni, tre milioni in piazza"
Data:
24/09/2010
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Esteri
Pagina 112
francia Il governo: solo un milione
Riforma delle pensioni, tre milioni in piazza
PARIGI È guerra di cifre sull'adesione allo sciopero generale e alle
proteste indette ieri in Francia per fermare la riforma delle pensioni, uno
dei provvedimenti chiave del presidente Nicolas Sarkozy. I sindacati
gridano vittoria rivendicando 3 milioni di partecipanti, mentre il governo
ne conta meno di un milione. Per la seconda volta in meno di tre
settimane, i lavoratori transalpini hanno incrociato le braccia contro la
riforma previdenziale, che prevede, tra l'altro, l'innalzamento progressivo
dell'età pensionabile da 60 a 62 anni entro il 2018. Un testo che è già
stato adottato in prima lettura dall'Assemblea nazionale e che dovrà
passare al vaglio del Senato il prossimo 5 ottobre.
In testa al corteo parigino, Francois Chereque, segretario generale del
sindacato CFDT, ha detto che la scommessa è «vinta». «Ora - ha
aggiunto - ci attendiamo che il governo decida di rivedere la riforma e ne
costruisca un'altra». Di diverso parere il portavoce del governo Luc
Chatel, secondo cui «oggi la tendenza è che c'è stata una diminuzione
sia del numero degli scioperanti sia del numero dei manifestanti».
Obiettivo dei sindacati era superare lo score ottenuto nel corso della
precedente mobilitazione, lo scorso 7 settembre, a cui hanno partecipato
oltre 1 milione di persone (2,7 milioni secondo la CGT, il primo sindacato
del Paese). Numeri che secondo le parti sociali sono stati oggi
ampiamente superati: tanto che la CGT parla di 3 milioni di persone.
Mentre la polizia ne conta 997.000. A Parigi, si sono sentiti slogan come
«Sarkozy vai in pensione, razzista!». Un riferimento alle polemiche
scoppiate per il giro di vite contro nomadi e Rom. Il corteo parigino, il
principale dei 231 organizzati in tutta la Francia, ha visto riunite secondo i sindacati - 300.000 persone, 30.000 in più rispetto al 7
settembre. Per la polizia, sono state 65.000.