Prevenzione Brescia. 10 anni di screening oncologico

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Prevenzione Brescia. 10 anni di screening oncologico
DIREZIONE GENERALE
SERVIZIO ATTIVITA’ SPERIMENTALI E MALATTIE RARE
U.O. Comunicazione
viale Duca degli Abruzzi, 15 – 25124 Brescia
Tel. 030/3838315 Fax 030/3838280
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CONFERENZA STAMPA
Presentazione del convegno “Prevenzione Brescia. 10 anni di
screening oncologico” – 19 gennaio 2015
L’ASL di Brescia organizza il convegno “Prevenzione Brescia. 10 anni di
screening oncologico”, che rappresenta un appuntamento particolarmente
importante per tutti gli operatori impegnati in questo settore della sanità
pubblica. I 10 anni di attività svolta sul territorio confermano la crescita e
il consolidamento dei programmi di screening oncologico, grazie anche ad
una progressiva acquisizione di consapevolezza da parte della comunità
sanitaria, alla attività di supporto che la rete creata ha saputo fornire.
L’offerta dell’intervento di prevenzione per il tumore alla mammella, al
collo dell’utero e al colon-retto è, negli anni, globalmente incrementata. Al
di là dei risultati raggiunti, nel convegno del 19 gennaio ci si soffermerà su
alcune tematiche, come l’impatto dello screening sulla mortalità e le altre
conoscenze in ambito epidemiologico, le esperienze di operatori e assistiti,
il dibattito in corso nel mondo scientifico e le innovazioni tecnologiche. Il
convegno sarà anche occasione per presentare i risultati raggiunti e dare
massima visibilità al lavoro che viene svolto quotidianamente dagli
operatori coinvolti in questo complesso percorso di sanità pubblica.
Il Convegno rappresenta, inoltre, la prima occasione di confronto e
dibattito fra coloro che, a vario titolo, contribuiscono alla realizzazione dei
tre programmi di screening nella provincia di Brescia.
Il convegno sull’attività di screening è organizzato dall’ASL di Brescia, con
il sostegno della Fondazione Berlucchi.
I programmi di screening oncologici organizzati
Per combattere i tumori esistono due strategie principali:
1. prevenirne la comparsa, adottando uno stile di vita sano
(prevenzione primaria),
2. diagnosticare la malattia il più precocemente possibile, prima che si
manifesti a livello clinico (prevenzione secondaria).
I programmi di screening organizzati si propongono di ridurre la mortalità
per specifici tumori nella popolazione che si sottopone regolarmente ai
controlli. Un test di screening è un esame che consente di individuare in
fase iniziale un tumore in persone asintomatiche; in alcuni casi, lo
screening riesce a evitare l’insorgenza del tumore; quando questo non è
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possibile, la diagnosi precoce consente comunque di effettuare interventi
più efficaci e poco invasivi: lo screening pertanto può modificare la storia
naturale di alcuni tumori. Un programma di screening organizzato è un
processo complesso che si rivolge a una popolazione asintomatica che
viene invitata ad intervalli regolari a sottoporsi al test di screening. In tale
contesto il test ha un ruolo orientativo, dicotomico, distinguendo i soggetti
esaminati in positivi e negativi. Il test discrimina fra persone sane, che
verranno invitate alla ripetizione periodica, e persone potenzialmente a
rischio di essere affette dalla malattia, alle quali il programma assicura gli
accertamenti diagnostici di approfondimento e l’eventuale trattamento,
quando necessario.
I programmi di screening si sono dimostrati efficaci per i tumori della
mammella, della cervice uterina, del colon retto. L’attivazione di
programmi di screening per questi tre tumori è quindi sostenuta sia a
livello nazionale che internazionale.
I programmi di screening oncologico nell’ASL di Brescia
A livello europeo, nazionale e regionale sono state elaborate
raccomandazioni per la pianificazione e la realizzazione degli screening
oncologici, oltre a protocolli per la loro esecuzione. Per ottemperare a tali
indicazioni, l’ASL di Brescia si è impegnata dal 2004 nelle campagne di
prevenzione oncologica e gestisce, in collaborazione con le Aziende
Ospedaliere del territorio dell’ASL di Brescia, i programmi di screening per
la prevenzione dei tumori di cervice, colon-retto e mammella. L’attività è
regolata da protocolli condivisi fra i diversi servizi coinvolti per la gestione
omogenea dei test di screening e degli approfondimenti diagnostici. Nella
realizzazione dei tre programmi sono coinvolti i Servizi di Anatomia
Patologica, Servizi di Endoscopia Digestiva, i Reparti di Ginecologia con i
Servizi di Colposcopia e i Servizi di Radiologia. Esiste una collaborazione
stabile con i Medici di Medicina Generale, soprattutto per la realizzazione
dello screening del colonretto attraverso i colloqui per i casi positivi e per
la programmazione degli approfondimenti diagnostici. Un contributo
fondamentale per il programma di screening del colon retto è svolto dai
farmacisti che partecipano con la consegna ed il ritiro del materiale
utilizzato per il test di screening.
L’ASL ha un ruolo di controllo e di organizzazione. A tale scopo è stato
istituito, all’interno del Dipartimento di Prevenzione, un Centro Screening i
cui operatori si occupano della gestione di un call center dedicato, dei
rapporti con le altre strutture partecipanti, della programmazione degli
inviti di primo e secondo livello e della elaborazione dei risultati. Il Centro
Screening collabora con Registro Tumori e Osservatorio Epidemiologico
dell’ASL.
Anche i Distretti Socio Sanitari partecipano attivamente, sia per lo
screening del colon retto sia per lo screening della cervice. L’ esecuzione
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dei pap test è garantita dalle Ostetriche dei consultori che curano anche i
colloqui con le donne richiamate per la ripetizione del test e per gli
approfondimenti di secondo livello dei casi positivi.
Nella tabella seguente viene presentata la popolazione target per i
programmi di screening oncologici dell’ASL di Brescia (ISTAT 2014).
Popolazione target dell’ASL di Brescia ISTAT 2014 – totale 1.170.501
Screening
Screening
Screening colon
cervice (ogni mammografico retto (ogni due anni)
tre anni)
(ogni due anni)
Donne
Donne
Donne
25-64 anni
50-69 anni
50-69 anni
e
Uomini
50-69 anni
Popolazione
target
per
round
di
screening oncologici
318.825
147.579
Totale:
292948 di cui
Donne: 147.579
Uomini: 145.369
Popolazione
invito/anno
per
106.275
73.789
Totale: 146473
di cui
Donne: 73.789
Uomini: 72.684
IL TUMORE DEL COLONRETTO
In Italia, così come in molti Paesi occidentali, il tumore del colonretto
(neoplasia che insorge nell’ultima parte dell’intestino), rappresenta un
rilevante problema sanitario. Si tratta di una forma di cancro che si
manifesta raramente prima dei 40 anni e colpisce più frequentemente
dopo i 60 anni. Rappresenta il 14% di tutti i tumori diagnosticati (sia negli
uomini, dopo prostata e polmone, che nelle donne, dopo mammella). Il
rischio cumulativo di malattia è pari a 1 su 10 negli uomini e 1 su 17 nelle
donne. Si contano circa 52 mila nuove diagnosi ogni anno, circa 30.000
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nuovi casi diagnosticati tra gli uomini e circa 22.000 tra le donne; si
registrano inoltre circa 20 mila decessi all’anno: seconda causa di morte
negli uomini (età 50 +) e seconda (età 70+) e terza (età 50-69) nelle
donne. Il tumore origina quasi sempre da polipi che impiegano un tempo
variabile dai 7 ai 15 anni per degenerare in tumori veri e propri. Molto
spesso i polipi, ma anche i tumori del colon-retto, non danno alcun
disturbo per anni. Uno dei segni precoci della presenza di un polipo o di un
tumore del colon-retto, anche nelle sue prime fasi di sviluppo, è il
sanguinamento non visibile ad occhio nudo.
Lo screening ha come obiettivo l’identificazione in fase precoce delle forme
neoplastiche invasive. Il test proposto per la diagnosi precoce del tumore
del colonretto consiste nella ricerca nelle feci di sangue non visibile a
occhio nudo. In caso di esame delle feci positivo viene offerta la possibilità
di eseguire un esame di II livello rappresentato dalla colonscopia. Nel
corso di questa indagine è possibile eseguire la rimozione terapeutica dei
polipi adenomatosi. L’intervento chirurgico si rende necessario solo in
presenza di polipi di grosse dimensioni, oppure di tumori.
Lo screening modifica la storia naturale della malattia impedendo la
possibile progressione da adenoma a cancro. Il 95-96% delle persone che
eseguono il test ha un esito negativo. Il 4-5% ha invece un risultato
positivo (il test registra la presenza di sangue nelle feci). Nel 60-70% dei
casi la presenza di sangue non significa presenza di polipo o di lesione
tumorale (il sanguinamento può essere dovuto anche ad altre cause,
come ragadi, emorroidi o diverticoli).
Screening per il tumore del colonretto a Brescia
Nell’ambito del programma di screening organizzato per la prevenzione del
tumore del colonretto, ogni anno vengono invitati circa 125.000 uomini e
donne di età compresa fra 50 e 69 anni all’esecuzione del test di screening
per la ricerca del sangue occulto nelle feci (FOBT).
L’adesione corretta allo screening del colonretto nell’ASL di Brescia oscilla
fra il 55 ed il 60% a seconda degli anni. Il tasso di approfondimento
diagnostico globale è mediamente del 4%. Ogni anno circa 2800 persone
vengono invitate ad eseguire l’esame di approfondimento di II livello
(colonscopia) perché il test di screening di I livello è risultato positivo.
L’adesione agli approfondimenti è di circa il 90%. Vengono identificati
circa 550 adenomi a basso rischio che sono asportati nel corso della
colonscopia diagnostica, e circa 600 adenomi ad alto rischio; anche in
questi casi la quasi totalità viene asportata nel corso della colonscopia. Il
programma di screening garantisce i richiami e i controlli negli anni
successivi. Ogni anno vengono identificati circa 85-90 cancri (media ultimi
5 anni: 88).
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Lo screening per la prevenzione del tumore del colonretto è stato avviato
nel 2005 nei Distretti del Garda e di Brescia e poi esteso progressivamente
a tutto il territorio dell’ASL di Brescia.
L’ASL invita uomini e donne di età compresa fra 50 e 69 anni residenti ad
eseguire, ogni 2 anni, un test per la ricerca del sangue occulto fecale di
tipo immunochimico (FOBT).
Il programma di screening prevede che dopo un test positivo per la
presenza di sangue venga eseguito un approfondimento con una
colonscopia (o con altri esami radiologici in caso di impossibilità di
esecuzione della colonscopia). La colonscopia e gli altri esami di
approfondimento sono gratuiti e vengono prenotati dagli operatori
dell’ASL.
L’intervento chirurgico si rende necessario solo in presenza di polipi di
grosse dimensioni oppure di tumori.
Come ogni altro esame, anche il test per la ricerca del sangue nelle feci,
ha dei limiti: non tutti i polipi o i tumori in fase iniziale si manifestano con
sanguinamento e dunque l’assenza di sangue al momento del test non
fornisce una sicurezza assoluta sull’assenza di polipi o lesioni tumorali; il
sanguinamento può essere intermittente e quindi non rilevabile con
certezza al momento del test.
Per questi motivi è molto importante ripetere il test di screening ogni due
anni, così come prevede il programma.
La ricerca dei Cancri Intervallo (CI) è uno degli strumenti più efficaci per
la valutazione della performance dei programmi di screening e per il
miglioramento della qualità del percorso diagnostico. Dal 2014 Regione
Lombardia ha inserito il monitoraggio dei CI del colonretto, fra gli obiettivi
regionali per la valutazione del programma: l’analisi dei dati evidenzia un
risultato ampiamente inferiore agli standard attualmente in uso. In
particolare, sono stati identificati complessivamente 35 casi di CI nella
popolazione aderente allo screening con esito negativo del test di I livello:
10 nel primo anno e 25 nel secondo con un’incidenza proporzionale
rispettivamente del 10.7% e 27.7% (standard Osservatorio Nazionale
Screening <20% e <40%).
IL TUMORE DELLA MAMMELLA
In tutto il mondo il carcinoma della mammella rappresenta il tumore più
frequente nella popolazione femminile, sia per incidenza sia per mortalità.
La probabilità di ammalarsi aumenta progressivamente con l’età. Nel 2014
in Italia sono stati diagnosticati circa 48.000 nuovi casi; il rischio
cumulativo di ammalarsi è di 1 donna su 8; rappresenta inoltre la prima
causa di morte per tumore nelle donne (circa 12.000 decessi nel 2013). Il
rischio di morire per questo tumore nel corso della vita è di 1 donna su 32
e la sopravvivenza relativa a 5 anni è dell’ 87%.
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I dati nazionali ed internazionali hanno dimostrato l’efficacia dei
programmi di prevenzione secondaria. Per le donne che partecipano ad un
programma di screening organizzato, con una mammografia ogni 2 anni
fra i 50 e i 69 anni, è dimostrata una riduzione della mortalità che può
arrivare fino al 50%. L’obiettivo principale dei programmi di screening è
diminuire la mortalità specifica per cancro della mammella nella
popolazione
invitata
ad
effettuare
controlli
periodici.
Grazie
all’anticipazione diagnostica non solo si possono ridurre i tassi di malattia
diagnosticata in fase avanzata, ma si può decisamente migliorare la
qualità di vita delle donne favorendo la diffusione di trattamenti di tipo
conservativo.
Screening per il tumore della mammella a Brescia
Nell’ambito del programma di screening organizzato per la prevenzione del
tumore della mammella, ogni anno vengono invitate circa 70.000 donne di
età compresa fra 50 e 69 anni all’esecuzione di una mammografia.
L’adesione corretta per lo screening mammografico si è attestata al 62%.
Il tasso di approfondimento diagnostico è mediamente del 7%: ogni anno
vengono invitate ad eseguire esami di approfondimento, dopo una
mammografia sospetta, circa 3000 donne; fra queste circa 220 avranno
una diagnosi di tumore maligno.
Il programma di screening per la prevenzione del tumore della mammella
è iniziato nel 1988 nei Distretti 1, 2 e 3 con successiva estensione a tutto
il territorio dell’ASL di Brescia entro il 2004. L'attività dello screening
mammografico dell'anno 2012 è stata caratterizzata da un cambiamento
organizzativo importante: gli inviti per l'esecuzione della mammografia
non riportano più un appuntamento prefissato con data, ora e centro
specifico, ma sono “buoni voucher” con indicati i riferimenti telefonici ed i
dati relativi alla modalità di prenotazione dei
centri radiologici
convenzionati. La donna che riceve l’invito deve pertanto contattare il
centro prescelto per fissare l’appuntamento. I centri radiologici
convenzionati con lo screening sono attualmente A.O. Spedali Civili
(Centro Prevenzione Tumori della Mammella Via Marconi, radiologie di
Montichiari e Gardone Val Trompia), A.O. Desenzano del Garda (radiologie
di Desenzano, Leno e Salò), A.O. M. Mellini (radiologie di Orzinuovi, Chiari
e Iseo), Fondazione Poliambulanza, Istituto Clinico Città di Brescia, Istituto
Clinico S. Anna, Istituto Clinico S. Rocco, Casa di Cura Privata Villa
Gemma. L’ASL invita le donne di età compresa fra 50 e 69 anni residenti
in provincia di Brescia ad eseguire l’esame di screening ogni 2 anni.
La ricerca dei Cancri Intervallo (CI) è utilizzato per la valutazione della
performance del programma di screening e per il miglioramento della
qualità della lettura mammografica. Negli ultimi tre anni si sono identificati
i casi di CI relativi all’attività del 2008, 2009 e 2010: alle conclusioni di tali
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analisi risulta che in tutti e tre gli anni esaminati l’incidenza proporzionale
dei casi di CI è ampiamente inferiore ai parametri indicati come standard
accettabili dalle Linee Guida Europee, con una sensibilità del programma
superiore al 70%. Grazie al contributo di radiologi esperti operanti nelle
strutture convenzionate al programma di screening, è stata effettuata la
revisione radiologica di alcuni di questi casi, e la proporzione dei casi
considerati come “errori di screening” risulta inferiore al 20% indicato
dalle Linee Guida Europee.
IL TUMORE DEL COLLO DELL’UTERO
A livello mondiale il tumore del collo dell’utero è il secondo tumore
maligno della donna, dopo il tumore della mammella. Esistono rilevanti
differenze geografiche di incidenza, legate soprattutto alla diversa
diffusione di programmi di screening organizzati per la sua prevenzione. I
cancri invasivi diminuiscono nei paesi industrializzati e aumentano nei
Paesi in via di sviluppo, dove si verificano l’80% dei casi. Sia l’incidenza
che la mortalità hanno mostrano una riduzione nel corso del tempo. In
Italia ogni anno vengono diagnosticati circa 2.200 nuovi casi.
Il rischio cumulativo di ammalarsi è 1 donna su 163. Il tasso
standardizzato è di 7,7/100.000 (trenta anni fa era stimata superiore a 20
su 100.000). Si verificano circa 1000 decessi all’anno (negli ultimi
vent’anni la mortalità per tumore dell’utero corpo e collo è diminuita di
oltre il 50%, soprattutto per quanto riguarda il cervicocarcinoma). La
sopravvivenza relativa a 5 anni dopo diagnosi di tumore della cervice
uterina è 67% (64% degli anni 90-94).
Il tumore della cervice uterina è stato il primo cancro a essere riconosciuto
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come totalmente riconducibile a
un’infezione. Il carcinoma della cervice è infatti causato dall’infezione
genitale da virus del papilloma umano (Hpv, dall’inglese Human papilloma
virus). L’infezione da Hpv si trasmette soprattutto attraverso rapporti
sessuali.
L’infezione da Hpv è molto frequente: si stima infatti che circa l’80% delle
donne sessualmente attive si infetti almeno una volta nel corso della vita
con un virus Hpv, con un picco di prevalenza nelle giovani donne fino a 25
anni di età. La maggior parte (70-90%) delle infezioni da papillomavirus è
transitoria, perché il virus viene eliminato dal sistema immunitario prima
di produrre una lesione. L’infezione regredisce spontaneamente in un anno
nel 50% circa dei casi e in due anni nell’80% circa dei casi.
Lo sviluppo del carcinoma cervicale è l’esito raro di un’infezione molto
frequente. E’ un processo molto lento perché occorrono molti anni perché
una lesione pretumorale si trasformi in una forma invasiva. La lentezza del
processo consente di individuare precocemente e di trattare le lesioni
intraepiteliali dovute a infezione HPV persistente che può portare al cancro
attraverso trasformazioni cellulari identificabili con il pap test.
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Per questo, la prevenzione del carcinoma è basata su programmi di
screening, che consentono di identificare le lesioni precancerose e di
intervenire prima che evolvano in carcinoma. Il pap test viene proposto
ogni tre anni alle donne di età compresa fra 25 e 64 anni. Riesce a
riconoscere la malattia anche quando non ci sono sintomi, e può
individuare quelle lesioni che non sono ancora un tumore ma lo
potrebbero diventare. Se si rende necessario un intervento diventa quindi
possibile utilizzare terapie semplici, poco traumatiche e che offrono
maggiori probabilità di guarigione e di avere la vita salvata.
Tra le donne italiane che aderiscono allo screening, il tasso di
individuazione di lesioni medio-gravi è pari a circa 3,4 ogni 1.000 donne
sottoposte a screening.
Screening per il tumore del collo dell’utero a Brescia
Nell’ambito del programma di screening organizzato per la prevenzione del
tumore della cervice uterina, ogni anno vengono invitate mediamente
circa 95.000 donne di età compresa fra 25 e 64 anni all’esecuzione del
test di screening rappresentato dal pap test.
L’adesione corretta allo screening citologico nel 2013 è stata del 56%. Il
tasso di approfondimento diagnostico globale è mediamente del 3%. Negli
ultimi tre anni circa 1600 donne vengono invitate all’esecuzione di
approfondimenti diagnostici di II livello (colposcopia) perché il pap test ha
identificato delle anomalie, perlopiù lesioni preneoplastiche. L’adesione
agli approfondimenti è del 95% circa. Vengono eseguiti circa 280-300
interventi che consistono, salvo rare eccezioni, in interventi di tipo
conservativo. Il programma di screening garantisce i richiami e i controlli
negli anni successivi fino al ritorno al pap test triennale.
Lo screening per la prevenzione del tumore del collo dell’utero è stato
avviato nel maggio 2004, inizialmente nei distretti 2 e 3; entro il 2008 è
stato attivato su tutto il territorio dell’ASL di Brescia.
L’ASL invita le donne di età compresa fra 25 e 64 anni residenti in
provincia di Brescia ad eseguire l’esame di screening ogni 3 anni.
Il Pap-test, come tutti gli esami, non è un test perfetto e presenta dei
limiti. In alcuni casi può accadere che il risultato del Pap-test faccia
sospettare una anormalità pretumorale o tumorale, la cui presenza viene
successivamente esclusa da ulteriori accertamenti. In altri casi può
succedere che, nonostante il Pap-test non abbia rilevato nulla di
patologico, un tumore invasivo possa svilupparsi lo stesso. Questi casi
sono molto rari e sono dovuti generalmente a tumori con caratteristiche
non rilevabili da questo esame.
16.01.2015 Ufficio Stampa ASL Brescia
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