capitolo iii - Affari Italiani
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capitolo iii - Affari Italiani
CAPITOLO III AFFARI DI CASTA E DI MAFIA SORPRESA! SUL CARROCCIO CI SONO LE ‘NDRINE La mafia va dove vanno i denari, e i soldi oggi sono soprattutto dentro lo Stato esattore. E allora la mafia – e la camorra, e la ‘ndrangheta – s’insinua nello Stato a tutti i livelli. S’infiltra nei partiti. Alle ultime elezioni, ha votato e fatto votare Forza Italia e Alleanza Nazionale, almeno in alcune zone della Sicilia, della Campania e della Calabria, le più compromesse. Questa è sempre stata una mia profonda convinzione politica: da quando è nato il partito di Berlusconi, da quando An ha cominciato a raccogliere l’eredità dei settori meno presentabili della Dc, io ho sempre ripetuto che quei due partiti sono la punta della chiave del Sud mafioso puntata sulla serratura della cassaforte del Nord. Fate uno sforzo di memoria, provando a ricordare chi ha detto queste cose, certamente non tenere nei confronti di Berlusconi. Marco Travaglio? No! Antonio Ingroia? Sbagliato! Gian Antonio Stella? No, non c’entra! Un magistrato che ha chiesto l’anonimato? No! A mettere nero su bianco quest’analisi è stato, nel non lontano 1995, Umberto Bossi, autore assieme a Daniele Vimercati di “Tutta la verità”. Una storia partorita all’indomani della caduta del governo Berlusconi, che ha per sfondo una partita a scacchi giocata tra la Lega (il bianco) e il regime (il nero). Un racconto intriso di suggestioni, metafore e stereotipi, con un capitolo interamente dedicato al Mezzogiorno e alle infiltrazioni della criminalità organizzata in politica. Non immaginando che, meno di 20 anni dopo, sarebbe stato lui a dover fare i conti con le infiltrazioni mafiose nel suo partito. In quel periodo, che per la Lega coincide con l’inizio della fase di isolazionismo destinato a terminare nel 2000, prima delle politiche del 2001, Bossi non immaginava che la ‘ndrangheta avesse già dato inizio al processo di penetrazione nell’economia del Nord. In Lombardia, in particolare. Ma cercando sponde in Veneto e Piemonte. Capitolo III – AFFARI DI CASTA E DI MAFIA 85 Tra gli anni Settanta e Novanta, quando il Senatùr e Maroni non avevano ancora un partito, le ‘ndrine erano le più attive nell’industria dei sequestri, con un giro d’affari di poco inferiore ai 400 miliardi e la partecipazione diretta o indiretta a 207 dei 576 sequestri di persona messi a segno in Italia dal 1970 all’inizio del 1986.1 In quegli stessi anni ha inizio la lenta e silenziosa occupazione delle istituzioni lombarde da parte dei colletti bianchi dell’anonima calabrese. Omertà e insospettabili complicità getteranno le basi di una involuzione culturale, sociale e politica del Nord. Tanto da non renderlo dissimile dalle problematiche criminali del Mezzogiorno. Come ha recentemente dimostrato la rete di connivenze portata alla luce dall’operazione “Infinito-Crimine”2, coordinata dalle procure antimafia di Reggio Calabria e Milano. Ed è proprio negli anni della “Milano da bere”e degli yuppes che la Lega (a quel tempo semplicemente “Lombarda”) fa il suo ingresso nel mondo delle istituzioni. Alle Europee del giugno 1989 porta Francesco Speroni e Luigi Moretti a Strasburgo. L’anno dopo, alle amministrative del 6 maggio, porta a casa il primo sindaco (a Cene, un piccolo paese della Bergamasca) ed elegge 15 degli 80 consiglieri della Regione Lombardia. Ma la Lega è già una realtà consolidata in una miriade di piccoli e grandi comuni lombardi. Anche in quelli dove le ‘ndrine provano a infiltrarsi per controllare gli appalti, per gestirli o indirizzarli. Belsito è ancora lontano anni luce, ma secondo il giornalista Gianluigi Nuzzi, autore assieme a Claudio Antonelli del libro-inchiesta “Metastasi”, un leghista di Lecco, dal nome in codice “Gamma”, avrebbe potuto contare sull’appoggio di affiliati della ‘ndrangheta per trovare i voti necessari per vincere le elezioni alle politiche del 19923. 1 2 3 86 VIVIANO, FRANCESCO, Quando l’anonima va al Nord in cerca dei veri miliardari, in “la Repubblica”, 18 gennaio 1990. RINALDI, LUCA, Crimine Infinito: la storia di un processo di ’ndrangheta a Milano, in “linkiesta.it”, 24 settembre 2011. NUZZI, GIANLUIGI -ANTONELLI, CLAUDIO, Metastasi. Sangue, soldi e politica tra Nord e Sud. La nuova ‘ndrangheta nella confessione di un pentito, Milano, 2010. ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA Indignazione, smentite e minacce di querele servono a poco se, come accadrà non molto tempo dopo la pubblicazione del libro che ha fatto perdere il sonno a molti elettori della Lega, i riflettori della cronaca si riaccendono su un’indagine della Dda di Reggio Calabria. In quest’ultimo caso l’ipotesi investigativa è davvero sconvolgente: si mira ad accertare l’esistenza di presunti reati di riciclaggio di denaro sporco che le cosche calabresi avrebbero effettuato tramite le casse del Carroccio in via Bellerio. Un avviso di garanzia è stato notificato all’ex tesoriere Francesco Belsito e ad altri imprenditori (tra cui Romolo Girardelli, l’ammiraglio, e Stefano Bonet, lo shampato). Adesso si cercano riscontri in grado di verificare l’esistenza della cosiddetta «contabilità occulta dei lumbard». Premesso che prima di Belsito nessun esponente del Carroccio era mai stato toccato da indagini legate al mondo delle ‘ndrine, va anche detto che tra le righe delle ordinanze e dei decreti di perquisizione disposti un po’ ovunque in Italia (da Pavia fino alla zona del lago di Garda, famosa per le scorribande notturne del Trota Renzo Bossi) è più che palpabile il tentativo di fare proseliti tra i padani, posto in essere da elementi legati alla mafia calabrese. A confermarlo ci sono intercettazioni, filmati e fotografie. Come nel caso del consigliere regionale pavese Angelo Ciocca, immortalato, alla fine del 2009, in uno scatto che lo ritrae con l’avvocato Pino Neri, il presunto capo della ‘ndrangheta in Lombardia. Ciocca – sospettato di aver appoggiato un candidato indicato da Neri, in cambio di un appartamento ceduto a prezzo di favore4 – non è mai stato indagato, ma la storia fu causa di una lite tra l’ex capogruppo a Montecitorio, Marco Reguzzoni, e il segretario nazionale Giancarlo Giorgetti, con il primo, ricorda Leonardo Facco nel suo libro5, che accusava Giorgetti di coprire proprio Ciocca (recordman di preferenze nel pavese) e di averlo fatto avvicinare a Bossi jr. Ma non solo. L’indagine diede la stura anche a un’aspra polemica a 4 5 C’è anche Ciocca: “Un incontro con Neri” in “la Provincia Pavese”, 16 luglio 2010. FACCO, LEONARDO, Umberto Magno - La vera storia dell’Imperatore della Padania, Reggio Emilia, 2010. Capitolo III – AFFARI DI CASTA E DI MAFIA 87 distanza tra Roberto Saviano e l’allora ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Tema: la Lega Nord e la ‘ndrangheta6, con l’autore di “Gomorra” che, in un monologo trasmesso dalla Rai, spiegava come la criminalità organizzata cercasse i leghisti al nord. Se, fino a questo punto, non ci sono prove per sostenere che la Lega, alla stregua di altre forze politiche, si trova nell’orbita criminale delle cosche calabresi emigrate al nord, di indizi ve ne sono tanti. Tantissimi. Mafia, camorra e anche ‘ndrangheta, è noto, non guardano in faccia nessuno. Non hanno ideologie. Né di destra né di sinistra. Le ‘ndrine – sostengono i magistrati – potrebbero aver instaurato contatti anche con la Lega. Non da oggi, ma da quando il Carroccio ha iniziato a essere presente su questi territori, occupando le pubbliche amministrazioni a suon di quei voti che Umberto Bossi chiedeva a gran voce al suo popolo sul sacro pratone di Pontida. Del resto, come in un itinerario numerato della settimana enigmistica, unendo i puntini dell’ultima indagine sul Tanzaniagate, con la tesi sostenuta in “Metastasi”, emerge che il “filo nero” che salderebbe mafia calabrese e Lega potrebbe essere molto lungo, forse anche più di vent’anni. Sarà un caso ma nell’indagine su Belsito compare la cosca De Stefano, famiglia calabrese tra le più attive in Italia e all’estero – come si legge nel decreto di perquisizione – che vanta un collegamento con un altro esponente leghista negli anni Novanta. È la storia di “Gamma”, lo stesso personaggio di cui parlano Nuzzi e Antonelli nel loro libro-inchiesta. Ma cosa dicono di così scottante e compromettente i due giornalisti? La storia prende il via a Lecco nel marzo 1990. Un leghista indicato «con una lettera dell’alfabeto greco» si sarebbe incontrato con il boss calabrese Franco Coco Trovato. Politico e ‘ndranghetista raggiungono un accordo: voti in cambio di favori. Mister Gamma viene eletto. Da allora, la sua scalata ai vertici delle istituzioni sarà inarrestabile. 6 88 ‘Ndrangheta e legami con la Lega. È scontro aperto Maroni-Saviano, in “La Stampa”, 16 novembre 2010. ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA Ma chi è Coco Trovato, e perché è legato alla cosca De Stefano? Nato nel 1947 a Marcedusa, in provincia di Catanzaro, Coco Trovato è stato uno dei capi della storica alleanza tra le ‘ndrine del milanese e quelle lecchesi. Ma è anche parente della famiglia dei De Stefano. La figlia Giuseppina – sostengono Nuzzi e Antonelli, e prima di loro il giornalista Mario Guarino, autore del libroinchiesta “Poteri segreti e criminalità” – è stata «prima fidanzata e poi moglie» di Carmine De Stefano, primogenito del boss Paolo De Stefano, il capocosca che fu ucciso il 13 ottobre del 1985. Sul vero nome di mister Gamma si è molto discusso. Secondo gli autori del libro sarebbe l’ex Guardasigilli Roberto Castelli, la persona che in una intercettazione telefonica chiedeva a Belsito «chiarezza sui conti». Castelli, però, ha sempre negato. Anteponendo ai sospetti le iniziative contro la criminalità organizzata, adottate dal dicastero di via Arenula negli anni in cui era ministro. Sulla vicenda indaga la procura di Roma con Giancarlo Capaldo. E, a quanto risulterebbe, “Gamma” non è indagato7. Fermo restando che mister Gamma è un leghista, se non è Castelli, chi altro potrebbe essere? Una traccia viene dalla Calabria e, precisamente, dagli atti dell’indagine avviata dalla Dda, in cui è incappato anche l’ex tesoriere del Carroccio. Il nome su cui si è incentrata l’attenzione dei magistrati è quello di Romolo Girardelli. Sarebbe lui, secondo l’accusa, la persona che avrebbe utilizzato le casse della Lega Nord come lavanderia per i soldi delle ‘ndrine. A confermare i sospetti ci sono anche le dichiarazioni dell’ex contabile leghista Helga Giordano, che in un interrogatorio reso il 3 aprile 2012, tra le altre cose, affferma: «Ho conosciuto Girardelli perché accompagnava talora in ufficio Maurizio Balocchi… I due sembravano legati da forte amicizia, pur essendo Girardelli del tutto estraneo al partito»8. 7 8 VECCHI, DAVIDE, Castelli di Paglia: “Gamma? Sembro io”, in “il Fatto Quotidiano”, 3 dicembre 2010. SARZANINI, FIORENZA, Ristoranti, hotel, camioncini: il bilancio parallelo a casa della contabile cacciata, in “Corriere della Sera”, 8 aprile 2012. Capitolo III – AFFARI DI CASTA E DI MAFIA 89 Infine, ma non da ultimo, il capitolo lago di Garda. Tra le righe delle indagini è emerso il contenuto di un fascicolo aperto dalla procura di Brescia sul dimissionario Trota9. A conoscerne il contenuto è anche la segretaria leghista Nadia Dagrada, che ne parla in un’intercettazione con Belsito. «È vero – domanda la donna – che continuano a dire ai magistrati di mettere sotto il fascicolo? Ma prima o poi il fascicolo esce». A quel punto «quando esce una cosa di questo genere sei rovinato», commenta. E subito dopo aggiunge: «Il figlio di lui [di Umberto Bossi, ndA] che ha certe frequentazioni… Altro che Cosentino»10. Di indagini che avrebbero toccato il Trota si era parlato quando il nome di Alessandro Uggeri, compagno dell’assessore regionale allo Sport, Monica Rizzi, finì in un’informativa della Polizia che indagava su un giro di cocaina ed escort. Il capo della procura bresciana, Fabio Salamone, smentì. Ma esiste un fasciolo oppure no? A Brescia sono in tanti a ricordare che, negli ultimi anni, la gestione del narcotraffico è esclusivo monopolio delle cosche calabresi11. UN GIRARDELLI PER AMICO E UN BONET PER CONSULENTE È una strana primavera, che tarda ad arrivare, quella che fa da sfondo al maggiore scandalo che ha investito il partito di Bossi. A Milano fa freddo, piove da giorni e l’umore dei padani è dello stesso colore del tempo: nero. Questa storia della ‘ndrangheta, che getta fango su fango, non ci voleva proprio… Giornali e opinione pubblica adesso sanno che ai primi di aprile del 2012 la ‘ndrangheta è entrata ufficialmente in casa della Lega Nord (in realtà, l’indagine è partita tre anni prima). A met9 BERIZZI, PAOLO, Cocaina, escort e festini. Le amicizie pericolose di Bossi Jr, in “la Repubblica”, 29 dicembre 2011. 10 L’intercettazione sul fascicolo che riguarda il figlio di Bossi, in: “la Repubblica”, 5 aprile 2012. 11 PICCINI, LEO, Da Brescia al lago di Garda, la nuova culla della ‘ndrangheta tra ville di lusso e night, in “il Fatto Quotidiano”, 5 gennaio 2011. 90 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA tere in piazza i panni sporchi dei lumbard non sono solo le carte delle inchieste di Milano e Napoli sul tesoriere Belsito, ma anche un fascicolo aperto dalla procura di Reggio Calabria. Il procedimento numero 34941/08. Le tre indagini s’intrecciano12. Personaggi, luoghi e circostanze si confondono nel contesto di un colossale imbroglio, che non riguarda solo i tre milioni di elettori della Lega13, bensì sessanta milioni di cittadini italiani. Il rischio reale è, a questo punto, quello di perdersi nella montagna di carte prodotte dai magistrati delle tre procure. Meglio quindi riannodare i fili del ragionamento. Nell’ordine di perquisizione degli uffici di Belsito in via Bellerio, partito dalla procura di Milano il 3 aprile 2012, si legge: «La figura di Belsito era emersa nel corso di alcune intercettazioni telefoniche nel procedimento 34941/08 (nell’ambito del quale si procede per riciclaggio ed associazione a delinquere a carico di altri soggetti). In particolare Belsito aveva richiesto il supporto di una società fiduciaria con sede a Lugano, la Doge Sa, per la predisposizione di strutture societarie attraverso le quali giustificare il trasferimento all’estero di denaro detenuto in Italia. Si era appreso nel frattempo che Belsito era tesoriere della Lega Nord e che in tale veste gestiva denaro del partito politico». E aggiungendo altri tasselli alla loro ricostruzione dei fatti, spiegano: «La nota proveniente dal Noe (Nucleo Operativo Ecologico Roma), diretta all’Ag (Autorità Giudiziaria) di Napoli, fornisce elementi inequivocabili circa il fatto che la gestione della tesoreria del partito politico della Lega Nord sia avvenuto nella più completa opacità fin dal 2004 [anno della malattia di Bossi ndA] e comunque, per ciò che riguarda Belsito, fin da quando questi ha cominciato a ricoprire l’incarico di tesoriere». È in questo contesto di eventi che comincia a materializzarsi la figura di Romolo Girardelli (l’ammiraglio, nelle intercettazioni della procura partenopea), l’anello di congiuzione tra Belsito e la ‘ndrangheta. 12 FAZZO, LUCA - LAGATTOLLA, ENRICO, Tre procure contro Belsito: “Soldi pubblici ai Bossi”, in “il Giornale”, 4 aprile 2012. 13 Alle elezioni per il rinnovo della Camera dei Deputali dell’aprile 2008 la Lega Nord ha raccolto 3.024.543 voti, pari a 60 seggi. Capitolo III – AFFARI DI CASTA E DI MAFIA 91 Genovese, 53 anni, di professione procacciatore di grandi affari, Girardelli sarebbe l’uomo che aiuta non solo Belsito, ma anche l’imprenditore Stefano Bonet e l’avvocato Bruno Mafrici, titolare dello studio commercialista Mgm (tutti indagati, a vario titolo, per reati che vanno dalla truffa al finanziamento illecito dei partiti). Con loro Girardelli intrattiene rapporti d’affari (compartecipazioni societarie e rapporti di natura professionale). Del resto – sostiene il pm della Dda di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo – Mafrici con il suo ufficio di fronte al ristorante da Peppino a Milano, alle spalle del Duomo e a poche centinaia di metri di distanza dal palazzo di Giustizia e dal quadrilatero della moda, si trova proprio nel centro del potere economico e politico meneghino. In quello studio è socio di maggioranza, ma non indagato, Pasquale (Lino) Guaglianone, ex An (vicino all’ex ministro Ignazio La Russa), componente del cda delle Ferrovie Nord (una controllata della Regione Lombardia) nonché presidente del collegio dei revisori di Fiera congressi Spa, «oltre ad avere incarichi in decine di imprese tutte con sede legale in via Durini 14 e quasi tutte con interessi nel ciclo della casa e del cemento: dalla compravendita di beni immobili al commercio di materiali per costruzione passando attraverso l’impiantistica idraulica, riscaldamento e condizionamento»14. Ma Guaglianone è anche una vecchia conoscenza di polizia e carabinieri, per essere stato uno dei finanziatori dei Nuclei Armati Rivoluzionari (Nar), come si evince dalla sentenza della VI sezione penale della Corte Cassazione (presidente Gaetano Suriano), che il 25 agosto 1995, in via definitiva, condannava l’uomo per partecipazione a banda armata e riciclaggio15. Ma torniamo a Girardelli, la figura chiave dell’intera storia. Romolo non è un personaggio qualsiasi. Nel 2002 era finito sotto inchiesta con Paolo Martino e Antonio Vittorio Canale «sog- 14 GALULLO, ROBERTO - MINCUZZI, ANGELO, Inchiesta sulla Lega Nord: in uno studio di Milano la Procura ha clonato 2 milioni di files, in “Il Sole 24 Ore”, 11 aprile 2012. 15 DA ROLD, ALESSANDRO, Terroristi al potere? Il Pdl di Milano si dimentica di quelli dei Nar, in “linkiesa.it”, 29 febbraio 2012. 92 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA getti al vertice della cosca De Stefano di Reggio Calabria». Il reato contestatogli era di associazione a delinquere di stampo mafioso «per aver messo a disposizione del clan le proprie competenze finalizzate – oltre che a fornire supporto logistico alla latitanza di Salvatore Fazzalari, esponente di spicco della ’ndrangheta calabrese attraverso la messa a disposizione di somme di denaro – alla negoziazione, allo sconto ovvero alla monetizzazione di “strumenti finanziari atipici” di illecita provenienza»16. Convinti del ruolo fondamentale rivestito da Girardelli, il 9 settembre 2011, i magistrati calabresi decidono di monitorare le telefonate in arrivo e partenza dal suo cellulare. Ciò che scoprono ha del clamoroso: «Girardelli va considerato espressione di Francesco Belsito: attraverso il figlio Alex Girardelli l’ammiraglio è socio di Belsito [nella Effebi Immobiliare, ndA]». Che si tratta di un rapporto non occasionale, ma consolidato nel tempo, lo confermano varie intercettazioni, compresa quella del 23 dicembre 2011, avvenuta nel periodo in cui Belsito era sottosegretario del governo Berlusconi. I due litigano furiosamente al telefono e si insultano reciprocamente. Ad un certo punto, però, Girardelli esterna la sua rabbia «per il comportamento tenuto da Belsito in questi dieci anni di collaborazione». «… l’avvocato [Bruno Mafrici, anche lui indagato, ndA] ti ha regalato gli orologi e non me ne hai dato neanche mezzo a me e i soldi che ti sei pigliato da shampato [Stefano Bonet, anche lui indagato, ndA]… Se vuoi te li faccio vedere i numeri e poi ti faccio vedere pure le quote del Sol Levante»17, impreca Girardelli. A cui fanno presto eco i commenti non proprio benevoli degli altri indagati. «Questa persona – chiosano con disgusto – è bastarda dentro. Si è abbuffato. Bisognerà stringerlo un attimino, distrug- 16 SARZANINI, FIORENZA, Girardelli, l’«ammiraglio» della cosca: «Il sottosegretario mio socio», in “Corriere della Sera”, 4 aprile 2012. 17 Intercettazione del colloquio telefonico tra Romolo Girardelli e Francesco Belsito. Informativa preliminare del Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente Nucleo Operativo Ecologico di Roma, 23 dicembre 2011. Capitolo III – AFFARI DI CASTA E DI MAFIA 93 gerlo su tutti i fronti e poi andare all’attacco». E continuando: «Sta girando un sacco di denaro… Pensa si è pagato l’Agenzia delle entrate… Si è sistemato tutto… Con noi ha fatto Bingo»18. E Bingo lo fa anche la procura di Napoli, che il 4 febbraio 2012, un mese dopo l’esplosione dello scandalo sui fondi distratti dalle casse del Carroccio, intercetta una telefonata tra Stefano Bonet e Romolo Girardelli. Sono le 13,30 di un sabato di metà inverno, i due cercano di fare il punto della situazione e si ritrovano a parlare di Ciccio Belsito. Bonet si lamenta. Ha paura che il tesoriere della Lega possa architettare qualcosa contro di lui. Teme di essere tirato in ballo. Girardelli cerca di tranquillizzarlo dicendogli che Belsito potrebbe essere ben chiamato da qualcuno che sta in alto, con l’intento di farlo parlare di meno. Bonet incalza, e confida all’amico, che Belsito si è anche «fottuto centomila euro». L’imprenditore veneziano chiama in causa anche l’ex ministro Castelli, ma il linguaggio è criptico. Più esplicito è invece quando l’uomo minaccia di andare in procura per consegnare un suo memoriale. Cosa che dirà al più presto a Ciccio Belsito. I due, poi, iniziano a parlare del dossier sulla famiglia Bossi. Ma anche dell’acquisto dell’Argentina, verosimilmente l’Hotel genovese, fatto assieme ai Malacalza, un gruppo imprenditoriale ligure. Girardelli si stupisce. Bonet si sofferma anche sulle fandonie di Belsito e sulla sua totale incompetenza in materia di investimenti. Ma è anche convinto che: «Se tutto va bene siamo rovinati!». Non è un plurale maiestatis, ma il destino che potrebbe accomunare quanti hanno avuto a che fare con Belsito. Ma chi è Stefano Bonet, lo shampato di San Donà di Piave? Quest’uomo che accusa Belsito di avergli «fottuto» centomila euro; preoccupato da quel che l’ex tesoriere leghista potrebbe architettargli contro, ma al tempo stesso convinto di averlo in pugno per via di quel dossier che può depositare anche «domani mattina alla 18 GIUNTI, ARIANNA, Le intercettazioni dell’inchiesta sulla Lega, in “Panorama”, 4 aprile 2012. 94 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA procura della Repubblica». Convinto – ma questo un po’ meno – di poter fermare a tempo la frana che sta per travolgerlo. Originario di Meolo in provincia di Venezia, barba, capelli lunghi a mascherare un’incipiente calvizie e un’incontenibile passione per le Porsche (ne avrebbe regalata una da 140mila euro a Belsito), Bonet gestisce alcune aziende operanti nel settore del terziario avanzato. Anche se la sua specialità vera, a leggere le carte dell’inchiesta portata avanti dalle procure di Napoli, Milano e Reggio Calabria, sembra essere quella «dell’abbattimento del carico fiscale» attraverso «consulenze e fatture emesse da società off-shore»19. L’uomo, che porta lo stesso cognome di Giorgio Bonet, il marito della presidente della Provincia di Venezia Francesca Zaccariotto (anche lei leghista), ha buone entrature nel mondo della politica (è stato vicinissimo all’ex ministro-meteora Aldo Brancher, punta di diamante dell’inner circle di Bossi) e anche negli ambienti vaticani, annotano i magistrati. A fornigli la giusta chiave per accedere ai sacri palazzi romani sarebbe stato don Pino Esposito, prelato calabrese che l’avrebbe introdotto all’arcivescovo polacco Zygmunt Zimowski, responsabile del Pontificio Consiglio degli operatori delle strutture del Vaticano. Insomma, a poco più di quarant’anni Bonet ha tutte le carte in regole per accedere ai piani alti del potere economico e politico. Quelli che, tanto per intenderci, potrebbero riservagli qualche buon affare con i colossi dell’industria italiana, come la Fincantieri o la Finmeccanica, Siram e Grandi Navi Veloci. Finmeccanica, un nome familiare a Vincenzo Piscitelli ed Henry John Woodcock, i pm napoletani che indagano sui fondi della Lega, ma anche sulle commesse estere e sui presunti tentativi di corruzione del colosso che Pier Francesco Guarguaglini ha presieduto per dieci anni, prima di essere travolto dall’inchiesta aperta dalla procura di Roma che lo vede indagato assieme alla moglie, Marina Grossi (ex amministratore delegato di Selex Sistemi Integrati), per frode fiscale e false fatturazioni per operazioni inesistenti. 19 BONAZZI, FRANCESCO, Belsito, spunta l’ombra dei servizi, in “Il Secolo XIX”, 3 maggio 2012. Capitolo III – AFFARI DI CASTA E DI MAFIA 95 Bonet-Siriam-Finmeccanica, è questo il nuovo filone d’indagine che va ad inserisrsi nella già complessa storia della Lega e dei suoi rapporti ad alto rischio. Dalle intercettazioni disposte dalla procura partenopea emerge che tra le società con cui lo shampato è in affari vi è anche la filiale di Pozzuoli del Gruppo Siram, azienda specializzata nella «gestione energetica di edifici complessi pubblici e privati», il cui quartier generale è a Milano. Ed è proprio una delle aziende del gruppo Siram, la “Simav” – secondo Lorenzo Borgogni, il responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica, che con le sue rivelazioni ha messo nei guai Guarguaglini – ad essere stata utilizzata per pagare due tangenti del valore complessivo di un milione e 250mila euro, che successivamente Borgogni ha scudato dalla Svizzera all’Italia. Dici Svizzera e dalle carte spuntano perlomeno altre due storie. La prima, su cui indaga la procura di Busto Arsizio (dopo il trasferimento del fascicolo dal capoluogo campano)20, ha le insegne dell’AgustaWestland, la controllata di Finmeccanica specializzata nella progettazione e produzione di elicotteri, fino al 2011 presieduta da Giuseppe Orsi, attuale numero uno di Finmeccanica, buon amico del Carroccio e di Maroni, in particolare. La storia è quella di una presunta tangente di almeno 10 milioni di euro, transitata attraverso l’intermediazione di un faccendiere residente a Lugano. Pagata, sostiene Lorenzo Borgogni (che riferisce di aver appreso la notizia in ambito aziendale), «per far fronte alle esigenze dei politici della Lega Nord».21 Per queste affermazioni, che assegnano un ruolo da protagonista anche a Giuseppe Orsi, l’ex responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica è stato querelato22. 20 SARZANINI, FIORENZA, Tangenti Finmeccanica, l’inchiesta va a Busto Arsizio, accolto il ricorso di Orsi, in “Corriere della Sera”, 12 luglio 2012. 21 LILLO, MARCO, Finmeccanica, Borgogni racconta a verbale di una tangente milionaria per la Lega nord, in “il Fatto Quotidiano”, 21 aprile 2012. 22 Lega Nord, avvocati presentano querela a Borgogni e Belsito, in “Il Giorno”, 26 aprile 2012. 96 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA A dare la stura all’inchiesta è la “curiosità” di Piscitelli, Woodcock e Francesco Curcio. I tre pm vogliono sapere se le commissioni pagate da alcune aziende italiane che operano con l’estero possono permettere la costituzione di riserve di denaro in nero, con le quali pagare tangenti a politici e faccendieri. Per capirci qualcosa in più i tre sostituti convocano il solito Borgogni, che in quell’occasione racconta loro i retroscena di una mediazione-monstre del valore di oltre 40 milioni di euro23 pagata dall’AgustaWestland su una commessa da 560 milioni del governo indiano per la fornitura di dodici elicotteri AW101, nel 2010. La cosa finisce ben presto sui giornali italiani. E, qualche mese dopo, anche su quelli indiani che cominciano – manco a dirlo – a cercare riscontri all’inchiesta avviata dai magistrati italiani. Il colpaccio lo mette a segno l’emittente “Times Now”, che il 28 marzo 2012 manda in onda lo scoop di Navika Kumar, una reporter investigativa venuta in possesso di una serie di documenti, tra cui una lettera dell’agosto 2009, su carta intestata di AgustaWestland, attraverso la quale la società italiana offre alla “Ganton Ltd” di New York una provvigione dell’8 per cento sul valore del contratto per gli elicotteri e del 15 per cento sui ricambi.24 Né più né meno quei 51 milioni di euro (41 più dieci della tangente) liquidati al faccendiere di Lugano. E per la città che si affaccia sulle sponde dell’omonimo lago, passa anche la seconda storia. È quella di una società anonima, la “Finthea” Sa – già “Immobiliare Arcobaleno” Sa, con sede in viale Castagnola, 27, località Cassarate – che ha per oggetto «l’assunzione di mandati fiduciari, la prestazione di servizio in genere, segnatamente con riferimento alla consulenza aziendale amministrativa contabile e commerciale, la revisione contabile nonché l’accettazione di mandati per conto terzi ». Sostanzialmente gli stessi servizi che offre la “Kripsa”, domiciliata presso l’indirizzo 23 SANNINO, CONCHITA, Una consulenza da 43 milioni. I segreti di Finmeccanica in India, in “la Repubblica”, 29 febbraio 2012. 24 LILLO, MARCO, La Tv indiana contro Finmeccanica: “Tangenti per gli elicotteri?”, in “il Fatto Quotidiano”, 31 marzo 2012. Capitolo III – AFFARI DI CASTA E DI MAFIA 97 di una casella postale di Larnaca, nell’isola di Cipro. Al vertice della “Kripsa” c’è Paolo Scala, avvocato milanese, con studio a Nicosia, «abilitato a operare su mercati esteri, specializzato nella gestione di articolate operazioni finanziarie portate a termine in territorio cipriota» . Tant’è che il suo nome, fino al gennaio 2012, risultava registrato dalle agenzie collegate all’Ice. L’ex amministratrice di “Finthea”, Rita Simonelli Grisoni, e Scala si conoscono da tempo (lavoravamo insieme in una società 10 anni fa, spiega a una giornalista che riesce a contattarla telefonicamente)25. Ma Paolo Scala – noto agli internauti per alcune sue interviste sull’emozione di scappare dall’Italia per fare fortuna all’estero – conosce anche Stefano Bonet, lo shampato, di cui è consulente finanziario26. Sin qui l’antefatto. Le storie dei tre cominciano a destare l’interesse dei magistrati, quando questi ultimi cominciano a maturare la convinzione che Scala sia «il gestore dei fondi esteri del gruppo di imprenditori che ruotano intorno alle figure di Stefano Bonet, Romolo Girardelli e Francesco Belsito». Il braccio operativo degli investimenti finanziari borderline della Lega, come il trasferimento «a Cipro e in Tanzania» di circa 5,7 milioni di finanziamento pubblico dello Stato incassati dal Carroccio come “rimborsi elettorali” (un altro milione di euro investito in corone norvegesi). A imprimere una significativa svolta alle indagini è il contenuto di una telefonata (intercettata dagli investigatori) partita dagli uffici della “Finthea” di Lugano. Il numero composto è quello di Paolo Scala (che da lì a qualche settimana sarà indagato per riciclaggio, truffa aggravata e appropriazione indebita insieme con Belsito e Bonet) a cui la signora Rita [Simonelli Grisoni?] chiede un preventivo di spesa per la costituzione di una società offshore nell’isola greca, il cui reale scopo – sostengono i magistrati reggini – «era quello di evadere le imposte», oltreché far perdere le tracce dei soldi. Ma non solo. 25 COLARUSSO, GABRIELLA, Lega, la pista elvetica, in “Lettera43.it”, 14 aprile 2012. 26 L’avvocato: «Bonet è stato truffato da millantatori come Belsito», in: “Corriere del Veneto”, 5 aprile 2012. 98 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA Indagando nel passato della “Finthea” saltano fuori altre strane coincidenze. Come il nome di Stefano Camponovo, noto avvocato di Chiasso, per un certo periodo amministratore della società. Ma il nome del legale compare, fino al 2009, anche nell’organigramma della “Doge” Sa di Mendrisio, la finanziaria elvetica del faccendiere svizzero Giovanni Guastalla, sospettata di aver architettato un articolato sistema per sottrarre al fisco italiano somme di danaro messe a disposizione da clienti italiani creando società estere e documentazione fittizia per costituire fondi neri. Nel mirino dei magistrati milanesi finì, nell’ottobre 2009, la filiale milanese della “Doge”, mentre nei confronti di Guastalla, del suo braccio destro Stefano Poli e di due loro collaboratrici, il gip Franco Cantù Rainoldi emise un provvedimento di custodia cautelare per i reati di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio con l’aggravante di reato transnazionale. Ma non è tutto, perchè il nome della Doge è spuntato fuori anche nell’inchiesta sulla Lega. Nel decreto di perquisizione disposto dai pm di Milano a carico, tra gli altri, di Francesco Belsito, i magistrati scrivono infatti che l’ex tesoriere «aveva chiesto il supporto di una società fiduciaria con sede a Lugano, la Doge Sa, per la predisposizione di strutture societarie attraverso le quali giustificare il trasferimento all’estero di denaro detenuto in Italia». Strane coincidenze, commenterà Gabriella Colarusso, la giornalista di “Lettera43” che si è presa la briga di ricostruire l’intera storia27. LA «LIBERTÀ DI COSCIENZA» SALVA IL CASALESE Gennaio 2012. I cancelli di Montecitorio e palazzo Madama sono ancora chiusi per le festività natalizie, ma la politica non è mai andata in ferie. Mario Monti, che dal 16 novembre è subentrato a Silvio Berlusconi nella carica di presidente del Consiglio, 27 COLARUSSO, GABRIELLA, cit.. Capitolo III – AFFARI DI CASTA E DI MAFIA 99 sa di aver chiesto forse un po’ troppi sacrifici agli italiani. Lo ha confessato nel corso della conferenza stampa di fine anno. Ma questa volta non c’è nessuno che piange (tranne gli italiani, ovviamente). Certamente non il ministro Elsa Fornero, troppo impegnata nel braccio di ferro sulla riforma del mercato del lavoro, che la vede contrapposta alla leader della Cgil Susanna Camusso. Intanto, in un clima reso rovente dalle polemiche, la Lega si appresta a cambiare pelle. Il solco tra il vecchio e nuovo corso comincia a prendere forma nella seconda settimana di gennaio, in concomitanza con l’apertura del parlamento e la pubblicazione di un’inchiesta giornalistica che, per la prima volta, racconta degli ultimi investimenti della Lega Nord: una decina di milioni di euro provenienti dal finanziamento pubblico dello Stato, di cui almeno sei espatriati in Tanzania e a Cipro28. Sul fronte di quello che passerà alla storia con il nome di “Tanzaniagate” hanno già preso posizione i colonnelli della Lega; Calderoli, Castelli e Rosy Mauro, in prima linea. Più che una ricerca di prove volte a scagionare il tesoriere e le sue operazioni illecite quella che va in scena – rivelano alcune intercettazioni telefoniche – è un’operazione di «depistaggio»29. Da difendere ci sono una montagna di privilegi, ma soprattutto i metodi di una gestione che l’11 marzo (anniversario del malanno che ha colpito Bossi) compirà otto anni. Posizionati sul fronte opposto ci sono invece le truppe del New Deal maroniano. Che per cominciare dovrà attendere il formale passaggio di consegne. Una successione scandita dalla pioggia di una strana e umida primavera che, politicamente, non porterà bene a Rosy Mauro e Francesco Belsito, espulsi dal Carroccio. E nemmeno al Trota Renzo Bossi, costretto alle dimissioni dal consiglio regionale30. 28 MARI, GIOVANNI, I soldi della Lega emigrano all’estero, in “Il Secolo XIX”, 8 gennaio 2012. 29 SARZANINI, FIORENZA, Calderoli e la versione concordata per difendere l’ex tesoriere leghista, in “Corriere della Sera”, 13 aprile 2012. 30 DA ROLD, ALESSANDRO, Bossiani nell’angolo, Maroni ha pronta la lista per “la purga”, in “linkiesta.it”, 7 aprile 2012. 100 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA Giornate da sottolineare con la matita rossa, quelle che vanno dall’8 al 12 gennaio 2012. Non solo per lo stato maggiore padano, ma anche per il leader del Pdl, Silvio Berlusconi, alle prese con l’ennesima grana giudiziaria scoppiata all’interno del suo partito. A essere nei guai è Nicola Cosentino, l’ex sottosegretario all’Economia e coordinatore del partito in Campania, che rischia di finire in galera, allo stesso modo di Alfonso Papa, detenuto a Poggioreale per più di cento giorni dopo che l’assemblea di Montecitorio aveva concesso il disco verde al suo arresto. A differenza di Papa (indagato per favoreggiamento, concussione e rivelazione di segreto d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta napoletana sulla cosiddetta loggia P4) la posizione di Nick ‘o ‘mericano – come da sempre lo chiamano a Casal di Principe, il paese dove è nato – è molto più delicata. L’uomo, infatti, è accusato di concorso esterno in associazione camorristica. Il gip Egle Pilla, chiamata a decidere su un tentativo di riciclaggio di capitali mafiosi (che il presidente del tribunale del Riesame di Napoli, Nicola Quatrano, ha definito «da manuale»)31, ne ha chiesto l’arresto il 6 dicembre 2011. Per l’ex sottosegretario all’Economia con delega al Cipe non è la prima volta. Era già accaduto nel novembre di due anni prima. A metterlo nei guai, allora, furono le dichiarazioni di cinque pentiti di camorra e l’atto d’accusa sottoscritto dal gip Raffaele Piccirillo32, che il 9 novembre 2009 ne aveva chiesto l’arresto, ritenendolo il «referente politico» del clan dei Casalesi33. Richiesta puntualmente negata dall’assemblea di Montecitorio, un mese dopo34. 31 AMATO, MASSIMILIANO, Affari di famiglia, in: AA.VV, “Il Casalese – Ascesa e tramonto di un leader politico di Terra di Lavoro”, Napoli, 2012 32 «[...] Cosentino contribuiva con continuità e stabilità, sin dagli anni ‘90, a rafforzare vertici e attività del gruppo camorrista che faceva capo alle famiglie Bidognetti e Schiavone, dal quale sodalizio riceveva puntuale sostegno elettorale [...] creando e co-gestendo monopoli d’impresa in attività controllate dalle famiglie mafiose, quali la Eco4 spa, e nella quale Cosentino esercitava il reale potere direttivo e di gestione, consentendo lo stabile reimpiego dei proventi illeciti, sfruttando dette attività di impresa per scopi elettorali». Ordinanza Piccirillo n° 36856/01 R.G.N.R. - n° 74678/02 R.G.Gip. 33 CRIMALDI, GIUSEPPE, Camorra di Governo, in: AA.VV, “Il Casalese – Ascesa e tramonto di un leader politico di Terra di Lavoro”, Napoli, 2012. 34 CASADIO, GIOVANNA, Cosentino, la Camera lo salva con due no, in “la Repubblica”, 11 dicembre 2009. Capitolo III – AFFARI DI CASTA E DI MAFIA 101 Nove gennaio 2012. La salvezza del soldato Nick dipende, c’è poco da aggiungere, dal successo della missione che ha intrapreso il Cavaliere, e dal voto della Lega, che, stando alle dichiarazioni che si leggono sui giornali, non è per nulla scontato. Dopo il rinvio del 21 dicembre35, non ci saranno ulteriori dilazioni. La sfida si gioca sul filo dei minuti. Tempo settantadue ore e l’assemblea di Montecitorio dovrà votare, dopo aver raccolto il parere della Giunta per le autorizzazioni convocata per l’indomani. Lo sanno anche in via Bellerio, dove la sera del 9 si è riunita la direzione del partito. All’ordine del giorno c’è la grana dei rimborsi elettorali dirottati su Cipro e in Tanzania, E non da ultima, la questione Cosentino. Maroni detta la linea, e dopo aver spiegato di non sapere niente delle operazioni gestite da Belsito, annuncia la decisione di votare sì all’arresto. E di lì a poco comunica alla stampa «la posizione della Lega». «C’è stata – spiega ai giornalisti, l’ex ministro dell’Interno – la relazione dei nostri due membri della giunta che hanno espresso la convinzione che non esista alcun fumus persecutionis nei confronti del parlamentare. Quindi, domani esprimeranno un voto favorevole in giunta alla richiesta di arresto». La linea viene condivisa da Bossi, che nei giorni precedenti aveva subito l’asfissiante pressing di Berlusconi: «quasi rassicurato sulla tenuta più garantista»36 del Carroccio. Quello che succede nelle ore successive, resta un mistero. O quasi. «Alle ore 20, Rosi Mauro riceve una telefonata da Cicchitto, che chiede conferma», sostiene Sergio Di Cori Modigliani, vicino alla massoneria del Grande Oriente Democratico di Gioele Magaldi. «Venti minuti dopo c’è la telefonata del sultano di Arcore alla vice- 35 Convocata per il pomeriggio del 21 dicembre 2011, la Giunta per le autorizzazioni della Camera aveva rinviato il pronunciamento sulla legittimità della richiesta d’arresto di Cosentino al 10 gennaio 2012. In mattinata il deputato della Lega, Luca Paolini, si era dimesso da relatore in giunta «per ragioni personali». 36 PARAGONE, GIANLUIGI, Cav beffato, Maroni arresta Cosentino, in “Libero”, 10 gennaio 2012. 102 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA presidente del Senato, durata quasi un’ora»37. La telefonata – «la più pericolosa tra tutte le intercettazioni»; «il clou della tragedia», per Di Cori Modigliani – viene registrata, e il contenuto subito secretato dai magistrati38. Ma c’è di più. Le schede utilizzate nella conversazione, che per gli argomenti trattati doveva essere necessariamente sicura e riservata, potrebbero essere state intestate a ignari cittadini extracomunitari. «Gli stessi – ironizza Paolo Colonnello, dalle colonne della Stampa – che volevano ricacciare oltre mare e che in questo caso tornano comodissimi»39. Dell’esistenza di una rete di comunicazione «clandestina», che utilizzava schede telefoniche internazionali e nazionali «intestate a ignari cittadini stranieri e caselle di posta elettronica attive su domini internazionali e nazionali» se ne accorsero gli investigatori della Dia di Reggio Calabria, che indagavano sui rapporti tra Lega e ’ndrangheta. Alcune di queste schede erano finite anche in mano a Stefano Bonet, lo shampato di San Donà di Piave, «che per le conversazioni riservate – segnala una nota della Dia – dotava Restaini Lubiana, segretaria della Lega alla Camera, di due utenze telefoniche intestate ad un cittadino senegalese e a uno del Bangladesh». E una delle due schede telefoniche, quella intestata a tal Md Zalal Uddin, il 17 febbraio 2012 verrà utilizzata anche dall’ex ministro Roberto Castelli, per una conversazione il cui contenuto è allegato agli atti dell’inchiesta reggina. Ma riavvolgiamo il nastro e torniamo a quella sera e alle ore successive alla presunta telefonata tra Rosy Mauro e Berlusconi. Per quel che si sa, non succede niente. Si va tutti a nanna. Ma c’è chi, quella notte, non riesce proprio a prendere sonno. Anche l’ex 37 DI CORI MODIGLIANI, SERGIO, Il cerchio tragico della Lega Nord preannuncia un terremoto, in questo paese borderline sempre in bilico tra la farsa e la tragedia, in “Libero pensiero: la casa degli italiani esuli in patria”, 6 aprile 2012. 38 DI CORI MODIGLIANI, SERGIO, cit.. 39 COLONNELLO, PAOLO, Nel Carroccio usavano telefoni intestati a extracomunitari, in “La Stampa” 14 aprile 2012. Capitolo III – AFFARI DI CASTA E DI MAFIA 103 direttore della “Padania”, Gianluigi Paragone, che nella notte tra il 9 e 10 gennaio detta il fondo che comparirà sulla prima pagina di Libero dell’indomani.40 Martedì 10 gennaio. Uno alla volta i ventuno componenti della Giunta per le autorizzazioni fanno il loro ingresso in aula. Tra loro anche i due rappresentanti del Carroccio, Luca Paolini e Fulvio Follegot. Alle 16,24, l’agenzia Ansa batte la notizia: «Sì all’arresto... I voti a favore sono stati 11, 10 quelli contrari». L’epilogo della storia lo racconta Ciro Pellegrino, uno dei nove giornalisti napoletani autori del libro inchiesta “Il Casalese”. [...]Le ore antecedenti il momento clou della sua vita, Nicola Cosentino le passa facendo jogging nella Reggia di Caserta, come documenta Claudio Pappaianni per “Servizio Pubblico”. «Sono sereno. La Lega che farà? Leggeranno le carte e si renderanno conto della porcata-bis che hanno organizzato? Chi? I soliti pentiti». Quando arriva in Aula, lo fa sempre di corsa, senza proferir parola. Prima del voto accade qualcosa. La “libertà di coscienza” annunciata da Bossi è la scintilla fatale in un’atmosfera già esplosiva. Nel corso della riunione del gruppo della Lega alla Camera c’è scontro e non è una metafora. Si sfiora la rissa tra uno dei due membri leghisti in Giunta per le autorizzazioni, il marchigiano Luca Paolini, oggetto di dure critiche dell’ala maroniana pro-arresto e il trevigiano Gianpaolo Dozzo. La linea del Senatùr è fatta per salvare capra e cavoli: sì all’arresto, ma libertà di coscienza per ciascun deputato. L’attesa è spasmodica, il popolo della Rete segue sui social network la diretta web da Montecitorio. La giornata nell’emiciclo di Montecitorio è da subito convulsa. Cosentino è al suo posto. Parla con Milanese, Papa, poi con Claudio Scajola e Giggino Cesaro. Non si perde una parola del dibattito. Quando Manlio Contento (Pdl), accusa i magistrati, prendendosela in particolare con Nicola Quatrano che ha 40 PARAGONE, GIANLUIGI, cit.. 104 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA firmato le motivazioni del Riesame, annuisce. Ascolta con attenzione i due “salvatori”: Luca Paolini il leghista disobbediente e Maurizio Turco, il radicale che riconosce nelle carte di pm e gip «il fumus persecutionis». Quando Berlusconi arriva in Aula, poco prima del voto non fa un cenno. Si siede tra Angelino Alfano e Fabrizio Cicchitto. È il momento delle scelte. Il voto è segreto ma qualcuno come Roberto Maroni decide di far vedere platealmente qual è la sua scelta. L’attimo più lungo per Nicola Cosentino è tutto in un numero: 309. Sono tanti i deputati che dicono no alle manette per il collega accusato dai magistrati campani di essere «il referente politico del clan dei Casalesi». Trecentonove contro 298, Cosentino è salvo.41 AFRICA, BEL SUOL D’AFFARI «Chissà se anche allora si trattava di Tanzania», si domanda – a metà strada tra la curiosità e la provocazione – Franco Bechis, prima di svelare il contenuto di alcune singolari veline, che da vent’anni nessuno aveva più preso in mano42. Quella che rispolvera il gionalista di “Libero” è una storia tutta italiana, ritrovata tra le carte dell’archivio personale dell’ex presidente del Consiglio e segretario del Partito socialista, Bettino Craxi. L’anno è il 1990. Ma potrebbe anche essere il 1991, o quello immediatamente successivo. Il consenso verso il movimento di Bossi è in crescita. Dopo aver occupato centinaia di scranni in altrettanti consigli comunali, l’occhialuto figlioccio di Alberto da Giussano comincia a pensarla in grande. Il 16 giugno 1991, a Pontida, tiene a battesimo la «potentissima» Repubblica del Nord. Due anni dopo darà ai padani anche una moneta: la Lega. Poche setti41 PELLEGRINO, CIRO, Bufera su palazzo Bovio, in: AA.VV, “Il Casalese – Ascesa e tramonto di un leader politico di Terra di Lavoro”, Napoli, 2012. 42 BECHIS, FRANCO, Fondi alla Lega, Ecco le carte dei servizi segreti, in “Libero”, 14 aprile 2012. Capitolo III – AFFARI DI CASTA E DI MAFIA 105 mane prima, sempre lui, il leader padano si era fatto promotore di una clamorosa protesta contro l’introduzione dell’Isi43, l’Imposta straordinaria sugli immobili. E con lui ci sono anche 55 deputati e 24 senatori (lui è il venticinquesimo) che la Lega lombarda ha portato in parlamento alle elezioni del 5 aprile 1992. Evidentemente troppo per non mettere in allarme i servizi segreti, interessati a capire cosa c’è dietro quel movimento, che fa così rumore (e un tantino paura). Non fosse altro per verificare – giusto per non essere presi di contropiede come era accaduto quindici anni prima con le Brigate Rosse – se esiste una struttura militare segreta e dei piani di rivolta, dietro il gran baccano dei lumbard. Ma quello su cui gli 007 vogliono mettere le mani è la presunta rete dei finanziatori del movimento. La strategia è quella sperimentata altre volte. Sintetizzabile in una parola, che per sua natura non ha mai offerto molte garanzie: infiltrati. Sono loro la voce che si cela dietro le veline ritrovate nell’archivio di Craxi. Si cercano armi: non se ne trovano. Si indaga nella rete dei finanziatori: spuntano dei nomi e anche degli indirizzi. Sono quelli di alcuni artigiani e piccoli imprenditori del Nord, in affari con aziende e imprese in prevalenza tedesche e dell’est Europa. Qualche iniziativa conduce anche in Africa. A mediare quei contatti è «una apposita struttura centralizzata della Lega Nord». È lei «a cercare il partner adatto», ad assisterlo fino alla conclusione dell’affare. «Ad affare concluso – si precisa in un passaggio del rapporto – l’imprenditore, che non va dimenticato, è perlomeno un simpatizzante leghista, versa una percentuale nelle casse della Lega»44. E poi c’è la Pontida fin: la cassaforte della Lega, che potrebbe fare da paravento a vere e proprie operazioni di «riciclaggio»45. Per dimostrare che non si tratta di un’ipotesi del 43 Istituita con decreto legislativo dell’11 luglio 1992, l’Isi sarà sostituita, cinque mesi dopo, dall’Ici, l’imposta comunale sugli immobili. Con l’arrivo del governo Monti, nel 2012 il tributo cambia nuovamente nome e si trasforma in Imu, l’imposta municipale propria. 44 BECHIS, FRANCO, cit.. 45 Ibidem. 106 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA tutto campata in aria, l’autore dell’informativa ricostruisce i passaggi che stanno dietro a due transazioni di danaro da 250 e 500 milioni, operate da altrettanti operatori del bergamasco. Si fanno anche i nomi di due banche italiane e una svizzera. Insomma, quanto basta per rendersi conto che si tratta di un film già visto. Ma, a giusta ragione, è l’Africa a catturare l’interesse di Bechis. Quel continente così inviso ai lumbard doc. Ma anche così amato per chi vuol fare affari. Leciti. E più spesso illeciti… E il fil rouge che da via Bellerio arriva nel cuore dell’Africa è proprio quello degli affari. Protagonista è, manco a dirlo, ancora il solito Belsito, che per gli affari ha una vera e propria ossessione. Figurarsi adesso, che da investire non ha solo chiacchiere, ma anche un bel po’ di milioni: il tesoretto della Lega Nord. Dai personaggi che si circonda incassa regali e consigli, e vende promesse. Qualcuno gli consiglia di comprare pietre preziose, e lui – più realista del re – acquista diamanti e lingotti d’oro. Qualcun altro gli dice che è il momento di investire in divisa estera. E lui cosa fa? Acquista corone norvegesi, per un corrispettivo di un milione di euro. Ma il vero colpo di genio è quando decide di trasferire quattro milioni e mezzo di euro in Africa. L’indirizzo è quello di una delle maggiori banche d’affari del continente nero. La tanzaniana “Fbme”. A suggerire quel nome, a lui e all’amico Stefano Bonet, lo shampato di San Donè di Piave, è stato un sudafricano, dal nome lungo e difficile: Robert von Palace Kolbatschenko. Un uomo che di Africa e di affari ha una lunga esperienza. Il guaio, però, è che quando sentono quel nome le porte della “Fbme” si chiudono di colpo. Rispediscono al mittente (la banca Aletti) i quattro milioni e mezzo di euro, e della storia, i tanzaniani non ne vogliono più sentire parlare.46 Ma cos’era successo di così grave per mandare a monte un affare da quasi nove miliardi di vecchie lire? A spiegarlo sono ancora una volta le carte dell’inchiesta napoletana. 46 MARTINELLI, MASSIMO, In Tanzania i primi sospetti: “Bloccati i soldi della Lega”. E spunta il nome del cassiere di Riina, in “Il Mattino”, 11 aprile 2012. Capitolo III – AFFARI DI CASTA E DI MAFIA 107 In effetti, dietro il nome di Robert von Palace Kolbatschenko, residente a Franschhoek, una graziosa cittadina a una manciata di chilometri da Città del Capo, dal 2004 rispettabile e potentissimo cittadino sudafricano, si cela la sicilianissima identità di Vito Roberto Palazzolo, da anni uno tra i maggiori ricercati dalle forze dell’ordine italiane. Sì, perché “Vituzzo l’Africano”, nato a Terrasini il 31 luglio 1947, dai magistrati palermitani è ritenuto un esponente di primo piano di Cosa Nostra, al punto da aver fatto da tesoriere ai beni di Totò Riina e di Bernardo Provenzano, una circostanza sempre negata dal diretto interessato47. E come se non bastasse, nel 2009 la Corte di Cassazione lo ha anche condannato a 9 anni di reclusione per associazione mafiosa. Un peccato d’ingenuità? Un incidente di percorso? Se dovessimo liquidarli come tali allora dovremmo anche ammettere che in simili, sgradevoli episodi sono incappati altri e più navigati personaggi della tragica accoppiata Belsito-Bonet. Vito Alberto Palazzolo, alias Robert von Palace Kolbatschenko, alias “Vituzzo l’Africano”, esperto riciclatore di denaro, in odore di mafia da almeno trent’anni, latitante dal 1986, è anche la vera identità della persona con cui l’AgustaWestland, la partecipata Finmeccanica che abbiamo conosciuto nei paragrafi precedenti, intratteneva «singolari rapporti» d’affari nel continente africano (rappresentava gli interessi della società in Sudafrica)48. Un eccesso di zelo, che costerà assai caro a Francescomaria Tuccillo, quarantaduenne ex manager di Finmeccanica. La sua storia, che è anche uno spaccato di storia italiana in terra d’Africa, l’ha portata alla ribalta il mensile “Nigrizia”, che al “caso” ha dedicato una lunga inchiesta49 nel numero di aprile 2012. 47 FANELLI, RAFFAELLA, Vito Roberto Palazzolo: non sono un assassino e non ho mai incontrato Riina e Provenzano, in “Panorama”, 31 marzo 2012. 48 Il dirigente di Finmeccanica Tuccillo: “Agusta mandò il tesoriere di Riina”, in “il Fatto Quotidiano”, 25 aprile 2012. 49 BALLARINI, GIANNI, Agusta e la piovra sudafricana, in “Nigrizia”, aprile 2012. 108 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA Tuccillo, che a 33 anni è stato consulente del governo provvisorio iracheno e ben conosce l’Africa (ha casa a Nairobi), viene contattato da Finmeccanica. Nel 2009 riceve il mandato di rappresentare l’azienda nell’area subsahariana. Ma un anno e mezzo dopo l’incarico viene revocato senza apparente motivo. Secondo la ricostruzione fatta dal periodico dei missionari comboniani, tra le ragioni del suo allontanamento ci sarebbe una segnalazione che Tuccillo fece ai vertici di viale Monte Grappa «sui singolari rapporti che una delle aziende della holding, l’AgustaWestland, avrebbe intrattenuto con personaggi italiani, residenti in Sudafrica, assai chiacchierati». A confermarlo ci sarebbe anche un’intercettazione allegata agli atti dell’inchiesta della procura di Napoli. La voce è quella del direttore di Telespazio Brasil, Valter Tarantelli, che rivolto al responsabile sicurezza di Finmeccanica, Romolo Bernardi, gli confida che Tuccillo è «già fatto fuori» perché avrebbe detto in giro che «in Sudafrica, la Agusta si era appoggiata a soggetti appartenenti a organizzazioni criminali, diciamo organizzazioni mafiose»50. «Sembra che Tuccillo – chiosa l’autore dell’inchiesta – abbia sollecitato la dirigenza di piazza Monte Grappa a leggere un libro uscito nel 2009, intitolato Mafia Pulita, scritto da Elio Veltri (già parlamentare dell’Ulivo e fondatore dell’associazione Democrazia e Legalità) e Antonio Laudati (magistrato, ora procuratore capo a Bari). Il primo capitolo del testo è interamente dedicato a Vituzzo l’Africano». «Mi chiedo», ebbe a dire, nel lontano 1983, Giovanni Falcone, «quali rapporti sono esistiti tra la mafia e i nostri fabbricanti d’armi, come Oto Melara, Agusta e Aermacchi»… Nell’attraversare trent’anni di storia di un Paese, senza memoria, senza morale e senza pudore, appare quanto meno doveroso rendere omaggio allo straordinario intuito investigativo di un magistrato poco incline 50 BALLARINI, GIANNI, cit.. Capitolo III – AFFARI DI CASTA E DI MAFIA 109 alle lusinghe, al servilismo e alla piaggeria. La cui maggiore colpa, se così la possiamo chiamare, è stata quella di voler volgere lo sguardo un po’ troppo lontano. Riuscendo in questo modo a vedere cose che un mondo popolato da miopi non avrebbe mai potuto scorgere. 110 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA