presenta - Marietti scuola

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presenta - Marietti scuola
presenta
Come tante
stelle
notte
nella
bimestre gennaio-febbraio 2016
Hannah Gofrit
Dal diario di Hannah
Volevo volare libera
come una farfalla
seconda parte
Liberamente tratto dal sito di
Yad Vashem Museum
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Hannah Gofrit
«
Avevo dieci anni quando la guerra
finalmente finì. Mia madre e io
prendemmo un treno diretto al nostro
villaggio di Biala Ravska.
Arrivammo al villaggio, passammo accanto
alla nostra vecchia casa. Guardai
attraverso la finestra. Tutto era rimasto
proprio come noi l’avevamo lasciato, come
se non ce ne fossimo mai andate via.
Ma una famiglia polacca sedeva
al nostro tavolo.
Non era più casa nostra.
Di tutti gli ebrei della nostra città
rimanevano solo trentacinque adulti e due
bambini, di cui una ero io.
Il mattino seguente lasciammo Biala
Ravska. Per sempre.
Andammo a vivere in un’altra città. Mia
madre decise di non dire a nessuno che
eravamo ebree.
Nessuno doveva sapere che io e la
mamma eravamo nascoste
nell’appartamento degli Skovroneck.
Un giorno i tedeschi vennero a
perlustrare il palazzo, e arrivarono al
quarto piano. Mia madre mi prese per
mano e stava per portarmi giù con lei al
quinto piano, come avevamo
promesso, quando Hanka Skovroneck
la fermò. La ragazza prese una grande
scala e ci disse di salire sul tetto del
palazzo. Ci sedemmo lì, pietrificate, per
un’ora fino a quando Hanka ci chiamò
per scendere.
I tedeschi erano arrivati fino al quinto
piano, poi se ne erano andati.
Mia madre, Hanka e io ci mettemmo a
ballare con foga. Era una danza di
felicità, una danza di vittoria
sulle forze del male.
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Lei conobbe un signore ebreo di Lodz che si
chiamava Yosef Kupershmit e che aveva perso
sua moglie e sua figlia durante la guerra.
Si sposarono e Yosef diventò
il mio nuovo papà.
Un anno dopo nacque Avraham, mio fratello.
Yosef mi disse che il mio nome ebraico era
Hannah, come quello di Hanna e i suoi sette
figli. E mi raccontò la storia del loro eroismo,
quando furono messi a morte dal crudele re
Antioco perché non vollero abbandonare il
loro ebraismo. Da allora in poi, dissi a tutti che
il mio nome era Hannah, e non Hanechka. Mi
sentivo completamente parte del popolo
ebraico, e tutto ciò che volevo era
raggiungere la Terra di Israele.
Il 28 gennaio 1949 arrivammo in Israele.
Mentre la nave HaAtzmaut (L’indipendenza),
sulla quale eravamo imbarcati, si avvicinava
al porto di Haifa, vidi la catena montuosa
del Carmelo.
Sapevo che finalmente ero a casa.
In piedi, sul ponte della nave, dissi a me
stessa : «Io sono Hannah, un’ebrea
orgogliosa di esserlo. Vivo in Israele, in un
luogo che ha futuro. Il popolo di Israele
vive.”
Ho vissuto con i miei genitori a Tel Aviv e
quando sono diventata grande ho studiato
alla scuola per infermiere.
Oggi lavoro come infermiera a Tel Aviv.
Ho sposato un uomo che si chiama
Yitzchak Gofrit.
Abbiamo un figlio che si chiama Ofer.
Ofer è diventato un dottore e ora vive a
Gerusalemme con sua moglie Dafna
e i suoi bambini Shani, Gal e Ben.
Mia madre, Zisel, ha vissuto a Tel Aviv
e ha continuato a cucire fino a quando era
diventata troppo vecchia per vedere.
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Vi ho raccontato una piccola parte della storia che porto sempre con me.
Sarei felice di rispondere alle vostre domande o di sapere che cosa pensate della
mia storia.
Scrivetemi al seguente indirizzo:
Hannah Gofrit
Pinkas 54
Tel Aviv 62261
Israel
oppure via e-mail:
[email protected]
Spero di sentirvi al più presto.
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Non bisogna mai fare del male
al proprio simile
Hannah oggi.
Video (in inglese): youtu.be/LTkSphGwBdk
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Esercizi sul quaderno
• Scegli una scena che ti ha colpito dal racconto
del diario di Hannah.
• Illustrala, oppure scrivi una lettera a Hannah per
risponderle, come se il diario le rispondesse.
• Perché hai scelto questa scena? Spiega le tue motivazioni.
• Quali sentimenti e sensazioni esprime la tua lettera
o il tuo disegno?
• Disegna e colora la farfalla che simboleggia la libertà
negli scritti di Hannah.
• C’è un colore, per la farfalla, più adatto per ciò che
Hannah voleva esprimere? Spiega perché.
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Che cosa succedeva ai bambini durante la Shoah?
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Venivano chiusi nei ghetti nelle zone più povere della città.
Non potevano uscire dal ghetto.
Dovevano abbandonare tutti i loro giochi e beni.
Dovevano separarsi da tutti i loro amici non ebrei.
Venivano marchiati con la stella di David.
Non potevano più frequentare le scuole pubbliche e ricevere un’istruzione.
Le condizioni igieniche erano penose.
Soffrivano la fame: potevano mangiare solamente pane e patate.
I loro genitori potevano acquistare altro cibo, ma la maggior parte non aveva
denaro a sufficienza.
• Nel ghetto i bambini erano obbligati a lavorare.
• A volte venivano separati dai genitori.
• Era rischioso per loro (e a volte perfino vietato) celebrare le cerimonie religiose e le
feste ebraiche.
Leggiamo la Convenzione dei Diritti dell’Infanzia
che l’ONU ha scritto il 20 novembre 1989
Articoli: 2, 3, 6, 7, 32, 38, 30, 31, 28, 9, 10, 27, 23,
19, 14
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Dallo spettacolo Hanno ragione i bambini
Testi e musiche di Francesco Rinaldi
Paoline Editoriale Audiovisivi, Roma, 2000
La marcia dei diritti
Un-due, un-due, un-due, un-due.
È la marcia dei diritti dei bambini.
Della Carta dei Diritti dei bambini… Marsch!
Ho aperto un libricino
e ho letto che un bambino
da mangiare non ce l’ha.
E c’è chi non ha da bere
con il rischio di morire:
senza acqua come fa?
Ma come fanno, io non ci credo.
Non si può fare, io non ci credo.
Ho sfogliato bene bene
quelle foto di bambine
invecchiate dal lavoro.
E di quelli senza un tetto
e di quelli senza affetto
senza un poco di decoro.
Ma come fanno, io non ci credo.
Non si può fare, io non ci credo. Non si può.
I diritti sono di tutti,
l’ha spiegato la maestra
c’è una carta scritta apposta
per difendere i bambini.
Tutti i capi delle nazioni
hanno fatto le riunioni:
hanno detto e hanno scritto
sui diritti dei bambini
Allora perché? Allora perché?
C’è un bambino che lavora,
chi subisce una tortura.
Chi è venduto come schiavo.
Chi è costretta per le strade
già per vendere l’amore
da qualcuno assai cattivo.
Ma come fanno, io non ci credo.
Non si può fare, io non ci credo.
Quando gioco al girotondo,
penso che su questo mondo
c’è qualcosa che non va.
Che ci sono dei bambini,
sulle strade abbandonati
senza mamma né papà.
Ma come fanno, io non ci credo.
Non si può fare, io non ci credo.
Poi da un’altra parte ancora
c’è chi non può andare a scuola.
Chi giocattoli non ha.
E c’è pure chi si ammala
e gli manca quella cura
che il suo medico non ha.
Ma come fanno, io non ci credo.
Non si può fare, io non ci credo. Non si può.
I diritti sono di tutti,
l’ha spiegato la maestra
c’è una carta scritta apposta
per difendere i bambini.
Tutti i capi delle nazioni
hanno fatto le riunioni:
hanno detto e hanno scritto
sui diritti dei bambini.
Allora perché? Allora perché?
Allora perché?
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C’è chi muore appena nato:
non è stato vaccinato.
C’è chi cresce malnutrito.
C’è chi viene emarginato,
c’è chi un handicap ha avuto.
C’è chi viene malmenato.
Ma come fanno, io non ci credo.
Non si può fare, io non ci credo. Non si può.
I diritti sono di tutti,
l’ha spiegato la maestra
c’è una Carta scritta apposta
per difendere i bambini.
Tutti i capi delle nazioni
hanno fatto le riunioni:
hanno detto e hanno scritto
sui diritti dei bambini
Con la Carta, il futuro migliore sarà.
Un-due, un-due, un-due, un-due.
È la marcia dei diritti dei bambini.
Della Carta dei Diritti dei bambini.
Per ascoltare la marcia dei diritti dei bambini:
youtu.be/OHuV3-fjdDk
Per leggere i diritti dei bambini con parole semplici:
www.unicef.it/doc/2035/pubblicazioni/i-diritti-dei-bambini-in-parole-semplici.htm
arrivederci al
prossimo bimestre!