RELAZIONE Premessa Con la legge 18 giugno 2015, n. 95, è stato

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RELAZIONE Premessa Con la legge 18 giugno 2015, n. 95, è stato
RELAZIONE
Premessa
Con la legge 18 giugno 2015, n. 95, è stato ratificato l’Accordo intergovernativo tra
l’Italia e gli Stati Uniti (sul modello di “Intergovernmental Agreement” – IGA 1) per
migliorare la Tax Compliance internazionale e per applicare la normativa FATCA (Foreign
Account Tax Compliance Act), firmato a Roma il 10 gennaio 2014. In base a tale Accordo
(IGA Italia), le istituzioni finanziarie italiane sono tenute ad identificare i titolari dei conti
finanziari che risultino aperti presso di esse allo scopo di individuare quelli di pertinenza di
investitori statunitensi, nonché a comunicare all’Amministrazione finanziaria italiana gli
elementi informativi relativi ai conti finanziari ed ai pagamenti effettuati nei confronti di
istituzioni finanziarie non partecipanti.
In tale contesto, si inquadra l’iniziativa dell’OCSE che ha redatto un modello di
“Common Reporting Standard” (“CRS”) che è stato reso pubblico il 13 febbraio 2014.
In considerazione delle suddette previsioni, con la citata legge sono state introdotte le
disposizioni concernenti gli adempimenti cui sono tenute le istituzioni finanziarie italiane ai
fini dell’attuazione dello scambio automatico di informazioni derivante dal predetto
Accordo con gli Stati Uniti e da altri Accordi e intese tecniche conclusi dall’Italia con i
Governi di Paesi esteri secondo lo Standard OCSE.
Tali disposizioni consistono in concreto negli obblighi di adeguata verifica ai fini
fiscali e di acquisizione di dati sui conti finanziari e su taluni pagamenti (articolo 5), negli
obblighi di comunicazione all’Agenzia delle entrate degli elementi informativi acquisiti
(articolo 4), negli obblighi di prelievo alla fonte da parte degli intermediari qualificati con
responsabilità primaria di sostituto d’imposta statunitense su pagamenti di fonte statunitense
corrisposti ad un’istituzione finanziaria non partecipante (articolo 7) ed infine negli obblighi
di comunicazione tra istituzioni finanziarie per l’applicazione dell’indicato prelievo alla
fonte (articolo 8).
In particolare, gli articoli 4, comma 2, 5, comma 8, 6, comma 3, 7, comma 2, e 8,
comma 2, della legge 18 giugno 2015, n. 95, prevedono che con decreti del Ministro
dell’economia e delle finanze sono stabilite rispettivamente le regole tecniche per la
rilevazione, la trasmissione e la comunicazione all’Agenzia delle entrate delle informazioni
1 relative ai conti finanziari e ai pagamenti corrisposti a ciascuna istituzione finanziaria non
partecipante, le procedure relative agli obblighi di adeguata verifica ai fini fiscali ed inoltre
le modalità di applicazione delle disposizioni contenute negli indicati articoli 6, commi 1 e
2, 7, comma 1, e 8, comma 1.
In attuazione delle suddette disposizioni, si è predisposto l’unito schema di decreto
ministeriale (di seguito, “decreto”), con il quale vengono stabiliti gli aspetti applicativi e le
modalità procedurali necessari per dare attuazione alle previsioni contenute nella citata
legge ai fini dell’attuazione dello scambio automatico di informazioni derivante dal predetto
Accordo con gli Stati Uniti.
Le disposizioni del decreto ministeriale riguardano un’attività di rilevazione,
trasmissione e comunicazione di informazioni relative ai titolari di conti finanziari che
integra la nozione di trattamento di dati personali rilevante ai sensi dell’articolo 4 del
decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice della Privacy).
Per assicurare la conformità del decreto in esame alle disposizioni in materia di
trattamento dei dati personali, sono stati richiamati nel preambolo l’intero decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196, nonché ulteriori riferimenti normativi, come di seguito
evidenziato.
L’articolo 2, paragrafo 1, dell’Accordo FATCA precisa che “ciascuna Parte ottiene le
informazioni indicate al paragrafo 2 del presente Articolo relative a tutti i conti oggetto di
comunicazione e scambia con cadenza annuale tali informazioni con l'altra Parte su base
automatica ai sensi delle disposizioni dell'Articolo 26 della Convenzione”.
L’articolo 26 della Convenzione tra Italia e Stati Uniti, disciplina lo scambio di
informazioni (ivi incluso lo scambio automatico) tra le autorità competenti dei due Paesi,
individuandone espressamente le finalità e i limiti di segretezza.
In particolare, è previsto che le informazioni siano scambiate esclusivamente a fini
fiscali e possano essere comunicate solamente a persone o autorità comunque coinvolte
nell’attività di accertamento e recupero o nella funzione giusdicente di ricorsi, purché tali
attività e funzioni attengano alle imposte coperte dall’accordo internazionale. Inoltre il
Commentario all’articolo 26, approvato in sede OCSE nel 20121 , esplicita al paragrafo 10 le
1
http://www.oecd.org/ctp/exchange‐of‐tax‐information/120718_Article%2026‐ENG_no%20cover%20(2).pdf 2 esigenze relative alla protezione dei dati personali e alla sicurezza della trasmissione delle
informazioni. Tali finalità sono state espressamente richiamate nel preambolo al decreto
ministeriale.
Inoltre, con riferimento alle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 196 del
2003, vengono specificamente richiamati gli articoli 24, comma 1, lettera a) (che stabilisce
che non è richiesto il consenso quando il trattamento è effettuato per adempiere un obbligo
previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria), 43, comma 1,
lettera c) (che ammette il trasferimento di dati personali oggetto di trattamento, anche se
diretto verso un Paese non appartenente all'Unione europea, quando detto trasferimento è
necessario per la salvaguardia di un interesse pubblico rilevante individuato con legge o con
regolamento) e 66 (che considera di rilevante interesse pubblico le attività dei soggetti
pubblici dirette all’applicazione di disposizioni in materia tributaria e doganale).
Sui contenuti del decreto ministeriale è stato acquisito il parere del Garante per la
protezione dei dati personali.
Ciò premesso, si illustrano di seguito le disposizioni presenti nello schema di decreto.
L’articolo 1 ha una specifica rilevanza nel contesto del provvedimento in esame in
quanto contiene le definizioni dei termini che sono utilizzati nell'ambito delle disposizioni
presenti nel decreto, individuando sia gli elementi soggettivi che quelli oggettivi relativi
all’attuazione dello scambio di informazioni con gli Stati Uniti. La legge 18 giugno 2015, n.
95, infatti, nell’introdurre le norme di attuazione della disciplina contenuta nel predetto
Accordo intergovernativo, demanda al decreto la definizione delle regole tecniche
necessarie ai fini delle modalità di applicazione della disciplina in esame. Sotto questo
profilo, si è posta l’esigenza di specificare sia ogni altra istituzione finanziaria tenuta alle
comunicazioni nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in aggiunta a quelle elencate
nell’articolo 4, comma 1, della legge medesima (banche, società di intermediazione
mobiliare, Poste italiane S.p.A., società di gestione del risparmio, società finanziarie e
società fiduciarie, residenti nel territorio dello Stato), sia i conti finanziari e i pagamenti
corrisposti a ciascuna istituzione finanziaria non partecipante.
L’approccio utilizzato per individuare gli elementi soggettivi ed oggettivi della
procedura finalizzata allo scambio di informazioni tiene conto delle definizioni contenute
3 nell’Accordo intergovernativo con gli Stati Uniti nonché della facoltà riconosciuta
dall’articolo 4, paragrafo 7, del suddetto Accordo di utilizzare, ove ritenuto conveniente, le
definizioni presenti nei pertinenti Regolamenti del Tesoro degli Stati Uniti in luogo delle
corrispondenti definizioni adottate nell’indicato IGA Italia.
Ciò premesso, sotto il profilo soggettivo, sono state individuate le categorie di
intermediari interessate dalla normativa FATCA, definendo i concetti di “istituzione
finanziaria”, “istituzione di custodia”, “istituzione di deposito”, “entità di investimento”,
“impresa di assicurazione specificata” e “holding company”.
In tale contesto, è da evidenziare che la qualificazione dell’entità di investimento è
stata ripresa dai suddetti Regolamenti statunitensi ed ha un contenuto più articolato rispetto
a quello definito dall’IGA Italia. In base a tale qualificazione, un’entità per configurarsi
entità di investimento deve presentare una delle caratteristiche indicate ai punti i), ii) e iii)
della lettera c) del numero 5 dell’articolo 1, comma 1, del decreto.
Ai fini delle previsioni contenute nella suddetta lettera c), viene specificato che
un’entità svolge principalmente, per conto di un cliente, le attività indicate al punto i) o il
reddito lordo dell’entità è considerato attribuibile principalmente alle attività di
investimento, reinvestimento o negoziazione di attività finanziarie ai sensi del punto ii), se il
reddito lordo dell’entità attribuibile a tali attività è uguale o superiore al 50 per cento del
reddito lordo dell’entità rilevato nel triennio che scade il 31 dicembre dell’anno precedente a
quello in cui viene effettuata la determinazione o, se inferiore, nel periodo di esistenza
dell’entità.
Analogamente, anche la definizione di holding company è stata mutuata dai
Regolamenti del Dipartimento del Tesoro statunitense, intendendosi per tale l’entità la cui
attività principale consiste nella detenzione, diretta o indiretta, di tutte o parte delle quote o
azioni di uno o più membri del proprio expanded affiliated group. Viene, inoltre, precisato
che una società di persone o altra entità trasparente è considerata holding company se la sua
attività principale consiste nella detenzione di oltre il 50 per cento dei diritti di voto e del
valore delle quote o azioni di una o più società controllanti uno o più expanded affiliated
group.
4 Per specificare il perimetro delle istituzioni finanziarie italiane interessate (che
comunque ricadono in una delle cinque categorie sopra richiamate), viene delineato il
termine “istituzione finanziaria italiana”, che designa qualsiasi istituzione finanziaria
residente in Italia, ad esclusione delle stabili organizzazioni di tale istituzione finanziaria
situate al di fuori del territorio dello Stato, e qualsiasi stabile organizzazione di
un’istituzione finanziaria non residente in Italia, se tale stabile organizzazione è situata in
Italia.
In relazione alla categoria delle istituzioni finanziarie italiane, si è ritenuto, per
ragioni di sistematicità, di distinguere due sottocategorie e, precisamente, le istituzioni
finanziarie tenute alla comunicazione (“reporting”) e quelle non tenute alla comunicazione
(“non reporting”).
Per quanto concerne la categoria delle “reporting” è stato dato l’elenco delle
istituzioni finanziarie italiane tenute all’obbligo della comunicazione e che, proprio per la
specifica individuazione dei soggetti elencati, ha valore tassativo e non esemplificativo.
In base a tale elenco, le istituzioni finanziarie italiane “reporting” sono le seguenti:
- le banche;
- la società di gestione accentrata di cui all’articolo 80 del testo unico delle
disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24
febbraio 1998, n. 58 (TUF);
- la società Poste italiane S.p.A., limitatamente all’attività di BancoPosta che è
assoggettata alla vigilanza della Banca d’Italia;
- le società di intermediazione mobiliare (SIM);
- le società di gestione del risparmio (SGR);
- le imprese di assicurazione che operano in Italia nei rami di cui all’articolo 2,
comma 1, del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre
2005, n. 209 (CAP) nonché le holding di tali imprese, che emettono un contratto di
assicurazione per il quale è misurabile un valore maturato o un contratto di rendita ovvero
che, in relazione a tali contratti, sono obbligate ad effettuare dei pagamenti;
- gli organismi di investimento collettivo del risparmio che presentano i requisiti
indicati, per le entità di investimento, al numero 5), lettera c), dell’articolo 1, comma 1;
5 - le società fiduciarie di cui all’articolo 199 del TUF nonché quelle di cui alla legge
23 novembre 1939, n. 1966;
- le forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre
2005, n. 252, nonché gli enti di previdenza obbligatoria;
- gli istituti di moneta elettronica e gli istituti di pagamento di cui agli articoli 114bis e 114-sexies del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto
legislativo 1° settembre 1993, n 385 (TUB);
- le società veicolo di cartolarizzazione di cui alla legge 30 aprile 1999, n. 130;
- i trust che presentano i requisiti di cui al numero 5), lettera c), ii) quando il trust
medesimo è residente in Italia o il trustee è una RIFI;
- le società holding di cui al numero 5, lettera e), dell’articolo 1, comma 1;
- i centri di tesoreria che presentano i requisiti indicati, per le entità di investimento,
al numero 5), lettera c), dell’articolo 1, comma 1;
- gli emittenti di carte di credito;
- le stabili organizzazioni situate in Italia delle istituzioni finanziarie estere che
svolgono le attività svolte dalle istituzioni finanziarie italiane “reporting” sopra indicate.
Nel suddetto elenco sono stati inclusi anche quei soggetti che, in presenza di specifici
requisiti, si inquadrano tra “i non reporting”. Si tratta, in sostanza, di soggetti che rientrano
tra le istituzioni finanziarie italiane non tenute alla comunicazione non in virtù della propria
identità configurativa ma in base al presupposto della sussistenza di precisi requisiti e che,
quindi, proprio in considerazione di ciò, non sempre possono ritenersi obbligati alle
comunicazioni. E’ il caso, ad esempio, dei fondi pensione e degli enti di previdenza
obbligatoria che rispettano i limiti di versamento ai contributi volontari indicati
nell’Allegato II all’IGA Italia.
Per quanto riguarda i soggetti “non reporting”, si evidenzia che tale categoria
ricomprende le tipologie di istituzioni finanziarie italiane indicate nell’Allegato II all’IGA
Italia, e cioè le istituzioni finanziarie considerate adempienti e i beneficiari effettivi esenti,
nonché le altre istituzioni finanziarie italiane considerate adempienti o beneficiari effettivi
esenti ai sensi dei pertinenti Regolamenti del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti. A
tale ultimo proposito, si evidenzia che l’attuale regolamentazione statunitense prevede due
6 categorie di soggetti ritenuti conformi: le Registered Deemed-Compliant Foreign Financial
Institution e le Certified Deemed-Compliant Foreign Financial Institution. I primi devono
registrarsi ed ottenere il GIIN, il codice identificativo rilasciato dalle Autorità fiscali
statunitensi ai fini FATCA, i secondi invece non sono tenuti a fare ciò.
In considerazione di tale quadro normativo, per ragioni di sistematicità e di
coordinamento tra la normativa derivante dalla pattuizione internazionale con gli USA e
quella contenuta nei Regolamenti del Tesoro statunitense, cui, come già rilevato, si può fare
riferimento ai fini dell’applicazione delle norme dell’IGA Italia, le istituzioni finanziarie
“non reporting” sono state divise nelle seguenti due sottocategorie.
•
quella delle istituzioni finanziarie italiane registrate considerate
adempienti, che comprende i soggetti inclusi in tale sottocategoria dai pertinenti
Regolamenti del Tesoro statunitense;
•
quella delle istituzioni finanziarie italiane certificate considerate
adempienti, che comprende i soggetti indicati nell’Allegato II all’IGA Italia e nei
suddetti Regolamenti statunitensi, nonché i beneficiari effettivi esenti italiani presenti
nell’Allegato II all’IGA Italia.
In particolare, si osserva che le istituzioni finanziarie italiane registrate sono elencate
al numero 7.2, lettera a), dell’articolo 1, comma 1, del decreto e sono individuate nei
seguenti soggetti:
• membri italiani di gruppi di istituzioni finanziarie partecipanti che rispondono a
precisi requisiti indicati alle lettere a), b) e c) della lettera a.1), volti a fare in modo
che vengano messe in atto politiche e procedure per assicurare che, in presenza di
conti statunitensi o di conti detenuti da una istituzione finanziaria non partecipante,
siano prese le misure atte a rendere detti conti oggetto di comunicazione;
• veicoli di investimento qualificati italiani, i quali designano organismi di
investimento collettivo del risparmio che sono considerati vigilati ai sensi delle
disposizioni italiane e che soddisfano congiuntamente i successivi requisiti indicati
alle lettere da b) a d) della lettera a.2. In particolare, tali veicoli di investimento:
- non devono contrarre prestiti eccedenti i 50.000 dollari statunitensi nei
confronti di soggetti diversi da quelli elencati ai numeri da 1) ad 8) della lettera
7 b) della lettera a.2), e devono essere partecipati esclusivamente dai medesimi
soggetti indicati ai suddetti numeri;
- non devono aver emesso alcuna quota al portatore dopo il 31 dicembre 2012,
devono adottare politiche e procedure che garantiscano che tali azioni siano
riscattate al più presto e in ogni caso, non oltre il 1° gennaio 2017, ed infine
devono assolvere, prima di procedere alla distribuzione di proventi o al
rimborso delle quote o azioni al portatore, gli obblighi di adeguata verifica e di
comunicazione previsti dalla normativa primaria;
• organismi di investimento collettivo del risparmio soggetti a restrizioni (italian
restricted funds), che sono considerati vigilati ai sensi delle disposizioni italiane e
soddisfano congiuntamente i successivi requisiti indicati alle lettere da b) a i) della
lettera a.3. Tra detti requisiti figurano anche quello relativo alla previsione della
cessazione dell’emissione delle quote o azioni al portatore dopo il 31 dicembre 2012,
già indicato per i veicoli di investimento qualificati, nonché quello, di particolare
rilievo, dell’obbligo di implementazione, entro sei mesi dalla data di registrazione
presso il portale IRS, delle politiche e delle procedure di adeguata verifica in materia
fiscale;
• emittenti italiani di carte di credito qualificati che soddisfano congiuntamente i
seguenti requisiti: a) sono istituzioni finanziarie italiane in quanto accettano depositi
solo in contropartita di pagamenti del cliente eccedenti il saldo dovuto per l’utilizzo
della carta di credito e tali pagamenti non sono immediatamente restituiti al cliente;
b) entro il 30 giugno 2014, ovvero entro la data in cui si registrano presso l’IRS come
istituzioni finanziarie italiane registrate considerate adempienti, attuano politiche e
procedure per prevenire che vi siano depositi di clienti di ammontare superiore a
50.000 dollari statunitensi e per assicurare che ciascun deposito eccedente il predetto
ammontare sia restituito al cliente entro 60 giorni.
E’ da rilevare, in proposito, che l’inclusione dei suddetti soggetti italiani tra le
istituzioni finanziarie registrate è stata effettuata tenendo conto delle caratteristiche che tali
soggetti hanno nel contesto normativo interno e rapportandole ai criteri presenti nei
Regolamenti statunitensi.
8 Le istituzioni finanziarie italiane certificate considerate adempienti sono elencate alla
lettera b) del numero 7.2 dell’articolo 1, comma 1, del decreto e sono individuate nei
seguenti soggetti:
• istituzione finanziaria locale italiana, avente i requisiti elencati alle lettere da a) a j),
della lettera b.1, che si caratterizza per l’operatività essenzialmente “locale”
dell’istituzione. Il principale requisito, contenuto nella lettera e), prevede che almeno
il 98 per cento del valore complessivo dei conti mantenuti presso l’istituzione
finanziaria deve essere detenuto da soggetti (persone fisiche ed entità) residenti in
Italia o in un altro Stato membro dell’Unione europea;
• taluni veicoli di investimento collettivo italiani che siano organismi di investimento
collettivo regolamentati dalla legge italiana che non contraggono prestiti eccedenti i
50.000 dollari statunitensi con istituzioni finanziarie non partecipanti, le cui quote o
azioni siano interamente detenute da o per il tramite di una o più istituzioni
finanziarie diverse da istituzioni finanziarie non partecipanti. Viene poi specificato
che la sola circostanza che l’organismo di investimento collettivo abbia emesso
azioni al portatore non è di per sé preclusiva della qualifica di “istituzione finanziaria
certificata”, sempreché siano rispettate le seguenti condizioni:
a. che l’organismo di investimento collettivo non abbia emesso alcuna
quota al portatore dopo il 31 dicembre 2012;
b. che l’organismo di investimento collettivo adotti politiche e procedure
che garantiscano che tali azioni siano riscattate al più presto e, in ogni caso, non
oltre il 1° gennaio 2017;
c. che quando tali azioni al portatore sono presentate per il riscatto o per
altro pagamento, l’organismo di investimento collettivo assolva direttamente, o
per il tramite di un’istituzione finanziaria italiana tenuta ad effettuare le
comunicazioni, i previsti obblighi di adeguata verifica in materia fiscale e di
comunicazione;
• organizzazioni non-profit, e cioè gli enti registrati come “Onlus” nel registro detenuto
dall’Agenzia delle entrate ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 4 dicembre
1997, n. 460;
9 • società veicolo italiane. Tale termine designa le istituzioni italiane che non sono
tenute alla comunicazione in quanto gli investimenti nei prodotti finanziari emessi
dalle stesse sono detenuti esclusivamente tramite una istituzione finanziaria italiana
tenuta alla comunicazione. Rientrano in questa categoria le società di
cartolarizzazione istituite ai sensi della legge 30 aprile 1999, n. 130, a condizione
che:
a. il collocamento dei titoli emessi dalla società di cartolarizzazione sia effettuato
da una istituzione finanziaria tenuta alla comunicazione ovvero i suddetti titoli
siano depositati presso una istituzione finanziaria tenuta alla comunicazione; o
b. i titoli emessi dalla società di cartolarizzazione siano venduti da questa a una
istituzione finanziaria tenuta alla comunicazione; o
c. i titoli emessi dalla società di cartolarizzazione siano sottoscritti dalla medesima
e mantenuti nel proprio attivo patrimoniale;
• beneficiari effettivi italiani esenti. Tale tipologia di soggetti ricomprende i soggetti
presenti nell’Allegato II all’IGA Italia, nonché i soggetti considerati come beneficiari
esenti in base alle norme regolamentari statunitensi. Pertanto i soggetti rientranti in
tale tipologia sono i seguenti:
a) il Governo Italiano, ogni suddivisione geografica, politica o amministrativa del
Governo Italiano, o ogni agenzia o ente strumentale interamente detenuto da uno
qualsiasi o più dei soggetti precedenti;
b) un’organizzazione
internazionale
pubblica
(o
una
sede
italiana
di
un’organizzazione internazionale pubblica) avente titolo a godere di privilegi,
esenzioni e immunità in quanto organizzazione internazionale ai sensi di un
trattato o accordo internazionale concluso dall’Italia e ogni agenzia dipendente da
tale organizzazione o ente strumentale dalla stessa istituito per il perseguimento,
anche indiretto, dei propri scopi;
c) la Banca d’Italia;
d) le Poste Italiane SpA, ad eccezione del patrimonio BancoPosta;
e) la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A.;
10 f) i fondi pensione e le istituzioni che si qualificano come forme pensionistiche
complementari ai sensi della legislazione italiana, compresi i fondi pensione
regolati dal decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 e gli enti di previdenza e
sicurezza sociale privatizzati dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, o
istituiti ai sensi del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, a condizione che
i contributi individuali volontari al conto siano limitati dalla normativa italiana di
riferimento oppure non eccedano in alcun anno 50.000 Euro;
g) i fondi pensione e le istituzioni che si qualificano come forme pensionistiche
complementari ai sensi della legislazione italiana, compresi i fondi pensione
regolati dal decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 nonché gli enti di
previdenza e sicurezza sociale privatizzati dal decreto legislativo 30 giugno 1994,
n. 509, o istituiti ai sensi del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, che
hanno diritto ai benefici previsti dalla Convenzione del 25 agosto 1999 Italia-Stati
Uniti per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per
prevenire le frodi o le evasioni fiscali in quanto soggetti residenti in Italia ai sensi
dell’articolo 4 della predetta Convenzione e in possesso dei requisiti di cui
all’articolo 2, lettera f), del protocollo alla Convenzione stessa;
h) i fondi pensione istituiti dal Governo italiano, da un’organizzazione
internazionale pubblica e dalla Banca d’Italia per fornire prestazioni
pensionistiche o altri benefici in caso di malattia o morte a partecipanti che sono,
o sono stati, dipendenti di tali enti o a persone designate da tali dipendenti ovvero
a persone che, pur non essendo state dipendenti di detti enti, hanno diritto a
ricevere i summenzionati benefici in ragione di servizi personali resi ai medesimi
enti;
i) entità di investimento interamente partecipate da beneficiari effettivi esenti le cui
quote o azioni siano integralmente e direttamente detenute dai soggetti elencati
tra i beneficiari effettivi esenti alle lettere a), b), c), d), e), f), g), h) e i) del
numero 11.1 nonché dai soggetti individuati come beneficiari effettivi esteri
esenti al numero 11.2 dell’articolo 1, comma 1, del decreto e che assumano
11 prestiti esclusivamente e direttamente da istituzioni di deposito o dai suddetti
soggetti.
• banche locali italiane non tenute a registrarsi che sono autorizzate e regolamentate
dalla legge italiana ad operare come banca e che soddisfano congiuntamente i
requisiti indicati dalle lettere da b) a f) della lettera b.6. Tra i requisiti principali si
evidenziano i seguenti:
1.
l’attività svolta deve consistere essenzialmente nel ricevere depositi ed erogare
prestiti a clienti retail e non collegati alla banca;
2.
la banca non deve sollecitare clienti o titolari di conti al di fuori dell’Italia;
3.
la banca non deve detenere attività in bilancio superiori a 175 milioni di
dollari statunitensi e, se la stessa è membro di un expanded affiliated group,
questo non deve possedere attività superiori a 500 milioni di dollari
statunitensi nei bilanci consolidati.
• le entità di investimento che svolgono per conto di un cliente le attività indicate alla
lettera c), punto i) del numero 5) dell’articolo 1, comma 1, del decreto, qualora non
detengano conti finanziari.
Nel contesto dell’articolo 1, comma 1, sono stati definiti ai numeri 8, 9, 10, e 13,
rispettivamente i concetti di “istituzione finanziaria di una giurisdizione partner”,
“istituzione finanziaria partecipante”, “istituzioni finanziarie estere, registrate e certificate,
considerate adempienti” e “istituzione finanziaria non partecipante”.
L’individuazione di tali concetti si profila infatti necessaria per le istituzioni
finanziarie tenute alla comunicazione ai fini dell’espletamento degli obblighi derivanti dalle
norme contenute nell’Accordo intergovernativo con gli Stati Uniti e dalla normativa
primaria di attuazione di tale Accordo.
Al numero 12 dell’articolo 1, comma 1, del decreto viene data la definizione
dell’entità non finanziaria estera (NFFE). Con questo termine si intende qualunque entità
non statunitense che non sia una istituzione finanziaria ai sensi dei pertinenti Regolamenti
del Tesoro statunitense ovvero ai sensi delle disposizioni domestiche del Paese di residenza
dell’entità, semprechè tale Paese abbia in vigore un accordo IGA.
12 In relazione alla suddetta figura giuridica, vengono poi definite, ai numeri 12.1) e
12.2) dell’articolo 1, comma 1, del decreto, “l’entità non finanziaria estera attiva” e “l’entità
non finanziaria estera passiva”.
Queste definizioni assumono rilievo ai fini delle procedure di adeguata verifica in
materia fiscale e dei successivi obblighi di comunicazione da parte delle istituzioni
finanziarie italiane all’Agenzia delle entrate.
La definizione dell’entità non finanziaria estera, nella sua duplice veste “attiva” e
“passiva” è ripresa dall’Allegato I all’IGA Italia.
In base a ciò, un'entità non finanziaria estera per potersi configurare come “attiva”
deve soddisfare almeno uno dei criteri indicati nelle lettere da a) a m) dell’indicato numero
12.1). Tra questi criteri, già espressamente elencati nel citato Allegato I, è stato aggiunto
anche quello in base al quale è da considerare come una NFFE attiva una entità non
finanziaria estera che non è residente in Italia e che si qualifica come Excepted NFFE ai
sensi dei pertinenti Regolamenti del Tesoro statunitense.
Sono stati, inoltre, aggiunti due criteri mutuati dall’Allegato I all’IGA Messico del 9
aprile 2014. Ciò in attuazione dell’articolo 7, paragrafo 2, dell’IGA Italia, il quale assicura
all’Italia ogni migliore trattamento contenuto in un Accordo o in un Allegato I che gli Stati
Uniti dovessero sottoscrivere con altri Paesi.
Tali criteri consistono sostanzialmente:
- nel ricomprendere nella categoria in esame una NFFE che è costituita e gestita nel
suo Paese di residenza esclusivamente per finalità religiose, caritatevoli, scientifiche,
artistiche, culturali, sportive o educative; o è costituita e gestita nel suo Paese di residenza
ed è un'organizzazione professionale, un'unione di operatori economici, una camera di
commercio, un'organizzazione del lavoro, un'organizzazione agricola o orticola, un'unione
civica o un'organizzazione attiva esclusivamente per la promozione dell'assistenza sociale;
- nell’includere tra le NFFE le entità di cui all’articolo 6, comma 1.Per quanto
riguarda il profilo oggettivo della normativa in esame, l’articolo 1, comma 1, del decreto
descrive ai numeri 14), 15), 16), 17), 18), 19) e 20) i tipi di rapporti finanziari da identificare
attraverso le definizioni rispettivamente di “conto finanziario”, “conto di deposito”, “conto
13 di custodia”, “quota nel capitale di rischio”, “contratto di assicurazione”, “contratto di
rendita”, “contratto di assicurazione per il quale è misurabile un valore maturato”.
Le definizioni date riportano il contenuto di quelle presenti nell’IGA Italia. In
relazione al conto finanziario, nella definizione data al numero 14) viene specificato che il
termine “conto finanziario” non comprende i conti, prodotti o accordi indicati al comma 4
del successivo articolo 6.
Per quanto concerne la definizione di contratto di assicurazione per il quale è
misurabile un valore maturato è stato specificato che tale termine designa, oltre ai contratti
di assicurazione come definiti nella relativa definizione al numero 18), anche i contratti di
capitalizzazione indicati all’articolo 179 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209,
aventi un valore maturato superiore a 50.000 dollari statunitensi, in quanto tipici contratti di
rendimento. Sono da ritenersi esclusi, invece, proprio perché non sussiste un valore
maturato, i contratti di riassicurazione risarcitori fra due imprese di assicurazione, nonché i
contratti di assicurazione stipulati nei rami danni di cui all’articolo 2, comma 3, del citato
decreto legislativo n. 209 del 2005.
Anche i concetti di “conto statunitense oggetto di comunicazione”, “titolare di
conto”, “persona statunitense” e “persona statunitense specificata”, indicati rispettivamente
ai numeri 22), 23), 24) e 25) dell’articolo 1, comma 1, del decreto riprendono il contenuto
delle definizioni presenti nell’IGA Italia.
Al successivo numero 26) viene definito il concetto di “pagamento di fonte
statunitense sul quale è applicabile il prelievo alla fonte”. In concreto, con questo termine
viene indicato ogni pagamento di interessi (incluso ogni sconto di emissione), dividendi,
rendite e utili di fonte statunitense, nonché i pagamenti di “dividendi equivalenti” di fonte
statunitense, come individuati dalla Sezione 871 (m) dell’Internal Revenue Code degli Stati
Uniti.
A tale riguardo, viene specificato che non costituiscono pagamenti di fonte
statunitense sui quali è applicabile il prelievo alla fonte i seguenti pagamenti:
1. i pagamenti relativi a Grandfathered Obligations – obbligazioni salvaguardate,
intendendosi con questo termine qualunque rapporto contrattuale o strumento
finanziario esistente al 1° luglio 2014. Sono comunque esclusi da tale
14 fattispecie alcuni rapporti contrattuali o strumenti finanziari aventi specifici
requisiti;
2. i pagamenti di interessi o sconti di emissione sulle obbligazioni a breve
termine come definite nella Sezione 871 (g) (1) (B) (i) dell’Internal Revenue
Code degli Stati Uniti;
3. i pagamenti di redditi che si considerano effettivamente connessi con lo
svolgimento di un’attività commerciale o di affari negli Stati Uniti e che
vengono inclusi nel reddito lordo del beneficiario effettivo per il pertinente
periodo di imposta ai sensi della Sezione 871 (b) (1) o 882 (a) (1) dell’Internal
Revenue Code degli Stati Uniti.
Al numero 27) dell’articolo 1, comma 1, del decreto viene poi data la definizione del
concetto di “pagamenti corrisposti a istituzioni finanziarie non partecipanti” che indica in
sostanza l’importo complessivo dei pagamenti di interessi, dividendi, rendite, utili e
“dividendi equivalenti”, anche di fonte non statunitense, distinto per ciascuna istituzione
finanziaria non partecipante percipiente.
Sono stati, infine, definiti i concetti di “consolidated obligations” – conti consolidati,
di “seed capital”- capitale iniziale, di “expanded affiliated group” e di “sponsored FFI
group”. Si è ritenuto di dover specificare i suddetti concetti in quanto gli stessi sono
utilizzati ai fini dell’espletamento delle procedure di due diligence, nonché per avvalersi
delle opzioni cui possono ricorrere le istituzioni finanziarie italiane tenute alla
comunicazione nel corso di dette procedure.
In particolare, per “consolidated obligations” si intendono più conti finanziari che
un’istituzione finanziaria tenuta alla comunicazione ha scelto di trattare come un unico
conto finanziario ai fini degli obblighi di adeguata verifica in materia fiscale nonché per
avvalersi delle opzioni.
Per “seed capital” si intende una contribuzione iniziale di capitale effettuata in favore
di un’entità di investimento, destinata ad essere un investimento temporaneo e considerata
necessaria o appropriata per la costituzione dell’entità stessa.
Per “expanded affiliated group” si intende un gruppo di entità in cui una entità
controlla le altre entità, ovvero le entità sono soggette a controllo comune. Si evidenzia, in
15 proposito, che il concetto di controllo ha un contenuto più restrittivo di quello indicato
nell'IGA Italia, articolo 1, paragrafo 1, lettera jj), per definire la nozione di “entità
collegata”, poiché l'“expanded affiliated group” presuppone il possesso, diretto o indiretto,
di oltre il 50 per cento sia dei diritti di voto sia del valore di un'entità.
Infine, per “sponsored FFI group” si indica un gruppo che rispetta i requisiti indicati
all’articolo 8, comma 2, del decreto e che è composto da istituzioni finanziarie
sponsorizzate che condividono la medesima entità sponsor.
L'articolo 2 stabilisce che le istituzioni finanziarie italiane tenute alla comunicazione
devono applicare le procedure di adeguata verifica in materia fiscale (due diligence) per
identificare i conti oggetto di comunicazione, intendendosi per tali i conti statunitensi di
pertinenza di US specified person e di entità non finanziarie passive non statunitensi
controllate da persone statunitensi specificate, nonché i conti di istituzioni finanziarie non
partecipanti. A tal fine, gli intermediari italiani applicano le disposizioni del decreto con
particolare riferimento alle procedure di due diligence disciplinate nell'Allegato I, alle
definizioni dell'articolo 1 e alle esclusioni dell'articolo 6, eventualmente avvalendosi dei
regimi indicati nell'articolo 8.
L'articolo 3 disciplina l'applicazione del prelievo alla fonte, nella misura del 30 per
cento, che le istituzioni finanziarie italiane tenute alla comunicazione devono operare, a
partire dal 1° luglio 2014, nel caso di corresponsione di pagamenti di fonte statunitense a
istituzioni finanziarie non partecipanti.
Riguardo all'ambito oggettivo, si ricorda che non tutti i pagamenti di fonte
statunitense sono soggetti a prelievo, ma solamente quelli indicati all'articolo 1, comma 1,
numero 26), del decreto.
Come precisato al comma 1, l'obbligo di applicare il prelievo alla fonte grava
esclusivamente sulle istituzioni finanziarie italiane che, in virtù di apposito accordo
concluso con le autorità fiscali statunitensi, hanno assunto la qualità di intermediari
qualificati con responsabilità primaria di sostituto d'imposta statunitense (qualified
intermediary with primary withholding responsibility). Solo questi ultimi, infatti,
provvederanno all'applicazione del prelievo e al relativo versamento, secondo le modalità
stabilite nel predetto accordo.
16 Il comma 2 chiarisce che le istituzioni finanziarie italiane tenute alla comunicazione,
diverse dalle precedenti, devono comunicare all'istituzione finanziaria che immediatamente
le precede nella catena degli intermediari i dati necessari per applicare il prelievo alla fonte.
Ciò al fine di garantire, in ogni caso, l'applicazione del prelievo, risalendo la catena degli
intermediari fino ad arrivare a un qualified intermediary with primary withholding
responsibility.
Il comma 3 sancisce l'obbligo di applicare il detto prelievo anche nell'ipotesi in cui
vengano corrisposti pagamenti a istituzioni finanziarie che, pur essendo tenute
all'ottenimento del Global Intermediary Identification Number (“GIIN”), non ne
comunichino uno valido al momento della corresponsione soggetta al prelievo alla fonte.
Tra queste rientrano, pertanto, anche le istituzioni finanziarie tenute alla registrazione
localizzate in una giurisdizione partner, che non abbiano ancora o a cui sia stato revocato il
GIIN.
È, tuttavia, prevista una disposizione transitoria resa necessaria a seguito
dell'Announcement 2014-17, pubblicato il 2 aprile 2014 dall'IRS, in cui è stabilito che le
istituzioni finanziarie localizzate in un Paese incluso nella lista delle giurisdizioni che hanno
in vigore un IGA si presumono dotate di un GIIN valido fino al 31 dicembre 2014. La
medesima presunzione si applica anche alle istituzioni finanziarie localizzate in
giurisdizioni che, pur non avendo ancora concluso un IGA con gli Stati Uniti, sono a un
livello di avanzamento delle negoziazioni tale da far considerate l'accordo come
sostanzialmente in essere. Tali giurisdizioni sono elencate nella predetta lista delle
giurisdizioni che hanno un IGA in vigore.
Pertanto, in base al richiamato Announcement 2014-17, le istituzioni finanziarie
italiane tenute alla registrazione, in quanto localizzate in una giurisdizione partner, si
presumono dotate di un valido GIIN fino al 31 dicembre 2014. Ciò implica che, sino a tale
data, nessun prelievo può essere applicato su pagamenti di fonte statunitense corrisposti agli
intermediari italiani.
L'articolo 4 stabilisce che la registrazione sul portale dell'IRS deve avvenire secondo
le procedure stabilite dalle competenti Autorità fiscali statunitensi.
L'articolo 5 individua i dati che le istituzioni finanziarie italiane tenute alla
17 comunicazione devono inoltrare all'Agenzia delle entrate per consentire lo scambio di
informazioni con la competente autorità finanziaria statunitense.
Indipendentemente dalla tipologia di conto finanziario, devono essere in ogni caso
fornite le informazioni essenziali per uno scambio efficace, che consentano di individuare il
titolare del conto e l’eventuale reddito sottratto alla conoscibilità delle autorità statunitensi.
Pertanto, sono sempre inviati i dati identificativi del titolare, quali nome,
denominazione o ragione sociale, indirizzo e codice fiscale statunitense (TIN – Tax
Identification Number). Inoltre, nel caso di un’entità non statunitense, qualora
dall'applicazione delle procedure di identificazione risulti un rapporto di controllo da parte
di uno o più soggetti statunitensi, gli elementi da segnalare sono: il nome, l'indirizzo e
l’eventuale codice fiscale statunitense (TIN) dell’entità nonché i medesimi elementi di
ciascun soggetto statunitense controllante.
Inoltre, devono essere trasmesse informazioni sul numero e sul saldo o valore del
conto, nonché i dati identificativi dell’istituzione finanziaria italiana che effettua la
comunicazione.
Alle lettere b), c) e d) del comma 1, sono previste le informazioni aggiuntive alle
precedenti, connesse ai pagamenti effettuati sul conto, distinte a seconda che si tratti,
rispettivamente, di un conto di custodia, di un conto di deposito, ovvero di un conto diverso
dai precedenti.
Si tratta, in particolare, dei seguenti dati:
- nel caso di un conto di custodia, l'importo totale lordo degli interessi, dei
dividendi, degli altri redditi generati in relazione alle attività detenute nel
conto, nonché i corrispettivi totali lordi derivanti dalla vendita o dal riscatto
dei beni patrimoniali, pagati o accreditati sul conto (o in relazione al conto)
nel corso dell'anno solare o di altro adeguato periodo di rendicontazione alla
clientela;
- nel caso di un conto di deposito, l'importo totale lordo degli interessi pagati o
accreditati sul conto nel corso dell'anno solare o di altro adeguato periodo di
rendicontazione alla clientela;
- nel caso di qualsiasi conto statunitense oggetto di comunicazione diverso dai
18 precedenti, l'importo totale lordo pagato o accreditato al titolare del conto con
riferimento al quale l'istituzione finanziaria italiana tenuta alla comunicazione
agisce in qualità di incaricata dal debitore o dal beneficiario effettivo o in
nome proprio, compreso l'importo complessivo di pagamenti a titolo di
riscatto effettuati al titolare del conto, nel corso dell'anno solare o di altro
adeguato periodo di rendicontazione alla clientela.
La lettera e) riguarda le informazioni che le istituzioni finanziarie italiane tenute alla
comunicazione devono trasmettere all’Agenzia delle entrate sui pagamenti corrisposti a
ciascuna istituzione finanziaria non partecipante di cui all’articolo 1, comma 1, numero 13),
del decreto. In proposito, si rileva che la nozione di pagamenti corrisposti a istituzioni
finanziarie non partecipanti ai fini dell'adempimento degli obblighi di comunicazione è
contenuta nell’articolo 1, comma 1, numero 27), ed è più ampia rispetto a quella rilevante
per l’applicazione del prelievo alla fonte di cui all'articolo 3 del decreto. Gli intermediari
italiani, infatti, trasmettono l’importo complessivo dei pagamenti, anche di fonte non
statunitense, richiamando la nozione di pagamento di fonte statunitense sul quale è
applicabile il prelievo contenuta nel decreto (articolo 1, comma 1, numero 26), senza tenere
conto delle esclusioni ivi previste.
Per facilitare la qualificazione e la quantificazione dei pagamenti effettuati sui conti
oggetto di comunicazione, il comma 2 stabilisce che le istituzioni finanziarie italiane
devono fare riferimento alle disposizioni tributarie italiane per adempiere gli obblighi di
reporting.
In applicazione del comma 3, le informazioni trasmesse all’Agenzia delle entrate
contengono la valuta con la quale sono denominati gli importi comunicati.
Lo scambio di informazioni tra autorità competenti deve avvenire, sulla base
dell’IGA Italia, entro il 30 settembre di ciascun anno solare. Pertanto, al fine di consentire
all’Agenzia delle entrate di provvedere all’invio rispettando la tempistica prestabilita, il
comma 4 individua nel 30 aprile di ciascun anno il termine entro il quale le istituzioni
finanziarie italiane sono tenute a trasmettere i dati riferiti all’annualità precedente. Tale data
è diretta a garantire all’Amministrazione finanziaria italiana la raccolta, il caricamento nelle
banche dati preposte e una prima analisi delle informazioni, per trasmettere un dato
19 completo e fruibile al partner internazionale. Tuttavia, è previsto che il termine di scadenza
per il primo invio dei dati sia stabilito con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle
entrate.
L’articolo 6 disciplina i casi, soggettivi e oggettivi, di esclusione dall’ordinaria
applicazione del decreto.
Le esclusioni soggettive sono state mutuate dal legislatore italiano direttamente dai
pertinenti Regolamenti del Dipartimento del Tesoro statunitense, in virtù della già
menzionata possibilità, concessa dall'articolo 4, paragrafo 7, dell'IGA Italia, di applicare le
disposizioni più favorevoli contenute nei predetti Regolamenti.
Come precisato, le esclusioni oggettive, oltre che dai predetti Regolamenti
statunitensi, sono state riprese dall'Allegato II all'IGA Italia (“Prodotti esenti”).
I primi due commi escludono dalla definizione di istituzione finanziaria determinate
entità la cui attività è essenzialmente rivolta al gruppo di appartenenza, purché si tratti di un
gruppo non finanziario o comunque composto esclusivamente da istituzioni finanziarie
FATCA compliant.
La ratio sottesa a tale esclusione è insita nella dimensione meramente interna al
gruppo dell’attività svolta, che neutralizza la potenziale pericolosità di tali entità in termini
di dislocazione dei redditi di pertinenza di soggetti statunitensi.
La prima categoria di escluse, individuata nel comma 1, comprende le entità facenti
parte di un gruppo (expanded affiliated group) non finanziario, ossia un gruppo che, nel
triennio che precede l’anno in cui viene effettuata la determinazione, integri le seguenti
condizioni:
• non più del 25 per cento del reddito lordo del gruppo, fatta eccezione per i redditi
derivanti da transazioni infragruppo e per talune altre tipologie di reddito, è costituito
da redditi passivi;
• non più del 5 per cento del reddito lordo del gruppo è attribuibile a membri del
gruppo che sono istituzioni finanziarie, senza computare i redditi derivanti da
transazioni infragruppo e taluni altri redditi;
• non più del 25 per cento del valore delle attività del gruppo, ad esclusione di quelle
detenute da taluni membri nonché di quelle derivanti da transazioni infragruppo, è
20 costituito da attività che producono o che sono detenute per la produzione di redditi
passivi;
• se partecipato da istituzioni finanziarie, esse sono tutte FATCA compliant (ossia,
istituzioni finanziarie italiane tenute alla comunicazione, istituzioni finanziarie
italiane considerate adempienti, istituzioni finanziarie estere partecipanti o istituzioni
finanziarie estere considerate adempienti).
Non tutte le entità facenti parte di un gruppo non finanziario possono accedere a tale
esclusione. Si deve trattare di holding,diverse da holding di una impresa di assicurazione di
cui all’articolo 1, numero 5, lettera d), centri di tesoreria o captive finance company che
rispettino le condizioni indicate nell’articolo, nonché di istituzioni di deposito o di custodia
che si rivolgono esclusivamente a membri dell’expanded affiliated group non finanziario.
Il secondo comma riguarda quelle entità la cui attività è rivolta solamente a membri
dell’expanded affiliated group che, seppure di natura finanziaria, si compone
esclusivamente di: istituzioni finanziarie italiane tenute alla comunicazione; istituzioni
finanziarie italiane non tenute alla comunicazione; istituzioni finanziarie estere registrate
considerate adempienti; istituzioni finanziarie localizzate in Paesi che hanno sottoscritto un
IGA 1 o un IGA 2 - diverse dalle istituzioni finanziarie estere registrate considerate
adempienti - che sono qualificate come istituzioni finanziarie estere certificate considerate
adempienti dalla normativa domestica di tali Paesi; istituzioni finanziarie partecipanti;
limited FFI o limited branch come definite dai pertinenti Regolamenti del Tesoro
statunitense. Per non essere considerata istituzione finanziaria, l’entità non deve;
• intrattenere alcun conto finanziario, ad eccezione di quelli intrattenuti per i membri
del suo expanded affiliated group;
• detenere un conto presso, o ricevere pagamenti da, qualsiasi istituzione finanziaria
che non sia un membro del suo expanded affiliated group;
• corrispondere pagamenti di fonte statunitense sui quali è applicabile il prelievo alla
fonte a qualsiasi soggetto diverso da un membro del suo expanded affiliated group
che non sia una limited FFI o una limited branch (come definite nei pertinenti
Regolamenti del Tesoro statunitense);
• essere tenuta a effettuare, per conto proprio o per conto di qualsiasi altra istituzione
21 finanziaria - compreso un membro del suo expanded affiliated group - la
comunicazione o il prelievo alla fonte sui pagamenti di fonte statunitense.
Il terzo comma consente di non considerare membro di un expanded affiliated group
un’entità di investimento che abbia ricevuto una contribuzione di capitale iniziale da parte
di un’istituzione finanziaria facente parte del gruppo. Tale condizione si verifica nei casi in
cui l’attività tipica dell’istituzione finanziaria che effettua il conferimento consiste
nell’attribuzione di capitale iniziale per costituire entità di investimento, la partecipazione
nelle quali è destinata a essere ceduta entro il triennio o comunque a essere mantenuta
complessivamente entro la soglia del 50 per cento.
Il quarto comma introduce un’esclusione di tipo oggettivo, disconoscendo il carattere
finanziario di determinati conti, ritenuti a basso rischio di evasione in ragione della natura e
delle finalità perseguite mediante la costituzione o il mantenimento di tali rapporti.
Si tratta, in particolare, di conti di un asse ereditario, dei conti di garanzia costituiti
con sentenza o con atto negoziale in relazione a un'obbligazione privatistica, dei conti
pensionistici rispondenti alle caratteristiche ivi indicate e dei contratti assicurativi stipulati
dai datori di lavoro a beneficio dei lavoratori, che siano già assoggettati a tassazione e a
contribuzione previdenziale in Italia.
L'articolo 7 individua le opzioni che le istituzioni finanziarie italiane tenute alla
comunicazione possono esercitare nell'espletamento delle procedure di adeguata verifica di
cui all'articolo 2 del decreto. Tali opzioni sono mutuate dai Regolamenti del Dipartimento
del Tesoro statunitense, come consentito dall’Allegato I, Sezione I, lettera C), dell’IGA
Italia.
L’esercizio delle opzioni è rimesso alla libera scelta dell’istituzione finanziaria
italiana che ritenga di trarne un vantaggio in termini di alleggerimento degli oneri derivanti
dalle procedure di identificazione.
La lettera a) attiene alla disapplicazione delle soglie o delle esenzioni previste nelle
Sezioni da I a IV dell’Allegato I al decreto.
Come chiarito a commento del citato Allegato I, in linea generale il conto finanziario
non deve essere oggetto delle procedure di adeguata verifica se ha un saldo o valore al di
sotto di un determinato ammontare, ovvero, nel caso di un conto preesistente di persona
22 fisica che sia un contratto di assicurazione per il quale è misurabile un valore maturato o un
contratto di rendita, se presenta determinate caratteristiche.
Tuttavia, laddove l’istituzione finanziaria italiana, per ragioni di economicità, ritenga
più agevole espletare le procedure di adeguata verifica su tutti i conti finanziari dalla stessa
intrattenuti, può non tenere conto delle soglie minime e delle esclusioni previste.
La lettera b) consente di considerare i conti aperti dal 1° luglio 2014 come conti
preesistenti (preexisting obligation), purché il medesimo titolare o beneficiario intrattenga
già, alla data del 30 giugno 2014, conti finanziari presso lo stesso intermediario, o presso un
membro dell’expanded affiliated group o dello sponsored FI group. Per poter beneficiare
dell’opzione, è altresì necessario che i predetti soggetti trattino tali conti come consolidated
obligation (come definiti dall'articolo 1, comma 1, numero 29, del decreto) e che le
procedure antiriciclaggio condotte sui conti preesistenti possano considerarsi esperite anche
sui nuovi conti, in virtù della normativa vigente.
Il vantaggio rappresentato dall’introduzione delle preexisting obligation consiste
nella possibilità di reimpiegare gli esiti delle procedure di due diligence, già espletate in
relazione al conto preesistente, ai fini dell’attribuzione del FATCA status dello stesso
titolare o beneficiario del nuovo conto.
La lettera c) permette alle istituzioni finanziarie italiane di trattare come un unico
conto finanziario (consolidated obligation) più conti intrattenuti dal medesimo titolare
presso la stessa o più filiali della medesima istituzione finanziaria o una o più filiali di
un’istituzione finanziaria facente parte dello stesso expanded affiliated group o sponsored
FI group. Considerando tutti i conti come consolidated obligation, è possibile utilizzare la
documentazione già acquisita per l’attribuzione del FATCA status senza dover procedere a
una nuova raccolta dei dati.
Come nel caso delle preexisting obligation, quindi, la determinazione del FATCA
status del titolare del conto è rimessa all’espletamento di una procedura di adeguata verifica
basata su documentazione già ottenuta in relazione a un altro conto, con la differenza che, in
questo caso, si prescinde dalla data di apertura dei conti finanziari.
La possibilità di trattare più conti finanziari come consolidated obligation è
subordinata all’attribuzione di un codice identificativo univoco che consenta di tracciare
23 tutti i conti del medesimo titolare e alla predisposizione di un sistema condiviso dei conti
che permetta l’accesso e la trasmissione di dati.
In alternativa, in assenza di un sistema condiviso, la cui implementazione può
presentare notevoli costi amministrativi, la lettera e) dell’articolo in esame consente
all’istituzione finanziaria italiana di utilizzare, limitatamente ai soli conti preesistenti, la
documentazione già acquisita dalle altre filiali ovvero da una o più filiali di un’istituzione
finanziaria facente parte dello stesso expanded affiliated group o sponsored FI group,
purché ottenga e verifichi una copia di detta documentazione e la ritenga affidabile e
corretta.
L’ultima opzione di cui alla lettera f) ammette che gli intermediari italiani utilizzino,
al ricorrere delle condizioni ivi previste, la documentazione già acquisita e conservata in un
apposito sistema informativo da parte di un agente che agisce come mandatario. Tale
possibilità differisce dalle opzioni di cui alle lettere b) e c), in quanto consente di fare
affidamento su documentazione nella disponibilità di un soggetto terzo. Per esercitare
validamente l’opzione è, tuttavia, necessario che l’istituzione finanziaria possa agevolmente
accedere al sistema informativo in cui è conservata la documentazione, direttamente o
previa richiesta all’agente, per potervi inserire le informazioni che ne inficiano l’affidabilità
e ottenere copia dei documenti da produrre all’Agenzia delle entrate.
Nell’articolo 8, vengono disciplinati i regimi dei fornitori terzi di servizi (comma 1)
e del sistema del sponsorizzazione (comma 2).
Il ricorso al fornitore terzo di servizi è contemplato direttamente nell'IGA Italia,
all'articolo 5, paragrafo 3, mentre il sistema di sponsorizzazione è stato mutuato dai
pertinenti Regolamenti del Dipartimento del Tesoro statunitense.
Entrambi i regimi consentono agli intermediari italiani di delegare a un altro soggetto
gli adempimenti connessi agli obblighi di due diligence di cui all’articolo 2, di
comunicazione all’Agenzia delle entrate di cui all’articolo 5, di applicazione del prelievo
alla fonte e di comunicazione tra istituzioni finanziarie di cui all’articolo 3 del decreto.
Il ricorso a uno dei predetti sistemi, tuttavia, non vale a esonerare le istituzioni
finanziarie italiane dalla responsabilità per il corretto assolvimento degli indicati obblighi.
Nonostante il fine comune di alleviare gli intermediari italiani dagli oneri gravanti
24 sugli stessi, i due regimi presentano alcune differenze.
Si osserva che al fornitore terzo di servizi possono ricorrere tutte le istituzioni
finanziarie italiane tenute alla comunicazione, mentre all’entità sponsor possono rivolgersi
esclusivamente quelle che sono entità di investimento.
Inoltre, nel sistema di sponsorizzazione, è l’entità sponsor che, oltre a registrarsi
come tale nella lista delle istituzioni finanziarie FATCA compliant tenuta dall’IRS, provvede
anche alla registrazione delle singole entità sponsorizzate. Infine, come precedentemente
chiarito, l’appartenenza a un gruppo di sponsorizzate (sponsored FI group) consente di
trattare come un unico conto finanziario (consolidated obligation) più conti intrattenuti dal
medesimo titolare presso istituzioni finanziarie facenti parte dello sponsored FI group.
L’articolo 9 detta la tempistica per l’invio delle informazioni all’Agenzia delle
entrate.
Lo scambio di informazioni regolato dall’IGA Italia prevede un incremento graduale
di dati, fino ad arrivare a uno scambio completo con riferimento all’annualità 2016.
Al comma 1 è, quindi, ripartito il timing dell’inoltro, distinguendo, per ciascuna
annualità, i dati oggetto di comunicazione elencati nell’articolo 5.
Le informazioni di cui alla lettera a), concernenti gli elementi identificativi del
titolare del conto e dell'istituzione finanziaria italiana tenuta alla comunicazione, il numero e
il saldo del conto, devono essere ottenute e scambiate con riferimento all’anno 2014.
Per le comunicazioni relative al 2015, oltre alle informazioni già fornite nell’anno
precedente, si aggiungono quelle relative a:
• nel caso di un conto di custodia, l'importo totale lordo degli interessi, dei dividendi
nonché di altri redditi generati in relazione alle attività detenute nel conto;
• nel caso di un conto di deposito, l'importo totale lordo degli interessi;
• per i conti diversi da quelli di deposito o di custodia, l’importo totale lordo pagato o
accreditato su un conto (di pertinenza del titolare) per il quale l’istituzione finanziaria
italiana è l’obbligato o il debitore. Si deve altresì segnalare l’ammontare complessivo
di eventuali pagamenti (al titolare del conto) effettuati a titolo di riscatto.
Inoltre, a partire dall'annualità 2015, gli intermediari italiani devono comunicare
l'importo complessivo dei pagamenti corrisposti a istituzioni finanziarie non partecipanti.
25 Per le comunicazioni relative al 2016 e agli anni successivi, in aggiunta alle
informazioni fornite negli anni precedenti, si segnalano per i conti di custodia:
• i controvalori lordi derivanti dalla vendita (o dal riscatto) dei beni patrimoniali pagati
o accreditati sul conto rispetto al quale l’istituzione finanziaria italiana tenuta alle
comunicazioni ha agito come custode, intermediario, intestatario o agente per il
titolare.
Il comma 2 introduce una disposizione transitoria, contenuta già nell’IGA Italia, in
virtù della quale, limitatamente ai conti preesistenti, se l’istituzione finanziaria italiana
tenuta alla comunicazione non è in possesso del codice fiscale della persona statunitense
specificata o delle persone fisiche statunitensi che esercitano il controllo su un’entità non
finanziaria estera passiva, può limitarsi a comunicare la data di nascita, ma solo in relazione
alle annualità 2014, 2015 e 2016.
Viene quindi precisato, al comma 3, che le informazioni sui conti preesistenti devono
essere inviate entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di completamento delle
procedure di due diligence secondo i termini e le modalità descritti nell'Allegato I.
L’articolo 10 introduce specifiche disposizioni con le quali viene stabilito che gli
adempimenti degli obblighi previsti nei confronti delle istituzioni finanziarie italiane tenute
alla comunicazione (RIFI) dovuti per il periodo dal 1° luglio 2014 alla data di entrata in
vigore del presente decreto ministeriale devono essere effettuati entro 30 giorni dalla data di
entrata in vigore del decreto medesimo. Inoltre, viene disposto che le apposite sanzioni
previste dall’articolo 9 della legge 18 giugno 2015, n. 95, si applicano solo qualora i
suddetti adempimenti non vengano effettuati entro il termine di 30 giorni.
La ratio sottesa a tali previsioni è quella di rispettare i principi generali in tema di
applicazione delle sanzioni amministrative previste dal citato articolo 9 della legge 18
giugno 2015, n. 95, con riferimento in particolare agli adempimenti identificativi e di
adeguata verifica che la citata legge prevede, ai sensi del comma 3 dell’articolo 5, a partire
dal 1° luglio 2014, offrendo al contempo una soluzione temporale per le attività di
adempimento da porre in essere successivamente alla data di entrata in vigore della legge
medesima e del decreto ministeriale di attuazione, in relazione al periodo durante il quale il
quadro giuridico non era ancora compiutamente definito.
26 Infatti, l’articolo 3 (Principio di legalità), comma 1, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n.
472 sulle disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative prevede al riguardo che
“nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non in forza di una legge entrata in vigore
prima della commissione della violazione”.
Pertanto, in conformità del principio generale di cui al citato articolo 3, comma 1, le
suddette disposizioni escludono la punibilità per le violazioni commesse nel periodo
considerato, e al contempo fissano un termine per gli adempimenti aventi ad oggetto
situazioni riferibili allo stesso periodo (esemplificando, conti aperti dal 1° luglio 2014 alla
data di entrata in vigore del DM). Detto termine (trenta giorni dall’entrata in vigore del DM)
ha la finalità di stabilire un periodo di adeguamento e, per così dire, di regolarizzazione per
le RIFI interessate che non hanno ancora adempiuto, rendendo sanzionabili le eventuali
violazioni soltanto qualora gli adempimenti non siano effettuati entro il predetto termine di
salvaguardia.
Il comma 3 dell’articolo 10 rimette a un provvedimento del Direttore Generale delle
finanze e del Direttore dell’Agenzia delle entrate eventuali ulteriori disposizioni concernenti
le modalità di applicazione stabilite dal decreto.
L’Allegato I al decreto disciplina le procedure di adeguata verifica che le istituzioni
finanziarie italiane devono porre in essere per determinare il FATCA status del titolare del
conto.
La Sezione I, al paragrafo A), contiene una parte definitoria, che distingue tra conti
“nuovi”, ossia aperti a partire dal 1° luglio 2014, e “preesistenti”, cioè quelli già intrattenuti
alla data del 30 giugno 2014. Questi ultimi, se di competenza di persone fisiche, sono
ulteriormente divisi in base al saldo o valore tra conti di importo non rilevante (inclusi tra
una soglia minima che eccede l’equivalente di $ 50.000 - ovvero di $250.000 per i contratti
di assicurazione e per i contratti di rendita - e una soglia massima, pari all’equivalente di
$1.000.000) e conti di importo rilevante (ossia eccedenti l’equivalente di $1.000.000).
Tali distinzioni valgono a graduare l’intensità delle procedure di adeguata verifica,
contemperando le opposte esigenze di mitigare gli oneri gravanti sulle istituzioni
finanziarie italiane e arginare il rischio di evasione da parte di contribuenti statunitensi.
27 Sono, inoltre, definite le procedure antiriciclaggio, più volte richiamate
nell’ambito della due diligence ai fini FATCA, intendendosi per tali quelle previste dal
decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, nonché dai provvedimenti della Banca
d’Italia e del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Viene, altresì, fornita un’elencazione dei documenti richiamati genericamente
nell’Allegato I come “prove documentali”, accettate nell’ambito della due diligence con
riferimento sia alle persone fisiche che alle entità.
Si tratta, in particolare, di:
a)
certificato di residenza rilasciato dalla competente Autorità fiscale del
Paese in cui il beneficiario dei pagamenti afferma di essere residente;
b)
per le persone fisiche, un valido documento rilasciato da un ente
pubblico autorizzato, contenente il nome della persona fisica e comunemente
utilizzato ai fini identificativi;
c)
per le entità, documentazione ufficiale rilasciata da un ente pubblico
autorizzato, contenente la denominazione dell’entità nonché l’indirizzo della sua sede
principale nel Paese (o Territorio degli Stati Uniti) in cui l’entità dichiara di essere
residente ovvero in cui l’entità stessa è legalmente costituita o organizzata;
d)
per i conti intrattenuti in una giurisdizione in cui si applica una
normativa antiriciclaggio approvata dall’IRS in relazione a un QI Agreement,
ciascuno dei documenti diversi dai Modelli “IRS Form W-8” o “IRS Form W-9” ai
quali fa riferimento l’allegato specifico di tale giurisdizione al QI Agreement per
l’identificazione delle persone fisiche o delle entità;
e)
bilanci, informative commerciali ai terzi, istanze di fallimento, o
relazioni alla U.S. Securities and Exchange Commission.
Il paragrafo B) della medesima Sezione I detta alcune regole generali rilevanti ai fini
della classificazione del conto finanziario.
Le Sezioni da II a V disciplinano dettagliatamente le procedure di adeguata
verifica, distinguendo a seconda che il conto sia nuovo o preesistente, nonché detenuto
da una persona fisica o da un’entità.
28 Fatta eccezione per la Sezione V, sono preliminarmente indicati i conti per i quali
non sussiste obbligo di verifica, identificazione o comunicazione.
In particolare, si tratta di:
• nel caso di conti preesistenti di persone fisiche:
-
quelli con saldo o valore pari o inferiore a $ 50.000 al 30 giugno 2014, nonché i
contratti di assicurazione per i quali è misurabile un valore maturato e i contratti
di rendita con saldo o valore pari o inferiore a $250.000 al 30 giugno 2014,
purché non divengano conti di importo rilevante al 31 dicembre del 2015 o di un
anno solare successivo;
-
contratti di assicurazione per i quali è misurabile un valore maturato e contratti di
rendita, a condizione che tali contratti non possano essere venduti a residenti degli
Stati Uniti e che, qualora detenuti da residenti in Italia, siano sottoposti ad
obblighi di comunicazione o di applicazione della ritenuta;
-
conti di deposito con un saldo o un valore pari o inferiore a $50.000;
• nel caso di nuovi conti di persone fisiche:
-
conti di deposito, a meno che il saldo non superi $50.000 al termine di un anno
solare o altro adeguato periodo di rendicontazione;
-
contratti di assicurazione per i quali è misurabile un valore maturato, a meno che
tale valore non superi $50.000 al termine di un anno solare o altro adeguato
periodo di rendicontazione;
• nel caso di conti preesistenti di entità: conti il cui saldo o valore non sia superiore a
$250.000 al 30 giugno 2014, sempreché detto saldo non superi $1.000.000.
Al riguardo, si ricorda che l’istituzione finanziaria italiana può avvalersi della facoltà
di cui all’articolo 7, comma 1, lettera a), del decreto, e decidere di espletare le procedure
di adeguata verifica su tutti i conti, indipendentemente dalle predette soglie ed
esclusioni.
La Sezione II riguarda i conti preesistenti di persone fisiche.
Per i conti di importo non rilevante di cui al paragrafo B, l’istituzione finanziaria
italiana verifica i dati rintracciabili elettronicamente conservati nei propri archivi, al fine
di individuare gli eventuali indizi di presenza di conti statunitensi (U.S. indicia), elencati
29 al numero 1 (si tratta di: status di cittadino o residente USA del titolare del conto, luogo
di nascita negli USA del titolare, indirizzo di residenza o indirizzo postale in USA del
titolare, numero di telefono USA del titolare, ordini di bonifico permanente a favore di
un altro conto mantenuto negli USA, indirizzo “c/o” oppure di fermo posta quale unico
recapito, procura o potestà di firma sul conto concessa a un soggetto con indirizzo negli
USA).
Se dalla ricerca elettronica non emerge alcun indizio statunitense, l’istituzione
finanziaria italiana non è tenuta ad effettuare ulteriori interventi, fino al momento in cui
si verifichi un mutamento di circostanze dal quale risultino uno o più indizi statunitensi.
Viceversa, se la ricerca elettronica fa emergere U.S. indicia, l’istituzione
finanziaria italiana deve comunicare i dati del conto, tranne che in presenza di specifiche
circostanze esimenti, elencate al numero 4, che variano a seconda della gravità
dell’indizio riscontrato.
Questa verifica ulteriore si caratterizza per l'abbinamento tra i singoli U.S. indicia
riscontrati e la documentazione atta a confutarne la validità, già analiticamente
individuata nell'Allegato I all'IGA Italia.
Tuttavia, in aggiunta a quanto stabilito nell'IGA Italia, l'Allegato I al decreto, alla
lettera a) del numero 4), prevede che, qualora dalla ricerca negli archivi elettronici il
titolare del conto sia identificato come cittadino o residente statunitense, l'intermediario
italiano può non considerare il conto come oggetto di comunicazione se acquisisce:
• un’autocertificazione attestante che il titolare del conto non è cittadino statunitense
né fiscalmente residente negli Stati Uniti;
• un valido documento rilasciato da un ente pubblico autorizzato che viene
comunemente utilizzato ai fini identificativi da cui risulti la cittadinanza in un Paese
diverso dagli Stati Uniti.
Tale ultima previsione è stata inserita nel decreto in conformità ai pertinenti
Regolamenti del Dipartimento del Tesoro statunitense che la prevedono espressamente.
In sostanza, in un’ottica di semplificazione operativa, per i conti di importo non
rilevante, la procedura è incentrata sulla ricerca negli archivi elettronici, ossia su
informazioni già nella disponibilità delle istituzioni finanziarie italiane.
30 In presenza di conti di importo rilevante, invece, viene prevista, al paragrafo D
della medesima Sezione II, una procedura di verifica rafforzata, in considerazione della
maggiore entità del rischio di evasione da parte di contribuenti statunitensi.
Come per i conti di importo non rilevante, l’intermediario avvia la procedura con
la ricerca nei propri archivi elettronici di eventuali indizi statunitensi. Se il data base
dell’intermediario contiene tutti i dati necessari a individuare gli U.S indicia, non è
prevista alcuna ulteriore ricerca.
In caso di insufficienza dei campi necessari per l’individuazione di indizi
statunitensi, l’intermediario deve verificare anche i documenti cartacei contenuti
nell’anagrafica principale aggiornata del cliente. La ricerca cartacea ricomprende,
altresì, gli ulteriori documenti associati al conto e acquisiti dall’intermediario nel corso
degli ultimi cinque anni, se non già presenti in anagrafica (ad esempio, i documenti per
l’apertura del conto, la documentazione acquisita ai fini antiriciclaggio, eventuali
procure o potestà di firma tuttora valide, eventuali ordini di bonifico permanente
attualmente operanti).
Se l’intermediario gestisce i conti di importo rilevante assegnandoli ad un
responsabile del rapporto (“relationship manager”), oltre ad eseguire la ricerca negli
archivi elettronici e in quelli cartacei, deve verificare se tale responsabile è a conoscenza
del fatto che il titolare del conto è una persona statunitense. In caso positivo, tale conto e
quelli ad esso collegati devono essere comunicati.
Con esclusione dei conti di deposito con saldo o valore pari o inferiore a $50.000,
i conti preesistenti di persone fisiche, di importo rilevante e di importo non rilevante,
identificati come conti statunitensi oggetto di comunicazione si considerano tali per tutte
le annualità successive, a meno che il titolare del conto non cessi di essere una persona
statunitense specificata.
Analogamente, qualora su un conto preesistente di persona fisica, a prescindere
dall’importo, si verifichi un cambiamento di circostanze a seguito del quale si associano
al conto stesso uno o più dei predetti U.S. Indicia, l'istituzione finanziaria italiana
considera tale conto finanziario come conto statunitense oggetto di comunicazione a
31 meno che non scelga di applicare la procedura di cui al numero 4, paragrafo B, della
Sezione in esame.
La due diligence dei conti preesistenti di persone fisiche deve essere completata
entro il 30 giugno 2016 se di importo non rilevante, mentre la data ultima è anticipata al
30 giugno 2015 se di importo rilevante.
Per quanto concerne i nuovi conti di persone fisiche, a cui è dedicata la Sezione
III, l’istituzione finanziaria italiana è tenuta ad acquisire un’autocertificazione per
stabilire se il titolare del conto è una persona statunitense specificata. In alternativa, è
possibile acquisire un certificato di residenza rilasciato dalla competente autorità fiscale,
ovvero un valido documento rilasciato da un ente pubblico autorizzato che viene
comunemente utilizzato a fini identificativi (ad esempio, la carta di identità rilasciata dal
Comune di residenza nel caso di cittadini italiani). Tale ulteriore documentazione, pur
non essendo prevista nell’Allegato I all’IGA Italia, è stata mutuata dai Regolamenti del
Dipartimento del Tesoro statunitense, al fine di agevolare l’attribuzione del FATCA
status da parte delle istituzioni finanziarie italiane.
I documenti acquisiti non vengono assunti acriticamente, ma deve esserne
verificata la coerenza con le informazioni raccolte per l’apertura del conto, ivi compresa
la documentazione richiesta ai fini della normativa antiriciclaggio.
Se dalla procedura descritta risulta che il titolare del conto è un soggetto
fiscalmente residente negli Stati Uniti, l’istituzione finanziaria italiana deve comunicare
tale conto e acquisire dal titolare un’autocertificazione che comprende il codice fiscale
(TIN) degli Stati Uniti.
Qualora dovessero emergere circostanze nuove che inducano l’intermediario a
ritenere che l’autocertificazione originale sia inesatta o inattendibile, sarà necessario
acquisire un’altra valida autocertificazione, dalla quale risulti che il titolare del conto è
un cittadino statunitense o un soggetto fiscalmente residente negli Stati Uniti. In
mancanza di valida autocertificazione, l’intermediario comunicherà le informazioni sul
conto, in quanto statunitense.
Per i conti preesistenti di entità, disciplinati nella Sezione IV, la verifica è volta a
determinare se il conto sia detenuto da una o più persone statunitensi specificate, da
32 entità non finanziarie estere passive controllate da uno o più soggetti statunitensi
specificati, da istituzioni finanziarie non partecipanti. La verifica si fonda sulle
informazioni relative ai clienti già acquisite dalle istituzioni finanziarie in virtù di
disposizioni di legge (incluse le informazioni raccolte in base alla normativa
antiriciclaggio) o in ragione dei rapporti commerciali con la clientela.
L’istituzione finanziaria comunica i dati di un conto se dalla verifica risulta che
l’entità titolare del conto è un soggetto statunitense specificato, a meno che l’istituzione
non determini un diverso status in base a un’autocertificazione rilasciata dal titolare o
informazioni in possesso dell’istituzione o disponibili pubblicamente.
Se l’entità titolare del conto non è un soggetto statunitense, occorre stabilire se il
titolare è un’altra istituzione finanziaria, distinguendo fra tre categorie: istituzione
finanziaria italiana, istituzione finanziaria di una giurisdizione partner, istituzione
finanziaria non partecipante. I dati del conto sono comunicati solo se il titolare è
un’istituzione finanziaria non partecipante; in tal caso la comunicazione dei dati avviene
in forma aggregata. Detta comunicazione non è dovuta se l’intermediario italiano ottiene
dal titolare del conto un’autocertificazione (anche su Modello “IRS Form W-8” o
modelli similari) dalla quale risulti che il titolare è un’istituzione finanziaria estera
certificata adempiente (Certified deemed-compliant) o un beneficiario effettivo esente
(Exempt beneficial owner).
Qualora il titolare del conto non sia né un soggetto statunitense né un'istituzione
finanziaria, l’intermediario considera il titolare quale entità non finanziaria estera e deve
distinguere a seconda che si tratti di un’entità attiva o passiva. Solo se l’entità è passiva
e i soggetti controllanti sono dei soggetti statunitensi specificati, il conto deve essere
comunicato. L’intermediario effettua tale verifica sulla natura attiva o passiva dell’entità
attraverso vari sistemi, tra cui: l’autocertificazione da parte del titolare del conto; le
informazioni a propria disposizione in ragione dei rapporti commerciali con il cliente e
degli obblighi antiriciclaggio; le informazioni pubblicamente disponibili.
In ogni caso, qualora un’istituzione finanziaria italiana venga a conoscenza o
abbia ragione di ritenere che, per sopravvenute circostanze, l’autocertificazione o altra
documentazione acquisita in relazione al conto sia inesatta o inattendibile, tale
33 istituzione finanziaria è tenuta a rideterminare lo status del conto secondo le procedure
sopra descritte.
La lettera F della Sezione IV prevede, inoltre, una procedura alternativa di due
diligence, basata sulle informazioni elaborate dai sistemi standardizzati di codificazione
industriale e contenute negli archivi dell'istituzione finanziaria italiana.
La due diligence dei conti preesistenti di entità deve essere conclusa entro il 30
giugno 2016. Inoltre, le istituzioni finanziarie italiane effettuano le procedure di verifica
dei conti preesistenti di entità con saldo o valore che non superi $250.000 al 30 giugno
2014, ma che superi $1.000.000 al 31 dicembre del 2015 o di un anno solare successivo,
entro i sei mesi successivi alla fine dell’anno solare in cui detto saldo o valore supera
$1.000.000
Per i nuovi conti di entità, a cui è dedicata la Sezione V, le istituzioni finanziarie
italiane devono determinare lo status del titolare del conto, distinguendo tra: i) soggetto
statunitense specificato, ii) istituzione finanziaria italiana o istituzione finanziaria di una
giurisdizione partner, iii) istituzione finanziaria partecipante, istituzione finanziaria
considerata adempiente o beneficiario effettivo esente, iv) entità non finanziaria estera
attiva o passiva.
Se dai dati pubblicamente disponibili o in possesso dell’istituzione finanziaria
italiana risulta che il titolare del conto è un’entità non finanziaria estera attiva,
un’istituzione finanziaria italiana o un’istituzione finanziaria di una giurisdizione
partner, nessun altro adempimento è richiesto. Negli altri casi, l’intermediario italiano
deve ottenere dal titolare del conto un’autocertificazione che inquadri lo status del
titolare in una delle rimanenti categorie sopra descritte nei punti da i) a iv).
La Sezione VI, infine, fornisce alcune regole supplementari che le istituzioni
finanziarie italiane devono applicare nell’espletamento delle procedure di due
diligence.
Ai numeri 1) e 2), vengono stabilite le modalità di aggregazione dei saldi o
valori dei conti detenuti presso un’istituzione finanziaria italiana da una persona fisica
o da un’entità. L’aggregazione è estesa a tutti i conti intrattenuti dal medesimo
soggetto presso l’intermediario e presso entità facenti parte del medesimo expanded
34 affiliated group o sponsored FI group, ma solo nella misura in cui i sistemi informatici
dell’intermediario consentano -
attraverso un codice identificativo unico (codice
fiscale, numero cliente, o altro codice) - di effettuare detto collegamento. Per
determinare se un conto sia di importo rilevante (superiore al controvalore di $
1.000.000) attraverso le regole di aggregazione, l’intermediario deve altresì richiedere
le informazioni in possesso dell’eventuale responsabile del rapporto per verificare se
uno o più conti siano riferibili direttamente o indirettamente allo stesso soggetto.
Inoltre, il numero 3) prevede che, nel caso in cui i conti siano denominati in una
valuta differente dal dollaro statunitense, per determinarne il saldo o valore ai fini della
soglie, l’istituzione finanziaria italiana procede alla conversione in tale valuta
utilizzando il tasso di cambio a pronti pubblicato, fissato all’ultimo giorno dell’anno
solare precedente l’anno in cui determina tale saldo o valore.
Il numero 4) chiarisce che la validità delle prove documentali, di cui alla
precedente Sezione I, e delle autocertificazioni rilasciate dal titolare del conto ha durata
illimitata, salvo che intervenga un mutamento delle circostanze tale da incidere sul
FATCA status.
Il numero 5) riguarda la particolare ipotesi in cui l’istituzione finanziaria italiana
acquisisca conti finanziari in conseguenza di operazioni di fusione o che comportano
l’acquisizione in massa di conti. Laddove il dante causa sia un’altra istituzione
finanziaria italiana tenuta alla comunicazione, un’istituzione finanziaria estera
comunque obbligata al reporting, o un sostituto d’imposta statunitense, che abbiano già
eseguito la due diligence, l’istituzione finanziaria che acquisisce i conti può ritenere
valido lo status dei titolari assegnato dal suo predecessore per un periodo di sei mesi.
Decorso tale periodo, se non confutato da adeguata documentazione, lo status attribuito
dall’istituzione finanziaria dante causa si consolida.
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