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Rassegna stampa 24/09/2010 : Notizie di oggi Adige, L' ● ASSINEWS.it ● Citta' di Salerno, La Corriere della Sera ● ● rudy gaddo TRENTO - Dieci anni e tre crisi finanziarie dopo il «Big Bang» della previdenza integrativa in Trentino Alto Adige, Laborfonds è pronto, forte di 112mila iscritti e di u Pensione, 40 anni non bastano più pensioni, francia in piazza contro la riforma di sarkozy Sarkozy resiste alla piazza «Pensioni, solo ritocchi» Europaquotidiano. it ● Francia in piazza, Sarko tira dritto Gazzetta di Mantova, La ● un nuovo fondo pensioni Giornale, Il ● Guardian, The ● Italia Oggi ● ● ● Pensioni, Sarkò batte i sindacati Lo sciopero anti riforma è un flop Royal Mail 'put 5bn of its pension fund at risk' Over 65, il cortocircuito dell'Inps Pensione, 40 anni non bastano più Previdenza, fondi per gli enti locali e i dipendenti statali Unione Sarda, L' (Nazionale) ● Riforma delle pensioni, tre milioni in piazza Do you want your PRESSToday ? La soluzione per le tue rassegne stampa on-line: www.presstoday.com Rassegna stampa Adige, L' "rudy gaddo TRENTO - Dieci anni e tre crisi finanziarie dopo il «Big Bang» della previdenza integrativa in Trentino Alto Adige, Laborfonds è pronto, forte di 112mila iscritti e di u" Indietro Data: 24/09/2010 Stampa rudy gaddo TRENTO - Dieci anni e tre crisi finanziarie dopo il «Big Bang» della previdenza integrativa in Trentino Alto Adige, Laborfonds è pronto, forte di 112mila iscritti e di un patrimonio oltre il miliardo di euro, per una nuova sfida: «Affiancare alla previdenza complementare prestazioni accessorie come coperture assicurative in caso di morte o invalidità, oppure come fondi sanitari integrativi» rudy gaddo TRENTO - Dieci anni e tre crisi finanziarie dopo il «Big Bang» della previdenza integrativa in Trentino Alto Adige, Laborfonds è pronto, forte di 112mila iscritti e di un patrimonio oltre il miliardo di euro, per una nuova sfida: «Affiancare alla previdenza complementare prestazioni accessorie come coperture assicurative in caso di morte o invalidità, oppure come fondi sanitari integrativi». A lanciare la proposta è Giorgio Valzolgher (foto) , direttore del fondo che oggi festeggia il decimo compleanno alla sala della Cooperazione a Trento. Valzolgher, prima di interrogarci sul futuro, tracci un bilancio di Laborfonds. «E' il quarto fondo pensione d'Italia per numero di aderenti, e il primo fondo territoriale con il suo miliardo di euro di patrimonio. Di fatto poi è l'unico, vero progetto ancora operativo tra Trento e Bolzano». C'è ancora spazio di crescita per Laborfonds? «Sì, anche se non sarà facile: contiamo già sul 45% dei potenziali iscritti: 112.000 su un bacino di 245.000 lavoratori dipendenti in regione. Le esperienze di nazioni più evolute dell'Italia nel campo della previdenza complementare ci dicono che siamo vicini alla soglia di saturazione, visto che nemmeno là si è riusciti a superare il 50, 55% dei potenziali iscritti. Noi però pensiamo di poter crescere ancora». Come? «Continuando a lavorare sul territorio per diffondere la cultura della previdenza complementare. Contiamo già sull'80% dei potenziali iscritti nel settore pubblico e sul 68% dell'industria, ma la percentuale è ancora bassa in agricoltura, commercio e servizi. E in tutti i comparti dobbiamo avvicinarci di più ai giovani. Solo il 22% dei nostri iscritti ha meno di 34 anni, eppure questa è la fascia d'età che più di tutte avrà bisogno di una pensione complementare». Che cosa può offrire oggi Laborfonds alle nuove generazioni? «L'esperienza di un fondo pensione che è stato capace, in un periodo breve come dieci anni caratterizzato da tre crisi finanziarie tra cui quella durissima del 2008, di garantire rendimenti medi annui superiori, anche se di poco (2,8% contro 2,7%), alla rivalutazione del Tfr. La crisi finanziaria poi ci ha insegnato qualcosa. Da aprile abbiamo lanciato, per due linee, la cosiddetta gestione attiva, che dà mandato ai gestori finanziari per proteggere il patrimonio nei momenti di crisi dei mercati». Tutto oro quel che luccica? O ci sono ostacoli da superare? «Ce ne sono, ci mancherebbe. A cominciare dalla disciplina normativa che vede pesantemente penalizzati fiscalmente i 45.000 dipendenti pubblici iscritti al nostro fondo, sia non concedendo loro gli stessi sgravi fiscali nel momento in cui vengono versate le quote, sia in fase di tassazione della prestazione che vede applicata una aliquota che di fatto arriva al 24% a fronte di una analoga aliquota per il dipendente privato che a pari condizioni paga il 15% di fatto poi ridotto al 9%». 24/09/2010 Rassegna stampa ASSINEWS.it "Pensione, 40 anni non bastano più" Indietro Data: 24/09/2010 Stampa 24 settembre 2010 Pensione, 40 anni non bastano più Per la finestra di ottobre ne servono 57 di età al 30 settembre di Gigi Leonardi Aver accumulato 40 anni di contributi non è sufficiente per andare in pensione dal 1° ottobre. Per approfittare della finestra che sta per aprirsi, infatti, occorre aver compiuto o compiere entro il 30 settembre anche i 57 anni di età. L'uscita di ottobre coinvolge anche i pensionati di vecchiaia: via libera ai dipendenti che hanno compiuto l'età (60 anni le donne e 65 gli uomini) entro il 30 giugno e ai lavoratori autonomi che il compleanno l'hanno invece festeggiato entro lo scorso 31 marzo. Tutto come programmato. Gli effetti introdotti dalla recente manovra economica (legge n. 122/2010) interesseranno infatti solo coloro che maturano la pensione dal 2011 in poi. Regole 2010. Le regole attuali, ancora valide per tutto il 2010, stabiliscono che chi raggiunge la pensione di anzianità con meno di 40 anni per mezzo della famose «quote» (somma di anzianità contributiva ed età anagrafica) ha a disposizione due sole uscite. I dipendenti, a seconda che i requisiti vengano raggiunti nel primo o secondo semestre, possono lasciare il lavoro rispettivamente dal primo gennaio o dal primo luglio dell'anno successivo. Mentre gli autonomi, artigiani, commercianti e coltivatori diretti, possono andare in pensione, rispettivamente, dal primo luglio dell'anno successivo, se raggiungono i requisiti entro il primo semestre dell'anno, o dal 1° gennaio del secondo anno successivo, se li raggiungono nel secondo semestre. Accesso al pensionamento un po' più facile, invece, per coloro che accumulano 40 anni di contributi, per i quali restano valide le quattro finestre utilizzate sino al 2007 (indicate dalla riforma Maroni, legge n. 243/2004). Per i dipendenti le uscite di luglio e ottobre si aprono per chi matura, rispettivamente, i requisiti entro il primo o secondo trimestre dell'anno e sono legate a un' età minima di 57 anni, condizione che non viene richiesta invece per le vie d'uscita di gennaio e aprile, alle quali può accedere chi raggiunge i 40 anni nel corso del terzo e quarto trimestre dell'anno precedente. Anche per i lavoratori autonomi le finestre sono quattro, ma più distanziate. La pensione scatta da ottobre, da gennaio, da aprile, e da luglio dell'anno successivo, a secondo che il requisito venga maturato rispettivamente nel primo, secondo, terzo o quarto trimestre dell'anno. Medesima sorte per i pensionati di vecchiaia: i dipendenti possono intascare l'assegno all'inizio del trimestre successivo a quello in cui maturano i requisiti anagrafici e di contribuzione. Mentre per gli autonomi, l'attesa per la prima riscossione è più lunga: inizio semestre successivo alla maturazione del diritto. La finestra mobile. Tutt'altra musica per chi raggiunge i requisiti per il pensionamento a partire dal 1° gennaio 2011. L'art. 12 della legge n. 122/2010 (la manovra correttiva), in luogo delle attuali finestre rigide, introduce la cosiddetta finestra mobile o a scorrimento, che fissa la decorrenza del pensionamento (anzianità o vecchiaia) dopo 12 mesi, nel caso dei lavoratori dipendenti, e dopo 18 mesi, nel caso dei lavoratori autonomi. Una sorta di uscita personalizzata, che consente di riscuotere la pensione a partire dal 13° mese successivo a quello in cui si maturano i requisiti, oppure a partire dal 19° mese per i lavoratori autonomi. Le nuove disposizioni non trovano applicazione nei confronti del personale del comparto scuola, la cui decorrenza rimane fissata al 1° settembre di ogni anno (comma 9 dell'art. 59 della legge n. 449/1997). Conservano inoltre le attuali regole sulle finestre: i dipendenti che avevano in corso il periodo di preavviso alla data del 30 giugno 2010 e che maturano i requisiti entro la data di cessazione del rapporto di lavoro e, nel limite di 10 mila unità, coloro che si trovano in mobilità (con accordo stipulato entro il 30 aprile scorso) e i lavoratori coinvolti nei cosiddetti piani di esubero (banche, assicurazioni ecc.). Le uscite salvate. La stretta sulle finestre riguarderà solo chi raggiunge i requisiti per il pensionamento a partire dal prossimo anno. Sono quindi fatte salve la finestra di ottobre e quella di gennaio 2011, nonché quelle che si aprono nel corso dell'anno prossimo, ma che riguardano soggetti che maturano i requisiti richiesti entro il 2010. chiudi Rassegna stampa Citta' di Salerno, La "pensioni, francia in piazza contro la riforma di sarkozy" Indietro Data: 24/09/2010 Stampa Pagina 8 - Attualita Pensioni, Francia in piazza contro la riforma di Sarkozy PARIGI. E’ guerra di cifre sull’adesione allo sciopero generale e alle proteste indette ieri in Francia per fermare la riforma delle pensioni, uno dei provvedimenti chiave del presidente Nicolas Sarkozy. I sindacati gridano vittoria rivendicando 3 milioni di partecipanti, mentre il governo ne conta meno di un milione. Per la seconda volta in meno di tre settimane, i lavoratori transalpini hanno incrociato le braccia contro la riforma previdenziale, che prevede, tra l’altro, l’innalzamento progressivo dell’età pensionabile da 60 a 62 anni entro il 2018. Un testo già adottato in prima lettura dall’Assemblea nazionale e che dovrà passare al vaglio del Senato il 5 ottobre. In testa al corteo parigino, Francois Chereque, segretario generale del sindacato CFDT, ha detto che la scommessa è «vinta». Di diverso parere il portavoce del governo Luc Chatel, secondo cui «oggi la tendenza è che c’è stata una diminuzione sia del numero degli scioperanti sia del numero dei manifestanti». Obiettivo dei sindacati era superare l’adesione alla manifestazione del 7 settembre, a cui hanno partecipato oltre 1 milione di persone (2,7 milioni secondo la CGT, il primo sindacato del Paese). Rassegna stampa Corriere della Sera "Sarkozy resiste alla piazza «Pensioni, solo ritocchi»" Indietro ● ● ● ● Data: 24/09/2010 Stampa 24 set 2010 Corriere Della Sera DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Stefano Montefiori RIPRODUZIONE RISERVATA Sarkozy resiste alla piazza «Pensioni, solo ritocchi» Nuova giornata di scioperi nazionali PARIGI Tutto dipendeva dai numeri: il 7 settembre avevano manifestato due milioni e 700 mila francesi secondo gli organizzatori, un milione e 120 mila per la polizia; più gente in piazza ieri avrebbe rafforzato le richieste di bocciare la riforma delle pensioni voluta da Sarkozy. E visto che tutto dipendeva dai numeri, ecco la forbice dei dati, quasi comica: tre milioni in piazza secondo i sindacati, cioè movimento in crescita; neanche un milione per il ministero dell'Interno, dunque protesta sgonfiata. (Reuters) Coro di protesta Giovani con le vuvuzelas manifestano davanti alla cattedrale di Notre-Dame a Parigi La battaglia delle cifre, che tutte le democrazie dagli Stati Uniti all'Italia conoscono bene, è diventata decisiva in Francia perché i sindacati e l'opposizione di sinistra hanno scelto la strada delle proteste circoscritte, evitando almeno per ora di radicalizzare lo scontro con uno sciopero generale e prolungato. Così, dalla mobilitazione del 24 giugno a quella del 7 settembre alla giornata di ieri, è diventato facile fare paragoni, e vitale mostrare un'adesione in aumento. «Ora il governo ci dovrà finalmente ascoltare, la protesta si sta estendendo: questo è il volto della vera Francia», ha esultato ieri la segretaria socialista Martine Aubry. «Meno persone in piazza, e meno lavoratori in sciopero: è questa la tendenza», ha invece minimizzato Luc Chatel, portavoce del governo. A questo punto i sindacati non possono cedere, il presidente Sarkozy neanche: la riunione di oggi del «G8» (le otto sigle che conducono la protesta) deciderà probabilmente di indire l'ennesimo sciopero perché molti francesi giudicano una riforma delle pensioni inevitabile, d'accordo, ma non sopportano «questa» riforma, a loro dire ingiusta soprattutto per le classi popolari e le donne. Sarkozy ripete che l'innalzamento dell'eta pensionabile da 60 a 62 anni, e l'accesso alla pensione piena da 65 a 67 anni, sono irrinunciabili; la scommessa del presidente è sopportare l'impopolarità di oggi per proporsi alle elezioni del 2012 come il leader responsabile e coraggioso che ha saputo tirare fuori la Francia dalla crisi finanziaria, accettando poi la sfida di trovare entro il 2020 i 45 miliardi di euro necessari a colmare il deficit del sistema pensionistico. Già approvata in fretta all'Assemblea nazionale tra le grida dell'opposizione che gridava al «putsch», la riforma delle pensioni sarà discussa al Senato il 5 ottobre. La nuova mobilitazione potrebbe essere indetta quindi per sabato 2, anche se nella riunione sindacale di oggi le sigle più radicali Force Ouvrière e Sud Rail potrebbero chiedere uno sciopero immediato e a oltranza: i presunti tre milioni di ieri e gli incidenti con lacrimogeni davanti alla sede degli industriali fanno tornare alla mente i tre milioni della primavera 2006, quando la piazza impose all'allora premier Villepin di ritirare il «Cpe», il contratto di primo impiego. La Cgt di Bernard Thibault e la Cfdt di François Chèreque potrebbero accontentarsi invece di tenere alta la pressione nella speranza di raccogliere i segnali lanciati dal presidente del Senato Gérard Larcher e dallo stesso Sarkozy: nessuna rinuncia di fondo alla riforma, ma un aggiustamento quanto ai tempi di attuazione, e magari il mantenimento del limite attuale dei 65 anni di pensione piena per le donne con tre figli. Obiettivo meno affascinante e più realistico. Rassegna stampa Europaquotidiano.it "Francia in piazza, Sarko tira dritto" Data: 24/09/2010 Stampa Indietro Articolo Sei in News Analysis 24 settembre 2010 Francia in piazza, Sarko tira dritto Oltralpe si estende la protesta sulla riforma delle pensioni. L’Eliseo, prima ancora che fossero partiti i 232 cortei che hanno ieri attraversato grandi e piccole città francesi per protestare contro la riforma delle pensioni, ha voluto consolarsi con la constatazione di un leggero calo nell’adesione agli scioperi. Sarkozy, che considera la riforma delle pensioni – assieme alla svolta securitaria – il simbolo della propria presidenza, ha giudicato che questo calo è «un segno dell’adesione al progetto di riforma» o almeno di rassegnazione. I sindacati rivendicano, al contrario, una nuova giornata di forte partecipazione, analoga a quella del 7 settembre, dove erano scesi in piazza tra 1,1 e 2,7 milioni di persone (dati della polizia e della Cgt). È in preparazione un’altra giornata di manifestazioni, il 2 o il 9 ottobre. «Un’altra riforma è possibile », dice l’opposizione. Il Ps pensa a una riforma “à la carte”, pur mantenendo l’età minima a 60 anni. Sarkozy non intende cedere. La riforma è già passata all’Assemblea, dove il dibattito è stato troncato per accelerare il voto, e comincerà ad essere discussa al senato dal 5 ottobre. Sarkozy può accettare solo qualche modifica al margine, come dare alcuni vantaggi agli handicappati o, forse, alle donne che hanno avuto tre figli. Ma il “cuore” della riforma – l’innalzamento dell’età minima da 60 a 62 anni e da 65 a 67 anni per avere una pensione a tasso pieno – è giudicato intoccabile. Sarkozy scommette sulla poca memoria dei francesi: una volta passata la legge, dimenticheranno e la battaglia del 2012 si farà sulla sicurezza e sull’immigrazione. Non è detto però che la scommessa del presidente sia vincente. I sondaggi continuano a segnalare un calo delle opinioni favorevoli, ora intorno al 30 per cento, malgrado l’offensiva “securitaria” contro i rom, che avrebbe dovuto attirare l’elettorato del Fronte nazionale, grazie al quale Sarkozy ha vinto nel 2007. Per i tre quarti dei francesi la riforma delle pensioni è “ingiusta” e il 63 per cento, anche se non sciopera, sostiene la protesta. I sindacati – non solo la Cfdt, da sempre riformista, ma anche la Cgt – sono prudenti. L’idea di uno sciopero generale, difesa da Force ouvrière e da Solidaires, per il momento è stata scartata. Lo slogan della Cfdt spiega la posizione più diffusa: «Contro una legge ingiusta, per una riforma equa». I francesi sanno che una riforma delle pensioni è necessaria, se si vuole conservare il sistema per ripartizione. Ma non accettano quella proposta dal governo. Prima di tutto, è mancata la concertazione con le parti sociali. I sindacati affemano che la riforma di Sarkozy è quella voluta dal Medef, la Confindustria francese. Chiedono che venga tenuto conto dei lavori usuranti, ma il governo concede solo analisi “caso per caso”, non per mestiere. Le donne saranno le più penalizzate, a causa di carriere spesso a singhiozzo e incomplete (sono richiesti 40,5 anni di contributi, 41,5 nel 2020) e dovranno aspettare fino a 67 anni per non avere una pensione decurtata (per la quale bastano 62 anni), mentre la disoccupazione è al 40 per cento tra i 55 e i 60 in Francia (cosa che significa, finita la disocuppazione, anni con gli assegni sociali, ai minimi). Chi ha cominciato a lavorare da giovane sarà costretto a pagare contributi per 43-44 anni, più del dovuto. La riforma è considerata ingiusta perché fa pesare lo sforzo solo sui lavoratori, mentre esonera i redditi da capitale, che restano ben protetti dallo scudo fiscale. Lo scandalo di cui è protagonista il ministro del lavoro, Eric Woerth, sospettato di conflitto di interessi e di aver favorito l’evasione fiscale di alcuni miliardari quando era responsabile del Tesoro, è diventato il simbolo concreto dell’ingiustizia. Anna Maria Poli Rassegna stampa Gazzetta di Mantova, La "un nuovo fondo pensioni" Indietro Data: 24/09/2010 Stampa ARTIGIANI Un nuovo fondo pensioni Da gennaio i lavoratori dell’artigianato e delle piccole imprese potranno contare su un nuovo fondo nazionale integrativo di assistenza sanitaria. E’ questo il frutto di un accordo, raggiunto tra le organizzazioni datoriali dell’artigianato - Cna, Confartigianato, Casartigiani, Claai - con le organizzazioni sindacali di Cgil, Cisl e Uil. Rassegna stampa Giornale, Il "Pensioni, Sarkò batte i sindacati Lo sciopero anti riforma è un flop" Indietro Esteri Data: 24/09/2010 Stampa 24-09-2010 SVOLTA IN FRANCIA Pensioni, Sarkò batte i sindacati Lo sciopero anti riforma è un flop Alla protesta ha aderito meno del 20% dei lavoratori. Erano stati oltre il 26% ai primi di settembre e quasi il 60% nel 2003 Marcello Foa Tantissimi manifestanti per le vie di Parigi, Marsiglia, Bordeaux; eppure lo sciopero di ieri indetto dai sindacati francesi contro la riforma delle pensioni è in buona parte fallito. Perché più che il numero delle persone scese per strada contava il tasso di astensione negli uffici, nei ministeri, nelle fabbriche. Che è stato basso. Mediamente solo un francese su cinque ha risposto all’appello della sinistra, pari al 19,7%. In occasione della giornata di protesta dello scorso 3 settembre a fermarsi era stato ben il 26% della forza lavoro. La frenata è netta, di almeno sei punti. Il suo servizio stampa dell’Eliseo ha fatto notare, lestamente, che nel 2003 a protestare contro Chirac, in circostanze analoghe, era stato quasi il 60% dei dipendenti pubblici. Altri tempi, altra Francia. L’impressione, al termine di una giornata meno caotica del previsto, è che il movimento di protesta tenda a sgonfiarsi e che la maggior parte degli elettori giudichi la riforma voluta da Sarkozy tutto sommato accettabile; quale, infatti, oggettivamente è. Non si può certo affermare che i «figli di Marianna» abbiano lavorato in condizioni di pesante sfruttamento. Ricordate le settimane da 35 ore? Di fatto tre volte al mese i francesi potevano permettersi week-end di tre giorni senza intaccare le ferie. E ancora oggi, con un’età media di 59,5 anni, lasciano il lavoro prima di chiunque altro in Europa. Esaminando nel dettaglio la riforma, emerge che Sarkozy non ha proposto una rivoluzione thatcheriana, ma un aumento graduale del-- l’età pensionabile che da 60 passerà nel 2018 a 62 anni. Un piccolo sacrificio accompagnato, peraltro, da un aumento dei contributi sociali sui redditi più alti. Dunque: il francese medio lavora qualche mese in più, ma quello ricco mette mano al portafoglio. Più che un svolta liberista, sembra un cambiamento in salsa socialdemocratica, reso inevitabile dal peggioramento dei conti pubblici. I sindacati ieri, naturalmente, hanno ignorato i dati sullo sciopero esaltando le immagini della contestazione che ha invaso i viali delle grandi città. «Siamo più numerosi che lla volta scorsa», ha dichiarato uno dei leader. In realtà erano più o meno gli stessi, 2,7 milioni per le organizzazioni di categoria, 1,1 secondo la polizia. La lotta, naturalmente, continuerà. Ma al di là delle schermaglie verbali, sta emergendo una frattura sociale, per una volta tutt’altro che distruttiva. Da una parte la sinistra chiassosa e retorica, ferma agli anni Ottanta, che pretende molto e offre poco; dall’altra un’opinione pubblica la quale si rende conto dei privilegi di cui gode e pensa che non sia sbagliato lavorare un po’ di più per preservare uno stato sociale, in cui peraltro continua a credere. E con qualche buona ragione. Diciamolo francamente: in Francia quasi tutto funziona. Non è un caso che proprio ieri sia risultata il Paese con la qualità di vita più alta della Unione europea. La Sanità pubblica è talmente efficace da rendere di fatto superflua quella privata. I trasporti pubblici, su strada e su rotaia, sono esemplari. Le famiglie numerose vengono giustamente aiutate, con forti deduzioni fiscali, al punto che oggi circa il 50% dei contribuenti non paga imposte sul reddito. La burocrazia è molto più snella che in Italia. Insomma, la Francia, sebbene non sia più un impero, conserva nei suoi cromosomi la disciplina e il senso dello Stato di una grande Nazione, avvolti nei valori egualitari della Rivoluzione francese. Un cocktail irrepetibile che porta con sé anche delle contraddizioni: la Francia splende nelle classifiche virtuose, ma anche in quella dei Paesi con il maggior numero di ore di sciopero all’anno. Consoliamoci: ci batte di gran lunga. In questo strano 2010, queste contraddizioni sembrano finalmente sfumare e, sebbene sia presto per affermarlo con certezza, si intravvede la fisionomia di una Francia meno giovanile, meno impulsiva e più saggia, più concreta. Ma, in fondo, fedele a se stessa. MINORANZA Un milione in piazza, ma l’opinione pubblica sembra aver cambiato orientamento IN CORTEO La leader socialista Martine Aubry, con la giacca bianca, alla manifestazione contro la riforma delle pensioni [Reuters] Rassegna stampa Guardian, The "Royal Mail 'put 5bn of its pension fund at risk'" Data: 24/09/2010 Stampa Indietro Royal Mail 'put £5bn of its pension fund at risk' Analyst says secret off-balance sheet stock market bets could have led to massive losses ● ● ● Phillip Inman guardian.co.uk, Thursday 23 September 2010 20.16 BST larger | smaller Analyst John Ralfe says the pension plan makes Royal Mail look “like a hedge fund that happens to deliver letters”. Photograph: David Levene for the Guardian Royal Mail has been accused of taking huge risks with its pension fund after it channelled £5bn into an off-balance sheet vehicle last year to place bets on the stock market. The money, which was effectively hidden from scrutiny by the public and Royal Mail's workers, was used to buy derivatives that paid huge returns if stock market values went up. The transaction, which is regularly adopted by hedge funds, posed a huge risk of losses to the fund if the bets had gone wrong, said analyst John Ralfe, who discovered the scheme during his research into the pension plan. In the accounts of the Royal Mail Pension Fund he found an "economic exposure" of £5.13bn to UK and overseas shares via futures contracts as of 31 March this year. He said the figure was up from £2.1bn a year earlier following a steep rise in share values. But Ralfe said it was equally possible the fund may have lost £2bn if the stock market had carried on falling. He said it was worrying that Royal Mail had omitted any mention of the potential liability from its annual report and accounts. The Royal Mail pension fund accounts describe the off-balance sheet funds as a "return-seeking overlay". Most of the fund is invested in low-risk corporate bonds and cash, but the "overlay" of investments in derivatives contracts now accounts for 20% of assets, double the 10% they represented last year. Royal Mail, which is expected to be privatised by business secretary Vince Cable, operates a £26bn final salary pension scheme. This year the fund revealed an £8bn deficit that ministers described as unsustainable. A spokesman for the Department of Business said the investment strategy of Royal Mail's pension fund was a matter for the company and the fund's trustees. Royal Mail was unavailable for comment. Ralfe said part of the occupational scheme was being run like a hedge fund, with the potential for profits and losses far in excess of anything the business itself is likely to make in the near future. "Royal Mail plc accounts show its huge pension scheme has reduced risk in recent years by moving from equities to bonds and now holds a conservative 70% of its £26bn assets in bonds to match its pension liabilities," he said. "But, the accounts of the RM Pension Plan itself tell a different story. As well as holding 70% bonds, it is taking a whopping £5bn side-bet on UK and global equities through equity derivatives or futures contracts. If the price of equities rises, RM wins, if they fall, RM loses. "In the year to March 2010 RM Pension Plan made £1.1bn on these equity futures bets – compare this with the mere £400m Royal Mail itself made. RM really looks like a hedge fund that happens to deliver letters." The Communication Workers Union has expressed fears that a new owner would seek to take drastic action to close the funding gap. It has also warned its members that a new owner could take control of the fund to use the assets for the benefit of the company. Ralfe said: "These huge off-balance sheet side bets should certainly be disclosed in Royal Mail's own accounts; since they are not, it raises the question whether Royal Mail itself and the Business Department knew about them in the run up to privatisation." Final salary pension funds have recently grabbed the headlines as funding deficits have been blamed for wrecking takeovers and siphoning off valuable shareholder funds. The pensions regulator has ordered firms to pour billions of pounds of extra cash into their guaranteed schemes to make up shortfalls over the next 10 years. British Airways today signalled further progress in its merger with Iberia after an agreement over its massive pension scheme, which has one of the largest deficits in the FTSE 100. Rassegna stampa Italia Oggi "Over 65, il cortocircuito dell'Inps" Indietro Data: 24/09/2010 Stampa ItaliaOggi sezione: Periti Industriali data: 24/09/2010 - pag: 42 autore: corsia preferenziale Over 65, il cortocircuito dell'Inps La questione dei professionisti in pensione che continuano l'attività lavorativa continua a suscitare più di qualche perplessità rispetto all'indagine Inps scattata sul loro conto. È noto che l'Istituto di previdenza ha lanciato una indagine per individuare gli evasori dal punto di vista contributivo e che nelle maglie dell'operazione sono finiti senza motivo anche i periti industriali. L'Inps vanta nei loro confronti la richiesta di contributi non versati, ma il versamento di tali contributi non erano certo dovuti all'Inps ma semmai all'Eppi. Dato che la Cassa periti permette di scegliere dopo 65 anni se continuare a versare o meno, chi non ha versato «over 65» lo ha fatto in piena legittimità.L'Inps insiste che a ogni reddito deve corrispondere un versamento contributivo, ma il regolamento Eppi è stato approvato con la clausola dell'opzione dopo i 65 anni e dunque quello che è successo fino ad oggi ricade sotto una normativa precisa. Magari sarà possibile rivedere quel regolamento e dunque ridiscutere quella clausola, forse cambiarla, forse ipotizzare un versamento agevolato, però rispetto al pregresso è necessario che l'Istituto di previdenza abbia una linea univoca. E invece quello che è dichiarato dalla direzione centrale non è applicato in modo univoco dalle sedi periferiche, con il risultato di ingenerare sconcerto nei periti industriali e nei cittadini in generale. Ad oggi, la posizione della dirigenza Inps è stata incoraggiante: ha garantito che i procedimenti esattoriali verso i periti industriali liberi professionisti fossero congelati e ha ammesso, in ogni caso, che l'Inps non fosse legittimata a richiedere contributi per prestazioni lavorative che non ricadono nell'ambito del pubblico. Quindi ha rimesso la palla in gioco passandola al ministero del Welfare, chiedendo un parere sulla vicenda che, per adesso, non è mai arrivato. Le sedi territoriali, invece, si comportano in modo quasi anarchico. La sede di S. Donà di Piave ha annullato un procedimento di accertamento contributivo appena ha saputo che il perito industriale interessato era iscritto regolarmente al suo ente di previdenza, cioè l'Eppi; le sedi di Bologna e Parma hanno sospeso l'accertamento dopo che i professionisti interessati hanno sporto ricorso con l'appoggio legale dell'Ente di previdenza, mentre l'Inps di Aosta e di Padova continuano a procedere a testa bassa nella loro azione legale, seppur è stato presentato regolare ricorso, sembra fino a giungere all'aula di tribunale.Certo tutto ciò provoca sconcerto. Non è chiaro se vi sia un cortocircuito tra sede centrale e sedi territoriali, non è chiara la logica con cui la mano destra si comporta in modo opposto alla mano sinistra ingenerando la sensazione di una cattiva circolazione delle direttive o di una massima discrezionalità dei dirigenti territoriali.L'Eppi non cambia la sua posizione: sostenere tutti i ricorsi verso gli accertamenti contributivi, così da giungere fino alle aule del tribunale con la sicurezza di incassare sentenze favorevoli che facciano da caso pilota. Allo stesso tempo, chiede però coerenza: è disponibile a trovare una soluzione al caso degli «over 65» davanti però a impegni che siano seriamente rispettati. Rassegna stampa Italia Oggi "Pensione, 40 anni non bastano più" Data: 24/09/2010 Indietro Stampa ItaliaOggi sezione: Lavoro e Previdenza data: 24/09/2010 - pag: 39 autore: di Gigi Leonardi L'uscita interessa anche gli autonomi che hanno maturato il requisito anagrafico al 31 marzo Pensione, 40 anni non bastano più Per la finestra di ottobre ne servono 57 di età al 30 settembre Aver accumulato 40 anni di contributi non è sufficiente per andare in pensione dal 1° ottobre. Per approfittare della finestra che sta per aprirsi, infatti, occorre aver compiuto o compiere entro il 30 settembre anche i 57 anni di età. L'uscita di ottobre coinvolge anche i pensionati di vecchiaia: via libera ai dipendenti che hanno compiuto l'età (60 anni le donne e 65 gli uomini) entro il 30 giugno e ai lavoratori autonomi che il compleanno l'hanno invece festeggiato entro lo scorso 31 marzo. Tutto come programmato. Gli effetti introdotti dalla recente manovra economica (legge n. 122/2010) interesseranno infatti solo coloro che maturano la pensione dal 2011 in poi. Regole 2010. Le regole attuali, ancora valide per tutto il 2010, stabiliscono che chi raggiunge la pensione di anzianità con meno di 40 anni per mezzo della famose «quote» (somma di anzianità contributiva ed età anagrafica) ha a disposizione due sole uscite. I dipendenti, a seconda che i requisiti vengano raggiunti nel primo o secondo semestre, possono lasciare il lavoro rispettivamente dal primo gennaio o dal primo luglio dell'anno successivo. Mentre gli autonomi, artigiani, commercianti e coltivatori diretti, possono andare in pensione, rispettivamente, dal primo luglio dell'anno successivo, se raggiungono i requisiti entro il primo semestre dell'anno, o dal 1° gennaio del secondo anno successivo, se li raggiungono nel secondo semestre. Accesso al pensionamento un po' più facile, invece, per coloro che accumulano 40 anni di contributi, per i quali restano valide le quattro finestre utilizzate sino al 2007 (indicate dalla riforma Maroni, legge n. 243/2004). Per i dipendenti le uscite di luglio e ottobre si aprono per chi matura, rispettivamente, i requisiti entro il primo o secondo trimestre dell'anno e sono legate a un' età minima di 57 anni, condizione che non viene richiesta invece per le vie d'uscita di gennaio e aprile, alle quali può accedere chi raggiunge i 40 anni nel corso del terzo e quarto trimestre dell'anno precedente. Anche per i lavoratori autonomi le finestre sono quattro, ma più distanziate. La pensione scatta da ottobre, da gennaio, da aprile, e da luglio dell'anno successivo, a secondo che il requisito venga maturato rispettivamente nel primo, secondo, terzo o quarto trimestre dell'anno. Medesima sorte per i pensionati di vecchiaia: i dipendenti possono intascare l'assegno all'inizio del trimestre successivo a quello in cui maturano i requisiti anagrafici e di contribuzione. Mentre per gli autonomi, l'attesa per la prima riscossione è più lunga: inizio semestre successivo alla maturazione del diritto. La finestra mobile. Tutt'altra musica per chi raggiunge i requisiti per il pensionamento a partire dal 1° gennaio 2011. L'art. 12 della legge n. 122/2010 (la manovra correttiva), in luogo delle attuali finestre rigide, introduce la cosiddetta finestra mobile o a scorrimento, che fissa la decorrenza del pensionamento (anzianità o vecchiaia) dopo 12 mesi, nel caso dei lavoratori dipendenti, e dopo 18 mesi, nel caso dei lavoratori autonomi. Una sorta di uscita personalizzata, che consente di riscuotere la pensione a partire dal 13° mese successivo a quello in cui si maturano i requisiti, oppure a partire dal 19° mese per i lavoratori autonomi. Le nuove disposizioni non trovano applicazione nei confronti del personale del comparto scuola, la cui decorrenza rimane fissata al 1° settembre di ogni anno (comma 9 dell'art. 59 della legge n. 449/1997). Conservano inoltre le attuali regole sulle finestre: i dipendenti che avevano in corso il periodo di preavviso alla data del 30 giugno 2010 e che maturano i requisiti entro la data di cessazione del rapporto di lavoro e, nel limite di 10 mila unità, coloro che si trovano in mobilità (con accordo stipulato entro il 30 aprile scorso) e i lavoratori coinvolti nei cosiddetti piani di esubero (banche, assicurazioni ecc.). Le uscite salvate. La stretta sulle finestre riguarderà solo chi raggiunge i requisiti per il pensionamento a partire dal prossimo anno. Sono quindi fatte salve la finestra di ottobre e quella di gennaio 2011, nonché quelle che si aprono nel corso dell'anno prossimo, ma che riguardano soggetti che maturano i requisiti richiesti entro il 2010. Rassegna stampa Italia Oggi "Previdenza, fondi per gli enti locali e i dipendenti statali" Data: 24/09/2010 Indietro Stampa ItaliaOggi sezione: Imposte e Tasse data: 24/09/2010 - pag: 23 autore: annuncio dall'inpdap Previdenza, fondi per gli enti locali e i dipendenti statali «Dopo il Fondo Espero per il personale della Scuola, tra breve entreranno in funzione due nuovi Fondi pensione pubblici che riguarderanno altri 1.625.000 potenziali iscritti». Lo ha annunciato ieri il Presidente dell'Istituto Inpdap, Paolo Crescimbeni, durante l'incontro, al quale ha partecipato anche il Direttore Generale dell' Istituto Massimo Pianese, che si e' svolto presso la sede della Direzione Generale dell' Inpdap, con i rappresentanti dei Ministeri: Lavoro, Segretario Generale Francesco Verbaro, Pubblica Amministrazione ed, inoltre, Anci, Conferenza delle Regioni, Confservizi, Unioncamere e Upi, per l'avvio di un piano di informazione e sensibilizzazione del personale della pubblica amministrazione in materia di previdenza pubblica e complementare. «Si tratta del Fondo Sirio - ha evidenziato il Presidente - rivolto ai dipendenti dello Stato, degli Enti pubblici non economici e delle Agenzie fiscali per un complesso di 300.000 unita' - e del Fondo Perseo per il personale della Sanita' e degli Enti locali, riguardante 1.325.000 potenziali iscritti. A maggior ragione - ha sottolineato Crescimbeni - occorre che gli iscritti conoscano la propria posizione assicurativa, puntualmente aggiornata ed e' per questo che Inpdap ha realizzato un progetto, per consentire un colloquio automatizzato con i propri iscritti, i quali possono cosi' consultare direttamente dagli archivi di gestione i propri dati assicurativi ed inserire a sistema eventuali variazioni anagrafiche o retributive».Per la FP-Cisl ''dopo la riforma previdenziale sostiene il segretario generale, Giovani Faverin - la previdenza complementare rappresenta una grande opportunita' per i lavoratori pubblici. Opportunita' sulla quale la Cisl ha sempre puntato e che vuole finalmente veder decollare''. Rassegna stampa Unione Sarda, L' (Nazionale) "Riforma delle pensioni, tre milioni in piazza" Data: 24/09/2010 Stampa Indietro Esteri Pagina 112 francia Il governo: solo un milione Riforma delle pensioni, tre milioni in piazza PARIGI È guerra di cifre sull'adesione allo sciopero generale e alle proteste indette ieri in Francia per fermare la riforma delle pensioni, uno dei provvedimenti chiave del presidente Nicolas Sarkozy. I sindacati gridano vittoria rivendicando 3 milioni di partecipanti, mentre il governo ne conta meno di un milione. Per la seconda volta in meno di tre settimane, i lavoratori transalpini hanno incrociato le braccia contro la riforma previdenziale, che prevede, tra l'altro, l'innalzamento progressivo dell'età pensionabile da 60 a 62 anni entro il 2018. Un testo che è già stato adottato in prima lettura dall'Assemblea nazionale e che dovrà passare al vaglio del Senato il prossimo 5 ottobre. In testa al corteo parigino, Francois Chereque, segretario generale del sindacato CFDT, ha detto che la scommessa è «vinta». «Ora - ha aggiunto - ci attendiamo che il governo decida di rivedere la riforma e ne costruisca un'altra». Di diverso parere il portavoce del governo Luc Chatel, secondo cui «oggi la tendenza è che c'è stata una diminuzione sia del numero degli scioperanti sia del numero dei manifestanti». Obiettivo dei sindacati era superare lo score ottenuto nel corso della precedente mobilitazione, lo scorso 7 settembre, a cui hanno partecipato oltre 1 milione di persone (2,7 milioni secondo la CGT, il primo sindacato del Paese). Numeri che secondo le parti sociali sono stati oggi ampiamente superati: tanto che la CGT parla di 3 milioni di persone. Mentre la polizia ne conta 997.000. A Parigi, si sono sentiti slogan come «Sarkozy vai in pensione, razzista!». Un riferimento alle polemiche scoppiate per il giro di vite contro nomadi e Rom. Il corteo parigino, il principale dei 231 organizzati in tutta la Francia, ha visto riunite secondo i sindacati - 300.000 persone, 30.000 in più rispetto al 7 settembre. Per la polizia, sono state 65.000.